La grande riorganizzazione degli USA (Parte #2)
(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-grande-riorganizzazione-degli-ae4)
COPRIRE IL DOLLARO E RICAPITALIZZARE L'AMERICA
I mercati hanno iniziato a scontare una ricapitalizzazione degli Stati Uniti il giorno dopo le elezioni presidenziali, quando è stato chiaro che sarebbe stato Trump a vincere. È più comune parlare di ricapitalizzazione in termini di un'azienda, ma lo stesso concetto può essere applicato a un Paese. Fa riferimento a una ristrutturazione del quadro finanziario ed economico di un'entità, oltre a stabilizzare la struttura del capitale. Per gli Stati Uniti, questo deve essere fatto sui seguenti livelli:
• Debito pubblico e salute fiscale;
• Stabilità del dollaro;
• Rilancio economico.
Se il team DOGE avrà successo, il suo sforzo contribuirà notevolmente a consolidare le finanze del governo federale e a stabilizzare il dollaro. Eviterebbe anche una crisi del debito sovrano, poiché la domanda di titoli del Tesoro statunitensi aumenterebbe quasi certamente. E se riuscisse a tagliare in modo netto l'attuale struttura normativa e amministrativa, ciò contribuirebbe notevolmente alla rivitalizzazione economica. Ci vorrebbe del tempo, ma assisteremmo a una rinascita delle piccole imprese in questo Paese se lo Stato profondo venisse smantellato. Allo stesso tempo tassi d'interesse normalizzati contribuirebbero a invertire cinque decenni di finanziarizzazione, il che aprirebbe la strada a una rinascita della classe media americana, un tempo fiorente.
Ma non si può essere totalmente ottimisti: anche se tutto ciò si verificasse, non cancellerebbe 50 anni di pessime politiche economiche dall'oggi al domani. Né cancellerebbe il debito nazionale di circa $36.000 miliardi.
Ed è qui che emerge un nuovo, curioso piano...
La senatrice del Wyoming, Cynthia Lummis, ha presentato un disegno di legge per istituire una “Riserva strategica in Bitcoin” per il governo degli Stati Uniti. La legge propone che il Dipartimento del Tesoro e la FED acquistino 200.000 bitcoin all'anno per cinque anni. L'obiettivo è accumulare un milione di bitcoin, quasi il 5% dell'offerta totale. Ai prezzi attuali, ciò equivale a oltre $100 miliardi in Bitcoin, ma se la FED portasse a termine questo piano, il prezzo in dollari aumenterebbe notevolmente, probabilmente di 5 volte o più. Donald Trump ha espresso il suo sostegno a questo piano, così come numerosi dirigenti aziendali.
Marc Andreessen, fondatore di Netscape e della società di venture capital Andreessen Horowitz, è uno di questi. Di recente ha rivelato di aver trascorso circa metà del suo tempo a Mar-a-Lago a lavorare con la nuova amministrazione Trump dopo le elezioni. Alla domanda su quale sarebbe la destinazione d'uso di questa “Riserva Strategica in Bitcoin”, le risposte fornite sono vaghe, incentrate sulla stabilità economica, la sicurezza nazionale e il rimborso del debito pubblico... ma c'è anche un altro aspetto. La mia scommessa è che Bitcoin sarà reso una forma di collaterale e quindi utilizzato per ricapitalizzare il sistema bancario e coprire i mercati dei titoli del Tesoro statunitensi. Bitcoin sarebbe perfetto per questo compito.
Naturalmente questo non era il suo scopo originale, non è per questo che mi sono avvicinato a questa tecnologia nel 2011. All'epoca ero interessato a Bitcoin come moneta, non come un meccanismo per contribuire a ricapitalizzare il sistema finanziario attuale. Tuttavia ho imparato a non lasciare che la “perfezione” fosse nemica della “scelta migliore”.
IL PIANO “AMERICA FIRST” SI CONCRETIZZA
Trump ha nominato Howard Lutnick come Segretario al Commercio. Non credo che sia molto noto, ma è l'amministratore delegato della società di investimenti Cantor Fitzgerald. Essa offre ai clienti istituzionali una vasta gamma di servizi finanziari ed è anche uno dei 24 Primary dealer del Federal Reserve System. Si tratta di una posizione davvero privilegiata, dato che i Primary dealer partecipano all'asta dei titoli del Tesoro USA e ricevono accesso diretto ai finanziamenti a basso costo della FED attraverso la “finestra di sconto” e il mercato pronti contro termine. Tutto questo per dire che Lutnick è un vero insider ed è in sintonia con i meccanismi che stanno alla base del sistema finanziario basato sul dollaro. Ed è qui che la storia si fa interessante...
All'inizio di quest'anno Cantor Fitzgerald ha investito $600 milioni in una società chiamata Tether. Cantor ora detiene circa il 5% della società. Tether emette l'omonima stablecoin in dollari: una criptovaluta che funziona in modo simile a Bitcoin, solo che è agganciata 1 a 1 al dollaro. Ciò significa che un USDT equivale sempre a circa 1 dollaro. Mantenere questo ancoraggio è piuttosto semplice: gli utenti acquistano USDT con dollari, Tether prende poi quei dollari e li investe in vari asset, tra cui titoli del Tesoro USA, Bitcoin e oro. Questo crea una riserva di asset a supporto di ogni USDT emesso.
Poco dopo l'investimento di Cantor in Tether, negli ambienti finanziari ha iniziato a diffondersi la voce che stesse anche sviluppando un fondo per prestare dollari a fronte di garanzie in Bitcoin, con Tether come elemento fondamentale di tale infrastruttura. E ora possiamo vedere il piano iniziare a prendere forma...
Sotto la guida di Cantor Fitzgerald, vedremo il sistema finanziario tradizionale iniziare a prestare dollari coperti da Bitcoin, proprio come accade con altri beni durevoli come gli immobili. Ciò significa che il governo statunitense potrà prendere in prestito dollari coperti dalla sua “Riserva Strategica in Bitcoin”, ottenendo così una seconda fonte di finanziamento oltre all'emissione di titoli del Tesoro. L'effetto netto è che il dollaro sarà in una certa misura coperto da Bitcoin e quest'ultimo sarà monetizzato. Ciò a sua volta stimolerà anche la domanda di USDT, in quanto rappresenta lo strato intermedio tra i dollari tradizionali e Bitcoin. Con l'afflusso di capitali verso USDT, Tether li investirà in asset di riserva, rafforzando ulteriormente il dollaro; e con un Primary dealer come Cantor che ora sostiene l'azienda, possiamo aspettarci che Tether investirà anche in titoli del Tesoro statunitensi.
Più ci penso, più mi rendo conto che si tratta di un piano davvero brillante.
Il governo degli Stati Uniti acquisterà un milione di bitcoin nei prossimi cinque anni per creare la sua riserva strategica. Nel frattempo il sistema finanziario sta creando l'infrastruttura necessaria per erogare prestiti in Bitcoin come garanzia. Ciò significa che la “Riserva Strategica in Bitcoin” coprirà il dollaro. Allo stesso tempo altre istituzioni e individui useranno questi prestiti garantiti da Bitcoin, consentendo a quest'ultimo di fungere da riserva personale. Questo convoglierà un maggiore capitale in Tether, che a sua volta acquisterà titoli del Tesoro statunitensi, cosa che a sua volta sosterrà le finanze del governo americano riducendo la necessità di investimenti esteri. Una tale dinamica sbloccherà un'immensa quantità di valore attualmente depositata in Bitcoin. È logico che gran parte di questo capitale verrà utilizzato per stimolare l'attività economica e forse anche per iniziare a risolvere il problema delle infrastrutture americane in rovina.
E non deve per forza fermarsi a Bitcoin...
LA RIMONETIZZAZIONE DELL'ORO
Il governo degli Stati Uniti possiede ancora 8.133,46 tonnellate d'oro. Si tratta della più grande riserva aurea conosciuta al mondo. Precedenti funzionari, tra cui l'ex-presidente della FED, Ben Bernanke, hanno sempre minimizzato la questione. Quando gli venne chiesto perché il governo degli Stati Uniti detenesse ancora oro, Bernanke rispose che era “per tradizione”... a dir poco assurda come risposta. Ovviamente il governo degli Stati Uniti ha sempre riconosciuto l'importanza strategica della sua enorme riserva aurea, altrimenti l'avrebbe venduta molto tempo fa. Se il governo monetizza Bitcoin come descritto sopra, è ragionevole che monetizzi anche l'oro. La stessa infrastruttura utilizzata per garantire Bitcoin potrebbe essere utilizzata per l'oro.
È interessante notare che il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti contabilizza ancora le sue riserve auree a un valore contabile di $42,22 l'oncia in bilancio. Questo valore stima l'oro del governo statunitense a $10,4 miliardi... una goccia nell'oceano oggi. Tuttavia l'oro oggi viene scambiato oltre $3.000 l'oncia mentre scrivo. Le riserve auree statunitensi valgono circa $800 miliardi ai prezzi correnti e il prezzo dell'oro salirebbe ancora di più se venisse rimonetizzato. Un aumento del prezzo dell'oro (in dollari) ricapitalizzerebbe ulteriormente l'America e contribuirebbe a fornire un'altra soluzione al debito nazionale.
Infatti negli ultimi anni abbiamo assistito a numerose proposte per operazioni del Dipartimento del Tesoro coperte dall'oro. L'ex-capo stratega di Trump, Steve Bannon, ha suggerito che la seconda amministrazione Trump potrebbe perseguire politiche monetarie coperte dall'oro nel tentativo di ridurre il debito nazionale; anche l'ex-candidata di Trump alla FED, Judy Shelton, ha promosso l'idea di titoli del Tesoro coperti dall'oro.
Inoltre il Project 2025 della Heritage Foundation richiede esplicitamente la rimonetizzazione dell'oro. Trump vi ha preso le distanze durante la campagna elettorale, ma due dei suoi nuovi membri del gabinetto vi hanno contribuito direttamente, tra cui il direttore entrante dell'OMB Russell Vought, il più influente per quanto riguarda le questioni monetarie.
Ripristinare il ruolo monetario dell'oro all'interno del sistema finanziario basato sul dollaro aumenterebbe quasi certamente la fiducia globale nel biglietto verde e nei titoli del Tesoro statunitensi. Insieme alla monetizzazione di Bitcoin, questo potrebbe anche sbloccare migliaia di miliardi di dollari di valore intrappolato che potrebbero essere utilizzati per ripagare il debito nazionale.
DAVVERO POTREBBE ACCADERE?
Prima di tre anni fa non pensavo che nulla di simile potesse mai essere possibile. Ero “black-pilled”, come si dice oggi: non pensavo che il sistema potesse essere riformato, soprattutto a causa di un'esperienza passata, ovvero quella di Ron Paul nel 2012. All'epoca esisteva un sito chiamato The Daily Paul attraverso il quale i sostenitori riportavano tutto ciò che vedevano accadere nelle loro contee e nei loro stati. I media tradizionali, inclusa Fox News, facevano di tutto per far sembrare Ron Paul un pazzo senza alcun supporto popolare; la realtà è che aveva il Partito Repubblicano contro. Arrivò addirittura un momento in cui un numero significativo di suoi delegati venne eletto alla convention nazionale, i quali avevano intenzione di votare per Ron Paul come candidato repubblicano alla presidenza. Ma gli imbrogli erano proprio dietro l'angolo: il Partito Repubblicano arrivò al punto di revocare le credenziali a intere liste di delegati di Ron Paul e poi a sostituirli con quei nomi che più gli aggradava.
Per il Partito Repubblicano nel suo complesso, si trattava solo di assicurarsi che l'elettore repubblicano medio credesse che Ron Paul fosse un candidato marginale con idee folli. Non voleva che la gente sentisse cosa avesse realmente da dire, perché sapeva che avrebbe trovato eco in molti elettori. Una giornalista di nome Deborah Smarth ha scritto un libro su quanto accaduto durante quella stagione delle primarie repubblicane, intitolato America's Lost Opportunity: Stolen Victories 2012.
La Smarth ha documentato molti esempi di pratiche ingannevoli e ostili da parte del Partito Repubblicano durante quella campagna elettorale. Inutile dire che il cinismo era tutto quello che mi sono portato dietro dopo quell'esperienza, soprattutto quando si vede un candidato che sosteneva la riforma fiscale e un ritorno ai principi fondanti dell'America venir sostituito da un sostenitore dei globalisti come Mitt Romney.
Mi sono, quindi, aggrappato al cinismo per un decennio. Per il momento, però, l'ho messo da parte: c'è qualcosa di diverso in quello che sta succedendo oggi. Considerati tutti i punti che abbiamo collegato in questo saggio, e tutte le briciole di pane che ci hanno portato fin qui e raccolte nel mio ultimo libro intitolato Il Grande Default, credo che all'agenda “America First” gli si debba dare una possibilità. Certo, non è filosoficamente coerente come il piano di Ron Paul, ma è certamente migliore di quello che abbiamo ora ed è decisamente migliore di quello che i globalisti vorrebbero imporre.
Ecco cosa c'è di diverso in quello che sta succedendo oggi... Stiamo assistendo a una strana coalizione di giganti della tecnologia, addetti ai lavori di Wall Street, i nuovi media (con Joe Rogan e Tucker Carlson come protagonisti) ed ex-Democratici che si uniscono attorno al team di Trump e alla sua agenda “America First”. Anche Robert F. Kennedy Jr. è a bordo e il suo cognome rappresenta forse la dinastia politica più iconica del Partito Democratico nella storia americana. Sulla stessa linea Joe Rogan ha appoggiato Bernie Sanders nel 2016; ora sostiene attivamente il programma “America-First”.
Questa non è altro che una controrivoluzione contro il programma globalista.
È di natura apartitica ed è guidata da qualcosa di più dell'interesse personale: è guidata dall'autoconservazione. Di chi? Del sistema bancario commerciale statunitense. Quindi sono convinto che lo sforzo di riforma a cui stiamo assistendo oggi sia sincero. C'è un piano in atto e non ha nulla a che vedere con l'amministrazione Trump del 2016, la quale nominò un gruppo di vecchi neoconservatori repubblicani (neocon) che alla fine fecero saltare tutto in aria. Ovviamente non so se i NY Boys e l'amministrazione Trump riusciranno a portare a termine il loro piano, ma penso che abbiano una ragionevole possibilità di successo. Sarà affascinante osservare come si evolverà il tutto.
E ci sono anche importanti implicazioni per gli investimenti...
INVESTIRE IN UN MONDO IN CUI L'AMERICA È AL PRIMO POSTO
Se ciò di cui abbiamo discusso oggi si realizzerà, entreremo in un mondo che nessuno di noi ha mai conosciuto prima. Non avrei mai pensato, nemmeno per un secondo, che una cosa del genere sarebbe stata possibile ma se i puntini si uniscono come li abbiamo uniti, ci troveremo in un mondo deflazionistico in cui la massa monetaria statunitense si ridurrà, così come la dimensione del governo federale stesso.
Questa non è una buona notizia per i multipli di valutazione nei mercati azionari. I titoli tecnologici in forte crescita, attualmente scambiati oltre 30X il valore di vendita, quasi certamente torneranno a livelli di valutazione più ragionevoli. Non credo però che questo scenario porterebbe a un'Armageddon nel mercato azionario, semplicemente perché il capitale d'investimento troverebbe probabilmente interessanti le azioni statunitensi in un mondo in cui la spesa pubblica è sotto controllo e la regolamentazione non è apertamente ostile alle imprese e al commercio. Inoltre il mondo che stiamo descrivendo è un mondo in cui 50 anni di finanziarizzazione verrebbero gradualmente invertiti.
Altro tassello che si inserisce nella "grande riorganizzazione" degli Stati Uniti. Oltre 40 anni di finanziarizzazione (qual è la "città nella città" più finanziarizzata del mondo?) vengono finalmente invertiti.https://t.co/CreSfPyX8e
— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) May 23, 2025In questo mondo, il mercato azionario tornerebbe gradualmente a rispecchiare l'economia reale. Proprio come ai vecchi tempi. Naturalmente ci saranno delle aziende che ne trarranno vantaggio e altre no. Nel frattempo Bitcoin e oro continueranno a salire in dollari. Per Bitcoin non c'è altro da fare che salire se il governo degli Stati Uniti inizierà ad acquistare 200.000 unità all'anno. Pensate a questo: ci saranno solo 21 milioni di bitcoin in circolazione, ma 19,8 milioni di questi sono già stati minati e ne restano solo 1,2 milioni da immettere in circolazione. Non solo, ma il protocollo di Bitcoin riduce esponenzialmente il numero di nuovi bitcoin minati nel tempo. Possiamo calcolare con certezza matematica che l'ultimo blocco non verrà minato prima del 2140; sono 116 anni da oggi e questa scarsità è il motivo per cui Bitcoin è prezioso come asset finanziario.
La prospettiva rialzista per l'oro in questo scenario non è così diretta. Infatti ci si aspetterebbe che la deflazione risulterà negativa per il suo prezzo in dollari. La rimonetizzazione dell'oro aumenterà la domanda da parte delle banche centrali e degli investitori istituzionali. Ogni istituto che attualmente detiene titoli del Tesoro USA come asset di riserva allocherà molto probabilmente anche una parte delle proprie riserve in oro.
Allo stesso tempo il dollaro si rafforzerà rispetto alle valute estere; soprattutto nei confronti dell'euro. Come investitori, penso che sostenere le proprie finanze con oro e Bitcoin sia la cosa più importante che si possa fare. Dovrebbero essere trattati entrambi come vere e propri asset di riserva, non come veicoli d'investimento. In altre parole, lo scopo di acquistare oro e Bitcoin non è investire valuta oggi nella speranza di ottenere più valuta domani. No, si tratta di scambiarla con le due principali riserve ufficiali mondiali. In questo modo ci si ritroverà un bilancio solido con una solida copertura finanziaria.
Questo apre una serie di strategie interessanti, soprattutto in un mondo in cui si possono usare queste riserve per collateralizzare e accelerare i propri investimenti. Una delle strategie più interessanti oggi, a livello aziendale, riguarda le “convertible note”: emettere obbligazioni a leva coperte da Bitcoin, ad esempio.
A livello individuale, invece, ci sono le “mortgage note” (cambiali ipotecarie). La maggior parte degli investitori sa che esiste un mercato immobiliare in ogni grande città degli Stati Uniti. Le persone comprano e vendono immobili ogni giorno. Non credo che molti si rendano conto che esiste anche un mercato per le cambiali ipotecarie: mutui su case unifamiliari e terreni. In qualsiasi momento ci sono centinaia di questi mutui in vendita e sono disponibili per gli investitori al dettaglio, senza bisogno di accreditamento. Acquistare cambiali ipotecarie è l'altra faccia della medaglia rispetto all'acquisto di immobili da dare in affitto. Con le cambiali non si possiede la casa, solo il debito. E questo significa che non si è responsabili per la pulizia dei tappeti, la tinteggiatura delle pareti o la riparazione della doccia che perde. Non ci sono spese impreviste che potrebbero intaccare il flusso di cassa mensile.
Inoltre si possono sempre trovare mutui a prezzi accessibili. Che ci crediate o no, la maggior parte delle cambiali ipotecarie disponibili sul mercato secondario si colloca nella fascia di prezzo più bassa. Questo perché banche, compagnie assicurative e hedge fund tendono a vendere le loro vecchie cambiali ogni volta che acquistano un blocco di cambiali più consistenti con durate più lunghe. Devono costantemente mantenere una “scala” di durata all'interno del loro portafoglio. Le cambiali ipotecarie sono un investimento molto interessante in un mondo deflazionistico, dove non bisogna preoccuparsi di un drastico calo del potere d'acquisto della valuta.
Inoltre le cambiali ipotecarie offrono rendimenti più elevati rispetto agli immobili in affitto nel clima attuale, dato l'aumento dei tassi d'interesse. Sono un ottimo strumento per creare un reddito mensile passivo. E se si usasse quest'ultimo per finanziare altri investimenti, inclusi investimenti con tassi di rendimento garantiti contrattualmente?
Ci sono parecchi pezzi di questo puzzle, ma una volta compresi – e come si incastrano tra loro – creare un sistema di investimento è alla portata di chiunque. L'idea alla base di un sistema di investimento del genere è semplice ed è quella che viene adesso usata da quelle aziende che utilizzano le “convertible note” per comprare Bitcoin: sostengono le proprie finanze con oro e Bitcoin, poi usano il loro flusso di cassa per coprire gli strumenti finanziari emessi e finanziare nuovi investimenti, inclusi quelli che aumentano ulteriormente il loro flusso di cassa. In questo modo si viene a creare un “effetto valanga” che aumenta il proprio patrimonio e il reddito nel tempo.
Il punto chiave è che questa strategia funziona meglio in un contesto in cui il potere d'acquisto del dollaro rimane relativamente stabile. Ecco perché il programma “America First” potrebbe rivelarsi un’importante manna per gli investitori in futuro.
• Generare un flusso di cassa mensile: investire, ad esempio, in cambiali ipotecarie per creare un reddito passivo senza le complicazioni della gestione immobiliare;
• Sfruttare il proprio flusso di cassa (sottoponendolo eventualmente a leva): usare tale questo reddito per finanziare altri investimenti ad alto rendimento, creando un “effetto valanga” che fa crescere il proprio patrimonio in modo esponenziale.
• Proteggere il proprio patrimonio: integrare i modi migliori per sostenere le proprie finanze con oro e Bitcoin, garantendo stabilità, anche in un contesto deflazionistico.
Inutile ricordare che si tratta di ipotesi personali e non rappresentano un invito automatico all'azione. Questi comunque sono temi che vengono trattati in maggiore dettaglio nel servizio di consulenza del blog prenotabile su Calendly.
CONCLUSIONE
Quando parlo della cricca di Davos mi riferisco a quel gruppo costituito da banchieri e famiglie europei le cui ambizioni colonialiste non sono mai scomparse. Il loro modus operandi è sempre stato uno: destabilizzazione, estrazione di ricchezza, crollo, obiettivo successivo. Il modo migliore per pensare a essi è quello di immaginarli come locuste: si spostano in un territorio, lo destabilizzano dall'interno, creano caos nella società, cambiano leggi/regole, estraggono il capitale, lo spediscono altrove e riniziano il processo da lì. Gli Stati Uniti sarebbero dovuti essere i prossimi e la Cina dopo di essi. C'hanno provato con la Russia ma sono stati rispediti al mittente. Lo strappo con gli Stati Uniti, invece, è avvenuto nel momento in cui Powell e Williams sono stati posti come governatore e vice, e hanno iniziato a lavorare sul SOFR (forse anche prima, ma con loro due alla FED è stato lapalissiano). Come ho scritto nel Capitolo 3 del mio ultimo libro, Il Grande Default, il coordinamento a livello di banche centrali sin dalla crisi del 2008 denotava una volontà comune di portare l'attuale sistema economico/finanziario post-Seconda guerra mondiale alla sua naturale morte e riciclare la classe dirigente che l'ha scombussolato in quello nuovo.
Se la classe oligarchica americana, la classe bancaria americana, ha infine guardato cosa c'era oltre l'orizzonte e ha capito che non avrebbero fatto parte di coloro che avrebbero dettato le regole nel nuovo sistema, allora avevano tutti gli incentivi di questo mondo a opporre resistenza. E il modo migliore affinché la opponessero era quello di combattere, inizialmente, a livello finanziario e poi seguire il flusso del denaro: passare successivamente al livello culturale, al livello giudiziario, al livello politico, ecc. Nel caso in particolare, controllare il flusso di denaro tramite la riconquista della politica monetaria da parte della FED avrebbe significato rimuovere quegli “agenti infiltrati” che facevano gli interessi dei globalisti. Ed è qui che siamo ora: la rimozione di quel cancro che ha corrotto le istituzioni americane. Inutile dire che questo passaggio è meglio esemplificato nella concretezza dal marciume portato a galla dalle investigazioni del DOGE.
Quanto detto accade internamente, a livello internazionale la stessa “pulizia” viene portata avanti dai dazi e dagli accordi commerciali. Avete notato come 48 ore dopo la visita di Vance in India e l'intavolamento di un nuovo accordo commerciale con Modi, Pakistan e India hanno rischiato di far partire i razzi nucleari? E chi ha profonde radici di intrallazzi nella regione? Gli inglesi. Quel tipo di relazioni sono vecchie e radicate, e cambiarne la dinamica comporta una reazione violenta ed esagerata. Ecco perché la stampa (di stampo inglese) attacca senza tregua la nuova amministrazione facendola passare per spacciata e ingenua. Non analizza per niente il suo piano messo in campo, facendo invece apparire i membri che ne fanno parte come spaesati e divisi. Classico esempio di modus operandi dell'MI6, tra l'altro.
La rinegoziazione dei vecchi accordi commerciali viene fatta, adesso, a vantaggio degli USA, non più un volano per spolpare la nazione della sua prosperità e trasferirla all'estero. Infatti la politica estera americana, ad esempio, è stata fino al 2024 in mano ai globalisti oltreoceano. Il passo successivo è quello di cambiare il modo in cui vengono tassati gli americani, riformando una delle più grandi ingiustizie fiscali del mondo: l'imposta sul reddito. Saranno gli altri a pagare per la gigantesca mole di debito emessa, ad esempio, dalla Yellen nel 2024 per fare un favore a Londra e Bruxelles. Non si può non partire da un fatto: il collaterale è ciò che conta e conterà sempre, e quello di qualità superiore a livello internazionale e che permette di accedere al mercato dei finanziamenti rapidi più liquido al mondo è rappresentato dai titoli di stato americani. E questo lo sappiamo dal fatto che, secondo un articolo recente della Reuters, la BCE è preoccupata dal fatto che non tutti gli stati membri dell'UE potranno accedere alle linee di swap della FED in caso di difficoltà. Ed è una realtà già adesso, visto che la BCE stessa deve presentarsi alla finestra di sconto della FED, cappello in mano, per ottenere prestiti. Li ottiene, però, a un tasso d'interesse superiore rispetto a quello pagato dalle banche americane (uno spread di circa 80 punti base). Questo a sua volta significa che il margine attraverso il quale la nazione può assorbire e sostenere il rollover del debito interno sta aumentando. Prosciugare all'estero il mercato degli eurodollari e all'interno far rimanere quanto più possibile i titoli di stato americani. Non scordiamoci che i più grandi possessori di obbligazioni statunitensi, a oggi, sono Londra e Bruxelles (insieme alle loro succursali) ammassati durante la presenza della Yellen al Dipartimento del Tesoro. Stanno usando questo stock per puntellare i loro di problemi economici, perché nelle prime fasi di una crisi della valuta, il valore della stessa aumenta dato che i capitali vengono richiamati in patria per affrontare i problemi. Poi scende. Sia l'euro che lo yen si trovano nella stessa situazione, ma per ragioni diverse ed entrambi sono alla mercé della FED. Gli accordi commerciali sulla scia dei dazi serviranno a capire chi è “amico” e “nemico” degli USA, e ovviamente chi avrà accesso alle linee di swap.
È sempre stato questo l'obiettivo dei NY Boys. Ancora di più in quest'ultimo mese che Bruxelles e Londra hanno manipolato attivamente la curva dei rendimenti americana per tenere a galla i rispettivi mercati obbligazionari e valute. https://t.co/fIkkUSO4z3
— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) May 23, 2025E mentre con l'UE vengono aumentati i dazi, con il Giappone...Questa è, in estrema sintesi, la differenza di cui parlavo nei miei pezzi tra "amici" e "nemici" degli USA.https://t.co/9uqOhP6nIM
— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) May 24, 2025Questa strategia viene ulteriormente portata avanti dalla proposta di legge al vaglio adesso al Congresso, la quale prevederebbe il decadimento delle agevolazioni fiscali per quelle compagnie estere che decidono di acquistare titoli obbligazionari americani. Per quanto possa esserci un selloff iniziale, i titoli di stato americani rimangono ancora il collaterale per eccellenza nei mercati mondiali. Il SOFR ha cambiato tutte le carte in tavola e adesso per avere dollari bisogna andare solo dalla FED. In parole povere, contrazione dell'offerta di dollari all'estero, rimpatrio di capitali, rinnovo del debito americano in scadenza attraverso la domanda interna e strangolamento degli avversari tramite carenza di dollari (BCE e BOE). Infatti gli USA non hanno affatto bisogno di $36.000 miliardi in debito da emettere, ma solo $4-5.000 miliardi per rendere liquidi i mercati monetari interni. Ecco perché il resto del mondo avrà un prezzo per i dollari che circoleranno all'estero diverso da quelli che circoleranno internamente.
L'obiettivo principale dei NY Boys è quello di difendere il prezzo del dollaro in patria, non all'estero. Il LIBOR, invece, era stato progettato per ottenere il contrario. Adesso saranno gli altri a pagare un premio per usare i dollari. I cambiamenti messi in moto sono epocali e stanno segnalando la fine di un'era che ci portiamo dietro sin dalla nascita della Banca d'Inghilterra.
La "frammentazione" del dollaro a livello interno è funzionale allo smantellamento di un singolo "honeypot" da catturare. Ecco come si porrà fine alla FED senza che il Paese subisca un takeover da parte di player ostili (leggi BOE o BCE). https://t.co/xz3m1oieKG
— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) May 23, 2025Senza togliere di mezzo quei figuri che hanno corrotto il denaro, non ci potrà essere denaro sano/onesto o libertà individuale. E la guerra tra i NY Boys e la cricca di Davos è la miglior occasione per ottenere entrambi come sottoprodotto delle loro schermaglie. Non esistono player più potenti sulla faccia della Terra della Federal Reserve e del Dipartimento del Tesoro statunitense che lavorano insieme; e se l'indipendenza degli USA passa dalle strategie che ho messo in evidenza in questo saggio e se anche solo la metà di esse verranno messe in pratica, allora questa è l'occasione d'oro che stavano aspettando anarcocapitalisti e libertari. È a dir poco ironico che potranno essere quelle due entità a realizzare il loro sogno. In passato erano divisi, oppure catturati dall'unica visione delle linee di politica impostata dal Partito democratico e dai globalisti. L'Unipartito del passato, infatti, ha costantemente lavorato per sconquassare l'America; il nuovo Unipartito sta lavorando per rimettere insieme i cocci e assicurarsi che per i prossimi 20 anni i Democratici rimangano a bordo campo.
Come ho documentato nel mio ultimo libro, Il Grande Default, è stata la crescita incontrollata del mercato dell'eurodollaro che ha distrutto il Paese, che l'ha fatto arrivare sull'orlo della bancarotta dal punto di vista dei bilanci. Per quanto riguarda la questione fiscale, non è difficile mettere a posto le cose... basta solo la volontà di farlo. Lato attivi e passivi, invece, beh lì è più complicato. Però pensate a questo adesso: davvero gli USA sono in debito per la cifra ufficiale che ascoltiamo sempre? E se parte di quel debito può essere cancellato mandando in bancarotta quelle entità a cui è dovuto? E se il sottosuolo dell'Alaska venisse finalmente contabilizzato attraverso i fondi sovrani che Trump vorrebbe creare in tutto il Paese?
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E qui tutte le critiche all'insostenibilità delle finanze degli Stati Uniti vanno a morire.https://t.co/4cCI1UPcRQ
E se, sempre restando in termini di attivi, il problema di Fort Knox non fosse l'assenza di oro fisico bensì la presenza di un numero superiore di metallo giallo rispetto alle cifre ufficiali?
I giorni in cui i globalisti erano al comando negli Stati Uniti sono finiti e questo significa anche la manipolazione del mercato dell'oro per pompare l'eurodollaro e facilitare il ripagamento dei prestiti esteri, nonché accedere a finanziamenti facilitati senza garanzie, sono finiti. Sono finite le manipolazioni all'apertura di Londra e New York in cui l'oro subiva violenta volatilità si stabilizzava durante l'apertura dei mercati asiatici e infine veniva abbattuto alla chiusura di New York. Se, però, Trump riuscirà a staccare un accordo di pace durevole in Europa orientale l'oro quest'anno terminerà la sua corsa... almeno fino alla crisi del debito sovrano che imperverserà nell'UE. E se un accordo di pace verrà trovato anche in Medio Oriente, allora il capitale restante in Europa non avrà altra scelta che volarsene in toto negli USA dato che non vedrà alcun futuro nel Vecchio continente.
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Emirati Arabi, Yemen, Arabia Saudita, Qatar, Siria... le ultime visite di Trump in Medio Oriente, se guardate sulla cartina, sono praticamente un muro innalzato tra Israele e Iran.
Man mano che l'amministrazione Trump continuerà a ridurre “G” nel conteggio del PIL e gli investimenti privati ne prenderanno il posto, i prezzi delle commodity saliranno in risposta alla domanda industriale. La FED, di conseguenza, non avrà alcuna pressione a rialzare i tassi, anzi potrà abbassarli anche in virtù del fatto che l'economia statunitense, date queste premesse, è una cold economy ovvero gli aumenti dei prezzi sono trainati dalle materie prime, principalmente il petrolio. Ci sono tre modi in cui l'amministrazione Trump sta sgonfiando il prezzo di quest'ultimo (rompendo il cartello dell'OPEC e costringendo i mercati arabi alla trattativa):
- Nuovi permessi per le raffinerie;
- Smantellare i privilegi per l'industria dei veicoli elettrici;
- Porre fine alla miscelazione dell'etanolo dal mais.
Man mano che la ri-industrializzazione farà il suo corso, i prezzi nel lungo periodo tenderanno a scendere e favorire una crescita economica organica. Questo fornirà anche la giustificazione ideale per la FED affinché tagli i tassi e agevoli il mercato del credito interno. Come detto in passati articoli, in questa nuova era la FED non tornerà più allo zero e la sua linea di politica si assesterà intorno al 3% dei tassi di riferimento senza la paura di una crisi del credito. Un piano già in moto e di cui vedremo i risultati tra 18 mesi, giusto in tempo per le elezioni di medio termine.
Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.
???? Qui il link alla Prima Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2025/05/la-grande-riorganizzazione-degli-usa.html
Il mantra per ogni ciclo: allocare, come minimo, l'1% su Bitcoin
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-mantra-per-ogni-ciclo-allocare)
Ogni ciclo di Bitcoin ha un tema e un motore centrale, e a volte siamo così vicini a esso che non riusciamo a capire esattamente di cosa si tratta (o di cosa si è trattato) finché non lo abbiamo ormai superato.
Nel 2013 furono i bail-in a Cipro e la consapevolezza che il sistema bancario stava andando in una direzione dove l'espressione “sicuro come il denaro in banca” non sarebbe stata più del tutto vera. Il motore principale fu l'ascesa degli exchange centralizzati, anche se uno di questi, Mt. Gox, implose su sé stesso e le macerie sono ancora fumanti oggi.Il ciclo del 2017 segnò l'esplosione del settore delle criptovalute come classe di asset a sé stante: Ethereum fece il suo ingresso sulla scena con la specifica del token ERC-20, innescando la mania di “tokenizzare tutto”. Il boom delle ICO alimentò lo slancio e l'avvento di stablecoin come Tether fornì il lubrificante per immettere capitali nel settore degli asset digitali.
Per il ciclo del 2020 fu l'arrivo dei primi miliardari anticonformisti (Paul Tudor Jones, Stan Druckenmiller, Elon Musk, Michael Saylor), in un momento in cui il loro ingresso era erroneamente interpretato come il segnale che “le istituzioni stanno entrando” in Bitcoin come classe di asset.
Nemmeno lontanamente. Ma quello che è successo è che molti hedge fund e investitori di alto livello, che erano all'avanguardia e miravano a catturare l'alfa, iniziarono a investire in quello che all'epoca veniva chiamato “l'arbitraggio GBTC” – una lunga storia, spiegata in dettaglio qui, ma che in sostanza significava che i trading desk potevano registrare profitti consistenti prima ancora che venissero effettivamente realizzati, al costo di bloccare il capitale per sei mesi.
Quando infine si disgregò (ovvero il ciclo terminò), il premio di GBTC si trasformò in uno sconto sul NAV e quando le cose andarono davvero male (LUNA, 3AC, Celsius... FTX) la stessa entità madre di GBTC, DCG, andò in bancarotta e GBTC divenne un'isola di capitale intrappolato, del valore di oltre $30 miliardi.
Ora siamo in un nuovo ciclo di Bitcoin...
Abbiamo un nuovo tema e un nuovo catalizzatore. GBTC entra di nuovo in gioco, perché è la ragione per cui il prezzo di Bitcoin è rimasto un po' smorzato dopo l'arrivo del nuovo catalizzatore.
Ricordate quello che diciamo da un anno, forse più: nel prossimo ciclo le istituzioni si faranno avanti e, a causa dell'enorme asimmetria nell'ecosistema di Bitcoin, troveranno la situazione abbastanza interessante da assegnargli una piccola percentuale del loro portafoglio.
Ho previsto un nuovo mantra di investimento per i gestori di fondi istituzionali: “L'allocazione dell'1%”.
Cominciamo con i dati: Fidelity, con $12.600 miliardi di asset in gestione e uno dei fornitori di ETF spot (l'unico ad aver creato un proprio depositario per gestirli), ha aggiunto un'allocazione di “criptovalute” come suo fiore all'occhiello, “All-In-One Conservative ETF”, autoproclamato “una soluzione unica diversificata per regioni, capitalizzazioni di mercato e stili/fattori di investimento, con il vantaggio di una gestione professionale”.
L'allocazione dell'1% risale ad anni fa: la prima volta che l'ho vista era in un documento di lavoro della Banca centrale delle Barbados, redatto da una coppia di economisti del posto che raccomandava alla banca centrale del Paese di detenere l'1% delle sue riserve estere in Bitcoin; era il 2015.
Nel 2022 anche il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria stava definendo delle linee guida sulle allocazioni “crypto” per le attività di riserva di livello 1:
Limite di esposizione del Gruppo 2: l' esposizione totale di una banca alle criptovalute del Gruppo 2 non deve superare il 2% del capitale di livello 1 della banca e dovrebbe generalmente essere inferiore all'1%.(Quel documento della BRI non faceva distinzione tra Bitcoin e “crypto”, sebbene avesse dovuto farlo...)E questo articolo di Motley Fool, che parla principalmente dell'aumento della quota di Cathy Woods in ARK Funds al 19%, cita l'allocazione dell'1% come una prassi piuttosto convenzionale:
Fino a quest'anno l'opinione prevalente era che Bitcoin dovesse rappresentare solo una piccola parte del portafoglio complessivo. Come regola generale, l'1% era la norma, e qualsiasi percentuale superiore al 5% era considerata ultra-aggressiva.La nuova regola dell'1%: comprate Bitcoin
Conosciamo tutti il vecchio adagio “Nessuno è stato licenziato per aver comprato azioni di IBM”, un mantra ai tempi dei “Nifty Fifty” (poi ci sono state le iterazioni successive: sostituite IBM con Microsoft, Google, Apple, ecc.).
Ecco cosa penso che succeda ora: mentre oggi nessuno potrebbe essere licenziato per aver comprato, per esempio, una delle Magnifiche Sette, domani potreste benissimo essere licenziati per non aver investito, come minimo, l'1% su Bitcoin. Sì, davvero.
Che effetto avrà sul valore di Bitcoin un'allocazione dell'1% dell'intero spettro della ricchezza istituzionale? Il mio modello mentale, risalente al The Crypto Capitalist Manifesto, è sempre stato quello di considerare la dimensione totale del mercato obbligazionario, confrontandola con Bitcoin e metalli preziosi.
Basically, this: pic.twitter.com/FhwvjUxYOq
— Mark E. Jeftovic (@MarkJeftovic) February 11, 2024Da lì, ipotizzo cosa accadrebbe se solo l'1% di quel “rendimento senza rischi” (obbligazioni) si trasferisse su Bitcoin. Considerando che quest'ultimo ha riconquistato solo di recente la capitalizzazione di mercato di $1.000 miliardi, e che ci sono tra i $150.000 e i $300.000 miliardi in obbligazioni globali (a seconda di cosa si include), un solo 1% di uscita dalle obbligazioni raddoppierebbe come minimo la capitalizzazione di mercato di Bitcoin.
Siamo appena entrati in questa nuova era in cui Bitcoin è disponibile come strategia di allocazione istituzionale e ci sono già i primi segnali che indicano che gli allocatori di capitale stanno addirittura scegliendo Bitcoin rispetto all'oro, cosa che, lo ammetto, mi ha sorpreso.
Can someone do a wellness check on @PeterSchiff? pic.twitter.com/mUc2xGwK2j
— Jameson Lopp (@lopp) February 14, 2024Pensavo che coloro che avevano già investito in oro sarebbero rimasti fermi e avrebbero aggiunto Bitcoin, ma ora sembra che i gestori di fondi istituzionali che avevano investito in oro come copertura abbiano perso la pazienza con i ripetuti crolli dell'oro dai massimi storici.
L'oro ha fatto registrare un nuovo massimo storico a dicembre, ma come ho osservato, dal precedente massimo del 2020, un nuovo massimo storico per l'oro potrebbe significare un calo pluriennale piuttosto che un imminente massimo più alto.
Al contrario, Bitcoin sembra destinato a dar vita a una nuova serie di criptovalute, almeno per i prossimi due anni.
Quindi ora vi presento umilmente “Il Tema” di questo ciclo:
Il tema è: Le istituzioni stanno arrivando.
Il motore principale è: gli ETF spot di Bitcoin.
Il mantra sarà: allocare come minimo l'1% su Bitcoin.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.
Ingegnerizzare il dissenso
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/ingegnerizzare-il-dissenso)
Come spesso faccio la domenica mattina, stavo bevendo il mio caffè e scorrendo il mio feed di notizie quando ho notato qualcosa di sorprendente. Forse era il mio algoritmo, ma i contenuti erano inondati da un'insolita dose di veleno contro la nomina di Robert F. Kennedy Jr. a Segretario dell'HHS. Il messaggio coordinato era impossibile da ignorare: voci di corridoio su tutte le reti lo etichettavano uniformemente come “complottista” e un “pericolo per la salute pubblica”, senza mai affrontare le sue reali posizioni. Gli attacchi concertati dei media su Kennedy rivelano molto più della loro opinione sulla sua nomina: espongono una profonda crisi di credibilità all'interno di istituzioni che un tempo godevano della fiducia del loro pubblico.
Il paradosso della credibilità
L'ironia di chi ha guidato questi attacchi non mi è sfuggita: si trattava in gran parte delle stesse voci che hanno sostenuto le linee di politica pandemiche più distruttive. Come ha giustamente osservato Jeffrey Tucker su X questa mattina:
It's really something to see hordes of high-paid journalists and intellectuals who championed Plexiglass Nation, 6-feet mysticism, playground closures, sanitizer baths, and plastic face coverings now denouncing dissidents as "anti-science." Unbelievable.
— Jeffrey A Tucker (@jeffreyatucker) November 17, 2024La risposta coordinata
Questa ipocrisia diventa ancora più evidente nella recente copertura del New York Times, dove una retorica sprezzante sostituisce sistematicamente un impegno concreto per la notizia. In un articolo recente il quotidiano riconosce le tendenze preoccupanti nella salute dei bambini, dichiarando con disprezzo che “vaccini e fluoro non sono la causa”, senza però prendere in considerazione le prove. In un altro pezzo, Zeynep Tufekci – che in particolare ha sostenuto alcune delle misure più draconiane contro il Covid – avverte che Kennedy potrebbe “distruggere una delle più grandi conquiste della civiltà”, dipingendo scenari apocalittici e ignorando le sue reali posizioni politiche.
Nel frattempo la loro redazione politica ipotizza come la sua posizione sulle grandi aziende alimentari potrebbe “alienare i suoi alleati repubblicani”. Ogni articolo affronta il tema da una prospettiva diversa, ma lo schema è chiaro: messaggi coordinati volti a minare la sua credibilità prima che possa assumere la carica istituzionale.
L'effetto camera di risonanza
Si può quasi sentire il nastro trasportatore editoriale che si apre mentre i redattori elaborano la realtà approvata del giorno per il loro pubblico. Il tono tra gli articoli non rivela un'analisi indipendente bensì un modello molto familiare: i media beffardi ancora in azione. Come ho spiegato nel mio pezzo L'industria dell'informazione, questo approccio a catena di montaggio rispetto la produzione della realtà è diventato sempre più evidente a chiunque presti un minimo di attenzione.
Ciò che questi guardiani non riescono a comprendere è che un tale e compiaciuto sdegno, questo rifiuto di confrontarsi con argomentazioni sostanziali, è proprio ciò che alimenta il crescente scetticismo del loro pubblico. Il panico sembra crescere in modo direttamente proporzionale alla vicinanza di Kennedy al potere reale. Questo sdegno orchestrato è più di un difetto giornalistico: riflette un dilemma istituzionale più ampio, che diventa inevitabile con l'aumento del consenso per Kennedy.
La trappola istituzionale
Il Times si trova di fronte a un dilemma: a un certo punto dovrà affrontare la sostanza delle argomentazioni di Kennedy piuttosto che affidarsi a caratterizzazioni sprezzanti, soprattutto se assumerà il controllo dell'apparato sanitario americano. Proprio stamattina i conduttori della MSNBC urlavano letteralmente che “Kennedy farà uccidere delle persone” – l'ennesimo esempio di come si faccia ricorso a melodrammi e paura invece di confrontarsi con le sue reali posizioni. La strategia della ridicolizzazione si ritorce loro contro, proprio perché evitano di confrontarsi con le prove e le preoccupazioni che coinvolgono genitori e cittadini di ogni orientamento politico. Ogni tentativo di mantenere il controllo narrativo attraverso l'autorità, piuttosto che attraverso le prove, accelera il collasso della credibilità istituzionale.
Oltre Kennedy: ridefinire le linee di politica
L'analisi del NYT sul potenziale alienamento degli alleati repubblicani a causa di Kennedy evidenzia in particolare la loro incomprensione del mutevole panorama politico. Da democratico di lunga data che continua a sostenere molti valori progressisti tradizionali, Kennedy trascende i confini politici convenzionali. Il suo messaggio – “Dobbiamo amare i nostri figli più di quanto ci odiamo a vicenda” – viene accettato proprio perché chiunque liquida questa crociata per ripristinare la vitalità americana come mero teatrino politico è cieco di fronte all'ondata di persone stanche di vedere le proprie comunità sgretolarsi sotto il peso di un declino artificiale.
Non si tratta solo di Kennedy, ma dell'incapacità dei media di affrontare le legittime preoccupazioni di un pubblico disilluso. Quando le istituzioni si rifiutano di confrontarsi con le voci dissenzienti, accrescono la sfiducia e incrinano il fondamento condiviso necessario per un dibattito democratico. Mentre il messaggio di RFK Jr. ha risuonato oltre i confini politici, l'incapacità dei media di affrontare questioni fondamentali, come le carenze normative, rivela quanto siano ormai fuori dal mondo.
L'arte di mancare il punto
Prendete in considerazione questa verifica dei fatti tratta dal sopraccitato articolo. Il Times tenta di screditare l'esempio di Kennedy sui Fruit Loops, ma inavvertitamente conferma il suo punto: ingredienti vietati nei mercati europei sono in effetti consentiti nei prodotti americani. Concentrandosi sulla precisione semantica invece che sulla questione più ampia – perché le autorità di regolamentazione statunitensi consentano ingredienti non sicuri – i media distolgono l'attenzione dai dibattiti sostanziali.
La senatrice Elizabeth Warren ha dichiarato questa settimana: “RFK Jr. rappresenta un pericolo per la salute pubblica, la ricerca scientifica, la medicina e la copertura sanitaria per milioni di persone. Vuole impedire ai genitori di proteggere i propri figli dal morbillo e le sue idee accoglierebbero con favore il ritorno della poliomielite”. Eppure questa inquadratura allarmistica elude la semplice domanda che Kennedy in realtà solleva: perché non dovremmo volere test di sicurezza adeguati per le sostanze chimiche che dovremmo iniettare nelle vene dei nostri figli? Il silenzio in risposta a questa domanda la dice lunga sulle priorità istituzionali e sulla loro paura di qualcuno con il potere di esigere risposte.
RFK Jr. poses a danger to public health, scientific research, medicine, and health care coverage for millions.
He wants to stop parents from protecting their babies from measles and his ideas would welcome the return of polio.
I have a lot of questions for his Senate hearing. https://t.co/YlpqO4dBdO
Un referendum sull'ingegnerizzazione del consenso
Dite quello che volete di Trump, ma le sue dichiarazioni sulle “fake news” hanno toccato un nervo scoperto che emana sempre più dolore ogni giorno che passa. Chi un tempo derideva queste affermazioni ora osserva con gli occhi spalancati le narrazioni coordinate che si diffondono sulle piattaforme mediatiche. Il gaslighting è diventato troppo evidente per essere ignorato. Questo risveglio trascende i tradizionali confini politici, gli americani di ogni estrazione sociale sono stanchi di sentirsi dire di non credere ai propri occhi, che si tratti di linee di politica pandemiche, realtà economiche o soppressione delle voci dissidenti.
«Il partito vi ha detto di rifiutare l'evidenza dei vostri occhi e delle vostre orecchie.
Fu il suo ultimo, e più essenziale, comando.»
~ George Orwell, 1984
Il momento della verità
Con Kennedy a capo dell'infrastruttura sanitaria americana, le istituzioni mediatiche si trovano di fronte a un punto di svolta cruciale. Campagne di paura e attacchi ad hominem non saranno sufficienti quando le sue posizioni politiche richiederanno un esame approfondito. Il meccanismo del licenziamento coordinato – visibile in identici punti di discussione su tutte le reti – rivela più sulla fedeltà istituzionale che sull'integrità giornalistica.
Questo momento richiede qualcosa di diverso. Quando Kennedy solleva questioni sui test di sicurezza farmaceutica o sulle tossine ambientali – questioni che coinvolgono famiglie di ogni orientamento politico – un dibattito critico deve sostituire la ridicolizzazione delle posizioni altrui. Le sue posizioni reali, ascoltate direttamente piuttosto che attraverso i filtri dei media, spesso si allineano con le preoccupazioni di buon senso sull'influenza delle aziende farmaceutiche riguardo la salute pubblica.
Questo modello istituzionale di autorità artificiale si collega direttamente ai temi che ho esplorato in un altro articolo intitolato Tutto svuotato: sistemi basati su decreti piuttosto che su un valore dimostrato. Non vendono armi, vendono paura. Le stesse forze che controllano la politica monetaria ora cercano di dettare il dibattito sulla salute pubblica.
Rompere la macchina del consenso
La soluzione non verrà dai guardiani istituzionali (sono loro che ci hanno portati fin qui), ma da un esame diretto. Dobbiamo tutti:
• Ascoltare i discorsi completi di Kennedy piuttosto che frammenti audio editati;
• Leggere le sue posizioni politiche piuttosto che le caratterizzazioni dei media;
• Esaminare le prove che cita piuttosto che i riassunti dei fact-checker;
• Capire perché alcune questioni relative alla sanità pubblica siano considerate off-limits.
Non sto suggerendo di accettare ogni posizione contraria, ma piuttosto che la fiducia e l'autorevolezza debbano essere guadagnate attraverso un'analisi rigorosa piuttosto che essere presunte tramite l'autorità. Fino ad allora, articoli come quelli segnalati qui continueranno a esemplificare gli stessi fallimenti istituzionali che alimentano i movimenti che cercano di screditare. Con l'avvicinarsi del vero potere istituzionale di Kennedy, aspettatevi che questi attacchi si intensifichino: un chiaro segnale di quanto i guardiani del nostro consenso artificiale e ingegnerizzato abbiano da perdere.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.
Perché l'America non ha bisogno di “alleati”
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/perche-lamerica-non-ha-bisogno-di)
D'accordo, il titolo è un po' forte e ha un tono volutamente beffardo, ma deve esserlo perché nel catechismo della politica estera nazionale è radicata una presunzione, quasi sacra, secondo cui “alleati”, “alleanze” e “coalizioni dei volenterosi” sono il fondamento di una politica estera illuminata, necessaria ed efficace.
I politici e i diplomatici americani non dovrebbero quindi mai lasciare queste coste al resto del mondo. Questo dogma ha raggiunto la sua massima espressione nella “coalizione dei volenterosi” del Segretario di Stato, James Baker, durante la prima, assolutamente inutile, Guerra del Golfo nel 1991 e da allora ci tormenta... purtroppo.
In realtà, la verità è più o meno l'opposto, quindi va espressa in modo crudo, quasi provocatorio. In altre parole, gli alleati nel mondo di oggi sono per lo più un peso, del tutto irrilevanti per la sicurezza militare della patria americana e una fonte importante di inutili attriti e persino di veri e propri conflitti tra le nazioni.
In parole povere, l'America è stata resa un egemone economico e militare da tutte le piccole e medie nazioni che ha schierato in alleanze formali e di fatto, dato che sono incentivate a perseguire politiche che minimizzano i propri investimenti nella difesa e incoraggiate a gettare al vento la cautela diplomatica. In altre parole, le “alleanze” di Washington consentono ai politici interni o ai governi eletti di questi piccoli alleati di essere più aggressivi o conflittuali nei confronti dei “cattivi” designati da Washington di quanto non sarebbero sicuramente se operassero solo con le proprie forze.
Ad esempio, l'ex-primo ministro estone tra il 2021 e il 2024, Kaja Kallas, e ora Capo degli affari esteri dell'UE, è stata una critica sguaiata e al vetriolo della Russia e una sostenitrice intransigente dell'invio di denaro altrui [cioè il vostro] a sostegno dell'altrettanto inutile guerra per procura contro la Russia nelle steppe ucraine.
Con una popolazione di appena 1,3 milioni di abitanti, un PIL di appena $40 miliardi e una forza armata di 8.000 unità, l'Estonia rappresenta un alleato insignificante nello schema generale delle cose. Quindi non contribuisce in alcun modo alla sicurezza nazionale americana.
D'altronde, se non esistessero la NATO e lo scudo militare degli Stati Uniti previsto dall'Articolo 5, pensate che la Kallas esulterebbe a gran voce per Zelensky? Il suo popolo avrebbe tollerato il suo atteggiamento da piccolo Davide che brandisce una fionda contro il Golia della porta accanto?
Osiamo dire che sarebbe prevalso l'esatto opposto. L'Estonia e il suo leader si sarebbero preoccupati di comportarsi bene con il loro vicino di dimensioni extra large, come hanno sempre fatto i piccoli Paesi da tempo immemore.
E se per qualche motivo la buona diplomazia e la conduzione di un commercio economico reciprocamente vantaggioso non avessero funzionato, cosa che accade quasi sempre, sarebbero stati obbligati ad armarsi fino al collo. Ovvero, mobilitare il 10-25% del PIL per la difesa, se necessario, anziché il misero 2,9% del PIL che l'Estonia effettivamente spende. A sua volta ciò avrebbe creato un deterrente: la resistenza a un potenziale aggressore, l'alto costo in sangue e denaro che sarebbe stato costretto ad affrontare violando i confini e la sovranità di un vicino più piccolo.
E, per l'amor del cielo, il mondo del XXI secolo non è certo un caso isolato per quanto riguarda le relazioni tra nazioni grandi, piccole e medie. “Fare pace” in diplomazia ed economia e rendere chiara la deterrenza è in realtà il modo in cui il mondo delle nazioni dovrebbe funzionare e, prima dell'ascesa dell'Egemone sulle rive del Potomac, di solito funzionava.
Di certo gli dei della storia non hanno conferito ai politici e ai burocrati di Washington il mandato di farsi amici e di salvaguardare, da un capo all'altro del pianeta, ogni piccolo uomo dal respiro affannoso dei grandi uomini nelle vicinanze.
Infatti in un mondo senza l'Egemone sulle rive del Potomac, nessuno avrebbe pensato di definire “ispirazione” la sconsiderata follia di Kiev nell'attaccare militarmente e brutalizzare le popolazioni russofone del Donbass dopo il colpo di stato di Piazza Maidan nel febbraio 2014. Si è trattato di una stupidaggine incredibile – qualcosa che i vicini non storditi dallo scudo militare dell'Egemone o istigati da CIA, NED, USAID, Dipartimento di Stato e Pentagono non avrebbero avuto problemi a riconoscere e comprendere.
Infatti questa osservazione si applica a tutta la schiera di piccoli Paesi che sono stati ammessi nella NATO dall'inizio del secolo. Ad esempio, per quanto riguarda i cinque piccoli Paesi balcanici che non condividono nemmeno le coste del Mar Nero con la Russia, ecco la misera capacità militare e il peso della difesa (misurati in percentuale del PIL) che apportano alla sicurezza nazionale americana.
Per mettere in prospettiva questa esiguità di personale militare, prendiamo in considerazione innanzitutto, a titolo di confronto, le dimensioni delle forze di polizia nelle principali città statunitensi. Mentre questi poliziotti possono mangiare troppe ciambelle sul lavoro e quindi non superare qualsiasi test di prontezza al combattimento, quando si tratta di pura forza umana, le forze di polizia cittadine elencate qui superano la maggior parte di quelle che questi “alleati” balcanici offrono.
Dimensioni delle forze di polizia nelle principali città degli Stati Uniti:
• New York City: 36.000 unità
• Chicago: 13.100 unità
• Los Angeles: 10.000 unità
• Filadelfia: 6.500 unità
Questo per dire che tutte le città sopra menzionate hanno forze di uomini in blu più numerose rispetto alla maggior parte dei piccoli alleati della NATO raffigurati di seguito, dove mostriamo la loro forza militare attiva e la loro spesa per la difesa in percentuale del PIL.
• Croazia: 14.300 unità/1,8% del PIL
• Macedonia del Nord: 8.000 unità/1,7% del PIL
• Slovenia: 7.300 unità/1,5% del PIL
• Albania: 6.600 unità/1,7% del PIL
• Montenegro: 2.350 unità/1,6% del PIL
Chiaramente questi Paesi non tremano per niente di fronte all'orso russo. Nell'ultimo anno di guerra per procura tra NATO e Russia nelle sventurate steppe dell'Ucraina, nessuno di questi cinque si è nemmeno preoccupato di spendere il 2% del PIL per la difesa!
Infatti persino i pesci più grossi, posizionati gomito a gomito con la Russia sul Mar Nero, non hanno mostrato una paura maggiore di fronte all'orso russo. La Romania spende solo il 2,2% del PIL per la difesa e i suoi elettori volevano eleggere un presidente che voleva stringere amicizia con Putin – un leader eletto democraticamente, ovviamente, odiato dagli “alleati” della Romania a Bruxelles e Washington.
Allo stesso modo, la Bulgaria spende solo il 2,2% per la difesa e la Serbia non ha nemmeno ritenuto opportuno aderire alla NATO. Beh, non da quando la sua capitale è stata bombardata in mille pezzi nel 1999 dagli aerei da guerra della NATO, a causa della sua insistenza sul fatto che il Kosovo non fosse separato dal suo territorio sovrano in base al mandato di Bill e Hillary Clinton.
Anche in quanto alleato fermo della Russia nella regione, la Serbia spende circa il 2,3% del PIL per la difesa e ha circa 28.000 uomini attivi in uniforme nelle sue forze armate. Vale a dire, le forze neutrali serbe ammontano a circa la stessa potenza militare combinata dei cinque piccoli Paesi della sponda adriatica dei Balcani.
Inoltre risulta anche che questi cinque piccoli membri della NATO spendono in realtà circa la stessa miseria per le capacità militari di Ungheria e Slovacchia, confinanti con l'Ucraina. La prima spende circa il 2,0% del PIL per la difesa, mentre la spesa militare della seconda è del 2,1% del PIL. Eppure entrambi i governi, vicini all'orso russo, si oppongono con fermezza alla guerra per procura della NATO in Ucraina e vanno piuttosto d'accordo con Mosca!
In breve, nessuno di questi Paesi sembra davvero temere l'orso russo, altrimenti spenderebbero percentuali a due cifre del loro PIL per armarsi così bene da offrire un pasto poco invitante al presunto aggressore russo. Al contrario, o hanno aderito alla NATO per entrare nel Club Atlantico, o hanno semplicemente rifiutato l'opportunità (Serbia) o si sono lasciati trasportare (Ungheria e Slovacchia).
Il punto è che estendere la NATO ai Balcani è stata una stupidaggine perpetrata dai burocrati dello Stato militare a Washington e Bruxelles. Non contribuisce assolutamente alla difesa nazionale americana dal punto di vista militare, mentre consente ai piccoli vicini di casa della Russia di spendere una miseria per la difesa e di tanto in tanto provocare l'orso russo, cosa che non si sognerebbero mai di fare con i loro 8.000 soldati armati alla leggera.
Naturalmente lo stesso discorso vale a nord, sul Baltico. Le tre repubbliche baltiche hanno entrambe vissuto e ricordano i decenni di occupazione sovietica, eppure i loro attuali bilanci pubblici dimostrano ampiamente che non percepiscono affatto la Russia postcomunista come una minaccia esistenziale. Ecco perché spendono soldi in eserciti fittizi, mentre i loro politici, come la Kallas, fanno demagogia su Putin per aizzare gli elettori e ottenere il favore dei burocrati neocon guerrafondai che dominano la NATO e l'UE.
Tuttavia nessun Paese con le scarse capacità militari illustrate nei numeri qui sotto teme davvero il vicino russo. Se lo facesse, con o senza la NATO, investirebbe i propri fondi di bilancio laddove si cela la deplorevole retorica di alcuni politici dalla lingua lunga.
Dimensioni delle forze armate e di difesa in % del PIL:
• Lituania: 14.100 unità/2,8% del PIL
• Estonia: 7.700 unità/2,9% del PIL
• Lettonia: 6.750 unità/2,4% del PIL
In breve, le osservazioni di Trump hanno colto nel segno nel caso di tutti questi insignificanti alleati della NATO.
In altre parole, tutti questi alleati sono molto più problematici di quanto valgano. La sicurezza militare del territorio americano può essere garantita da un'invincibile triade nucleare strategica basata su bombardieri, missili balistici intercontinentali terrestri e sottomarini nucleari – nessuno dei quali richiede basi o “alleati” stranieri. Questo, unito a una potente difesa convenzionale delle sue coste e del suo spazio aereo, sarebbe più che sufficiente a garantire la sicurezza militare del territorio americano nel mondo odierno.
Nessuna di queste capacità militari è minimamente rafforzata dagli alleati insignificanti che sono stati arruolati nella NATO sin dal 1999. Né nel mondo odierno vi è alcun rischio che una potenza come la Russia, o la Cina, possa attaccare, conquistare e accumulare decine di migliaia di miliardi di PIL, manodopera in età militare e capacità di produzione militare.
Infatti sia la Russia che la Cina sanno bene che il costo dell'invasione, della conquista e della pacificazione nel mondo odierno non varrebbero minimamente la candela. Ecco perché la risposta alla domanda su quanti Paesi la Cina comunista abbia conquistato negli ultimi quattro decenni è zero!
Al contrario, le 750 basi americane e i 160.000 militari dislocati all'estero, dal Giappone alla Germania, dall'Italia al Regno Unito, rappresentano in realtà dei pericolosi “cavi di inciampo” progettati per:
• Fornire una scusa alle aziende della difesa statunitense per vendere armi alle nazioni alleate in cui hanno sede le forze armate statunitensi.
• Creare una scusa per intromettersi nei conflitti stranieri basandosi sul fatto che i militari americani sono in pericolo.
Durante il periodo di massimo sviluppo dell'America come la più grande nazione sulla Terra (dalla cancellazione del trattato con la Francia nel 1797 alla ratifica del trattato NATO nel 1949), l'America non aveva alleanze, trattati militari o alleati autorizzati a provocare conflitti con i propri vicini, con l'intesa che lo Zio Sam avesse coperto loro le spalle.
Durante quei 152 anni tutto andò per il meglio per l'America, così come per qualsiasi altra nazione nella storia, prima e dopo di essa. E assolutamente nulla è cambiato affinché la saggezza di Washington e Jefferson venissero alterate riguardo l'evitare alleanze all'estero.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.
Il ruolo della Cina nella crisi fentanyl negli Stati Uniti
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-ruolo-della-cina-nella-crisi-fentanyl)
Le tensioni tra gli Stati Uniti e la Cina sono aumentate, con i due Paesi che hanno aumentato i dazi sulle rispettive importazioni. Nel frattempo la retorica di Pechino è diventata sempre più conflittuale.
All'inizio di marzo l'ambasciata cinese a Washington ha condiviso sui social media un post del suo Ministero degli esteri, in cui ribadiva: “Se gli Stati Uniti vogliono la guerra, che sia una guerra tariffaria, commerciale o di qualsiasi altro tipo, siamo pronti a combattere fino alla fine”.
Il presidente Donald Trump ha avvertito che, sebbene gli Stati Uniti non vogliano dichiarare guerra alla Cina, sono “ben equipaggiati per gestirla”.
Trump ha imposto un ulteriore dazio del 20% su tutti i beni fabbricati in Cina, citando l'emergenza nazionale sul continuo traffico di fentanyl negli Stati Uniti, un oppioide mortale da 50 a 100 volte più potente della morfina.
Ancora oggi la Cina rimane la principale fonte di precursori del fentanyl, i quali vengono spediti in Messico, dove vengono trasformati in questa droga. Poi viene introdotta illegalmente negli Stati Uniti, principalmente attraverso il confine meridionale.
In risposta all'ulteriore dazio di Trump, Pechino ha imposto un dazio aggiuntivo del 15% sul carbone e sul gas naturale degli Stati Uniti e un ulteriore 10% sulle attrezzature agricole e sui pick-up.
Il regime comunista ha anche definito l'epidemia di fentanyl un “problema interno” degli Stati Uniti e ha bollato i dazi statunitensi come un “ricatto”.
Yuan Hongbing, ex-professore di legge all'Università di Pechino in Cina, ora residente in Australia, ha affermato che l'epidemia di oppioidi negli Stati Uniti è ben lungi dall'essere la ferita autoinflitta che il PCC ha lasciato intendere.
Il regime cinese ha avuto un ruolo significativo nella crisi del fentanyl in America e incolpare gli Stati Uniti per questo è da tempo la strategia del leader del Partito Comunista Cinese (PCC), Xi Jinping, ha detto lo stesso Yuan a NTD, organo di stampa gemello di Epoch Times, in una recente puntata del programma in lingua cinese “Pinnacle View”.
Yuan, che ha accesso privilegiato ai vertici del PCC, ha affermato che Xi ha costantemente impartito direttive interne durante il primo e il secondo mandato di Trump, secondo cui Pechino deve continuare a sostenere che la crisi della droga in Europa e negli Stati Uniti non è collegata alla Cina.
Yuan ha affermato che il regime ha anche ricevuto da Xi l'ordine di affermare che la Cina produce legalmente i precursori chimici e che se questi vengono trasformati in farmaci mortali e introdotti di contrabbando negli Stati Uniti o in Europa, la responsabilità non ricade sulla Cina.
L'esperto cinese ha inoltre affermato che il fentanyl è al centro del tentativo di Xi di “vendicarsi” dell'Occidente. Ha detto che Xi incolpa quest'ultimo di aver sottoposto la Cina a un secolo di umiliazioni a seguito delle Guerre dell'oppio a metà del XIX secolo. Durante quel periodo la Cina doveva firmare una serie di trattati ingiusti che prevedevano la cessione dei territori cinesi e apriva i porti cinesi al controllo straniero.
“È proprio grazie alle direttive di Xi che stiamo assistendo a un aumento sia della produzione di precursori del fentanyl in Cina sia alla loro esportazione, alimentando l'attuale crisi negli Stati Uniti”, ha affermato Yuan.
I decessi per overdose da fentanyl sono diventati una crisi nazionale, con oltre 200 vittime americane al giorno, secondo la Drug Enforcement Administration. Solo nel 2023 circa 75.000 americani sono morti per overdose da fentanyl, un aumento impressionante di 23 volte rispetto a 10 anni fa.
Oggi le overdose accidentali da farmaci sono la principale causa di morte tra gli americani di età compresa tra i 18 e i 45 anni. Un dato più positivo è che il numero di decessi per overdose correlati agli oppioidi è diminuito di oltre il 20% nel 2024, secondo i Centers for Disease Control and Prevention.
La crisi fentanyl è diventata una delle principali preoccupazioni degli elettori americani ed è diventata una delle forze trainanti delle relazioni tra Stati Uniti e Cina, ha affermato l'esperto cinese Alexander Liao.
Quest'ultimo ha affermato che le relazioni tra Pechino e Washington sono cambiate radicalmente. Durante l'amministrazione Biden i due Paesi hanno attraversato una “glaciazione” diplomatica, durante la quale le comunicazioni tra alti funzionari si sono bloccate per circa 10 mesi nel 2022 e nel 2023. Tuttavia Liao ritiene che il confronto abbia ora raggiunto un nuovo livello.
“Che si tratti di commercio o di altri aspetti, gli Stati Uniti e la Cina si sono rivoltati l'uno contro l'altro”, ha detto Liao a Epoch Times.
“Poco rumore ma fatti feroci” è il modo in cui definisce la situazione attuale tra Pechino e Washington, in contrasto con le “grandi discussioni e pochi fatti” in corso tra Stati Uniti ed Europa.
“La politica funziona diversamente tra nemici e amici”, ha aggiunto.
Gli Stati Uniti sono il nemico perfetto per il regime cinese
Nell'ultimo decennio la Cina ha fatto registrare una crescita economica significativa. Secondo i dati della Banca Mondiale, il suo PIL nominale è ora superiore a tre quarti di quello degli Stati Uniti. In termini di potere d'acquisto, l'economia cinese ha superato quella degli Stati Uniti nel 2016.
Qualche anno prima Xi aveva scalato i ranghi del PCC e nel 2013 ne aveva assunto la leadership.
Secondo Yuan, la natura comunista di Xi lo ha spinto a sfruttare immediatamente la forza economica della Cina per istituire un programma di politica estera, la Belt and Road Initiative, finalizzato a espandere il totalitarismo comunista in tutto il mondo.
Con il pretesto dello sviluppo infrastrutturale, la piattaforma geopolitica da $1.000 miliardi si appropria delle risorse naturali di altri Paesi, tra cui minerali essenziali per la produzione di chip per computer, ed espande l'uso dei loro porti per i propri scopi civili e militari.
Lo slogan politico distintivo di Xi è “realizzare il grande ringiovanimento della nazione cinese”.
La sua spinta verso il dominio cinese inizia con il declino del Paese 200 anni fa. Secondo il PCC, l'Occidente è responsabile della trasformazione della Cina da un vincitore a un perdente nel mondo. Il sistema educativo e la propaganda del regime comunista enfatizzano spesso le Guerre dell'oppio come l'inizio del “Secolo dell'umiliazione”.
Xi ha affermato che la riconquista di Hong Kong e Macao, rispettivamente dal Regno Unito e dal Portogallo, ha “cancellato l'umiliazione di un secolo” e che il passo successivo è l'unificazione di Taiwan con la Cina continentale.
Nonostante l'apparente promozione del nazionalismo, ha affermato Liao, la logica di Xi rimane radicata nella dottrina comunista nel perseguire la diffusione globale del comunismo – o, nel gergo del Partito, “alzare la bandiera rossa in tutto il mondo”.
Questo rende gli Stati Uniti il nemico numero uno del PCC, ha aggiunto Liao. In qualità di protettori di Taiwan e leader dell'attuale ordine mondiale, gli Stati Uniti rappresentano il principale ostacolo ai piani di Xi.
Il PCC ha sfruttato decenni di rapida crescita economica della Cina per giustificare il proprio dominio. Tuttavia le draconiane misure di lockdown imposte da Xi per il COVID-19 hanno esacerbato i problemi di lunga data della sua economia alimentata dal debito e guidata dall'offerta. Dopo la revoca dei lockdown, il crollo del mercato immobiliare e la carenza di liquidità delle amministrazioni locali hanno lasciato l'economia in stagnazione.
Istigare il risentimento contro un nemico esterno è un'altra tattica utilizzata dal PCC per rafforzare il proprio potere. Gli Stati Uniti diventano quindi il bersaglio perfetto e il Partito può propagandare i propri sforzi per contrastarlo.
L'obiettivo finale di Xi
L'obiettivo finale di Xi, ha affermato Yuan, è “sostituire gli Stati Uniti nel ruolo di garante dell'ordine mondiale”. Yuan ha aggiunto che lui e Xi erano soliti bere insieme quando quest'ultimo era ancora una figura di potere a livello provinciale. Un anno dopo l'insediamento di Xi in Cina, il bilancio delle vittime per overdose di fentanyl negli Stati Uniti è aumentato vertiginosamente. Nel 2017 i decessi annuali hanno raggiunto quota 28.000; nel 2023 il numero è balzato a 75.000.
Nel 2017, quando Pechino sapeva che la Cina aveva superato gli Stati Uniti in termini di PIL misurato in termini di potere d'acquisto, Xi e i suoi seguaci credevano che il “problema americano” sarebbe stato risolto entro un decennio – con la sostituzione degli Stati Uniti da parte della Cina come superpotenza mondiale.
Liao ha affermato che le sue fonti interne a Pechino gli hanno riferito di un clima di ottimismo crescente all'interno del PCC, il quale ha portato a un atteggiamento sprezzante nei confronti degli Stati Uniti tra i leader del partito.
“In quel clima, i sostenitori della linea dura all'interno del PCC si sono sostanzialmente immessi su un percorso irreversibile di scontro con gli Stati Uniti”, ha affermato Liao.
Il fallimento degli Stati Uniti nel contenere l'epidemia di droga ha anche rafforzato l'orgoglio e la fiducia di Xi, ha affermato Yuan, aggiungendo che Xi vede la crisi fentanyl negli Stati Uniti come la prova che “l'Oriente sta crescendo, l'Occidente sta declinando”.
Secondo le fonti di Liao, durante la prima visita di stato di Trump in Cina nel novembre 2017, un alto funzionario del PCC disse a Trump: “Deve solo fornirci materie prime e un mercato di consumo per la nostra produzione”.
Una fonte interna a Pechino ha riferito a Liao che quell'incontro spinse Trump ad applicare dazi sulla Cina non appena tornato a Washington. La fonte ha affermato che l'arroganza e il tono condiscendente del funzionario cinese avevano messo Trump profondamente a disagio, in quanto la dipendenza degli Stati Uniti dalla produzione manifatturiera cinese stava sfuggendo di mano.
Epoch Times ha contattato la Casa Bianca per un commento.
Nel gennaio 2018 Trump ha iniziato a imporre dazi sulle importazioni cinesi per ridurre lo squilibrio commerciale e costringere la Cina a interrompere il furto di segreti commerciali e proprietà intellettuale statunitensi.
Due anni dopo Pechino e Washington firmarono un accordo commerciale in base al quale la Cina si impegnava ad acquistare più prodotti statunitensi.
Due mesi dopo sarebbe scoppiata la “pandemia”.
Il primo giorno del suo secondo mandato, Trump ha ordinato un'indagine sulla politica commerciale da condurre entro il 1° aprile. Lo studio individuava la Cina come bersaglio per la valutazione dell'adempimento dell'accordo commerciale e per l'esame di eventuali pratiche commerciali ingiuste o sbilanciate.
Trump ha definito il 2 aprile il “Giorno della liberazione” degli Stati Uniti, giorno in cui ha imposto dazi reciproci per livellare il campo con tutti i suoi partner commerciali. Un risultato probabile è che la Casa Bianca imporrà dazi aggiuntivi sulle importazioni cinesi.
L'economia cinese è più debole rispetto al primo mandato di Trump e dipende maggiormente dalle esportazioni.
Il senatore Steve Daines (R-Mont.), il primo politico statunitense a visitare Pechino durante il secondo mandato di Trump, ha trasmesso il messaggio del presidente agli alti dirigenti cinesi, richiedendo “azioni decisive da parte della Cina per fermare il flusso di precursori del fentanyl”. Il 23 marzo ha ribadito la richiesta degli Stati Uniti in un'intervista a Bloomberg.
“Sarà difficile discutere di dazi e barriere non tariffarie finché la questione dei precursori del fentanyl non sarà risolta”, ha affermato.
Indipendentemente dalle concessioni che Pechino proporrà a Trump in un possibile vertice Trump-Xi a giugno, i due Paesi sono su una rotta di collisione “inevitabile”, ha affermato Yuan.
“Non si tratta di un conflitto temporaneo innescato da un singolo evento, che si tratti di dazi o di altre questioni specifiche”, ha aggiunto, “il confronto è critico e inevitabile, guidato da forze più ampie e di lungo periodo”.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Non può essere vero
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/non-puo-essere-vero)
C'è una sorta di conforto nel credere che le cose accadano semplicemente per caso. Che i potenti non cospirino, che le istituzioni non si coordinino, che i pilastri fatiscenti della società rappresentino una mera casualità piuttosto che un disegno. Ho imparato a chiamare queste persone “accidentalisti” – coloro che trovano rifugio nella casualità, che liquidano gli schemi come paranoia.
Il costo di vedere
Come la pillola rossa in Matrix, riconoscere gli schemi cambia tutto. Molti scelgono comode illusioni piuttosto che scomode verità. Come osservò Hannah Arendt: “Il soggetto ideale del regime totalitario non è il nazista convinto o il comunista convinto, ma persone per le quali la distinzione tra realtà e finzione non esiste più”.
Per la classe dirigente – accademici, giornalisti, dirigenti aziendali – riconoscere questi schemi significa confrontarsi con la propria complicità. Il loro successo, il loro status, il loro senso di sé – tutto costruito sul sostegno piuttosto che sulla messa in discussione delle strutture di potere.
La mentalità accidentalista offre rifugio da questo autoesame. Meglio ignorare che affrontare il proprio ruolo nel meccanismo.
La morte della coincidenza
Ci vuole una notevole acrobazia mentale per credere che chi detiene il potere – che lo ha ottenuto attraverso un'attenta pianificazione e coordinamento – smetta improvvisamente di pianificare e coordinare una volta ottenutolo. Che abbandoni quegli strumenti che hanno portato loro il successo; che diventino, in qualche modo, osservatori passivi del proprio declino.
Di fronte a prove di coordinamento – che si tratti di censura statale documentata, controllo narrativo istituzionale, o campagne mediatiche coordinate – l'accidentalista traccia una linea arbitraria. “Beh, questo è diverso”, dice. “Non è una cospirazione, è solo...” E qui si perde, incapace di spiegare perché alcune azioni coordinate dei potenti siano considerate cospirazioni mentre altre siano semplicemente la normalità.
La strumentalizzazione dello scetticismo e la produzione di emarginati
Il termine stesso “complotto” rivela la manipolazione istituzionale. Il dispaccio della CIA del 1967 (Documento 1035-960) ordinava esplicitamente ai media di usare questa etichetta per screditare i critici della Commissione Warren. Trasformarono lo scetticismo in patologia, facendo sembrare delirante il semplice atto di mettere in discussione il potere.
Questa strumentalizzazione del linguaggio funzionò brillantemente. Oggi il riconoscimento di schemi diventa sospetto. Nel 2022 il New York Times pubblicò forse l'esempio più rivelatore dell'arroganza istituzionale: un saggio che metteva in guardia i cittadini dal “fare le proprie ricerche”, suggerendo che non fossero competenti per mettere in discussione le conclusioni degli esperti. Il messaggio era chiaro: lasciate che ci pensiamo noi. Fidatevi degli esperti, restate nella vostra corsia.
Che questa direttiva paternalistica provenisse da una pubblicazione con una storia di diffusione di disinformazione la dice lunga. L'accidentalista, naturalmente, non vede alcun problema nel fatto che gli esperti dicano alle persone di non pensare con la propria testa. Non coglie l'implicazione più profonda: quando le istituzioni scoraggiano attivamente le indagini indipendenti, rivelano il loro timore di un controllo informato.
Lo schema è inequivocabile: identificare gli scettici, screditarli, farne degli esempi. L'accidentalista non si chiede mai perché mettere in discussione il potere inneschi attacchi così coordinati.
Le smentite di oggi, i titoli di domani
Prendete in considerazione questo: nel 2021 diversi miei amici mi hanno consigliato con entusiasmo Dopesick, una mini serie TV che mette in evidenza la manipolazione della medicina da parte dei Sackler a beneficio delle loro tasche. Ciononostante questi stessi amici mi hanno deriso per aver messo in discussione le aziende farmaceutiche oggi, malgrado il loro status di industria più punita a livello giudiziario nella storia dell'umanità. Chi ha riconosciuto schemi simili è stato etichettato come “no-vax” e “minaccia per la salute pubblica”. Gli scienziati che suggerivano tesi alternative a quelle mainstream sono diventati “complottisti”. Lo schema si ripete: identificare gli scettici, screditarli, farne degli esempi.
Esaminiamo tre casi in cui i “complotti” si sono trasformati in storia riconosciuta:
- L'inganno dello zucchero: negli anni '60 l'industria dello zucchero pagò scienziati di Harvard per attribuire le malattie cardiache ai grassi anziché allo zucchero. Questi studi finanziati dall'industria hanno plasmato le linee guida alimentari per decenni, creando una massiccia crisi di salute pubblica attraverso alimenti “a basso contenuto di grassi” ma ricchi di zucchero. L'accidentalista considera questo un episodio storico isolato piuttosto che un modello per la manipolazione aziendale della scienza.
- Il copione del tabacco: per decenni le aziende del tabacco hanno nascosto prove che collegavano il fumo al cancro, finanziando la ricerca per creare dubbi. La loro nota interna affermava: “Il dubbio è il nostro prodotto”. L'accidentalista considera questo un caso unico piuttosto che riconoscere le stesse tattiche nelle attuali pratiche aziendali.
- L'insabbiamento del Vioxx: la Merck nascose le prove che il suo farmaco di successo causava infarti, causando circa 60.000 morti. Documenti interni hanno rivelato che i dirigenti stavano elaborando strategie per “neutralizzare” le critiche. L'accidentalista tratta questo come un'aberrazione piuttosto che una procedura operativa standard.
Lo schema si ripete
Prendete in considerazione la tempistica: un Patriot Act di 342 pagine è apparso settimane dopo l'11 settembre. L'Operazione Lock Step ha descritto le misure pandemiche nel 2010. L'Evento 201 ha simulato le risposte nell'ottobre 2019, lo stesso giorno dei Giochi Militari di Wuhan. Mesi dopo queste stesse misure sono state implementate a livello globale. Quali sono le probabilità?
Gli schemi di controllo si ripetono a ogni livello:
• A livello mondiale: coordinamento OMS/WEF
• A livello nazionale: regolamentazione
• A livello aziendale: repressione interna del dissenso
• A livello locale: pressione della comunità a conformarsi
Le impronte digitali del potere sono ovunque. Una volta che le vedete, non potete più ignorarle.
La convergenza aziendale
Ecco dove la visione del mondo accidentalista fallisce davvero: non si trattava di cospirazioni separate, ma di un singolo sistema che perfezionava i suoi metodi. I giganti del tabacco che consapevolmente hanno creato dipendenza per milioni di persone non sono scomparsi: hanno acquisito aziende alimentari (RJR Nabisco) e hanno continuato a manipolare la salute pubblica. Gli stessi conglomerati alimentari ora si fondono con le multinazionali farmaceutiche (Monsanto/Bayer), affidando la responsabilità della nostra medicina agli stessi scienziati che hanno progettato sigarette e alimenti trasformati che creano dipendenza.
Queste multinazionali non condividono solo la proprietà, ma anche i metodi. Le stesse tattiche usate per creare dipendenza nei fumatori sono state applicate agli alimenti trasformati; la stessa manipolazione della ricerca che ha nascosto i pericoli del tabacco ora oscura i rischi farmaceutici; lo stesso controllo mediatico che ha venduto le sigarette come salutari ora promuove interventi medici non testati.
I mercanti di realtà
Si consideri la risposta dei media alla nomina di Robert F. Kennedy Jr. a Segretario dell'HHS. Il messaggio coordinato è impossibile da ignorare: i commentatori di tutte le reti l'hanno etichettato uniformemente come “complottista” e “pericoloso per la salute pubblica”, senza mai affrontare le sue reali posizioni. Sono le stesse voci che hanno sostenuto linee di politica pandemiche distruttive, e ora cercano di screditare chi le ha messe in dubbio.
O si prenda in esame il Dr. Jay Bhattacharya, un professore di Stanford la cui competenza era indiscussa fino a quando non ha contestato i lockdown. La risposta istituzionale è stata rapida: attacchi mediatici coordinati, ostracismo accademico e soppressione algoritmica. Lo schema è chiaro: la competenza viene rispettata solo quando è in linea con gli interessi istituzionali.
Conformità ingegnerizzata
Il modello inizia con scarsità artificiale e dipendenza forzata, ma comprendere i meccanismi dei sistemi fiat è solo l'inizio. La vera rivelazione è riconoscere come questa architettura si estenda oltre il denaro in ogni ambito dell'esistenza umana.
Il COVID-19 non ha creato nuovi sistemi di controllo, ma ne ha rivelati di esistenti. L'infrastruttura per la sospensione dei diritti, l'applicazione delle narrazioni artificiali e il silenziamento del dissenso erano già in atto. Il “Grande reset” non è stato concepito nel 2020. L'architettura della sorveglianza non è stata costruita dall'oggi al domani. La capacità di coordinare le politiche globali, controllare il flusso di informazioni e rimodellare il comportamento umano non sono stati sviluppati in risposta a una crisi, ma in attesa di una.
Inoltre l'applicazione selettiva della verità rivela le preferenze del potere. A prescindere da ciò che si pensi delle dichiarazioni di Alex Jones su Sandy Hook, la sua multa da $900 milioni è in netto contrasto con la totale impunità di cui godono il New York Times e altri mass media le cui bugie sulle armi di distruzione di massa hanno causato centinaia di migliaia di morti. Questo rivela come il potere protegga i propri affiliati mentre punisce gli estranei, anche quando le bugie istituzionali causano danni ben maggiori.
La psicologia dell'incredulità
“Non può essere vero” diventa il meccanismo di difesa della mente contro il riconoscimento di schemi. Questo non è scetticismo naturale, ma rifiuto programmato (come spiegato nel saggio L'industria dell'informazione). Più esteso è il modello, più forte è la negazione. Hanno trasformato lo scetticismo in un'arma contro sé stessi, creando una popolazione che difende istintivamente l'autorità e al contempo attacca qualsiasi critica ad essa.
Stiamo osservando le prime fasi della convergenza dei sistemi di controllo, con chiari segnali di ciò che sta per accadere:
• Identità digitali collegate alle cartelle cliniche
• CBDC che consentono la programmazione del denaro
• Sistemi di credito sociale camuffati da metriche ESG
• Capitalismo della sorveglianza che si fonde con il controllo statale
• Scarsità artificiale attraverso catene di approvvigionamento controllate
Queste non sono previsioni, sono sistemi in fase di costruzione e test in tutto il mondo, dal sistema di credito sociale cinese all'implementazione delle CBDC in Nigeria.
Comprendere l'impossibile
“Ma come hanno potuto riuscirci senza che nessuno lo sapesse?”, si chiede l'accidentalista. La risposta è semplice: compartimentazione. Come nel Progetto Manhattan, la maggior parte delle persone nelle istituzioni globali ignora il piano più ampio a cui sta lavorando. Persino nelle aziende tecnologiche, il team di Gmail non ha idea di cosa stiano facendo i moderatori dei contenuti di YouTube o la divisione mappe di Google Earth. Ogni dipartimento svolge la sua funzione senza vedere il tutto. Professionisti del mondo accademico, delle aziende americane e dei media perseguono inconsapevolmente un obiettivo più ampio, spesso credendo di lavorare per cause nobili.
La verità non è nascosta, è protetta dalla sua stessa audacia. Come osservò Marshall McLuhan: “Solo i piccoli segreti devono essere protetti. Quelli grandi sono tenuti tali dall'incredulità della popolazione”. Questo spiega perché le rivelazioni più importanti spesso si nascondono in bella vista: la portata dell'inganno coordinato supera ciò che la maggior parte delle persone può psicologicamente accettare come possibile.
Rompere l'incantesimo
La rivelazione definitiva non è quanto siano potenti, ma quanto sia fragile il loro controllo. Il loro punto di forza più grande – l'integrazione totale – è anche la loro maggiore debolezza. I sistemi complessi hanno più punti di rottura. Più i sistemi sono interconnessi, più una perturbazione in un'area può avere ripercussioni a cascata sull'intero sistema.
La soluzione non è combattere direttamente i loro sistemi, ma costruire strutture parallele che li rendano irrilevanti:
• Sistemi alimentari locali invece di catene di approvvigionamento globali
• Reti peer-to-peer invece di piattaforme controllate
• Scambio diretto invece di usare forme di denaro sorvegliate
• Immunità naturale invece di immunità ad abbonamento
• Comunità reali invece di spazi virtuali
La scelta
La domanda non è se il potere cospiri, ma perché siamo così restii a vederlo. Quale conforto troviamo nel credere agli accadimenti accidentali? Quale paura nutriamo nel vedere un progetto?
Forse è più semplice credere nel caos che affrontare l'ordine. Forse è più facile respingerlo che impegnarsi. Forse la posizione accidentalista non riguarda affatto la verità, ma il mantenimento del conforto dell'ignoranza in un mondo che richiede sempre più consapevolezza.
Perché una volta che si vede lo schema, non si può più ignorarlo. Una volta capito che il potere coordina, pianifica e cospira per sua stessa natura, l'unico complotto bizzarro diventa credere che non sia così.
Il risveglio non è qualcosa che ci accade, è qualcosa che scegliamo. E questa scelta, moltiplicata per milioni di individui, determinerà se l'umanità entrerà in una nuova era oscura o vivrà la sua più grande rinascita.
La domanda non è se lo vedete o meno. La domanda è: cosa farete quando non potrete più ignorarlo?
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.
Il catalizzatore che potrebbe “standardizzare” Bitcoin
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-catalizzatore-che-potrebbe-standardizzare)
Oggi volevo scrivere di una rivelazione sull'adozione, la standardizzazione e la normalizzazione di Bitcoin che ho avuto la scorsa settimana. Mentre riflettevo su cosa sarebbe necessario affinché ricevesse una spinta considerevole all'adozione negli Stati Uniti, mi è venuto in mente uno scenario del genere, che potrebbe non essere molto lontano.
E contrariamente a quanto si pensi, non ha nulla a che fare con la regolamentazione, la tassazione, gli standard contabili, o con qualsiasi altro aspetto di cui si parla erroneamente riguardo tale tema. Come ho imparato in prima persona, mentre facevo qualche ricerca su Bitcoin il mese scorso, nessuna di queste cose conta davvero. La natura decentralizzata della rete implica che non abbia bisogno di nessuno di questi elementi per prosperare. L'ho sottolineato nel mio articolo della scorsa settimana intitolato Io, Bitcoin.
Ma quello che ho anche sottolineato è che esso sopravviverà se le persone lo vorranno. Chi conosce la rete capisce che circa 20.000 nodi globali significano che la rete rimarrà in piedi indipendentemente da quale politico, giurisdizione o ente regolatore in tutto il mondo cerchi di ostacolarla. Fa parte dell'eleganza della rete stessa.
E tuttavia, dopo aver compreso tutto questo, mi chiedo: “Cosa accelererà così tanto questa adozione da farci passare da un punto di quasi non ritorno per Bitcoin a un punto significativo di seria velocità di fuga?” La risposta era proprio sotto il mio naso.
Quando ho scelto il titolo di quell'articolo è stato uno di quelli che ti vengono in mente d'istinto. A volte passo ore a cercare di capire quale titolo sia il più accattivante, mentre altre volte ce l'ho già pronto perché è chiarissimo cosa voglio dire.
Ma durante il fine settimana ero in giro e mi chiedevo dove avessi già sentito quella frase.
All'improvviso, mi è venuto in mente: in uno dei miei sketch comici preferiti, un gruppo di comici improvvisati di Filadelfia si è recato alle proteste di Occupy, scoppiate in seguito alla crisi economica del 2008. In più di un punto c'erano cartelli con su scritto “Why I Occupy”; in realtà era il nome di una parte del movimento Occupy. Ricordo che WhyIOccupy.org era la fonte di informazioni per una buona parte della popolazione arrabbiata dell'epoca; pensavano che qualsiasi ideologia fosse presente su quel sito web, fosse la loro particolare versione di soluzione alla crisi finanziaria.
Solo dopo averlo ricordato, ho pensato che nella prossima crisi finanziaria le persone avrebbero davvero avuto una legittima via d'uscita dal sistema. Bitcoin è quella via d'uscita. È ciò che le persone coinvolte nella frenesia per GameStop cercavano così disperatamente, che lo sapessero o no, ma non sono riuscite a trovare.Mentre si consumava il fiasco di GameStop, ricordo di aver pensato tra me e me che c'erano troppe persone arrabbiate, ma che non avevano la minima idea del motivo. Nelle chat room e sui social media, a tutto si dava la colpa tranne che alle banche centrali. Queste persone erano furiose perché si sentivano raggirate: stavano reagendo, che ne fossero consapevoli o meno, all'aumento del divario di disuguaglianza, mentre loro faticavano ad arrivare a fine mese.
Ma quello che non sapevano era che la colpa non era di Ken Griffin, di Citadel o degli speculatori, bensì delle banche centrali.
Oggigiorno è diventato chiaro che le banche centrali hanno ulteriormente ampliato questo divario di disuguaglianza. È più chiaro perché l'inflazione è un fenomeno di dominio pubblico e comprensibile per tutti. Anche se non sanno perché si verifichi, la maggior parte delle persone ha una parvenza di comprensione del fatto che sia dovuto alle banche centrali che hanno fatto esplodere la massa monetaria negli ultimi quattro anni e poi, per aggiungere la beffa al danno, hanno mentito sulla transitorietà dell'inflazione.
E coloro che speravano di ripetere il successo di GameStop con nomi come AMC, ora sanno che una gestione tossica e un asset in perdita possono facilmente indebolire qualsiasi slancio in qualsiasi tipo di short squeeze, o FOMO, su qualsiasi azione. E sanno anche che broker e autorità di regolamentazione possono impedirgli di effettuare transazioni in qualsiasi momento lo ritengano opportuno.
Durante la prossima crisi finanziaria, che, a mio parere, non è poi così lontana, lo stesso gruppo di “poveri” arrabbiati, si spera, attribuirà la colpa a chi ce l'ha davvero: alla politica monetaria. Dopotutto, l'inflazione è una tassa brutale per chi non se la può permettere ed è praticamente ininfluente per i super-ricchi. E questi ultimi diventano ancora più ricchi grazie al quantitative easing e alla stampa di moneta, che indirizzano una quantità sproporzionata di aiuti al mercato azionario, obbligazionario e immobiliare: asset che i ricchi possiedono e che le persone a basso reddito no.
Durante la stampa di denaro nel periodo della “pandemia”, mi chiedevo spesso: se le banche centrali avessero voluto stampare $5.000 miliardi, perché non dividerli equamente tra tutti gli abitanti e staccare un assegno per tutti? Dopotutto $5.000 miliardi divisi per 300 milioni di americani equivalgono a circa $16.500 a persona. Tralasciando il ragionamento sistemico, questa è una domanda piuttosto semplice e diretta. Se si vuole stimolare l'economia distribuendo denaro ovunque, perché non farlo equamente tra tutti i cittadini, invece di fare favoritismi?
Ma non è questo che è successo nel 2008 e non sarà questo che accadrà durante la prossima crisi finanziaria.Quello che penso accadrà è che un nuovo gruppo di “poveri” sarà più informato sul funzionamento della politica monetaria, non solo a seguito del fiasco di GameStop, ma anche man mano che una nuova generazione più giovane avrà familiarizzato con le argomentazioni ideologiche a favore di Bitcoin. Prima ancora di iniziare a usarlo, una delle cose che mi piaceva era l'idea che stesse costringendo una generazione più giovane a comprendere l'economia Austriaca in un mondo in cui abbiamo praticamente abusato e sfruttato a morte i privilegi della MMT. Armata di questa nuova conoscenza, un'intera generazione di persone arrabbiate dovrà ancora una volta pagare il prezzo delle perdite socializzate di aziende nefaste e tossiche che hanno privatizzato i loro profitti. E questo avverrà in un contesto di crisi inflazionistica ancora vivida nelle loro menti. Questa volta non ci saranno dubbi su chi stia erodendo, attraverso tassazione e inflazione, il potere d'acquisto e la ricchezza per cui hanno lavorato.
Il che mi porta al punto: Bitcoin potrebbe benissimo rappresentare la rampa d'uscita verso cui milioni di persone arrabbiate guarderanno a una situazione del genere.
A differenza di GameStop, Bitcoin ha la possibilità di incidere su un cambiamento radicale, perché il successo della rete è legato alla sua crescita. Questo significa che ogni singola persona che decide di possedere Bitcoin, o di informarsi su di esso, diventa parte di una profezia che si autoavvera sul successo della rete. E, naturalmente, l'ideologia alla base del successo della rete è saldamente radicata nel dare potere a persone proprio come loro: persone stanche di vedere quel poco che guadagnano portato via silenziosamente dall'oscura macchina finanziaria inflazionistica.Molte persone che hanno partecipato alla frenesia di GameStop, comprese le “scimmie” di Wall Street Bets su Reddit e milioni di altri trader al dettaglio, saranno costrette a rendersi conto che Bitcoin ha tutti gli aspetti positivi di ciò che hanno cercato di ottenere in passato, ma senza gli aspetti negativi. Non c'è un management che possa rovinarlo, non c'è una controparte che possa diluirli, non c'è nessuno che possa disattivare il pulsante di acquisto e non c'è sostanzialmente alcun organo di governo o di regolamentazione che impedisca alla rete di avere successo se le persone lo desiderano. Diventa la libertà digitale che tutte queste persone hanno cercato durante l'ultima crisi finanziaria, ma che non hanno trovato un modo efficace per manifestare.
Il 2008 è stato l'esempio di quella che è ormai la norma a Wall Street: ogni volta che la situazione precipita, la popolazione ne paga le conseguenze, si infuria e brandisce le torce. Ma poi, alla fine, la situazione si placa e la gente torna a badare ai fatti propri.
“Sto iniziando a sentirmi un po' meglio riguardo a tutta questa faccenda”, dice John Tuld alla fine del film Margin Call, a significare che più le cose cambiano, più restano le stesse.
Banchieri e politici hanno fatto affidamento su questo schema e l'hanno perpetuato per decenni. È, in sostanza, ciò che permette l'errore di giudizio da parte di cittadini americani comuni che pagano il prezzo dei fallimenti degli ultra-ricchi.
E così, la prossima volta che ciò accadrà, gli investitori potrebbero legittimamente avere la possibilità di interrompere questo ciclo per la prima volta in mezzo secolo adottando Bitcoin. Avrebbero la possibilità di escluderli dal sistema contro cui si sono scagliati. I flussi di capitale verso Bitcoin e in uscita dagli asset finanziari tradizionali invieranno un messaggio ai principali istituti finanziari che reagiscono solo all'opportunità di applicare commissioni (si veda la loro nuova ossessione per Bitcoin ora che ci sono gli ETF). Allo stesso tempo questi flussi potrebbero contribuire alla profezia autoavverante del successo della rete, grazie alla sua ridondanza che funge essenzialmente da barometro per la salute della rete stessa.
Non è affatto garantito, ma se il sistema dovesse fallire di nuovo e la persona media cercasse una vera arma per combatterlo (e una che sia letteralmente programmata per essere il Braille tecnologico delle frasi “l'unione fa la forza” e “il potere al popolo”), Bitcoin potrebbe emergere e inaugurare un'epoca che in futuro potrebbe essere considerata il Rinascimento della sua adozione.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Quando i keynesiani prevedono un disastro, iniziate ad acquistare...
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/quando-i-keynesiani-prevedono-un)
Mi emoziono sempre per una correzione di mercato quando leggo che il consenso keynesiano prevede un disastro. Le stesse persone che sostenevano che la stampa di moneta sfrenata e l'impennata della spesa pubblica non avrebbero causato inflazione, sono quelle che sanno esattamente come i dazi influenzeranno i prezzi aggregati. Davvero affascinante.
Nel giugno 2016 sedici premi Nobel si aspettavano un'inflazione più elevata a causa dei dazi, ma questo non si è mai verificato. Inoltre molti di quegli economisti hanno raccomandato un'enorme spesa pubblica e un allentamento quantitativo alla Federal Reserve nel 2020, affermando che non vi erano preoccupazioni per l'inflazione. Tuttavia ciò ha portato alla più alta esplosione inflazionistica degli ultimi trent'anni. La realtà ha dimostrato che non c'è stata inflazione nel periodo 2016-2019 e che la folle ondata di stampa e spesa del 2021 ha portato all'attuale esplosione inflazionistica. Questo accade perché molti esperti giustificheranno sempre tutti gli squilibri governativi e gli aumenti delle tasse, ma lanceranno l'allarme per qualsiasi taglio fiscale o misura dal lato dell'offerta. Non dovremmo mai fidarci di esperti che lavorano a stretto contatto con i governi socialdemocratici.
Secondo i seminatori di panico, i dazi creeranno un'enorme esplosione dell'inflazione sia negli Stati Uniti che all'estero. Queste stime mostrano che i dazi di Trump saranno pagati dai consumatori statunitensi, così come i dazi cinesi contro gli Stati Uniti, e le contromisure dell'UE saranno pagate solo dai consumatori americani. Davvero divertente. Se credessimo a questa narrazione, i dazi sarebbero la migliore notizia per le aziende di tutto il mondo: gli americani ne ingoierebbero completamente i costi, i margini non diminuirebbero e il mondo ne sarebbe felice. Sarebbe oltremodo ridicolo se milioni di persone prendessero sul serio le loro parole. Inoltre, secondo la narrazione prevalente, i dazi causerebbero una recessione globale se imposti dagli Stati Uniti. Tuttavia quando i dazi vengono imposti dalla Cina o dall'UE, allora va tutto bene.
Quando i keynesiani prevedono un disastro, è improbabile che accada. Quando il consenso keynesiano vi dice che non c'è rischio, come nel 2008, scappate.
Dovremmo prendere in considerazione alcuni fattori rilevanti. I mercati già scontano una recessione e un rischio di stagflazione, ma l'ultima relazione sull'occupazione mostra il contrario. A marzo sono stati creati 228.000 posti di lavoro, nonostante alcuni siano stati creati nel settore pubblico. L'indice composito ISM indica un'espansione e il dato ponderato economicamente è ampiamente al di sopra del livello di espansione (50) secondo Real Investment Advice. Tutti gli indicatori principali di investimento e produzione sono ben lontani da un segnale di recessione. Inoltre molti operatori di mercato sembrano scontare una Federal Reserve aggressiva e una recessione, cosa che non accadeva da due decenni.
Ciò che trovo interessante è che, per la prima volta da molti anni, l'indice S&P 500 abbia un prezzo interessante. Dopo essere stato estremamente costoso in un mercato rialzista con una costante espansione dei multipli, possiamo finalmente affermare che sta iniziando a essere interessante, anche scontando una significativa revisione al ribasso degli utili. Il rapporto prezzo/utili di 15,2X per il 2027 offre ampio margine di revisione e mostra ancora un punto di ingresso interessante. Le azioni sono piuttosto convenienti, con un EV/EBITDA di 10,3X al 2027 (valore d'impresa/utile al lordo di interessi, imposte, deprezzamento e ammortamento). Inoltre, con il rendimento dei titoli del Tesoro a 10 anni al 4%, significa che per la prima volta da mesi le azioni sono interessanti rispetto alle obbligazioni. I margini sono solidi, le previsioni sono positive e i punti di ingresso per gli investitori a lungo termine stanno iniziando a essere evidenti, poiché è probabile che le pressioni inflazionistiche saranno limitate e la cosiddetta guerra commerciale finirà con dei negoziati, con oltre 50 nazioni che chiedono al governo degli Stati Uniti di raggiungere un accordo sulle barriere commerciali.
Qualsiasi investitore a lungo termine dovrebbe valutare opportunità in cui la paura è esagerata, le valutazioni sono interessanti e le preoccupazioni del consenso sono irrealistiche. Potrebbe essere una buona idea iniziare ad aprire posizioni lunghe, sapendo che a un quantitative easing e a tagli dei tassi seguiranno probabilmente periodi di volatilità.
Gli investitori devono proteggersi dall'inflazione e dalla distruzione del potere d'acquisto della valuta da parte delle banche centrali. Questo fenomeno non è scomparso; sta ritornando, mentre gli stati di tutto il mondo continuano ad accumulare debito e squilibri fiscali. Proteggetevi dall'inflazione con una strategia bilanciata, costruendo posizioni che proteggano il vostro patrimonio e vi aiutino a gestire la volatilità.
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Il modello keynesiano cinese sta crollando, gli serve un accordo commerciale al più presto
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-modello-keynesiano-cinese-sta)
Nell'ultimo decennio l'economia cinese ha ampliato il suo modello neo-keynesiano centralizzato, il quale non può sopravvivere senza un accordo commerciale. Il settore manifatturiero cinese ha seguito una strategia di stallo continuo che non può sussistere senza l'enorme surplus commerciale con gli Stati Uniti.
La sovraccapacità del settore manifatturiero cinese non è un'eccezione, è la regola. La Cina produce il 30% dei beni manifatturieri mondiali, ma ne consuma meno del 18%, secondo CKGSB. Inoltre il tasso di utilizzo della capacità industriale cinese è sceso al 74,1% nel primo trimestre del 2025.
Il modello keynesiano di pianificazione centralizzata cinese mira a massimizzare l'occupazione e a mantenere una forte crescita economica, nonostante i vincoli finanziari e l'eccessivo indebitamento; pertanto è necessario vendere la produzione in eccesso per evitare un enorme problema di capitale circolante. Persino il governo cinese ha riconosciuto il problema in modo indiretto, evidenziando che la concorrenza di tipo “involutivo” è un obiettivo fondamentale per la politica economica del 2025 e che si stanno adottando misure per ridurre gli investimenti non necessari e controllare la crescita in alcuni settori. Tuttavia la sovraccapacità produttiva in Cina non è un caso; è stata creata per disegno politico, con le autorità locali e nazionali che cercano di aumentare il PIL a qualsiasi costo.
Il modello mira a mantenere la piena occupazione e la crescita economica anche con rendimenti economici inferiori al costo del capitale, e funziona quasi del tutto se la capacità produttiva in eccesso può essere venduta a livello globale, ricevendo valuta di riserva e mantenendo bassi i costi trasferendo il costo del capitale circolante ai consumatori globali e mantenendo basse le spese di produzione con controlli monetari e tassi di cambio fissi. Tuttavia la combinazione di debito crescente, valuta in costante indebolimento e crescente numero di fallimenti e problemi di capitale circolante sta conducendo questo modello al collasso, anche in assenza di una recessione ufficiale.
La Cina ha imparato che non può sopportare una guerra commerciale e non può sostituire i consumatori statunitensi, il mercato più ricco e più grande del mondo, con consumatori europei o latinoamericani. Di conseguenza ha bisogno di un accordo commerciale rapido prima che la catena di fallimenti che affligge l'economia cinese dal 2021 si trasformi in una vera e propria crisi finanziaria.
Ad aprile la Cina è entrata ufficialmente in deflazione per il terzo mese consecutivo. Secondo Allianz, si prevede che le insolvenze aziendali aumenteranno del 7% nel 2025 e del 10% nel 2026, nonostante il governo cinese stia implementando ulteriori misure di stimolo fiscale.
Le piccole e medie imprese, in particolare quelle esportatrici, stanno affrontando un crescente numero di fallimenti a causa del calo del flusso di cassa e dell'eliminazione delle esenzioni tariffarie statunitensi. La perdita di posti di lavoro è in aumento nelle regioni dipendenti dalle esportazioni e il tasso di disoccupazione urbano dovrebbe attestarsi in media al 5,7% nel 2025, al di sopra dell'obiettivo ufficiale, secondo la CNBC.
L'indice PMI manifatturiero ufficiale dell'NBS è sceso bruscamente a 49,0 il mese scorso, il calo più netto da dicembre 2023, riflettendo una discesa della produzione, dei nuovi ordini e dell'occupazione, in particolare gli ordini esteri in calo al livello più basso degli ultimi undici mesi.
Il crollo del settore immobiliare, che un tempo rappresentava fino al 30% del PIL, ha indebolito le banche, ridotto i risparmi delle famiglie e portato a un effetto ricchezza negativo, deprimendo ulteriormente i consumi e la domanda di credito.
I punti di forza economici della Cina sono ben noti, ma le debolezze sono troppo importanti per essere ignorate. La situazione ci ricorda che la pianificazione centrale non funziona mai. Tutte le debolezze della Cina derivano da anni di politiche governative volte a stimolare la crescita economica costruendo beni nella speranza che prima o poi si sarebbero venduti. Inoltre l'aumento dei fallimenti, il crollo del mercato immobiliare e il crescente debito delle amministrazioni locali mettono a dura prova il sistema finanziario, proprio mentre i prestiti in sofferenza della Belt and Road Initiative (BRI) aumentano vertiginosamente. Diversi Paesi nella BRI sono inadempienti o hanno richiesto salvataggi da parte del FMI, tra cui Sri Lanka, Zambia, Ghana e Pakistan, mentre essa ha generato $385 miliardi di debiti non registrati.
Le linee di politica keynesiane portano sempre a un debito elevato e alla stagnazione. Tuttavia se combinate con un sistema di pianificazione centrale, un sistema finanziario chiuso e controlli sui capitali, esse creano un pericoloso mix di sovraccapacità produttiva, povertà e stagnazione economica. La Cina può iniziare ad affrontare il suo enorme problema di capitale circolante solo attraverso un accordo commerciale rapido e di successo con gli Stati Uniti. La Cina trarrà enormi benefici se aprirà la sua economia, eliminerà i controlli sui capitali e permetterà al settore privato di respirare. Un'implosione del problema della sovraccapacità produttiva nascosta ai media generalisti, compensata da una pianificazione centrale ancor più accentuata e da stimoli su stimoli, non farà altro che indebolire ulteriormente la Cina nel lungo periodo.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Il gorgo della giustizia strumentalizzata
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-gorgo-della-giustizia-strumentalizzata)
Come in una brutta barzelletta del tipo “Quando un pollo entra in un pub”, quando i querelanti entrano in un'aula di tribunale e incontrano giudici favorevoli alle ingiunzioni, il risultato è un gorgo di giustizia strumentalizzata. Nel discutere dell'attuale scompiglio giurisdizionale tra l'esecutivo e la magistratura statunitense, trovo impossibile ignorare il totale fallimento dei tribunali nel proteggere i diritti, la dignità e la libertà delle persone sotto l'attacco totale dello stato amministrativo durante gli anni della “pandemia”.
Negli ultimi anni è diventato tristemente evidente che la minaccia più grave alla teoria e alla pratica della democrazia non è l'ascesa del populismo, con aspiranti fascisti e neonazisti come tribuni seducenti, ma élite tecnocratiche che nutrono un disprezzo a malapena celato per le convinzioni politiche e il comportamento elettorale dei “deplorevoli”. Inoltre, mentre le barriere di resistenza all'avanzata populista crollano una a una sotto l'assalto degli elettori infuriati, l'ultima frontiera della resistenza delle élite sono i tribunali. Il clero giurisprudenziale – avvocati, professori di diritto e giudici – fa parte dell'élite al potere e rappresenta l'ultima linea di difesa per salvaguardare le vittorie già ottenute dai sostenitori della giustizia sociale nella loro lunga marcia per conquistare le istituzioni.
Fallibilità dei giudici
A differenza di ogni altra professione, la magistratura è infallibile? Chiaramente no, altrimenti non sarebbe stata complice della più grande violazione delle libertà delle persone durante gli anni della “pandemia”. Ogni Paese con uno stato di diritto credibile, di tanto in tanto, ribalta condanne ingiuste del passato. Tra gli esempi australiani più noti ci sono quelli di Lindy Chamberlain e del cardinale George Pell.
Di conseguenza i giudici sono individualmente infallibili e liberi da qualsiasi influenza di pregiudizi, convinzioni ed esperienze di vita personali? Anche in questo caso, chiaramente no. Se lo fossero, in ogni singolo verdetto emesso da un collegio di giudici, essi sarebbero unanimi e potremmo risparmiare tempo e denaro eliminando i vari gradi di appello. Dall'Australia si consideri ancora una volta il caso del cardinale Pell. Condannato da una giuria, la condanna è stata confermata con 2 voti a 1 dalla Corte d'appello statale, ma ribaltata all'unanimità dall'Alta corte d'Australia (la nostra Corte suprema). Stesse leggi, stesse prove, sentenze diverse.
Ogni giudice è un esempio di integrità e competenza giudiziaria? No. Alcuni sono corrotti o colpevoli di altri atti illeciti. Molti altri, sospetto, sono incompetenti piuttosto che disonesti o corrotti. I meccanismi per riconoscere l'incompetenza sono meno e meno invocati rispetto a quelli per individuare e punire la corruzione e gli illeciti. Eppure, anche su questi ultimi non si può sempre fare affidamento.
La notte del 14 marzo, in India, la residenza ufficiale di un giudice dell'Alta corte di Delhi, il giudice Yashwant Varma, è andata a fuoco. Vigili del fuoco e agenti di polizia, accorsi per domare l'incendio, hanno scoperto sacchi di iuta pieni di denaro bruciato. Il Commissario di polizia ha contattato il Presidente della Corte suprema di Delhi, il 15, per informarlo degli sviluppi, il quale a sua volta ha trasmesso le informazioni alla Corte suprema dell'India. Il Presidente di quest'ultima ha istituito un collegio di tre giudici per indagare sulla questione e la sua relazione, pubblicata online (con alcune modifiche) nell'interesse della trasparenza, dato l'intenso interesse pubblico, ha dimostrato che c'erano i presupposti per un'indagine completa e adeguata. Nel frattempo il giudice Varma è stato trasferito a un'altra Corte suprema (nonostante la protesta dell'ordine degli avvocati di quella Corte) in attesa di ulteriori indagini e provvedimenti.
L'accenno di corruzione sarebbe molto probabilmente passato inosservato se non fosse stato per il fortuito incendio scoppiato nell'abitazione del giudice. Questo di per sé è un atto di accusa all'inadeguatezza dei meccanismi di controllo per i giudici.
Un'ultima domanda preliminare: a differenza di tutti gli altri rami del governo, la magistratura e i giudici devono essere immuni dallo scrutinio degli stessi tribunali ed essere, quindi, rimessi al loro posto? Suppongo che una distribuzione così perfetta di autodisciplina tra i rami del governo sia possibile ma, essendo un vecchio cinico, perdonate il mio scetticismo. Non tutti i giudici hanno la consapevolezza di sé e la forza di carattere necessarie per resistere alla tentazione di abusare dei propri poteri e della propria autorità. Al contrario, i giudici hanno un interesse collettivo ad ampliare la portata della propria autorità su tutti gli altri settori e, di conseguenza, a proteggersi dalle pressioni altrui.
Un quesito successivo è: come si può conciliare il lento e deliberato processo decisionale giudiziario con la necessità di un'azione talvolta urgente da parte dell'esecutivo? La magistratura è abituata alla propria sequenza e al proprio ritmo di azione, pertanto, per i giudici, l'assoluzione definitiva del cardinale Pell da parte dell'Alta corte d'Australia è stata un trionfo delle istituzioni e del processo giudiziario. Per i comuni mortali il processo è stato una punizione in sé e la pena di 405 giorni trascorsi dietro le sbarre è stata un grave errore giudiziario.
In altre parole, dalla data dell'atto d'accusa nel giugno 2017, passando per due processi con giuria, un primo appello fallito, l'ultimo appello con esito positivo, il rilascio dal carcere nell'aprile 2020 e la morte nel gennaio 2023, ancora incapace di purificare completamente la macchia di pedofilia, più della metà del tempo che gli è rimasta da vivere sulla Terra il cardinale Pell l'ha passata tra processi e una punizione dolosa da parte di una schiera di attivisti anticattolici assetati di sangue. La nazione esigeva un capro espiatorio per gli abusi sessuali sui minori da parte del clero cattolico. Scrivo questo non solo da non cristiano, ma da ateo.
La strumentalizzazione della giustizia e la presa ideologica dei giuristi
Negli Stati Uniti, nei primi due mesi di Trump, sono state presentate più di 125 cause legali per contestare le sue linee di politica, principalmente contro i tentativi di ridimensionare dipartimenti e agenzie governative. Di recente, in un solo giorno, i giudici distrettuali hanno ordinato la sospensione degli ordini esecutivi di Trump nei confronti dello smantellamento della USAID, il ripristino dei finanziamenti DEI da parte del Dipartimento dell'Istruzione, la sospensione dei voli di espulsione di presunti membri di gang venezuelane e la sospensione del divieto di ingresso nell'esercito per i membri transgender. Trump ha forse sbagliato o esagerato nell'affermare che “questi giudici vogliono assumere i poteri della Presidenza”, che quest'ultima a volte deve “agire rapidamente e con decisione” e che gli Stati Uniti “sono in guai seri” se la Corte Suprema si rifiuta di “risolvere questa situazione tossica e senza precedenti” con urgenza?
Un articolo pubblicato sul Journal of Legal Studies nel gennaio 2018 osservava che, sulla base delle donazioni ai partiti, nel 2012 una minoranza del 35% degli avvocati americani e appena il 15% degli oltre 10.000 professori di diritto erano conservatori. I tre autori dello studio hanno osservato che all'epoca i conservatori controllavano tutti e tre i rami del governo federale e oltre due terzi dei governatorati e delle assemblee legislative statali, mentre gli elettori che si identificavano come conservatori superavano numericamente i progressisti con un rapporto di 35 a 24.
La patologia dell'uniformità ideologica e del disallineamento con l'opinione pubblica è peggiorata considerevolmente da allora. Derek Muller, professore di diritto alla Notre Dame University, dal 2017 all'inizio del 2023 ha esaminato le donazioni politiche dei professori di diritto per partito politico (queste informazioni sono di dominio pubblico negli Stati Uniti). Con sorpresa di nessuno, la loro inclinazione era preponderante verso i Democratici. Dei 3.284 donatori della facoltà di giurisprudenza in quel periodo di oltre cinque anni, il 95,9% ha donato denaro solo ai Democratici, il 2,7% ai Repubblicani e l'1,5% a entrambi i partiti. Scomponendo le donazioni in dollari, il 92,3% è andato ai Democratici e il 7,7% ai Repubblicani. Delle oltre 100 istituzioni esaminate da Muller, ognuna aveva più Democratici registrati che Repubblicani nella facoltà di giurisprudenza, per lo più con ampi margini.
Qualcuno crede seriamente che questo non porti a una discrepanza ideologica tra il clero giurisprudenziale nelle aule di tribunale e tra i giudici e il popolo americano?
Il giudice distrettuale James Boasberg ha ordinato la sospensione dell'espulsione di oltre 250 venezuelani illegali con legami con la gang Tren de Aragua, un'organizzazione terroristica straniera designata come tale a livello federale. Il giudice Boasberg fa parte della bolla di Washington. Questa città ha votato per la candidata democratica Kamala Harris contro Trump con un margine schiacciante del 93,6% contro il 5,5% (con lo 0,9% di voti per posta). Ai voli già in corso è stato intimato di rientrare. L'ordinanza del giudice non ha avuto luogo perché, secondo il governo, gli aerei si trovavano già nello spazio aereo internazionale e quindi la direttiva di non “trasferirli” dagli Stati Uniti era diventata vana.
Un consigliere senior di Trump, Stephen Miller, ha affermato che un tribunale distrettuale “non ha la capacità di limitare in alcun modo l'autorità del Presidente ai sensi dell'Alien Enemies Act”. A prescindere dalle opinioni degli esperti di diritto, la maggior parte degli elettori probabilmente si schiererà con l'amministrazione, sostenendo che l'entità dell'immigrazione attraverso il confine meridionale durante gli anni di Biden ha raggiunto la soglia di “invasione o incursione predatoria” ai sensi della legge, giustificandone l'arresto e la rimozione come “nemici stranieri”. Trump ha definito Boasberg un giudice di Obama “agitatore e provocatore” e che “dovrebbe essere messo sotto accusa!!!”.
I critici hanno messo in guardia contro un “attacco all'intero ordine costituzionale americano”. In una rara replica pubblica, il Presidente della Corte suprema, John Roberts (che è rimasto in silenzio quando un appello dei Democratici ha chiesto l'impeachment dei giudici), ha affermato: “Per oltre due secoli è stato stabilito che l'impeachment non è una risposta appropriata al disaccordo” sulle decisioni giudiziarie. Al contrario “il normale processo di revisione d'appello” fornisce il rimedio appropriato. Il 26 marzo la Corte d'appello degli Stati Uniti per il circuito di Washington ha confermato la sospensione temporanea delle espulsioni con una decisione a maggioranza di 2 a 1.
Roberts ignora una causa fondamentale dell'imminente crisi costituzionale: l'assenza di meccanismi che garantiscano che la magistratura rimanga al suo posto, pur esortando l'esecutivo a farlo. La separazione dei poteri impone limiti all'indipendenza di tutti e tre i rami. La magistratura non può essere l'unico arbitro della propria portata e dei propri limiti, così come di quelli del Congresso e del Presidente. Chi, allora, può identificare questi limiti? Le ingiunzioni nazionali incoraggiano gli attivisti a presentare un ricorso in una giurisdizione e con un giudice che probabilmente si mostrerà comprensivo. Inoltre “tendono a costringere i giudici a prendere decisioni affrettate, ad alto rischio e con scarse informazioni”, ha osservato il giudice Neil Gorsuch in una sentenza della Corte suprema del 2020.
L'assunto secondo cui nessun giudice agisce mai in modo ideologicamente partigiano è palesemente falso. Gli eventi nel mondo reale si muovono molto più velocemente del ritmo glaciale dei procedimenti giudiziari. Ciò significa che anche la Corte suprema deve agire più rapidamente e con decisione per frenare i giudici fuori controllo. Un'interpretazione alternativa all'allarmistica “crisi costituzionale” è quindi che le azioni di Trump possano contribuire a ripristinare l'integrità costituzionale e la responsabilità democratica, sottraendo potere e risorse allo Stato amministrativo e restituendoli al Congresso e all'esecutivo.
Le ingiunzioni nazionali da parte dei tribunali distrettuali sono rare quando Trump non è coinvolto. Secondo un articolo dell'Harvard Law Review dello scorso anno, ce ne sono state in totale 127 dal 1963 all'inizio del 2020. Più della metà (64) erano contro la prima amministrazione Trump. Nel periodo che comprende le presidenze di Bush senior e Obama, più i primi tre anni di Biden, ce ne sono state 32. Solo a febbraio di quest'anno ce ne sono state 15 contro Trump, secondo un documento depositato dal Dipartimento di giustizia presso la Corte suprema.
Il giudice Boasberg aveva precedentemente rilasciato una carta “esci gratis di progione” all'avvocato dell'FBI Kevin Clinesmith, il quale aveva modificato un'email per ottenere un mandato di cattura dal tribunale del Foreign Intelligence Surveillance Act (FISA) e sorvegliare il consigliere della campagna elettorale di Trump, Carter Page. Questo fu il preludio alla bufala sulla collusione con la Russia che ha gravemente danneggiato la prima amministrazione Trump. Boasberg ha condannato Clinesmith alla libertà vigilata anziché al carcere. Ha inoltre inflitto condanne controverse ai manifestanti del 6 gennaio 2020 e ha ordinato a Mike Pence di testimoniare davanti alla giuria che indagava sul ruolo di Trump in quelle rivolte.
Data la composizione del Senato, qualsiasi tentativo di mettere sotto accusa il giudice Boasberg non è fattibile come proposta politica. Questo è diverso dal valutare la legalità dell'azione. L'impeachment può essere abusato quando viene usato come arma o come barriera contro gli abusi giudiziari. Una singola decisione errata può essere gestita tramite il normale processo di revisione d'appello. Una serie di sentenze che dia adito al timore di parzialità può costituire un reato passibile di impeachment. Inoltre la crisi si è intensificata fino a questo punto a causa della timidezza istituzionale e della codardia della Corte suprema.
Roberts aveva precedentemente espresso preoccupazione per la “legittimità istituzionale” della magistratura federale. Una conseguenza prevedibile del suo implicito rimprovero a Trump è stata quella di incoraggiare giudici attivisti e ONG a ritardare e ostacolare il presidente nell'attuazione del suo programma politico approvato dagli elettori. Contrariamente a quanto afferma, il processo d'appello non ha funzionato in modo efficiente. La Corte suprema deve intervenire rapidamente per frenare l'eccesso di potere giudiziario dei giudici distrettuali e adottare sistemi ordinati di decisione in materia di urgenza.
Il senatore dello Utah, Mike Lee (R-UT), ha proposto una legge che impone a un collegio di tre giudici provenienti da diversi distretti – due giudici distrettuali e un giudice della Corte d'appello – di pronunciarsi sulle contestazioni ai provvedimenti presidenziali, con la possibilità di presentare ricorso direttamente alla Corte suprema. Questa potrebbe non essere la formula migliore, ma sembra un miglioramento rispetto all'attuale sistema imperfetto.
La patologia non è limitata agli Stati Uniti
Nel febbraio 2020 l'Alta corte australiana ha stabilito, con una controversa sentenza a maggioranza di 4 a 3 nel caso Love contro Commonwealth, che un aborigeno australiano che non sia effettivamente cittadino australiano non può essere considerato uno “straniero” ai sensi della Costituzione. A differenza dei non aborigeni residenti che non sono cittadini, gli aborigeni australiani non possono essere espulsi nemmeno se condannati per un reato. A quanto pare mantengono un legame mistico e inalienabile con la terra e il Paese.
Possiamo comprendere come e perché questa strana interpretazione della Costituzione sia potuta nascere analizzando una controversia che coinvolge una facoltà di giurisprudenza australiana. Nelle ultime due settimane l'Australian ha pubblicato una serie di articoli sull'indottrinamento razziale e di genere da parte dei corsi di giurisprudenza della Macquarie University, pena la bocciatura per errori di valutazione.
Alcuni di questi articoli sono stati scritti da studenti di quella facoltà che hanno scelto l'anonimato per evitare ritorsioni. Molte delle descrizioni per il dottorato di ricerca in giurisprudenza sono incoerenti e grammaticalmente discutibili. Spesso i moduli non hanno nulla a che fare con la materia principale del corso a cui si sono iscritti. Alcuni dei giudici di domani saranno laureati in queste scuole. Ci si può aspettare che applichino il diritto senza indottrinamenti e pregiudizi radicati?
Per chiudere il cerchio, uno studente anonimo ha scritto che gli studenti sono tenuti a:
scrivere un saggio che rifletta su come una o più di queste teorie critiche degli studi giuridici siano rilevanti per il nostro argomento di dottorato. E mi è stato chiarito che ci si aspettava che includesse qualcosa di simile anche la propria tesi, indipendentemente dall'argomento.James Allan della Queensland University, uno dei pochissimi professori di diritto conservatori in Australia, sottolinea che quando il Primo ministro Boris Johnson prorogò il Parlamento del Regno Unito per far approvare la Brexit, “tutti i giudici della Corte suprema del Regno Unito, favorevoli al Remain, hanno ribaltato tre secoli di precedenti e hanno dichiarato” incostituzionale la sua azione, nonostante il Paese non abbia una costituzione scritta. Malgrado questo precedente da parte della madre della democrazia parlamentare, la Corte suprema canadese ha confermato il potere del Primo ministro Justin Trudeau di prorogare il Parlamento, esercitato affinché il suo governo potesse evitare una mozione di sfiducia prima che il suo partito avesse il tempo di scegliere un nuovo leader sotto il quale affrontare le elezioni successive.
Il fatto che Mark Carney, che non si è mai nemmeno candidato, né tantomeno vinto un'elezione, possa essere insediato come Primo ministro è di per sé una triste accusa dello stato in cui versa la democrazia canadese. Il cambio di leadership ha completamente trasformato le dinamiche elettorali. Non si tratta forse di un'interferenza giudiziaria nelle elezioni canadesi?
Mentre molte democrazie occidentali raggiungono un punto di svolta sull'immigrazione di massa, i tribunali sono diventati il luogo in cui le democrazie vanno a morire. Il Primo ministro britannico, Keir Starmer, forse il più convinto sostenitore dello stato di diritto tra i leader mondiali e lui stesso avvocato per i diritti umani, il 13 marzo si è lamentato di “una sorta di industria di controllori e bloccatori che usa i soldi pubblici per impedire al governo di rispettare le priorità dei contribuenti”.
Il disprezzo dell'élite per il popolo
È difficile non concludere che i giudici riflettano sempre più un disprezzo dell'élite per il popolo, che si estende alle scelte politiche fatte dai cittadini. Perché Trump fa inorridire così tanto il resto del mondo democratico occidentale? Beh, stiamo iniziando a capirlo. Dice quello che pensa, fa quello che dice e vuole realizzare ciò che ha promesso di fare. L'approccio britannico ed europeo all'esercizio del potere non potrebbe essere più diverso. I principali partiti trattano i cittadini come dei perfetti imbecilli, fanno campagna elettorale in versi per promettere agli elettori tutto ciò che vogliono, poi, una volta al potere, governano in prosa per fare tutto ciò che “noi, l'élite” vogliamo. Le elezioni diventano un esercizio futile.
La prova regina di questa strategia di trattare gli elettori come idioti (tenendoli all'oscuro e nutrendoli di letame) è il Primo ministro Starmer con la sua vittoria schiacciante nel Regno Unito. La prova successiva è il Cancelliere Friedrich Merz in Germania. La prova successiva ancora è il Primo ministro Anthony Albanese in Australia. Come in Germania e nel Regno Unito, la prova più lampante della realtà dell'Unipartito in Australia è come il Primo ministro, Scott Morrison, dopo aver vinto un'elezione opponendosi alla follia del cambiamento climatico, abbia abbracciato la follia di una scadenza per l'azzeramento delle emissioni di anidride carbonica al vertice ambientalista di Glasgow nell'ottobre 2021 e che violava le pari opportunità per tutti gli elettori. E il leader dell'opposizione, Peter Dutton, si rifiuta di abbandonare questa strada nonostante il resto del mondo abbia voltato pagina, soprattutto da quando Trump ha tirato fuori gli Stati Uniti dalla truffa dell'energia verde.
In Australia e nel Regno Unito gli elettori hanno ottenuto un aumento di tassazione e spesa pubblica, uno stato in espansione, immigrazione di massa e fanatismo ambientalista, a prescindere dal partito scelto alle elezioni e le loro promesse elettorali. I partiti di centro-destra nel nuovo Bundestag tedesco hanno ottenuto il 49% dei voti, contro il 28% dei Verdi e della SPD. Eppure sono proprio questi ultimi a essere tenuti da conto da Merz, utilizzando un emendamento costituzionale approvato dal Bundestag uscente, pieno di parlamentari che hanno già esaurito la carica. E tutto in nome della salvaguardia della democrazia! Chissà cosa ne pensa il vicepresidente Vance al riguardo... Nella vicina Romania la tutela della democrazia significa escludere il candidato principale dalle elezioni presidenziali, avvalorando ancora una volta le critiche di Vance alla corruzione della democrazia in tutta Europa.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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La grande riorganizzazione degli USA (Parte #1)
(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-grande-riorganizzazione-degli)
Il motivo principale per cui ho pubblicato il mio ultimo libro, Il Grande Default, è stato quello di mettere in evidenza due punti sostanzialmente. Il primo: nessuna autorità è amica del contribuente o del cittadino medio, possono essere alleati temporanei o “cospiratori”, ma questo è un matrimonio che è destinato a finire non appena il “nemico” (che più di tanto non lo è) viene ridimensionato e condotto al tavolo delle trattative. Si tratta pur sempre di bande mafiose che sopravvivono grazie all'estorsione di risorse. Il secondo: distinguere tra l'eurodollaro e il sistema dell'eurodollaro. Il primo esisterà sempre dato che si tratta di liquidità che serve a saldare le transazioni internazionali e la domanda di dollari, soprattutto in questo frangente, è più viva che mai. Il secondo, invece, è quello a cui si stanno indirizzando le attenzione di questa amministrazione e prima di lei della FED. Infatti l'entrata in scena del SOFR non ha fatto altro che cambiare il modo in cui il dollaro viene prezzato al margine all'estero, dato che gli USA non sono mai stati in grado di controllarlo direttamente in passato.
Non essendo in grado di controllare la “stampante” dell'eurodollaro, l'offerta è andata fuori controllo ed è stato quello che ha condotto in ultima analisi alla demonetizzazione dell'oro e alla crisi del 2008. In sintesi, quando c'era bisogno di socializzare le perdite derivanti dall'azzardo morale nel sistema dell'eurodollaro, gli Stati Uniti venivano tirati per la proverbiale giacchetta affinché intervenissero. Il colonialismo franco-inglese non è mai terminato, in verità, ed è stato riciclato fino ai giorni nostri tramite il sistema finanziario: la capacità di controllare il prezzo offshore del dollaro. Non è un caso che il LIBOR era impostato da 18 banche nella City di Londra, 17 delle quali europee e una sola americana. In passato, quindi, se si vedeva un'inversione nella curva dei futures dell'eurodollaro ciò avrebbe innalzato spauracchi di recessione e condotto la FED a intervenire sui mercati per fornire liquidità reale in modo da coprire quella fittizia. Questo sistema era stato trasformato per andare a beneficio del dollaro offshore e di chi era in grado di prezzarlo al margine, facendo sanguinare il capitale americano (industriale, energetico, manifatturiero) oltreoceano.
Tenete sempre una cosa a mente, però, questo testo non viene scritto per assolvere gli USA. Non c'è dubbio che anch'essi abbiano i loro scheletri nell'armadio sin da Bretton Woods, stiamo pur sempre parlando di bande mafiose vorrei ricordarvi. Ciononostante bisogna anche ponderare il fatto che gli USA non sono mai stati veramente in controllo della politica interna, della politica estera e della politica monetaria sin dai tempi di Woodrow Wilson. Per tutto il XVIII e XIX secolo gli Stati Uniti hanno costruito un gigantesco stock di capitale e ai tempi delle guerre mondiali erano già la destinazione preferita dal resto del mondo per quanto riguardava gli investimenti esteri. Non era affatto nel miglior interesse della nazione scialacquare questa fortuna, sia in termini umani che non, per ricostruire il resto del mondo che bruciava e cercare di “diffondere la democrazia”. L'impero risultante dalla Pax Americana non era nel miglior interesse della nazione, soprattutto in un contesto in cui per mantenere questa enorme macchina di guerra avrebbe significato lasciare che il prezzo del dollaro all'estero venisse impostato dalla City di Londra. Quando si riflette su questi punti si comprende che tutte le strade conducono a Londra e alla Banca d'Inghilterra.
L'amministrazione Trump, e i NY Boys dietro di essa, hanno detto basta. Il loro compito, adesso, è quello di invertire la tendenza e cercare di riparare a decenni di malgoverno e, soprattutto, all'erosione del bacino americano della ricchezza reale. Gli USA sono una fonte non indifferente di capitale umano e di risorse, il solo stato dell'Alaska vale più di tutta l'UE messa insieme in termini di ricchezza del sottosuolo. Ed ecco perché tutti vogliono continuare a fare affari con lo zio Sam, malgrado i dazi: non possono permettersi di vendere l'output a un prezzo inferiore rispetto a quello ideato originalmente per il mercato americano, soprattutto la Cina. La guerra commerciale è solo una costola di una guerra più grande a livello finanziario, da come avrete capito. Infatti serve a distinguere tra “amici” e “nemici” degli USA; i primi otterranno linee di swap tramite la FED in caso di stress finanziario, i secondi no.
La cosiddetta cricca di Davos è costituita da tenenti, le persone che fanno parte del WEF sono facenti funzione di figure che rimangono nell'ombra. Quindi la strategia primaria è quella di farli venire a galla e vedere fin dove si spingono le loro trame, soprattutto sul proprio territorio. Poi si passa a togliere loro le fonti di finanziamento e di influenza. Solo dopo ci si sposta a livello internazionale. Ora, se si distilla tutto il rumore, il minimo comun denominatore è solo uno: smantellare il sistema dell'eurodollaro. Per essere più precisi, bloccare tutte le scappatoie all'euro e all'accesso al collaterale (finanziario, energetico, industriale). In questo contesto Tether serve a bypassare l'intermediazione non collateralizzata della City di Londra per soddisfare la domanda di dollari nel mondo (collateralizzata grazie ai titoli sovrani americani comprati da Tether) e prezzare al margine il sistema dell'eurodollaro secondo il volere di Washington, non altrui. La tokenizzazione degli hard asset e la possibilità di diffondere capillarmente nel resto del mondo una valuta coperta da oro e Bitcoin è quanto di più vicino ci possa essere a una garanzia che il dollaro resterà la divisa preferita nel commercio mondiale. Ed è solo l'inizio, viste le implementazioni con IA che possono essere applicate al denaro catapulteranno anni in avanti gli USA rispetto a una Unione Europea che ancora deve lanciare l'euro digitale che, oltre a dimostrarsi un fallimento, è già obsoleto alla luce di tutte queste innovazioni in ambito stablecoin e Bitcoin.
I titoli del Tesoro americani rappresenteranno il collaterale di qualità alla base di questo ecosistema. E, a proposito, le aste dei bond statunitensi continuano a far registrare numeri incoraggianti come dimostrato dall'ultima riguardante i decennali, mentre, dall'altra parte dell'Atlantico, i Bund prendono una sonora sberla. Ancora una volta possiamo accogliere con una vibrante pernacchia i titoli dei giornali secondo cui i titoli tedeschi sarebbero presto diventati la nuova frontiera degli asset di riserva. Non solo, ma sarà molto probabilmente la BCE a guardare in alto per vedere fin dove schizzeranno i rendimenti dei titoli sovrani europei. Lo stesso discorso vale per la Cina, dove si chiacchiera tanto di come possa usare lo yuan per sostituire il dollaro nel commercio internazionale e di come possa vendere il biglietto verde per arginare/contrastare la potenza dello zio Sam. Notizia per voi: un calo del dollaro significa ri-dollarizzazione. Negli ultimi 20 anni solo la Cina ha creato $60.000 miliardi in nuovi prestiti. Attualmente gli NPL (es. prestiti non performanti) sono il 5% di tale cifra. Ha $2.500 miliardi in debiti esteri ($1.100 miliardi solo in dollari) e riserve monetarie estere per $3.000 miliardi (2.000 miliardi in dollari). Se volesse ripagare il suo debito estero, rimarrebbe solo con $1.000 miliardi in riserve estere e un monte di NPL ancora in crescita. Senza contare la necessità di pagare per le importazioni (nessuno vuole yuan per davvero). Alla luce di tutto ciò, che fine farebbe il peg dello yuan col dollaro? Chi è, quindi, che verrebbe realmente travolto da una vendita di dollari e asset denominati in dollari? Ah, e l'economia cinese è in crisi già adesso.
Contro l'amministrazione Trump, quindi, è stata lanciata una gigantesca campagna di caos, confusione e corruzione. Molto probabilmente si evolverà di nuovo in violenza per le strade con BLM 2.0, tra Dem, infiltrati e cricca di Davos oltreoceano il mantra rimane quello di lanciare contro il proprio “nemico” tutti ciò che si è in possesso. O per essere più precisi, per avere un vantaggio negoziale decente al tavolo delle trattative alla fine della guerra commerciale/finanziaria. Quanti asset sono stati bruciati ultimamente per cercare di tirare giù Hegseth? Quando Politico, Axios, o il Wall Street Journal parlano di “fonti interne alla Casa Bianca” che vorrebbero Hegseth, ad esempio, messo alla porta, non esiste niente del genere. È confusione; Trump sa benissimo che l'attuale gabinetto rimarrà in carica come minimo per un altro anno. È caos quanto accaduto circa un mese fa dopo il “Liberation Day” nei mercati obbligazionari e azionari americani quando la cricca di Davos, tramite il proxy di Inghilterra ed Europa, ha venduto asset americani per sostenere i mercati monetari e obbligazionari europei.
Questi spasmi sono tutti la conseguenza dello smantellamento del sistema dell'eurodollaro e il SOFR ha resistito finora a degli attacchi inauditi contro di esso riuscendone indenne. Nel mio ultimo libro, Il Grande Default, descrivo gli avvenimenti del settembre 2019 quando il SOFR esplose al 10-11% intraday a causa di una corsa agli sportelli dei mercati pronti contro termine americani e una forte domanda di denaro. Diverse banche finirono sotto pressione e la FED fu costretta a intervenire affinché creasse liquidità temporanea e puntellasse i mercati. Il problema di allora era che il SOFR era ancora in “fase beta”, tanto per usare un termine preso in prestito dall'informatica, e molto illiquido, di conseguenza molto sensibile a sbalzi improvvisi. Avanti veloce fino al 2023, durante il crollo di Silvergate, Silicon Valley Bank e Signature, la sua maturazione l'avrebbe portato ad assorbire il colpo permettendo al contempo a Powell di continuare a rialzare i tassi. Se ci pensate, qualcosa di inaudito per un banchiere centrale, ovvero rialzare i tassi durante una crisi bancaria. Avanti veloce fino al mese scorso quando, la seconda settimana di aprile, il SOFR mostra movimenti al rialzo nelle singole ore ordini di grandezza superiori rispetto ai movimenti giornalieri. Detto in termini semplici, era sotto attacco. Gli spike che vedete nel grafico del CME non dovrebbero accadere nemmeno nelle sessioni giornaliere “normali”.
Tutte le chiacchiere secondo cui la Cina stava scaricando i bond americani, i fondi pensione che scoppiavano in Giappone, o il “basis trade” erano una distrazione. Era invece un attacco al SOFR usando i titoli di stato americani a lungo termine per creare un avvallamento nella curva dei rendimenti nel medio termine e far gridare “recessione!” ai titoli dei giornali. L'obiettivo della cricca di Davos è sempre stato uno sin da quando il SOFR è entrato in gioco: delegittimarlo come meccanismo di prezzo del dollaro a livello internazionale. In passato era il LIBOR, un tasso non collateralizzato, dove i vari player si passavano tra loro le stesse passività per creare dal nulla liquidità temporanea e uno stock praticamente infinito di eurodollari con cui sommergere i loro problemi; ciò, a sua volta, avrebbe avuto ricadute sugli USA e sulla FED che sarebbe stata costretta a monetizzare questo mondo e quell'altro. Oggi devono attaccare il SOFR perché si tratta invece di un tasso collateralizzato a livello interno, basato sui mercati monetari interni agli Stati Uniti: niente più azzardo morale a spese del bacino della ricchezza reale statunitense, se si vuole accedere ai mercati pronti contro termine americani bisogna avere garanzie collaterali solide (solo titoli di stato USA). Oggi, quindi, sono necessari ingenti capitali per cercare di sovvertire un tale assetto e se tali attacchi vanno a vuoto chi li svolge perde molto rispetto al passato. Non possono essere reiterati ad libitum.
Il punto qui rimane solo uno: il sistema SOFR non si è rotto e la FED non è dovuta intervenire. Per quanto la stampa cerchi di fuorviare i lettori parlando di PIL in calo negli Stati Uniti, esso non misura né la crescita né la creazione di ricchezza reale, e il suo recente calo non è segno di debolezza bensì di forza: sono i tagli alla spesa pubblicano che lo stanno facendo scendere ed essi rafforzano l'economia. Dal punto di vista strategico è così che vengono portati allo scoperto i “nemici” ed è possibile individuarli. Trump ha davvero ricevuto tutte le telefonate che ha detto di aver ricevuto nel momento in cui ha approvato i dazi reciproci per tutti? Probabilmente no, probabilmente nessuno “ha chiamato”. Si tratta di avere la comunicazione strategica giusta per evidenziare i “nemici”. E ovviamente continuare a mettere pressione su di essi, perché la mancanza di accesso a finanziamenti facili come accadeva in passato significa altresì una ri-ponderazione del rischio su tutto lo spettro economico/finanziario mondiale.
Questo il motivo, in sostanza, per cui l'oro sale e continuerà a salire. Il metallo giallo è la forma definitiva di garanzia collaterale e c'è una corsa per accaparrarlo. Anche qui la City di Londra sta subendo altri duri colpi, perché l'oro adesso viene acquistato a New York e venduto a Londra. La LBMA è sotto corsa agli sportelli. In passato l'intermediazione dell'oro sintetico a Londra permetteva di tenere un tetto sul prezzo dell'oro fisico e veicolare l'idea che tutto fosse sotto controllo, che le crisi fossero sotto il controllo delle banche centrali. All'apertura di New York venivano scaricati i contratti e ricomprati alla chiusura, per poi continuare il gioco con apertura/chiusura in Europa. La presenza del LIBOR permetteva anche queste deformazioni. La credibilità/affidabilità degli Stati Uniti passa anche da un mercato dell'oro in ascesa in grado di stabilizzare e ripagare l'enorme debito pubblico della nazione. Ecco perché quel tetto adesso è stato smantellato e gli USA, rispetto ai loro avversari, sono la nazione con le riserve d'oro più grandi. Una volta rotto il gioco del LIBOR, a cascata tutte le distorsioni dei mercati sono venute al pettine.
Happy to tell Fox News about my proposal for a gold-backed Treasury bond as America enters its new Golden Age. Let’s restore monetary integrity to our currency as we increase productive output. Trump's economy is 'ready, willing and able': Judy Sheltonhttps://t.co/4e6gBVKby4
— Judy Shelton (@judyshel) May 8, 2025BACKGROUND STORICO
Ma facciamo un passo indietro. Quando si tratta di analisi macroeconomica, ci sono sempre innumerevoli pezzi in movimento e possiamo immaginarli come punti su una scacchiera. Per capire cosa sta succedendo nel mondo dobbiamo vedere quei punti per quello che sono nel miglior modo possibile e poi dobbiamo collegarli tra loro in un modo che abbia senso. Se ci riusciamo, scopriremo che raccontano una storia. Come qualsiasi altra storia, però, può essere vera o falsa. Per determinarlo, dobbiamo continuare a valutare i pezzi in movimento e capire se nuovi dati e sviluppi supportano o invalidano la nostra storia.
Dopo tre anni trascorsi a seguire questa storia e a valutare i pezzi in movimento, credo che la mia versione sia accurata, oltre al fatto che i nuovi sviluppi sembrano supportarla. Questa storia rappresenta la natura dell'attuale lotta di potere: non è una lotta fisica, ma finanziaria. È ormai chiaro che le potenze europee del vecchio mondo hanno influenzato la politica e l'economia americana da molti anni. La realtà è molto più sfumata, ma mi piace usare il termine “cricca di Davos” per descrivere queste potenze europee. Stiamo parlando di quelle potenze che stanno alla base di istituzioni globaliste come l'Unione Europea, la Banca centrale europea, le Nazioni unite, la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale, la Banca dei regolamenti internazionali, l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, il Forum economico mondiale (WEF) e entità simili. Queste istituzioni sono allineate nella visione del mondo e promuovono un programma simile: una governance globale centralizzata rispetto alla sovranità nazionale, e soprattutto rispetto alla governance localizzata.
Il WEF ha sviluppato un quadro politico per quantificare questo programma: “capitalismo degli stakeholder”. Klaus Schwab ha confezionato questo quadro come “Il Grande Reset” e lo ha pubblicizzato al mondo nel giugno 2020, nel mezzo dell'isteria per la crisi sanitaria. È chiaro che anche alcune grandi istituzioni americane si sono allineate a questo programma globalista ormai da anni e alcune lo fanno ancora. Bank of America, ad esempio, parla dell'implementazione del capitalismo degli stakeholder ogni anno nella sua lettera annuale agli azionisti. Tuttavia, è altrettanto evidente che altre importanti istituzioni americane hanno rotto i ranghi rispetto al programma globalista. Infatti si è verificata una frattura ai vertici della struttura di potere.
LA CONTRORIVOLUZIONE AMERICANA
Coloro che sono al centro del sistema finanziario americano sono ora in modalità autoconservazione: stanno portando avanti un piano per salvare il sistema finanziario basato sul dollaro, fondamentale per la loro ricchezza, il loro potere e la loro influenza. Questa dinamica ha iniziato a manifestarsi platealmente nell'ottobre 2022. La Federal Reserve aveva già rialzato il suo tasso di riferimento di 300 punti base dall'inizio di quell'anno e la cricca di Davos non ne era entusiasta. La campagna di rialzo dei tassi della FED spinse le Nazioni Unite a pubblicare un annuncio quello stesso ottobre, supportato da una relazione accademica intitolata Trade and Development Report 2022. La relazione delle Nazioni Unite chiedeva a tutte le banche centrali di interrompere immediatamente i rialzi dei tassi. Gli autori affermarono che sarebbe stato irresponsabile rialzarli ulteriormente, insinuando che ciò sarebbe stato paragonabile a un attacco ai Paesi in via di sviluppo.
Questa relazione era chiaramente rivolta alla FED: era un messaggio proveniente dal quartier generale globalista e proclamava che la FED aveva superato i limiti. All'epoca mi aspettavo che Jerome Powell facesse marcia indietro, dopotutto la FED aveva coordinato apertamente la politica monetaria con la BCE e altre banche centrali per anni dopo la crisi finanziaria del 2008. Sembrava proprio che fossero tutti dalla stessa parte. La settimana successiva Powell rialzò il tasso di riferimento della FED di altri 75 punti base e avrebbe continuato a farlo nei mesi successivi (+150 punti base). Inutile dire che attirò la mia attenzione: Powell non solo stava sfidando gli ordini di marcia globalisti, ma si stava muovendo contro di essi in modo aggressivo e senza scuse. Powell iniziò a parlare della necessità di una riforma fiscale all'interno del governo statunitense. In una riunione del Federal Open Market Committee, affermò esplicitamente di non ritenere che fosse compito della FED monetizzare il debito pubblico.
Nel frattempo, nel settembre 2023, l'allora Segretario al Tesoro, Janet Yellen, annunciò quello che definì un “piano di riacquisto di titoli del Tesoro”: il Dipartimento del Tesoro americano avrebbe acquistato regolarmente titoli di stato statunitensi per tutto il 2024. Si trattava ovviamente di un'operazione volta ad avviare quello che in gergo finanziario viene chiamato “controllo della curva dei rendimenti”. Si tratta di un'operazione in cui un'entità – in genere una banca centrale – acquista titoli di stato di determinate scadenze per impedire che i tassi d'interesse superino un certo livello. Il piano della Yellen assomigliava a una nuova “Operazione Twist”.
Quest'ultima era ciò che la FED aveva già implementato nel 2011. Fu allora che Ben Bernanke acquistò titoli del Tesoro a lungo termine e contemporaneamente vendette titoli a breve termine in grandi quantità. Ciò contribuì a spingere i tassi d'interesse a lungo termine più in basso di quanto sarebbero stati altrimenti. La Yellen si propose di applicare la stessa strategia l'anno scorso, ma c'era una sfumatura: il Dipartimento del Tesoro non può creare denaro dal nulla come la FED. L'unica cosa che può fare è emettere nuovi titoli di stato per finanziare la propria spesa. Ciononostante ha bisogno di investitori disposti ad acquistarli. Questo è il motivo per cui i programmi di controllo della curva dei rendimenti sono sempre gestiti da una banca centrale. Non funziona molto bene se non si possono stampare ingenti quantità di denaro per acquistare i titoli che si desidera comprare.
Perché la Yellen stava cercando di controllare la curva dei rendimenti? Non era Powell che avrebbe dovuto gestire questa operazione? La risposta è diventata chiara col tempo: la Yellen e Powell erano in squadre diverse.
La Yellen è una fedele sostenitrice della fazione globalista. Ha assecondato l'agenda globalista quando ha presieduto la FED dal 2014 al 2018 e ha fatto lo stesso dal suo incarico di Segretario al Tesoro durante l'amministrazione Biden. Powell, invece, lavora per la fazione americana, ovvero i NY Boys, che hanno rotto i ranghi con i globalisti. Powell, infatti, ha supervisionato il ciclo di rialzo dei tassi più aggressivo della storia, nonostante la struttura di potere globalista gli urlasse di fermarsi. E, come vedremo, ha avuto un ruolo fondamentale nel liberare la politica monetaria statunitense dalle influenze globaliste.
Per quanto io e altri abbiamo considerato la FED inetta e incapace, aveva messo in atto un piano da diversi anni: un tasso chiamato Secured Overnight Financing Rate (SOFR).
RIPRISTINARE LA SOVRANITÀ FINANZIARIA STATUNITENSE
Il SOFR è ora il tasso d'interesse di riferimento per prestiti e derivati denominati in dollari. Si basa esclusivamente sulle transazioni del mercato pronti contro termine del Tesoro statunitense. Il SOFR è stato creato nel 2018 e implementato gradualmente nel corso degli anni successivi. Ha poi sostituito il London Interbank Offered Rate nel gennaio 2022 ed è ora il tasso d'interesse di riferimento esclusivo negli Stati Uniti. Le istituzioni finanziarie utilizzano i tassi d'interesse di riferimento per determinare il prezzo dei prestiti. Prima del 2022, per i prestiti denominati in dollari si usava il LIBOR; ora si usa il SOFR. Ricordate, la Federal Reserve non può “impostare i tassi d'interesse”, tutto ciò che può fare è modificare il tasso Fed Fund (si tratta del tasso al quale le banche si prestano denaro overnight). Con il SOFR, il tasso Fed Fund ha un impatto diretto: stabilisce un limite minimo al di sotto del quale è improbabile che il SOFR scenda.
Invece il tasso Fed Fund non ha avuto un impatto diretto sul LIBOR; ha avuto solo un'influenza indiretta. Questo perché il LIBOR era calcolato sulla base di stime giornaliere fornite da un consorzio di 16 banche: 11 banche con sede in Europa, 3 banche americane, 1 banca giapponese e 1 banca canadese. Per questo motivo il tasso Fed Fund non poteva stabilire un limite minimo con il LIBOR, perché quel consorzio poteva sempre presentare stime inferiori per abbassare i tassi. Ed è esattamente quello che facevano. Nel 2012, quando è scoppiato lo “scandalo LIBOR”, abbiamo appreso che alcune banche del consorzio avevano presentato stime di tassi artificialmente basse per manipolare il LIBOR al ribasso.
Quando il LIBOR era il tasso di riferimento per i prestiti denominati in dollari, l'economia statunitense era vincolata ai programmi stabiliti dalle fazioni al potere che controllavano l'Unione Europea: quelle 11 banche del consorzio in Europa potevano manipolare i tassi d'interesse tramite il LIBOR, se ciò fosse stato favorevole ai loro programmi. Di conseguenza la differenza tra SOFR e LIBOR è fondamentale.
Il SOFR si basa esclusivamente sulle transazioni nel mercato dei pronti contro termine. Si tratta di transazioni reali che sono accadute. Al contrario il LIBOR, che si basava su stime presentate da un consorzio di banche, non faceva affidamento su transazioni effettive. Ciò significa che il SOFR consente al mercato di avere un impatto diretto sui tassi d'interesse a lungo termine. Questo è fondamentale per determinare il prezzo del credito con ragionevole accuratezza. Con il SOFR ora in vigore, le banche europee non hanno alcuna influenza sui tassi d'interesse denominati in dollari. Non è esagerato affermare che il SOFR ha liberato la politica monetaria statunitense dall'influenza globalista.
Questo ha aperto la strada a quella che chiamo la Grande Riorganizzazione americana.
NORMALIZZAZIONE, MERCATI E TASSI
Non è un caso che il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, abbia iniziato a rialzare i tassi nel 2022, dopo quattro anni dal suo mandato. Powell ha dovuto aspettare finché il SOFR non avesse sostituito il LIBOR come indice di riferimento statunitense, altrimenti gli interessi finanziari legati all'UE avrebbero potuto vanificare i suoi sforzi manipolando il LIBOR al ribasso. In altre parole il SOFR ha permesso a Powell di rompere i ranghi con il cartello globale delle banche centrali. Ovviamente i media finanziari non ne hanno parlato in questo modo e molti analisti finanziari non si rendono ancora conto di cosa stia succedendo.
Quello a cui stiamo assistendo è un tentativo di “normalizzare” il sistema finanziario statunitense e la politica dei tassi d'interesse è una parte importante di questa normalizzazione.
La FED ha tagliato il tasso di riferimento di 50 punti base a settembre 2024 e secondo i media finanziari siamo tornati in piena corsa per tagli sempre più aggressivi. Infatti hanno affermato che la FED ha “cambiato rotta”. Non è affatto così. Powell ha dichiarato pubblicamente di volere che il tasso Fed Fund torni a essere “neutrale”. In altre parole, vuole che tali tassi siano determinati dal mercato, come consentito dal SOFR. È stato schietto e diretto a tal proposito fin da quando ha iniziato a rialzare i tassi dal 2022. Anche allora i media continuavano a dire che avrebbe “cambiato rotta”, ma non lo ha mai fatto. Se prendiamo Powell in parola, intende normalizzare i tassi d'interesse e ciò imporrebbe una massiccia riorganizzazione dell'economia americana.
Il fatto è che ogni aspetto dell'economia è stato “finanziarizzato” negli ultimi 50 anni: la società americana è stata rimodellata per favorire gli asset finanziari rispetto alla produzione di beni e servizi. Sebbene questo abbia rappresentato un grande vantaggio per Wall Street e il mercato azionario, ha anche svuotato la classe media americana e la piccola imprenditoria. Gli Stati Uniti sono risultati effettivamente in recessione per gran parte del decennio precedente, questo perché la politica monetaria allentata e la ZIRP svalutano tutto. Quando sono stati portati i tassi a zero e stampato migliaia di miliardi di dollari dal nulla, è stata incoraggiata la finanziarizzazione, la speculazione e gli sprechi.
Quello di cui sto parlando è una trasfigurazione della società americana: milioni di piccole attività commerciali nelle vie principali di tutta l'America sono state spazzate via. È così che sono spuntate fuori ville in periferia e auto di lusso che nessuno sa come riparare quando qualcosa va storto; è così che sono spuntati fuori centri commerciali e grandi magazzini ovunque e vie principali deserte; è così che sono spuntate fuori legioni di laureati in sociologia e studi sulla diversità e poche persone che sanno davvero come funziona qualcosa. Ma non dimentichiamocelo: c'è un tempo per ogni cosa e una stagione per ogni attività sotto il cielo.
Il SOFR che sostituisce il LIBOR e la rottura della FED con l'agenda globalista segnalano che è in corso una controrivoluzione americana e le briciole di pane iniziano ad allinearsi...
AFFRONTARE LO STATO PROFONDO
Questo significa, in sostanza, che l'era del denaro facile e dei tassi d'interesse artificialmente bassi sono alle nostre spalle. Ciò che è stato sostenuto da questi due meccanismi finirà con essi. E adesso ci spostiamo sul Congresso e sulla politica fiscale. Per decenni il Congresso degli Stati Uniti ha operato partendo dal presupposto di poter spendere denaro senza conseguenze. I tassi d'interesse a zero, favoriti da politiche monetarie ultra lassiste, hanno permesso deficit progressivamente crescenti senza ripercussioni immediate. Eravamo arrivati al punto in cui il Congresso sarebbe stato destinato ad aggiungere oltre $2.000 miliardi al debito nazionale ogni anno e questa era solo la punta dell'iceberg. Il livello di debito del governo degli Stati Uniti era diventato insostenibile. La spesa per interessi aveva superato i $1.100 miliardi nell'ultimo anno fiscale, rendendo il pagamento degli interessi la seconda voce nel bilancio federale. Per illustrare quanto fosse estrema questa situazione, diamo un'occhiata alle spese federali principali per l'anno fiscale 2024:
• Previdenza sociale: $1.500 miliardi
• Pagamento degli interessi: $1.100 miliardi
• Medicare: $869 miliardi
• Difesa: $826 miliardi
Il fatto che Elon Musk e Vivek Ramaswamy si siano uniti per formare il Dipartimento per l'Efficienza del Governo (DOGE) suggerisce che potenti figure abbiano capito la necessità di tagliare drasticamente la spesa federale ora, in modo da evitare una crisi del debito sovrano. Anche perché nei prossimi 4 anni arriveranno a scadenza circa $17.000 miliardi di debiti negli USA. Il team DOGE si è impegnato a pareggiare il bilancio tagliando quasi $2.000 miliardi in spesa federale. Ciò sta comportando l'eliminazione di ingenti somme di denaro dallo Stato sociale e una drastica riduzione del personale nel governo federale. Inutile dire che non mancano le resistenze. Inoltre il team DOGE sta intervenendo anche contro la regolamentazione, eliminando decine di norme e ingessando lo Stato amministrativo statunitense che opera come un governo ombra.
Questa è la lotta che sta impervesando e imperverserà per i prossimi anni: DOGE contro lo Stato profondo.
Il direttore dell'Office of Management and Budget, Russell Vought, ha articolato quello che ritengo un piano molto ben ponderato nella sua intervista con Tucker Carlson poco prima del Giorno del Ringraziamento. Mi è chiaro che comprendono il funzionamento interno del sistema e ciò che stanno affrontando: se non si ferma la spesa incontrollata del governo federale, ci sarà una crisi del debito sovrano entro i prossimi quattro anni. E poiché il dollaro e i titoli del Tesoro USA sono fondamentali per l'intero sistema finanziario globale, una crisi del genere porterebbe a qualcosa di ben peggiore di quanto visto nel 2008.
Inutile dire che la cricca di Davos consideri un tale evento come un'opportunità. I globalisti hanno già gettato le basi per il loro “Grande Reset” durante l'isteria del Covid, una crisi finanziaria globale di proporzioni epiche offrirebbe loro una finestra di caos attraverso la quale inaugurare il resto del loro programma.
La buona notizia per chi non vuole vivere sotto una grottesca forma di neofeudalesimo e tecnocomunismo è che l'America può ancora essere salvata.
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???? Qui il link alla Seconda Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2025/05/la-grande-riorganizzazione-degli-usa_01519109095.html
Una nuova era: il sistema monetario coperto da ₿itcoin
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione diposnibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/una-nuova-era-il-sistema-monetario)
Dal crollo di Bretton Woods nel 1971, il dollaro ha funzionato come valuta puramente fiat. L'accordo sul petrodollaro del 1974 l'ha legato indirettamente al petrolio, rafforzandone la domanda globale. Oggi, con il crescente scetticismo nei confronti delle valute fiat e il crescente interesse per asset decentralizzati come Bitcoin, gli Stati Uniti potrebbero prendere in considerazione un nuovo sistema monetario coperto da Bitcoin, un asset digitale, scarso e decentralizzato. Bitcoin offre di fatto un approccio più moderno, automatizzato e basato su software alle attività del sistema bancario centrale.
Questo articolo esplora la fattibilità di un sistema monetario basato su Bitcoin nel contesto di importanti sviluppi finanziari storici, nonché il percorso strategico per la sua implementazione.
La relazione si concluderà con una strategia applicabile, utile per i policymaker, le istituzioni finanziarie e gli investitori.
• Luglio 1944 – Accordo di Bretton Woods: la Conferenza di Bretton Woods stabilì che il dollaro sarebbe diventato la principale valuta di riserva mondiale, coperto dall'oro. Con questo sistema esso era agganciato al metallo giallo a un tasso fisso di $35 l'oncia, mentre le altre principali valute erano agganciate al dollaro. Questo accordo creò un quadro monetario globale stabile, ancorato alla convertibilità del dollaro statunitense in oro, e gettò le basi per la crescita economica del secondo dopoguerra.
• Agosto 1971 – Nixon chiude la finestra dell'oro (il “Nixon Shock”): il presidente Nixon sospese la convertibilità del dollaro in oro. Ciò segnò la transizione del dollaro da valuta coperta dall'oro a una valuta fiat, il cui valore era determinato da un decreto governativo anziché da un bene fisso e indipendente.
• Ottobre 1973 – La crisi petrolifera e lo shock dei prezzi: in risposta al sostegno degli Stati Uniti e dell'Occidente a Israele, l'OPEC (guidato dall'Arabia Saudita) impose un embargo petrolifero agli Stati Uniti e a diverse nazioni occidentali. L'embargo portò a una grave carenza di petrolio, facendo quadruplicare i prezzi da circa $3 al barile a $12 al barile all'inizio del 1974. Questo improvviso aumento dei costi energetici innescò un'inflazione diffusa, una crisi economica e una crisi globale che portò alla stagflazione (inflazione elevata e disoccupazione elevata) nelle varie economie occidentali.
• Giugno 1974 – Accordo tra Stati Uniti e Arabia Saudita sul petrodollaro: Stati Uniti e Arabia Saudita raggiunsero un accordo che gettò le basi per il sistema del petrodollaro, che in seguito si espanse fino a includere altri Paesi OPEC. L'istituzione del petrodollaro consolidò lo status del dollaro come principale valuta di riserva mondiale, poiché la domanda globale di dollari aumentò parallelamente alle transazioni petrolifere. Questo accordo sostenne anche la crescita della produzione petrolifera mondiale e ridusse la leva strategica dell'OPEC, fornendo al contempo agli Stati Uniti una fonte affidabile di investimenti esteri e di domanda di debito pubblico statunitense.
• Ottobre 2008 – Pubblicazione del whitepaper di Bitcoin: sulla scia della crisi finanziaria globale e dei principali fallimenti bancari, un inventore anonimo noto come Satoshi Nakamoto pubblicò “Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System”. Il documento descriveva una rete di transazioni che non richiedeva alcun tipo di intermediario tra istituzioni finanziarie terze o governative.
• Marzo 2009 – La Federal Reserve lancia il quantitative easing (QE): in risposta alla crisi finanziaria del 2008, la Federal Reserve implementò il suo primo ciclo di quantitative easing (QE), acquistando titoli del Tesoro statunitensi e titoli garantiti da ipoteca per iniettare liquidità nel sistema finanziario. Questa politica monetaria senza precedenti ampliò il bilancio della FED e segnò l'inizio di un prolungato periodo di svalutazione del dollaro, alimentando un'inflazione sostenuta dei prezzi degli asset finanziari.
• Dicembre 2012 – Il rapporto debito/PIL degli Stati Uniti supera il 100%: per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale, il rapporto debito/PIL degli Stati Uniti superò il 100%, segnalando un passaggio a una posizione di bilancio fortemente indebitata. Questo traguardo evidenziò la crescente dipendenza dalla spesa pubblica finanziata dal debito e sollevò preoccupazioni sulla sostenibilità fiscale a lungo termine.
• Aprile 2020 – La FED lancia un quantitative easing aggressivo durante la pandemia: per contrastare le ricadute economiche della pandemia, la Federal Reserve avviò un nuovo ciclo di QE aggressivo, espandendo ulteriormente il proprio bilancio con l'acquisto di titoli del Tesoro e titoli garantiti da ipoteca su scala maggiore. Questo aumento dell'offerta di moneta svalutò significativamente il dollaro e determinò un'impennata dei prezzi degli asset, aggravando ulteriormente la disuguaglianza di ricchezza.
• Febbraio 2022 – Gli Stati Uniti congelano le riserve monetarie russe e trasformano il dollaro in un'arma: in risposta all'invasione russa dell'Ucraina, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno imposto severe sanzioni finanziarie, congelando le riserve monetarie russe detenute presso le banche occidentali. Questa azione ha segnato una svolta nella diplomazia finanziaria globale, poiché ha trasformato il dollaro in un'arma e ha sollevato preoccupazioni tra le altre nazioni sui rischi legati al possesso di riserve denominate in dollari.
• Marzo 2022 – Abbandono del dollaro nel commercio globale di petrolio: in un contesto di crescenti tensioni geopolitiche, diverse nazioni produttrici di petrolio hanno iniziato a stipulare accordi bilaterali con i loro partner commerciali per saldare le transazioni petrolifere in valute diverse dal dollaro. Ciò ha segnalato una potenziale erosione del sistema del petrodollaro, poiché i Paesi cercavano alternative per ridurre la dipendenza dal dollaro nel commercio globale.
• Giugno 2023 – Sospensione del tetto del debito pubblico statunitense: il Congresso ha eliminato il tetto del debito pubblico, rimuovendo il limite legale all'indebitamento del governo federale. Questa decisione ha di fatto consentito un indebitamento illimitato, sollevando preoccupazioni circa una politica fiscale incontrollata e la potenziale accelerazione della crescita del debito pubblico statunitense, esercitando ulteriore pressione sulla stabilità del dollaro.
• Gennaio 2024 – Approvato l'ETF su Bitcoin: la SEC ha approvato il primo ETF spot su Bitcoin, aprendo la strada a un più ampio spettro di investimenti, sia al dettaglio che istituzionali. Questo traguardo ha legittimato Bitcoin e l'ETF ha facilitato l'accesso agli investitori, generando un aumento della domanda e significativi afflussi di capitali.
• Luglio 2024 – Trump definisce Bitcoin “il nuovo petrolio”: in una conversazione privata trapelata poi ai media (ma non ripresa in quelli generalisti), l'ex-presidente Donald Trump ha descritto Bitcoin come “il nuovo petrolio”, segnalando un potenziale cambiamento nella linea di politica statunitense nei confronti degli asset digitali. La dichiarazione suggeriva un riconoscimento del ruolo di Bitcoin come asset strategico nel sistema finanziario globale.
• 5 novembre 2024 – Donald Trump vince le elezioni presidenziali statunitensi: con una vittoria elettorale decisiva e schiacciante, Donald Trump viene rieletto Presidente degli Stati Uniti, con i Repubblicani che prendono il controllo sia della Camera che del Senato. L'esito delle elezioni segna una svolta per la politica statunitense in materia di asset digitali e la fine di un'ostilità normativa senza freni. L'amministrazione Trump si impegna a garantire chiarezza normativa, politiche fiscali favorevoli, l'istituzione di una Riserva Strategica di Bitcoin e un quadro normativo che supporti l'adozione diffusa di asset digitali da parte di individui, istituzioni, aziende, fondi pensione e governi.
• 8 novembre 2024 – Prima transazione di petrolio greggio in Medio Oriente con Tether Trade Finance: Tether, la più grande società di stablecoin al mondo, ha utilizzato la sua piattaforma di trade finance per completare il primo finanziamento di una transazione di petrolio greggio in Medio Oriente, saldato in USDT. Questa operazione rivoluzionaria sembra annunciare un importante cambiamento nella finanza commerciale globale, evidenziando l'adozione delle stablecoin come meccanismo di saldo alternativo per le principali transazioni su materie prime al di fuori del sistema bancario tradizionale.
Il futuro e le ragioni per un sistema monetario statunitense basato su Bitcoin
Con il sistema del petrodollaro, gli Stati Uniti hanno di fatto permesso al prezzo del petrolio di aumentare (in dollari), il che ha innalzato la produzione globale di petrolio e mitigato la minaccia strategica rappresentata dall'OPEC. Creando un'ampia classe di asset denominata in dollari (petrolio), gli Stati Uniti hanno anche istituito un meccanismo per sostenere il predominio del dollaro all'estero e finanziare i crescenti deficit interni. I proventi petroliferi in eccesso dei Paesi OPEC sono stati riciclati nei titoli del Tesoro statunitensi, rafforzando la domanda di dollari e conferendo agli Stati Uniti un enorme potere economico a livello globale.
A livello nazionale, questo sistema ha consentito ai politici di ricorrere a indebitamenti e spese ingenti, portando il debito statunitense dal 36% del PIL nel 1971 a circa il 125% di oggi, una traiettoria che ora rappresenta una seria sfida per gli Stati Uniti in quanto superpotenza finanziaria, nonché per la sua sicurezza energetica e nazionale.
Anche con un valore di mercato di circa $2.000 miliardi e con un volume medio giornaliero di scambi di oltre $20 miliardi, Bitcoin non è ancora abbastanza grande da sostituire il petrodollaro come spina dorsale del sistema monetario statunitense. Tuttavia un aumento significativo del prezzo di Bitcoin potrebbe innescare un nuovo paradigma.
Prezzi più elevati di Bitcoin determinerebbero probabilmente una crescita sostanziale nell'emissione di stablecoin coperte dal dollaro (a causa del maggiore valore di mercato totale di questa classe di asset e man mano che gli effetti di rete di Bitcoin e delle transazioni di asset digitali prendono piede).
A sua volta l'emissione di stablecoin stimolerebbe direttamente la domanda di buoni del Tesoro statunitensi, spostando di fatto il sostegno dei deficit degli Stati Uniti dal petrolio a Bitcoin.
Ciò consentirebbe agli Stati Uniti di mantenere il loro predominio monetario, indebolendo al contempo il potere strategico dei Paesi BRICS, che si sono rivolti all'oro nel tentativo di sfidare e aggirare il sistema del dollaro.
Diversi sviluppi recenti indicano che i lavori preparatori per questa transizione potrebbero essere già in corso.
Il quadro che segue è una panoramica preliminare dei possibili passi verso un sistema monetario basato su Bitcoin.
L'integrazione di Bitcoin nel sistema finanziario statunitense divisa in 21 fasi:
Calcolo della proprietà di Bitcoin richiesta negli Stati Uniti
Se vogliamo prendere in considerazione la transizione verso un sistema monetario basato su Bitcoin, la massa monetaria M2 fornisce la misura più completa della liquidità in dollari nell'economia. M2 include non solo contanti e depositi nei conti correnti (definiti collettivamente come M1), ma anche conti di risparmio, fondi del mercato monetario e altri asset quasi monetari.
Questa misura più ampia cattura l'intera portata delle attività denominate in dollari che circolano e accumulano valore all'interno dell'economia statunitense.
Presupposti chiave:
• Attuale massa monetaria M2 degli Stati Uniti: $22.000 miliardi;
• Offerta di moneta M2 prevista negli Stati Uniti nel 2045: $79.000 miliardi (applicando il CAGR del 6,7% dal 2000 al 2024);
• Obiettivo previsto per il prezzo di Bitcoin nel 2045: $13 milioni (secondo il modello Bitcoin24 di Michael Saylor)
• Investimento di capitale oggi: finanziato attraverso la monetizzazione parziale delle riserve ufficiali di oro degli Stati Uniti (8.133 tonnellate con un valore di mercato attuale di $764 miliardi, per semplificazione si presume un prezzo costante dell'oro);
• Offerta di Bitcoin completamente diluita: 21 milioni;
• Aggiustamento dell'offerta teorica rispetto a quella effettiva: si stima che dai 3 ai 4 milioni di Bitcoin potrebbero essere persi o irrecuperabili, portando l'offerta effettiva a circa 17-18 milioni. Tuttavia, per semplicità e per mantenere una stima conservativa, si utilizza l'offerta massima di 21 milioni.
Di seguito è riportata una tabella che mostra la quantità di Bitcoin richiesta negli Stati Uniti per diversi livelli di supporto entro il 2045:
Nota: l'analisi ha solo scopo illustrativo; i dati di mercato sono aggiornati al 26/02/2025 e provengono da fonti accessibili al pubblico.Analisi dello scenario in cui c'è una copertura in Bitcoin
Panoramiche degli scenari:
1) 25% di copertura
• Questo livello di copertura da parte degli Stati Uniti potrebbe fungere da riserva parziale, simile al ruolo che svolgeva l'oro all'inizio del XX secolo.
2) 50% di copertura
• Un livello di copertura al 50% implica una dipendenza molto più marcata nei confronti di Bitcoin all'interno del sistema monetario statunitense. Aumentare l'allocazione di Bitcoin non solo accelera la sua adozione globale e ne rafforza la credibilità come asset di riserva, ma fornisce anche una copertura significativa contro l'aumento del debito statunitense. Con proiezioni che suggeriscono che il debito nazionale potrebbe raggiungere circa $115.000 miliardi entro il 2045 (in base a estrapolazioni), un livello di copertura al 50% potrebbe potenzialmente compensare fino al 34% di tale onere.
3) 100% di copertura
• La copertura completa rappresenterebbe uno standard Bitcoin, in cui l'intera massa monetaria M2 degli Stati Uniti sarebbe coperta da Bitcoin.
• Una copertura completa in Bitcoin funge da scudo contro la svalutazione della valuta fiat e gli errori di politica delle banche centrali, rende il dollaro un asset puramente monetario e riduce il debito netto rispetto al PIL a meno del 100%, riducendolo di quasi il 70% in termini assoluti.
Un sistema basato su Bitcoin sfrutterebbe le sue caratteristiche superiori, un asset più duro e scarso dell'oro, posizionando gli Stati Uniti come pionieri nell'adozione di un asset di riserva sovranazionale, indipendente e digitale. Il concetto di transizione verso un nuovo sistema monetario statunitense coperto da Bitcoin come garanzia è ambizioso e trasformativo. Rappresenta un profondo cambiamento dall'attuale modello basato su valuta fiat e finanziato dal debito verso un asset digitale, decentralizzato e scarso.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Sofferenza economica? Le preoccupazioni sull'economia statunitense potrebbero essere esagerate
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/sofferenza-economica-le-preoccupazioni)
Una correzione dei mercati azionari tende a generare un'immediata reazione negativa da parte dei cittadini, i quali citano i dazi e gli scambi commerciali come cause della volatilità. Tuttavia, se i mercati fossero stati preoccupati per l'economia statunitense, i titoli di stato tedeschi e giapponesi non sarebbero calati. Inoltre 493 titoli nell'indice S&P 500 risultano invariati nel primo trimestre, nonostante abbiano raggiunto i massimi storici nel 2024 e siano stati oggetto di tutte le notizie negative nel 2025.
L'indice Bloomberg US Large Cap, escludendo i “magnifici sette”, è piatto da inizio anno. Sembra che stiamo vivendo una normale correzione dopo la massiccia corsa al rialzo degli ultimi cinque anni, dovuta alle aspettative di un'inflazione persistente e di un minor numero di tagli dei tassi. Ecco perché i titoli di stato tedeschi e giapponesi, storicamente i beneficiari di uno scenario di avversione al rischio, sono deboli.
Le stime di consenso sulla probabilità di recessione sono salite al 30%, lo stesso livello raggiunto nell'ottobre 2024 e significativamente al di sotto della probabilità del 65% prevista nell'aprile 2023. Inoltre la probabilità di recessione negli Stati Uniti, secondo Bloomberg, è attualmente la stessa dell'area Euro. Deloitte e Coutts prevedono una continua crescita del PIL nel 2025 e la Federal Reserve afferma che l'economia statunitense dovrebbe crescere di circa l'1,8% quest'anno. Molti investitori potrebbero essere preoccupati dalle notizie e credere che queste stime saranno riviste al ribasso. Tuttavia, se guardiamo agli indicatori principali, la stragrande maggioranza punta a un'espansione.
Il Chicago Fed National Activity Index (CFNAI), che misura l'attività economica e le pressioni inflazionistiche negli Stati Uniti, è salito a +0,18 a febbraio 2025, in rialzo rispetto al -0,08 di gennaio, il che indica che l'attività economica è superiore al suo trend storico. Inoltre l'S&P Global US Composite PMI, che misura l'attività nel settore manifatturiero e dei servizi, ha segnalato un'espansione ed è salito a 53,5 a marzo 2025, in rialzo rispetto al 51,6 di febbraio, la crescita più forte da dicembre 2024. Non tutto è positivo, perché il Conference Board Consumer Confidence Index ha subito un forte calo a marzo 2025, scendendo a 92,9, il livello più basso in oltre quattro anni, ma ben lontano dai livelli osservati nelle precedenti gravi recessioni, 87,1 durante la pandemia e 26,9 nella crisi del 2008.
La creazione di posti di lavoro rimane solida e si prevede che a marzo le buste paga non agricole negli Stati Uniti aumenteranno di 133.000 unità, con Bloomberg Economics che alza la stima a 200.000. Inoltre il 2025 dovrebbe segnare un anno di crescita dei salari reali.
Quali sono le principali preoccupazioni degli investitori, quindi? Riduzione della spesa pubblica e i dazi. Ridurre la spesa pubblica è essenziale per abbassare l'inflazione e il deficit. Nel 2024 la spesa pubblica è aumentata del 10%, una cifra del tutto anomala che ha portato il deficit federale a quasi $2.000 miliardi, lasciando l'economia statunitense con la peggiore crescita del PIL al netto dell'accumulo di debito sin dagli anni '30. Questo percorso insostenibile di spesa e indebitamento stava portando l'America a una crisi del debito e a un'inflazione galoppante. Quest'ultima è stata causata da un'elevata spesa pubblica che a sua volta ha portato a una crescita smisurata dell'offerta di moneta e alla distruzione del potere d'acquisto del dollaro. Il MIT ha concluso che la spesa federale è stata responsabile del picco di inflazione del 2022 e che i successivi aumenti di spesa pubblica e offerta di moneta hanno perpetuato le pressioni inflazionistiche e creato un problema di debito insostenibile, con spese per interessi che hanno raggiunto quasi i $1.000 miliardi. Con questa tendenza, il rapporto debito/PIL degli Stati Uniti passerebbe dall'allarmante 122,3% attuale al 156% entro il 2055, secondo il Congressional Budget Office. Pertanto tagliare la spesa pubblica è essenziale per ridurre l'inflazione ed evitare una crisi. Un rallentamento della crescita del PIL derivante da una riduzione della spesa pubblica non è negativo, bensì un segnale di rafforzamento dell'economia produttiva.
I dazi, poi, sono un problema globale.
La maggior parte degli investitori sembra beatamente ignara delle enormi barriere commerciali imposte dall'Unione Europea o dalla Cina negli ultimi anni. Gli operatori di mercato sembravano perfettamente soddisfatti dell'aumento dei dazi e delle barriere commerciali contro gli Stati Uniti da parte di altre nazioni. Nell'indice delle barriere commerciali, infatti, India, Russia, Sudafrica, Brasile e Cina figurano tra le peggiori nazioni. Inoltre l'Unione Europea e la Cina impongono dazi più elevati contro gli Stati Uniti rispetto al contrario, secondo ING e Bank of America. Senza contare che i mercati hanno raggiunto i massimi storici con Biden che ha mantenuto e aumentato alcuni dei dazi in vigore al suo insediamento.
I dazi non causano inflazione, poiché non generano un aumento della quantità di valuta o della velocità di circolazione della stessa. I dazi sono uno strumento per livellare il campo di gioco e affrontare l'eccessivo deficit commerciale degli Stati Uniti, che non è causato da mercati aperti e competitivi, ma da tutte le barriere contro gli esportatori statunitensi in altre nazioni. Molti Paesi sembrano avere una visione del libero scambio che significa poter vendere quanto vogliono negli Stati Uniti, imponendo al contempo barriere commerciali sempre più severe contro gli esportatori statunitensi, tra cui dazi, limitazioni legali e oneri normativi e fiscali. Il deficit commerciale degli Stati Uniti è triplicato, passando da $43 miliardi a marzo 2020 a $131 miliardi a gennaio 2025.
I mercati potrebbero essere spaventati da dazi, tagli alla spesa e preoccupazioni inflazionistiche, perché potrebbero tradursi in una minore offerta di moneta e in un minor numero di tagli dei tassi. Tuttavia i dazi sono uno strumento di negoziazione volto a migliorare la bilancia commerciale. Eliminare le barriere e negoziare condizioni migliori è positivo per tutti i mercati. Inoltre la storia dei negoziati commerciali e l'uso dei dazi hanno dimostrato di avere un impatto molto minore sull'economia degli Stati Uniti di quanto inizialmente temuto. Anche il periodo 2016-2019 lo dimostra. Senza contare che l'economia statunitense è più dinamica e potente di quanto molti credano. I tagli alla spesa dal lato dell'offerta e la riduzione del debito, le riduzioni fiscali e il riequilibrio degli scambi commerciali non sono negativi per l'economia. Sono tutti strumenti essenziali per recuperare salari reali, solidità finanziaria e un settore produttivo fiorente.
Dolore a breve termine per un guadagno a lungo termine.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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L'importanza pluridecennale della Groenlandia per gli Stati Uniti
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/limportanza-pluridecennale-della)
Durante tutta la mia vita la Groenlandia era fuori dai radar della maggior parte degli americani.
Se gli americani sapevano qualcosa della Groenlandia, era che si trattava della risposta alla domanda banale: “Qual è l'isola più grande del mondo?”
Negli ultimi decenni i fanatici del clima hanno ripetutamente lanciato allarmi su allarmi riguardo il fatto che i livelli globali del mare sarebbero aumentati pericolosamente a causa dello scioglimento dei ghiacciai della Groenlandia e della vasta copertura del ghiaccio artico.
Purtroppo per gli allarmisti, il famoso ghiacciaio Petermann della Groenlandia ha continuato ad accumulare ghiaccio negli ultimi dodici anni, crescendo di quasi 16 chilometri in lunghezza dal 2012 al 2024. Infatti, negli ultimi dodici anni, la perdita di ghiaccio in Groenlandia si è ridotta complessivamente di due terzi, pari allo 0,0005% della copertura glaciale totale, una quantità non sufficiente a modificare la tendenza a lungo termine dell'innalzamento del livello globale del mare a un tasso di 3 centimetri ogni decennio.
Nel 2025 la Groenlandia diventa improvvisamente una notizia di grande attualità. Il presidente Donald Trump, citando la posizione strategica dell'isola come vitale per la sicurezza statunitense e internazionale, insieme alle ricchezze minerarie in gran parte inutilizzate, ha parlato apertamente dell'annessione dell'isola agli Stati Uniti, suggerendo persino la possibilità di ricorrere alla forza.
Anche se potremmo rabbrividire di fronte all'indelicata proposta di Trump di un'occupazione forzata di un protettorato danese con una popolazione di soli 57.000 abitanti, ha perfettamente ragione nel dire che la Groenlandia è strategicamente importante, e lo è da molto tempo. Lo so sin dalla metà degli anni '50.
Qui devo addentrarmi in un capitolo ampiamente dimenticato della storia della Guerra Fredda. Negli anni '50, con lo sviluppo dei missili balistici intercontinentali (ICBM) dotati di testata nucleare, gli Stati Uniti cercarono di escogitare modi per difendersi dalla minaccia sovietica. Le tattiche difensive spaziavano dalle esercitazioni nelle scuole elementari, che ci costringevano a ripiegarci in patetiche palline di carne nascoste sotto i banchi, alla costruzione della Linea di Allarme Precoce a Distanza (DEW), una serie di decine di installazioni radar all'estremità settentrionale del continente nordamericano che si estendeva verso est fino alla Groenlandia.
Sebbene potesse sembrare controintuitivo per chi pensasse che i sovietici ci avrebbero lanciato i loro missili balistici intercontinentali attraverso l'Atlantico, la realtà geografica del nostro globo è che la distanza più breve tra le rampe di lancio nucleari russe e gli obiettivi negli Stati Uniti era ed è ancora sopra la regione polare e l'Oceano Artico. I radar DEW dovevano darci tempo sufficiente per lanciare un contrattacco e (si sperava) intercettare almeno alcuni dei missili in arrivo.
Ho avuto modo di dare un'occhiata dall'interno alla Linea DEW. “Pop”, lo zio che ha dato una casa a me e a mia madre vedova, aveva eccellenti capacità ingegneristiche e costruttive. Lavorava per la Michigan Bell, parte del Bell System, il principale appaltatore che collaborava con il Dipartimento della Difesa per la costruzione della Linea DEW.
Per farla breve su “Pop”: nonostante avesse servito il suo Paese per tre anni nella Marina degli Stati Uniti a metà degli anni '20, rimanendo nella riserva da allora fino alla Seconda guerra mondiale e prestando servizio attivo per cinque anni in essa (quattro dei quali sulla portaerei Essex nel Pacifico), all'età di cinquant'anni non aveva ancora finito di servire il suo Paese. Si offrì volontario (cosa che fece davvero infuriare mia zia!) per servire nell'Artico e fu nominato sovrintendente assistente responsabile della costruzione dei radar. Il suo superiore diretto si occupò della contabilità in patria, mentre “Pop” visse nell'Artico per due anni (1955-1957) e supervisionò personalmente la costruzione di ognuna di quelle installazioni radar.
Lavorare alla Linea DEW non era per i deboli di cuore. “Pop” copriva spesso due turni da 10 ore nello stesso giorno. C'erano bagni con secchi a temperature di -30 gradi sotto zero; c'erano le lunghe ore di buio in inverno. In più di un'occasione le squadre spalarono la neve per una settimana per preparare una pista di fortuna per gli aerei in arrivo che trasportavano attrezzature e rifornimenti necessari, solo per vedere poi scatenarsi una tempesta di vento il giorno della consegna prevista, vanificando l'intera settimana di lavoro e vanificando così la consegna sperata. Ho ancora una scatola piena di diapositive fotografiche che mostrano oltre una dozzina di aerei gravemente danneggiati durante l'atterraggio sul ghiaccio irregolare, alcuni dei quali erano aerei su cui “Pop” era stato passeggero. Ricordo di aver sentito parlare di una vittima: un uomo caduto in un crepaccio. Costruire la Linea DEW, quindi, era tutt'altro che un compito facile, con il solo vantaggio principale di vedersi raddoppiare lo stipendio.
Come accennato in precedenza, la Groenlandia, come l'Alaska e il Canada, era un sito di installazioni della Linea DEW. Infatti, uno dei regali che “Pop” portò dall'Artico fu un gagliardetto dalla “Base Aerea di Narsarsuak” in Groenlandia. Sono sicuro di essere stato l'unico bambino della mia scuola ad aver mai sentito parlare di Narsarsuak (oggi si scrive “Narsarsuaq”). Curiosità: la pista di Narsarsuaq è in salita verso est, quindi invece di decollare controvento, gli aerei decollano tutti in discesa verso ovest.
La Linea DEW è stata chiusa nel 1993. I satelliti possono rilevare i lanci di missili molto prima dei radar terrestri, con linee di vista limitate dalla curvatura terrestre. Ciononostante la Groenlandia rimane strategicamente importante. Rappresenta un terreno fertile per le malefatte russe e cinesi. E, dato il potenziale economico dei giacimenti minerari sull'isola, è comprensibile che Trump la voglia avvicinare all'orbita statunitense. Spero solo che le sue dichiarazioni schiette non facciano naufragare un buon accordo con i groenlandesi.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Da Marco Aurelio a Omar Little
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/da-marco-aurelio-a-omar-little)
Mentre questo weekend del Ringraziamento volge al termine, la mia gratitudine non si concentra sui soliti luoghi comuni delle feste, ma su qualcosa che è diventato sempre più prezioso nella nostra era artificiale: relazioni autentiche – sia familiari che di amicizia – che si approfondiscono anziché rompersi sotto pressione. Ciò che lega queste relazioni, ho capito, non sono opinioni o circostanze condivise, ma un codice morale condiviso: un impegno incrollabile verso principi che trascendono le sabbie mobili della politica e delle pressioni sociali. Sono particolarmente grato alla mia cerchia ristretta: amici che conosco fin dalle elementari e familiari i cui legami si sono solo rafforzati negli ultimi anni.
Come molti altri che si sono schierati contro la tirannia del COVID, ho visto quelle che credevo essere relazioni solide dissolversi sotto i miei occhi. Come proprietario di un birrificio e allenatore delle squadre sportive dei miei figli, ero profondamente radicato nella mia comunità: un “uomo di mondo” e grazie a ciò gli altri avevano piacere a fare amicizia con me e a chiedermi consiglio. Poi, all'improvviso, le stesse persone che si erano confrontate con me con entusiasmo si sono allontanate non appena mi vedevano arrivare per strada. Reti professionali e contatti di quartiere sono svaniti alla semplice messa in discussione delle narrazioni ufficiali. Reagivano in questo modo perché avevo infranto l'ortodossia, scegliendo di sostenere valori liberali – gli stessi principi che loro affermavano di sostenere – rifiutando obblighi e restrizioni arbitrarie. In questo momento di prova, la differenza tra chi viveva secondo un codice morale coerente e chi si limitava a seguire le correnti sociali è diventata netta. A posteriori, questa selezione sembra più una chiarificazione che una perdita. Mentre le relazioni superficiali si affievolivano, le mie relazioni più profonde – amicizie decennali e legami familiari – non solo resistevano, ma si approfondivano. Queste prove hanno rivelato quali legami fossero autentici e quali semplicemente situazionali. Le amicizie rimaste, ancorate a principi autentici piuttosto che a convenienze sociali, si sono dimostrate infinitamente più preziose della più ampia rete di amicizie occasionali che ho perso.
Ciò che più mi colpisce di queste amicizie durature è come abbiano sfidato la “regola” delle relazioni distrutte dalle divisioni politiche. Come osservò Marco Aurelio: “L'ostacolo all'azione favorisce l'azione. Ciò che si frappone nel mezzo diventa la via”. Pur avendo assunto posizioni opposte nella dialettica su questioni politiche e culturali nel corso dei decenni, ci siamo ritrovati uniti nell'opposizione alle trasgressioni costituzionali e alla crescente tirannia degli ultimi anni: i lockdown, gli obblighi arbitrari e l'erosione sistematica dei diritti fondamentali. Questa unità non è emersa da uno schieramento politico, ma da un codice morale condiviso: un impegno verso i principi fondamentali che trascendono le divisioni partitiche.
In questi momenti di riflessione, mi sono ritrovato a tornare alle Meditazioni di Marco Aurelio, un libro che non aprivo dai tempi del college, finché l'eccellente conversazione tra Joe Rogan e Marc Andreessen non mi ha ispirato a rileggerlo. Marco Aurelio aveva capito che un codice morale personale – un insieme di principi incrollabili – era essenziale per navigare in un mondo di caos e incertezza. Il collegamento è particolarmente azzeccato: come il mio gruppo di amici, la piattaforma di Rogan mette in primo piano il dibattito autentico nella nostra epoca. I critici, soprattutto di sinistra, parlano spesso di aver bisogno del loro “Joe Rogan”, perdendo completamente di vista ciò che rende il suo programma tanto efficace: l'autenticità. Pur essendo storicamente di sinistra, la disponibilità di Rogan a impegnarsi in un confronto in tempo reale con ospiti di ogni ideologia e su un'ampia varietà di argomenti, oltre al suo impegno per la ricerca aperta della verità, hanno paradossalmente portato al suo allontanamento dai circoli liberal tradizionali – proprio come molti di noi che si sono ritrovati ad essere etichettati come apostati per aver mantenuto principi coerenti.
Questo impegno nei confronti di un codice morale incentrato sul dibattito autentico spiega perché organizzazioni come questo blog – pur essendo regolarmente etichettati come di “estrema destra” – siano diventate una piattaforma cruciale per studiosi indipendenti, esperti di politica e ricercatori della verità. Ho potuto constatarlo in prima persona a un recente evento del Brownstone Institute, dove, a differenza della maggior parte delle istituzioni che impongono il conformismo ideologico, pensatori eterogenei si sono impegnati in una genuina esplorazione delle idee senza timore di imposizione dell'ortodossia. Quando ai partecipanti è stato chiesto se si considerassero progressisti politici dieci anni prima, quasi l'80% ha alzato la mano. Si trattava di individui che, come me e i miei amici, abbracciano ancora i valori liberali – libertà di parola, ricerca aperta, dibattito razionale – ciononostante si ritrovano etichettati come di destra o complottisti solo per aver messo in discussione le narrazioni prevalenti. Ciò che unisce questa comunità eterogenea è il riconoscimento condiviso che la realtà che ci viene presentata è in gran parte costruita ad hoc, come già scritto nell'articolo L'industria dell'informazione, e l'impegno a mantenere un discorso autentico in un'epoca di consenso forzato.
Nella serie TV, The Wire, Omar Little, un personaggio complesso che viveva secondo il proprio codice morale pur operando al di fuori della società convenzionale, ha una battuta chiave: “Un uomo deve avere un codice morale”. Pur essendo un rapinatore che prendeva di mira gli spacciatori, la rigida aderenza di Omar ai suoi principi – non fare mai del male ai civili, non mentire mai, non mancare mai alla parola data – lo rendeva più onorevole di molti personaggi presumibilmente “puliti”. La sua incrollabile dedizione a questi principi – anche come gangster che opera al di fuori delle leggi della società – risuona profondamente con la mia esperienza. Come l'impegno di Rogan per il dialogo aperto, come la dedizione del Brownstone Institute alla libera ricerca, come la determinazione di RFK Jr. a denunciare come gli interessi farmaceutici e agricoli abbiano corrotto le nostre istituzioni pubbliche – questi esempi di autentica ricerca della verità rispecchiano ciò che ho riscontrato nella mia cerchia. Sebbene io e i miei amici possiamo avere opinioni diverse in molti ambiti – politico, culturale e sociale – condividiamo un codice morale: l'impegno per la verità rispetto alla comodità, per i principi rispetto al partito, per il discorso autentico rispetto all'approvazione sociale. Questa base comune si è dimostrata più preziosa di qualsiasi accordo superficiale.
In questi tempi di consenso artificiale e controllo sociale, l'importanza di un fondamento autentico diventa ancor più importante. Lo Smith-Mundt Modernization Act del 2012, che ha reso legale la propaganda sui cittadini americani, non ha fatto altro che formalizzare ciò che molti sospettavano da tempo: il tradimento definitivo del codice di condotta del governo nei confronti dei suoi cittadini, l'esplicito permesso di manipolare anziché informare. Questo quadro giuridico ci aiuta a spiegare gran parte di ciò a cui abbiamo assistito negli ultimi anni, in particolare durante la crisi sanitaria, quando coloro che si proclamavano paladini della giustizia sociale hanno sostenuto linee di politica che creavano nuove forme di segregazione e devastavano le comunità stesse che affermavano di voler proteggere.
Questa disconnessione diventa ancora più evidente nell'ambito delle donazioni benefiche e delle cause sociali, dove il “riciclaggio della virtù” è diventato endemico. L'assenza di un autentico codice morale non è mai stato così evidente come nelle nostre più grandi istituzioni benefiche. Mentre molte di esse svolgono un lavoro cruciale a livello locale, c'è una tendenza inequivocabile tra le grandi ONG verso quella che un amico chiama appropriatamente la “classe filantropica”. Si pensi, ad esempio, alle attività della Clinton Foundation ad Haiti, dove milioni di dollari in fondi di soccorso per il terremoto hanno portato alla creazione di parchi industriali che hanno costretto gli agricoltori a sfollare e a progetti abitativi che non si sono mai concretizzati. Oppure si pensi alla BLM Global Network Foundation, che ha acquistato immobili di lusso mentre le sezioni locali hanno riferito di aver ricevuto un sostegno minimo. Persino le principali ONG ambientaliste spesso collaborano con i maggiori inquinatori del mondo, creando un'illusione di progresso mentre persistono problemi fondamentali.
Questo schema rivela una verità più profonda sulla classe filantropica: molte di queste istituzioni sono diventate puramente estrattive, traendo profitto e persino amplificando i problemi che pretendono di risolvere. Al vertice, si collezionano titoli altisonanti nelle proprie biografie e si mostrano foto di gala di beneficenza, evitando qualsiasi coinvolgimento autentico con i problemi che affermano di affrontare. I social media hanno democratizzato questo show grottesco, permettendo a tutti di partecipare al teatro della virtù – dagli avatar con la bandiera ucraina ai nastri di sensibilizzazione fino agli emoji a sostegno di una causa – creando un'illusione di attivismo priva della sostanza di un'azione o di una comprensione reali. È un sistema completamente privo del codice morale che un tempo guidava l'opera di beneficenza: il legame diretto tra benefattore e beneficiario, il genuino impegno per un cambiamento positivo piuttosto che l'esaltazione personale.
Il potere di un codice morale autentico diventa più evidente in contrasto con queste istituzioni vuote. Mentre organizzazioni e social network si frammentano sotto pressione, sono fortunato che le mie amicizie più strette e i legami familiari siano diventati sempre più forti. Abbiamo avuto accesi dibattiti nel corso degli anni, ma il nostro impegno condiviso per i principi fondamentali – avere un codice morale – ci ha permesso di navigare insieme anche nei momenti più turbolenti. Quando la risposta alla pandemia ha minacciato i diritti costituzionali, quando la pressione sociale ha prevalso sulla coscienza, queste relazioni hanno dimostrato il loro valore nonostante le nostre differenze... anzi, forse grazie a esse.
Mentre affrontiamo questi tempi complessi, la strada da seguire emerge con sorprendente chiarezza. Da Marco Aurelio a Omar Little, la lezione rimane la stessa: un uomo deve avere un codice morale. La crisi di autenticità nel dibattito pubblico, il divario tra valori proclamati e vissuti, e la falsa virtù indicano tutti la stessa soluzione: un ritorno a relazioni autentiche e all'impegno locale. I nostri legami più forti – quelle relazioni autentiche che hanno resistito alle recenti tempeste – ci ricordano che la virtù si manifesta nelle scelte quotidiane e nei costi personali, non in badge digitali o donazioni a distanza.
Sono grato non per le facili comodità del conformismo, ma per coloro che nella mia vita dimostrano una virtù sincera, quella che comporta un costo personale e richiede una convinzione autentica. La risposta non sta in grandi gesti o post virali, ma nella silenziosa dignità di vivere secondo i nostri principi, di interagire con le nostre comunità più vicine e di mantenere il coraggio di pensare in modo indipendente. Come hanno capito sia l'imperatore-filosofo che il guerriero di strada immaginario, ciò che conta non è la grandezza della nostra posizione, ma l'integrità del nostro codice morale. Tornando un'ultima volta a Meditazioni, mi viene in mente l'eterna sfida di Marco Aurelio: “Non perdete più tempo a discutere su cosa dovrebbe essere un brav'uomo. Siatelo”.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Come gli inglesi hanno inventato le rivoluzioni colorate
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/come-gli-inglesi-hanno-inventato-3ec)
“Ciò che si sta svolgendo davanti ai nostri occhi è un tipo molto specifico di colpo di stato, chiamato Rivoluzione colorata”.
Lo affermò l'ex-collaboratore di Trump, Darren Beattie, durante un intervento al programma di Tucker Carlson il 15 settembre 2020.
La maggior parte delle persone aveva la sensazione che ci fosse qualcosa di sospetto nelle elezioni successive, ma era difficile dire cosa.
Beattie diede un nome al problema: lo chiamò “Rivoluzione colorata”.
La definì come “un modello di cambio di governo favorito da molti nel nostro apparato di sicurezza nazionale. Utilizza uno scenario elettorale contestato e progettato” per interrompere e scavalcare le elezioni legittime, spiegò Beattie.
L'America aveva utilizzato questa tecnica per decenni in modo da rovesciare i governi all'estero.
Ora, accusò Beattie, si stava pianificando un'operazione simile contro Trump.
Il suo avvertimento si rivelò profetico.
Gli americani potrebbero non essere d'accordo sul fatto che si sia trattato di un “colpo di stato” o di una “insurrezione” di Trump, ma la maggior parte concorderebbe sul fatto che gli eventi dal 3 novembre 2020 al 6 gennaio 2021 non si potevano considerare delle normali “elezioni”.
Beattie accusò gli “atlantisti”
Quando Beattie mise in guardia contro una “Rivoluzione colorata”, infranse un tabù temibile.
L'ultima persona che cercò di denunciare le rivoluzioni colorate in TV fu Glenn Beck nel 2010. La Fox News cancellò il suo programma poco dopo.
Ora Beattie aveva raccolto la torcia, ma andò oltre.
Mentre Beck incolpava George Soros per aver finanziato le Rivoluzioni colorate, Beattie accusava lo stesso governo degli Stati Uniti, in particolare il nostro “apparato di sicurezza nazionale”.
Beattie sottolineò, in particolare, una cricca di agenti di politica estera noti come “atlantisti”.
Atlantista è un termine diplomatico che indica una persona che antepone gli interessi britannici a quelli americani.
Gruppi del fronte britannico
Nel mio ultimo articolo, “In che modo gli inglesi hanno venduto il globalismo all’America”, ho spiegato come le reti di influenza britanniche esercitino un “soft power” su Washington, operando attraverso gruppi di facciata come il Council on Foreign Relations (CFR).
La missione principale di questi fronti britannici è quella di promuovere l'atlantismo, ovvero l'idea che l'America debba sempre intervenire in soccorso della Gran Bretagna quando questa è coinvolta in una guerra.
Prima di partecipare al programma di Tucker Carlson, Beattie aveva scritto una serie di articoli sul sito Revolver News, di cui è curatore.
La serie di Beattie aveva smascherato una rete di ONG statunitensi fondate e finanziate dal governo degli Stati Uniti, la cui missione è quella di sovvertire le elezioni e rovesciare i governi di tutto il mondo, con il pretesto di “promuovere la democrazia”.
La loro arma preferita è la Rivoluzione colorata.
Beattie si riferiva a questi gruppi come “ONG atlantiste”.
Il mostro di Frankenstein
Secondo Beattie, queste “reti atlantiste” includono gruppi come il Transatlantic Democracy Working Group, il German Marshall Fund, il National Endowment for Democracy (NED) e i suoi due gruppi affiliati, l'International Republican Institute (IRI) e il National Democratic Institute (NDI).
Beattie rivelò che gli stessi “professionisti della Rivoluzione colorata” che gestiscono queste ONG “allineate agli atlantisti” hanno anche svolto ruoli di primo piano nella “resistenza” anti-Trump.
Infatti Beattie sosteneva che l'America aveva creato il suo mostro di Frankenstein.
Le stesse armi che avevamo impiegato per sovvertire le elezioni in altri Paesi ora venivano rivolte contro di noi, per indebolire le nostre elezioni.
Chi c'era dietro tutto questo? Chi aveva il potere di prendere il controllo delle ONG americane per la “promozione della democrazia” e di rivoltarle contro il loro stesso padrone, il governo degli Stati Uniti?
Chi erano questi “atlantisti” accusati da Beattie?
Il Grande gioco
L'Oxford English Dictionary definisce “atlantismo” come “una linea di politica o un principio di stretta cooperazione militare, economica e politica tra Europa e Nord America, o tra un Paese europeo e uno nordamericano; in particolare sostegno o difesa della NATO”.
Questa definizione può essere vera, ma è anche fuorviante. Non coglie il punto: il vero scopo dell'atlantismo è consolidare l'alleanza militare tra Stati Uniti e Regno Unito.
La Carta Atlantica del 1941, che stabilisce i principi guida dell'atlantismo, è un accordo tra due Paesi, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti.
Tutti gli altri Paesi sono semplicemente pedine nel cosiddetto Grande gioco.
La NATO (talvolta chiamata “Alleanza Atlantica”) è il meccanismo di attuazione dell’ordine atlantista.
Il primo segretario generale della NATO, Lord Hastings Ismay, spiegò che lo scopo della NATO è “tenere i russi fuori, gli americani dentro e i tedeschi sotto”.
Nel 1944, quando Charles de Gaulle si oppose all'ingerenza degli Stati Uniti negli affari francesi, Winston Churchill lo rimproverò con queste parole: “Se la Gran Bretagna deve scegliere tra l'Europa e il mare aperto, dovrà sempre scegliere il mare aperto. Ogni volta che dovrò decidere tra te e Roosevelt, sceglierò sempre Roosevelt”.
Con queste parole, Churchill ricordò a de Gaulle che il posto della Francia nella cosiddetta “Comunità atlantica” era, nella migliore delle ipotesi, di scarsa importanza.
Propaganda britannica
L'espressione “Comunità Atlantica” fu coniata dal giornalista americano Walter Lippmann nel 1917. Come tanti giornalisti americani dell'epoca, Lippmann lavorava all'ombra di intermediari britannici, in particolare di un certo Norman Angell, un fabiano britannico che in qualche modo era diventato un “membro non ufficiale” del comitato editoriale della rivista di Lippmann, The New Republic.
Angell era arrivato nel 1915 grazie a una borsa di studio del Carnegie Endowment for International Peace. Fondato nel 1910 dal magnate dell'acciaio scozzese, Andrew Carnegie, l'Endowment promuoveva un programma anglofilo. Carnegie era un aperto sostenitore dell'“unione anglo-americana”, ovvero la fusione di Stati Uniti e Regno Unito in un unico superstato. Il suo Endowment chiedeva la fine dell'“isolamento” degli Stati Uniti e promuoveva l'intervento americano nella Prima guerra mondiale.
In linea con gli obiettivi del Carnegie Endowment, Angell fece passare The New Republic da una posizione neutrale a una di aperto sostegno alla Gran Bretagna nella guerra.
Un “nucleo di autorità” di lingua inglese
Lippmann è ampiamente riconosciuto come l'inventore dell'atlantismo.
Il 17 febbraio 1917 scrisse un articolo per The New Republic intitolato “In difesa del mondo atlantico”. Era un aperto appello alla guerra.
Lippmann sosteneva che l'America dovesse schierarsi al fianco del “mondo occidentale” contro le orde barbariche dell'Oriente. Scrisse: “La guerra [della Germania] contro Gran Bretagna, Francia e Belgio è una guerra contro la civiltà di cui facciamo parte. [...] Perché sulle due sponde dell'Oceano Atlantico si è sviluppata una profonda rete di interessi che unisce il mondo occidentale. [...] Non possiamo tradire la comunità atlantica [...]”.
Si ritiene che l'articolo di Lippmann abbia dato il via al movimento atlantista.
In realtà Lippmann non faceva altro che ripetere le vecchie e logore frasi della propaganda britannica, che da tempo dipingeva l'Impero britannico come l'ultimo baluardo dell'Occidente contro la barbarie orientale.
Sir Norman Angell chiarì in seguito il vero significato dell'atlantismo quando scrisse che qualsiasi governo mondiale doveva essere guidato da un “nucleo di autorità” — in particolare dall'“Occidente” — che a sua volta doveva essere guidato dal “mondo anglofono”.
L'agenda della Tavola Rotonda
Come spiegato nei miei precedenti articoli, “Come gli inglesi hanno inventato il globalismo” e “In che modo gli inglesi hanno venduto il globalismo all'America”, i leader britannici all'inizio del XX secolo riconobbero che l'Inghilterra non poteva più permettersi di controllare il suo impero globale.
Elaborarono un piano per trasferire il costo dell'impero agli Stati Uniti. Il piano prevedeva che gli americani controllassero il mondo a proprie spese, mentre la Gran Bretagna avrebbe preso le decisioni, mantenendo il controllo della politica imperiale.
Ecco in sintesi cosa significa atlantismo.
Per mettere in atto questo piano, venne formato un gruppo segreto chiamato Tavola Rotonda, in parte grazie ai fondi del Rhodes Trust.
Dal 1909 al 1945 circa, la Tavola Rotonda trascinò gradualmente gli Stati Uniti in una rete di interdipendenza con la Gran Bretagna. Ciò avvenne, in primo luogo, con l'istituzione del Council on Foreign Relations (CFR) nel 1921, per esercitare un controllo segreto sulla politica estera statunitense. In secondo luogo, furono istituite entità transnazionali, come l'ONU, la NATO e l'alleanza d'intelligence Five Eyes, che legarono ulteriormente gli Stati Uniti al destino della Gran Bretagna.
In questo modo gli inglesi si assicuravano il sostegno degli Stati Uniti per qualsiasi futura operazione militare avessero voluto intraprendere.
Dopo aver ottenuto la cooperazione degli Stati Uniti, il passo successivo fu la decolonizzazione, ovvero la concessione dell'autogoverno alle colonie britanniche, in modo che l'Inghilterra non dovesse più sostenere autonomamente l'onere di sorvegliarle e difenderle.
Il passaggio all’“Impero informale”
Uno dei grandi miti del nostro tempo è la presunta “caduta” o disintegrazione dell'Impero britannico. Una cosa del genere non è mai accaduta.
La decolonizzazione era già pianificata ben prima della Prima guerra mondiale.
L'unica cosa che ostacolava il piano era la necessità di neutralizzare la Germania come concorrente imperiale e di garantire il supporto militare permanente degli Stati Uniti al nuovo ordine globale. Questi obiettivi furono raggiunti nel 1945, con la spartizione della Germania e l'ingresso degli Stati Uniti nell'ONU.
Tra il 1946 e il 1980 la Gran Bretagna concesse l'autogoverno alla maggior parte delle sue colonie, ma solo lentamente, una alla volta e a determinate condizioni.
Prima di concedere l'indipendenza a qualsiasi colonia, gli inglesi insediavano governanti locali disposti a onorare i precedenti accordi commerciali. Chi collaborava veniva ricompensato; chi creava problemi veniva rimosso.
La Gran Bretagna passò così dal governo “diretto” a quello “indiretto”, dall’impero “formale” a quello “informale”.
Per dirla in termini marxisti, la Gran Bretagna passò da un impero coloniale a uno “neocoloniale”.
“Resistenza passiva”
Per mantenere il nuovo sistema, la Gran Bretagna aveva bisogno di metodi più discreti per rimuovere i vassalli ribelli. Uno di questi metodi si rivelò essere la rivoluzione colorata.
Gli studi britannici sulla “resistenza passiva” e sulla “non obbedienza” iniziarono già durante la Prima guerra mondiale, quando il filosofo Bertrand Russell propose che gli eserciti invasori potessero essere sconfitti senza sparare un colpo, se i civili si fossero rifiutati di obbedire alle forze di occupazione nemiche.
Le idee di Russell influenzarono i pianificatori militari britannici come Basil Liddell Hart e Stephen King-Hall, i quali incorporarono la resistenza non violenta nel crescente arsenale di armi psicologiche della Gran Bretagna.
Decolonizzare l'Africa
Il 3 febbraio 1960 il Primo Ministro britannico Harold Macmillan parlò davanti al Parlamento sudafricano: “Il vento del cambiamento sta soffiando”, affermò, e la Gran Bretagna deve seguirlo, liberando le sue colonie africane.
Gli inglesi insistevano affinché le altre potenze europee seguissero il loro esempio. La Gran Bretagna non voleva che le sue colonie appena liberate venissero inghiottite dai rivali europei.
Il Portogallo si rifiutò di collaborare. I portoghesi dichiararono che avrebbero combattuto fino alla morte per mantenere l'Angola, il Mozambico e gli altri possedimenti africani.
La Rivoluzione dei garofani
Il dittatore portoghese Antonio Salazar morì nel 1970, ma il suo regime dell'Estado Novo sopravvisse, proseguendo le sue lunghe guerre coloniali contro gli insorti africani.
Il 25 aprile 1974 il primo ministro portoghese Marcelo Caetano fu improvvisamente rovesciato da un colpo di stato militare “soft”. La rivolta divenne nota come “Rivoluzione dei garofani”, perché i manifestanti infilarono garofani nelle canne dei fucili dei soldati.
La Rivoluzione dei garofani è il primo esempio di cui sono a conoscenza di una vera e propria “rivoluzione colorata”.
La Gran Bretagna nega di aver preso parte al colpo di stato, ma i segnali della guerra psicologica britannica sono evidenti.
Prima del colpo di stato, pochi giorni prima della prevista visita di Caetano a Londra, il Times riportò la notizia di un massacro di 400 persone da parte delle forze speciali portoghesi in Mozambico. Il Primo ministro britannico, Harold Wilson, chiese a Caetano di annullare la sua visita, accusandolo di “genocidio” e chiedendo l'espulsione del Portogallo dalla NATO.
In questo modo la Gran Bretagna minò il sostegno a Caetano, in un momento in cui i futuri golpisti stavano già lanciando minacce e avanzando richieste.
Dopo il colpo di stato, la Gran Bretagna riconobbe rapidamente la nuova giunta di sinistra e offrì indicazioni su come smantellare l'impero africano del Portogallo.
Gene Sharp, agente della guerra psicologica
Gli attivisti di oggi venerano Gene Sharp, un pacifista americano, come il padre della “nonviolenza strategica”. Sharp scrisse il “manuale” per la Rivoluzione colorata: The Politics of Nonviolent Action (1973).
Ciò che gli attivisti non sanno è che Sharp era un agente della guerra psicologica, con forti legami sia con i servizi segreti americani che con quelli britannici.
Sharp trascorse 30 anni al Center for International Affairs, soprannominato la “CIA di Harvard”.
Ancora più importante, Sharp trascorse 10 anni in Inghilterra (dal 1955 al 1965), collaborando con il movimento pacifista britannico e conseguendo un dottorato di ricerca a Oxford. L'opera iconica di Sharp, The Politics of Nonviolent Action, era la sua tesi di dottorato a Oxford.
“Proteste degli adolescenti”
Nel 1967 lo psicologo australiano, Fred Emery, allora direttore del Tavistock Institute of Human Relations (TIHR) di Londra, predisse che, entro gli anni novanta, presto le “proteste degli adolescenti” sarebbero state sfruttate come arma politica in grado di rovesciare i governi.
Aveva ragione.
Nel 1989 un'ondata di rivolte non violente travolse il blocco sovietico, rovesciando i regimi comunisti. La rivolta ceca fu soprannominata “Rivoluzione di velluto”, termine che finì per essere usato in modo intercambiabile con “Rivoluzione colorata”.
Le “Rivoluzioni di velluto” del 1989 furono in gran parte orchestrate dai governi occidentali che operavano attraverso gruppi di facciata.
“Promozione della democrazia”
I gruppi del fronte occidentale che hanno contribuito a far crollare l’Impero sovietico sono, in molti casi, le stesse “ONG atlantiste” accusate da Darren Beattie.
Nel mondo delle ONG sono conosciuti come gruppi “pro-democrazia”, “costruzione della democrazia” o “promozione della democrazia”.
Promuovere la “democrazia” è stato uno dei principali obiettivi degli atlantisti fin da quando Woodrow Wilson dichiarò che l’America doveva lottare per “rendere il mondo sicuro per la democrazia”.
Ovviamente ci sono momenti in cui lottare per la “democrazia” è encomiabile.
La caduta dell'Unione Sovietica aiutò senza dubbio le nazioni conquistate dell'Europa orientale.
Eppure, troppo spesso, le grida di “democrazia” e “libertà” sono state utilizzate per coinvolgere giovani ingenui in iniziative poco raccomandabili, come la destabilizzazione della presidenza di Donald Trump.
Il modello Freedom House
La maggior parte degli storici concorda sul fatto che la prima ONG per la “promozione della democrazia” sia stata Freedom House, fondata il 31 ottobre 1941 a Washington DC.
Fin dalla sua fondazione, Freedom House è stata un'agenzia di copertura dell'intelligence britannica.
Il suo scopo originario era quello di combattere l'“isolazionismo” americano e spingere l'entrata degli USA nella Seconda guerra mondiale.
Nell'aprile del 1940 Winston Churchill creò una speciale unità di intelligence chiamata British Security Coordination (BSC), per condurre operazioni segrete contro il movimento pacifista statunitense.
Con la piena collaborazione del presidente Franklin D. Roosevelt e del direttore dell'FBI, J. Edgar Hoover, la BSC aprì degli uffici al Rockefeller Center, sotto il comando dell'agente dei servizi segreti canadesi William Stephenson, nome in codice Intrepid.
Freedom House è nata dalla fusione di due organizzazioni pro-guerra: Fight for Freedom (FFF) e The Committee to Defend America by Aiding the Allies (CDAAA).
Secondo Desperate Deception: British Covert Operations in the United States, 1939-1944 di Thomas E. Mahl, entrambi erano fronti britannici gestiti dalla BSC di Churchill.
Il National Endowment for Democracy
Il 17 novembre 1983 il Congresso degli Stati Uniti autorizzò il finanziamento di una nuova entità denominata National Endowment for Democracy (NED), un ente pubblico-privato che avrebbe ricevuto finanziamenti dal governo degli Stati Uniti.
Lo scopo del NED era quello di fungere da gruppo ombrello per una rete di ONG per la promozione della democrazia, tra cui due gruppi affiliati che sarebbero poi diventati noti come National Democratic Institute (NDI) e International Republican Institute (IRI).
Nello stesso anno Gene Sharp, l'agente segreto addestrato in Gran Bretagna che aveva inventato le Rivoluzioni colorate, fondò un suo gruppo, l'Albert Einstein Institution a Boston.
Tutti i gruppi sopra menzionati avevano due cose in comune: innanzitutto tutti hanno seguito il “manuale” di Gene Sharp per la Rivoluzione colorata; in secondo luogo tutti hanno aiutato il governo degli Stati Uniti a finanziare e organizzare Rivoluzioni colorate in altri Paesi, con l'apparente scopo di promuovere la democrazia.
Secondo Darren Beattie tutti questi gruppi hanno preso parte alla destabilizzazione della prima presidenza Trump.
Cui Bono?
Resta da vedere se le accuse di Beattie resisteranno alla prova del tempo.
Una cosa è certa, però: il governo britannico è stato estremamente soddisfatto dell'estromissione di Trump.
E non vogliono che ritorni.
Il 4 febbraio 2020, mentre era in corso il secondo processo di impeachment di Trump, il Royal Institute of International Affairs, noto anche come Chatham House, dichiarò sul suo sito web che “il processo a Trump non è sufficiente a riparare la democrazia”.
Mettendo in guardia dal fatto che la “disinformazione” elettorale diffusa dai sostenitori di Trump rappresentava una minaccia per la democrazia, Chatham House chiese una commissione in stile “11 settembre” per indagare ulteriormente sull’“insurrezione” del 6 gennaio.
Londra chiama
Chatham House non è un semplice think tank.
Opera in base alla Royal Charter e sotto il patrocinio della corona inglese.
Inoltre è l'organizzazione gemella del Council on Foreign Relations. Insieme i due gruppi formulano e coordinano la politica estera degli Stati Uniti e del Regno Unito.
Dopo tutti questi anni, sta iniziando a diventare chiaro cosa intendesse Norman Angell quando parlava di un “nucleo di autorità” al centro della comunità atlantica.
E quel nucleo è a Londra.
Questo è il mondo creato dagli atlantisti.
Benvenuti nella comunità atlantica.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.
Io, Bitcoin
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/io-bitcoin)
I lettori del mio blog sanno che ho iniziato a interessarmi di Bitcoin alla fine del 2022.
Infatti è stato l'asset con le migliori performance tra tutti i titoli che ho menzionato e che stavo tenendo d'occhio per il 2023. Allo stesso modo, e per non rovinare la suspense, ho aggiunto di nuovo l'esposizione a Bitcoin alla mia lista di 24 titoli che stavo tenendo d'occhio nel 2024.
Forse non è stata una grande sorpresa quando ieri i miei iscritti mi hanno visto su X proclamare che i miei giorni di disprezzo per Bitcoin erano finiti. Tuttavia, dato che ho circa 210.000 follower su Twitter in più rispetto agli iscritti su Substack, si può dire che ci sono state comunque molte persone colte di sorpresa dal mio mea culpa e, cosa un po' allarmante, ancora più persone disposte a tessere immediatamente le mie lodi e a darmi il benvenuto nella community.
Per quanto riguarda il benvenuto, tutto ciò che posso dire è che lo apprezzo sinceramente. Mentirei se dicessi che un folto gruppo di persone che la considerava una decisione intelligente non mi avesse reso un po' nervoso. Tuttavia, come ho detto ieri nel mio post su X, so di essere circondato anche da persone molto più intelligenti di me.
In particolare coloro nella comunità del denaro sano/onesto, i quali tessono le lodi della loro esperienza con Bitcoin. Per me questa è stata la cosa più difficile da ignorare, e mi riferivo a persone come Lawrence Lepard, Luke Gromen e Lyn Alden per le loro incredibili intuizioni sul sistema monetario corrotto. Mi sono chiesto: perché non provare almeno a prenderli sul serio quando si trattava del loro punto di vista su Bitcoin? Sapevo, nel profondo, che avevano fatto un lavoro e raggiunto una comprensione che io non avevo, pur comprendendone alcuni principi fondamentali.
Ho iniziato ad avere un assaggio di questa comprensione ascoltando il mio amico Lawrence Lepard descrivere Bitcoin come un'invenzione a sé stante nel seguente podcast del dicembre 2022, paragonandolo a un parallelo di Internet, anziché a una semplice applicazione software.
In questa intervista l'ha definito “l'invenzione della scarsità digitale”. Onestamente, non avevo idea di cosa significasse, e l'idea di “scarsità digitale” non mi sembrava poi così nuova. Ho semplicemente scrollato le spalle e ho pensato: “Se Bitcoin può farlo, anche le altre criptovalute possono farlo”. Mi sono chiesto: “Come può qualcosa essere scarso quando non esisteva in modo tangibile e sicuramente non esisteva 15 anni fa?”
Naturalmente, come una chiave usa più denti contemporaneamente per aprire una serratura fisica, Bitcoin ha iniziato ad avere senso per me solo dopo averlo compreso nel contesto del funzionamento della rete: tutti i denti della chiave (l'ideologia, la rete, l'invenzione crittografica) si allineano, contribuendo a sbloccarne la comprensione. Innanzitutto ho dovuto capire come funziona la crittografia di Bitcoin e perché è inattaccabile e, per il momento, il massimo della sicurezza. Ci sono riuscito guardando questo video:
In seguito ho dovuto comprendere il sistema di controlli e contrappesi che la rete crea per garantire la propria integrità. Certo, avevo capito l'idea di un registro decentralizzato che tutti potevano controllare: era relativamente semplice. Quello che non capivo veramente era come la maggior parte dei nodi sulla rete, che eseguivano lo stesso codice, mantenesse Bitcoin sacrosanto finché le persone avessero deciso di volerlo. Avevo sentito parlare di fork nella rete, ma solo dopo li ho capiti. Sono momenti in cui le persone pensavano di saperne di più e di dover riscrivere il codice di Bitcoin. La maggior parte dei nodi ha respinto queste idee, proteggendo così la sacralità del codice Bitcoin originale.
Una volta compresi la crittografia e la sicurezza della rete, è diventato ovvio che più la rete si espande e aumenta la sua adozione, più diventa sicura e indistruttibile. L'idea che la gente “la vieti” o, come ha detto un mio amico, che “Satoshi torni per cambiare l'offerta di monete quando vuole” non ha molto senso una volta capito come funziona. Se la gente vuole la rete Bitcoin e ha energia elettrica e una connessione Internet, la otterrà. La rete è come un pesce scivoloso che qualcuno cerca di afferrare: più lo tieni stretto e più cerchi di controllarlo, più velocemente ti sfugge di mano. Se il Canada la vieta, andrà in Messico. Se il Messico la vieta, i nodi andranno alle Mauritius. Se le Mauritius la vietano, i nodi andranno in Russia. Ci sarà sempre un posto nel mondo – almeno nel breve e medio termine – che accoglierà Bitcoin.
Per me è stato solo dopo aver capito come funzionava la crittografia e come la rete interagiva, in tandem, che ho iniziato ad attribuire a Bitcoin l'importantissimo “valore intrinseco”. Ero, e in un certo senso sono ancora, nel gruppo che vede l'oro come hard asset predefinito, grazie alla sua offerta come materia prima e alla sua storia di gran lunga superiore come riserva di valore. Ecco perché, nonostante abbia accettato l'idea su Bitcoin, la mia posizione sull'oro resta maggiore rispetto alla mia posizione su Bitcoin.
Ma i sostenitori di Bitcoin portano argomenti convincenti quando sottolineano che esso è più facile da trasportare e da verificare rispetto all'oro. Mi sono sempre trovato in difficoltà quando qualcuno mi chiedeva come avrei potuto portare oltre confine oro per un valore di $1 miliardo. Non si può fare. Con Bitcoin, però, si può. Anche se gli exchange sono soggetti a normative AML e KYC, Bitcoin stesso rimane una via d'uscita dalla centralizzazione del proprio patrimonio. L'idea, unita alla trasmissibilità e alla possibilità di verificarlo ovunque nel mondo in qualsiasi momento con una semplice connessione Internet e la corrente elettrica, lo rendono diverso da qualsiasi cosa sia mai esistita prima.
Per quanto mi riguarda non riuscivo sempre a capire esattamente cosa stavo comprando quando ho comprato Bitcoin. Ho dovuto convincermi a capirlo, descrivendolo a me stesso come l'acquisto di un posto su un registro decentralizzato con la più alta adozione a livello mondiale, che potenzialmente – non definitivamente – servirà da fondamento per un nuovo modo di pensare al denaro. In altre parole, si tratta di riservarsi un posto sul registro piuttosto che investire nell'invenzione di Bitcoin stesso. È un'idea davvero grandiosa – e il mio cervello è davvero piccolo – ed è per questo che ci ho messo così tanto a capirla. Ma, come si dice, “una volta che la vedi, non puoi più non vederla”.
E, come ogni altro investimento che faccio in qualcosa di nuovo che non è stato ancora pienamente adottato, accetto il fatto che ci siano rischi significativi e che il valore di Bitcoin potrebbe scendere notevolmente, o addirittura azzerarsi. Secondo me non accadrà, o almeno non nel breve termine. Anche nello scenario peggiore in cui Bitcoin non arrivi a 100 anni da oggi, penso che la sua adozione nei prossimi 5-10 anni sia già stata scontata.
In particolare, ascoltare Michael Saylor mi ha aiutato ad aprire gli occhi sul fatto che stavo acquistando proprietà digitali. Quest'intervista è tanto lunga quanto completa, e mi è piaciuta molto. Che Saylor si riveli il vero sostenitore di Bitcoin o la persona più fuorviata della storia, è difficile negare che non sia eccezionalmente intelligente e dotato di un'ottima parlantina:
Questa è un'altra lunga e complessa intervista che ho ascoltato per intero e in modo approfondito, e che mi ha aiutato a comprendere la rete e tutti i componenti che interagiscono e che costituiscono l'ecosistema Bitcoin:
E quindi, quando Saylor pone una domanda del tipo, “quanto tempo pensi che passerà prima che tutti i cellulari e i computer siano dotati di wallet Bitcoin?”, la risposta mi sembra ovvia: non passerà molto. Quindi, dal punto di vista dell'adozione, che si tratti o meno di 100 anni, al momento, è per lo più irrilevante. È come il potenziale impatto dell'informatica quantistica: ho ascoltato entrambe le parti in causa e ho praticamente accettato la posizione secondo cui si tratta di un ponte che dovremo attraversare quando ci arriveremo. Ehi, se questo ragionamento è abbastanza valido per Janet Yellen che guarda il nostro debito/PIL esplodere verso un punto di non ritorno, è abbastanza valido anche per me.
Ma il fatto che le agenzie di regolamentazione abbiano benedetto Bitcoin consentendo gli ETF, e che io possa andare su Twitter e vedere spot pubblicitari di gestori patrimoniali super seri come Franklin Templeton e Fidelity, che parlano di Bitcoin come una solida copertura monetaria e un modo per uscire dal sistema monetario globale gestito dalle banche centrali, è sbalorditivo.
È buffo come, una volta che ci sono delle commissioni in gioco, la gente sia felice di sostenere quella che ho sempre ritenuto la ragione moralmente giusta per inveire contro le banche centrali – la ragione che aspetto da tempo affinché la gente sostenga pubblicamente l'oro. In ogni caso, non mi interessa molto la vostra motivazione quando fate delle ottime osservazioni.
Proprio la settimana scorsa ho sentito qualcuno dire che tutti gli acquirenti di Bitcoin sono speculatori, non persone che cercano seriamente di uscire dal sistema monetario così com'è oggi, a lungo termine – e semplicemente non credo che sia la verità. Credo che ci siano molte persone là fuori, come me, che cercano solo di diversificare per uscire da un sistema fiat ormai in rovina, e Bitcoin è solo uno dei tanti modi per farlo.
Non c'è dubbio che ci saranno innumerevoli speculatori e trader. Non c'è dubbio che ci saranno truffatori e un'infinità di altcoin di bassa qualità. Non c'è dubbio che ci saranno frodi e riciclaggio di denaro, proprio come con il dollaro e i titoli registrati. Ma dire che questo sia tutto ciò che c'è in Bitcoin è un errore, a mio parere.
Basta che ci sia solo un piccolo gruppo di persone che continui ad acquistarlo e detenerlo in futuro per poi consumare e ridurre lo spazio sul registro. Se l'hashrate o l'adozione collettiva della rete fossero in calo, sarebbe un problema. Ma per ora non lo è. Non potete dirmi che un Paese come El Salvador che adotta Bitcoin come moneta a corso legale sia “speculazione”. Per me questa è “adozione”. C'è una grande differenza tra un paio di ragazzini in una chat room che cercano di fare daytrading di shitcoin e alcuni dei più grandi gestori patrimoniali del mondo, e persino alcuni stati che sostengono di voler piazzare la loro proprietà digitale nel registro, mentre milioni di persone in tutto il mondo acquistano Bitcoin solo per possederli. L'idea che tutti i coinvolti siano truffatori o stiano cercando di arricchirsi è, a mio parere, fuorviante. Per me c'è un'enorme differenza tra “cercare di arricchirsi rapidamente” e “cercare di preservare la ricchezza a lungo termine”. Indipendentemente da ciò che Bitcoin fa, la mia motivazione sarà sempre la seconda.
Il prezzo continuerà a essere volatile, ma è anche abbastanza facile giustificare il suo aumento. Se domani pago $200.000 per una casa e non faccio nulla, e non c'è un aumento della domanda, ma il potere d'acquisto del dollaro scende del 99% nei prossimi 50 anni, il prezzo in dollari continuerà a salire. Con Bitcoin c'è il vento in poppa dell'adozione globale, il vantaggio di un'offerta limitata e un crescente risveglio ideologico che ne sostiene l'esistenza morale ed etica.
È stato divertente ascoltare podcast su Bitcoin negli ultimi mesi, perché tutti iniziano la loro spiegazione esponendo gli orrori del sistema monetario fiat. Sono stato fortunato, nel senso che capisco già come funziona, come le maree, che si alzano e scendono, erodendo il potere d'acquisto delle persone e trasferendolo allo stato. Questa è stata una delle mie argomentazioni di lunga data a favore del possesso di oro. Man mano che Bitcoin continua ad essere adottato, diventa anche un'ottima ragione per possederlo, a mio parere. Una cosa che ho sempre detto su Bitcoin è che apprezzo quanto abbia aperto gli occhi a persone che normalmente non avrebbero compreso gli orrori della MMT e della politica monetaria globale.
Ciò che sarà ancora più interessante da vedere, a mio parere, è la FOMO (Fear Of Missing Out) quando, e se, il prezzo supererà di nuovo i massimi storici. Se il prezzo di Bitcoin continua ad andare bene, i gestori patrimoniali che ora non hanno scuse per non acquistare Bitcoin (dato che ci sono ETF che operano all'interno del sistema in cui sono autorizzati a operare) saranno sommersi dalle chiamate dei loro clienti che si chiedono perché non abbiano alcuna esposizione a tale asset, anche se non lo capiscono.
E qui non stiamo parlando di GameStop, il che significa che una volta iniziata la FOMO sul prezzo, non ci sarà alcuna offerta azionaria at-the-money che arriverà e si diluirà a prezzi più alti. Se la corsa all'“accaparramento di tutto quello che puoi mangiare” sul libro mastro inizierà sul serio, non ci sarà nessuna nuova offerta che arriverà magicamente dal nulla per soddisfarla. Con la capitalizzazione di mercato totale di Bitcoin, mi sembra logico che i Paesi mediorientali super-ricchi saranno probabilmente i prossimi ad adottarlo e a inserirlo nei loro bilanci.
Molti podcast che ho ascoltato parlano di stati che minano Bitcoin ma non ne parlano. A un certo punto, è probabile che le luci si accendano a livello globale e tutti vedranno cosa detengono gli altri. Immagino che alcuni Paesi mediorientali ricchi di petrolio, anche se lo considerano un'opzione call con il potenziale di andare a zero, si diletteranno a inserire Bitcoin nei loro bilanci sovrani per cercare di diversificare e scommettere sul futuro del denaro. Queste persone guidano Bugatti per andare al lavoro e tengono tigri come animali domestici. Dire che non hanno abbastanza soldi per “speculare” sul potenziale futuro del denaro è ridicolo.
E poi, ancora una volta, torniamo a Bitcoin e la rete, e a come si integrano e lavorano in tandem. Più viene adottato, più diventa sicuro, più persone vogliono investirci, più diventa praticabile e diffuso. Bitcoin, per me, è l'equivalente del codice open source di una profezia che si autoavvera. Il modo in cui funziona lo rende un virus della libertà-denaro. È stato scatenato ed è diventato così grande che è quasi impossibile fermarlo nel breve o addirittura nel medio termine. Ho trovato azzeccate le analogie di Michael Saylor, secondo cui la rete è essenzialmente uno sciame di vespe. Come si ferma uno sciame? Si possono uccidere una o due vespe, ma alla fine dei conti si è in inferiorità numerica. E con Bitcoin, l'ideologia, più la rete, più la ridondanza, più il fatto che chiunque possa adottarlo, garantiscono che supererà i suoi critici sia in termini di nodi che di potenza di calcolo.
Non vedo l'ora di fare ulteriori ricerche sui potenziali utilizzi della rete e sui percorsi per l'adozione di Bitcoin in futuro. Non fraintendetemi, continuo a considerarlo un asset rischioso, nel senso che se l'adozione rallenta o regredisce, la rete si indebolisce. Ma la traiettoria su cui ci troviamo ora non suggerisce che ciò accadrà a breve. Ci sono rischi se gli sviluppatori principali decidessero di apportare modifiche drastiche, o se l'informatica quantistica rendesse la crittografia più facile da decifrare. C'è anche il rischio che i principali Paesi occidentali cerchino di vietare, regolamentare o tassare Bitcoin a morte, e ci sono moltissimi rischi sconosciuti che derivano dall'adozione ideologica di uno standard completamente nuovo.
Il mio peso in Bitcoin è a un livello tale che non mi dispiacerebbe perdere tutto. Prevedo che il prezzo scenderà del 90% più di una volta in futuro. Come hanno detto diverse persone, se vi preoccupate così tanto, il vostro peso è troppo alto. Gestisco il rischio di possedere Bitcoin come gestisco opzioni call o entro in un casinò. Non sarò sorpreso o devastato se e quando perderò tutto.
Ma per me, ideologicamente, ciò che Bitcoin si propone di risolvere ha senso. Guardo le cose attraverso una lente Austriaca e credo fermamente che il sistema e l'economia globale siano in crisi. Sarò sempre un sostenitore dell'oro e dell'argento, ma dire che sostengo un sistema monetario diverso e che non c'è spazio per l'opzione call ideologica di Bitcoin, ora che ho capito meglio, non ha più senso per me.
Una cosa che prima ridicolizzavo, ma che ora non ridicolizzo più, è l'idea che Bitcoin rappresenti la libertà digitale. Il bello della decentralizzazione e del peer-to-peer è che, sebbene possa apparire e scomparire gradualmente in alcune giurisdizioni, Bitcoin funziona se le persone lo vogliono. E, filosoficamente, non riesco a pensare a molte cose su cui preferirei scommettere come quella di dare potere al popolo.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.
Il fermo avvertimento di David Hume: la ragione al servizio delle emozioni
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-fermo-avvertimento-di-david-hume)
Il Trattato sulla natura umana di David Hume è stato definito “uno dei libri fondamentali della filosofia occidentale”, “il documento fondante delle scienze cognitive” e forse “l'opera filosofica più importante” in lingua inglese.
Nel mio precedente saggio su David Hume ho analizzato come le sue idee anticipassero le neuroscienze moderne.
Per coloro che credono di essere governati dalla ragione, un'analisi più approfondita della filosofia di Hume mette a nudo la loro arroganza.
“Nulla è più consueto nella filosofia, e perfino nella vita comune”, scrisse nel suo Trattato, che affermare la “preminenza della ragione sulle emozioni”.
Per emozioni Hume intende le nostre predisposizioni, il pensiero carico di significato e le emozioni generate da convinzioni di cui spesso non siamo consapevoli. Egli sostiene che “la ragione da sola non può mai produrre alcuna azione, né dare origine alla volizione. Deduco che la stessa facoltà [la ragione] è altrettanto incapace di impedire la volizione, o di contestarne la preferenza a qualsiasi passione o emozione”.
Hume sostiene che le nostre “emozioni” vengono prima e solo dopo usiamo la “ragione” per giustificare ciò che le nostre emozioni hanno deciso. Pensiamo che la ragione guidi il nostro autobus decisionale, ma spesso essa è solo un passeggero.
Quando si assimilano tutte queste implicazioni, la mente dovrebbe fermarsi completamente. Hume contesta l'assunto secondo cui possiamo affidarci alla ragione per gestire le nostre emozioni.
I politici autoritari sanno che suscitare emozioni intense, come paura e odio, è molto più efficace per galvanizzare l'opinione pubblica rispetto a un dibattito ragionato. Il presidente Biden, ad esempio, durante il suo mandato, ha fatto del suo meglio per censurare le diverse opinioni sui vaccini contro il COVID, promettendo al contempo un “inverno di [...] morte” per i non vaccinati.
Allo stesso modo un vostro amico, un vostro collega o un vostro familiare, guidato dalle proprie emozioni, potrebbe non rispondere mai alla ragione finché non sareste voi a stimolare le loro emozioni.
Il ricordo che Hume aveva dei suoi “errori passati” e delle sue “innumerevoli infermità [mentali]” gli faceva “temere” la possibilità di commettere ancora più errori. Anche noi commettiamo un errore dopo l'altro, e la ragione non ci impedisce di cedere alle nostre emozioni erranti.
Hume avanza quella che definisce un'affermazione “straordinaria”: “La ragione è, e dovrebbe essere, solo schiava delle emozioni, e non può mai pretendere di avere altro compito che quello di servirle e obbedirle”. Quindi, cosa potremmo fare, lui o noi, per separarci dai dettami disfunzionali delle nostre passioni? Cosa affina o tempera le nostre emozioni?
Hume ammette che per prima cosa dobbiamo “percepire la falsità di ogni supposizione”, la quale suscita le nostre emozioni.
Nel suo saggio successivo “Lo scettico”, nel volume “Saggi, morali, politici e letterati, parte 1”, Hume delinea una soluzione per migliorare la nostra programmazione condizionata. L'obiettivo è raggiungere “un vivo senso dell'onore e della virtù, con emozioni moderate”. Allora la nostra “condotta sarà sempre conforme alle regole della moralità; o se [ci] allontaniamo da esse, [il nostro] ritorno sarà facile e rapido”.
Tuttavia non tutti perseguono la virtù. Hume scrive di queste persone, infatti:
Quando un individuo nasce con una disposizione d'animo perversa, con una disposizione insensibile, da non provare alcun gusto per la virtù e l'umanità, nessuna simpatia per i suoi simili, nessun desiderio di stima e applausi, allora bisogna ammettere che è del tutto incurabile e non c'è alcun rimedio nella filosofia.Il ritratto che Hume fa dell'uomo non virtuoso è fosco: “Non prova alcun rimorso nel controllare le sue inclinazioni viziose: non ha nemmeno quel senso o gusto che è necessario per fargli desiderare un carattere migliore”.
Lo stesso Hume si chiedeva cosa si potesse fare per riformare una persona del genere: “Dovrei parlargli della soddisfazione interiore che deriva da azioni lodevoli e umane, del delicato piacere dell'amore e dell'amicizia disinteressati, dei piaceri duraturi di un buon nome e di un carattere consolidato?”
Per coloro che non attribuiscono valore alla virtù, Hume ammetteva: “La mia filosofia non offre alcun rimedio in un caso del genere, né potrei fare altro che lamentarmi dell'infelice condizione di questa persona”. In breve nessuna supplica li convincerà a coltivare la virtù per moderare le proprie passioni. Hume non si faceva illusioni sul fatto che un buon consiglio avrebbe trasformato rapidamente chiunque.
A coloro tra noi che, secondo le parole di Hume, sono “abbastanza virtuosi”, egli consigliava di approfondire la comprensione delle condizioni in cui le emozioni diventano più virtuose: “È certo che una seria attenzione alle scienze e alle arti liberali ammorbidisce e umanizza il temperamento e nutre quelle belle emozioni in cui consistono la vera virtù e l'onore”.
Man mano che la persona “abbastanza virtuosa” studia, sviluppa “una maggiore sensibilità per tutti i doveri e le convenienze della vita. Percepisce più pienamente una distinzione morale nei caratteri e nei comportamenti”.
Supponiamo che io sia agitato dalla velocità con cui un commesso di un supermercato passa in rassegna i prodotti alimentari. Sebbene la ragione trovi una scusa per i miei pensieri poco caritatevoli, le mie emozioni non virtuose guidano la mia reazione. Più studio e rifletto sull'umanità in tutte le persone, meno è probabile che io noti tali sciocchezze. Come scrive Hume, non appena scopro la “falsità della [mia] supposizione” (in questo caso che il commesso sia un mero oggetto per me), il mio giudizio su di lui svanisce.
Secondo Hume i nostri studi ci insegneranno che “la mente non è del tutto ostinata e inflessibile, ma ammetterà molte alterazioni rispetto alla sua conformazione e struttura originali”.
Hume consigliava allo studioso della virtù di “proporsi il modello di un carattere” e di “prendere familiarità con quei particolari in cui il suo carattere si discosta da esso”.
Hume prescriveva una pratica continua per coloro che volevano evitare errori provocati da emozioni tendenti alla gelosia: “Che egli vigili costantemente su sé stesso e orienti la sua mente, con uno sforzo continuo, dai vizi verso le virtù; e non dubito che, col tempo, troverà, nel suo temperamento, un cambiamento in meglio”.
In breve le “esortazioni” non bastano. Invece impegnandosi per migliorare le proprie abitudini e per una “riforma” personale, è possibile sviluppare “buone disposizioni e inclinazioni”:
Un uomo che persegue una condotta di sobrietà e temperanza odierà la sommossa e il disordine: se si dedica agli affari o allo studio, l'indolenza gli sembrerà una punizione; se si costringe a praticare la beneficenza e l'affabilità, presto aborrirà tutti i casi di orgoglio e violenza.Leggendo Hume è difficile non disperare per il futuro dell'umanità. Le emozioni sfrenate sono la norma nei campus universitari e i canoni della filosofia morale della civiltà occidentale sono stati eliminati dai programmi scolastici.
Nel suo libro, “The Soul of Civility”, Alexandra Hudson mette in evidenza l'abbandono dell'educazione classica nelle scuole e nelle università pubbliche odierne: “Le arti liberali e le discipline umanistiche erano le forme di educazione che rendevano una persona libera e idonea alla cittadinanza”. Tale educazione, scrive la Hudson, permetteva di coltivare “l'amore per la virtù e la polis, e promuovendo la ragione e l'autogoverno [...] stimolava le persone ad andare oltre l'essere dominate dalle proprie emozioni”.
La Hudson raccomanda “lo studio della filosofia e della letteratura, le quali ci espongono alla bellezza, alla bontà e alla verità”. Tali studi ci aiutano ad “apprezzare la nostra umanità e quella degli altri”. Tali programmi di studio smussano “gli spigoli più pungenti della nostra natura umana, insegnando a coloro che l'hanno studiata come perseguire la pace e l'armonia con gli altri ed evitare crudeltà, violenza e conflitti”.
Seguiremo le sagge prescrizioni di Hume e della Hudson prima che sia troppo tardi? Un popolo senza virtù, guidato da emozioni sfrenate, non sarà mai libero.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.
Il nuovo esercito dell'UE è il colpo di grazia per il progetto europeo?
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da Zerohedge
(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-nuovo-esercito-dellue-e-il-colpo)
Un tempo, per le persone della buona società, era piuttosto comune dire “immaginate se le donne governassero il mondo... avremmo sicuramente meno guerre, giusto?”. Sbagliato. Le donne governano il mondo, beh, almeno quello dell'Unione Europea. Tre donne, per la precisione: Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea, Annalena Baerbock, Ministro degli esteri tedesco e, ultima ma non meno importante, l'Alta rappresentante per gli affari esteri dell'UE, Kaja Kallas. E cosa hanno in comune tutte e tre queste donne, a parte il fatto di avere nomi che ricordano malattie sessualmente trasmissibili? Tutte vogliono la guerra.
In linea con le decisioni sbagliate prese fin dall'inizio della guerra in Ucraina, e le sanzioni alla Russia sono in cima alla lista delle idee più stupide, l'UE ha una sola via d'uscita in Ucraina: deve uscirne senza dare l'impressione di aver perso, a qualunque costo. Il progetto UE è molto simile a un anziano in bicicletta che procede molto lentamente lungo una pista ciclabile olandese. Il timore delle élite dell'UE è che se cade dalla bici, non potrà mai più risalirci. La preoccupazione costante dei massimi esponenti dell'UE è che se quest'ultima perde il suo slancio in termini di copertura mediatica e rilevanza in generale, una pausa – qualsiasi pausa – potrebbe essere devastante. Questo, forse vi sorprenderà, è ciò che gli stessi funzionari dell'UE mi hanno confidato quando ero di stanza nella capitale belga. Un'espressione del genere dà un'idea di quanta poca fiducia l'UE abbia in se stessa come progetto valido, stabile e a lungo termine.
E così la follia è degenerata fino al punto in cui vengono prosciugati i portafogli e le borse dei contribuenti più poveri per finanziare il giocattolo sessuale dell'UE per eccellenza: un esercito europeo.
L'idea non è nuova. Come concetto, è vecchio quanto il mondo, dato che i federalisti più intransigenti di Bruxelles sostengono da almeno vent'anni che l'UE debba avere un proprio esercito, ma finora non ci sono riusciti. Il motivo principale per cui l'idea non ha preso piede è che ha creato troppi problemi politici con cui l'UE non è riuscita a fare i conti. In poche parole, c'era sempre il rischio di una nuova crisi politica che un esercito europeo avrebbe creato, con gli stati membri che litigavano su quale Paese avrebbe dovuto gestirlo, quale nazione ne fosse il capo, dove avrebbe avuto sede e come sarebbe stato gestito politicamente, in base a quale struttura decisionale (l'attuale Consiglio dell'UE, la Commissione UE, gli stessi stati membri in una nuova configurazione tramite i Ministeri della difesa). La preoccupazione è sempre stata che la Germania avrebbe avuto troppo potere e che questo avrebbe riaperta una vecchia ferita sul riarmo del Paese. E sappiamo tutti dove ha portato.
L'idea di un esercito europeo è in realtà più complicata di quanto si possa pensare. Uno dei motivi per cui non è mai decollata, nonostante diversi seri tentativi, è che sia l'UE che gli stati membri sono confusi e poco fiduciosi in un piano così audace. Sono letteralmente preoccupati che l'idea possa esplodere loro in faccia. È quello che gli americani chiamano “blowback”. No, non ha nulla a che fare con il Ministro degli esteri tedesco o con le insinuazioni riguardanti la sua persona. È un termine militare che indica quando un'arma spara un colpo che rimanda indietro l'energia in faccia al soldato, ferendo chi la impugna.
Per lungo tempo l'UE stessa ha voluto che l'esercito fosse in gran parte controllato da Bruxelles, ma sapeva che i pezzi grossi non l'avrebbero sopportato. E così, per loro, come per quelli della Commissione europea, si è trattato di cedere potere a un nuovo organismo, un nuovo livello di potere dell'UE, come se non ci fossero abbastanza istituzioni a Bruxelles che già sottraggono potere agli stati membri. L'atteggiamento era a dir poco controproducente: “Se noi (la Commissione) non creiamo questa entità, allora la Germania potrebbe farlo comunque da sola, e allora perderemo il potere” è la mentalità a Bruxelles. Infatti la Germania da almeno un decennio accarezza l'idea di avere un proprio esercito europeo, il che crea un vero grattacapo per Bruxelles, poiché conferisce un potere cruciale a uno stato membro che molti sostengono ne detenga già abbastanza. Il parlamento tedesco qualche anno fa ha fatto trapelare un documento che suggeriva un nuovo esercito internazionale gestito dalla Germania, che poi sarebbe stato inviato nelle zone calde del mondo e a cui si sarebbero uniti alcuni alleati con un ruolo di supporto.
Il problema è duplice:
- Un buon numero di tedeschi sarebbe molto scontento di questa decisione e riterrebbe che alla Germania non dovrebbe mai essere consentito di tornare alla sua precedente potenza militare degli anni '30.
- In una simile situazione l'UE ne soffrirebbe notevolmente, poiché metterebbe in luce la propria debolezza e sottolineerebbe l'inefficacia di Bruxelles, dato che non avrebbe alcun vantaggio militare e che uno stato membro avrebbe adottato una politica geomilitare ribelle.
E così si presentano due scenari:
- La Germania come attore principale di un esercito dell’UE creato e gestito da Bruxelles – almeno in apparenza;
- Berlino gestisce il proprio esercito dell'UE, che non viene chiamato esercito dell'UE ma che il resto del mondo considera tale.
Nessuno di questi scenari favorisce realmente l'UE.
Ma sembra che questo sia proprio ciò che queste tre donne abbiano in mente.
Ecco perché hanno posto così tanta enfasi sulla necessità di reperire €800 miliardi tra i contributi degli stati membri dell'UE, in modo che l'Unione abbia un distintivo e il suo centro di potere sia Bruxelles. Francia, Germania, Italia, Polonia e Regno Unito faranno parte di questo nuovo, scintillante pilastro UE della NATO. Eppure è il ruolo della Gran Bretagna, considerato cruciale, che manderà in frantumi il sogno a occhi aperti dell'UE. Per molti versi il piano di queste tre donne segue la conferenza dell'anno scorso voluta da Macron per creare una coalizione di stati membri dell'UE, più il Regno Unito, che intervenisse nelle grandi questioni di politica estera nel mondo. La spesa per la difesa e l'invio di un esercito europeo – che includesse Regno Unito e Turchia – in luoghi in cui l'UE si sentiva di poter mostrare i muscoli facevano parte dell'intero piano.
Che queste tre streghe escogitino un piano così macabro per far fuori Macron e la sua grande idea è a dir poco preoccupante, a livelli shakespeariani. È difficile dire, al momento in cui scrivo, se si tratti di un piano reale, visto che è già stato bloccato dai Paesi Bassi, o di un piano sulla carta, studiato per impressionare Trump in un momento critico riguardo i negoziati. L'UE crede che questi colloqui possano protrarsi per mesi, forse anche un anno o più, e quindi inviare qualche centinaio di carri armati in più a Kiev per rafforzare la credibilità sia di Zelensky che dell'UE? Possibile. I carri armati sono stati costruiti? No.
Un'arguta opinionista di RT ha espresso in modo piuttosto divertente il suo parere sul ruolo del Regno Unito, affermando che la capacità di Londra di essere un attore militare globale è lontana anni luce dalla realtà.
“Il segretario alla Difesa britannico sostiene che la necessità di una corsa agli armamenti derivi in realtà da un profondo senso di hippy interiore”, ha scritto Rachel Marsden.
“Gli ucraini vogliono la pace. Tutti noi vogliamo la pace. E come ministri della Difesa, abbiamo discusso e stiamo lavorando per rafforzare la spinta per la pace, ha detto John Healey, probabilmente impaziente di tornare a casa per infilarsi pantaloni a zampa d'elefante e suonare i bongo”.
Mi ha ricordato lo spettacolo satirico di marionette degli anni '80 nel Regno Unito chiamato “Spitting Images”, il quale raffigurava Ronald Reagan mentre mormorava: “Vogliamo la pace... un pezzo di Nicaragua, un pezzo di El Salvador”.
E poi cosa c'è di sbagliato nei pantaloni a zampa d'elefante?
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Chi controlla lo Stato amministrativo?
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/chi-controlla-lo-stato-amministrativo)
Il 20 marzo 2025 il Presidente Trump ha ordinato quanto segue: “Il Segretario dell'Istruzione dovrà, nella misura massima appropriata e consentita dalla legge, adottare tutte le misure necessarie per facilitare la chiusura del Dipartimento dell'Istruzione”.
È un linguaggio interessante: “Adottare tutte le misure necessarie per facilitare la chiusura” non equivale a chiuderlo. E ciò che è “permesso dalla legge” è esattamente ciò che è in discussione.
Dovrebbe sembrare un'abolizione e i media l'hanno riportata come tale, ma non lo è. Non è colpa di Trump. Il presunto dittatore ha le mani legate in tanti modi, persino riguardo alle agenzie che presumibilmente controlla, le cui azioni in ultima analisi deve essere lui ad assumersene la responsabilità.
Il Dipartimento dell'Istruzione è un'agenzia esecutiva, creata dal Congresso nel 1979. Trump la vuole chiusa per sempre. Così come i suoi elettori. Può farlo? No, ma può privare l'ente del personale e disperderne le funzioni? Nessuno lo sa con certezza. Chi deciderà? Presumibilmente la Corte Suprema, alla fine.
Il modo in cui ciò viene deciso – se il presidente sia effettivamente al comando o solo una figura simbolica come il re di Svezia – non riguarda solo questa singola agenzia, ma centinaia di altre. Infatti il destino della libertà e del funzionamento delle repubbliche costituzionali potrebbe dipendere dalla risposta.
Tutte le questioni politiche scottanti di oggi vertono su chi o cosa sia a capo dello Stato amministrativo. Nessuno conosce la risposta, e questo per una buona ragione: il funzionamento principale dello stato moderno ricade su una bestia che non esiste nella Costituzione.
L'opinione pubblica non ha mai nutrito grande amore per le burocrazie. In linea con la preoccupazione di Max Weber, esse hanno rinchiuso la società in un'impenetrabile “gabbia di ferro”, fatta di razionalismo asettico, editti inumani, corruzione corporativa e un'incessante costruzione di imperi, non frenata né da restrizioni di bilancio né da plebisciti.
La piena consapevolezza odierna dell'autorità e dell'ubiquità dello Stato amministrativo è piuttosto nuova. Il termine stesso è un'espressione lunga e non si avvicina minimamente a descrivere l'ampiezza e la profondità del problema, comprese le sue radici e le sue filiali commerciali. La nuova consapevolezza è che né il popolo né i suoi rappresentanti eletti sono realmente responsabili del sistema in cui viviamo, il che tradisce l'intera promessa politica dell'Illuminismo.
Questa nascente consapevolezza è probabilmente in ritardo di 100 anni. Il meccanismo di quello che è comunemente noto come “Stato profondo” – ritengo che ci siano strati profondi, intermedi e superficiali – è cresciuto negli Stati Uniti fin dalla nascita della pubblica amministrazione nel 1883 e si è saldamente radicato nel corso di due guerre mondiali e innumerevoli crisi in patria e all'estero.
L'edificio di coercizione e controllo è indescrivibilmente enorme. Nessuno riesce a stabilire con precisione quante agenzie ci siano o quante persone vi lavorino, tanto meno quante istituzioni e individui lavorino a contratto per loro, direttamente o indirettamente. E questa è solo la facciata pubblica; il ramo sotterraneo è molto più sfuggente.
La rivolta contro tutti loro è arrivata sulla scia della crisi sanitaria, quando tutti erano circondati da ogni lato da forze esterne al nostro controllo e di cui i politici sapevano ben poco. Poi quelle stesse forze istituzionali sono state coinvolte nel rovesciare il governo di un politico molto popolare, a cui avevano cercato di impedire di ottenere un secondo mandato.
La combinazione di questa serie di oltraggi – quella che Jefferson nella Dichiarazione d'indipendenza definì “una lunga serie di abusi e usurpazioni, che perseguivano invariabilmente lo stesso obiettivo” – ha portato a un'ondata di consapevolezza e si è tradotta in azione politica.
Un segno distintivo del secondo mandato di Trump è stato uno sforzo concertato per prendere il controllo e poi limitare il potere amministrativo dello Stato profondo, più di qualsiasi altro esecutivo a memoria d'uomo. A ogni passo di questi sforzi, si è incontrato qualche ostacolo, anche molti da tutte le parti.
Ci sono almeno 100 ricorsi legali in corso nei tribunali. I giudici distrettuali stanno criticando la capacità di Trump di licenziare dipendenti, ridistribuire i finanziamenti, limitare le responsabilità e modificare il loro modo di operare.
Persino il primo risultato del DOGE – la chiusura della USAID – è stato bloccato da un giudice nel tentativo di ribaltarlo. Un giudice ha persino osato dire all'amministrazione Trump chi può e chi non può essere assunto presso la USAID.
Non passa giorno senza che il New York Times non si cimenti in una qualche sdolcinata difesa dei servi oppressi della classe dirigente finanziata con i soldi dei contribuenti. In questa visione del mondo, le agenzie governative hanno sempre ragione, mentre qualsiasi persona eletta o nominata che cerchi di frenarle o licenziarle attacca l'interesse pubblico.
Dopotutto i media tradizionali e lo Stato amministrativo hanno collaborato per almeno un secolo per mettere insieme quella che convenzionalmente veniva chiamata “la notizia”. Dove sarebbero altrimenti il NYT o l'intera stampa tradizionale?
Tanto feroce è stata la resistenza ai primi successi e alle riforme spesso superficiali di MAGA/MAHA/DOGE che i vigilanti hanno compiuto atti di terrorismo contro le Tesla e i loro proprietari. Nemmeno gli astronauti di ritorno dallo spazio hanno riscattato Elon Musk dall'ira della classe dirigente. Odiare lui e le sue aziende è la “nuova tendenza” per i minion, in una lunga lista iniziata con mascherine, iniezioni, sostegno all'Ucraina e diritti chirurgici per la disforia di genere.
Ciò che è veramente in gioco, più di qualsiasi questione nella vita americana (e questo vale per gli stati di tutto il mondo) – molto più di qualsiasi battaglia ideologica su sinistra e destra, rosso e blu, razza e classe – è lo status, il potere e la sicurezza dello Stato amministrativo stesso e di tutte le sue opere.
Affermiamo di sostenere la democrazia, eppure imperi di comando e controllo sono sorti sotto i nostri occhi. Le vittime hanno un solo meccanismo a disposizione per reagire: il voto. Può funzionare? Non lo sappiamo ancora. Questa questione sarà probabilmente decisa dalla Corte suprema.
Tutto ciò è imbarazzante. È impossibile aggirare questo organigramma del governo statunitense. Tutte le agenzie, tranne una manciata, rientrano nella categoria del potere esecutivo. L'Articolo 2, Sezione 1, recita: “Il potere esecutivo è conferito a un Presidente degli Stati Uniti d'America”.
Il Presidente controlla l'intero potere esecutivo? Si potrebbe pensare di sì. È impossibile capire come potrebbe essere altrimenti. Il capo dell'esecutivo è... il capo dell'esecutivo. È ritenuto responsabile di ciò che queste agenzie fanno. E se la responsabilità si ferma davvero alla scrivania dello Studio Ovale, il Presidente deve avere un minimo di controllo che vada oltre la capacità di etichettare una marionetta per ottenere il parcheggio migliore presso l'agenzia.
Qual è l'alternativa alla supervisione e alla gestione presidenziale delle agenzie elencate in questo ramo del governo? Si gestiscono da sole? Questa affermazione non significa nulla nella pratica.
Per un'agenzia governativa essere considerata “indipendente” significa codipendenza dalle industrie regolamentate, sovvenzionate, penalizzate o altrimenti influenzate dalle sue attività. L'HUD si occupa di sviluppo edilizio, la FDA di prodotti farmaceutici, il DOA di agricoltura, il DOL di sindacati, il DOE di petrolio e turbine, il DOD di carri armati e bombe, la FAA di compagnie aeree, e così via.
Questo è ciò che invece “indipendenza” significa nella pratica: totale acquiescenza a cartelli industriali, gruppi commerciali e sistemi nascosti di tangenti, ricatti e corruzione, mentre i più deboli convivono con i risultati. Questo è quanto abbiamo imparato e non possiamo disimparare.
Questo è esattamente il problema che reclama una soluzione. La soluzione delle elezioni sembra ragionevole solo se le persone che abbiamo eletto hanno effettivamente l'autorità su ciò che cercano di riformare.
Ci sono critiche all'idea del controllo esecutivo delle agenzie esecutive, che in realtà non è altro che il sistema istituito dai Padri Fondatori.
In primo luogo, concedere più potere al presidente solleva il timore che si comporti come un dittatore, un timore legittimo. I sostenitori di Trump non saranno contenti quando il precedente verrà citato per invertire le sue priorità politiche e le agenzie governative si rivolteranno contro gli elettori degli stati repubblicani per vendetta.
Questo problema si risolve smantellando il potere delle agenzie stesse, che, curiosamente, è ciò che gli ordini esecutivi di Trump hanno cercato di ottenere e che tribunali e media hanno cercato di fermare.
In secondo luogo, c'è da preoccuparsi del ritorno dello “spoil system”, il sistema presumibilmente corrotto con cui il presidente distribuisce favori agli amici sotto forma di emolumenti, una pratica che l'istituzione del civil service avrebbe dovuto terminare.
In realtà, il nuovo sistema di inizio XX secolo non ha risolto nulla, ma ha solo aggiunto un ulteriore livello, una classe dirigente permanente che partecipa a un nuovo tipo di spoil system che operava fino a poco tempo fa sotto il manto della scienza e dell'efficienza.
Onestamente, possiamo davvero paragonare i piccoli furti di Tammany Hall alle depredazioni globali della USAID?
In terzo luogo, si dice che il controllo presidenziale sulle agenzie minacci di erodere i sistemi di controllo e bilanciamento. La risposta ovvia è l'organigramma qui sopra. Ciò è accaduto molto tempo fa, quando il Congresso ha creato e finanziato un'agenzia dopo l'altra, dall'amministrazione Wilson a quella Biden, tutte sotto il controllo esecutivo.
Il Congresso forse voleva che lo Stato amministrativo fosse un quarto potere sotto traccia e senza responsabilità, ma nulla nei documenti fondativi mirava a creare o immaginava una cosa del genere.
Se temete di essere dominati e distrutti da una bestia vorace, l'approccio migliore non è adottarne una, nutrirla fino all'età adulta, addestrarla ad attaccare e mangiare le persone, e poi scatenarla.
Gli anni del Covid ci hanno insegnato a temere il potere delle agenzie governative e di coloro che le controllano non solo a livello nazionale ma globale. La domanda ora è duplice: cosa si può fare al riguardo e come arrivare da qui a lì?
L’ordine esecutivo di Trump sul Dipartimento dell’Istruzione illustra il punto. La sua amministrazione è così incerta su ciò che può controllare, persino agenzie che sono interamente esecutive ed elencate chiaramente sotto la voce “agenzie esecutive”, che deve schivare e costruire barriere pratiche e legali, persino nelle sue presunte dichiarazioni esecutive, solo per sollecitare quelle che potrebbero essere considerate riforme minori.
Chiunque sia responsabile di un tale sistema, non è il popolo.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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