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Francesco Simoncellihttp://www.blogger.com/profile/[email protected]
Aggiornato: 2 giorni 17 ore fa

Cosa ho visto nell'Argentina di Milei

Mer, 05/11/2025 - 11:07

Il 10 dicembre 2023 Javier Milei ha ereditato un disastro economico e istituzionale. Nell'arco di soli due anni non è stato in grado di porre rimedio a un secolo di danni dovuti all'interventismo, ma a 22 mesi dalla sua presidenza a che punto è l'Argentina? Non avendo avuto la maggioranza al Congresso, Milei ha dovuto imporre riforme con decreti d'urgenza. Tali decreti, secondo la Costituzione argentina, hanno validità di un anno e devono ottenere il consenso di una delle due Camere. Milei è stato così in grado di tagliare la spesa pubblica, in particolare dimezzando il numero di agenzie governative, da 18 a 9, e ha eliminato il deficit di bilancio, una caratteristica cronica dell'Argentina perónista. Il debito pubblico, che aveva raggiunto il 155% del PIL nel 2023, è ora sceso all'83%. Da bravo economista (e professore di economia), Milei si è concentrato sia sulla macroeconomia che sulla microeconomia, rimuovendo la mole di regolamentazioni che bloccavano la crescita e soffocavano l'economia. Ha eliminato i controlli sulle importazioni e sui prezzi, in particolare il mercato immobiliare è stato paralizzato dal controllo degli affitti, dai contratti di locazione obbligatori triennali e dall'impossibilità di firmare un contratto di locazione in dollari (o in qualsiasi altra valuta diversa dal pèso argentino). Non serve un dottorato in economia per prevedere che la combinazione di regolamentazione e iperinflazione avrebbe eroso l'offerta, poiché i proprietari si sono trovati di fronte alla concreta possibilità di vedere i canoni di locazione evaporare. Da quando Milei ha sospeso il controllo sui prezzi degli affitti, questi ultimi sono calati del 30% e l'offerta di immobili in affitto è aumentata del 212%. Il premio di rischio dell'Argentina è crollato drasticamente e gli investimenti esteri sono tornati. Dopo anni di recessione la crescita economica si attesta ora a un invidiabile 6,3%; la classe media è balzata, in due anni, dal 23% al 39% della popolazione; il tasso di povertà del 45% che Milei aveva ereditato dai peronisti è salito temporaneamente oltre il 50% – Milei aveva anticipato i dolori dell'austerità – ma è già sceso al 31%. Questo è solo un riassunto dei successi di Milei, ma il punto importante che non bisogna mai dimenticare per analizzare in modo appropriato il contesto generale è che esiste una guerra ai piani alti e in essa non ci sono esclusione di colpi. La cricca di Davos userà qualsiasi proxy per vincere le varie battaglie e questo significa che non esiterà a ritorcere contro i principi sani/onesti di coloro che seguiranno ciò che i media generalisti diranno. Diventano, indirettamente, delle casse di risonanza di un messaggio malevolo. Critici sterili, incapaci di costruire. Non possiamo permetterci, data suddetta guerra in atto, di essere critici e non architetti. Per quanto Milei non sia perfetto in quanto a linea di politica libertaria e obiettivi anarco-capitalisti, è quello che c'è adesso e la migliore carta per arginare dapprima i socialisti argentini e, in secondo luogo, impedire alla cricca di Davos di vincere battaglie usando l'Argentina come proxy per colpire gli USA. Ecco perché questi ultimi stanno raddoppiando gli sforzi sulla Dottrina Monroe per ripulire l'intero continente americano dalle intromissioni estere.

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di Michael Peterson

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/cosa-ho-visto-nellargentina-di-milei)

Il recente accordo di swap da $20 miliardi tra Argentina e Stati Uniti sottolinea il delicato equilibrio tra riforme economiche e la vitale necessità di liberalizzazione. Il mese scorso si è verificata un'improvvisa corsa al pèso argentino, alimentata da una serie di battute d'arresto politiche, tra cui le elezioni provinciali di Buenos Aires in cui i peronisti hanno vinto molti seggi al Congresso. A seguito di questo tumulto, la Banca Centrale Argentina ha bruciato oltre $1 miliardo in soli due giorni per mantenere il tasso di cambio entro la fascia di oscillazione sostenuta dal governo federale.

Poco dopo il presidente Javier Milei si trovava a New York per concludere un accordo con il Segretario al Tesoro statunitense, Scott Bessent, per quello che si sarebbe rivelato un efficace piano di salvataggio, volto a prevenire l'improvvisa impennata del pèso. Sebbene i critici considerino la richiesta di sostegno di Milei un punto debole, stabilizzare il pèso argentino è essenziale per far avanzare il suo programma di austerità nella seconda metà del suo mandato.

Infatti l'Argentina è sull'orlo della trasformazione, spinta dalle coraggiose riforme del suo presidente libertario Javier Milei. Non era dai primi anni '90 che la nazione assisteva a cambiamenti politici così rapidi. Dopo aver trascorso quasi un mese in Argentina quest'estate, ho osservato un Paese pieno di potenziale, ma appesantito dai suoi fardelli storici.

Il partito La Libertad Avanza di Milei ha portato avanti importanti riforme di mercato, ottenendo risultati sorprendenti. L'inflazione annuale, che era salita al 289% quando è entrato in carica, è scesa sotto il 40%. All'inizio del 2025 l'Argentina ha fatto registrare il suo primo surplus fiscale in 14 anni e i tassi di povertà sono scesi dal 53% di inizio 2024 al 31,6% entro la metà del 2025. Questi risultati segnano un netto distacco da decenni di cattiva gestione economica.

Tuttavia il progresso dell'Argentina è ostacolato da un retaggio di politiche peròniste alimentate dal controllo burocratico e da interessi particolari. Gli sforzi di Milei per liberalizzare l'economia incontrano una forte resistenza da parte dei sindacati e dei burocrati, i quali considerano le sue riforme una minaccia alla loro esistenza. La liberalizzazione del mercato, come ho fatto notare in precedenza, è molto più facile in teoria che in pratica. Storie di successo come Polonia e Cile, che si sono trasformate in fiorenti economie di mercato, sono eccezioni. Ci sono riusciti ristrutturando le istituzioni per proteggere i diritti di proprietà e liberare il potenziale umano. L'Argentina, nonostante la sua ricchezza di talenti e risorse, fatica a seguire l'esempio.

Le università del Paese, tra le migliori dell'America Latina, producono laureati altamente qualificati in grado di trainare la crescita economica. Ciononostante una fitta rete di normative ne soffoca il potenziale e limita il capitale umano, spina dorsale della prosperità. In città come Córdoba, dove ho trascorso gran parte del mio tempo, questa tensione è palpabile. L'industria dei taxi, ad esempio, ha fatto pressioni per vietare servizi di ride-sharing come Uber, eppure gli autisti operano in violazione di queste leggi. Questa ricerca di rendita, radicata nelle politiche di Perón di metà Novecento, continua a soffocare l'innovazione e l'imprenditorialità.

La crescente pressione dei dipendenti pubblici per rafforzare il finanziamento delle pensioni ha raggiunto un punto di svolta. Dopo la sconfitta del Partito Libertario alle elezioni provinciali del mese scorso, il Presidente Milei ha ceduto, approvando una legge per aumentare gli stanziamenti per pensioni, invalidità, sanità e istruzione. Sebbene i compromessi politici siano inevitabili, gruppi di interesse radicati continuano a esercitare un'influenza sproporzionata sulla politica elettorale argentina. Per contrastare questo fenomeno, gli argentini devono dare priorità alle riforme di base, partendo dal livello locale ed estendendosi alla governance provinciale. I leader di ogni schieramento dovrebbero promuovere una cultura di apertura e libera impresa per guidare un cambiamento significativo.

Ad aggravare le difficoltà di Milei, un recente scandalo ha gettato un'ombra sulla sua amministrazione. Presunte fughe di notizie audio coinvolgono sua sorella e principale collaboratrice, Karina Milei, in un sistema di corruzione che vedrebbe centinaia di migliaia di dollari pagati per contratti farmaceutici. Le accuse, legate a Diego Spagnuolo, ex-capo dell'Agenzia Nazionale Argentina per la Disabilità, hanno fornito agli oppositori di Milei – in particolare al partito perónista Fuerza Patria – argomenti per spingere per un ritorno alle politiche di spesa elevata che hanno alimentato l'inflazione oltre un decennio fa.

Nel suo libro del 1981, Structure and Change in Economic History, il premio Nobel Douglass North introduce il ruolo dell'ideologia nella trasformazione economica. North sosteneva che gli individui modificano le proprie prospettive ideologiche quando le esperienze contraddicono le proprie convinzioni. Affinché l'Argentina abbracci mercati più liberi, le sue istituzioni – governo, industrie e società civile – devono impegnarsi in modo credibile a proteggere i diritti di proprietà e a promuovere la libertà individuale. Senza questi ingredienti, le riforme rischiano di rimanere superficiali.

Le sfide dell'Argentina riflettono la domanda centrale di North: come possono le nazioni passare dalla stagnazione economica alla prosperità? L'amministrazione Milei non deve solo approvare riforme, ma anche garantire che le istituzioni in tutta la società riflettano un impegno per la libertà. La resistenza dell'industria dei taxi a Córdoba è solo un esempio di come gruppi di interesse radicati ostacolino il progresso. Questi gruppi – che spaziano dall'agricoltura all'energia, dai trasporti all'istruzione – perpetuano un sistema che privilegia il clientelismo rispetto alla concorrenza.

Come sottolinea Nikolai Wenzel nel suo saggio sulla storia economica dell'Argentina, gli alti e bassi del Paese sono legati alle sue istituzioni. Dall'ascesa di Perón negli anni '40, il coinvolgimento del governo è cresciuto, soffocando l'iniziativa privata. L'elezione di Milei, alimentata da un'ondata di sentimento liberale classico, ha rappresentato un guanto di sfida per questo status quo. Eppure, come sottolineano economisti come North, Joel Mokyr e Deirdre McCloskey, la riforma istituzionale non consiste solo nell'emanare leggi, ma nel creare una cultura che premi l'imprenditorialità e dia potere agli individui.

I risultati di Milei sono significativi, ma un cambiamento duraturo richiede più che semplici vittorie politiche. L'Argentina ha bisogno di una svolta sociale verso l'innovazione e la deregolamentazione, dove gli individui siano liberi di perseguire le proprie ambizioni. La McCloskey dimostra che la prosperità economica vive quando le società abbracciano il “duplice cambiamento etico di dignità e libertà” per le persone comuni. Il futuro dell'Argentina dipende dall'integrazione di questi valori oltre la sfera politica.

Le accuse di corruzione contro Karina Milei minacciano di indebolire questa visione. Difendendo la sorella, Milei rischia di erodere la sua credibilità come riformatore. Se vuole consolidare la sua eredità, affrontare queste accuse con decisione – potenzialmente rimuovendo Karina dal suo ruolo privilegiato – dimostrerebbe il suo impegno per le riforme e la trasparenza. Senza un'azione del genere, l'opposizione potrebbe guadagnare terreno, vanificando i progressi compiuti.

L'enorme potenziale dell'Argentina è frenato dal suo passato perònista. Le riforme di Milei gettano solide fondamenta, ma il percorso verso un'economia di mercato fiorente richiede un'azione incessante da parte di tutta la società, dalla base alla Casa Rosada. L'Argentina deve abbracciare una più ampia cultura di innovazione e iniziativa individuale, abbattendo le barriere che impediscono la crescita. Solo allora la nazione abbandonerà la strada verso la schiavitù e imboccherà la strada verso la prosperità. 


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Il principio di precauzione europeo sta suicidando il continente

Mar, 04/11/2025 - 11:09

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di Mohamed Moutii

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-principio-di-precauzione-europeo)

Qualche secolo fa l'Europa era il cuore pulsante dell'innovazione mondiale. Dall'adozione della ragione da parte dell'Illuminismo al potere trasformativo della Rivoluzione industriale, è stata un centro di pensatori, inventori e imprenditori audaci che hanno sfidato i propri limiti.

Oggi quello spirito è svanito. L'Europa non è più all'avanguardia nell'innovazione tecnologica, non per mancanza di talenti o di esplorazione scientifica, ma a causa di un problema più profondo: un contesto normativo eccessivamente restrittivo. Mentre gli Stati Uniti progrediscono rapidamente nell'intelligenza artificiale, nelle biotecnologie e nello spazio, e la Cina investe massicciamente nella tecnologia avanzata, l'Europa rimane invischiata nella burocrazia, nell'avversione al rischio e in una rigida applicazione del principio di precauzione, che privilegia il controllo sulla creatività e la cautela sul progresso.


La crisi dell'innovazione in Europa

Negli ultimi due decenni l'Europa ha cambiato il suo carattere, passando da culla di rivoluzioni industriali e scoperte scientifiche a superpotenza normativa mondiale. Il cosiddetto Effetto Bruxelles – la capacità dell'Europa di plasmare gli standard globali attraverso il suo potere normativo – ha conferito all'UE influenza, ma in patria ha soffocato proprio l'innovazione che un tempo promuoveva.

Al centro di questo approccio c'è il principio di precauzione, ovvero l'idea che le nuove tecnologie debbano essere dimostrate completamente sicure prima dell'uso. Sebbene tal principio possa essere mosso da buone intenzioni, spesso blocca il progresso. L'innovazione viene vista come una minaccia e gli imprenditori si trovano ad affrontare l'onere quasi impossibile di dimostrare un rischio zero. Invece di gestire il rischio, le autorità di regolamentazione europee ne chiedono la totale eliminazione, bloccando la sperimentazione prima ancora che inizi.

A differenza degli Stati Uniti, dove prevale una cultura di innovazione senza autorizzazioni, gli innovatori sono generalmente liberi di sperimentare, a meno che non causino danni evidenti. Questa differenza di mentalità spiega perché gli Stati Uniti sono leader nell'intelligenza artificiale, nelle biotecnologie, nell'informatica quantistica e nella tecnologia spaziale, mentre l'Europa sta perdendo terreno (nella migliore delle ipotesi).

Prendiamo ad esempio l'AI Act dell'UE del 2024. Pur elogiato per i suoi obiettivi etici, il provvedimento impone rigide classificazioni dei rischi e costi di conformità elevati che solo le grandi aziende possono gestire. Le startup, prive di team legali e di capitali, vengono lasciate indietro. Di conseguenza l'Europa registra un calo delle startup incentrate sull'intelligenza artificiale, una riduzione dell'innovazione e un esodo di talenti verso Stati Uniti e Cina, dove un terzo degli esperti nelle università americane proviene proprio dall'Europa. E quando si tratta di guidare lo sviluppo dei modelli di intelligenza artificiale, il divario è ancora più ampio. Nel 2022 il 54% dei creatori di importanti modelli di intelligenza artificiale era americano, mentre la Germania, il Paese con le migliori performance in Europa, ne aveva solo il 3%.

Questo non si limita all'intelligenza artificiale. Nel campo delle biotecnologie il processo di approvazione europeo per gli organismi geneticamente modificati è tra i più lenti e restrittivi al mondo. Le tecnologie energetiche sperimentali sono impantanate nella burocrazia. Alle startup in settori ad alto rischio e alto rendimento viene regolarmente negato il capitale, non solo per la cautela degli investitori, ma perché un sistema finanziario iper-regolamentato è condizionato a evitare qualsiasi situazione di incertezza. Le rigide leggi sul lavoro aggiungono ulteriori attriti: le assunzioni sono poco flessibili, i licenziamenti costosi e l'adattamento diventa difficile.


L'esodo dell'innovazione dall'Europa

L'impatto cumulativo dell'eccesso di regolamentazione europea è sempre più difficile da ignorare: talenti, capitali e innovazione stanno costantemente defluendo dal continente. L'Europa è diventata un luogo in cui le idee nascono, ma raramente vengono sviluppate su larga scala. Quasi un terzo delle startup europee che raggiungono la maturazione alla fine si trasferisce all'estero, il più delle volte negli Stati Uniti, alla ricerca di ecosistemi più favorevoli e di un più facile accesso al capitale.

I numeri sottolineano l'entità del problema. Gli Stati Uniti dominano il panorama globale, ospitando oltre il 55% di tutte le startup giunte a maturazione e il 75% della loro valutazione totale. Al contrario l'UE ne ospita meno del 10% e solo il 3% del valore globale. Una delle ragioni principali è la disparità nel capitale di rischio: gli investimenti in venture capital europei sono scesi da $100 miliardi nel 2021 a soli $45 miliardi nel 2023, mentre le startup statunitensi hanno raccolto $170 miliardi. In percentuale del PIL, il capitale di rischio statunitense ha raggiunto lo 0,21% nel 2023, cinque volte superiore allo 0,04% dell'UE.

Nel deep tech il divario è impressionante. Sette delle prime dieci aziende di calcolo quantistico sono americane e nessuna ha sede in Europa. Nell'intelligenza artificiale oltre l'80% degli investimenti globali è destinato ad aziende negli Stati Uniti e in Cina, mentre l'Europa ne riceve solo il 7%. Questo divario di investimenti è aggravato dalla minore spesa in ricerca e sviluppo. L'Europa investe solo il 2,2% del suo PIL in ricerca e sviluppo, rispetto al 3,4% degli Stati Uniti e al 5% della Corea del Sud.

I segnali d'allarme sono belli chiari.

Dal 2015 la crescita della produttività in Europa è stata in media solo dello 0,7% annuo, meno della metà del tasso statunitense e appena un nono di quello cinese. Nel 1995 la produttività di Stati Uniti e UE era pressoché pari; oggi l'Europa è in ritardo di quasi il 20%, un divario che minaccia la sua competitività e la sua crescita economica a lungo termine.

L'Europa sta esaurendo il suo tempo. Con una popolazione che invecchia e una forza lavoro in calo, non può permettersi di adagiarsi sugli allori del passato. Senza una coraggiosa riforma strutturale, il continente rischia di trasformarsi in un museo di glorie passate anziché in una fabbrica di innovazioni future.

Ma il declino non è destino. L'Europa può ancora riconquistare il suo vantaggio innovativo, se è disposta ad abbandonare l'iper-regolamentazione e ad abbracciare una nuova era di libertà economica e dinamismo di mercato. Ciò significa accettare rischi e incertezza, dare libero sfogo all'innovazione senza autorizzazioni, ampliare l'accesso al capitale di rischio e riformare le rigide leggi sul lavoro e sulla bancarotta che soffocano l'ambizione imprenditoriale.

Gli Stati Uniti sono leader perché premiano le idee audaci e tollerano gli insuccessi. La cultura europea, al contrario, penalizza il rischio e allontana i talenti. La soluzione non è un controllo più rigido, ma una maggiore libertà.

Come spiegò il celebre Milton Friedman:

Le grandi conquiste della civiltà non sono venute dagli enti governativi, ma da individui che perseguivano i propri interessi. Ovunque le folle siano sfuggite alla povertà estrema, è stato grazie al capitalismo e, in larga parte, al libero scambio. La storia dimostra chiaramente che non esiste modo migliore per ottimizzare la sorte delle persone comuni dell'energia produttiva sprigionata dal sistema della libera impresa.

Finché l'Europa non imparerà ad avere fiducia nei suoi innovatori e imprenditori, rimarrà ai margini della corsa all'innovazione globale.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Cosa sapere sull'inseminazione delle nuvole

Lun, 03/11/2025 - 11:08

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da The Epoch Times

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/cosa-sapere-sullinseminazione-delle)

Sono trascorse tre settimane da quando un violento temporale ha scatenato catastrofiche inondazioni nella regione collinare del Texas, uccidendo 135 persone tra uomini, donne e bambini.

Tra gli sforzi di salvataggio e recupero, alcuni hanno attribuito le inondazioni alla società di inseminazione delle nuvole Rainmaker Technology Corporation e al suo amministratore delegato, Augustus Doricko, che ha ricevuto minacce di morte dopo che l'operazione di inseminazione delle nuvole della sua azienda, a 130 miglia dalla zona dell'alluvione, ha attirato l'attenzione del pubblico.

L'inseminazione delle nuvole è l'atto di far piovere da cumuli già esistenti su una determinata area; non aggiunge umidità all'atmosfera.

L'azienda di Doricko ha condotto operazioni programmate di inseminazione delle nuvole nella contea di Karnes, a Sud-est del luogo in cui si è verificata la tempesta, e sia lui che le autorità statali hanno spiegato che tali attività non hanno avuto alcun effetto sull'alluvione.

Tuttavia voci insistenti, unite al verificarsi di altre catastrofiche inondazioni nella Carolina del Nord e nel Nuovo Messico, continuano a far sì che i metodi di inseminazione delle nuvole e di modificazione del clima siano al centro dell'attenzione.

“Le inondazioni in Texas sono una tragedia [...]. Più di ogni altra cosa dovremmo preoccuparci di prenderci cura di loro [delle vittime]”, ha detto Doricko a The Epoch Times. “Ma per quanto riguarda le persone che ci ritenevano responsabili, o che avevano domande sulle nostre operazioni, ho accolto con favore l'opportunità di informare la gente”.


Cosa vuol dire inseminare le nuvole?

L'inseminazione delle nuvole non crea nuove nuvole, piuttosto consiste nel far volare un aereo, o un drone, nelle nuvole che si formano naturalmente e rilasciare al loro interno piccole quantità di ioduro d'argento e sale da cucina.

Queste particelle aggiunte estraggono il vapore acqueo dalle nuvole, dando luogo a precipitazioni forzate, sotto forma di pioggia o neve.

“Lo ioduro d'argento è un agente di inseminazione preferito perché la sua struttura cristallina è quasi identica a quella del cristallo di ghiaccio naturale”, afferma il Dipartimento delle Licenze e della Regolamentazione del Texas (TDLR) sul suo sito web. “Quando posizionato nella parte superiore della nube convettiva in espansione, ricca di goccioline surraffreddate, il cristallo di ioduro d'argento può crescere rapidamente sfruttando quel vasto campo di umidità disponibile”.

“Nel giro di pochi istanti il cristallo di ghiaccio si trasforma in una grande goccia di pioggia, abbastanza pesante da cadere attraverso la massa di nuvole come un pozzo di pioggia”, aggiunge il dipartimento.

Secondo la legge statale il TDLR è responsabile della regolamentazione nell'uso dell'inseminazione delle nuvole attraverso una procedura di licenza e autorizzazione, ed è inoltre incaricato di promuoverne lo sviluppo e la dimostrazione attraverso la ricerca.

Questa tecnologia ha debuttato circa 80 anni fa: i primi test furono condotti per aumentare il manto nevoso a New York nel 1945. Da allora è stata utilizzata in vari stati per aumentare il manto nevoso, oltre a fornire un po' di sollievo ai terreni agricoli nei periodi di siccità e a ricostituire le falde acquifere.

Nel caso di Rainmaker, il team ha effettuato un volo di 19 minuti il 2 luglio per inseminare due nuvole per conto della South Texas Weather Modification Association, al fine di aumentare i livelli delle falde acquifere. L'associazione, un'organizzazione no-profit che copre 10 contee e ha sede a Pleasanton, in Texas, è finanziata dai distretti idrici locali e dalle commissioni di contea.

Le due nubi inseminate “sono persistite per circa due ore dopo l'inseminazione prima di dissiparsi” tra le 15:00 e le 16:00, ha scritto Doricko in un post del 5 luglio su Twitter.

Did Rainmaker conduct any operations that could have impacted the floods? No.

The last seeding mission prior to the July 4th event was during the early afternoon of July 2nd, when a brief cloud seeding mission was flown over the eastern portions of south-central Texas, and two…

— Augustus Doricko (@ADoricko) July 5, 2025

“Le nuvole naturali hanno in genere una durata che va dai 30 minuti a qualche ora al massimo, e persino i sistemi di tempesta più persistenti raramente mantengono la stessa struttura nuvolosa per più di 12-18 ore”, ha affermato.

Doricko ha dichiarato a The Epoch Times che, in molti casi, l'inseminazione delle nuvole è l'unica opzione logica per risolvere il fabbisogno idrico nell'entroterra occidentale e nelle zone costiere, nonostante i tentativi di utilizzare l'acqua di mare attraverso la desalinizzazione.

“La stragrande maggioranza dell'acqua che attraversa la troposfera negli Stati Uniti viene semplicemente riciclata dall'oceano e non precipita su di esso”, ha affermato Doricko. “Quindi possiamo prelevare una piccola percentuale in più di quell'acqua direttamente sopra le nostre teste e cambiare radicalmente l'approvvigionamento idrico nell'Ovest americano”.


Dove e quando avviene l'inseminazione delle nuvole?

Doricko ha dichiarato a The Epoch Times che la sua azienda conduce operazioni di inseminazione delle nuvole anche nello Utah, nella California meridionale, in Colorado e in Oregon.

Solo nello stato del Texas sono in corso da decenni numerosi progetti di modificazione meteorologica che interessano decine di milioni di acri, ma tutte le attività sono state sospese dopo le inondazioni.

L'inseminazione delle nuvole può essere effettuata in vari periodi dell'anno. L'azienda di Doricko gestisce un'operazione stagionale nello Utah da ottobre ad aprile, integrando il manto nevoso in previsione di un suo scioglimento precoce.

“È la stagione con le nuvole più fredde, quindi è proprio in quella finestra temporale che si verificano le maggiori opportunità di inseminazione; poi la neve che produciamo agisce come una sorta di batteria naturale di acqua che si scioglie e poi si disperde nei fiumi e nelle falde acquifere nel corso della stagione secca”.

Doricko ha sottolineato che le operazioni hanno un effetto interstatale.

“Se produciamo più neve in Colorado, non ne trarrà beneficio solo il Colorado, giusto? Ne trarranno beneficio anche lo Utah, il New Mexico e tutti gli altri stati del bacino del fiume Colorado”, ha dichiarato a The Epoch Times.

“Quindi è naturale che ci sia una collaborazione interstatale e possibilmente una collaborazione e una supervisione federale su queste cose, perché l'acqua ha un impatto su tutti nel bacino”.

“E in una certa misura lo vediamo già quando gli stati del bacino inferiore, come California, Nevada e Arizona, finanziano operazioni di inseminazione delle nuvole negli stati della regione superiore perché sono beneficiari del manto nevoso presente in quelle zone”, ha aggiunto.

Tuttavia tutte le operazioni di inseminazione delle nuvole richiedono quelli che lui chiama “criteri di sospensione qualificati”.

“Se c'è il rischio di inondazioni, se c'è un forte temporale, se i bacini sono troppo pieni, allora bisogna sospendere le operazioni anche quando i clienti vogliono più acqua, per non arrecare danni”, ha affermato Doricko.

Ad esempio, in Texas tutte le attività di inseminazione delle nuvole sono state sospese a causa delle forti piogge cadute nello stato fino a luglio.


Segnalazione e regolamentazione dell'inseminazione delle nuvole

Doricko ha spiegato che la maggior parte dei suoi clienti sono enti governativi di qualche livello, come i dipartimenti statali dell'agricoltura o i lavori pubblici comunali.

“L'acqua è un bene pubblico”, ha affermato.

“Ci sono aziende agricole, ecosistemi, servizi residenziali, centrali idroelettriche e industrie, tutti quanti hanno bisogno di acqua. E l'acqua che deriva dall'inseminazione delle nuvole non entra nelle tubature e non raggiunge una specifica abitazione; precipita lungo un bacino idrografico, e poi scorre nei fiumi e tutti attingono dai bacini idrici o dalle falde acquifere. È quindi naturale che molti dei nostri clienti facciano parte di enti governativi”, ha aggiunto Doricko.

La legge federale richiede che le operazioni di inseminazione delle nuvole siano segnalate alla National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) con almeno 10 giorni di anticipo. Tuttavia la NOAA non ha l'autorità di regolamentare tale pratica.

Norme separate sono in vigore anche a livello statale. In Texas, ad esempio, i potenziali “inseminatori di nuvole” devono ottenere una licenza e un permesso statali per la modificazione meteorologica.

“Una persona o un'organizzazione che voglia impegnarsi nella modifica del clima deve presentare domanda al TDLR e dimostrare di possedere sufficienti competenze meteorologiche e di soddisfare i requisiti di sicurezza finanziaria e altri requisiti”, ha dichiarato lo stesso dipartimento a The Epoch Times in un'e-mail.

“La legge del Texas consente ai licenziatari di condurre operazioni contrattuali in determinate circostanze, ma non supervisioniamo il processo di assegnazione dei contratti da parte dei licenziatari, se non assicurandoci che la persona che esegue la modifica meteorologica soddisfi i requisiti necessari”.

Per quanto riguarda la trasparenza dettagliata sulle operazioni eseguite, non ci sono requisiti. Doricko ha suggerito che dovrebbe essere richiesta maggiore trasparenza a livello federale, in modo che possano essere forniti al pubblico dati più concreti sull'efficacia dell'inseminazione delle nuvole per il Paese.

Doricko spera che nel prossimo futuro vengano emanate ulteriori normative federali e, con esse, anche più ricerche.


Ricerca sull'inseminazione delle nuvole, effetti collaterali, costi

La ricerca sull'inseminazione delle nuvole e sui suoi effetti è andata avanti sin da quando questa pratica è iniziata alla fine degli anni '40.

Ad esempio, il Salt River Project (SRP) in Arizona ha dichiarato a The Epoch Times di aver recentemente completato un progetto di ricerca sulla “fattibilità dell'inseminazione delle nuvole invernali” nello stato, basato su modelli computerizzati.

“Al momento l'SRP non sta partecipando ad alcun volo di inseminazione delle nuvole e non ci sono piani per il prossimo futuro”, ha affermato un portavoce del progetto in un'e-mail.

“I nostri esperti in materia di acqua stanno attualmente analizzando i dati e al momento non abbiamo informazioni da condividere in merito alla siccità e al sostegno all'agricoltura”.

Doricko ha affermato che la quantità di ioduro d'argento utilizzata nelle operazioni di inseminazione delle nuvole è minima e che utilizzarne 50 grammi causerebbe la dispersione delle precipitazioni su centinaia di chilometri quadrati.

Finora la ricerca non ha evidenziato effetti collaterali negativi derivanti dall'uso dello ioduro d'argento.

Il TDLR afferma sul suo sito web che “non sono stati osservati impatti ambientali significativi in ​​relazione alle operazioni di inseminazione delle nuvole, compresi i progetti esistenti da 30-40 anni” e che la quantità di argento rilevata nei campioni di acqua piovana raccolti era pari a una concentrazione di una parte su 10 miliardi.

“Tale concentrazione è ben al di sotto di quella accettabile di 50 microgrammi per litro, come stabilito dal Servizio Sanitario Pubblico degli Stati Uniti”, afferma il TDLR sul suo sito web. “Molte aree in cui viene praticata l'inseminazione delle nuvole presentano concentrazioni di argento nel terreno molto più elevate di quelle riscontrate nelle precipitazioni provenienti dalle nuvole inseminate”.

“Inoltre la concentrazione di iodio nel sale iodato utilizzato per condire gli alimenti è di gran lunga superiore a quella riscontrata nell'acqua piovana proveniente da una nuvola inseminata”.

La Divisione delle Risorse Idriche dello Utah, che opera sotto il Dipartimento delle Risorse Naturali dello Stato, afferma che l'inseminazione delle nuvole si è rivelata economicamente vantaggiosa. La divisione ha affermato che per aumentare la precipitazione media del manto nevoso del 5-15%, servono dai $5 ai $10 per acro-piede di acqua aggiuntiva.

L'inseminazione delle nuvole “non funziona ovunque”, ha affermato la divisione. “Le condizioni devono essere giuste. Fortunatamente la topografia, il clima e i bacini idrici dello Utah rendono l'inseminazione delle nuvole invernale conveniente”.

Secondo uno studio del 2019 pubblicato dal Dipartimento di Agroalimentare ed Economia Applicata della North Dakota State University, questa pratica si è rivelata vantaggiosa anche dal punto di vista finanziario nel Dakota del Nord. Lo studio ha dimostrato che le operazioni di inseminazione delle nuvole del North Dakota Cloud Modification Project hanno aumentato le precipitazioni nei terreni agricoli, ma hanno anche portato ulteriori benefici al settore agricolo se combinate con gli sforzi per ridurre la grandine che distrugge i raccolti in quantità annuali.

L'università ha studiato nove colture dal 2008 al 2017 e ha scoperto che l'inseminazione delle nuvole ha prodotto un beneficio annuo compreso tra i $12,20 e i $21,16 per acro piantato, con un costo di circa $0,40 per acro piantato.

“Un aumento delle precipitazioni del 10% e una riduzione del 45% della grandine per acro piantato producono un ritorno economico stimato di oltre $53 per ogni dollaro speso nel programma”, ha osservato lo studio.

Riducendo l'aumento delle precipitazioni al 5%, il ritorno è stato di circa $31 per ogni dollaro speso.


Scie di condensazione e geoingegneria

L'inseminazione delle nuvole è diversa dalle scie di condensazione, chiamate anche scie chimiche, e dalla geoingegneria.

Doricko ha citato la nuova pagina web dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente (EPA), che spiega che le scie di condensazione sono un fenomeno normale degli aerei che volano in aria fredda.

La geoingegneria, d'altra parte, è una questione diversa. Un tipo di intervento è la modifica della radiazione solare, che consiste nell'immettere particelle riflettenti nell'atmosfera per attenuare i raggi solari e raffreddare la Terra. A differenza delle scie di condensazione, è un'attività che, secondo Doricko, va presa sul serio.

“Oscurare il sole in questo modo è un'altra tecnologia che dobbiamo prendere molto sul serio”, ha detto. “Non è inseminazione delle nuvole. Avviene anch'essa nell'atmosfera, ma per il resto non è in alcun modo correlata all'inseminazione delle nuvole”.

Ha affermato che mentre i piccoli cristalli utilizzati nell'inseminazione delle nuvole vengono rigettati sulla Terra dopo che le nuvole si sono dissipate e hanno effetto solo su un'area specifica per un breve periodo di tempo, queste altre particelle restano nell'atmosfera e hanno un effetto generalizzato immediato.

“Le persone preoccupate per questo fenomeno hanno ragione a esserlo, perché si tratta di una tecnologia reale che alcune persone sono interessate a implementare”, ha affermato.


Cambiare per sempre

In diversi stati si stanno ora muovendo azioni per vietare non solo l'inseminazione delle nuvole, ma anche la modifica del clima in generale e, come minimo, per riacquistare autorità su questa pratica.

A maggio la Florida ha approvato una legge che vieta ogni forma di modificazione del clima all'interno dei suoi confini, sebbene in precedenza fosse consentita l'inseminazione delle nuvole, autorizzata dal Dipartimento per la protezione ambientale dello stato.

Il senatore dello stato, Jay Collins, ha dichiarato di aver votato a favore del disegno di legge “per garantire l'istituzione di garanzie legali contro tentativi non autorizzati e non regolamentati di alterare il clima all'interno dello Stato”.

“Ciò tutela ulteriormente la sovranità della salute pubblica e dà ai cittadini della Florida la certezza che le attività di modificazione del clima non possano procedere senza supervisione”, ha dichiarato Collins a The Epoch Times.

Tuttavia alcuni legislatori a livello federale, tra cui la deputata Marjorie Taylor Greene (R-Ga.), vogliono che questa pratica venga vietata del tutto.

“Voglio aria pulita, cieli puliti, acqua piovana pulita, falde acquifere pulite e sole proprio come Dio l'ha creato”, ha scritto in un  post su Twitter il 5 luglio. “Nessuna persona, azienda, entità o governo dovrebbe mai essere autorizzato a modificare il nostro clima con qualsiasi mezzo!”.

This is not normal.

I want clean air, clean skies, clean rain water, clean ground water, and sun shine just like God created it!!

No person, company, entity, or government should ever be allowed to modify our weather by any means possible!!

Honored to add @timburchett as a…

— Rep. Marjorie Taylor Greene???????? (@RepMTG) July 5, 2025

Ciononostante Doricko è determinato a promuovere una maggiore comprensione, accettazione e utilizzo dell'inseminazione delle nuvole in tutto il Paese. Vede la raccolta delle precipitazioni nell'oceano non solo come un mezzo per eliminare la siccità e l'essiccazione dei fiumi, ma anche per rendere più verdi i deserti e aumentare la superficie coltivabile negli Stati Uniti.

“Un tempo la Central Valley della California non era altro che deserto e palude, e abbiamo progettato canali, pompe e condutture per trasportare l'acqua e rifornire quelle fattorie, e ora è una delle regioni agricole più produttive al mondo”, ha affermato.

“Direi che sul letto di morte ciò che [vorrei] ricordare di aver fatto per i miei figli è l'estensione delle Grandi Pianure dal Texas attraverso il Texas occidentale, il Nuovo Messico, l'Arizona e la California: tutta quella terra è rigogliosa e verde”.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Nuovo libro in uscita: La rivoluzione di Satoshi

Ven, 31/10/2025 - 11:00



di Francesco Simoncelli

(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/nuovo-libro-in-uscita-la-rivoluzione)

Il mondo aveva assolutamente bisogno di questo libro di Wendy McElroy affinché tutti, e dico tutti, abbiano un quadro generale della rivoluzione monetaria in atto. Ed era esattamente la persona giusta per scriverlo. Il libro, tradotto dal sottoscritto, è disponibile per l'acquisto su Amazon al seguente indirizzo: https://www.amazon.it/dp/B0FYH656JK

Il suo lavoro è intriso della storia della libertà e della lotta contro il controllo autoritario, scrivendo articoli e libri pionieristici sull'intero spettro dell'esperienza umana a riguardo. In quest'ultimo manoscritto, La rivoluzione di Satoshi, ha rivolto la sua attenzione a quella che sono convinto sia una delle innovazioni più importanti della storia: Bitcoin e i servizi correlati a esso. Spiega come, oggi, questa tecnologia preannunci cambiamenti fondamentali, grandi cambiamenti, nel rapporto tra individuo e stato.

Negli ultimi sedici anni abbiamo assistito alla creazione di una nuova architettura monetaria e finanziaria che potrebbe sostituire tutto ciò che è stato conosciuto e utilizzato nel corso della vita di ogni persona vivente.

Abbiamo sperimentato una moneta utile e sicura che funziona in tutto il mondo, non è collegata allo stato e non necessita del sistema bancario. Questo stesso sistema può sostituire tutti i sistemi di pagamento esistenti ed è una creazione puramente del mercato che aggiunge alle tradizionali funzioni contabili e di riserva di valore un'ulteriore caratteristica: un mezzo di pagamento peer-to-peer globale.

Sedici anni fa persino i più grandi teorici sostenevano che tutto ciò non sarebbe potuto accadere... poi, però, è successo.

Abbiamo assistito alla creazione di smart contract in grado di gestire un vasto numero di transazioni, impegni e interazioni umane. Abbiamo persino osservato come questo sistema sia diventato uno strumento per raccogliere capitali e sostituire le tradizionali funzioni di prestito; otto anni fa questa era solo un'ipotesi, poi è diventata una realtà da centinaia di miliardi di dollari con nuove forme di capitale raccolte attraverso la tokenizzazione.

Ci troviamo ora di fronte a un'intera gamma di tecnologie che potrebbero sostituire le valute fiat, i metodi di pagamento tradizionali e perfino i mercati dei capitali, e portare a qualcosa di nuovo.

Forse stareste pensando, mentre leggete, che si tratti solo di utopia, ma il punto è questo: non è più solo teoria. Queste tecnologie esistono già, anche se solo nelle loro fasi iniziali. Ecco perché ci sono tanti bitcoiner là fuori che parlano con entusiasmo del futuro. Lo hanno già sperimentato. E non bisogna andare dall'altra parte del mondo visto che in Italia, ad esempio, è già presenta una nutrita comunità che s'è sviluppata lungo tutto il proverbiale stivale.

Da Rovereto a Fornelli fino a Custonaci, anche l'Italia, come fenomeno puramente dal basso, è stata invasa dalla “rivoluzione di Saotshi”.

Potreste non aver utilizzato mai Bitcoin. E va bene. Nonostante tutti i difetti del sistema attuale, le vecchie strutture svolgono ancora il loro compito... finché non si verifica un qualche evento che ci pone di fronte all'imprevisto. Solo in quel momento emerge una forte ragione per cambiare e la storia umana è costellata da situazioni che prima devono verificarsi sulla “propria pelle” per poter solo poi prendere adeguate contromisure. I pionieri hanno sempre fatto fatica, almeno inizialmente, a veicolare la portata di un cambiamento. Inevitabilmente, però, quest'ultimo è sempre arrivato dapprima lentamente e poi improvvisamente.


LA REGOLAMENTAZIONE NON È TARDATA AD ARRIVARE

C'è un altro fattore che ostacola il passaggio dal vecchio al nuovo. Le normative stanno cercando di forzare la nuova tecnologia a comportarsi come la vecchia. Per acquistare Bitcoin è necessario rispettare le normative “Know-your-customer”, ovvero fornire ogni dettaglio sulla propria persona. Qualsiasi guadagno derivante da oscillazioni di prezzo del nuovo asset deve essere dichiarato e su di esso si devono pagare le tasse. Le aziende che desiderano partecipare alla “rivoluzione di Satoshi” devono registrarsi sugli exchange che sono dei punti di strozzatura tra il vecchio e il nuovo.

Ho visto come queste normative, imposte gradualmente e applicate arbitrariamente, abbiano introdotto un elemento di paura in una tecnologia senza paura, distorcendo il settore e rendendolo meno innovativo e competitivo. Ogni volta che viene svelato e inizia a prendere piede un nuovo utilizzo delle reti distribuite, alcuni pezzi grossi emergono dall'alto per mettere in guardia dal “rispetto delle leggi”, concepite per una tecnologia diversa.

I consumatori sono spaventati e l'esperienza dell'utente finale non è migliorata quanto avrebbe potuto in assenza di enormi costi di conformità. Ho visto come l'incertezza giuridica abbia fatto sì che commercianti e consumatori perdessero l'accesso a una varietà di servizi; ho visto imprenditori sospendere i loro progetti in attesa di un editto amministrativo.

Quanto saremmo più avanti in assenza di questi interventi? È impossibile vedere le innovazioni che non abbiamo sperimentato. Sappiamo solo che le cose sarebbero diverse.


QUANTO ABBIAMO DEVIATO DALLA TABELLA DI MARCIA?

Consideriamo cosa succede quando si ricorre al potere per fermare il progresso di una nuova tecnologia. Funziona davvero nel lungo termine? Per rispondere alla domanda dobbiamo considerare gli aspetti controfattuali.

Immaginate se i governi europei avessero preso misure severe per fermare la stampa. Cosa sarebbe successo se le città di tutto il mondo avessero vietato l'automobile? Quale sarebbe stato il destino delle ferrovie, dell'illuminazione elettrica e degli impianti idraulici se interessi particolari li avessero soppressi per favorire le tecnologie prevalenti?

Possiamo solo fare supposizioni, perché niente di tutto questo è realmente accaduto. È vero che non tutti accolsero con favore la stampa. Gli scribi nei monasteri erano preoccupati per il futuro; alcuni si chiedevano se la fede avesse potuto sopravvivere dato l'accesso pubblico ai testi antichi. La maggior parte delle persone, però, vide l'avvento della stampa come un'innovazione gradita. Lo stesso valeva per la combustione interna, l'illuminazione e gli impianti idraulici. Ci fu innegabile lentezza nella loro adozione, inizialmente, poi, improvvisamente, divennero consuetudine.

Qualcuno crede davvero che queste innovazioni avrebbero potuto essere fermate? Ci sono casi nella storia in cui la concessione di monopoli governativi ha ritardato l'ingresso sul mercato dei concorrenti. È successo con il piroscafo in Inghilterra, con gli aerei negli Stati Uniti e con alcune applicazioni software negli ultimi decenni. Ma questi ritardi sono temporanei; i brevetti scadono e la storia va avanti.

Le normative sono diverse. Gli imprenditori devono innovare attorno a esse. Emergono mercati grigi e neri. Chi si assume rischi deve scontrarsi con le autorità, ma alla fine qualcosa cede. Riflettete, ad esempio, sui posibili esiti se ogni lord e barone in Europa nel XII secolo avesse vietato il ferro di cavallo. Pensate che questo avrebbe fermato l'implementazione di tale tecnologia? Molto improbabile e la ragione è una: le idee sono più potenti degli stati. Alla fine i costi dell'applicazione delle normative superano di gran lunga i benefici per la classe dirigente.


UN MONDO “BITCOINIZZATO”

Alla luce di quanto visto in questi ultimi sedici anni, molte delle imposizioni burocratiche/fiscali sono incompatibili con una tecnologia che è nata e opera in un contesto di perfetta libertà.

Alcune legislature hanno iniziato a comprenderlo. Il Wyoming, la Florida, il Texas, il New Hampshire, il Colorado e l'Arizona, ad esempio, hanno una tassazione minima e addirittura inesistente riguardo Bitcoin e gli scambi in bitcoin. Stati come il Wisconsin vagliano leggi che ritengono un diritto l'autocustodia; stati come il Michigan vagliano leggi che inseriranno Bitcoin nella riserva strategica della loro giurisdizione. Questi sono solo esempi immediati, ce ne sono molti altri che ricadono nello stesso alveo e rappresentano un'apertura in rapida crescita nei confronti di questa nuova tecnologia. A riprova che Bitcoin non ha bisogno di loro, ma sono gli stati ad aver bisogno di Bitcoin. Senza contare poi l'incalzante riserva strategica a livello federale che è in canna ai piani dell'attuale amministrazione Trump.

Cosa vi aspettavate che accadesse? Dieci anni fa se il Congresso avesse fatto la stessa cosa, non sarebbe cambiato molto. La tecnologia non esisteva e non sapevamo davvero se avesse potuto esistere.

Cosa succederebbe se domani tutti gli interventi su questa tecnologia venissero revocati? Niente più penalizzazioni per aver acquistato e venduto bitcoin, creato nuove applicazioni, innovato nuovi sistemi di pagamento e così via. Le aziende potrebbero tokenizzare anziché emettere azioni; potrebbero pagare in bitcoin e tenere la contabilità in bitcoin senza subire sanzioni. Riflettete attentamente: potreste trattenere molti più dei vostri guadagni semplicemente passando a una tecnologia migliore.

Quanto tempo ci vorrà prima che l'ecosistema di Bitcoin sostituisca quasi tutto il resto? Perché è tutto qui, in realtà... è sempre stato tutto qui... è sempre stata solo una questione di tempo.


IL PRESENTE COLLIDE NEL PASSATO

Il mondo finanziario e monetario così come esiste oggi è in realtà tenuto insieme da una forza che ci vincola alle vecchie forme. Questa forza non si limita a imporre limitazioni e inefficienze; ​​mantiene letteralmente in piedi una vasta infrastruttura che altrimenti cesserebbe di dominare o addirittura di esistere, e impedisce l'avvento di un nuovo modo di vivere. E questo nuovo modo di vivere non riguarda solo l'acquisto e la vendita. Il denaro fiat e i mercati dei capitali regolamentati sono così centrali nella nostra vita pubblica che l'avvento di un mondo “Bitcoin-centrico” cambierebbe radicalmente il rapporto tra individuo e stato.

Mantenere in vita un vasto sistema solo con la forza non è sostenibile a lungo termine. Se esiste la tecnologia pronta a prendere il sopravvento e frenata solo da mezzi puramente artificiali, ciò non promette bene per il passato affinché possa essere preservato per sempre. Il futuro non può essere rimandato all'infinito nemmeno dagli stati più potenti del mondo. Alla fine le idee prevalgono.

Wendy McElroy, grazie ai suoi studi storici e al suo approfondimento sull'ecosistema Bitcoin, comprende il potere delle idee. Bitcoin e tutto ciò che vi è correlato sono tra le idee più rivoluzionarie della storia. Dimostra come trasformeranno in meglio la struttura dell'economia, della politica e delle relazioni umane. Per arrivare da qui a lì sarà necessaria la più ampia comprensione possibile di ciò che sta accadendo e la McElroy, con il suo libro La rivoluzione di Satoshi, è la guida che tutti stavamo aspettando.


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Mining di Bitcoin e banane islandesi

Gio, 30/10/2025 - 11:07

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Joakim Book

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/mining-di-bitcoin-e-banane-islandesi)

In una sconsiderata strategia di marketing ecologico per il suo Paese, il primo ministro islandese, Katrín Jakobsdóttir, ha dichiarato al Financial Times a fine marzo che la sua isola nel mezzo dell'Atlantico dovrebbe usare la sua abbondante energia non per il mining di Bitcoin ma per... coltivare mais (!).

Elogiando la sovranità alimentare in un mondo costellato da crisi energetiche, catene di approvvigionamento sconquassate e guerre, ha ampliato il suo spunto di discussione sull'attualità affermando che “Bitcoin è un problema mondiale”, che “i data center in Islanda utilizzano una quota significativa della nostra energia verde” e che, secondo un nuovo piano energetico per il futuro, Bitcoin non ne avrebbe avuto alcun ruolo.

Dalle dichiarazioni della signora Jakobsdóttir possiamo imparare molto su commercio, energia, agricoltura, mining di Bitcoin e ostentazione politica, quindi approfondiamo.

Innanzitutto se non avete capito cosa fa Bitcoin, come le macchine per il mining (“ASIC”) proteggono la rete o perché è importante per il mondo, qualsiasi energia consumata dai suoi computer, dalle sue macchine per il mining o dai suoi wallet hardware vi sembrerà uno spreco. Ma questo non è il punto: le democrazie liberali occidentali non allocano l'elettricità in base ai casi d'uso che i loro attuali funzionari pubblici ritengono utili, ma lasciano che i singoli individui paghino per le necessità che loro ritengono preziose. Pensate a tutte quelle abbuffate di Netflix, ai videogiochi o alle decorazioni natalizie, che consumano tutte quantità di elettricità simili a quelle del mining globale di Bitcoin.

In secondo luogo l'elettricità totale utilizzata dai data center in Islanda (solo alcuni di essi fanno mining) è stata di 1.169 GWh nel 2021, circa il 6% del consumo totale del Paese, ovvero poco più del consumo di tutte le famiglie messe insieme. Tale consumo è completamente sminuito dall'elefante energetico nella stanza: l'industria dell'alluminio. Circa due terzi dell'elettricità nazionale (ovvero 12.454 GWh, ovvero 11 volte il consumo totale dei data center, ovvero circa il 20% del consumo energetico totale, quest'ultimo dato include anche il riscaldamento e la benzina) viene utilizzato per trasformare la bauxite importata in alluminio destinato all'esportazione. È un'attività piuttosto redditizia. Le tre fonderie di alluminio del Paese contribuiscono all'economia islandese quasi quanto il settore turistico, molto più noto e pubblicizzato.

È anche per questo che Daníel Jónsson, amministratore delegato di GreenBlocks, un'azienda di mining, ha aperto il suo editoriale sul quotidiano islandese Visir criticando la Jakobsdóttir con la proposta di una centrale idroelettrica in Etiopia. L'energia e l'elettricità inutilizzate sono una calamita per i miner di Bitcoin, poiché prendono l'elettricità che non può essere prontamente utilizzata per altri scopi e la trasformano in una delle risorse più liquide e trasferibili a livello mondiale.

Jónsson osserva che il principio “non è poi così diverso dal percorso intrapreso dall'Islanda negli anni '60, quando [gli islandesi] decisero di costruire centrali elettriche ed esportare elettricità [...] per l'industria dell'alluminio”. Sebbene gli islandesi abbiano molto da dire sugli impianti geotermici e sulle dighe fluviali, è innegabile che il popolo islandese viva bene anche grazie al successo dell'esportazione di elettricità.

Il mining di Bitcoin è solo un altro modo per fare la stessa cosa: trasformare l'energia intrappolata, con pochi usi alternativi, in qualcosa che il resto del mondo desidera avere.

In terzo luogo, il mais?! Davvero?! La mentalità da pianificazione centralizzata coinvolta qui è sorprendente. A 64 gradi nord in un paesaggio aspro con poche superfici pianeggianti o terreni coltivabili come invece negli infiniti campi di mais del Midwest, dove per otto mesi all'anno non cresce altro che ghiacciai e cumuli di neve, dove le risorse naturali più abbondanti sono pesci, cascate e calore geotermico, si vuole coltivare mais?

Certo, proprio come le stampanti di banconote infinite possono permettere a qualsiasi azienda, organizzazione o governo di sopravvivere, l'elettricità infinita può far accadere la maggior parte delle cose. Di conseguenza in Islanda si può coltivare di tutto, compresi i pomodori locali – che invadono i negozi di Reykjavík – e fichi, arance e banane – che crescono invece in una serra gestita da un'università a un'ora dalla città (a quanto pare in Islanda si coltivano banane dagli anni '50, anche se non sono mai diventate commercialmente redditizie poiché la scarsa luce solare, anche integrata con quella artificiale, fa maturare una pianta di banana in circa due anni rispetto ai pochi mesi necessari in Sud America o in Africa).

In quarto luogo il valore economico del commercio. Nel suo libro, The Myth of the Rational Voter, l'economista Bryan Caplan della George Mason University documenta come una delle differenze tra la popolazione e gli economisti sia il grado di esitazione nell'interagire con gli stranieri, in particolare per quanto riguarda il valore del commercio estero. Mentre gli economisti, alla lavagna, iniziano a blaterare di Ricardo o del vantaggio comparato, i cittadini comuni tendono a pensare a localismo, perdita di posti di lavoro e delocalizzazione.

Forse la popolazione di un Paese, affamata di banane, potrebbe essere meglio rifornita coltivandole utilizzando abbondante elettricità locale, anche se il clima e la scarsa insolazione invernale non sono adatti. Oppure si potrebbe ottenere frutta in quantità maggiore, più economica e di migliore qualità acquistando bauxite dall'estero, investendovi due terzi dell'elettricità nazionale, trasportando all'estero l'alluminio risultante e infine facendo tornare altre navi e aerei con banane e pomodori freschi.

I giornalisti del Financial Times hanno aggiunto con naturalezza che “l'Islanda produce la maggior parte dei prodotti animali che consuma, ma solo l'1% dei suoi cereali e il 43% delle sue verdure”, come se queste fossero statistiche in qualche modo rilevanti. Lo stesso si può dire di una città o di una famiglia (“[...] produce solo circa l'1% del suo consumo alimentare e il 5% delle sue verdure, in gran parte dal suo orto estivo”); non hanno alcun significato economico.

Prendiamo ad esempio New York City. Nonostante i numerosi orti comunitari e gli sforzi considerevoli compiuti negli ultimi anni dalle autorità per sostenere i prodotti locali in città, possiamo tranquillamente supporre che solo una miseria del cibo consumato ogni giorno a Manhattan venga coltivata lì. Nessuna persona sana di mente pensa che questo sia un problema. In economie integrate e monetarie con facile accesso ai trasporti e al commercio internazionale, queste cose non contano più.

Il sistema economico è controintuitivo in questo senso: ciò che a un osservatore superficiale può sembrare una follia assoluta, può avere perfettamente senso. È meglio coltivare le mele localmente o farsele spedire dalla Nuova Zelanda? L'Islanda dovrebbe coltivare banane, fichi e mais, o utilizzare l'energia per fornire circa il 2% dell'alluminio mondiale?

Nonostante la “disastrosa” carenza di produzione agricola dell'Islanda, il Paese è ben fornito di cereali e ortaggi tutto l'anno, proprio come agli abitanti di New York non mancano frutta e verdura fresche. L'idea risale ai dibattiti sulle Corn Laws del 1800 e, dopo la vittoria del libero scambio, la Britannia ha esplicitamente fatto affidamento sugli stranieri per il suo sostentamento. Un gran bell'affare.

Utilizzando calcoli economici e profitti/perdite derivanti dal sistema dei prezzi, possiamo trovare la risposta a queste domande: se un'azienda o un'attività realizza un profitto è la conferma che il prodotto è stato valutato positivamente dai consumatori rispetto a ciò che è stato impiegato per realizzarlo.

Ma forse possiamo fare entrambe le cose? Un computer ASIC è poco più di una rumorosa stufa dotata di alcuni processi di hashing, i quali convertono quasi tutta l'elettricità consumata in calore. Se i funzionari pubblici islandesi volessero coltivare più pomodori, banane, o mais utilizzando l'elettricità verde di cui la loro terra è così benedetta, potrebbero semplicemente piazzare qualche ASIC nelle loro serre.

Immaginate: potreste acquistare verdure islandesi coltivate localmente e proteggere la più grande rete monetaria digitale del mondo. Forse la coinbase guadagnata da miner Bitcoin potrebbe pagare uno staff di ricerca proprio su Bitcoin presso l'ufficio del Primo Ministro islandese.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Il declino economico della Cina e il suo impatto sugli Stati Uniti

Mer, 29/10/2025 - 11:01

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Lance Roberts

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-declino-economico-della-cina-e)

Pochi sono così schietti e storicamente accurati come il gestore di hedge fund, Kyle Bass, nell'identificare le rotture strutturali dell'economia mondiale. In una recente intervista Bass ha dipinto un quadro fosco, ma eloquente, della situazione economica della Cina:

Stiamo assistendo ai più grandi squilibri macroeconomici che il mondo abbia mai visto e tutti questi squilibri stanno raggiungendo il culmine in Cina.

Sebbene la Cina sia stata a lungo considerata la prossima grande superpotenza economica, la sua recente traiettoria rivela una storia ben diversa, segnata da passi falsi politici, da un marciume finanziario sistemico e da un motore di crescita in rapida erosione.

Anche Bass non ha usato mezzi termini:

L'economia cinese sta precipitando senza freni.

Il deflatore del PIL cinese, la misura più ampia dei prezzi di beni e servizi, continua a scendere mentre l'attività economica va via via scemando.

Per gli investitori di tutto il mondo questa non è solo una preoccupazione regionale; è un evento macroeconomico sismico che avrà ripercussioni sui mercati dei capitali. Le implicazioni sono significative per gli investitori statunitensi, perché quando le economie globali vacillano, soprattutto in una grande e interconnessa come quella cinese, i capitali non solo svaniscono ma si spostano. Questo movimento avrà un impatto significativo sugli asset statunitensi, poiché i flussi si trasferiranno nuovamente in dollari e titoli del Tesoro americani. Questo riposizionamento globale dei capitali non è solo un sintomo di volatilità; riflette una profonda rivalutazione del rischio di fronte al deterioramento della fiducia nel sistema finanziario cinese.


La storia della Cina

Dobbiamo esaminare cosa sta succedendo in Cina per capire perché è importante. Bass ha sottolineato che il nocciolo della questione risiede nel settore immobiliare, il quale rappresenta circa il 30% del PIL cinese. Questa enorme quota dell'attività economica è sottoposta a forti pressioni, con costruttori immobiliari inadempienti, volumi di vendita in calo e prezzi delle case in calo nelle principali città. Tuttavia questo non dovrebbe sorprendere, poiché, dopo la crisi finanziaria, abbiamo scritto più volte della massiccia costruzione di “città fantasma” che erano responsabili della crescita della Cina all'epoca. Tuttavia l'effetto “frusta” di quella massiccia costruzione era inevitabile.

«Si trovano seduti su 60-70 milioni di case vuote. È uno schema Ponzi che sta finalmente crollando.»

~ Kyle Bass

Questa particolare bolla immobiliare, di dimensioni senza precedenti, sta scoppiando. Ciò crea pressioni deflazionistiche e mina il valore delle garanzie a supporto di ampie porzioni del sistema bancario ombra cinese.

Ad aggravare le cose c'è il rifiuto del Partito Comunista Cinese di attuare riforme che porterebbero maggiore trasparenza, disciplina del capitale e correzioni basate sul mercato. Invece di consentire ai mercati di stabilizzarsi, Pechino sta optando per il controllo attraverso restrizioni sui capitali, interventi statali e una maggiore sorveglianza dell'attività finanziaria.

«La Cina sta attraversando una crisi bancaria al rallentatore e il capitale sta facendo tutto il possibile per uscirne.»

~ Kyle Bass

Questa fuga di capitali è inevitabile e, come già detto, avrà un impatto significativo sull'economia e sui mercati finanziari degli Stati Uniti.


Capitale in cerca di un porto sicuro

Questo esodo di capitali nazionali ed esteri rimodellerà il panorama macroeconomico globale. Di recente abbiamo discusso di come la narrazione della “morte del dollaro” fosse ampiamente esagerata. Sebbene l'articolo approfondisca ulteriormente, ci sono cinque ragioni principali per cui il dollaro rimarrà la valuta di riserva mondiale:

  1. Mancanza di una valuta alternativa valida;
  2. Forza dell'economia statunitense;
  3. Effetti di rete e inerzia finanziaria globale;
  4. Portata limitata degli sforzi di de-dollarizzazione;
  5. Resilienza di fronte ai cambiamenti politici.

Ma la cosa più importante è che il dollaro domina la composizione delle transazioni monetarie mondiali.

Il crollo economico della Cina non fa che intensificare la dipendenza del mondo dal dollaro per gli scambi commerciali e per l'accumulo di riserve di asset a sostegno di tali scambi.

In tempi di crisi gli investitori non cercano rendimento, cercano sicurezza. Nonostante gli Stati Uniti continuino a gestire squilibri fiscali e a mantenere elevati livelli di debito, il dollaro e i titoli del Tesoro americani rimangono i principali beni rifugio al mondo. Non esiste un'alternativa con la stessa profondità, liquidità e sicurezza percepita.


Il dollaro è destinato a salire

Con la fuga dei capitali dalla Cina e da altri mercati più rischiosi, il dollaro si rafforza. Non si tratta solo di un concetto teorico; è un andamento osservabile in ogni grande crisi degli ultimi decenni. La crisi finanziaria globale, la crisi del debito dell'Eurozona, la pandemia di COVID-19 e il conflitto tra Russia e Ucraina hanno tutti innescato un forte rialzo del dollaro, in quanto gli investitori cercavano la stabilità percepita del sistema finanziario statunitense.

Il meccanismo è semplice. Quando i capitali globali confluiscono nei dollari, spesso lo fanno direttamente nei titoli del Tesoro statunitensi. Questi ultimi rimangono il mercato del debito sovrano più profondo e liquido al mondo. Come discusso nell'articolo citato in precedenza, le banche centrali del resto del mondo stanno tagliando i tassi a uno dei ritmi più rapidi mai registrati:

La BCE ha tagliato i tassi in modo aggressivo, otto volte nell'ultimo ciclo, mentre la Federal Reserve è rimasta pressoché ferma. Il risultato è una divergenza che si sta sviluppando tra i rendimenti dei titoli del Tesoro statunitensi e, ad esempio, quelli dei Bund tedeschi.

È fondamentale capire perché questo sia così importante per gli investitori.

  1. I rendimenti più elevati attraggono afflussi di capitali;
  2. I titoli del Tesoro americani restano il deposito preferito di riserve estere;
  3. I differenziali di rendimento determinano l'apprezzamento del dollaro.

In altre parole, all'aumentare della domanda dei titoli del Tesoro, i prezzi delle obbligazioni salgono e i rendimenti diminuiscono. Anche quando gli Stati Uniti registrano deficit record ed emettono ingenti quantità di nuovo debito per finanziare la spesa pubblica, la domanda estera può compensare la pressione al ribasso che questa offerta potrebbe altrimenti esercitare sui prezzi.

In un contesto globale stabile, ci si aspetterebbe che l'aumento delle emissioni di titoli del Tesoro spingesse i rendimenti al rialzo. Ma in un mondo in cui la seconda economia più grande è in declino e la fiducia nel suo sistema finanziario sta svanendo, i titoli del Tesoro americani trovano acquirenti non perché offrono rendimenti elevati, ma perché forniscono un ritorno garantito sul capitale. Questa distinzione è fondamentale. Gli investitori non allocano il capitale per la crescita, ma lo riallocano per la conservazione. Questo cambiamento comportamentale ha enormi implicazioni per i mercati.


L'impatto deflazionistico della Cina sugli Stati Uniti

Ha anche conseguenze per l'economia statunitense. Gli Stati Uniti hanno beneficiato enormemente dell'ascesa della Cina negli ultimi 20 anni. Durante tal periodo, gli Stati Uniti, attraverso le loro aziende, hanno potuto “esportare inflazione” e “importare deflazione” grazie alla manodopera a basso costo, alla crescente classe media cinese e alla vorace domanda di materie prime e beni cinesi. Dai macchinari industriali ai marchi di consumo di fascia alta, la Cina è stata un affidabile acquirente marginale per le esportazioni statunitensi e un partner produttivo per le catene di approvvigionamento statunitensi. Con l'indebolimento di questo motore, gli utili delle multinazionali statunitensi saranno sempre più sotto pressione.

Una Cina strutturalmente indebolita si traduce in un calo del commercio globale, una minore domanda di beni e servizi statunitensi e un rallentamento dei flussi di investimento da parte delle multinazionali. L'effetto domino sarà una minore crescita del PIL nominale negli Stati Uniti, anche se i consumi interni rimarranno resilienti. Di conseguenza i mercati inizieranno a scontare un tasso di crescita terminale inferiore per l'economia statunitense, in particolare nei settori esposti alla domanda internazionale.

Inoltre la discesa della Cina in deflazione potrebbe esportare pressioni disinflazionistiche a livello globale. Questo rischio probabilmente aumenterà le probabilità che la FED possa commettere un “errore transitorio”.

Questo legame tra economia e inflazione è evidente dall'Indice Composito Economico, che comprende quasi 100 dati hard e soft. Dopo il picco dell'attività economica post-pandemia, la crescita economica continua a scemare. Dato che l'inflazione è funzione esclusivamente della domanda e dell'offerta economica, non sorprende che continui a rallentare.

Considerando che gli Stati Uniti importano deflazione dalla Cina, il rischio di un impatto disinflazionistico più marcato da parte della Cina sugli Stati Uniti diventerà evidente nei dati economici. Come ha osservato lo stesso Bass:

Non si tratta solo di una recessione ciclica. Si tratta di un passaggio permanente verso una crescita reale pari a zero o negativa.

Questa valutazione ha profonde conseguenze per la Cina e per il modo in cui i decisori politici e gli investitori concepiscono la crescita globale nel prossimo decennio.


Conclusione

In questo contesto i tradizionali driver delle performance di mercato, della crescita degli utili, dell'aumento della produttività e degli investimenti di capitale passeranno in secondo piano rispetto alla stabilità macroeconomica e alla gestione del rischio. Gli investitori dovrebbero spostare la loro analisi da  “Dove posso far crescere il mio capitale?” a “Dove posso proteggerlo?”.

Per ora la risposta è il mercato dei titoli del Tesoro statunitensi. Nonostante i deficit fiscali e l'impasse politica, il capitale preferisce gli Stati Uniti a qualsiasi altra alternativa. Questo dovrebbe dirci qualcosa.

Come abbiamo già scritto molte volte:

Al capitale non interessa l'ideologia: interessa la fiducia, la liquidità e lo stato di diritto.

Quando la fiducia in una potenza economica importante come la Cina svanisce, i flussi di capitali che ne derivano non camminano, ma corrono.

Gli investitori farebbero bene a prestare attenzione. Il cambiamento in atto non è temporaneo, riflette un profondo riassetto della leadership economica globale e della tolleranza al rischio. Sebbene gli Stati Uniti si trovino ad affrontare numerose sfide strutturali, per ora restano la camicia più pulita in un mucchio di panni sporchi.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Per ragioni di sicurezza nazionale, c'è bisogno di uranio estratto in America

Mar, 28/10/2025 - 11:14

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Ivan Maldonado

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/per-ragioni-di-sicurezza-nazionale)

Forse è ancora troppo presto per celebrare la rinascita dell'energia nucleare negli Stati Uniti, ma si sta verificando un'impennata di attività che dovrebbe portare alla diffusione di una nuova generazione di centrali nucleari avanzate e piccoli reattori modulari.

Ciò è particolarmente vero per i principali consumatori di energia industriale, tra cui ora rientrano anche i data center, dove esiste un forte incentivo economico a utilizzare maggiormente l'energia nucleare al posto del gas naturale e delle energie rinnovabili intermittenti.

In Illinois Meta ha di recente firmato un accordo a lungo termine per l'acquisto di energia nucleare dalla centrale nucleare di Constellation a Clinton, l'ultimo di una serie di accordi tra le grandi aziende tecnologiche e l'industria nucleare. Constellation ha anche dichiarato che avrebbe riavviato l'Unità Uno di Three Mile Island in Pennsylvania e venduto l'energia a Microsoft nell'ambito di un accordo ventennale. Anche Google ha accettato di finanziare lo sviluppo di piccoli reattori modulari, o SMR, in tre nuovi siti nucleari in Oregon. TVA prevede di costruire SMR nel suo sito di Clinch River e Kairos Power ha un progetto per un reattore avanzato a sali fusi. Inoltre Amazon, Google e Meta hanno firmato a marzo un impegno che prevede di triplicare l'energia nucleare a livello mondiale entro il 2050.

Aggiungere l'energia nucleare alla nostra lista di opzioni energetiche ha senso perché è l'unico modo per generare grandi quantità di elettricità a zero emissioni in modo affidabile per data center, veicoli elettrici e industrie alimentati dall'intelligenza artificiale. Ma la crescente domanda di elettricità e di energia nucleare evidenzia una questione seria: chi fornirà le enormi quantità di uranio necessarie per alimentare le centrali nucleari?

Attualmente il 95% dell'uranio utilizzato negli impianti nucleari statunitensi viene importato da altri Paesi, con la Russia e gli ex-stati sovietici che inondano il mercato mondiale e spingono gli altri fuori dal mercato. Anche la Cina sta rapidamente espandendo la sua influenza nella catena di approvvigionamento globale dell'uranio, ma la dipendenza americana dalle importazioni di uranio non è dovuta alla mancanza di risorse interne.

Infatti a metà degli anni '70 gli Stati Uniti erano l'unico fornitore di uranio arricchito in Occidente e gli affari prosperavano. Da allora i prezzi artificialmente bassi – e l'antagonismo politico nei confronti della produzione nazionale – hanno costretto i clienti statunitensi a cedere il passo alla concorrenza estera. Attualmente negli Stati Uniti sono operative solo cinque miniere di uranio, contro le diverse decine degli anni '70 e le 20 nel 2009.

Una crisi dell'uranio potrebbe non essere imminente, ma le implicazioni a lungo termine dell'acquisto di uranio estero a basso costo anziché dalle compagnie minerarie statunitensi sono preoccupanti, in particolare per la difesa nazionale, inclusa la flotta di portaerei e sottomarini nucleari della Marina. Anche la flotta nazionale di 94 centrali nucleari richiede una fornitura affidabile di uranio.

Le industrie americane, compresa la nostra base industriale della difesa, sono attualmente sottoposte a un'enorme pressione a causa delle restrizioni cinesi sulle esportazioni di commodity, comprese le terre rare. Sappiamo fin troppo bene che l'era dell'eccessiva dipendenza dalle importazioni di commodity deve finire. Questa è una vulnerabilità economica, energetica e di sicurezza nazionale che è diventata insostenibile.

Dato il rischio di un'interruzione delle importazioni di uranio, o di un'impennata del prezzo dello stesso,  c'è bisogno di una politica governativa per contrastare la minaccia alla sicurezza nazionale e all'economia americana. Il presidente Trump ha di recente affermato che l'amministrazione elaborerà raccomandazioni per rilanciare ed espandere la produzione di uranio statunitense. Questo è un buon primo passo, ma dobbiamo far coincidere le intenzioni con i fatti.

La dipendenza americana dalle commodity importate, in particolare da Paesi avversari, rappresenta una grave minaccia per la sicurezza nazionale. E causerà seri problemi a settori chiave della economia americana se non si interviene al più presto per incrementare la produzione interna. Per queste ragioni gli Stati Uniti si trovano ora ad affrontare una sfida monumentale: aumentare la produzione di uranio, diversificare le catene di approvvigionamento per proteggere la sicurezza nazionale e farlo in modo sostenibile.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Il costo nascosto dell'istruzione gratuita in Europa

Lun, 27/10/2025 - 11:11

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Lika Kobeshavidze

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-costo-nascosto-dellistruzione)

Il modello universitario europeo è spesso visto come un trionfo della società moderna. Senza tasse universitarie esorbitanti, con un debito studentesco minimo e la promessa di pari accesso, sembra la soluzione ideale. In Paesi come Germania e Francia gli studenti pagano solo una piccola quota amministrativa, in genere tra i $200 e i $500 all'anno, rispetto ai costi di iscrizione esorbitanti degli Stati Uniti o del Regno Unito. Molti ricevono anche aiuti finanziari sotto forma di borse di studio che non devono essere rimborsate, o prestiti a basso interesse in base alle necessità.

Ma dietro le promesse di equità e opportunità si nasconde un sistema che troppo spesso è rigido, sovraffollato e poco stimolante.

Nonostante l'accessibilità, la realtà di doversi orientare in queste istituzioni può far sentire gli studenti come se fossero solo un numero in una gigantesca macchina burocratica.

Quando l'istruzione è accessibile a tutti, le università si riempiono. Le aule sono sovraffollate e il contatto personale con i professori diventa raro. In molti Paesi europei è normale frequentare le lezioni con centinaia di altri studenti. C'è poco spazio per discussioni, feedback, o persino domande.

Ti siedi, prendi appunti, vieni promosso o bocciato. Sembra più una catena di montaggio che un luogo di apprendimento. E i numeri spiegano il perché. Nel 2022 l'Unione Europea contava 18,8 milioni di studenti, circa il 7% della sua popolazione totale, iscritti all'istruzione terziaria. Negli Stati Uniti circa  19,1 milioni di persone si sono iscritte all'università durante l'anno accademico 2024-25. Oltre a cifre di iscrizione simili, sia l'UE che gli Stati Uniti hanno reso l'istruzione superiore ampiamente accessibile. Nell'UE, dove le tasse universitarie sono spesso infime o fortemente sovvenzionate, l'istruzione superiore viene ampliata per accogliere la maggioranza. Nel 2022 il 44% dei cittadini dell'UE di età compresa tra 25 e 34 anni aveva completato un corso di laurea, rispetto al 50% negli Stati Uniti.

I due sistemi differiscono nella struttura. Ciò che li distingue non è il numero di studenti, ma il modo in cui viene erogata l'istruzione. Le università europee tendono a basarsi su lezioni di grandi dimensioni, percorsi di studio rigidi e una limitata competizione istituzionale. Il risultato è un modello costruito sulla fredda efficienza piuttosto che sull'individualismo. Le istituzioni statunitensi, al contrario, operano in un ambiente competitivo e decentralizzato, con una gamma più ampia di strutture accademiche, inclusi college più piccoli e una progettazione dei programmi più flessibile.

Quando l'istruzione superiore è dimensionata per servire quasi tutti, come in gran parte d'Europa, si rischia di barattare la profondità con la capacità di elaborazione e la personalizzazione con la comodità amministrativa. Alla fin fine funziona lo stesso, ma a costo di trattare l'istruzione meno come un percorso e più come un processo burocratico.

A causa di questa scala il sistema si basa fortemente sulla standardizzazione. I programmi sono progettati per soddisfare le esigenze della maggioranza, il che significa che spesso non lasciano spazio a chi pensa o impara in modo diverso. Questa rigidità non inizia all'ingresso dell'università. In Paesi come Germania e Francia gli studenti vengono indirizzati verso percorsi accademici, o professionali, già a partire dagli 11 o 12 anni. Se non si viene inseriti nel percorso giusto in quel momento, le possibilità di accedere all'università in seguito possono ridursi drasticamente. Di conseguenza quando gli studenti accedono all'istruzione superiore sono già stati incanalati in un sistema che limita la crescita personale, la sperimentazione e le seconde possibilità.

Questa rigidità produce qualcosa di più profondo della semplice frustrazione. Crea una cultura del conformismo. Ci si aspetta che gli studenti seguano il percorso ufficiale, finiscano in tempo e non facciano troppo rumore. Fallire o impiegare più tempo per laurearsi è visto come una debolezza, anche se il processo di tentativi ed errori è essenziale per un apprendimento autentico. L'idea di esplorare diverse discipline o di fermarsi a riflettere è raro che sia incoraggiata. Il successo si misura in base all'efficienza con cui si completa il programma, non in base a quanto si scopre su sé stessi o sul mondo.

Di conseguenza la creatività si perde. Gli studenti che vogliono correre rischi, provare cose nuove, o porre domande scomode finiscono per trovare scarso supporto. I professori spesso non hanno tempo per fare da mentore ai singoli studenti. Gli studenti hanno una scelta limitata su cosa studiare, o come affrontarlo. In questo sistema l'obiettivo non è ispirare, ma produrre.

Ora confrontate tutto questo con sistemi in cui la competizione e la scelta sono più centrali. Negli Stati Uniti gli studenti possono scegliere liberamente il proprio percorso di studi, cambiare indirizzo, o persino prendersi del tempo libero senza penalità. Nel Regno Unito le università competono per accaparrarsi gli studenti, spingendole a offrire programmi più innovativi e un insegnamento migliore. Questi modelli sono tutt'altro che perfetti, soprattutto in termini di costi, ma spesso offrono più spazio alla crescita personale, al pensiero indipendente e alla libertà accademica.

Non si tratta di un invito a ripristinare tasse universitarie elevate. L'istruzione dovrebbe essere accessibile, ma l'accessibilità da sola non garantisce la qualità. Il modello europeo spesso rinuncia alla flessibilità in favore dell'accesso; è costruito per servire tutti allo stesso modo, il che significa che fatica a servire bene chiunque.

Non è sempre stato così. Con l'apertura delle università europee al grande pubblico nel XX secolo, l'esigenza di efficienza portò a strutture rigide e programmi di studio standardizzati. Quello che un tempo era un sistema per pochi privilegiati divenne una catena di montaggio per milioni di persone. Per contestualizzare il concetto per i lettori americani: la maggior parte degli studenti europei paga meno di $500 all'anno in tasse universitarie. A titolo di confronto, mentre le università statunitensi hanno una media di oltre $38.000 all'anno, la maggior parte degli studenti americani frequenta istituti più accessibili, con tasse universitarie statali che si aggirano in media sui $10.000 in quelle pubbliche e sui $3.000 nei community college.

Prendiamo ad esempio la Svezia. Molti studenti non iniziano l'università prima dei vent'anni, in parte perché il sistema offre pochi incentivi a iniziare prima. Una volta iscritti, i percorsi accademici sono stretti e cambiare direzione è difficile.

In Italia gli studenti spesso rimangono all'università per molti anni. Non perché siano eccessivamente curiosi o appassionati, ma perché il sistema è obsoleto e lento. I tassi di abbandono sono alti e le lauree hanno scarso peso nel mercato del lavoro.

E in Francia alcune delle scuole più prestigiose non fanno affatto parte del sistema universitario pubblico. Le Grandes Écoles sono a pagamento, più selettive e offrono un'istruzione più personalizzata. Ironia della sorte sono considerate migliori proprio perché non seguono il modello “libero per tutti”.

La verità è che la vera libertà educativa significa molto più che eliminare le tasse universitarie. Significa permettere agli studenti di esplorare, fallire, cambiare e trovare la propria strada. Significa incoraggiare l'innovazione e premiare la curiosità. E sì, significa permettere ai sistemi di competere ed evolversi.

Il sistema educativo europeo è motivo di orgoglio, ma quest'ultimo non dovrebbe impedire le riforme. Dobbiamo porci domande più difficili: stiamo costruendo istituzioni che siano davvero al servizio degli studenti, o stiamo semplicemente creando macchine che trattano tutti allo stesso modo?

Se l'istruzione deve preparare le persone al futuro, allora dobbiamo assicurarci che i nostri sistemi siano sufficientemente flessibili da crescere con essi. Quando si forzano tutti a conformarsi allo stesso schema, si rischia di distruggere proprio ciò che rende l'istruzione potente: la capacità di pensare in modo diverso.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Il mondo dietro di voi

Ven, 24/10/2025 - 10:01

 

 

di Francesco Simoncelli

(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-mondo-dietro-di-voi)

Come si suol dire, “a furor di popolo” quello di oggi sarà una sorta di pezzo riepilogativo di quanto successo finora nel panorama geopolitico ed economico. Andremo a vagliare il contesto reale, quello che a livello generalistico è contorno mentre invece è la vera sostanza di quanto accade sotto i nostri occhi. Capiremo soprattutto come l'incompetenza, in verità, è meno diffusa di quanto si possa credere nelle aule della politica, abilmente mascherata dalla malizia sottostante. La vendita alla popolazione osservante dell'incompetenza delle figure sotto i riflettori è un attenuante di gran lunga più digeribile rispetto alla piena consapevolezza delle loro azioni. In questo modo si scambiano anche “tenenti”, “colonnelli” e “generali” per i veri governanti. Ogni strato in piena vista compie azioni che fanno riferimento a uno strato superiore costituito da altri individui che conoscono le informazioni dello strato inferiore più le loro e così via fino a salire fino in cima a questa catena di comando dove la “cupola mafiosa” fatta di famiglie e interessi antichi, molto antichi, tirano le stringhe delle marionette. Ovviamente non hanno tutte le informazioni del mondo, impossibile per un semplice essere umano, ciò che hanno invece è l'esperienza della storia e la capacità di influenzare pesantemente l'ambiente al di sotto del loro raggio d'azione. E come in ogni cupola mafiosa che si rispetti, ci sono alleanze e tradimenti, interessi circostanziali ed esistenziali. Nessuno è amico di nessun altro, ma la coincidenza d'intenti quella sì che investe di una patina superficiale di amicizia la fugacità di una alleanza.

Se immaginate il caos, vi sbagliate. Esiste un “codice di condotta” e come in qualsiasi gioco esistono delle regole. Certo, possono essere stiracchiate fino alla quasi rottura, ma non possono essere infrante. Il sopraccitato codice è il Diritto marittimo, il quale regola e imposta le relazioni tra gli “uomini” sulla “terra”. Per quanto la Legge naturale dovrebbe essere il faro guida al di sotto del quale tutti dovrebbero sottostare, artifici semantici e capovolgimenti giuridico/religiosi hanno portato al di sopra della stessa il Diritto marittimo. In questo senso la cupola mafiosa risponde certamente a una sorta di “diritto” e regole, ma non sono le stesse cui è sottoposta la gente comune (la formula la “Legge è uguale per tutti” è la legge del più forte, coniata per la prima volta in quella che fu la Battaglia di Milo). La scena della riunione tra le varie bande criminali nel film, Il Padrino, è utile in questo senso per capire meglio quanto detto finora.

È qualcosa di nuovo? No. Vi basta osservare qualsiasi chiesa, ad esempio, e noterete che gli affreschi a sfondo religioso saranno caratterizzati anche da stemmi di casate nobiliari. La propaganda dell'epoca la potremmo definire, sostituita oggi dall'intrattenimento di massa, ciononostante la storia è una cronologia di battaglie, alleanze e tradimenti di famiglie che si sono godute il privilegio di poter “gestire” le persone (inconsapevoli) al di sotto di esse. L'Unione Europea, per fare un esempio contemporaneo, è una tecnocrazia oligarchica dove famiglie di potere (come quella della Von der Leyen) usano un impianto tecnocratico per governare. La guida occulta che sto descrivendo avviene tramite il cosiddetto “sottobosco statale”, lo Stato profondo, e questo si riverbera sugli apparati amministrativi “alla luce del sole” che subiscono pesantemente questa influenza. È una saldatura che permette a suddette famiglie di insinuare i propri sodali e, come in uno schema piramidale, così riesce a sostenersi nel tempo e proiettare maggiore potere.

L'epoca storica moderna non permette più l'imposizione del potere politico tramite quello economico, bensì tramite la tecnocrazia. “Lo dice la scienza” è l'eggregora per eccellenza che, come un grimaldello, apre le coscienze della maggior parte delle persone ed esse diventano disponibili (acconsentono) a sottostare alla direzionalità impostata dall'alto. In tutta Europa, al giorno d'oggi, la politica è stata sostituita dalla tecnica e la magistratura è un braccio armato di quest'ultima. In questo mondo fatto di famiglie/fazioni/bande mafiose e retto da tecnocrati facenti funzione, la popolazione è convinta che tutto sia fatto di tecnica e pensa altresì che le varie “macroaree” (economia, geopolitica, politica estera, ecc.) siano fatte di decisioni tecniche. Lasciare tutto nelle mani dei tecnici, affidarsi ai tecnici che applicano i principi studiati, delegare: la ricetta perfetta per l'assenza di contestazioni o indagini.

L'era moderna della geopolitica è indubbiamente iniziata con la Brexit. Ripensate al giugno del 2016: Trump stava correndo contro la Clinton per la presidenza degli USA e le piazze inglesi erano infervorate da gente come Farage che spingevano per un voto contro l'UE. Alla luce di quanto detto finora, è chiaro come il giorno che anche quest'ultimo non era affatto mosso da scopi individuali e questo a sua volta significa che il movimento di chi voleva lasciare l'UE non era affatto “populista”. Stiamo parlando di quegli oligarchi, quell'aristocrazia inglese, che gravitano intorno alla City di Londra e che hanno “tradito” la Thatcher e venduto l'Inghilterra all'Unione Europea (cfr. The Rotten Heart of Europe). C'è stata la Brexit perché Trump non era quello che doveva vincere la carica di presidente e, col senno di poi, essa s'è dimostrata una lotta su chi avrebbe dovuto controllare le istituzioni post-Seconda guerra mondiale dopo il sacco completo degli Stati Uniti.

La vittoria della Clinton avrebbe dovuto impantanare ancora di più il Paese e permettere alle fazioni globaliste all'estero di prenderne il controllo. Così sarebbe stata una faida su chi avrebbe esercitato il diritto di sedere a “capotavola” ed essere il decisore più influente: l'aristocrazia inglese, i vecchi neoconservatori inglesi, i vecchi membri dell'Impero inglese, o i globalisti continentali (olandesi/tedeschi/francesi). Tony Blair e Jacob Rees-Mogg non “giocano” nella stessa squadra; per quanto siano entrambi globalisti il primo fa riferimento all'UE, ad esempio. Così come Obama... e così come Farage fa riferimento al vecchio conglomerato dell'Impero inglese nella City di Londra. Quest'ultima gente è “l'eredità” di coloro che ci hanno dato la Dichiarazione di Balfour, tanto per far capire i legami. Detto in termini più sintetici, le fazioni e le famiglie che costellano il mondo della geopolitica, della politica e della finanza si preparavano a banchettare sul cadavere degli Stati Uniti e spolpare ciò che ne rimaneva. A quest'ora, infatti, l'UE, l'ONU, l'FMI e la BRI avrebbero dovuto essere i riferimenti cardine del “nuovo mondo”. A tal proposito, cosa pensate che sia la recente linea di swap in dollari con l'Argentina se non l'applicazione della Dottrina Monroe da parte degli Stati Uniti e lo sganciamento della nazione dai prestiti FMI/Banca mondiale?

The $20 billion swap line to Argentina is not a bailout—it's a currency swap with political motives. Washington doesn't want Argentina to look toward non-dollar (China). China provides more in loans to emerging economies than the World Bank.

— Martin A. Armstrong (@ArmstrongEcon) October 16, 2025

Quindi la Brexit era il classico “coltello nella schiena” piantato dagli inglesi nella schiena dell'UE. Si sarebbero alleati con la “nuova” America e avrebbero pienamente riconquistato la colonia fuggita. Sin da allora si è trattato di una lotta ai vertici della cupola mafiosa che governa le persone e chiunque prevalga alla fine non equivale alla “salvezza” della popolazione in generale. Nella migliore delle ipotesi si tratta di una qualità di vita lievemente migliore. La maggior parte delle persone cadrà vittima della divisione tra presunti buoni e cattivi, schierandosi con i primi. Non esistono né i primi, né i secondi; esistono solo opportunità per la gente comune di trarre vantaggio da lotte al vertice come questa, se non altro per non finire schiacciata come formiche da giganti che si prendono a randellate sulla testa. Schierarsi significa perire.

Cos'è successo nel novembre del 2016 poi? Donald Trump è stato eletto e non doveva accadere. Queste due cose hanno richiesto una revisione dei piani in corsa, dato che il tabellone di gioco non era più quello che si credeva dovesse essere. Inutile dire che l'errore è spesso il figlio dell'improvvisazione.

E qui facciamo un passo indietro introducendo nell'analisi la componente economica. Partiamo dal LIBOR.


LIBOR ED EURODOLLARI

Questo è un tema ancora oscuro per la maggior parte delle persone. Addirittura c'è chi crede erroneamente che l'eurodollaro sia il tasso di cambio tra euro e dollaro. Prima del mio ultimo libro, Il Grande Default, c'era scarsa narrativa in italiano a riguardo; dopo di esso, però, non ci sono scusanti. Il background storico di questo mercato l'ho dato in una recente serie che potete recuperare qui, quindi adesso mi limiterò ad affermare che gli eurodollari sono essenzialmente dollari offshore detenuti da banche estere. Come accaduto con l'oro, possedere una cosa passivamente non è redditizio quindi nel corso del tempo si sono studiati modi per rendere queste riserve “attive”. Il problema con i prestiti, ovviamente, era che non esisteva un tasso d'interesse di riferimento in grado di determinare l'ammontare che poteva essere richiesto all'atto di elargizione del credito. Non esistendo un tasso di riferimento che coordinasse il sistema bancario mondiale, permettendo alle singole banche in una nazione di prestare dollari a un'altra di un'altra nazione, emerse una necessità che non tardò a essere soddisfatta.

Così come venne creato il gold fix a Londra per intermediare a livello internazionale i contratti sintetici legati al metallo giallo, nel 1968 una banca greca fece sapere che avrebbe prestato le sue riserve in dollari a un tasso d'interesse tra il 4.5% e il 5%. Il precedente crea il caso e nel 1984 la storia arrivò a mostrare 18 banche della City di Londra che, alla fine della giornata, si riunivano in teleconferenza per determinare il prezzo a cui sarebbero stati concessi i prestiti in dollari tra di esse. A cascata questo avrebbe permesso di adottare un tale riferimento per mutui, titoli garantiti da ipoteca, ecc. Nel mondo di oggi, dove i computer imperversano e le comunicazioni digitali sono più veloci, sarebbe stato meno macchinoso il processo, allora, invece, ci si doveva accontentare di un “giro di telefonate”. E fu così che il LIBOR (London Interbank Offered Rate) sarebbe stato preso come modello mondiale per i dollari circolanti all'estero.

L'anno successivo, il 1985, gli Accordi del Plaza resetteranno le valute fiat dopo lo scisma dall'oro del 1971 e le collegarono alla determinazione del LIBOR. Per allora il sottobosco dei prestiti in dollari al di fuori degli Stati Uniti era andato già fuori controllo e fu esattamente ciò che portò alla crisi economica degli anni '70, la quale non fu risolta da Volcker ma dall'introduzione del LIBOR. La Francia di De Gaulle diede solo una spintarella al sistema finché venisse riformato lungo questi binari e il mio sospetto è che ci fosse un accordo sottobanco con gli inglesi per premere sull'acceleratore: nonostante l'odio tra i due Paesi, esso fu scavalcato dal desiderio di ottenere pasti gratis tramite finanziamenti in dollari offshore a riserva frazionaria e la possibilità di riconquistare la colonia sfuggita al loro controllo. Ricordiamoci che la Francia lavorò insieme all'Inghilterra per fomentare la guerra civile americana.

Il LIBOR, quindi, divenne il tasso d'interesse a cui sarebbero stati indicizzati tutti i debiti mondiali denominati in dollari, inclusi anche quelli negli Stati Uniti. Per esempio, quando una banca doveva impostare l'interesse da far pagare a un qualsiasi mutuatario, gli chiedeva il tasso del LIBOR + n (dove n era un qualsiasi numero che permetteva all'istituto di credito di guadagnare dal prestito). Lo stesso accadeva con le carte di credito. Quando si prendevano questi due fatti insieme, ovvero il LIBOR che indicizzava tutti i debiti del mondo e il mercato dei dollari offshore che era di ordini di grandezza più grande di quello interno, la Federal Reserve non era affatto l'istituto che determinava la politica monetaria americana.

Facciamo un altro passo avanti adesso. L'economia degli Stati Uniti è di gran lunga la più forte del mondo, dato che può mandare dollari fuori e far entrare beni (Dilemma di Triffin), di conseguenza può permettersi un costo del capitale più alto rispetto al resto del mondo. I mercati esteri, nonostante le loro riserve in dollari, sono molto più suscettibili a una variazione del tasso di riferimento americano (Federal fund rate). Per dirla in altro modo, l'economia americana è più dinamica e capace di assorbire un costo del capitale più elevato per la fabbricazione dello stesso prodotto che potrebbe essere fabbricato in Vietnam. Se, ad esempio, uno volesse costruire una casa in Vietnam ciò sarebbe accessibile a un tasso Fed Fund del 3%; se uno volesse fare la stessa cosa negli USA, ciò sarebbe ancora accessibile al 5,5%. Perché? Perché l'economia statunitense è migliore, più profittevole e più efficiente. Gli americani sono in grado di usare il capitale a loro disposizione in modo più efficiente rispetto ai vietnamiti. Questo è un vantaggio non indifferente quando, ad esempio, la FED, facendo ricorso al suo keynesismo, afferma di dover “rialzare” i tassi d'interesse per “raffreddare” la creazione di credito nell'economia.

Gli Austriaci hanno sempre avuto ragione a criticare la FED perché capitolava “troppo in fretta” nel suo ciclo di rialzo dei tassi e tornava a tagliarli. Con le informazioni che avete a disposizione adesso e la mia ricerca in tal direzione, cari lettori, adesso sapete il perché: non perché la FED fosse stupida o incapace, bensì a causa del LIBOR. Per 40 anni questa giostra ha continuato a girare: la FED vedeva “surriscaldarsi” l'economia americana a causa di un'enorme espansione dei mercati dell'eurodollaro, quei dollari tornavano in patria, svalutavano il biglietto verde ed essa rialzava i tassi d'interesse. Ma qui arrivavano i guai: il Vietnam, come nell'esempio precedente, non poteva gestire tassi d'interesse al 7%, solo al 3%, e i debiti iniziavano ad “andare a male”. Il LIBOR, di conseguenza, esplodeva al rialzo ben al di sopra del Fed fund rate americano, dato che c'era un fuggi-fuggi per accaparrarsi il denaro con cui servire il debito. In particolare esplodevano i tassi sul front-end della curva del LIBOR (la domanda di dollari era più impellente nel breve termine ovviamente) e, superando quelli sul back-end, essi segnalavano inversione e quindi pericolo di recessione.

Le economie meno efficienti, quindi, affrontavano lo spauracchio dell'inadempienza, cosa che accadde, ad esempio, con Long-Term Capital Management quando andò in default a causa della crisi che dapprima scoppiò in Thailandia e poi si diffuse in Russia. La leva finanziaria, infatti, è un'arma a doppio taglio; può dare soddisfazioni, ma piramidarci sopra progetti a lungo termine significa esporsi a un volo da un burrone assicurato. Il LIBOR e la riserva frazionaria nel mercato degli eurodollari alimentavano la sconsideratezza e l'azzardo morale perché si supponeva che sarebbe stato un sistema sempre a disposizione del resto del mondo. Certo, ci sarebbero stati agnelli sacrificali qua e là ogni tanto (es. crisi argentina, crisi asiatica, bolla dotcom, LTCM, ecc.), però poi si sarebbe acceduto alla stessa fonte che aveva causato la crisi per inondare la stessa di dollari e prenotarsi per il giro di giostra successivo.

Il meccanismo era sempre lo stesso: necessità di dollari, prestiti nei mercati pronti contro termine per raccattare qualsiasi finanziamento rapido possibile, esplosione al rialzo del LIBOR. Ma cosa succedeva negli Stati Uniti? Esplodevano al rialzo anche i tassi variabili dei mutui, ma non dell'ammontare equivalente al rialzo dei Fud fund (diciamo da 2% al 5%) bensì di quello del LIBOR (diciamo dal 2% al 9%). D'improvviso le carte di credito passavano da tassi al 12% a tassi al 21%, ad esempio, e così anche per i tassi per i prestiti automobilistici, i mutui immobiliari, il credito revolving, ecc. Cosa succedeva all'economia americana quindi? Iniziava a rallentare ben prima che gli investimenti improduttivi del precedente ciclo potessero essere eliminati, come recita correttamente la teoria Austriaca del ciclo economico, e la FED era costretta a tagliare i tassi ben prima che tale processo potesse concludersi efficacemente. In sintesi, era la City di Londra a controllare l'economia e il sistema bancario americani.

Mentre la stampa generalista veicolava l'idea che la FED fosse gestita da incompetenti, gli Austriaci fungevano da cassa di risonanza e amplificavano il messaggio fraudolento: “End the FED”! Obiettivo legittimo, ma perché non “End the BOE” la fonte primaria di tutti i mali economici? A causa del loro ego: il (presunto) riconoscimento a livello mainstream li ha accecati e ha gonfiato il loro orgoglio, facendoli trincerare nella teoria e abiurando la pratica di ciò accade nella realtà. La teoria è valida, e anche una guida per obiettivi di lungo termine, ma nel frattempo viviamo il presente e i fatti che lo costellano non andranno via chiudendo semplicemente gli occhi di fronte a essi.

Nel 2022, però, tutto questo è cambiato. Per capirlo, riprendiamo la storia dove l'avevamo lasciata quando Trump è stato eletto presidente nel 2017. La prima cosa che fa è nominare un nuovo presidente alla Federal Rserve: Jerome Powell. Janet Yellen stava per lasciare la carica e si rifiutava di rialzare i tassi quando ce n'era bisogno, Wall Street quindi consegna nelle mani di Trump il nome di Powell. Sì, Wall Street, perché non dimentichiamoci delle fazioni di cui abbiamo parlato all'inizio di questo saggio: una di queste negli USA è quella facente riferimento ai cosiddetti New York Boys, ovvero quel gruppo di pressione rappresentato dal sistema bancario commerciale americano la cui capillarizzazione sul territorio è ben radicata. Powell è stato per anni un membro del FOMC e uno di quelli che, sin dall'epoca Bernanke, è stato un fermo sostenitore della necessità di rialzare i tassi e fermo critico dell'obiettivo d'inflazione al 2%. Come seconda mossa, Trump sposta John Williams dalla FED di Atlanta alla FED di New York. Per chi non avesse contezza di come è strutturata la Federal Reserve, esiste la sede principale a Washington DC e poi le 12 Federal Reserve regionali. Quella di Atlanta non ha tanto potere, quella di New York invece organizza l'overnight repo desk (mercato dei prestiti rapidi, linee di swap in dollari, ecc.) e le altre strutture della branca principale.

Perché è importante Williams nella nostra storia? Perché è l'architetto del SOFR (Security Overnight Financing Rate), un tasso interbancario tra la Federal Reserve e le banche americane che comprano dollari nel mercato pronti contro termine americano. Quel che è importante assimilare è che la domanda di denaro nel breve termine viene gestita egregiamente e lo scompenso tra domanda/offerta di denaro viene gestito esclusivamente dal mercato pronti contro termine americano. Se, ad esempio, una banca deve pagare dividendi o stipendi domani, ma ha solo titoli del Tesoro americani e poca liquidità dato che avrebbe ricevuto una grossa somma due settimane dopo, essa può rivolgersi a una sua controparte e farsi prestare dollari ponendo come garanzia i titoli a sua disposizione. Il contratto pronti contro termine è il privilegio di usare dollari di altri, o liquidità di altri, per un breve lasso di tempo in cambio di un interesse pattuito tra le parti.

Quindi il SOFR è una tasso a cui vengono indicizzati i debiti interni degli Stati Uniti e nel momento in cui gli americani richiederanno un finanziamento o un mutuo verrà caricato loro come interesse SOFR + n, non più LIBOR + n. Ma ecco il punto: il SOFR non è dipendente dall'opinione di 18 banche nella City di Londra. Se in passato l'impostazione del LIBOR per i dollari offshore influenzava pesantemente i mercati americani, e quindi le condizioni economiche estere, soprattutto quelle di Europa e Inghilterra, influenzavano pesantemente i mercati americani, ora questi ultimi rispondono esclusivamente alle condizioni economiche interne tramite il SOFR. Sono le differenze più piccole a fare la vera differenza: ora i mercati del dollaro interni controllano il prezzo del dollaro a livello internazionale. Questo mi porta a concludere che gli USA hanno dichiarato la loro, vera e propria, indipendenza dall'Europa quando Powell è diventato presidente della Federal Reserve e John Williams ha avviato i lavori per implementare il SOFR al posto del LIBOR. A fronte di un periodo di test della durata di 4 anni, sarebbe diventato attivo il primo gennaio 2022.

Si capisce che Powell è un alfiere dei NY Boys, la fazione opposta a quella della cricca di Davos/inglese/olandese, quando nel 2021 l'amministrazione Biden ritarda/ostacola la sua rielezione a presidente per oltre 6 mesi e lui stesso viene accusato di insider trading. Quest'ultimo era un tentativo raffazzonato dell'UE di contrastare la stretta monetaria ombra della Federal Reserve che stava iniziando a prosciugare il mercato degli eurodollari: a giugno di quell'anno Powell aveva rialzato di 5 punti base il reverse repo facility della FED. L'obiettivo quindi era quello di liberarsi di Powell, visto che dal lato politico/fiscale l'amministrazione Biden era corrotta, e riguadagnare il controllo anche sulla politica monetaria insediando la Brainard. Infatti fu quest'ultima che fece trapelare ad Axios e Politico i trading sull'indice S&P 500 che apparentemente incriminavano la condotta di Powell e Clarida. Saltò fuori poi che addirittura tali trade passavano sotto la sua firma... a dir poco imbarazzante. La presidenza della FED fu promessa alla Brainard da Obama. L'attacco riuscì ad affondare tre dei membri più fedeli a Powell nell'FOMC (Clarida, Rosengren e Kaplan), ma non lui stesso. Alla fine, come ci si poteva aspettare, tutto si risolse in una bolla di sapone. Ciononostante l'FOMC dovette affrontare lo stesso l'attacco sferrato dalla cricca di Davos per mezzo dell'amministrazione Biden, e lo fece dichiarando Powell presidente fino a riconferma o scelta di un sostituto. Questa indecisione, riconferma o no, è durata 4 mesi, tempo in cui l'amministrazione Biden smosse mari e monti per impedire la continuazione di Powell a guida della FED... fino a quando il Senato non lo riconfermò (non sarebbe potuto passare nessun altro).

La prima cosa che fece una volta riconfermato fu rialzare i tassi a marzo 2022. Voleva farlo già a Jackson Hole l'anno precedente ma non poteva, dato che vennero votati il Build Back Better e l'Infrastructure Bill i quali avevano lo scopo di incatenare le mani della FED con $8.000 miliardi in nuova spesa da monetizzare; col favore del SOFR, entrato ufficialmente in vigore il primo gennaio 2022, il suo compito fu semplificato. Nell'esatto momento in cui Powell ha spinto sull'acceleratore nel drenaggio del mercato degli eurodollari, tutti i profeti di sventura sono stati smentiti... per loro anche solo l'arrivo all'1% avrebbe significato recessione automatica. Non avevano idea di cosa fosse stato architettato dai NY Boys per salvare i loro interessi: infatti i rialzi sono andati avanti, addirittura nel bel mezzo di una crisi bancaria quando nel 2023 sono saltate in aria 3 banche del circuito FED di San Francisco! Ulteriore conferma, questa, che la tesi finora descritta qui riguardo il LIBOR è corretta e che la FED, come pronosticato dal sottoscritto, poteva addirittura arrivare al 6% coi Fed Fund e non sarebbe stata scatenata alcuna recessione. In soli 4 mesi la FED è riuscita a drenare da M0 mondiale $2.000 miliardi!

E questo senza che il mercato dei titoli di stato americani diventasse bidless, come invece accaduto nel marzo 2020. All'epoca il SOFR era ancora in fase di test e praticamente illiquido, quindi un qualsiasi attacco nei suoi confronti sarebbe stato vittorioso. E così fu. Powell fu ricattato costretto a tornare a zero coi tassi di riferimento e inondare i mercati, interni ed esteri, di liquidità in dollari a basso costo.


CONCLUSIONE

Gli esseri umani hanno le stesse pulsioni ataviche alla fin fine: vivere al massimo col minimo sforzo quando si presenta l'opportunità. Ciò non è diverso quando si parla di fazioni e famiglie al vertice della piramide sociale. Anzi, vale ancora di più. I contribuenti sono il collaterale col quale avanzare le proprie richiesta al tavolo delle decisioni, ma potere e ricchezze nascono dalle spoglie dei pari che riescono a sottomettere. Gli inglesi, la City di Londra, s'è dimostrato l'Impero più longevo e influente nel corso della storia, usando come proxy gli Stati Uniti la cui indipendenza non è stata una realtà sino al 2022 quando è entrato in vigore il SOFR e il LIBOR, insieme all'influenza finanziaria proveniente da Londra, è stato sostituito. Infatti gli stessi USA sono stati vittime del sovvertimento dall'interno che ha caratterizzato da sempre il modus operandi degli inglesi:

  1. Ottenere l'accesso alle risorse naturali come garanzia;
  2. Trasformare tale garanzia in un asset 20 volte superiore attraverso la finanziarizzazione;
  3. Aumentare il valore degli asset e creare una crisi economica;
  4. Ottenere un salvataggio diventando troppo grandi per fallire, a livello sistemico;
  5. Impoverire e indebitare quattro generazioni di cittadini per ripagare un salvataggio che è 3-5 volte superiore al valore degli asset finanziarizzati.

Un caso eclatante di come scorrono i fiumi di dollari offshore e come si perda la loro traccia (leverage) nel momento in cui passano tramite il sistema bancario ombra, è la biblioteca di Obama di recente costruzione. È così che l'eurodollaro ha funzionato per decenni ed è così che Bruxelles e City di Londra si sono sostenuti a scapito degli USA. I soldi dei contribuenti americani venivano sottoposti a leva e gonfiati tramite l'eurodollaro. I finanziamenti alle ONG erano pressoché infiniti. La “golden power” e la Guarda nazionale applicati adesso da Trump sono propedeutici alla guerra contro la cricca di Davos. È così che ad esempio Putin ha messo in riga gli oligarchi e scacciato l'influenza delle ONG. La stessa cosa ha fatto la Georgia. La stessa cosa non ha potuto farla l'Ucraina dato che la politica estera degli USA, nel 2022, era ancora appaltata a Londra e Bruxelles. L'ascendente di Washington su Tbilisi, ad esempio, era una propaggine dell'impero inglese. Ecco perché i disordini recenti nella nazione sfoggiando bandiere europee e sfilate di politici europei. Con il prosciugamento del mercato degli eurodollari e la riorganizzazione di Washington lontano dalle influenze geopolitiche estere, nonché la pulizia di quelle aree nel mondo in cui gli inglesi avevano ascendente, viene smantellata una piovra sotterranea vecchia di decenni.

White House releases names funding Antifa, protests and violence in America

We paid for our own protests with over $100 million laundered by Democrats

"We found a network of NGOs”

- George Soros, the Open Society Network
- Arabella Funding Network
- The Tides FIShing Network
-… pic.twitter.com/93FZsh9qnv

— Wall Street Apes (@WallStreetApes) October 8, 2025

Inizia a bussare al proverbiale “dominio pubblico” la selva di ONG che nel corso del tempo ha funzionato da veicolo di riciclaggio di denaro nel sottobosco finanziario e finanziamento occulto di intere nazioni (principalmente UE e UK). Smantellare questa piovra tentacolare, che aveva come nutrimento il mercato degli eurodollari controllato a Londra e come cinghia di trasmissione il settore bancario ombra americano abilitato da traditori nel Congresso che hanno approvato leggi criminali come la Dodd-Frank, sarà arduo ma il processo sta andando avanti piuttosto bene. Per chi ha letto il mio libro, Il Grande Default, tutto questo non è niente di nuovo.


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Bitcoin affronta il suo 1913

Gio, 23/10/2025 - 10:08

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Kane McGukin

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/bitcoin-affronta-il-suo-1913)

La battaglia tra Bitcoin Core e Bitcoin Knots è un attacco alla sua rete, una lotta non diversa da quella per l'istituzione della Federal Reserve nel 1913.

Il Novecento, come accade anche oggi, iniziò con i banchieri in guerra per le regole che governavano il denaro. Due fazioni in competizione, il Piano Aldrich e il Piano Glass-Owen, lanciarono un attacco alla moneta sana/onesta perché alcune persone cercavano più potere e le nazioni chiedevano più controllo.

L'oro, come Bitcoin, è denaro per via delle sue origini fondamentali. Eppure, l'idea sbagliata, allora come oggi, è che la sopravvivenza richieda maggiore complessità.

La storia dimostra quanto possano essere fragili le convinzioni. Un'offerta di un posto al tavolo delle trattative è sufficiente a trasformare coloro che un tempo erano ferventi difensori del denaro sano/onesto in sostenitori del credito e del debito illimitato. I primi sostenitori dell'oro come Keynes negli anni '20 e Greenspan negli anni '80 si sono dimostrati incapaci di ignorare l'attrazione emotiva della notorietà, della valuta fiat e del controllo. Ogni volta si reintroducono tattiche inflazionistiche che corrodono i principi e il valore del denaro.

Spesso progetti furbi e piani corrotti si sono rivelati troppo grandi affinché il singolo essere umano potesse emanciparsene.


Mai un momento di noia

Non c'è mai un momento di noia in Bitcoin o nel mondo della finanza.

L'ultima divisione all'interno della comunità Bitcoin potrebbe sembrare l'ennesima diatriba su tecnicismi, ma indica qualcosa di più profondo? Sebbene sembri esserci un bisogno infinito di avere qualcosa di tecnico su cui discutere, sotto i commit di GitHub e i dibattiti nelle mailing list si nasconde un fantasma del passato: la lotta ideologica che ha dato vita alla Federal Reserve.

La creazione della FED è stata inquadrata nei termini della decentralizzazione e della rappresentanza regionale.

Ciononostante le sue fondamenta si basavano su due forze: filtri e controllo (qui e qui). Dietro le quinte i veri motori del 1913 erano gli stessi di oggi: desiderio di potere, profitto e capacità di produrre moneta partendo da una base con un sottostante reale. Un Bitcoin sintetico, se vogliamo.

Fonte: The Princes of Yen di Richard Werner

Chiedete a qualsiasi massimalista di Bitcoin cosa disprezza di più e le risposte più probabili saranno: la Federal Reserve, o l'innegabile svalutazione del dollaro.

Ecco cosa rende l'attuale scontro tra Bitcoin Core & Knots così affascinante: non si tratta solo di una guerra civile tra nerd all'interno dello sviluppo di Bitcoin. Osservato attraverso la lente della storia monetaria, i parallelismi emergono con chiarezza. Un promemoria del fatto che solo poco più di 100 anni fa si tracciarono i confini e si decise da che parte schierarsi tra due visioni contrastanti per un nuovo sistema finanziario: il Piano Aldrich (centralizzazione delle grandi banche e delle aziende) e il Piano Glass-Owen (ideologia populista e individualista). Col senno di poi, entrambi promuovevano la decentralizzazione solo di facciata.

Entrambi sostenevano di voler difendere il denaro sano/onesto, entrambi i piani avrebbero portato inevitabilmente alla centralizzazione dell'oro, il “denaro sano/onesto” originale.

Espandendo la dimensione di OP_RETURN (inflazione del protocollo), non stiamo forse reintroducendo la degradazione sradicata da Satoshi?

Offrendo un client Bitcoin più centralizzato, non stiamo forse centralizzando la fiducia?

Entrambe le opzioni non stanno forse seguendo un percorso simile, ovvero quello della “Federal Reserve”?

Indipendentemente da quale sia la vostra posizione, la domanda che dovremmo porci è: anche Bitcoin nasconderà la centralizzazione nel linguaggio della decentralizzazione?


Bitcoin è un asset che si fonda sui principi

Come ricordato sopra, nel 1913 una simile situazione di stallo nel settore bancario portò all'approvazione del Federal Reserve Act alla vigilia delle vacanze di Natale. Andare avanti a tutti i costi non era la risposta giusta. La storia ci ricorda che solo perché si può, non significa che si dovrebbe.

I dibattiti accesi tendono a consolidarsi in una mentalità “noi contro loro”, in cui l'emotività prevale sui principi. Il più delle volte la soluzione definitiva non ha risolto le controversie, ma ha aperto la strada al controllo politico e centralizzato del denaro.

«Le mucche intelligenti mostrano alle altre mucche come aggirare gli ostacoli. Sapete, come se aprissero un cancello. Quindi, sapete, è sempre stato così. Si potrebbero sempre aggirare queste cose, ma non credo saremmo d'accordo che se aggirassimo la commissione sul dust relay inizieremmo a vedere un'enorme quantità di dust intasare la rete.»

~ Samson Mow

Nel mondo bancario poliziotti e ladri sono sempre esistiti. Cumuli di asset e valore monetario hanno sempre allettato l'idea di una rapina in banca. Bitcoin e il denaro digitale non fanno eccezione. La fonte di archiviazione è cambiata, ma la mentalità rimane la stessa. È un promemoria di come si integra un piano della Banca Centrale Europea all'interno di un sistema finanziario americano. Dividi et impera.

«Se guardate agli ordinal, quello è un esempio. Sono un po' come una ICO, ma con le immagini. Sapete, vendono questi PFP, o qualsiasi altra immagine di maghi e gatti, e poi scatenano guerra, ma non gli importa. Possono semplicemente stampare più roba.»

~ Samson Mow

Che si tratti di stampare denaro tramite la FED, le ICO, i DAT, o le Bitcoin Treasury Companies, la mano invisibile è la riserva frazionaria.

Inoltre ciò che Samson descrive con ordinal e compressione delle commissioni fa rima con la storia. Modificare il costo di elaborazione di una transazione a $0,01 sat/vbytes comporterà conseguenze indesiderate a un certo punto. Proprio come il “trading a basso costo” ha alimentato speculazioni sconsiderate ad alta frequenza sui titoli azionari intorno al 2008. Blockspace a basso costo e incentivi a zero commissioni rischiano di ripetere lo stesso ciclo e diluire il valore della rete Bitcoin.

Ridurre gli attriti può sembrare un'innovazione, ma la storia dimostra che di solito finisce con la centralizzazione e la fragilità sistemica.

Le commissioni basse, in sostanza, eliminano la sicurezza di un fossato finanziario.


La tentazione e il richiamo dell'avidità

Al culmine della crisi del 1914, a John Maynard Keynes fu chiesto di informare il Cancelliere dello Scacchiere sull'opportunità di mantenere la sterlina legata all'oro. Keynes sostenne con enfasi che doveva farlo:

«[...] lui (Keynes) si era schierato con fermezza a favore del mantenimento del legame: “La posizione di Londra come centro monetario dipende dalla completa fiducia nella sua incrollabile disponibilità” a soddisfare i propri obblighi in oro e sarebbe stata gravemente danneggiata se “al primo segno di emergenza tale impegno fosse stato sospeso”.

[...] Ma mentre prima della guerra aveva pensato che il modo migliore per raggiungere questo obiettivo fosse garantire che valute come la sterlina fossero completamente convertibili in oro a un valore fisso, ora era giunto a credere che non ci fosse motivo per cui collegare l'offerta di moneta e il credito all'oro dovesse necessariamente comportare prezzi stabili.»

~ Lords of Finance

Se gli esempi di John Maynard Keynes e Alan Greenspan, insieme al parallelo tra il 1913 e l'attuale divario in Bitcoin, rivelano che le pressioni inflazionistiche, sebbene spesso nascoste, sono sempre presenti. La storia della moneta è una lunga serie di individui che alla fine si sono piegati all'erosione dei sistemi di valori.

Le loro parole difendevano i mercati e la moneta sana/onesta, ma le loro azioni si basavano sul controllo centralizzato.

Lo scontro tra Bitcoin Core & Knots sembra lo stesso che guidò Keynes e Greenspan e che definì i piani di Aldrich e Glass-Owen. È la stessa tentazione che si ripresenta oggi con Bitcoin.

Fonte: The Princes of Yen di Richard Werner

Ciò che è chiaro è questo: è facile elogiare la moneta sana/onesta in teoria, ma è molto più difficile difenderla una volta che la “gente in vista” vi offre un posto al tavolo delle decisioni.

Fonte: The Princes of Yen di Richard Werner

Il fascino dell'accettazione e la ricerca del rendimento sono droghe potenti. Entrambe hanno il potere di trasformare un appassionato d'oro in un drogato di credito senza lasciare traccia.


La lezione è semplice: è difficile vivere

I principi fondamentali non sono negoziabili. Sono come i colori primari nell'arte: toglietene uno e le fondamenta strutturali di ogni innovazione futura crollano. Offuscate la tavolozza con troppi colori e il valore fondamentale viene soffocato da un eccesso di abbondanza. Troppe funzionalità e ci si ritrova con i problemi che ha Ethereum. Infinite svolte a sinistra mascherate da innovazione, quando la missione potrebbe essere raggiunta con poche e semplici svolte a destra.

L'importante ruolo dell'oro come moneta sana/onesta è stato messo da parte, non perché abbia fallito, ma perché gli esseri umani non sono riusciti a resistere. Bitcoin si trova oggi ad affrontare la stessa prova.

Se Bitcoin Core & Bitcoin Knots, ordinal, o giochi sulle commissioni erodono i principi di Bitcoin, allora il fantasma del 1913 vincerà di nuovo, solo che questa volta in forma digitale. In un mondo futuro, il credito in Bitcoin sarà di gran moda.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Come la partecipazione del governo statunitense in Intel influenzerà la corsa tecnologica con la Cina

Mer, 22/10/2025 - 10:04

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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da The Epoch Times

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/come-la-partecipazione-del-governo)

La decisione del governo federale di acquisire una quota del 10% – diventandone il maggiore azionista – nell'azienda di chip Intel ad agosto ha suscitato qualche perplessità tra investitori e osservatori. Intel, con sede in California, un tempo leader nella produzione di microchip, ha faticato per anni a tenere il passo con i suoi concorrenti in un settore fondamentale per garantire il continuo predominio tecnologico e militare degli Stati Uniti.

Anche se la proprietà del governo federale è passiva, ovvero senza diritto di voto, avrà comunque una certa influenza sulla società.

Alcuni hanno ipotizzato che l'accordo equivalga a un'ingerenza statale nel settore privato, o addirittura segnali che il Paese si sta allontanando dal libero mercato e si sta orientando verso il capitalismo di stato.

I funzionari dell'amministrazione Trump hanno respinto le descrizioni che paragonano la mossa al socialismo, affermando che l'accordo rafforzerà la leadership degli Stati Uniti nel settore dei semiconduttori.

L'accordo rientra in una tendenza più ampia: Washington che intensifica i suoi sforzi per vincere la corsa tecnologica tra Stati Uniti e Cina, hanno dichiarato gli esperti a The Epoch Times.

Sebbene fossero divisi su come caratterizzare questa tendenza (capitalismo di stato o altro), gli esperti concordano sul fatto che si tratta di una mossa necessaria per competere con un'economia diretta da un regime che non rispetta le regole commerciali stabilite.

Washington non può vincere la corsa alla tecnologia limitandosi a controllare l'accesso di Pechino alle tecnologie avanzate statunitensi, affermano gli stessi esperti; deve anche esercitare pressione sul modello economico cinese.

Per anni il regime cinese ha inondato il mercato mondiale di prodotti a basso costo, mantenendo una capacità produttiva eccessiva. Questo, a sua volta, ha generato profitti per lo sviluppo tecnologico.

Mentre la Cina continua a fare affidamento su tecnologie rubate e finanziamenti attraverso le esportazioni, gli Stati Uniti hanno una breve finestra di opportunità per fare un passo avanti nella corsa alla tecnologia, affermano gli esperti.


Il valore strategico di Intel

In base all'accordo, il Dipartimento del Commercio converte la sovvenzione di $11,1 miliardi concessa a Intel ai sensi del CHIPS and Science Act del 2022 in azioni senza diritto di voto. Inoltre, entro cinque anni, il governo degli Stati Uniti avrà il diritto di acquisire un'ulteriore quota del 5% se l'azienda deciderà di ridurre la propria di quota al di sotto del 51%. Questa è la cosiddetta “clausola fonderia”.

Il governo federale ha già acquisito la proprietà di aziende private in passato. Tuttavia ciò è avvenuto in genere durante situazioni di emergenza, come la crisi finanziaria del 2008 o la pandemia di COVID-19.

Gli attuali problemi di Intel non sono dovuti alle condizioni generali del mercato, ma a cattive decisioni di gestione.

L'amministratore delegato di Intel, Pat Gelsinger, tiene in mano il chip di intelligenza artificiale “Gaudi 3” mentre parla al 54° incontro annuale del Semafor 2024 World Economy Summit a Washington, il 17 aprile 2024.

Intel ha perso l'opportunità di entrare nel mercato dei chip per dispositivi mobili puntando sui chip per personal computer, ed è arrivata in ritardo nel mercato dei chip per l'intelligenza artificiale (IA) avanzata. Di conseguenza a luglio l'azienda ha annunciato che avrebbe tagliato la sua forza lavoro di 24.000 unità entro la fine dell'anno, pari al 25% della sua base di dipendenti principali, e ha fatto registrare oneri di ristrutturazione da $2 miliardi, i quali hanno portato a una perdita di $3 miliardi nel secondo trimestre.

James Lewis, ex-diplomatico specializzato in tecnologia e illustre ricercatore presso il Center for European Policy Analysis, definisce il nuovo approccio di Washington “capitalismo di Stato”.

Intel non riceve nuovi finanziamenti, ha dichiarato a The Epoch Times, e acquisire una quota in esso senza un posto nel consiglio di amministrazione non aiuta a risolvere i problemi dell'azienda.

William Lee, economista capo del Milken Institute, ha tuttavia affermato che secondo lui è troppo presto per concludere che si tratti di capitalismo di stato, perché Intel è un caso unico e la proprietà governativa è passiva.

Lee descrive l'approccio come una “strategia di difesa nazionale che include risorse economiche”.

“L'attacco della Cina agli Stati Uniti sarà molto probabilmente di natura informatica, software e tecnologica”, ha dichiarato a The Epoch Times Lee, il quale dirige anche la società di consulenza Global Economic Advisors. “Ecco perché vogliamo avere una nostra industria tecnologica, perché è questo che sarà il campo di battaglia”.

Il Segretario al Tesoro Scott Bessent, in un'intervista del 27 agosto a Fox Business, ha affermato che il fatto che la stragrande maggioranza dei chip avanzati del mondo venga prodotta a Taiwan rappresenta un “rischio nazionale come non si vedeva dai tempi dell'embargo petrolifero arabo”. La crisi del 1973 causò gravi carenze energetiche negli Stati Uniti e innescò una recessione mondiale.

Dal punto di vista della sicurezza nazionale, Intel ha un valore unico perché è l'unica azienda americana a gestire la progettazione e la produzione di chip avanzati sotto lo stesso tetto.

La catena di approvvigionamento dei chip si compone di tre componenti principali: progettazione, produzione dei wafer, test e confezionamento. A differenza di Nvidia e AMD, che dipendono fortemente da Taiwan per la produzione dei chip, Intel possiede tutte le fasi e gestisce stabilimenti negli Stati Uniti. Dispone inoltre di siti di test e assemblaggio in Cina, Malesia e Vietnam.

La mossa di Washington è “preventiva” nell'utilizzare il capitale statale per impedire che il talento e la tecnologia di un'azienda high-tech vengano trasferiti in altri Paesi, ha dichiarato a The Epoch Times Ethan Tu, fondatore di Taiwan AI Labs con sede a Taipei e veterano nel campo dell'intelligenza artificiale.

Un membro dello staff lavora presso la fabbrica di assemblaggio e collaudo Intel a Chengdu, nella provincia del Sichuan, in Cina, il 24 agosto 2005. Intel possiede tutti i componenti della catena di fornitura dei chip con stabilimenti negli Stati Uniti, ma possiede anche siti di collaudo e assemblaggio in Cina, Malesia e Vietnam.

Tu ha affermato che l'azienda ospita ancora tecnologie chiave che alimentano le unità di elaborazione centrale, ovvero i cervelli, dei sistemi elettronici.

Allo stesso modo Lee vede il valore di Intel per il governo degli Stati Uniti come una “riserva di emergenza” o una “capacità di emergenza” dell'America. Nel caso in cui gli Stati Uniti perdessero l'accesso ai prodotti della Taiwan Semiconductor Manufacturing Company Limited, Intel potrebbe fungere da fonte alternativa di talenti e produzione, ha affermato.


Un'offerta unica

L'11 agosto, pochi giorni dopo che il presidente Donald Trump aveva chiesto le dimissioni dell'amministratore delegato di Intel, Lip-Bu Tan, per presunti legami con la Cina, i due si sono incontrati alla Casa Bianca. Hanno iniziato a circolare voci sull'acquisizione di una partecipazione azionaria da parte del governo statunitense nell'azienda; l'accordo è stato annunciato ufficialmente il 22 agosto.

Lo stesso giorno Trump ha dichiarato di aver discusso dell'idea di una quota del 10% con Tan durante il loro incontro.

“È arrivato volendo mantenere il suo posto di lavoro e ha finito per darci $10 miliardi per gli Stati Uniti”, ha detto Trump. “Così abbiamo preso $10 miliardi e facciamo un sacco di affari del genere. Ne farò altri”.

Gli investitori hanno reagito all'accordo con Intel con cauto ottimismo e al tempo stesso con inquietudine.
Nei giorni precedenti l'annuncio ufficiale le azioni della società avevano mostrato uno slancio al rialzo; il giorno in cui i termini specifici sono stati resi pubblici, il 25 agosto, hanno subito un calo, per poi riprendersi in seguito.

Intel sembra essere un caso specifico, ma l'accordo continua a “spaventare a morte tutti”, secondo Andrew King, socio di Bastille Ventures. È anche presidente di Future Union, un gruppo di pressione che incoraggia il settore privato a disimpegnarsi da Paesi avversari come Cina e Russia.

Intel aveva bisogno di soldi e il governo ha fornito un'iniezione di capitale che altrimenti l'azienda non avrebbe potuto avere, ha affermato King.

Ha inoltre affermato che per Wall Street è ancora “inquietante” perché se il governo federale vuole acquisire una quota di un'altra azienda che non ha bisogno di soldi, un'azienda può dire “no”?

Il 25 agosto Trump ha dichiarato ai giornalisti di voler concludere altri accordi simili a quello di Intel. Il giorno successivo il Segretario al Commercio, Howard Lutnick, ha dichiarato alla CNBC che l'amministrazione stava valutando la possibilità di detenere azioni di appaltatori della difesa; Bessent ha poi dichiarato in un'intervista a Fox Business che l'amministrazione non è interessata ad acquisire partecipazioni in aziende che non necessitano di supporto finanziario.

L'amministratore delegato di Intel, Lip-Bu Tan, interviene alla conferenza annuale sulla tecnologia di produzione dell'azienda a San Jose, in California, il 29 aprile 2025. Il governo degli Stati Uniti detiene una quota del 10% in Intel.

I funzionari dell'amministrazione Trump hanno difeso l'accordo con Intel.

Il portavoce della Casa Bianca, Kush Desai, ha dichiarato a The Epoch Times che convertendo le sovvenzioni federali in una partecipazione azionaria, l'amministrazione stava “garantendo che i contribuenti potessero trarre vantaggio dagli investimenti del governo federale nella salvaguardia della sicurezza nazionale ed economica”.

Kevin Hassett, direttore del National Economic Council, ha affermato che l'accordo con Intel è stata una “circostanza molto, molto speciale a causa dell'enorme quantità di spesa prevista dal CHIPS Act che stava per arrivare a Intel” e che le azioni della società potrebbero essere incluse nel futuro Sovereign Wealth Fund.

Per ora King considera l'accordo un approccio interessante. La clausola sulla fonderia funge da “pillola avvelenata” per impedire a Intel di cedere la sua attività di produzione di chip, ha aggiunto.


Combattere le azioni sleali della Cina

L'accordo con Intel non è il primo caso in cui un governo acquisisce una partecipazione nel settore privato statunitense.

A luglio MP Materials, un'azienda con sede in Nevada e proprietaria dell'unica miniera di terre rare attiva negli Stati Uniti, ha annunciato un accordo in cui il Dipartimento della Difesa sarebbe diventato il suo maggiore azionista, con diritto di voto. Il Pentagono ha inoltre garantito un prezzo minimo per le terre rare di MP Materials e un profitto minimo per la sua nuova fabbrica di magneti.

L'accordo sulle terre rare non ha destato molte perplessità. Dato il quasi monopolio cinese nel settore, le aziende private statunitensi non avrebbero potuto avere un'attività redditizia senza un simile sostegno da parte del governo federale.

Nel corso dei negoziati commerciali in corso, i magneti sono emersi come una vulnerabilità chiave per gli Stati Uniti e altri Paesi occidentali. I loro intensi campi magnetici, indipendenti dalle fonti di energia, sono un elemento cruciale nella produzione moderna e negli armamenti avanzati.

Ad aprile la Cina ha vietato l'esportazione di tali magneti, causando rallentamenti e blocchi nelle linee di assemblaggio delle case automobilistiche statunitensi. Da allora Pechino ha accettato di concedere licenze di esportazione, ma le ha rallentate.

Il 25 agosto Trump ha minacciato di imporre dazi del 200% alla Cina se questa avesse nuovamente limitato le esportazioni di magneti in terre rare verso gli Stati Uniti.

Sia i chip avanzati che i magneti sono componenti essenziali per determinare la leadership tecnica.

Poiché la corsa alla tecnologia sarà un aspetto determinante della competizione di potere tra Stati Uniti e Cina, questo nuovo approccio, che prevede l'acquisizione da parte del governo statunitense di quote di partecipazione in aziende private in settori strategici, è probabile che si estenda a più aziende e settori, secondo l'esperto Alexander Liao.

La corsa tra Stati Uniti e Cina si trova attualmente in una fase critica, ha affermato. A suo avviso la Cina ha sostenuto il suo sviluppo tecnologico principalmente acquisendo tecnologia tramite furto e svendendo prodotti derivanti dalla sua sovraccapacità produttiva per generare profitti, puntellando così le sue politiche industriali.

I dazi sulle esportazioni cinesi hanno esercitato una pressione significativa sull'economia cinese, riducendone l'accesso al mercato estero. Oltre ai controlli sulle esportazioni, ciò ha comportato anche corpose sfide per il settore tecnico.

Le ruspe raccolgono terreno contenente terre rare da caricare su una nave per l'esportazione nel porto di Lianyungang, nella provincia di Jiangsu, in Cina, il 5 settembre 2010. La Cina detiene un quasi monopolio sul settore delle terre rare.

I ricercatori cinesi hanno scoperto che la guerra commerciale durante il primo mandato dell'amministrazione Trump ha avuto un impatto negativo sull'innovazione delle aziende tecnologiche cinesi, aumentandone i costi operativi. L'attuale amministrazione ha intensificato i suoi sforzi questa volta.

Liao ha affermato che se il settore tecnologico cinese riuscisse a mantenere il suo ritmo di sviluppo per altri cinque o dieci anni, il settore privato statunitense potrebbe non essere in grado di competere, nemmeno con il sostegno dello Zio Sam.

Lewis concorda sul fatto che la Cina “dipende dal furto di tecnologia tanto quanto lo faceva in passato”.

La Cina è già un Paese alla pari in molti settori tecnologici, ha affermato, nonostante i problemi legati alle “cattive decisioni di investimento” e alla “capacità di creare lo spazio politico per l’innovazione”.

Lewis ha affermato di credere che Trump abbia individuato correttamente i problemi derivanti da Pechino, ma che non abbia risposto con le soluzioni appropriate.

King concorda sul fatto che il possedimento di aziende private da parte del governo federale non sia una soluzione ottimale.

“Si entra in una fase di svantaggio con aziende che non sono leader”, ha affermato.

Tuttavia egli la ritiene anche la migliore opzione disponibile.

“Il mio punto di vista è che quando i tuoi concorrenti e avversari giocano sporco, allora devi trovare tutti gli strumenti che hai a disposizione per competere e vincere”, ha aggiunto, “ed è quello che stiamo facendo adesso”.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Nessun salvataggio centrale: Milei fa sul serio con il federalismo

Mar, 21/10/2025 - 10:11

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Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Skot Sheller

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/nessun-salvataggio-centrale-milei)

Poche regioni in Argentina simboleggiano il crollo del modello peronista in modo così chiaro come La Rioja. Questa provincia remota e povera ha fatto affidamento per decenni sui sussidi distribuiti dal governo federale per mantenere in funzione un'economia fortemente statalista. A La Rioja due lavoratori su tre sono dipendenti pubblici, l'attività privata è scarsa e il settore produttivo è dominato da aziende controllate dallo stesso governo provinciale.

Fino all'elezione di Javier Milei, il governo centrale argentino trasferiva regolarmente fondi alle province attraverso i cosiddetti “trasferimenti discrezionali”, fondi non obbligatori assegnati per motivi politici, che a loro volta alimentavano reti clientelari.

Con l'elezione di Milei  questa dinamica si è interrotta bruscamente. La sua politica di aggiustamento fiscale, incentrata sull'eliminazione del deficit e sul ripristino dell'equilibrio di bilancio, ha portato a un taglio del 98% dei trasferimenti discrezionali alle province. Privata di fondi e senza accesso ai mercati del debito, La Rioja è diventata insolvente nel febbraio 2024.

In risposta, il governatore Ricardo Quintela, fedele al peronismo e acceso oppositore delle riforme liberali di Milei, ha lanciato una misura disperata: la creazione di una quasi-valuta locale, emessa con il nome tecnico di Bono de Cancelación de Deuda (BOCADE), comunemente nota come Chacho, in onore del caudillo locale Ángel Vicente “Chacho” Peñaloza. Con una parità ufficiale di 1:1 con il peso argentino, il Chacho doveva formalmente avere lo stesso valore di un peso.

A partire da agosto 2024 il Chacho è stato utilizzato per pagare circa il 30% degli stipendi dei dipendenti pubblici e poteva essere utilizzato nelle attività commerciali aderenti e per pagare le tasse locali. Il governo non ha obbligato i commercianti ad accettarlo, ma ha offerto loro degli incentivi.

Sebbene la misura abbia inizialmente innescato un picco nella domanda, con circa la metà degli acquisti in alcuni negozi effettuati in Chachos durante la prima settimana, la sua accettazione è rapidamente diminuita e il valore della valuta si è ulteriormente deteriorato al di fuori della provincia. Sono emerse restrizioni all'uso, insieme a mercati paralleli e negozi che accettavano Chachos solo per una percentuale dell'acquisto totale o che davano credito al negozio invece del resto. Entro la fine del 2024 la circolazione del Chacho è stata progressivamente ridotta, con il governatore Quintela che lamentava il fatto che la maggior parte dei commercianti non lo accettasse.

Pur considerando la moneta una misura “ingannevole e dannosa”, Javier Milei si è rifiutato di intervenire, poiché il presidente argentino crede fermamente nel federalismo competitivo. L'idea di Milei è che le province debbano essere libere di determinare le proprie politiche fiscali, di bilancio e persino monetarie, e allo stesso tempo farsi carico delle conseguenze di tali decisioni. Lo stato non dovrebbe essere paternalistico, anche se ciò significa lasciare che i comuni non paghino i propri debiti.

Milei immagina una struttura in cui le giurisdizioni subnazionali competano tra loro, adeguando tasse, normative e servizi pubblici per attrarre investimenti di capitale e talenti.

L'Argentina aveva già sperimentato un'ondata di quasi-valute negli anni '80 e nei primi anni 2000, quando più di una dozzina di province, tra cui La Rioja, fecero ricorso a emissioni locali di quasi-valute durante le crisi. All'epoca i titoli provinciali finirono per essere assorbiti dal governo federale e scambiati con pesos, una pratica che Milei ha giurato di non ripetere.

Si teme che il Chacho possa avere effetti inflazionistici, diretti o indiretti. Secondo l'economista Marcelo Capello della Fundación Mediterránea, se altre province seguissero l'esempio di La Rioja e queste quasi-valute venissero emesse in quantità superiori alla capacità di gettito fiscale della provincia, il rischio sarebbe critico.

Inoltre Capello mette in guardia dal rischio di una “guerra fiscale” tra le province e il governo nazionale se questo tipo di emissione dovesse diffondersi, andando a indebolire lo sforzo nazionale di contenere l’inflazione, consentendo alle province di aggirare l’aggiustamento fiscale ed emettere moneta.

Quintela sta portando fino all'ultimo respiro un modello sopravvissuto per decenni, mentre Milei si sta scontrando con la realtà: o le province effettuano riforme, o crollano senza una rete di sicurezza.

L'esperienza del Chacho riapre un dibattito ricorrente negli Stati Uniti sui salvataggi centrali. Come hanno avvertito nel corso degli anni gli economisti Thomas Sowell e Milton Friedman, il governo federale non dovrebbe salvare gli stati dai loro debiti, poiché ciò distorce il mercato e incoraggia l'irresponsabilità.

Nell'ultimo decennio gli stati americani con finanze cronicamente sbilanciate – in particolare Illinois, California e New York – hanno beneficiato dei meccanismi di sostegno federale impliciti o espliciti, soprattutto durante la pandemia. Tali interventi diluiscono gli incentivi per una sana governance attenuando l'impatto di una cattiva gestione locale.

Il caso di La Rioja ci ricorda che una federazione funzionale richiede la competizione tra giurisdizioni, non la mutualizzazione delle perdite.

I salvataggi federali per gli stati non salvano le economie. Non fanno altro che distruggere gli incentivi e addormentare il problema, offrendo una soluzione “tampone” pagata da tutti i contribuenti.

L'Argentina sta ora cercando di invertire questa logica, eliminando la rete di sicurezza federale per la scarsa pianificazione locale. Gli Stati Uniti dovrebbero seguire la stessa strada.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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L’alleanza tra Washington e Nuova Delhi è una tempesta perfetta contro la Cina

Lun, 20/10/2025 - 10:14

Gli accordi che sta siglando Trump in giro per il mondo, i trattati di pace che sta facendo firmare, sono passi in avanti nel ridimensionare l'ascendente inglese su quei Paesi mediorientali e Sud-est asiatici che possono rappresentare polveriere in grado di trascinare gli USA in una guerra cinetica. La visita più recente alla Corona inglese da parte di Trump ritengo fosse un modo per presentare al Re i termini della sua resa. Non credo abbia accettato (o perlomeno non chi si trova dietro di lui), soprattutto perché gli Stati Uniti continuano a essere protagonisti di instabilità interna e mancanza di unità a causa di violenze che eruttano sulla scia dell'emotività riguardo eventi geopolitici scatenati ad hoc. Conosciamo già l'origine di questi disordini. Così come possiamo affermare che la recente invasione di indiani nei posti di comando imprenditoriali americani è un chiaro disegno per inondare la nazione di soggetti lavorativi “unskilled” e impedire che chi è capace possa emergere. Questo ha richiesto all'amministrazione Trump di intervenire in merito ai visti H1B e andare direttamente alla fonte, come vedremo nell'articolo di oggi, per capire da che parte vuole stare l'India. Stiamo parlando di persone che non “vanno l'una contro le altre. Questa è gente che possiede le proverbiali “manila envelope” e fa circolare un assaggio del contenuto: “Sei un nostro asset adesso. Abbiamo altri che possono ricoprire il tuo ruolo, quindi decidi cosa fare”. Finché i soldi dei contribuenti americani venivano sottoposti a leva e gonfiati tramite l'eurodollaro, gli USA venivano usati come martello nel resto del mondo da UE e UK (tramite i finanziamenti alle loro ONG). Infatti sono sempre state le ONG il veicolo per eccellenza per riciclare gli eurodollari che scomparivano dai radar statistici ufficiali, finivano nel sistema bancario ombra (potenziato consapevolmente da leggi come la Dodd-Frank, ad esempio) e poi ricomparivano sotto forma di finanziamenti per entità alla luce del sole. Tanti sventolano il feticcio di Soros, giustamente, ma pochi quello di Obama. Da un lato abbiamo Londra e dall'altro Bruxelles, dato che Obama ha sempre fatto riferimento all'UE. La “golden power” e la Guarda nazionale applicati adesso da Trump sono propedeutici alla guerra contro la cricca di Davos. È così che ad esempio Putin ha messo in riga gli oligarchi e scacciato l'influenza delle ONG. La stessa cosa ha fatto la Georgia. La stessa cosa non ha potuto farla l'Ucraina dato che la politica estera degli USA, nel 2022, era ancora appaltata a Londra e Bruxelles. L'ascendente di Washington su Tbilisi, ad esempio, era una propaggine dell'impero inglese. Ecco perché i disordini recenti in Georgia sfoggiano bandiere europee e sfilate di politici europei. Con il prosciugamento del mercato degli eurodollari e la riorganizzazione di Washington lontano dalle influenze geopolitiche estere, nonché la pulizia di quelle aree nel mondo in cui gli inglesi avevano ascendente, viene smantellata una piovra sotterranea vecchia di decenni.

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da The Epoch Times

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/lalleanza-tra-washington-e-nuova)

Mentre gli scambi commerciali tra Cina e Stati Uniti continuano a diminuire, Pechino è ansiosa di stabilizzare le relazioni commerciali con Washington, e lo ha fatto, almeno per un po'. Ma quanto durerà un accordo commerciale se il regime cinese continua a violarlo?

La dura realtà è che il Partito Comunista Cinese (PCC) è consapevole della sua posizione precaria. Da un lato la Cina ha un disperato bisogno di stabilizzare le sue relazioni commerciali con gli Stati Uniti; dall'altro non può rispettare gli accordi perché è costretta a barare sulle condizioni commerciali, poiché  le debolezze strutturali prevalgono e spingono l'economia al ribasso. Di conseguenza il livello di fiducia tra Washington e Pechino è basso.

La mancanza di fiducia non è ovviamente l'unico fattore che sfavorisce la Cina. L'antipatia dell'amministrazione Trump nei confronti del regime cinese come rivale strategico è ben nota e difficilmente cambierà. Inoltre gli investimenti esteri diretti stanno diminuendo e le aziende straniere stanno abbandonando la Cina il più rapidamente possibile.

Molte di loro si stanno trasferendo in India. L'elenco delle aziende che scelgono l'India rispetto alla Cina è significativo e in costante crescita, anche prima che il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ottenesse un secondo mandato. Nel 2024 decine di grandi aziende, tra cui Dell, HP, Intel, Samsung, LG Electronics, Nike, Hasbro, Blizzard Entertainment, Stanley, Black & Decker e molte altre, hanno già trasferito i loro stabilimenti in India o prevedono di farlo nel prossimo futuro.

Anche questa tendenza non sembra destinata a cambiare. Secondo un sondaggio del 2024 della Camera di Commercio Americana in Cina, il 45% delle aziende statunitensi in Cina ha avviato piani per diversificare i propri fornitori al di fuori della Cina, mentre il 38% sta prendendo in considerazione questa possibilità. La proverbiale scritta sul muro è sulla Grande Muraglia cinese: il divario commerciale si sta ampliando, non riducendosi. I suoi giorni da leader mondiale nel settore manifatturiero e il peso strategico che ne deriva stanno per finire.


La grande opportunità dell'India con gli Stati Uniti

Nel frattempo, con grande preoccupazione di Pechino, l'India sta strategicamente cambiando rotta per colmare questo divario, espandendo le sue relazioni commerciali con gli Stati Uniti. Questi ultimi sono altrettanto decisi a deviare gli scambi commerciali dalla Cina verso l'India.

Le intenzioni dell'India sono allineate a quelle degli Stati Uniti. Ad aprile di quest'anno il vicepresidente statunitense, J. D. Vance, ha visitato l'India per stabilire un accordo commerciale bilaterale tra i due Paesi. L'obiettivo è aumentare l'attuale volume di scambi commerciali da $190 miliardi a $500 miliardi entro il 2030.

La crescente relazione tra Stati Uniti e India va oltre il commercio. Prima della visita di Vance, la direttrice dell'intelligence nazionale statunitense, Tulsi Gabbard, era in India per una conferenza geopolitica. Ancora più significativo è il fatto che il primo ministro indiano, Narendra Modi, sia stato tra i primi leader mondiali a incontrare Trump dopo il suo ritorno alla Casa Bianca. All'epoca Modi menzionò una “mega partnership” con gli Stati Uniti e avviò negoziati per affrontare i dazi imposti da Trump sui prodotti indiani.

In particolare, Modi aveva già ridotto i dazi su alcuni beni statunitensi prima di incontrare Trump. Questo potrebbe spiegare perché i funzionari indiani abbiano descritto i negoziati commerciali come “molto attivi” e “intensi”, avvalorando la percezione di un accordo commerciale in fase di elaborazione tra Stati Uniti e India.


Gli effetti strategici a catena

La Cina potrebbe non essere a conoscenza di questi sviluppi e può già vedere diversi effetti a catena in atto. Come notato, gli Stati Uniti sono interessati al “friend-shoring” o alla ristrutturazione delle catene di approvvigionamento globali dalla Cina all'India. Un ulteriore impatto potrebbe essere la riduzione della capacità di Pechino di supportare la Russia nella sua guerra contro l'Ucraina.

Sebbene tra Washington e Pechino sembri esserci una sorta di riorganizzazione degli scambi commerciali, la tendenza delle aziende ad abbandonare in massa la Cina rimane innegabile. Apple ha annunciato che trasferirà fino al 25% della sua produzione di iPhone dalla Cina all'India entro il 2025, e anche una parte significativa della sua produzione di telefoni negli Stati Uniti verrà trasferita fuori dalla Cina.

Ma si stanno verificando anche altri effetti.

Una questione strettamente correlata è il predominio della Cina sul mercato delle terre rare. Come gli Stati Uniti, l'India dipende dal monopolio cinese sulle terre rare. Uno dei cambiamenti politici di Modi è quello di concentrarsi sul potenziale dell'India di aumentare la sua capacità produttiva di terre rare e diventare un fornitore chiave per gli Stati Uniti. Ciò rappresenterebbe un duro colpo per la Cina e una grande vittoria sia per l'India che per gli Stati Uniti.

Un altro aspetto significativo è il crescente coinvolgimento dell'India nella pianificazione della difesa statunitense nella regione. L'India svolgerà un ruolo sempre più importante negli accordi di sicurezza statunitensi nella regione indo-pacifica.


La risposta a doppio taglio di Pechino

In risposta a questi sviluppi, il PCC sta diventando creativo. Ad esempio, in contrasto con le barriere commerciali erette dopo l'incidente di Galwan che ha coinvolto scambi militari, i media statali cinesi hanno lanciato l'idea di ridurre le restrizioni commerciali e incoraggiare l'interazione tra Cina e India. Questo è un risultato diretto della crescente visibilità dell'India nella regione e del dialogo con gli Stati Uniti.

Forse ancora più importante, l'ambasciatore cinese in India si è impegnato a fermare il dumping di prodotti cinesi nei mercati indiani, ad alleviare i deficit commerciali e persino a rimuovere le barriere tariffarie e non tariffarie sulle importazioni indiane. Questo annuncio si accompagna alla ripresa del dialogo diplomatico, al coinvolgimento ad alto livello, ai voli diretti e persino alla possibilità di un migliore accesso alle terre rare per l'India.

Nel tentativo di contrastare la tendenza al friend-shoring, però, la Cina sta limitando le esportazioni di macchinari e i trasferimenti di attrezzature verso l'India, al fine di ridurre al minimo la propria capacità di gestire la domanda manifatturiera in entrata. Pechino sta inoltre avvertendo Nuova Delhi che il suo impegno con Washington – sia nel commercio che in alleanze strategiche come il Quad, nonché la cooperazione nell'evoluzione delle posizioni di difesa a guida statunitense – potrebbero minacciare i suoi rapporti cordiali con la Cina.

Un'altra carta da giocare per il PCC sarebbe quella di aumentare il sostegno al Pakistan, il rivale regionale dell'India dotato di armi nucleari. Si tratta di una minaccia velata, ma improbabile che funzioni perché sia ​​il Pakistan che l'India sono nazioni dotate di armi nucleari. Il sostegno di Pechino non altera sostanzialmente lo status quo.

Una o tutte queste potenziali contromisure di Pechino saranno sufficienti a distogliere Nuova Delhi dalla sua inclinazione verso Washington? Il regime cinese riuscirà a ostacolare l'ascesa dell'India, nonostante il continuo collasso della sua economia?

Improbabile.

La Cina sta affrontando una tempesta su più fronti, principalmente provocata da essa stessa attraverso le politiche del PCC, e questa tempesta non fa che peggiorare. Per usare la metafora conosciuta da tutti, è una tempesta perfetta contro la Cina e a favore dell'India.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Spazio, simboli e sospetti

Ven, 17/10/2025 - 10:10

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Joshua Stylman

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/spazio-simboli-e-sospetti)

Di recente mi sono imbattuto nella stimolante serie di articoli di Fadi Lama intitolata, Mass Psychology in Geopolitics, in particolare nella sua analisi sull'allunaggio del 1969 e del suo legame con i cambiamenti geopolitici. L'introduzione di Meryl Nass al lavoro di Lama ha evidenziato diverse questioni chiave sull'allunaggio che hanno trovato riscontro nella mia ricerca. Mi ero reso conto che Fadi aveva già commentato il mio Substack in precedenza, sempre con domande e idee provocatorie. Questo mi ha ispirato a rivisitare una storia che avevo condiviso su Instagram circa un anno fa e a raccogliere i dati in un'analisi più completa della NASA e delle sue attività.

Il seguente saggio trae spunto da quegli appunti, ora ampliati con ulteriore contesto tratto dal lavoro di Lama. Sebbene il saggio di quest'ultimo sia in linea con gran parte di ciò che ho ricercato in modo indipendente, le mie osservazioni sono nate da una discussione online in cui mi sono imbattuto sulla regressione nei sistemi complessi. Qualcuno si è chiesto: “La NASA potrebbe far atterrare di nuovo gli astronauti sulla Luna in sicurezza?” L'ipotesi era che forse evitasse di provarci perché un potenziale fallimento potrebbe rivelare quanto la scienza e le agenzie governative siano regredite in cinque decenni.

Questa prospettiva, pur stimolante, scalfisce solo la superficie. Quando iniziamo a esaminare le origini e le peculiarità che circondano la NASA, emerge un quadro diverso, che suggerisce che la nostra comprensione dell'esplorazione spaziale potrebbe essere costruita su una narrazione attentamente costruita.


Le origini nazi-Disney

Pochi immaginerebbero che il celebre programma spaziale americano sia stato fondato da quello che sembra l'improbabile cast di un thriller storico: un ex-ingegnere missilistico delle SS naziste, un occultista che si definiva l'Anticristo e l'amato creatore di Topolino. Eppure sono proprio queste le figure intrecciate alle fondamenta della NASA. Werner von Braun, uno scienziato nazista giunto negli Stati Uniti tramite l'Operazione Paperclip subito dopo il processo di Norimberga, ebbe un ruolo determinante nella fondazione della NASA. Ancora più curioso, von Braun lavorò a stretto contatto con Walt Disney per contribuire a ottenere il sostegno pubblico per la neonata agenzia spaziale, come dimostrano le loro documentate collaborazioni e apparizioni televisive.

La NASA non fu solo fondata da von Braun, ma fu guidata da altri ufficiali nazisti delle SS, come Kurt Debus, che supervisionò i lanci di razzi dal Kennedy Space Center dopo aver sfruttato il lavoro forzato nella Germania nazista. Questa concentrazione di ex-scienziati nazisti e funzionari ai massimi livelli del programma spaziale americano solleva seri interrogativi sui suoi veri obiettivi e sulla sua lealtà.

Un'altra figura chiave in questa storia è Jack Parsons, un influente scienziato missilistico che ebbe un forte impatto sul lavoro di von Braun. Parsons, che contribuì a fondare il Jet Propulsion Laboratory, era anche noto per essere un devoto occultista e discepolo di Aleister Crowley. Molti credono che il personaggio della Marvel, Tony Stark, tragga ispirazione dal genio eccentrico di Parsons. Come Crowley, egli si concentrò sull'introduzione dell'“Eone di Horus” o dell'“Era dell'Acquario” – concetti occulti che sembrano fuori luogo nel contesto di un programma spaziale governativo.

Parsons non era solo interessato all'occulto: ne era profondamente immerso. Diresse la Loggia Agape, la branca californiana dell'Ordo Templi Orientis (OTO) di Crowley, e quest'ultimo lo nominò personalmente a capo di essa. Nel 1946 Parsons e L. Ron Hubbard (che in seguito fondò Scientology) condussero una serie di rituali noti come “Operazione Babalon”, i quali incorporavano la magia sessuale nel tentativo di manifestare un “Figlio della Luna”, un'incarnazione della dea thelemica Babalon. Parsons si dichiarò persino l'Anticristo nei suoi scritti: “Io, Anticristo Belarion, nell'anno 1949 del dominio della Fratellanza Nera chiamata Cristianesimo, dichiaro la mia fedeltà all'Amato Padre Lucifero”. L'FBI indagò su Parsons per queste attività, contribuendo infine alla sua perdita dell'autorizzazione di sicurezza, il tutto mentre stava sviluppando una tecnologia che sarebbe diventata fondamentale per il programma spaziale della NASA.

Queste insolite intersezioni tra scienziati nazisti, l'impero dell'intrattenimento Disney e pratiche occulte alla nascita del nostro programma spaziale sollevano interrogativi sulla vera natura e sullo scopo della NASA.


La questione del firmamento

È interessante notare che la lapide di Werner von Braun reca l'iscrizione del Salmo 19:1: “I cieli narrano la gloria di Dio e il firmamento annuncia l'opera delle sue mani”.

Il concetto di firmamento – una barriera cosmica che separa le acque celesti dalla Terra – compare in numerose culture antiche.

Mentre la scienza moderna rifiuta ufficialmente questa nozione, alcuni organi di informazione generalisti come Fox News hanno riportato la scoperta di uno “scudo invisibile terrestre in stile Star Trek” e pubblicazioni scientifiche hanno fatto riferimento a “barriere protettive invisibili che circondano la Terra”, facendo paragoni con i campi di forza della fantascienza.

La Reuters e altri fact-checker hanno negato categoricamente l'esistenza di una cupola o di un firmamento che copra la Terra. Ho sviluppato un'utile euristica negli ultimi anni: quando i fact-checker diventano particolarmente insistenti su qualcosa, di solito è un segnale che è necessario approfondire. Sebbene nulla sia conclusivo, queste operazioni tendono a essere messe in atto dalle stesse strutture di potere che affermano di voler esaminare i fatti, rendendo le loro presunte confutazioni ancora più interessanti.

Il concetto di Terra come sfera ha origini antiche, risalenti ai filosofi greci del VI-III secolo a.C. Pitagora e i suoi seguaci, che formarono una confraternita filosofica segreta con insegnamenti mistici, furono tra i primi sostenitori di una Terra sferica. Sebbene Pitagora non fosse un massone (poiché la Massoneria emerse millenni dopo), le moderne tradizioni massoniche onorano esplicitamente lui e altri antichi filosofi greci. I massoni sono stati storicamente determinanti nella diffusione della conoscenza scientifica, compresi i concetti astronomici. Questa relazione tra antiche società segrete e la Massoneria moderna ha portato alcuni ricercatori a individuare conoscenze riservate sulle verità cosmologiche.

Il rapporto tra la NASA e la Disney si estendeva oltre la mera pubblicità. Il “Club 33” di Walt Disney a Disneyland – l'unico luogo del parco in cui si servono alcolici – avrebbe ospitato von Braun e altri funzionari della NASA come ospiti abituali. Questo club esclusivo, con i suoi presunti legami massonici, offriva un luogo discreto in cui queste figure si incontravano, mentre Tomorrowland della Disney veniva progettato in collaborazione con la NASA, forse come una forma di programmazione predittiva per i concetti di viaggio spaziale.

In una coincidenza particolarmente strana, von Braun scrisse Project Mars: A Technical Tale, un libro del 1949 sulla colonizzazione di Marte da parte di un leader chiamato “Elon”.

Questo è un dettaglio singolare considerando che l'attuale imprenditore dello spazio condivide questo nome e sembra favorire approcci tecnocratici, allineandosi con suo nonno, una figura chiave del partito della Tecnocrazia in Canada quasi un secolo fa. La sua difesa delle tasse sull'anidride carbonica e l'idea di una “Tecnocrazia di Marte” alludono a un filo conduttore ideologico persistente, sollevando interrogativi sull'influenza della filosofia tecnocratica sugli sforzi di colonizzazione spaziale.

In alcune culture Marte era chiamato “Horus dell'Orizzonte” o “Horus il Rosso”, collegandolo alla divinità egizia associata al cielo e alla guerra, aggiungendo un ulteriore strato di significato mitologico alla nostra narrativa sull'esplorazione spaziale.


La coincidenza della CGI

Anche la tempistica della fondazione della NASA desta perplessità. L'agenzia fu fondata nel 1958, lo stesso anno in cui le immagini generate al computer (CGI) apparvero per la prima volta sullo schermo in La donna che visse due volte di Hitchcock, quando Alfred Hitchcock assunse il pioniere dell'animazione al computer John Whitney per creare la sequenza iniziale. Questo parallelismo tecnologico continua ancora oggi, con la NASA che riconosce apertamente che molte immagini che vediamo dallo spazio sono create o migliorate utilizzando strumenti digitali.

Robert Simmon, noto come “Mr. Blue Marble” alla NASA, ha spiegato pubblicamente sul sito web ufficiale della NASA cosa comporta il suo ruolo: “Trasformo i dati in immagini. Cerco nuovi e interessanti eventi che i satelliti della NASA hanno visto o che sono nascosti nei dati più recenti”. Questa ammissione non è solo suggestiva: è un riconoscimento esplicito che ciò che percepiamo come fotografie dallo spazio sono in realtà visualizzazioni di dati. La NASA ha persino affermato di affidarsi a “ingegneri e scienziati per produrre i dati”, sollevando seri dubbi sull'autenticità di ciò che stiamo vedendo. Perché avrebbero bisogno di “trasformare i dati in immagini” se hanno delle fotografie vere e proprie?

In un altro curioso sviluppo, l'anno scorso la NASA ha firmato un accordo con Nikon per sviluppare la fotocamera Lunar Artemis. Stranamente il giorno successivo all'annuncio di questa partnership, Nikon ha ritirato dal mercato la sua unica fotocamera con mega-zoom, portando alcuni a mettere in discussione i tempi e lo scopo di questo accordo.


Le domande sul Challenger

Forse l'aspetto più sconcertante della storia della NASA riguarda il disastro del Challenger e quella che è una straordinaria anomalia statistica. Non la presento come una conclusione, ma come un vero e proprio enigma che merita seria considerazione. Ciò che segue è una prova che mi ha lasciato sinceramente confuso e alla ricerca di spiegazioni che possano conciliare queste osservazioni con la comprensione convenzionale.

I ricercatori hanno documentato uno schema straordinario: sette astronauti che sarebbero morti sul Challenger avevano dei sosia di età simile con lo stesso nome, un'improbabilità statistica che sfida ogni spiegazione. Il comandante Francis Richard Scobee era identico all'amministratore delegato Richard Scobee di Cows in Trees, Ltd.; la specialista di missione Judith Resnik aveva una sorprendente somiglianza con la professoressa Judith Resnik della Yale Law School; la somiglianza di Sharon Christa McAuliffe con la professoressa di giurisprudenza di Syracuse Sharon A. McAuliffe era meno pronunciata rispetto alle altre (è interessante notare che era l'insegnante che la maggior parte degli americani ricorda dalla missione); lo specialista di missione Ronald McNair sembrava un gemello di Carl McNair (identificato come “fratello di Ronald McNair”); persino lo specialista del carico utile Ellison Onizuka aveva una controparte quasi identica in Claude Onizuka (anch'esso dichiarato fratello); lo specialista di missione Michael J. Smith aveva un sosia con lo stesso nome che lavorava come professore.

Sebbene queste affermazioni rimangano indimostrate, le straordinarie somiglianze facciali e di nome tra gli astronauti del Challenger e i loro presunti sosia mettono in discussione ogni probabilità di base. Anche se liquidiamo le somiglianze facciali come soggettive, dobbiamo comunque affrontare una straordinaria questione statistica: quali sono le probabilità che più astronauti del Challenger avessero dei sosia con gli stessi identici nomi, in posizioni di influenza, ancora in vita decenni dopo? Se si trattasse semplicemente di persone che per caso assomigliavano agli astronauti del Challenger, le probabilità che condividessero anche nomi identici sarebbero infinitesimali.

Non presento queste prove per dimostrare una teoria specifica, piuttosto le offro come una sincera sfida intellettuale: quale spiegazione rende meglio conto di queste notevoli somiglianze, pur rimanendo coerente con la nostra comprensione della probabilità e del comportamento umano? L'improbabilità statistica sembra richiedere una qualche forma di spiegazione che vada oltre la mera coincidenza.

Coloro che sono inclini a mettere in discussione i resoconti ufficiali – i critici potrebbero chiamarli “complottisti”, anche se io preferisco “ricercatori della verità” – potrebbero chiedersi: il disastro del Challenger potrebbe aver contribuito a far apparire i viaggi spaziali pericolosi agli occhi della popolazione? Un simile spettacolo potrebbe spiegare perché la NASA non abbia potuto continuare le missioni lunari o consentire l'osservazione civile dello spazio, chiudendo di fatto la porta al controllo pubblico delle proprie attività.

Avendo assistito personalmente all'esplosione del Challenger da bambino in televisione, ho riflettuto su come questo evento abbia creato un trauma collettivo per un'intera generazione di studenti. Se considerato insieme ad altri eventi traumatici nazionali come l'assassinio di JFK, l'11 settembre e la pandemia di COVID-19, emerge un modello di impatti psicologici a livello sociale che rimodella la coscienza e le priorità pubbliche. In ogni caso il trauma collettivo apre a importanti cambiamenti nelle politiche, nelle strutture di potere e nell'accettazione pubblica di cambiamenti precedentemente impensabili, il tutto verso un maggiore controllo e una minore trasparenza.

Queste sorprendenti somiglianze sono state presentate in una convincente testimonianza pubblica presso il tribunale della contea di Brevard (sede di Cape Canaveral) da Justin Harvey, che ha esposto metodicamente le prove con notevole chiarezza e coraggio. La sua presentazione è stata così approfondita e ben documentata che la reazione della corte è stata significativa: l'hanno subito interrotta, sostenendo di non avere giurisdizione sulla questione. Consiglio vivamente di guardare l'intera testimonianza di sei minuti, poiché presenta le prove in modo molto più convincente di quanto possa riassumere qui.

Il frettoloso silenziamento di questa linea di indagine la dice lunga: se gli ultimi anni mi hanno insegnato qualcosa, è di prestare molta attenzione alle persone censurate. Per chi fosse interessato ad approfondire questa ricerca, Harvey ha elaborato in dettaglio le sue scoperte durante un'apparizione al podcast di Sam Tripoli, dove presenta ulteriori prove e collega queste osservazioni a modelli più ampi.

Quando le è stata contestata la sua somiglianza e il suo identico nome con l'astronauta del Challenger alla Yale University, Judith Resnik è andata nel panico ed è scappata via dalle telecamere (guardate il segmento che inizia da questo minutaggio). Questa reazione è molto più rivelatrice di una semplice negazione, sollevando ulteriori interrogativi su cosa ci fosse esattamente da nascondere.

A peggiorare i sospetti, Robert F. Overmyer, il capo investigatore dell'esplosione del Challenger, morì in un incidente aereo il 22 marzo 1996, una data associata alla misteriosa società Skull and Bones. Che sia una coincidenza o meno, questi schemi di silenzio e morti inaspettate hanno alimentato ulteriori speculazioni su cosa sia realmente accaduto al Challenger e al suo equipaggio.


Le peculiarità dell'allunaggio

L'allunaggio, il massimo successo della NASA, porta con sé una serie di curiosità. Buzz Aldrin, il secondo uomo sulla Luna, ha un background insolito: il cognome da nubile di sua madre era Marion Moon, la quale si tolse tragicamente la vita un anno prima che Buzz camminasse sulla superficie lunare. Suo padre era un dirigente della Standard Oil e, sorprendentemente, vendette tutte le sue azioni appena due mesi prima del crollo di Wall Street del 1929.

Ancora più significativo, il padre di Buzz Aldrin, Edwin Eugene “Gene” Aldrin Sr., fondò la scuola di ingegneria a McCook Field, Ohio, che in seguito divenne l'Air Force Institute of Technology (AFIT) presso la base aeronautica di Wright-Patterson. Ciò crea un legame familiare diretto con una delle installazioni militari più segrete d'America: la base aerea di Wright-Patterson fu il sito principale degli scienziati dell'Operazione Paperclip, del Progetto Bluebird (precursore degli esperimenti di controllo mentale MK Ultra) e di un'ampia ricerca sugli UFO (che le valse il soprannome di “vera Area 51” tra i ricercatori). La base ospitò anche Winfried Otto Schumann, il fisico che scoprì la risonanza di Schumann, la frequenza elettromagnetica terrestre spesso associata agli studi sulla coscienza e alle tecnologie avanzate. In uno strano colpo di scena che esemplifica le bizzarre direzioni di ricerca della base, il Laboratorio Wright (precursore del centro di ricerca di Wright-Patterson) propose persino un'arma chimica, la “bomba gay”, nel 1994, che avrebbe suscitato l'attrazione sessuale tra le truppe nemiche. Questo legame diretto tra la famiglia di Buzz Aldrin e il fulcro dell'integrazione scientifica nazista e della ricerca non convenzionale aggiunge un'ulteriore dimensione alla storia della NASA.

Aldrin è un massone del 33° Rito Scozzese e uno Shriner. Portò una bandiera massonica sulla Luna e la Gran Loggia del Texas gli consegnò un diploma ufficiale che lo dichiarava “il primo Massone sulla Luna” e rivendicava la giurisdizione territoriale massonica sulla Luna.

Questa affiliazione massonica non era esclusiva di Aldrin: un numero sproporzionato di primi astronauti della NASA, in particolare quelli coinvolti nei programmi Mercury, Gemini e Apollo, erano Massoni di alto rango. John Glenn, Gordon Cooper, James Irwin, Thomas Stafford e molti altri erano tutti Massoni confermati, spesso provenienti da logge importanti.

Molti astronauti sono stati fotografati mentre facevano distintivi segni massonici con le mani e diversi altri hanno celebrato rituali massonici durante le missioni spaziali. L'astronauta e Massone di 33° grado, Leroy Gordon Cooper, portò persino una bandiera massonica nello spazio durante la missione Gemini 5, percorrendo una distanza stimata di 3.300.000 miglia – il numero 33 appare ripetutamente nella numerologia della NASA.

Perché così tanti astronauti che presumibilmente sono stati “nello spazio” erano massoni? Perché hanno piantato una bandiera massonica sulla Luna? E perché Buzz Aldrin ha un diploma massonico che lo dichiara “il primo massone sulla Luna”? Queste non sono solo strane coincidenze: suggeriscono un modello che collega l'esplorazione spaziale a questa società segreta.

Se l'allunaggio è stato un risultato puramente scientifico per tutta l'umanità, come ha affermato la NASA, perché è stato commemorato con rituali e simboli massonici invece che con onorificenze puramente scientifiche, nazionali, o umanitarie? L'importanza del simbolismo massonico suggerisce che la missione sulla Luna aveva un significato diverso per gli iniziati rispetto al grande pubblico. Questo solleva una domanda scomoda: il programma Apollo serviva contemporaneamente a due narrazioni diverse: una scientifica rivolta al pubblico e una esoterica compresa solo da chi apparteneva a certi ambienti?

Buzz ha rilasciato diverse dichiarazioni sconcertanti sullo sbarco sulla Luna che sollevano seri interrogativi. In un'intervista con una bambina che gli chiedeva perché non fossimo tornati sulla Luna, ha risposto: “Non ci siamo andati [...]. È successo e non è successo”.

In un'altra intervista, quando gli è stato chiesto del momento più spaventoso del suo viaggio sulla Luna, Buzz ha stranamente risposto: “Non è successo. Avrebbe potuto essere spaventoso”. Questo schema di strane risposte sulla missione lunare appare costantemente in tutte le sue apparizioni pubbliche.

Forse l'ammissione più sorprendente proviene da un ingegnere della NASA che ha dichiarato in un'intervista: “Avevamo la tecnologia per andare sulla Luna, ma l'abbiamo distrutta, ed è un processo complesso ricostruirla”.

Quando mai l'umanità ha “dimenticato” una tecnologia di questa portata? Sappiamo ancora come costruire acquedotti romani, cattedrali gotiche e macchine a vapore. Persino tecnologie antiche come il fuoco greco, o l'acciaio di Damasco, sebbene difficili da replicare perfettamente, hanno lasciato tracce sufficienti per comprenderne i principi di base. Immaginate se gli ingegneri di oggi affermassero di aver “perso” la tecnologia per costruire grattacieli, o aerei di linea, e di dover ricominciare da zero. L'idea che la NASA abbia in qualche modo perso i mezzi per ricreare il suo più grande trionfo è più improbabile che mettere in discussione aspetti dell'allunaggio stesso. Nessun'altra civiltà ha mai raggiunto un apice tecnologico solo per poi perdere completamente quella conoscenza, tranne, a quanto pare, in questa occasione.

Quando è apparso nel programma di Conan O'Brien, Buzz ha fatto un altro commento interessante sulle persone che guardavano “ l'animazione” dell'allunaggio piuttosto che il filmato vero e proprio. Per usare le sue parole: “Avete guardato l'animazione [...] avete associato ciò che avete visto a [...]”.

Quando ho condiviso la clip non modificata sui social media l'anno scorso, è stata rapidamente segnalata e rimossa come “disinformazione”, nonostante non contenesse alcun mio commento, solo le parole inalterate di Buzz. A quanto pare far sentire alla gente ciò che un astronauta ha effettivamente detto senza un'interpretazione ufficiale in sovraimpressione costituisce “disinformazione”. Pensate alle implicazioni: le dichiarazioni di un astronauta sull'allunaggio sono ora considerate troppo pericolose per essere lette dal pubblico. Se non c'è nulla da nascondere, perché è necessario un controllo così aggressivo? Questo non è fact-checking, è controllo del pensiero.

Quando un giornalista gli chiese di giurare sulla Bibbia di aver camminato sulla Luna, Buzz reagì in modo decisamente difensivo. In un'altra occasione, quando un altro giornalista insistette con domande simili, Buzz gli diede un pugno in faccia: una reazione estrema per qualcuno che si supponeva sicuro dei suoi successi storici.

Neil Armstrong, il primo uomo sulla Luna, mostrò un disagio simile quando gli venne posta la stessa domanda. In una rara intervista, quando gli fu chiesto della sopraccitata esperienza, Armstrong apparve visibilmente a disagio, evitando il contatto visivo e dando risposte vaghe e incerte, stranamente disconnesse da quello che avrebbe dovuto essere il coronamento della sua vita. Il suo linguaggio del corpo durante le apparizioni pubbliche dopo l'allunaggio contrastava nettamente con il pilota sicuro e composto che era noto per essere prima della missione Apollo.


La dimensione cinematografica

Il rapporto tra la NASA e Hollywood merita un'analisi approfondita. Fin dalla sua nascita la NASA ha collaborato a stretto contatto con l'industria dell'intrattenimento, radicandosi nell'immaginario collettivo attraverso film, televisione e parchi a tema. Questo va ben oltre le tipiche relazioni pubbliche: rappresenta un'integrazione sistematica dei concetti spaziali nei media di intrattenimento. Gli astronauti dell'Apollo 11 hanno una stella sulla Hollywood Walk of Fame, un onore insolito per gli esploratori scientifici piuttosto che per gli artisti. Questo ci spinge a porre una domanda chiave: la NASA ha plasmato le nostre convinzioni sullo spazio attraverso la narrazione e le immagini tanto quanto attraverso la scienza? Questo spiegherebbe i continui e stretti rapporti della NASA con i registi e perché l'intrattenimento a tema spaziale rafforza costantemente narrazioni specifiche sulle nostre capacità e limitazioni cosmiche.

Una delle prove più strane proviene dalla conferenza stampa post-allunaggio. Al loro ritorno sulla Terra gli astronauti dell'Apollo 11 – Armstrong, Aldrin e Collins – parteciparono a quella che avrebbe dovuto essere una celebrazione trionfale del più grande successo esplorativo dell'umanità. Eppure il loro comportamento racconta una storia diversa. Gli astronauti appaiono stranamente cupi, quasi abbattuti, senza mostrare la naturale euforia che ci si aspetterebbe da uomini che hanno appena compiuto l'impossibile. Siedono rigidi, rispondendo alle domande con parole esitanti e attentamente misurate, spesso evitando il contatto visivo.

Questo comportamento diventa ancora più sorprendente se confrontato con quello di altri esploratori storici. Si pensi a Sir Edmund Hillary e Tenzing Norgay dopo la loro storica scalata dell'Everest. Nonostante la stanchezza fisica, i loro volti irradiano autentico orgoglio e gioia. Gli astronauti dell'Apollo, al contrario, si comportano come se fossero a un funerale piuttosto che a una celebrazione, sollevando interrogativi su quale peso psicologico potessero portare.

Alcuni ipotizzano che Stanley Kubrick abbia diretto le riprese dell'allunaggio. Il suo film, Shining, contiene numerosi e presunti riferimenti al programma Apollo, tra cui il ragazzino che indossa un maglione dell'Apollo 11, motivi dei tappeti che richiamano la disposizione della rampa di lancio dell'Apollo e le gemelle che rappresentano il programma spaziale Gemini.

Questa teoria sul coinvolgimento di Kubrick non è solo una speculazione su internet. In quella che pare proprio la testimonianza di un informatore, una fonte interna spiega con notevole nonchalance: “Stanley e gli altri hanno creato un filmato di backup dello sbarco sulla Luna, nel caso in cui avessimo fallito; così avremmo potuto dimostrare di esserci arrivati e di esserci riusciti”. La fonte prosegue riconoscendo che “molte delle immagini del nostro atterraggio sono state realizzate in studio” e che “abbiamo molte immagini false”. Forse la cosa più significativa è il riferimento al documentario Room 237, il quale analizza il film di Kubrick, Shining, come la sua confessione in codice sulle riprese dell'allunaggio, osservando che “le prove sono pressoché innegabili sul coinvolgimento di Kubrick”.

Il rapporto tra Kubrick e le immagini spaziali è più profondo di una semplice speculazione. Il suo capolavoro del 1968, 2001: Odissea nello spazio, ampiamente considerato la rappresentazione più realistica dei viaggi spaziali dell'epoca, è stato sviluppato con un ampio contributo di esperti aerospaziali e affiliati alla NASA. Solo un anno dopo, nel 1969, il mondo assistette all'allunaggio dell'Apollo 11, con immagini che alcuni osservatori hanno ritenuto sorprendentemente simili alle tecniche cinematografiche di Kubrick. Questa tempistica è particolarmente interessante se si considera che l'ultimo film di Kubrick, Eyes Wide Shut – un'opera che smaschera le società segrete d'élite – uscì il 16 luglio 1999, esattamente 30 anni dopo il lancio dell'Apollo 11. Kubrick morì improvvisamente prima dell'uscita del film, il che ha alimentato speculazioni sul fatto che la sua morte potesse essere collegata all'eccessiva rivelazione di interessi potenti attraverso la sua narrazione simbolica.

In particolare, il 16 luglio 1999 fu anche il giorno della morte di JFK Jr. – un'altra strana coincidenza che collega l'esplorazione spaziale, l'eredità presidenziale e le morti inaspettate.

Altri film hanno fatto esplicito riferimento alle cospirazioni sugli allunaggi, come il film di James Bond, Una cascata di diamanti, dove c'è una scena in cui Bond corre attraverso quello che sembra essere un set di allunaggio.

Più di recente Hollywood ha prodotto film sulla creazione di falsi allunaggi, suggerendo una forma di “soft disclosure” su ciò che è realmente accaduto. Il film del 2023, Fly Me to the Moon, con Scarlett Johansson e Channing Tatum, mostra la NASA che assume un direttore di marketing per inscenare un finto allunaggio come piano di riserva. La cosa notevole è che questa premessa fittizia si allinea perfettamente con le reali testimonianze di informatori provenienti dalla NASA, i quali hanno affermato di aver ricevuto istruzioni di creare filmati di riserva “nel caso in cui avessimo fallito” o “non fossimo mai andati sulla Luna”. Ancora una volta, Hollywood confeziona la verità come intrattenimento, permettendo al pubblico di digerire vere cospirazioni sotto la confortante etichetta di finzione.

Persino il personaggio per bambini, Buzz Lightyear, nel film Toy Story, sembra contenere un messaggio segreto. La battuta ricorrente secondo cui Buzz non è un vero space ranger, non sa volare e non è mai stato nello spazio assume un nuovo significato se vista attraverso la lente della cosiddetta “rivelazione del metodo”, un concetto che suggerisce che le verità nascoste vengono rivelate attraverso l'intrattenimento. L'immagine di Buzz Aldrin in persona con in mano un giocattolo di Buzz Lightyear aggiunge un ulteriore livello a questa rivelazione simbolica.

Anche le domande tecniche persistono: chi ha filmato i primi passi degli astronauti sulla Luna dall'esterno del modulo lunare? Come ha fatto una foglia d'acero ad apparire così vicina alla Luna?

Come ha potuto Richard Nixon chiamare gli astronauti da un telefono fisso nel 1969, quando ancora oggi perdiamo il segnale cellulare nelle aree remote?


Curiosità linguistiche

A volte il linguaggio offre spunti inaspettati. Cercando etimologia e significati in diverse lingue, ho scoperto che la parola ebraica “nasa” (נָשָׂא - Strong's Hebrew 5377) significa “ingannare” o “sviare”. La definizione completa tratta dal Lessico Ebraico di Strong recita: “Una radice primitiva; sviare, cioè ingannare (mentalmente), o sedurre (moralmente): ingannare, sedurre”. Si potrebbe liquidare questa affermazione come una coincidenza, ma il parallelismo linguistico è sorprendente.

Allo stesso modo il mio amico che cerca schemi nelle parole ha sottolineato che “NASA” contiene le stesse lettere di “Satan” meno la “T”, il che è reso ancora più intrigante dal fatto che la NASA abbia coniato il termine “T-meno” per i conti alla rovescia. Come prevedibile, i fact-checker si sono affrettati a smentire questa osservazione, insistendo sul fatto che non ci sia alcuna relazione – una risposta che, date le mie precedenti osservazioni sull'affidabilità dei fact-checker, non fa che stuzzicare ulteriormente la mia curiosità. Sebbene non affermi che questo gioco di parole dimostri qualcosa di definitivo, date le associazioni occulte già stabilite con i personaggi fondatori della NASA, questi parallelismi linguistici assumono un significato potenziale che va oltre la mera coincidenza.

Al di là di parole e simboli, dovremmo esaminare le prove visive effettive che la NASA ha presentato nel corso della sua storia. Si consideri, ad esempio, il filmato presumibilmente proveniente dallo “spazio” trasmesso al telegiornale della sera nel 1966. Per gli standard odierni, è comicamente poco convincente – sembra più qualcosa che uno studente di cinema potrebbe creare per un film di serie B con un budget di $50. Se la NASA presentasse lo stesso filmato oggi, la maggior parte degli spettatori lo deriderebbe ed etichetterebbe come un falso palese. La qualità primitiva e l'aspetto chiaramente inscenato sollevano una domanda che fa riflettere: se oggi possiamo facilmente riconoscere che tutto ciò è discutibile, cosa suggerisce questo riguardo al filmato che accettavamo senza riserve allora? E cosa potremmo accettare acriticamente oggi che le generazioni future troveranno altrettanto assurdo?

Sebbene le prove visive sollevino interrogativi su ciò che stessimo vedendo, la tempistica di quelle conquiste spaziali suggerisce che dovremmo anche considerare il motivo per cui le stavamo vedendo e a quali obiettivi più ampi potevano servire.


La correlazione con il denaro fiat

La tempistica dell'allunaggio assume un nuovo significato se vista attraverso la lente della politica monetaria. Solo due anni dopo la missione Apollo 11, nel 1971, gli Stati Uniti abbandonarono completamente il gold standard, inaugurando l'era della moneta fiat. Come sottolinea ICE-9 (a cui Lama attribuisce il merito del suo lavoro), questa transizione richiese un'operazione psicologica senza precedenti: “Se l'America può fare l'impossibile, allora tutti possono accettare denaro garantito dalla ‘piena fiducia e credito’ nell'America”.

Esaminando più da vicino questa cronologia, emerge una sequenza strategica di eventi:

• 1958: la NASA viene fondata, lo stesso anno in cui la CGI appare per la prima volta nei film;

• 1961: il Presidente Kennedy annuncia l'obiettivo di raggiungere la Luna;

• 1968: l'Apollo 8 testa con successo il razzo Saturn V (che Lama nota essere essenzialmente un sistema di lancio di un carico nucleare intercontinentale);

• Luglio 1969: l'allunaggio dell'Apollo 11 crea un impatto psicologico mondiale;

• Agosto 1971: il Presidente Nixon pone fine alla convertibilità del dollaro in oro.

Questa sequenza suggerisce una transizione attentamente orchestrata. Come osserva ICE-9 in una ricerca a cui Lama fa riferimento: “Mai nella storia umana il denaro è stato privo di valore intrinseco o non convertibile in denaro di valore intrinseco: un'impresa che fino a quel momento era considerata impossibile nella storia umana”. L'allunaggio ha fornito quella base psicologica, rendendo la popolazione ricettiva a un sistema economico che altrimenti sarebbe sembrato inverosimile.

Le conseguenze di questo cambiamento sarebbero state profonde: globalizzazione, finanziarizzazione dell'economia, inflazione e quello che Lama descrive come “impoverimento delle masse e guerre senza fine”. La possibilità di stampare moneta senza il vincolo della copertura in oro permise una spesa pubblica senza precedenti, in particolare per le operazioni militari, dando origine al moderno panorama geopolitico.

L'impatto psicologico dell'allunaggio potrebbe essere stato deliberatamente calcolato per affermare la supremazia tecnologica americana e, per estensione, giustificare la fiducia nel suo sistema finanziario, proprio mentre quel sistema subiva una trasformazione radicale che sarebbe stata altrimenti difficile da accettare per la popolazione.

Meryl Nass pone domande pertinenti: come hanno potuto i funzionari della NASA affermare di aver perso i piani per raggiungere la Luna? Perché gli astronauti erano così visibilmente a disagio durante la conferenza stampa? Perché non si vedevano stelle nelle fotografie? Queste domande evidenziano potenziali incongruenze che meritano una seria considerazione.


Conclusione

Come scrisse Shakespeare: “Tutto il mondo è un palcoscenico, e tutti gli uomini e le donne sono solo attori”. Se si considerino queste osservazioni come prove convincenti, o semplici coincidenze, dipende in gran parte dalla propria disponibilità a mettere in discussione le narrazioni consolidate.

I Beatles (con il direttore d'orchestra immaginario Billy Shears della Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band, che ammicca scherzosamente al Bardo stesso) forse lo hanno espresso meglio: “Vivere è facile ad occhi chiusi, fraintendendo tutto ciò che si vede”. Nell'esplorare queste domande, non pretendo di fornire risposte definitive, ma invito gli altri a esaminare le prove disponibili e a trarre le proprie conclusioni.

Per coloro che sono inclini a respingere queste osservazioni in toto, chiedo solo questo: cosa potremmo imparare se fossimo aperti a mettere in discussione anche le nostre convinzioni più care su scienza, spazio e conquiste umane? Come suggerisce la ricerca di Lama, le implicazioni si estendono ben oltre l'esplorazione spaziale, influenzando il nostro sistema economico, le strutture di potere globali e la realtà collettiva.

Se queste affermazioni vi sembrano eccessive, vi incoraggio a esaminare personalmente le immagini e i filmati. Ho raccolto le prove in un unico luogo non per convincervi di una particolare prospettiva, ma per invitarvi a mettere in discussione quella che vi è stata fornita. La vera domanda non è se la NASA occasionalmente inganni la popolazione, ma se la nostra intera concezione dell'esplorazione spaziale sia stata costruita su un fondamento di deliberato inganno.

Siamo stati addestrati a classificare determinati argomenti come “scienza consolidata” e “storia consolidata”, escludendoli dall'ambito della legittima indagine. Ma se la NASA, una delle nostre istituzioni più affidabili, è stata fondata da nazisti, occultisti e Walt Disney, ha falsificato il suo massimo successo e continua a fabbricare ad hoc immagini dello spazio, allora quali altre questioni “risolte” meritano un nuovo esame?

Questo schema di costruzione della realtà, in cui le narrazioni sostituiscono le verità osservabili, si estende ben oltre la NASA. Come ho documentato nella serie, Ingegnerizzare la realtà, gli stessi meccanismi che possono inventare un allunaggio possono manipolare le nostre percezioni in scienza, medicina, economia e storia.

Forse è ora di riaprire libri che pensavamo chiusi, riesaminare verità che credevamo consolidate e riconsiderare possibilità che ci erano state dette impossibili. Dopotutto, come ci ricorda la lapide di Werner von Braun, “i cieli” potrebbero essere più di quanto ci è stato fatto credere.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Il ritorno del denaro privato: il sogno americano & l'incubo europeo

Gio, 16/10/2025 - 10:10
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Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Thomas Kolbe

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-ritorno-del-denaro-privato-il)

L'Europa, l'Unione Europea e gli Stati Uniti si stanno allontanando sempre di più. All'ombra della guerra in Ucraina e delle politiche di censura di Bruxelles, si sta aprendo una frattura anche a livello di politica monetaria.

Quest'ultima è spesso trattata come una sorta di figliastro dai media generalisti. Tranne durante le crisi del debito sovrano, quando le banche centrali intervengono come soccorritori, la politica e i media si concentrano principalmente sulle decisioni riguardo i tassi d'interesse. Queste vengono presentate come momenti salienti per aiutare la politica ad ancorare le aspettative di inflazione e influenzare l'attività di mercato.

In breve: questa resta una visione superficiale che non rende giustizia alla complessità della politica monetaria.

È deplorevole – e forse non è una coincidenza – che la politica monetaria venga affrontata con tanta frettolosità. Il denaro è il bene centrale dell'economia. Il suo sviluppo di valore, la sua diluizione e la sua manipolazione da parte degli attori politici sono una patata bollente che rimane in gran parte insondabile. Ciononostante da quando le banche statunitensi si sono ritirate dal LIBOR di Londra e da quando è stato introdotto il tasso di riferimento nazionale (il SOFR), la politica monetaria si è evoluta in una questione geopolitica chiave che merita un dibattito approfondito.


Dietro la cortina fumogena dei media

Dietro il rumore di fondo monetario rappresentato dai tassi di interesse e dal controllo dell'inflazione, si sta verificando una deriva strategica che ridefinirà il futuro economico. L'Unione Europea, l'Europa e gli Stati Uniti stanno intraprendendo percorsi di politica monetaria separati.

Censura dei media, socialismo climatico e ora il dibattito sull'euro digitale: si potrebbe dire che Bruxelles e i banchieri della BCE non risparmiano alcuno sforzo per trasformare l'UE in una fortezza di potere.

Con l'euro digitale compirebbero un passo importante verso il suo consolidamento: una moneta programmabile e completamente trasparente basata su una blockchain centralizzata che trasformerebbe il denaro in una merce con una forte valenza morale e politica. Obiettivi climatici, consumo individuale di CO2, consumo di carne e viaggi: l'associazione del comportamento individuale al complesso di controllo basato sulle emissioni è tangibile. E sanzionare cittadini e aziende in caso di comportamenti dissidenti potrebbe diventare un'attività burocratica di routine.

Seguendo il ragionamento della presidente della BCE, Christine Lagarde, è chiaro cosa attende gli europei: sorveglianza algoritmica dell'attività economica e controllo moralistico del comportamento individuale.


Il denaro è un bene pubblico?

Per la Lagarde il denaro è un bene pubblico, naturalmente sotto il controllo dello stato o di surrogati parastatali come la BCE. Il progetto dell'euro digitale partirà in piccolo, con wallet limitati gestiti dalla BCE, commercializzati dalle banche commerciali in sordina (le quali diventerebbero obsolete in caso di conversione completa).

Secondo la Lagarde un euro digitale dovrebbe offrire nuove possibilità di scelta, integrare il denaro contante e promuovere l'inclusione. Ma anche qui, solo slogan politici: “inclusione” rimane una frase vuota, priva di qualsiasi contenuto. In realtà la BCE mira a garantire il controllo sui flussi di capitali e, nella prossima crisi del debito dell'Eurozona, a impedire la loro fuga per evitare il collasso e l'esaurimento dei flussi finanziari. Tutto il resto è un'operazione di copertura scritta per il lettore disinteressato della sezione economica.

L'Europa si sta dirigendo inesorabilmente verso il centralismo. La domanda rimane: il colpo di stato monetario avrà successo o l'Eurozona crollerà prima? Il quadro giuridico dovrebbe essere pronto all'inizio del 2026, prima che inizi l'implementazione vera e propria.

Realisticamente si prevede un avvio nel 2028, forse solo nel 2029. C'è la speranza che progetti così grandi falliscano a causa dell'inerzia burocratica, quindi restiamo ottimisti.


Il ritorno del denaro privato

Nel frattempo, dall'altra parte dell'Atlantico, si sta verificando una sorprendente inversione di tendenza. L'orientamento della politica monetaria dell'amministrazione Trump mira alla parziale riattivazione del sistema monetario privato. Il quadro giuridico attualmente in fase di definizione (GENIUS Act) offre alle banche commerciali la possibilità di emettere le proprie stablecoin, ovvero dollari digitali, espandendo così il mercato attualmente dominato da Tether. In tutto il mondo oltre 500 milioni di persone utilizzano già questa nuova forma di denaro: un movimento inarrestabile, a prescindere da come la vedono gli europei.

Ogni unità di una stablecoin è sostenuta da una quantità equivalente di titoli del Tesoro USA a breve termine, nonché da oro e Bitcoin, il che fornisce al Dipartimento del Tesoro americano un argomento convincente per partecipare attivamente alla diffusione di questa tecnologia: il debito pubblico americano viene letteralmente venduto al settore privato.

Questo sviluppo ricorda il periodo precedente alla fondazione della Federal Reserve. A quel tempo il ruolo della banca centrale si trasformò lentamente da “prestatore di ultima istanza” per le banche commerciali a strumento di stampa di moneta per il finanziamento del debito pubblico, il tutto combinato con la manipolazione degli asset. Gradualmente gli Stati Uniti poterono tornare all'era del free banking del XIX secolo quando le banche di credito private avrebbero emesso le proprie banconote coperte da oro o argento. La solvibilità delle istituzioni era supervisionata dalle stanze di compensazione, non da una banca centrale vera e propria.

Errori di valutazione portavano a fallimenti e non esistevano salvataggi centrali: il volume del credito era limitato in base alle valutazioni del rischio basate sul mercato.

Potrebbe tornare a essere più o meno così: valute parallele coperte dal Dipartimento del Tesoro americano, reti di compensazione private e concorrenza tra denaro pubblico e privato; ciò significherebbe la fine delle garanzie delle banche centrali, che distorcono il mercato, per chi si assume dei rischi.


Il sogno americano & l'incubo europeo

Il free banking negli Stati Uniti fu uno dei pilastri dell'era industriale che diede avvio a un boom economico senza precedenti. Le banche private crearono moneta in modo responsabile e indirizzarono i capitali scarsi specificamente verso progetti innovativi. La competizione tra le diverse banconote promosse disciplina e fiducia: chi perdeva fiducia era fuori gara. Senza una banca centrale e salvataggi governativi, il rischio era una vera e propria valuta che frenava il sovraindebitamento e alimentava il dinamismo economico.

È questo l'obiettivo dell'amministrazione Trump? Un ritorno allo spirito tipicamente americano dei mercati assolutamente liberi, che naturalmente porta anche situazioni di maggiore volatilità?

Nel frattempo gli europei sembrano aver scelto la strada opposta, cercando di arginare la volatilità centralizzando i poteri politici essenziali. Resta da vedere se riusciranno a introdurre l'euro digitale, mentre il loro principale concorrente oltreoceano abbraccia il principio di libertà e responsabilità personale. La fuga di capitali dall'UE verso gli Stati Uniti è un segnale significativo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Lo smantellamento sistematico dello Stato amministrativo

Mer, 15/10/2025 - 10:07

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Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Jeffrey Tucker

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/lo-smantellamento-sistematico-dello)

Nel 1883 quando fu approvato il Pendleton Act, il quale istituiva la pubblica amministrazione statunitense, non doveva sembrare un granché. Il presidente era il dimenticato Chester A. Arthur. La paura di essere assassinato come il suo predecessore, James Garfield, lo convinse a sostenere quella legge. Le ragioni per l'approvazione: lo stato ha bisogno di professionisti con competenze istituzionali. I tecnici stavano cambiando il mondo, quindi perché non anche lo stato?

Scienza e ingegneria andavano di moda – elettricità, ponti d'acciaio, comunicazioni telegrafiche, combustione interna, fotografia – quindi sicuramente gli affari pubblici necessitavano dello stesso livello di competenza. Chi poteva negare che la pubblica amministrazione potesse fare un lavoro migliore dei cugini e soci in affari dei politici di professione?

È così che tutto è iniziato. Quello che un tempo veniva chiamato governo del popolo, dal popolo e per il popolo, fu deriso come uno “spoil system” irrimediabilmente corrotto, un'espressione che rifletteva una linea di marketing geniale. Così fu rovesciato a favore di assunzioni “meritevoli” nell'esecutivo, uno staff non ancora permanente o numeroso, ma il proverbiale cammello ora aveva infilato il naso nella tenda.

Attraverso due guerre mondiali, la Grande depressione e poi la Guerra fredda, ciò che accadde fu qualcosa che i Padri Fondatori della Costituzione non avrebbero mai immaginato: enormi sistemi di governo, costituiti da gigantesche burocrazie gestite da dipendenti che non potevano essere licenziati. Spettava a loro applicarle le cose, ma in realtà hanno creato il quadro operativo per l'intera società civile.

Uno stato nello stato, con molti livelli, incluso ciò che era ed è classificato.

L'industria e i media da tempo si sono resi conto che la pubblica amministrazione è una fonte di informazione e di continuità istituzionale più affidabile rispetto ai rami eletti, o nominati, di un governo. Servire in essa è diventato un segno di credibilità nell'industria e quindi la porta girevole tra di loro ha continuato a girare. I ​​media e lo Stato profondo, compresi i suoi settori militare e di intelligence, hanno sviluppato un rapporto reciprocamente vantaggioso che ha aperto alla manipolazione dell'opinione pubblica.

L'aspetto migliore del nuovo sistema era che quasi nessuno nella vita pubblica lo capiva veramente. Agli studenti veniva insegnato che ci sono tre rami del governo, con pesi e contrappesi tra di essi. La vita pubblica è stata a lungo dominata dalle elezioni, con feroci battaglie ideologiche che alla fine sono diventate più simili a una facciata, i cui risultati non avevano molta importanza per gli affari pratici dello stato. Era l'illusione della democrazia.

Una volta svelato il meccanismo, e posta un'attenzione critica alla sua legittimità, il disfacimento era inevitabile. Il motivo è piuttosto ovvio: l'intera faccenda è incoerente con l'idea di un governo del popolo. I Padri Fondatori combatterono una guerra per rovesciare la burocrazia, non per istituirne un'altra. La Dichiarazione d'Indipendenza affermava chiaramente: è diritto di un popolo rovesciare qualsiasi governo e istituirne uno nuovo.

Quest'idea è il postulato più radicato nell'intera vita civica americana. Ha molta più legittimità nell'opinione pubblica delle rivendicazioni della pubblica amministrazione, o delle richieste che i suoi complotti e macchinazioni rimangano segreti al popolo.

Durante tutto il periodo delle conquiste amministrative dello stato, la Corte Suprema non è mai stata chiamata a pronunciarsi chiaramente sulla sua legittimità. Ci sono state piccole decisioni lungo il percorso che ne hanno consolidato il funzionamento, ma nulla che dicesse chiaramente: questo è o non è coerente con la legge che governa un popolo libero.

Quest'anno, e soprattutto perché l'amministrazione Trump ha deciso di mettere in discussione l'intero modello, il meccanismo ha iniziato a funzionare male e a sgretolarsi. C'è ancora molta strada da fare, ma finalmente abbiamo la risposta alla domanda sulla legittimità di questo quarto potere: non è legittimo, non lo è mai stato.

Il libro, Is the Administrative State Unlawful? (2014), di Phillip Hamburger ha gradualmente innescato un enorme dibattito letterario a favore e contro, oltre a un crescente esercito di podcaster che lo hanno capito nel corso degli eventi successivi. È stato un classico caso di presa di coscienza: una volta che si vede una cosa, non si può più non vederla.

Il confronto attivo è iniziato durante il primo mandato di Trump. Arrivò a Washington aspettandosi di essere il capo del potere esecutivo, probabilmente perché questo è ciò che la Costituzione stabilisce all'Articolo 2, Sezione 1. Scoprì rapidamente il contrario. Tutto ciò che voleva cambiare era stato dichiarato off-limits. Per quanto ne sapeva, l'intera città concordava sul fatto che l'incarico fosse puramente cerimoniale.

Questo non gli andava giù. La tradizione, tipica dello Stato profondo, di ignorare il presidente a meno che non lo infastidisse, irritava non poco Trump. Alla fine si stancò dei complotti, degli intrighi e dei tentativi di indebolire l'autorità presidenziale – che considerava simili a quelli di un amministratore delegato, ma nessun altro era d'accordo – e decise di fare un test: licenziò James Comey da capo dell'FBI. Washington andò fuori di testa.

La persona a cui toccò il compito di licenziarlo fu il giudice Rod Rosenstein, la cui sorella lavorava al CDC. Si trattava di Nancy Messionier, la quale convocò la prima conferenza stampa sulla questione di un nuovo virus proveniente dalla Cina che, a suo dire, avrebbe richiesto cambiamenti radicali nella vita americana. Il suo ruolo fu rivelato per la prima volta dal giornalista del New York Times, che in seguito affermò di essere stato ingannato.

Nessuno al CDC si prese la briga di verificare con Trump. Quando gli fu chiesto di firmare per i lockdown, un mese dopo l'annuncio iniziale del CDC, l'impresa era stata praticamente compiuta. Scelse di prendere il toro per le corna piuttosto che essere divorato vivo dai media generalisti, pronti a incolparlo di ogni morte. Trascorse gli otto mesi successivi a emanare proclami sui social media – inizialmente pessimi, poi sempre migliori – ma fu quasi completamente ignorato dallo Stato amministrativo che aveva scatenato.

Poco prima di lasciare l'incarico nel 2020, Trump emise un ordine esecutivo che avrebbe riclassificato una parte del personale pubblico come dipendente con mansioni soggette a licenziamento. Ogni sede che si occupava di affari federali fu colta da un'ondata di panico per le conseguenze che questo avrebbe avuto sul futuro del racket centenario che avevano gestito. L'ordine fu rapidamente revocato dal nuovo presidente al momento del giuramento, un'azione che ha dato il via alla grande battaglia del futuro: Washington contro il popolo.

Dopo quattro anni di esilio Trump e il suo team hanno pianificato la loro vendetta. Era chiaro a tutti che la questione era fondamentale. Avrebbe dovuto rischiare tutto sottoponendo la questione alla Corte Suprema. Lo ha fatto emanando un numero record di ordini esecutivi riguardanti il ​​ramo esecutivo, tutti presupponendo che potesse agire come un presidente.

Il team di Trump aveva previsto una raffica di cause legali seguite da ingiunzioni, molto simile a quanto accaduto nel 2019-2020. Questa volta avrebbe dato battaglia a livello giudiziario e avrebbe portato la questione in cima alla sua lista. È stata una scommessa rischiosa, ma ha pagato. Sapeva che la struttura dello status quo era completamente indifendibile da un punto di vista costituzionale.

Il colpo più recente allo Stato amministrativo tocca il cuore della questione. Nel caso Trump contro l'American Federation of Government Employees (8 luglio 2025), la Corte Suprema ha sostenuto il diritto del presidente di procedere a licenziamenti di massa di dipendenti federali. C'è stato un solo voto contrario da parte della giudice Ketanji Brown Jackson, la quale aveva annullato altri ordini di Trump quando era giudice distrettuale di Washington.

Il dissenso della Jackson cerca di dare un senso al quarto ramo del governo. “Secondo la nostra Costituzione, il Congresso ha il potere di istituire agenzie amministrative e di specificarne le funzioni”, ha scritto, “pertanto, nel corso dell'ultimo secolo, i presidenti che hanno tentato di riorganizzare il governo federale hanno prima ottenuto l'autorizzazione dal Congresso”. In mancanza di tale autorizzazione, ha affermato, la Corte dovrebbe abbracciare il “mantenimento dello status quo per ridurre i danni”.

“Questa azione esecutiva promette licenziamenti di massa, cancellazione diffusa di programmi sociali e servizi federali, e lo smantellamento di gran parte del governo federale così come lo ha creato il Congresso. Ciò che una persona (o un Presidente) potrebbe definire ingombrante burocrazia è la prospettiva di un agricoltore di ottenere un raccolto sano, la possibilità di un minatore di carbone di respirare senza problemi di polmonite, o l'opportunità di un bambino in età prescolare di apprendere in un ambiente sicuro”.

Eccoci qui: il cuore stesso della bestia della pianificazione centralizzata è a rischio. Almeno lei capisce la posta in gioco.

Quest'ultima sentenza – a cui probabilmente seguiranno molte altre – arriva sulla scia di una serie di decisioni simili, tra cui: Loper Bright Enterprises contro Raimondo (28 giugno 2024), che ha annullato la Deferenza Chevron (1986) riducendo l'autorità interpretativa delle agenzie governative e trasferendo il potere da queste ultime ad altri rami (rispettivamente giudiziario ed esecutivo); SEC contro Jarkesy (27 giugno 2024), che ha limitato l'uso di decisioni interne da parte delle agenzie governative rafforzando il controllo giudiziario; Corner Post, Inc. contro Federal Reserve (1° luglio 2024), che ha ampliato le possibilità di contestare vecchie normative; Ohio contro EPA (27 giugno 2024), che ha imposto una rigorosa conformità all'APA limitando l'eccesso di potere normativo; Garland contro Cargill (14 giugno 2024), che ha limitato le interpretazioni statutarie delle agenzie governative; Trump contro CASA (27 giugno 2025), che ha limitato le ingiunzioni a livello nazionale rafforzando l'azione esecutiva; City and County of San Francisco contro EPA (4 marzo 2025), che ha ridotto l'ambito normativo della stessa EPA.

Tutto questo è accaduto con una rapidità sorprendente: nel giro di un solo anno. Il regime durato cento anni è improvvisamente cambiato radicalmente per adattarsi a quanto progettato dai Padri Fondatori. Si tratta di un contro-colpo di stato contro la tirannia degli esperti e i sistemi di coercizione/controllo da loro attentamente costruiti. Anche se non ne sentiamo ancora gli effetti, il terreno ci è crollato sotto i piedi.

È un mito che i tribunali si limitino a esaminare la legge e a giudicare i casi in base al merito. Sono soggetti alle pressioni dell'opinione pubblica e si sono inchinati di fronte all'ethos del tempo. Quest'ultimo è cambiato, improvvisamente e drasticamente... perché?

Dal 2020 al 2023, con le ricadute che continuano ancora oggi, lo Stato amministrativo, che si era a lungo tenuto lontano dagli occhi della gente comune, ha insinuato profonde intrusioni negli affari privati ​​di ogni americano. Ha chiuso scuole, chiese e aziende; ha emesso ordini di restare a casa; ha sequestrato persone in strutture sanitarie, impedendo qualsiasi contatto con i familiari; ha poi imposto l'iniezione a moltitudini di persone con un vaccino sperimentale che non ha fatto altro che causare feriti e morti.

È una misura dell'arroganza e dell'egemonia di questa macchina burocratica – che si estende dalle agenzie governative alle aziende, dal mondo accademico al settore non-profit – il fatto che così tanti al suo interno credano di poterla fare franca con tutti questi oltraggi senza conseguenze. La rabbia pubblica è scoppiata, esprimendosi in ogni modo possibile e chiedendo un cambiamento. Quel cambiamento è iniziato: e ci sono le condizioni anche per uno molto più radicale, che potrebbe avvenire più in là nel tempo o forse prima.

Le intricate reti di influenza, corruzione, do ut des e furtivo saccheggio delle risorse e del potere del popolo si credevano invulnerabili, un po' come i governanti del vecchio impero sovietico nei mesi precedenti al suo crollo. Ogni vecchio regime si è creduto al sicuro fino al momento in cui i suoi leader hanno cercato rifugio e i suoi tirapiedi sono fuggiti sulle colline.

Con la risposta al Covid lo Stato amministrativo ha superato il limite, ha fatto il passo più lungo della gamba, ha tirato fuori il mattoncino Jenga sbagliato, o qualsiasi altro cliché si voglia scegliere. È stato l'evento scatenante, l'evento che ha smascherato il tutto. Viene in mente la guerra alla vodka di Mikhail Gorbaciov, che fece più della Glasnost o della Perestrojka per porre fine al regime e minare l'ultimo brandello di credibilità del governo del partito.

Per molti anni ci siamo chiesti come sarebbe stata la rivoluzione una volta tornati a casa. Ne abbiamo avuto un assaggio la scorsa settimana, quando le fotocamere degli iPhone hanno ripreso migliaia di dipendenti del Dipartimento di Stato mentre portavano i loro averi in scatole fuori dalle porte d'ingresso del palazzo che era stato a lungo la loro casa. Vivi secondo gli editti amministrativi; muori secondo gli stessi editti.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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I newyorkesi flirtano con il programma socialista nei supermercati

Mar, 14/10/2025 - 10:11

New York, come tutte le altre roccaforti democratiche sono un inferno dal punto di vista della quotidianità. Chi ci vive lo sa bene. La recente decisione di Trump di invaire la Guardia nazionale a Chicago e Portland, ennesime due grandi città americane che vengono attenzioante da tale provedimento, è una rispsota a una situazione che rischia di andare fuori controllo. Come a Detroit. I sindaci di tutte queste città democratiche hanno reso i posti da loro amministrati delle zone di guerra... letteralmente. Le ragioni sono sempre le stesse, le conosciamo bene: qualunque cosa toccano i democratici si trasforma in un girone infernale. Non c'è più nemmeno il beneficio del dubbio di pensare che siano degli incapaci, a questo punto anche i più scettici devono cedere all'unica idea possibile rimanente: c'è un disegno nel distruggere il tessuto sociale americano, distruggere la tenuta del patto sociale stesso. Mandare la Guardia nazionale era il minimo che Trump potesse fare visto che sono diventati, a tutti gli effetti, enclavi criminali. Tutte le grandi città che finiscono nelle grinfie di questa gente sperimentano un degreado verticale della qualità della vita; poi ci sono anche interi stati, come ad esempio la California, roccaforte della cricca di Davos. Non si può non concludere, quindi, che questo è qualcosa di voluto, un risultato ricercato, figlio di quelle contromosse avviate da suddetta cricca di Davos per mettere i bastoni tra le ruote all'amministrazione Trump e minimizzare, quanto più possibile, i danni che sta subendo dalla riorganizzazione del Paese. Il caos sociale, i venti di secessione e la spada di Damocle della guerra civile sono tutti strumenti nella “cassetta degli attrezzi” della cricca di Davos.

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di Barry Brownstein

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/i-newyorkesi-flirtano-con-il-programma)

Vivere a New York City non è facile. Il Cato Institute classifica lo Stato di New York come quello meno libero degli Stati Uniti. Oltre alle elevate imposte statali sul reddito, i residenti di New York City pagano un'imposta aggiuntiva del 3,876% sui redditi superiori a $50.000. L'imposta sulle vendite totale di New York City è dell'8,875%.

Oltre al carico fiscale, i residenti di New York City e dello Stato devono sopportare pesanti oneri normativi. Burocrazia imponente e corruzione vanno di pari passo, e New York non è certo priva di entrambe.

A New York, burocrazia e corruzione si traducono in un costo scolastico per studente sbalorditivo, pari a $36.293, il più alto del Paese. Sarebbe sbagliato credere che una spesa talmente ingente si possa tradurre in eccellenza educativa.

E ora, il candidato democratico a sindaco, Zohran Mamdani, afferma di voler “abbassare i costi e semplificare la vita” ai residenti di New York spendendo ancora di più. Promette il congelamento degli affitti, autobus gratuiti, asili nido gratuiti e negozi di alimentari gestiti dall'amministrazione pubblica.

Mamdani ci dice che i suoi negozi di alimentari si concentreranno “sul mantenimento dei prezzi bassi, non sul profitto”. Questi negozi pubblici non pagheranno l'affitto, o le tasse sulla proprietà, e “trasferiranno i risparmi ai clienti”. Mamdani promette di ricreare magicamente il miracolo della distribuzione alimentare in chiave moderna: “Acquisteranno e venderanno a prezzi all'ingrosso, centralizzeranno lo stoccaggio e la distribuzione, e collaboreranno con i quartieri locali per prodotti e approvvigionamento”. Nel suo spot su TikTok ci dice che i prezzi dei negozi di alimentari privati ​​sono “fuori controllo” e che i suoi negozi non aumenteranno i prezzi.

Alle primarie democratiche Mamdani ha ottenuto i voti dei laureati. Uno dei sostenitori di Mamdani, analfabeti economicamente ma “colti”, proveniente da una “famiglia conservatrice del nord dello stato di New York”, ha scritto un messaggio alla madre dopo le elezioni: “È stato bello sentire che il mio voto contava e che stava contribuendo ad aprire la strada al mondo in cui voglio vivere”.

Il mondo che questo elettore immagina non sarà quello in cui vorrebbe vivere.

Invece di una riforma fiscale e normativa, i piani socialisti di Mamdani risolveranno tutto con regali, spese folli e una generosa dose di “globalizzazione dell'Intifada”, antisemitismo e sentimenti anticapitalisti.

F. A. Hayek spiegò perché molte persone sostengono i politici che promuovono progetti socialisti. Nel suo libro, The Road to Serfdom, scrisse che le persone vogliono essere “sollevate dalla necessità di risolvere i [propri] problemi economici e [...] dalle scelte difficili che questo spesso comporta”.

Mamdani attribuisce al capitalismo la responsabilità delle scelte economiche che tutti dobbiamo affrontare. Per usare le parole di Hayek, gli elettori “sono fin troppo propensi a credere che la scelta non sia realmente necessaria, che sia loro imposta dal sistema economico in cui viviamo”.

Con queste mentalità Hayek ci avvertì di aspettarci “discorsi irresponsabili su una ‘abbondanza potenziale’”.

Il politico che fa campagna elettorale con un piano, per quanto ridicolo, ha un vantaggio quasi insormontabile rispetto al politico che cerca di spiegare come il processo di mercato risolva i problemi senza l'intervento dei pianificatori centrali. Quando le persone sono astoriche e analfabete in materia economica, desiderano ardentemente un piano.

Ciò che gli elettori non vedono è che una tassazione e una regolamentazione eccessive compromettono il funzionamento del mercato. Più il mercato è debole, più il governo interviene per dirigerlo, e per condizionare noi.

Hayek è stato chiaro sul dove tutto questo porta: “Dato che nelle condizioni moderne dipendiamo per quasi ogni cosa dai mezzi che i nostri simili ci forniscono, la pianificazione economica implicherebbe la direzione di quasi tutta la nostra vita”.

Oggi l'attuazione dei piani di Mamdani per i negozi alimentari non porterà a diffuse privazioni e carestie. Perché? Mamdani non può mettere fine a tutte le alternative dei negozi alimentari privati. Chi desidera l'esperienza del DMV quando fa la spesa può fare acquisti nei negozi di Mamdani. A seconda di quanti soldi dei contribuenti intende sprecare, Mamdani potrebbe indebolire i negozi tradizionali, soprattutto per quanto riguarda i prodotti di prima necessità come latte, uova e carne. I negozi statali metterebbero fuori mercato alcuni negozi tradizionali. Le più a rischio saranno le piccole botteghe a conduzione familiare.

Nonostante le accuse di Mamdani di speculazione sui prezzi, il supermercato medio opera con un margine di profitto di circa l'1,6%. I supermercati sono spinti a operare in modo efficiente con il minimo spreco a causa della forte concorrenza. I burocrati non sanno nulla di efficienza, né hanno la conoscenza per gestire i supermercati. Con una contabilità onesta, i supermercati di Mamdani opererebbero con perdite enormi.

I capitalisti contro cui si scaglia Mamdani non sempre si comportano virtuosamente, ma come sottolinea John Mueller nel suo libro, Capitalism, Democracy and Ralph's Pretty Good Grocery, il processo di mercato nel capitalismo tende a “premiare comportamenti imprenditoriali onesti, equi, civili e compassionevoli, e ispira una forma di assunzione di rischi che può essere definita eroica”.

Nel suo libro, Conscious Capitalism, il fondatore di Whole Foods, John Mackey, osserva: “La fiducia è fondamentale per avere un buon rapporto con i clienti”.

Market Basket è una catena di supermercati del New England. Qualche anno fa clienti, dipendenti e venditori hanno scioperato durante un'acquisizione ostile, costringendo a un'inversione di tendenza. Market Basket, insieme a Wegmans, è nota per la forte fedeltà dei suoi clienti e anche dei suoi dipendenti. L'amministratore delegato di questa catena di supermercati ritiene che “Market Basket abbia un obbligo morale nei confronti delle comunità che serviamo”. Sostiene le sue parole offrendo prezzi bassi ai clienti e avanzamenti di carriera per i dipendenti. Market Basket promuove i dipendenti in base al merito, non all'anzianità. Al contrario, l'anzianità fa avanzare i dipendenti pubblici, che sono molto difficili da licenziare. Nei negozi di Mamdani dovreste aspettarvi che i dipendenti si comportino come i negozianti dell'era sovietica.

Wegmans figura costantemente nella lista delle “100 migliori aziende in cui lavorare” della rivista Fortune. Il suo ex-presidente, Robert Wegman, ha affermato, riferendosi al suo trattamento dei dipendenti: “Non ho mai dato più di quanto ho ricevuto”. In questa dichiarazione di principio, si percepisce la convinzione che il mondo degli affari sia un'impresa “win-win”, non “win-lose”.

Le persone attratte dal socialismo vogliono ricevere prima di dare. I loro eroi, come Mamdani, credono che ai miliardari non dovrebbe essere permesso di accumulare tanta ricchezza. Se Mamdani venisse eletto, aspettatevi che i ricchi newyorkesi fuggano dalla città.

Oggi i supermercati offrono fino a 60.000 articoli diversi. Supponiamo che i punti vendita di Mamdani funzionino più come un Trader Joe's, con solo 4.000 articoli. Su quali basi tali punti vendita decideranno cosa tenere in magazzino? Nel suo libro, Dismantling Utopia: How Information Ended the Soviet Union, Scott Shane ci aiuta a rispondere a questa domanda.

Shane era curioso di sapere perché “alcune delle file più lunghe a Mosca fossero per le scarpe”. Naturalmente dava per scontato che “l'inefficiente economia sovietica non producesse abbastanza scarpe”.

Con sua sorpresa, Shane scoprì che per ogni adulto e bambino, l'Unione Sovietica produceva “più di tre scarpe all'anno”. Come poteva esserci una carenza di scarpe?

Shane ce lo spiega: “La comodità, la vestibilità, il design e la combinazione di taglie delle scarpe sovietiche erano così fuori sintonia con ciò di cui la gente aveva bisogno e desiderava che essa era disposta a fare la fila per ore pur di acquistare ogni tanto un paio di scarpe, solitamente importate”. I pianificatori sovietici avevano scelto una scarpa di consenso, ed era una che soddisfaceva poche esigenze.

Persone come me che vivono in campagna non penserebbero mai che i consumatori pagherebbero due o tre volte il prezzo per uova biologiche certificate, allevate al pascolo, rispetto a quelle “normali”. Eppure la quotidianità ci dice che sono disposti a pagare un sovrapprezzo, e i supermercati dedicano un notevole spazio sugli scaffali a marche diverse di uova.

Lo stesso tipo di decisione viene presa in ogni corsia di un supermercato. Fermatevi un attimo nel reparto yogurt per dare un'occhiata all'incredibile varietà di scelta: greco, bulgaro, islandese, biologico, non biologico, latte intero, parzialmente scremato, senza grassi, zuccherato, non zuccherato e un numero sorprendente di gusti.

Mamdani condanna il capitalismo e i profitti, ma non comprende il meccanismo del mercato. Prezzi e profitti aiutano gli imprenditori a individuare il mix di prodotti ottimale per i loro clienti. Nel socialismo le decisioni vengono prese in base ai capricci dei burocrati.

Hayek nel suo saggio, The Use of Knowledge in Society, scrisse:

Sono convinto che se [il sistema dei prezzi] fosse il risultato di un deliberato progetto umano, e se le persone guidate dalle variazioni dei prezzi capissero che le loro decisioni hanno un significato che va ben oltre il loro obiettivo immediato, questo meccanismo sarebbe acclamato come uno dei più grandi trionfi della mente umana.

Mamdani non è impressionato dal miracoloso processo di mercato; è impressionato dalle invettive della sua mente presumibilmente superiore.

Vivevo a Baltimora quando, negli anni '80, arrivò una nuova ondata di emigrati sovietici. Le famiglie ospitanti, che aiutavano questi nuovi arrivati ad adattarsi alla vita americana, mi raccontavano dei primi incontri degli emigrati con la cornucopia del nostro Paese. Raccontavano di emigrati sbalorditi dall'abbondanza nei supermercati. Alcuni rimasero paralizzati, sopraffatti dalla vastità della scelta; altri riempirono freneticamente i carrelli, temendo che gli scaffali sarebbero rimasti vuoti il ​​giorno dopo.

Rimasero stupiti nello scoprire che nessun funzionario governativo dettava l'ubicazione dei supermercati, o gli orari di apertura dei negozi; nessun funzionario dettava cosa vendevano, o chi erano i loro fornitori.

Non molti anni dopo, nel 1989, Boris Eltsin, allora membro del Parlamento sovietico, visitò un supermercato in un sobborgo di Houston. Nemmeno le élite sovietiche avevano accesso a una tale abbondanza. Sbalordito e perplesso, Eltsin chiese: “Quanto costa? Serve un'istruzione speciale per gestire un supermercato? Sono tutti così i negozi americani?” Jon Miltimore sottolinea: “L'esperienza di Eltsin quel giorno era in contrasto con tutto ciò che sapeva”.

Mamdani ha sperimentato la cornucopia generata dal processo di mercato; non ha le scuse di Eltsin. Per promuovere il suo programma socialista, Mamdani indossa intenzionalmente dei paraocchi e induce gli elettori a credere di non dover assumersi la responsabilità delle proprie scelte economiche.

Alcuni ignorano la sua ascesa, sostenendo che l'adesione dei Democratici a candidati così radicali sia autodistruttiva per il loro partito. Ciò che mi preoccupa è la probabilità che una crisi economica pre-2028 possa creare sostegno per candidati presidenziali in stile Mamdani. Se gli elettori di New York City non lo sconfiggeranno alle urne a novembre, potremmo avere nuovi casi di devastazione dei mercati.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Cosa impedisce a Trump di accendere la “motosega” come Milei?

Lun, 13/10/2025 - 10:10

Il vero “nemico” dietro le quinte non è la Cina, non è la Russia, non è nemmeno Israele... è l'Europa. Ogni mossa di Trump è stata combattuta con unghie e denti proprio dall'UE, ogni voce discordante s'è levata dall'UE. Alla fine della fiera, per quanto una crisi possa essere ingegnerizzata o meno, c'è bisogno di collaterale fisico per dimostrare di poter resistere a essa. L'UE non ce l'ha, per giunta nemmeno quello energetico. Trump ha rispedito al mittente la strategia europea di prosciugare di capitale gli USA: ha tagliato fuori l'UE da qualunque fonte di approvvigionamento energetico a basso costo, costringendola ad andare all-in sulla narrativa fraudolenta riguardo la Russia. Ha fatto saltare gli accordi di ricostruzione dell'Ucraina precedentemente ad appannaggio di UE e UK e ha stretto accordi con gli stati del Golfo tagliando fuori, ancora una volta, UE e UK. Trump ha altresì capito che gli accordi di pace senza sviluppo commerciale sono inutili: ecco perché la pace tra azeri e armeni prevede un corridoio per i trasporti tra i Paesi fino al Mar Caspio; ecco perché la pace con la Russia e la Cina prevede la costruzione di un corridoio di trasporti da San Pietroburgo fino a Chabahar sull'Oceano indiano; ecco perché il piano di sviluppo immobiliare a Gaza. Il vero interesse dell'amministrazione Trump è spaccare in due l'Europa: dividere gli stati del Sud da quelli del Nord. Separare il grano dalla pula: creare un cuneo tra Francia, Germania, Inghilterra e tra Italia, Spagna, Portogallo, Grecia. Ecco perché spagnoli e portoghesi stanno raggiungendo accordi per spostare la produzione di alcune imprese negli Stati Uniti; perché l'Italia continua a guadagnare fiducia nel mercato obbligazionario; perché la Grecia si vede arrivare sul suo territorio armamenti americani spostati dalla Germania. Il recente “gioco” del riconoscimento dello stato di Palestina è un test di lealtà dell'UE: essa sta pericolosamente perdendo il controllo sul Mediterraneo e qualunque accesso rimanente a una parvenza di collaterale decente.

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di Daniel Lacalle

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/cosa-impedisce-a-trump-di-accendere)

Negli ultimi mesi molti libertari hanno criticato le politiche economiche di Donald Trump, sostenendo che non sta attuando drastici tagli alla spesa pubblica come ha fatto Javier Milei in Argentina.

Tuttavia questo confronto ignora le principali differenze strutturali e contestuali tra i due Paesi e i loro governi. Di seguito una spiegazione dettagliata del perché la situazione negli Stati Uniti è diversa da quella in Argentina e del perché le critiche alla strategia di Trump sono infondate.


1. Il bilancio ostruito: l'eredità di Biden

È difficile capire perché i libertari europei non riescano a comprendere un concetto così basilare come quello di “anno fiscale”. L'anno fiscale statunitense inizia il 1° ottobre e l'amministrazione Biden ne ha approfittato per aumentare la spesa.

Quando Trump ha assunto la carica nel gennaio 2025, il 97% del bilancio federale per tale anno era già stato impegnato o speso. Ciò era dovuto all'approvazione da parte dell'amministrazione Biden di diverse “Risoluzioni di continuità per l'intero anno” che bloccavano la maggior parte dei fondi e delle spese per l'anno fiscale 2025. Pertanto Trump non aveva margine per effettuare tagli immediati e drastici, poiché la maggior parte del bilancio era intoccabile fino al successivo ciclo fiscale.

Nonostante ciò nel 2025 sono state effettuate riduzioni della spesa discrezionale pari a $541 miliardi e il deficit accumulato tra aprile e maggio 2025 è stato inferiore del 97% rispetto allo stesso periodo del 2024.


2. Spesa non discrezionale e discrezionale

La spesa non discrezionale (che include programmi come la previdenza sociale e Medicare) era già stata aumentata dall'amministrazione Biden e tale aumento è entrato in vigore tra febbraio e dicembre 2024. L'anno fiscale statunitense inizia a ottobre e Biden ha implementato la maggior parte di questi aumenti attraverso risoluzioni continue e l'estensione dei programmi esistenti, consolidando e, in molti casi, aumentando la spesa federale in settori chiave.

Tali risoluzioni prevedevano oltre $100 miliardi in fondi per programmi federali di assistenza in caso di calamità, $29 miliardi per il Fondo di soccorso in caso di calamità della FEMA e $10 miliardi in assistenza economica per i produttori agricoli.

Alla fine del 2024 Biden ha approvato un aumento di $54 miliardi (8%) nei principali programmi di spesa obbligatoria come la previdenza sociale, Medicare e Medicaid, nonché l'estensione dell'Obamacare, tutti applicabili al 2025.

Il bilancio dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente (EPA) è cresciuto di $21 miliardi (700%) e l'amministrazione Trump è riuscita a stanziare solo $14 miliardi discrezionali.

È fondamentale ricordare che Biden ha fatto tutto questo senza una nuova legge di bilancio, semplicemente mantenendo ed estendendo gli stanziamenti esistenti.

Il bilancio proposto da Biden per il 2025 prevedeva ulteriori aumenti, ma questi sono stati bloccati perché non hanno ricevuto l'approvazione del Congresso.

Trump ha bisogno dell'approvazione del Congresso per annullare questi aumenti e ridurre la spesa. Questo è ciò che prevede la “Big Beautiful Bill”. D'altro canto sono state impegnate anche spese discrezionali, soprattutto per la difesa, limitando ulteriormente il margine di manovra immediato del nuovo governo.

La Big Beautiful Bill prevede la prima riduzione della spesa non discrezionale negli ultimi sessant'anni ($1.600 miliardi) e $2.400 miliardi per quella non discrezionale.


3. Risultati fiscali iniziali

Nonostante queste restrizioni, l'amministrazione Trump ha ottenuto alcuni progressi: ad aprile è stato registrato il secondo surplus fiscale più grande della storia e, sebbene a maggio sia ricomparso un deficit, il deficit tra marzo e maggio è stato contenuto rispetto al 2024. Ciò indica che erano già state adottate misure per migliorare la situazione fiscale, principalmente attraverso maggiori entrate derivanti da accordi commerciali e dalla crescita del settore privato.


4. La “Big Beautiful Bill” e la riduzione del deficit

È sorprendente che alcuni libertari e Austriaci critichino la Big Beautiful Bill, aderendo alla narrazione keynesiana secondo cui non ci saranno miglioramenti nelle entrate, nella crescita, nell'occupazione, o negli investimenti derivanti dalla deregolamentazione, dagli accordi commerciali e dai tagli fiscali.

Mi sorprende che alcuni libertari neghino la Curva di Laffer e l'impulso dato dalla deregolamentazione. La Big Beautiful Bill incorpora $7.000 miliardi in investimenti dai negoziati commerciali, che attrarranno anche $4.000 miliardi di entrate fiscali nel corso della legislatura e un effetto di stimolo sull'economia che si traduce in un aumento delle entrate fiscali nello scenario di base da $1.200 miliardi.

Contrariamente a quanto sostengono alcuni critici, la “Big Beautiful Bill” non aumenterà il deficit, ma lo ridurrà significativamente.

Tra il 2026 e il 2027 si prevede una riduzione di $1.600 miliardi nella spesa non discrezionale e $2.400 miliardi in quella discrezionale. Inoltre si prevede un aumento delle entrate fiscali grazie alla deregolamentazione, ai tagli fiscali e ai nuovi accordi commerciali, cose che rafforzeranno la crescita economica e l'occupazione.

Noi liberali, libertari e Austriaci dovremmo essere meno critici nei confronti del più grande sforzo di riduzione dello stato, liberalizzazione, deregolamentazione, tagli alla spesa e riduzione delle tasse dal 1990, ma soprattutto, alcuni non dovrebbero accettare la narrazione che nega l'effetto positivo sulle entrate e sulla crescita da parte della deregolamentazione, dei tagli alle tasse e dei negoziati commerciali.


5. Confronto con Milei: somiglianze e differenze

Milei è stato in grado di attuare tagli immediati perché ha ereditato un bilancio aperto e un'inflazione estremamente elevata, cose che gli hanno permesso di ridurre la spesa pubblica in termini reali senza doverla aggiustare all'inflazione. Il bilancio dell'Argentina non include le disposizioni introdotte dall'amministrazione Biden, quindi Milei è stato in grado di attuare una riduzione del 30% della spesa pubblica immediatamente e con indiscutibile successo, soprattutto eliminando sussidi, opere pubbliche e trasferimenti sociali non automatici.

Al contrario Trump ha ereditato un bilancio già impegnato e un'inflazione molto più bassa (meno del 2,5%), limitando l'impatto del mancato aggiustamento della spesa all'inflazione.

Confrontando le due amministrazioni, si nota uno sforzo molto simile. Trump ha ridotto la spesa pubblica del 5% nel primo trimestre, con risparmi superiori a $540 miliardi. Entro la fine del suo mandato, Trump avrà attuato una riduzione della spesa pubblica equivalente a quella di Milei.

Entrambi i leader hanno promosso politiche di riduzione delle tasse, deregolamentazione e incentivo degli investimenti e dell'occupazione. Tuttavia gli strumenti e il margine di manovra di Trump sono stati condizionati dalla struttura istituzionale statunitense e dalle decisioni della precedente amministrazione.


6. Conclusione

Le politiche di Trump e Milei condividono l'obiettivo di ridurre la spesa pubblica, promuovere la crescita e migliorare l'occupazione, ma le circostanze di partenza sono radicalmente diverse. Criticare Trump per non aver acceso immediatamente la “motosega” ignora i vincoli di bilancio e legali che deve affrontare negli Stati Uniti. Ciò che conta è riconoscere che, entro i suoi limiti, Trump sta attuando tagli storici e politiche pro-crescita che avranno un impatto positivo sull'economia statunitense nel medio termine.

Il mio messaggio a coloro che attaccano l'amministrazione Trump perché non è abbastanza liberale è il seguente:

• Indicate un'unica amministrazione statunitense che abbia implementato con successo un approccio analogo alla deregolamentazione, ai tagli fiscali e alla riduzione della spesa, approvando al contempo una significativa riduzione della spesa non discrezionale sia al Congresso che al Senato.

• È curioso accettare le stime keynesiane sull'impatto fiscale. È sorprendente negare l'impatto positivo della riduzione delle importazioni, dell'aumento delle esportazioni e di maggiori introiti derivanti dagli accordi commerciali. Negare la spinta economica e fiscale derivante dalla deregolamentazione e dai tagli fiscali è imperdonabile.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Un labirinto di aggiustamenti: interni ed esterni

Ven, 10/10/2025 - 10:00

 

 

di Francesco Simoncelli

(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/un-labirinto-di-aggiustamenti-interni)

Uno dei migliori insegnamenti che Hayek avrebbe lasciato in eredità era quello legato alla conoscenza di mercato. Quest'ultimo ha al suo interno una così grande mole di informazioni che è impossibile per un solo individuo, o un gruppo di essi, riuscire a padroneggiarla interamente. Nel bellissimo saggio, The Use of Knowledge in Society, questa lezione viene ribadita aggiungendo a corredo un altro aspetto: quello che gli individui possono fare è creare un filo coerente tra i pezzi di informazione che trovano sparsi e utilizzarli per fare impresa. Quando, poi, questi fili si intrecciano con quelli intessuti da altri, ecco che si viene a creare una rete che dà vita al famoso ordine spontaneo di cui lo stesso Hayek aveva approfondito l'esistenza aggiungendoci la teoria del capitale di Bawerk. Questa rete è replicabile e visibile in altri ambiti, non solo quello economico: Bitcoin, ad esempio. Anche in quello della divulgazione vale lo stesso principio e raccogliere informazioni intriganti/interessanti nel mare magnum delle idee è un compito alquanto arduo; i flutti presenti in questo oceano sono in gran parte confusionari e non permettono l'accesso a qualcosa di utile. La combinazione di idee, molto spesso, conduce a un vicolo cieco.

Occorre un lavoro di scandagliamento approfondito e un processo di trial/error altrettanto accurato. Quando avete letto nel mio ultimo libro, Il Grande Default, di come la cricca di Davos si fosse infiltrata a più livelli nelle stanze dei bottoni americane, avete avuto una chiave di lettura completa della situazione. Ne avete una parziale quando Trump parla in modo vago di “nemici interni”. Anche JP Morgan, ad esempio, aveva uffici in Europa, ma questo non impediva alle 17 banche europee di impostare il LIBOR e svuotare della ricchezza reale gli USA tramite il mercato dell'eurodollaro. Questo concetto è ancora sconosciuto ai più, anche a molti della Scuola Austriaca e seguaci della stessa, ed è grazie al mio manoscritto e al mio blog se in Italia è possibile approfondire questo tema. Non lo troverete trattato da nessun altra parte.

NOW - Trump: "We're under invasion from within." pic.twitter.com/HrY4tK43Ov

— Disclose.tv (@disclosetv) September 30, 2025

Fatto sta che una istituzione non è monolitica, così come non lo è uno stato. Entrambi sono costituiti da persone, che possono essere trasformati in asset... infiltrati. I confini nazionali servono solo a giustificare davanti agli occhi dei contribuenti il fatto che essi debbano essere spremuti per sostenere la nazione; esistono in realtà famiglie, interessi e gruppi di pressione che si spartiscono il diritto di governare un territorio. Negli USA sta prevalendo uno in particolare, che per amore di semplificazione chiameremo NY Boys, facendo valere le proprie ragioni anche all'estero avendo rimpatriato il controllo del dollaro offshore. Qui non esistono buoni o cattivi, ma solo interessi e alleanze/tradimenti. Per la gente comune, invece, solo occasioni per trarre vantaggio dalla corretta lettura di queste dinamiche.

Addirittura anche all'interno dell'FOMC esistono queste divisioni e sono state evidenti sin dal 2017, per chi sapeva dove guardare, quando Powell ha avviato il processo di riorganizzazione della nazione. Lui era uno di quelli contrari all'obiettivo del 2% d'inflazione come impostato da Bernanke e poi seguito dalla Yellen. Infatti è stato grazie a questo escamotage che entrambi sono stati in grado di applicare con relativa facilità la ZIRP e, quindi, permettere l'ipertrofia del mercato dei dollari offshore. Powell era dell'idea di seguire la linea di Singapore ad esempio: mirare alla banda di un tasso di cambio, non a quella dell'inflazione o del mercato del lavoro. A Jackson Hole, lo scorso agosto, ha praticamente cestinato la regola del “2% d'inflazione come obiettivo” (flexible targeting). Ciò avvalora ancora di più la tesi secondo cui la FED e l'amministrazione Trump, nonostante le scaramucce di facciata da dare in pasto alla stampa generalista per sviarla, stanno lavorando insieme per riformare la FED stessa. A tal proposito, a essere licenziata è stata Lisa Cook, non Powell.

Non è più una supposizione che, oltre alla rete tentacolare democratica che attraversa nazioni e raccoglie al suo interno movimenti violenti che possono essere "dosati" capillarmente, ne esiste una anche a livello finanziario. Scommettiamo a chi fa capo?https://t.co/sZOU3CaZ9G

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) October 1, 2025

L'obiettivo è cambiare il modo in cui la FED interagisce con l'economia e un primo passo in questa direzione è tornare a un'istituzione antecedente al 1935, anno i cui Roosevelt la trasformò nella realtà attivamente interventista di oggi. Non più un ente centralizzatore, ma uno con un ruolo sempre più marginale per ciò che concerne politica monetaria e fiscale. Mi spiego meglio. Con l'approvazione del GENIUS e STABLE Act gli Stati Uniti avranno un dollaro “interno” che avrà un certo prezzo e un dollaro “esterno” che ne avrà un altro di prezzo (superiore al primo, data la presenza di una commissione per il privilegio di usarlo). In questo modo l'economia interna sarà distaccata, o perlomeno di gran lunga meno influenzata, da ciò che accade esternamente. Il SOFR imposta i tassi d'interesse in base agli andamenti dei mercati del debito/credito statunitensi, non più internazionali. Lo stress finanziario, che in precedenza partiva dall'Europa e dal Regno Unito tramite il LIBOR, ha meno capacità di influenzare il resto del mondo e forzare una linea di politica coordinata a livello di banche centrali.

I salti mortali per conciliare l'economia interna con quella esterna possono essere abbandonati e concentrarsi sulla ricostruzione della classe media americana, fatta a pezzi dalla ZIRP e dalla progressiva finanziarizzazione dell'economia. La correzione di Wall Street sarà assorbita da Main Street ed ecco perché Trump ha solleticato i mercati con la retorica dell'abbassamento dei tassi: prima che potesse accadere questi ultimi dovevano essere convinti che ci fossero prove, che l'attuale amministrazione avesse davvero intenzione di rimettere a posto l'equazione fiscale della nazione. L'approvazione della Big Beautiful Bill è stato un passo in questa direzione, la politica commerciale un altro e la deregolamentazione/snellimento burocratico un altro ancora. I risultati non si sono fatti attendere, con buona pace di chi sventolava il feticcio della bancarotta.

Pessimo giorno per gli "smemorati". Dopo essersi strappati i capelli per la "catastrofe" del rollover del debito americano, si stracciavano le vesti per i deficit della BBB che avrebbero mandato in bancarotta il Paese. Indovinate un po'? La revisione del CBO segna un surplus. https://t.co/jSHk6JD1dM

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) September 18, 2025

Con tassi lievemente più bassi, ora, è possibile mettere una pezza a uno dei mercati più importanti per la classe media americana: quello immobiliare. “Aggiustare” i prezzi delle case in modo da rapportarli agli stipendi pagati, affinché i giovani possano uscire dalle case dei genitori, creare nuovi nuclei famigliari e infine ricostruire il “sogno americano”. Ecco perché sarà fondamentale la IPO riguardante Fannie Mae e Freddie Mac, questo li porterà entrambi fuori dalla conservatorship e li farà tornare entrambi in profitto rivitalizzando il mercato dei mutui trentennali americano. Fannie e Freddie sono la nona compagnia più profittevole al mondo, solo l'anno scorso hanno fatto registrare $29 miliardi in commissioni e Obama le usava per finanziare l'Obamacare: immaginate ora cosa potrebbero fare se portate fuori dall'alveo pubblico e liberalizzate, soprattutto se fondi pensione e agenzie di assicurazione possono investire e tirarci fuori rendimenti decenti. Se ci aggiungiamo anche la rimozione della Supplemental Leverage Ratio e la liberazione del capitale bancario immobilizzato (parliamo di circa $5.500 miliardi in riserve in eccesso) che doveva essere detenuto nei loro bilanci come ulteriore garanzia a supporto dei titoli di stato americani (l'asset più liquido e affidabile al mondo dal 2022), le banche americane ottengono un vantaggio non indifferente rispetto alle controparti europee e la concessione di prestiti diventerà più facile.

Per quanto JP Morgan e Solomon Bank siano state le voci più forti nel sostenere questa causa, non significa che vogliano tornare a giocare d'azzardo sui mercati e far perdere le tracce di un qualsiasi confine tra investment banking e reserve banking. Significa principalmente tornare ad avere un margine netto d'interesse attraverso la loro attività principale: concedere prestiti. Gli strati aggiuntivi di burocrazia applicati dal Dodd-Frank Act hanno costretto le banche americane a concentrarsi fondamentalmente sul settore finanziario, incapaci di fare soldi col margine netto d'interesse. È questo che le banche dovrebbero fare: prestare soldi al 6%, dare il 3% d'interesse ai depositanti e trattenere per loro il restante 3%. Invece di analizzare il gradiente di rischio di un'azienda a cui concedere un mutuo, sono state indirizzate lungo la strada dell'ingegneria finanziaria e della finanziarizzazione dei loro bilanci (e indirettamente a quella di Main Street). Senza contare che anche le regole di Basilea 3 hanno rappresentato dei legacci importati alla profittabilità delle banche americane, mantenendo competitive le loro controparti europee. La zombificazione degli istituti di credito americani ha rappresentato un costante drenaggio di risorse, tramite la burocrazia, oltreoceano. Così come la raffica di norme di conformità a livello commerciale ha costretto il resto del mondo ad adattarsi agli standard normativi europei (assurdi), allo stesso modo ha funzionato la normativa bancaria; e non scordiamoci i tentativi multipli di trascinare in una guerra cinetica gli USA in Medio Oriente o in Ucraina. Cos'è che non fa notizia sui media generalisti, però? La crescita dei salari, i quali rispetto all'anno precedente mostrano, sebbene timidi, segni di ripresa. Ma per avere un quadro completo della situazione bisogna aggiungere anche un grosso cambiamento che sta avvenendo a livello di movimenti nei posti di lavoro. In sintesi, i colletti bianchi, i cui lavori sono scoppiati grazie agli strati di burocrazia posti sulla nazione, hanno esercitato una sorta di effetto crowding out nei confronti dei colletti blu: spostare un foglio sarebbe diventato più profittevole di creare un bene di consumo. E carriere del genere hanno significato mutui, bonus e tutta una serie di agi garantiti da un lavoro che non aggiungeva niente alla ricchezza reale, anzi col tempo l'ha sottratta. Un processo del genere non poteva far altro che “appaltare” al resto del mondo la manifattura, il settore secondario, a fronte di un progressivo affogare nel debito. Dollari uscivano ed entrava ciarpame di qualità progressivamente inferiore, ma i debiti rimanevano. È così che l'ipertrofia del mercato dell'eurodollaro ha tenuto in piedi la City di Londra e, come sottoprodotto, anche Bruxelles a scapito di Washington.

L'inversione di questa tendenza deve avvenire con gradualità e in modo organico, nonostante Trump volesse (apparentemente) forzare la mano a Powell. I numeri della disoccupazione non sono allarmanti perché è in atto un mutamento delle condizioni professionali negli USA, coadiuvato dalla R&S nel campo dell'IA, il quale permetterà di ricreare una sostenibilità effettiva nel mondo del lavoro. Parallelamente a ciò corre il binario degli investimenti esteri, la cui barriera all'ingresso sarà il possesso di titoli del Tesoro americani: oltre a far pagare al resto del mondo gli eccessi che ha contribuito a creare negli USA in passato, l'acquisto di titoli sovrani americani rappresenterà il biglietto d'ingresso al mercato più liquido, affidabile e profittevole del mondo. La cosiddetta “idraulica” del sistema finanziario americano viene così resa un asset nel bilancio della nazione. Ma non finisce qui, perché la tokenizzazione di questa classe di asset permetterà agli investitori non solo di scommettere sulla riorganizzazione del Paese ma anche su singoli progetti (industriali, ad esempio) in modo da ottenere un doppio rendimento.

Di conseguenza anche se Powell è “lento” nell'abbassare i tassi di riferimento, la progressione di questi eventi puntellerà il settore immobiliare mentre la classe media cercherà di uscire dal pantano di stagnazione creato ad hoc da una classe dirigente del passato intenzionata a svuotare la nazione piuttosto che a farla prosperare. Pensateci: se il vostro scopo è quello di saccheggiare un posto per mandare i proventi altrove, ciò non riuscirà a conciliarsi con una crescita sostenibile, nel tempo, di suddetto posto. Perché? Legge dei rendimenti marginali decrescenti. Se invece il vostro scopo è quello di spartire il bottino della nazione tra gli “amici degli amici” in patria e voi stessi, sarà decisamente più facile lasciare qualcosa anche al resto della popolazione. La felicità, relativa, di quest'ultima la incentiverà a chiudere un occhio sul resto delle scorribande ai piani alti. Perché? Legge dei rendimenti marginali acceleranti. Se prima del 2022 i partner commerciali degli USA erano tali solo per prenderne un pezzo, adesso è finalmente un rapporto paritario. Infatti quello che non capiscono gran parte degli Austriaci è che una volta tolto di mezzo lo strato di normative scritto dai nemici degli Stati Uniti e applicato da un Congresso di traditori, il mondo cambia letteralmente e diventa irriconoscibile.


IL CENTRO DEL LABIRINTO

Aggiustamento interno e poi aggiustamento esterno. Nel primo caso si tratta di ridare “speranza” a un'intera generazione, forse due, di americani che durante l'amministrazione Biden sono stati letteralmente privati di una qualsiasi preferenza temporale orientata al futuro. Guerre all'estero, inflazione e disoccupazione sono stati gli elementi principali del declino della classe media; l'amministrazione Trump “è stata chiamata” a risolvere soprattutto questi temi riducendo gli sprechi all'estero e aumentando gli impegni d'investimento internamente. Qualsiasi correzione non avviene senza dolore economico: può essere attenuato, ma non può essere cancellato. Questo a sua volta significa che la riorganizzazione del mondo lavoro non ci sarà senza scossoni iniziali che dovranno trovare successivamente un nuovo equilibrio; i numeri grigi che abbiamo letto di recente sono influenzati non solo da questa tendenza, ma anche dalla regolazione dei flussi migratori. L'effetto di ciò si sta già sentendo a livello immobiliare, dove gli affitti hanno smesso di correre ad esempio. Secondo le ultime stime ce ne sono altri 18 milioni circa in circolazione entrati nel Paese illegalmente grazie alle politiche migratorie lasche dell'amministrazione Biden e, inutile dirlo, l'effetto deflazionistico che avrà questa tendenza (espulsioni o incentivi monetari per andarsene) andrà a contrastare quelli inflazionistici ancora derivanti dallo stimolo fiscale del Build Back Better della precedente amministrazione.

Parallelamente al mondo del lavoro corre la politica commerciale, dove i dazi non solo non stati inflazionistici mentre invece hanno portato vitalità nelle casse del Dipartimento del Tesoro. Infatti hanno un effetto temporaneo su prodotti specifici, sempre che non sia il produttore/distributore a volerne assorbire l'impatto, ma soprattutto generano un gettito interessante per il governo americano. Questo significa che se Trump dovesse essere avvicendato da una presidenza democratica nel 2028, difficilmente verrebbero aboliti (così come la precedente amministrazione Biden non ha abolito i dazi sui prodotti cinesi). Se ci aggiungiamo anche che la Big Beautiful Bill avrà un effetto positivo sul bilancio federale, allora abbiamo di fronte un sentimento popolare/elettorale tutto sommato positivo nei confronti dell'attuale amministrazione.

Pessimo giorno per gli "smemorati". Dopo essersi strappati i capelli per la "catastrofe" del rollover del debito americano, si stracciavano le vesti per i deficit della BBB che avrebbero mandato in bancarotta il Paese. Indovinate un po'? La revisione del CBO segna un surplus. https://t.co/jSHk6JD1dM

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) September 18, 2025

Gli aggiustamenti esterni sono quelli più problematici, invece. Gli europei non possono permettersi di perdere la guerra in Ucraina perché significherebbe una caduta libera per il progetto UE e l'euro, visto che verrebbe a mancare la disponibilità di materie prime/risorse finanziarie (es. asset finanziari congelati nelle banche europee) che sono attualmente in Russia e che sono estremamente importanti per sostenere la credibilità del sistema bancario dell'Eurozona. Devono per forza andare avanti, quindi, ma non hanno affatto i mezzi per farlo se non attraverso gli Stati Uniti che però non vogliono affatto essere coinvolti in una guerra cinetica. Uno degli ultimi messaggi dati da Trump a tal proposito è possibile parafrasarlo in questo modo: “Volete che questa guerra continui a tutti i costi? Bene, allora li pagherete VOI questi costi. Se la NATO si vuole muovere verso un conflitto diretto allora noi vi venderemo le armi, ma ce le pagherete in anticipo”.

La domanda è: con cosa le pagheranno? Dal punto di vista energetico l'UE è in grossi guai: il petrolio al largo della Gran Bretagna è praticamente impossibile da estrarre causa burocrazia e tasse, e la Norvegia è sostanzialmente un circuito a sé stante. Dal punto di vista finanziario l'UE è in grossi guai: la fonte da cui accedeva a finanziamenti facili, il mercato dell'eurodollaro, viene prosciugata dalla FED; dopo l'entrata a pieno regime del SOFR, o si comprano titoli del Tesoro americani per accedere alla liquidità in dollari oppure si chiede una linea di credito (swap) alla FED... ma solo se si è ritenuti “degni”, come l'Argentina ad esempio. Infatti le politiche commerciali servono anche a questo: determinare chi è “amico” e chi non lo è. In questo modo l'accesso alla liquidità in dollari non sarà negato, ma arriverà con clausole come ad esempio una commissione d'accesso per usare la valuta più affidabile, credibile e necessaria al mondo. Questo scenario per l'Europa significa doversi preparare a sostenere dei costi, sia per la difesa sia per il comparto bancario/monetario/economico, che sottoporranno a forti pressioni al ribasso la moneta unica e accentueranno ancora di più la fuga di capitali verso gli Stati Uniti da parte di risparmi europei destinati al macello se resteranno nell'UE.

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Tutto rimandato all'anno prossimo... forse. Fanno ridere poi queste inchieste della stampa generalista, proprio perché mancano consapevolmente il punto. Qual è? Non sanno come fare.https://t.co/TMq4btZssw

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) September 29, 2025

Prima di una crisi del debito sovrana, la valuta che successivamente imploderà sale nel mercato dei cambi. Infatti l'Europa ha bisogno di liquidità in euro sia per pagare i salari, sia di liquidità in dollari per tenere in piedi tutti i suoi carry trade. Come ricordato in tempi non sospetti, il mondo si ri-dollarizza quando il DXY scende dato che la pressione di acquisto/vendita del dollaro viene di poco superata da quella d'acquisto dell'euro ad esempio.

È una giostra che può andare avanti fin quando esistono riserve in dollari da cui attingere, fino a quando qualcosa si rompe come a Hong Kong o a Singapore. Questi due hub sono da sempre stati una fonte non indifferente di dollari offshore, ma difendere ancoraggi del genere è diventato arduo da quando non esiste più il LIBOR. L'Autorità monetaria di Hong Kong, ad esempio, mantiene un differenziale di 25 punti base sul suo tasso di riferimento rispetto a quello della FED, il che significa che è stato impostato un carry trade da sfruttare. A sua volta stiamo parlando di un differenziale di 50-60 punti base tra i T-bill americani a 30 giorni e i loro omologhi di Hong Kong. L'HIBOR, la versione di Hong Kong del LIBOR, è stato appiattito fino allo 0,5% a maggio e da allora è rimasto lì: qualcuno sta vendendo dollari a sconto a Hong Kong. E visto che stiamo parlando di una colonia inglese da tempo immemore, tutti i sospetti ricadono sulla City di Londra.


CONCLUSIONE

È passato un anno da quando ho pubblicato il mio ultimo libro, Il Grande Default, e uno dei temi trattati in esso era il motivo per cui Stati Uniti ed Europa sono ai ferri corti. Tutto ciò che avete trovato nel mio manoscritto ha rappresentato una narrazione prevalentemente in linea con quanto osservato finora. Lo studio del sistema dell'eurodollaro, le sue criticità nel passato e l'origine del suo controllo, mi hanno permesso di avere una proverbiale “finestra sul futuro”. Quest'ultima affaccia su un presente, adesso, in cui l'UE viene costantemente costretta ad accettare il ritiro sulle proprie sponde da parte degli USA; qualunque deviazione da questa linea di politica verrà accolta da un'azione uguale e contraria fatta di power politics.

La consensus politics era solamente una scusa per permettere all'UE di insinuarsi nell'ordine mondiale e diventarne il punto di riferimento, sacrificando nel contempo gli Stati Uniti. I New York Boys hanno preso in mano le redini della situazione americana e hanno fatto ricorso a tutta la loro influenza territoriale per arginare questo assalto e con l'elezione di Trump è partito il contrattacco.

Le principali pedine geopolitiche sono state schierate: Giappone in Asia, Israele/Arabia Saudita/Azerbaijan/Armenia in Medio Oriente, Polonia/Italia/Grecia/Turchia in Europa. Alla Gran Bretagna, invece, verrà dato l'onore delle armi in cambio del ritiro/neutralità dalle sue zone d'influenza attualmente caratterizzate da conflitti e la resa di qualsiasi pretesa sul Canada. Chi viene estromesso dal rimodellamento del mondo di fronte al gigantesco cambiamento di rotta di Washington è il “nucleo” dell'Europa: Francia, Germania e Belgio/Olanda principalmente. Ecco perché sono propenso a pensare che l'UE si frammenterà lungo questi confini e si verranno a creare 2 (o forse più) Eurosistemi. Già adesso la BCE è praticamente un pro-forma, dato che le singole banche centrali nazionali non hanno mai smesso realmente di impostare/influenzare la politica monetaria delle rispettive nazioni attraverso i pronti contro termine.

Alla fine della fiera sono 3 i centri di potere nel mondo: Washington, City di Londra e Vaticano. Bruxelles, Francoforte, Parigi, ecc. non sono pervenute.


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Rosso, bianco e Bitcoin

Gio, 09/10/2025 - 10:09

Tutto rimandato all'anno prossimo... forse. Fanno ridere poi queste inchieste della stampa generalista, proprio perché mancano consapevolmente il punto. Qual è? Non sanno come fare. Come ho già detto in tempi non sospetti, l'approvazione negli USA del GENIUS e STABLE Act hanno reso in un singolo istante obsoleto qualunque sogno autoritario europeo tramite la valuta unica digitale. Già adesso Tether raggiunge in modo capillare ogni angolo del mondo e lo fa a costi irrisori; un euro digitale non potrà mai competere (senza contare che la versione digitale dell'euro è stata offerta anche da Tether stesso, ma nessuno l'ha voluta/usata). I mercati dei capitali, soprattutto, hanno capito qual è il destino dell'UE: frammentazione. Il mio orizzonte temporale è da 2 a 5 anni. E questo lo sta capendo anche la classe dirigente europea, passo dopo passo, stretta mortale dopo stretta mortale da parte delle nuove linee di politica americane. Infatti le due leggi sopraccitate sono un veicolo perfetto non solo per internazionalizzare il dollaro sotto l'egida esclusiva degli USA (non più condivisa con l'estero come invece accadeva col LIBOR), ma per creare una domanda aggiuntiva di titoli di stato americani e stabilizzarne le finanze interne. Dove sono finiti i “profeti di sventura” che si flagellavano in pubblica piazza parlando di bancarotta degli USA a fronte dei $7000 miliardi di debiti americani da rinnovare? Scomparsi, così come le loro chiacchiere inutili... utili idioti della propaganda inglese/europea di queste sciocchezze. Per quanto l'UE abbia provato con un'unione fiscale e obbligazionaria tramite i bond SURE, rimarrà un'utopia ormai. L'inevitabile spaccatura in due tronconi (come minimo) segnerà la fine di questo esperimento “turbo-socialista”, ma questo non significa che nel frattempo non ci sarà ulteriore temporeggiare per ritardare suddetto esito. Infatti, per quanto il progetto dell'euro digitale sia stato sospeso per il momento (e chissà se davvero il test pilota verrà messo in atto l'anno prossimo), è in fase di gestazione l'idea di “tokenizzare” il risparmio europeo per creare “rivendicazioni digitali” e quindi emettere dal nulla garanzie collaterali con cui sostenere Stati sociali fuori controllo, spese militari sempre più asfissianti e costi energetici alle stelle. Collaterale sintetico ovviamente, proprio perché l'Europa manca di qualsiasi garanzia credibile sui mercati (talmente disperata da continuare a fare “ammuina” sugli asset russi congelati perché altrimenti creerebbero giganteschi e nuovi buchi di bilancio negli istituti finanziari europei). Di conseguenza, quando sentirete la grancassa della propaganda europea spingere di nuovo sull'acceleratore riguardo i “russi cattivi” e la necessità di “riarmarsi”, perché questa narrativa fraudolenta sarà intensificata, sappiate che sono gli eurocrati che vi vogliono mettere furbescamente le mani nel portafoglio. All'angolo, sempre più schiacciata, c'è l'URSSE.

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di Logan Beirne

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/rosso-bianco-e-bitcoin)

Bitcoin può sembrare futuristico, ma una volta rimossa la sua patina digitale, è solo l'ultimo capitolo di una lunga storia di 2.600 anni fatta di valore, fiducia e ingegno umano. Dopo aver raggiunto livelli record, Bitcoin ha fatto notizia mentre le nazioni dichiaravano di avere riserve strategiche e le aziende americane abbracciavano questa nuova classe di asset. Perché proprio ora?

La risposta risiede in un modello antico quanto la civiltà stessa: quando gli stati corrompono una valuta, le persone cercano di innovare per ottenere qualcosa di meglio.

Come dice il proverbio: “La storia non si ripete, ma spesso fa rima”. Quando la prima moneta apparve nel 600 a.C., non era semplicemente una lega d'oro e d'argento con impresso il volto del re lidio. Fu una rivoluzione finanziaria. Per la prima volta le persone potevano superare le inefficienze del baratto e utilizzare invece un mezzo di scambio per commerciare, ma questo valore non risiedeva nel luccichio bensì nella consapevolezza collettiva degli individui che queste monete avevano valore.

L'integrità di quel sistema ha avuto alti e bassi nel corso dei millenni successivi, tipicamente a causa delle politiche di spesa governative. I denari romani con il dorso in argento permisero all'impero di prosperare, ma quando i successivi imperatori ne diluirono il valore – riducendo il contenuto d'argento per finanziare guerre e costruire grandi palazzi – i cittadini persero fiducia nella loro moneta. Quando l'imperatore Nerone ridusse il contenuto d'argento dal 98% all'83% nel 64 d.C., i Romani iniziarono ad accumulare vecchie monete e a rifiutare quelle nuove. Nel 260 d.C. il denario conteneva solo il 5% d'argento. L'inflazione aumentò vertiginosamente e il commercio crollò, contribuendo alla caduta finale dell'impero.

Gli Stati Uniti hanno combattuto crisi monetarie fin dalla nascita della nazione, ma a differenza di Roma, l'America ha costantemente innovato e trovato soluzioni lungo il percorso. Dopo aver dichiarato l'indipendenza dalla Gran Bretagna, il Congresso Continentale stampò la prima moneta cartacea della nazione. Chiamata “Continental”, non era coperta né da oro né da argento, solo dalla fiducia nel suo valore. Mentre l'oro e l'argento sono metalli relativamente scarsi con l'offerta limitata, la carta può essere stampata ed è esattamente ciò che fece il primo governo degli Stati Uniti.

Nel disperato tentativo di pagare le truppe e acquistare i rifornimenti necessari per combattere la Guerra d'Indipendenza, il Congresso si dedicò alla produzione di altre banconote. Esse inondarono il mercato, facendone crollare il valore, mentre gli americani si chiedevano se la nuova nazione avrebbe potuto mantenere le sue promesse. Nel 1777 un patriota si lamentò con suo padre dell'aumento dell'inflazione stimato al 200%, scrivendo: “L'America ha molto più da temere dagli effetti di grandi quantità di cartamoneta che dalle operazioni dei generali britannici”.

I prezzi salirono così rapidamente che lo stesso George Washington finì per rifiutare i Continental come pagamento. Divenne infatti comune descrivere qualcosa di scarso valore come “non degno di un Continental”. La valuta divenne così ridicola che i marinai la cucivano sui vestiti e sfilavano per la città per schernirla. Ma anziché crollare come l'Impero Romano, gli Stati Uniti innovarono: questa crisi monetaria fu la forza trainante che spinse i Padri Fondatori ad abolire il governo americano con gli Articoli della Confederazione e a redigere l'attuale Costituzione.

Questo cambiamento rappresentò più di una semplice riforma politica: fu un progresso monetario, con il passaggio da una moneta discrezionale a una basata su regole. Il nuovo governo degli Stati Uniti adottò un sistema bimetallico nel 1792, che legava il valore del dollaro sia all'oro che all'argento. Il Paese alla fine semplificò il suo approccio passando di fatto a un gold standard nel 1834, il quale durò fino al 1971, quando il presidente Nixon lo abbandonò a favore della moneta fiat. Come i Paesi continentali prima di esso, il dollaro è stato da allora coperto dalla fiducia nel suo valore: “full faith and credit” del governo degli Stati Uniti.

E poi arrivò la crisi finanziaria del 2008. Lehman Brothers crollò, le banche vacillarono... e la popolazione? Cominciò a chiedersi: “Cos'è il denaro?” Fu allora, dalle ombre digitali, che una figura anonima – Satoshi Nakamoto – lasciò cadere un white paper come un patriota che lancia un volantino alla vigilia della Guerra d'Indipendenza: Bitcoin, un sistema di moneta elettronica peer-to-peer. Niente imperatori, niente banche; solo matematica, crittografia e un record indistruttibile chiamato blockchain. Nacque un nuovo tipo di fiducia: non in un sovrano, ma in un codice informatico.

Quella che inizialmente era considerata un'interessante idea è stata rapidamente messa in pratica nel mondo reale. Gli utenti generano altri utenti, la fiducia cresce, gli imprenditori sognano. È una vera e propria saga storica che si svolge in tempo reale.

Bitcoin si è distinto dalle altre crittovalute che ha ispirato, in gran parte grazie alla sua scarsità: un imperatore non potrebbe più aggiungere rame a basso costo a monete d'argento, o il Congresso stampare altra carta, perché è codificato che esisteranno solo 21 milioni di bitcoin. Inoltre tutte le transazioni Bitcoin sono verificate da una rete decentralizzata di circa 20.000 computer in tutto il mondo che si controllano a vicenda al di là del volere dei politici. In un'epoca di spesa pubblica incontrollata, gli investitori si sono rivolti a Bitcoin che nessun governo può diluire. Un sistema decentralizzato che protegge i cittadini dal dominio dello stato: quanto è americano!

Non è un caso che il Bitcoin sia schizzato a una valutazione di $2.000 miliardi proprio mentre il debito pubblico degli Stati Uniti ha raggiunto livelli record. I ricercatori dibattono sulla durata media delle valute fiat nel corso della storia, con alcuni che collocano il momento della loro morte tra i 27 e i 35 anni. Poiché gli Stati Uniti sono fuori dal gold standard da oltre 50 anni, la storia suggerisce che il dollaro è destinato alla sostituzione.

Le persone si pongono l'annosa domanda: cos'è davvero il denaro? Mentre la fiducia nella moneta cartacea viene scossa dall'inflazione e dall'aumento della spesa federale, molti si stanno rivolgendo all'innovazione. Persino le nazioni stesse hanno iniziato a costituire riserve strategiche. Di fatto gli Stati Uniti sono il maggiore detentore di Bitcoin, posizionando ancora una volta l'America all'avanguardia nell'evoluzione monetaria.

Come consigliò John Adams nel 1787: “Tutte le perplessità, la confusione e l'angoscia in America non derivano dai difetti della Costituzione, né dalla mancanza di onore o virtù, quanto piuttosto dalla totale ignoranza della natura della moneta, del credito e della loro circolazione”. È dovere degli americani armarsi di conoscenza e impegnarsi nell'antica tradizione americana di sfidare i sistemi corrotti con idee migliori nel perseguimento della libertà.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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