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Francesco Simoncellihttp://www.blogger.com/profile/[email protected]
Aggiornato: 2 ore 1 min fa

Cosa impedisce a Trump di accendere la “motosega” come Milei?

Lun, 13/10/2025 - 10:10

Il vero “nemico” dietro le quinte non è la Cina, non è la Russia, non è nemmeno Israele... è l'Europa. Ogni mossa di Trump è stata combattuta con unghie e denti proprio dall'UE, ogni voce discordante s'è levata dall'UE. Alla fine della fiera, per quanto una crisi possa essere ingegnerizzata o meno, c'è bisogno di collaterale fisico per dimostrare di poter resistere a essa. L'UE non ce l'ha, per giunta nemmeno quello energetico. Trump ha rispedito al mittente la strategia europea di prosciugare di capitale gli USA: ha tagliato fuori l'UE da qualunque fonte di approvvigionamento energetico a basso costo, costringendola ad andare all-in sulla narrativa fraudolenta riguardo la Russia. Ha fatto saltare gli accordi di ricostruzione dell'Ucraina precedentemente ad appannaggio di UE e UK e ha stretto accordi con gli stati del Golfo tagliando fuori, ancora una volta, UE e UK. Trump ha altresì capito che gli accordi di pace senza sviluppo commerciale sono inutili: ecco perché la pace tra azeri e armeni prevede un corridoio per i trasporti tra i Paesi fino al Mar Caspio; ecco perché la pace con la Russia e la Cina prevede la costruzione di un corridoio di trasporti da San Pietroburgo fino a Chabahar sull'Oceano indiano; ecco perché il piano di sviluppo immobiliare a Gaza. Il vero interesse dell'amministrazione Trump è spaccare in due l'Europa: dividere gli stati del Sud da quelli del Nord. Separare il grano dalla pula: creare un cuneo tra Francia, Germania, Inghilterra e tra Italia, Spagna, Portogallo, Grecia. Ecco perché spagnoli e portoghesi stanno raggiungendo accordi per spostare la produzione di alcune imprese negli Stati Uniti; perché l'Italia continua a guadagnare fiducia nel mercato obbligazionario; perché la Grecia si vede arrivare sul suo territorio armamenti americani spostati dalla Germania. Il recente “gioco” del riconoscimento dello stato di Palestina è un test di lealtà dell'UE: essa sta pericolosamente perdendo il controllo sul Mediterraneo e qualunque accesso rimanente a una parvenza di collaterale decente.

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di Daniel Lacalle

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/cosa-impedisce-a-trump-di-accendere)

Negli ultimi mesi molti libertari hanno criticato le politiche economiche di Donald Trump, sostenendo che non sta attuando drastici tagli alla spesa pubblica come ha fatto Javier Milei in Argentina.

Tuttavia questo confronto ignora le principali differenze strutturali e contestuali tra i due Paesi e i loro governi. Di seguito una spiegazione dettagliata del perché la situazione negli Stati Uniti è diversa da quella in Argentina e del perché le critiche alla strategia di Trump sono infondate.


1. Il bilancio ostruito: l'eredità di Biden

È difficile capire perché i libertari europei non riescano a comprendere un concetto così basilare come quello di “anno fiscale”. L'anno fiscale statunitense inizia il 1° ottobre e l'amministrazione Biden ne ha approfittato per aumentare la spesa.

Quando Trump ha assunto la carica nel gennaio 2025, il 97% del bilancio federale per tale anno era già stato impegnato o speso. Ciò era dovuto all'approvazione da parte dell'amministrazione Biden di diverse “Risoluzioni di continuità per l'intero anno” che bloccavano la maggior parte dei fondi e delle spese per l'anno fiscale 2025. Pertanto Trump non aveva margine per effettuare tagli immediati e drastici, poiché la maggior parte del bilancio era intoccabile fino al successivo ciclo fiscale.

Nonostante ciò nel 2025 sono state effettuate riduzioni della spesa discrezionale pari a $541 miliardi e il deficit accumulato tra aprile e maggio 2025 è stato inferiore del 97% rispetto allo stesso periodo del 2024.


2. Spesa non discrezionale e discrezionale

La spesa non discrezionale (che include programmi come la previdenza sociale e Medicare) era già stata aumentata dall'amministrazione Biden e tale aumento è entrato in vigore tra febbraio e dicembre 2024. L'anno fiscale statunitense inizia a ottobre e Biden ha implementato la maggior parte di questi aumenti attraverso risoluzioni continue e l'estensione dei programmi esistenti, consolidando e, in molti casi, aumentando la spesa federale in settori chiave.

Tali risoluzioni prevedevano oltre $100 miliardi in fondi per programmi federali di assistenza in caso di calamità, $29 miliardi per il Fondo di soccorso in caso di calamità della FEMA e $10 miliardi in assistenza economica per i produttori agricoli.

Alla fine del 2024 Biden ha approvato un aumento di $54 miliardi (8%) nei principali programmi di spesa obbligatoria come la previdenza sociale, Medicare e Medicaid, nonché l'estensione dell'Obamacare, tutti applicabili al 2025.

Il bilancio dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente (EPA) è cresciuto di $21 miliardi (700%) e l'amministrazione Trump è riuscita a stanziare solo $14 miliardi discrezionali.

È fondamentale ricordare che Biden ha fatto tutto questo senza una nuova legge di bilancio, semplicemente mantenendo ed estendendo gli stanziamenti esistenti.

Il bilancio proposto da Biden per il 2025 prevedeva ulteriori aumenti, ma questi sono stati bloccati perché non hanno ricevuto l'approvazione del Congresso.

Trump ha bisogno dell'approvazione del Congresso per annullare questi aumenti e ridurre la spesa. Questo è ciò che prevede la “Big Beautiful Bill”. D'altro canto sono state impegnate anche spese discrezionali, soprattutto per la difesa, limitando ulteriormente il margine di manovra immediato del nuovo governo.

La Big Beautiful Bill prevede la prima riduzione della spesa non discrezionale negli ultimi sessant'anni ($1.600 miliardi) e $2.400 miliardi per quella non discrezionale.


3. Risultati fiscali iniziali

Nonostante queste restrizioni, l'amministrazione Trump ha ottenuto alcuni progressi: ad aprile è stato registrato il secondo surplus fiscale più grande della storia e, sebbene a maggio sia ricomparso un deficit, il deficit tra marzo e maggio è stato contenuto rispetto al 2024. Ciò indica che erano già state adottate misure per migliorare la situazione fiscale, principalmente attraverso maggiori entrate derivanti da accordi commerciali e dalla crescita del settore privato.


4. La “Big Beautiful Bill” e la riduzione del deficit

È sorprendente che alcuni libertari e Austriaci critichino la Big Beautiful Bill, aderendo alla narrazione keynesiana secondo cui non ci saranno miglioramenti nelle entrate, nella crescita, nell'occupazione, o negli investimenti derivanti dalla deregolamentazione, dagli accordi commerciali e dai tagli fiscali.

Mi sorprende che alcuni libertari neghino la Curva di Laffer e l'impulso dato dalla deregolamentazione. La Big Beautiful Bill incorpora $7.000 miliardi in investimenti dai negoziati commerciali, che attrarranno anche $4.000 miliardi di entrate fiscali nel corso della legislatura e un effetto di stimolo sull'economia che si traduce in un aumento delle entrate fiscali nello scenario di base da $1.200 miliardi.

Contrariamente a quanto sostengono alcuni critici, la “Big Beautiful Bill” non aumenterà il deficit, ma lo ridurrà significativamente.

Tra il 2026 e il 2027 si prevede una riduzione di $1.600 miliardi nella spesa non discrezionale e $2.400 miliardi in quella discrezionale. Inoltre si prevede un aumento delle entrate fiscali grazie alla deregolamentazione, ai tagli fiscali e ai nuovi accordi commerciali, cose che rafforzeranno la crescita economica e l'occupazione.

Noi liberali, libertari e Austriaci dovremmo essere meno critici nei confronti del più grande sforzo di riduzione dello stato, liberalizzazione, deregolamentazione, tagli alla spesa e riduzione delle tasse dal 1990, ma soprattutto, alcuni non dovrebbero accettare la narrazione che nega l'effetto positivo sulle entrate e sulla crescita da parte della deregolamentazione, dei tagli alle tasse e dei negoziati commerciali.


5. Confronto con Milei: somiglianze e differenze

Milei è stato in grado di attuare tagli immediati perché ha ereditato un bilancio aperto e un'inflazione estremamente elevata, cose che gli hanno permesso di ridurre la spesa pubblica in termini reali senza doverla aggiustare all'inflazione. Il bilancio dell'Argentina non include le disposizioni introdotte dall'amministrazione Biden, quindi Milei è stato in grado di attuare una riduzione del 30% della spesa pubblica immediatamente e con indiscutibile successo, soprattutto eliminando sussidi, opere pubbliche e trasferimenti sociali non automatici.

Al contrario Trump ha ereditato un bilancio già impegnato e un'inflazione molto più bassa (meno del 2,5%), limitando l'impatto del mancato aggiustamento della spesa all'inflazione.

Confrontando le due amministrazioni, si nota uno sforzo molto simile. Trump ha ridotto la spesa pubblica del 5% nel primo trimestre, con risparmi superiori a $540 miliardi. Entro la fine del suo mandato, Trump avrà attuato una riduzione della spesa pubblica equivalente a quella di Milei.

Entrambi i leader hanno promosso politiche di riduzione delle tasse, deregolamentazione e incentivo degli investimenti e dell'occupazione. Tuttavia gli strumenti e il margine di manovra di Trump sono stati condizionati dalla struttura istituzionale statunitense e dalle decisioni della precedente amministrazione.


6. Conclusione

Le politiche di Trump e Milei condividono l'obiettivo di ridurre la spesa pubblica, promuovere la crescita e migliorare l'occupazione, ma le circostanze di partenza sono radicalmente diverse. Criticare Trump per non aver acceso immediatamente la “motosega” ignora i vincoli di bilancio e legali che deve affrontare negli Stati Uniti. Ciò che conta è riconoscere che, entro i suoi limiti, Trump sta attuando tagli storici e politiche pro-crescita che avranno un impatto positivo sull'economia statunitense nel medio termine.

Il mio messaggio a coloro che attaccano l'amministrazione Trump perché non è abbastanza liberale è il seguente:

• Indicate un'unica amministrazione statunitense che abbia implementato con successo un approccio analogo alla deregolamentazione, ai tagli fiscali e alla riduzione della spesa, approvando al contempo una significativa riduzione della spesa non discrezionale sia al Congresso che al Senato.

• È curioso accettare le stime keynesiane sull'impatto fiscale. È sorprendente negare l'impatto positivo della riduzione delle importazioni, dell'aumento delle esportazioni e di maggiori introiti derivanti dagli accordi commerciali. Negare la spinta economica e fiscale derivante dalla deregolamentazione e dai tagli fiscali è imperdonabile.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Un labirinto di aggiustamenti: interni ed esterni

Ven, 10/10/2025 - 10:00

 

 

di Francesco Simoncelli

(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/un-labirinto-di-aggiustamenti-interni)

Uno dei migliori insegnamenti che Hayek avrebbe lasciato in eredità era quello legato alla conoscenza di mercato. Quest'ultimo ha al suo interno una così grande mole di informazioni che è impossibile per un solo individuo, o un gruppo di essi, riuscire a padroneggiarla interamente. Nel bellissimo saggio, The Use of Knowledge in Society, questa lezione viene ribadita aggiungendo a corredo un altro aspetto: quello che gli individui possono fare è creare un filo coerente tra i pezzi di informazione che trovano sparsi e utilizzarli per fare impresa. Quando, poi, questi fili si intrecciano con quelli intessuti da altri, ecco che si viene a creare una rete che dà vita al famoso ordine spontaneo di cui lo stesso Hayek aveva approfondito l'esistenza aggiungendoci la teoria del capitale di Bawerk. Questa rete è replicabile e visibile in altri ambiti, non solo quello economico: Bitcoin, ad esempio. Anche in quello della divulgazione vale lo stesso principio e raccogliere informazioni intriganti/interessanti nel mare magnum delle idee è un compito alquanto arduo; i flutti presenti in questo oceano sono in gran parte confusionari e non permettono l'accesso a qualcosa di utile. La combinazione di idee, molto spesso, conduce a un vicolo cieco.

Occorre un lavoro di scandagliamento approfondito e un processo di trial/error altrettanto accurato. Quando avete letto nel mio ultimo libro, Il Grande Default, di come la cricca di Davos si fosse infiltrata a più livelli nelle stanze dei bottoni americane, avete avuto una chiave di lettura completa della situazione. Ne avete una parziale quando Trump parla in modo vago di “nemici interni”. Anche JP Morgan, ad esempio, aveva uffici in Europa, ma questo non impediva alle 17 banche europee di impostare il LIBOR e svuotare della ricchezza reale gli USA tramite il mercato dell'eurodollaro. Questo concetto è ancora sconosciuto ai più, anche a molti della Scuola Austriaca e seguaci della stessa, ed è grazie al mio manoscritto e al mio blog se in Italia è possibile approfondire questo tema. Non lo troverete trattato da nessun altra parte.

NOW - Trump: "We're under invasion from within." pic.twitter.com/HrY4tK43Ov

— Disclose.tv (@disclosetv) September 30, 2025

Fatto sta che una istituzione non è monolitica, così come non lo è uno stato. Entrambi sono costituiti da persone, che possono essere trasformati in asset... infiltrati. I confini nazionali servono solo a giustificare davanti agli occhi dei contribuenti il fatto che essi debbano essere spremuti per sostenere la nazione; esistono in realtà famiglie, interessi e gruppi di pressione che si spartiscono il diritto di governare un territorio. Negli USA sta prevalendo uno in particolare, che per amore di semplificazione chiameremo NY Boys, facendo valere le proprie ragioni anche all'estero avendo rimpatriato il controllo del dollaro offshore. Qui non esistono buoni o cattivi, ma solo interessi e alleanze/tradimenti. Per la gente comune, invece, solo occasioni per trarre vantaggio dalla corretta lettura di queste dinamiche.

Addirittura anche all'interno dell'FOMC esistono queste divisioni e sono state evidenti sin dal 2017, per chi sapeva dove guardare, quando Powell ha avviato il processo di riorganizzazione della nazione. Lui era uno di quelli contrari all'obiettivo del 2% d'inflazione come impostato da Bernanke e poi seguito dalla Yellen. Infatti è stato grazie a questo escamotage che entrambi sono stati in grado di applicare con relativa facilità la ZIRP e, quindi, permettere l'ipertrofia del mercato dei dollari offshore. Powell era dell'idea di seguire la linea di Singapore ad esempio: mirare alla banda di un tasso di cambio, non a quella dell'inflazione o del mercato del lavoro. A Jackson Hole, lo scorso agosto, ha praticamente cestinato la regola del “2% d'inflazione come obiettivo” (flexible targeting). Ciò avvalora ancora di più la tesi secondo cui la FED e l'amministrazione Trump, nonostante le scaramucce di facciata da dare in pasto alla stampa generalista per sviarla, stanno lavorando insieme per riformare la FED stessa. A tal proposito, a essere licenziata è stata Lisa Cook, non Powell.

Non è più una supposizione che, oltre alla rete tentacolare democratica che attraversa nazioni e raccoglie al suo interno movimenti violenti che possono essere "dosati" capillarmente, ne esiste una anche a livello finanziario. Scommettiamo a chi fa capo?https://t.co/sZOU3CaZ9G

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) October 1, 2025

L'obiettivo è cambiare il modo in cui la FED interagisce con l'economia e un primo passo in questa direzione è tornare a un'istituzione antecedente al 1935, anno i cui Roosevelt la trasformò nella realtà attivamente interventista di oggi. Non più un ente centralizzatore, ma uno con un ruolo sempre più marginale per ciò che concerne politica monetaria e fiscale. Mi spiego meglio. Con l'approvazione del GENIUS e STABLE Act gli Stati Uniti avranno un dollaro “interno” che avrà un certo prezzo e un dollaro “esterno” che ne avrà un altro di prezzo (superiore al primo, data la presenza di una commissione per il privilegio di usarlo). In questo modo l'economia interna sarà distaccata, o perlomeno di gran lunga meno influenzata, da ciò che accade esternamente. Il SOFR imposta i tassi d'interesse in base agli andamenti dei mercati del debito/credito statunitensi, non più internazionali. Lo stress finanziario, che in precedenza partiva dall'Europa e dal Regno Unito tramite il LIBOR, ha meno capacità di influenzare il resto del mondo e forzare una linea di politica coordinata a livello di banche centrali.

I salti mortali per conciliare l'economia interna con quella esterna possono essere abbandonati e concentrarsi sulla ricostruzione della classe media americana, fatta a pezzi dalla ZIRP e dalla progressiva finanziarizzazione dell'economia. La correzione di Wall Street sarà assorbita da Main Street ed ecco perché Trump ha solleticato i mercati con la retorica dell'abbassamento dei tassi: prima che potesse accadere questi ultimi dovevano essere convinti che ci fossero prove, che l'attuale amministrazione avesse davvero intenzione di rimettere a posto l'equazione fiscale della nazione. L'approvazione della Big Beautiful Bill è stato un passo in questa direzione, la politica commerciale un altro e la deregolamentazione/snellimento burocratico un altro ancora. I risultati non si sono fatti attendere, con buona pace di chi sventolava il feticcio della bancarotta.

Pessimo giorno per gli "smemorati". Dopo essersi strappati i capelli per la "catastrofe" del rollover del debito americano, si stracciavano le vesti per i deficit della BBB che avrebbero mandato in bancarotta il Paese. Indovinate un po'? La revisione del CBO segna un surplus. https://t.co/jSHk6JD1dM

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) September 18, 2025

Con tassi lievemente più bassi, ora, è possibile mettere una pezza a uno dei mercati più importanti per la classe media americana: quello immobiliare. “Aggiustare” i prezzi delle case in modo da rapportarli agli stipendi pagati, affinché i giovani possano uscire dalle case dei genitori, creare nuovi nuclei famigliari e infine ricostruire il “sogno americano”. Ecco perché sarà fondamentale la IPO riguardante Fannie Mae e Freddie Mac, questo li porterà entrambi fuori dalla conservatorship e li farà tornare entrambi in profitto rivitalizzando il mercato dei mutui trentennali americano. Fannie e Freddie sono la nona compagnia più profittevole al mondo, solo l'anno scorso hanno fatto registrare $29 miliardi in commissioni e Obama le usava per finanziare l'Obamacare: immaginate ora cosa potrebbero fare se portate fuori dall'alveo pubblico e liberalizzate, soprattutto se fondi pensione e agenzie di assicurazione possono investire e tirarci fuori rendimenti decenti. Se ci aggiungiamo anche la rimozione della Supplemental Leverage Ratio e la liberazione del capitale bancario immobilizzato (parliamo di circa $5.500 miliardi in riserve in eccesso) che doveva essere detenuto nei loro bilanci come ulteriore garanzia a supporto dei titoli di stato americani (l'asset più liquido e affidabile al mondo dal 2022), le banche americane ottengono un vantaggio non indifferente rispetto alle controparti europee e la concessione di prestiti diventerà più facile.

Per quanto JP Morgan e Solomon Bank siano state le voci più forti nel sostenere questa causa, non significa che vogliano tornare a giocare d'azzardo sui mercati e far perdere le tracce di un qualsiasi confine tra investment banking e reserve banking. Significa principalmente tornare ad avere un margine netto d'interesse attraverso la loro attività principale: concedere prestiti. Gli strati aggiuntivi di burocrazia applicati dal Dodd-Frank Act hanno costretto le banche americane a concentrarsi fondamentalmente sul settore finanziario, incapaci di fare soldi col margine netto d'interesse. È questo che le banche dovrebbero fare: prestare soldi al 6%, dare il 3% d'interesse ai depositanti e trattenere per loro il restante 3%. Invece di analizzare il gradiente di rischio di un'azienda a cui concedere un mutuo, sono state indirizzate lungo la strada dell'ingegneria finanziaria e della finanziarizzazione dei loro bilanci (e indirettamente a quella di Main Street). Senza contare che anche le regole di Basilea 3 hanno rappresentato dei legacci importati alla profittabilità delle banche americane, mantenendo competitive le loro controparti europee. La zombificazione degli istituti di credito americani ha rappresentato un costante drenaggio di risorse, tramite la burocrazia, oltreoceano. Così come la raffica di norme di conformità a livello commerciale ha costretto il resto del mondo ad adattarsi agli standard normativi europei (assurdi), allo stesso modo ha funzionato la normativa bancaria; e non scordiamoci i tentativi multipli di trascinare in una guerra cinetica gli USA in Medio Oriente o in Ucraina. Cos'è che non fa notizia sui media generalisti, però? La crescita dei salari, i quali rispetto all'anno precedente mostrano, sebbene timidi, segni di ripresa. Ma per avere un quadro completo della situazione bisogna aggiungere anche un grosso cambiamento che sta avvenendo a livello di movimenti nei posti di lavoro. In sintesi, i colletti bianchi, i cui lavori sono scoppiati grazie agli strati di burocrazia posti sulla nazione, hanno esercitato una sorta di effetto crowding out nei confronti dei colletti blu: spostare un foglio sarebbe diventato più profittevole di creare un bene di consumo. E carriere del genere hanno significato mutui, bonus e tutta una serie di agi garantiti da un lavoro che non aggiungeva niente alla ricchezza reale, anzi col tempo l'ha sottratta. Un processo del genere non poteva far altro che “appaltare” al resto del mondo la manifattura, il settore secondario, a fronte di un progressivo affogare nel debito. Dollari uscivano ed entrava ciarpame di qualità progressivamente inferiore, ma i debiti rimanevano. È così che l'ipertrofia del mercato dell'eurodollaro ha tenuto in piedi la City di Londra e, come sottoprodotto, anche Bruxelles a scapito di Washington.

L'inversione di questa tendenza deve avvenire con gradualità e in modo organico, nonostante Trump volesse (apparentemente) forzare la mano a Powell. I numeri della disoccupazione non sono allarmanti perché è in atto un mutamento delle condizioni professionali negli USA, coadiuvato dalla R&S nel campo dell'IA, il quale permetterà di ricreare una sostenibilità effettiva nel mondo del lavoro. Parallelamente a ciò corre il binario degli investimenti esteri, la cui barriera all'ingresso sarà il possesso di titoli del Tesoro americani: oltre a far pagare al resto del mondo gli eccessi che ha contribuito a creare negli USA in passato, l'acquisto di titoli sovrani americani rappresenterà il biglietto d'ingresso al mercato più liquido, affidabile e profittevole del mondo. La cosiddetta “idraulica” del sistema finanziario americano viene così resa un asset nel bilancio della nazione. Ma non finisce qui, perché la tokenizzazione di questa classe di asset permetterà agli investitori non solo di scommettere sulla riorganizzazione del Paese ma anche su singoli progetti (industriali, ad esempio) in modo da ottenere un doppio rendimento.

Di conseguenza anche se Powell è “lento” nell'abbassare i tassi di riferimento, la progressione di questi eventi puntellerà il settore immobiliare mentre la classe media cercherà di uscire dal pantano di stagnazione creato ad hoc da una classe dirigente del passato intenzionata a svuotare la nazione piuttosto che a farla prosperare. Pensateci: se il vostro scopo è quello di saccheggiare un posto per mandare i proventi altrove, ciò non riuscirà a conciliarsi con una crescita sostenibile, nel tempo, di suddetto posto. Perché? Legge dei rendimenti marginali decrescenti. Se invece il vostro scopo è quello di spartire il bottino della nazione tra gli “amici degli amici” in patria e voi stessi, sarà decisamente più facile lasciare qualcosa anche al resto della popolazione. La felicità, relativa, di quest'ultima la incentiverà a chiudere un occhio sul resto delle scorribande ai piani alti. Perché? Legge dei rendimenti marginali acceleranti. Se prima del 2022 i partner commerciali degli USA erano tali solo per prenderne un pezzo, adesso è finalmente un rapporto paritario. Infatti quello che non capiscono gran parte degli Austriaci è che una volta tolto di mezzo lo strato di normative scritto dai nemici degli Stati Uniti e applicato da un Congresso di traditori, il mondo cambia letteralmente e diventa irriconoscibile.


IL CENTRO DEL LABIRINTO

Aggiustamento interno e poi aggiustamento esterno. Nel primo caso si tratta di ridare “speranza” a un'intera generazione, forse due, di americani che durante l'amministrazione Biden sono stati letteralmente privati di una qualsiasi preferenza temporale orientata al futuro. Guerre all'estero, inflazione e disoccupazione sono stati gli elementi principali del declino della classe media; l'amministrazione Trump “è stata chiamata” a risolvere soprattutto questi temi riducendo gli sprechi all'estero e aumentando gli impegni d'investimento internamente. Qualsiasi correzione non avviene senza dolore economico: può essere attenuato, ma non può essere cancellato. Questo a sua volta significa che la riorganizzazione del mondo lavoro non ci sarà senza scossoni iniziali che dovranno trovare successivamente un nuovo equilibrio; i numeri grigi che abbiamo letto di recente sono influenzati non solo da questa tendenza, ma anche dalla regolazione dei flussi migratori. L'effetto di ciò si sta già sentendo a livello immobiliare, dove gli affitti hanno smesso di correre ad esempio. Secondo le ultime stime ce ne sono altri 18 milioni circa in circolazione entrati nel Paese illegalmente grazie alle politiche migratorie lasche dell'amministrazione Biden e, inutile dirlo, l'effetto deflazionistico che avrà questa tendenza (espulsioni o incentivi monetari per andarsene) andrà a contrastare quelli inflazionistici ancora derivanti dallo stimolo fiscale del Build Back Better della precedente amministrazione.

Parallelamente al mondo del lavoro corre la politica commerciale, dove i dazi non solo non stati inflazionistici mentre invece hanno portato vitalità nelle casse del Dipartimento del Tesoro. Infatti hanno un effetto temporaneo su prodotti specifici, sempre che non sia il produttore/distributore a volerne assorbire l'impatto, ma soprattutto generano un gettito interessante per il governo americano. Questo significa che se Trump dovesse essere avvicendato da una presidenza democratica nel 2028, difficilmente verrebbero aboliti (così come la precedente amministrazione Biden non ha abolito i dazi sui prodotti cinesi). Se ci aggiungiamo anche che la Big Beautiful Bill avrà un effetto positivo sul bilancio federale, allora abbiamo di fronte un sentimento popolare/elettorale tutto sommato positivo nei confronti dell'attuale amministrazione.

Pessimo giorno per gli "smemorati". Dopo essersi strappati i capelli per la "catastrofe" del rollover del debito americano, si stracciavano le vesti per i deficit della BBB che avrebbero mandato in bancarotta il Paese. Indovinate un po'? La revisione del CBO segna un surplus. https://t.co/jSHk6JD1dM

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) September 18, 2025

Gli aggiustamenti esterni sono quelli più problematici, invece. Gli europei non possono permettersi di perdere la guerra in Ucraina perché significherebbe una caduta libera per il progetto UE e l'euro, visto che verrebbe a mancare la disponibilità di materie prime/risorse finanziarie (es. asset finanziari congelati nelle banche europee) che sono attualmente in Russia e che sono estremamente importanti per sostenere la credibilità del sistema bancario dell'Eurozona. Devono per forza andare avanti, quindi, ma non hanno affatto i mezzi per farlo se non attraverso gli Stati Uniti che però non vogliono affatto essere coinvolti in una guerra cinetica. Uno degli ultimi messaggi dati da Trump a tal proposito è possibile parafrasarlo in questo modo: “Volete che questa guerra continui a tutti i costi? Bene, allora li pagherete VOI questi costi. Se la NATO si vuole muovere verso un conflitto diretto allora noi vi venderemo le armi, ma ce le pagherete in anticipo”.

La domanda è: con cosa le pagheranno? Dal punto di vista energetico l'UE è in grossi guai: il petrolio al largo della Gran Bretagna è praticamente impossibile da estrarre causa burocrazia e tasse, e la Norvegia è sostanzialmente un circuito a sé stante. Dal punto di vista finanziario l'UE è in grossi guai: la fonte da cui accedeva a finanziamenti facili, il mercato dell'eurodollaro, viene prosciugata dalla FED; dopo l'entrata a pieno regime del SOFR, o si comprano titoli del Tesoro americani per accedere alla liquidità in dollari oppure si chiede una linea di credito (swap) alla FED... ma solo se si è ritenuti “degni”, come l'Argentina ad esempio. Infatti le politiche commerciali servono anche a questo: determinare chi è “amico” e chi non lo è. In questo modo l'accesso alla liquidità in dollari non sarà negato, ma arriverà con clausole come ad esempio una commissione d'accesso per usare la valuta più affidabile, credibile e necessaria al mondo. Questo scenario per l'Europa significa doversi preparare a sostenere dei costi, sia per la difesa sia per il comparto bancario/monetario/economico, che sottoporranno a forti pressioni al ribasso la moneta unica e accentueranno ancora di più la fuga di capitali verso gli Stati Uniti da parte di risparmi europei destinati al macello se resteranno nell'UE.

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Tutto rimandato all'anno prossimo... forse. Fanno ridere poi queste inchieste della stampa generalista, proprio perché mancano consapevolmente il punto. Qual è? Non sanno come fare.https://t.co/TMq4btZssw

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) September 29, 2025

Prima di una crisi del debito sovrana, la valuta che successivamente imploderà sale nel mercato dei cambi. Infatti l'Europa ha bisogno di liquidità in euro sia per pagare i salari, sia di liquidità in dollari per tenere in piedi tutti i suoi carry trade. Come ricordato in tempi non sospetti, il mondo si ri-dollarizza quando il DXY scende dato che la pressione di acquisto/vendita del dollaro viene di poco superata da quella d'acquisto dell'euro ad esempio.

È una giostra che può andare avanti fin quando esistono riserve in dollari da cui attingere, fino a quando qualcosa si rompe come a Hong Kong o a Singapore. Questi due hub sono da sempre stati una fonte non indifferente di dollari offshore, ma difendere ancoraggi del genere è diventato arduo da quando non esiste più il LIBOR. L'Autorità monetaria di Hong Kong, ad esempio, mantiene un differenziale di 25 punti base sul suo tasso di riferimento rispetto a quello della FED, il che significa che è stato impostato un carry trade da sfruttare. A sua volta stiamo parlando di un differenziale di 50-60 punti base tra i T-bill americani a 30 giorni e i loro omologhi di Hong Kong. L'HIBOR, la versione di Hong Kong del LIBOR, è stato appiattito fino allo 0,5% a maggio e da allora è rimasto lì: qualcuno sta vendendo dollari a sconto a Hong Kong. E visto che stiamo parlando di una colonia inglese da tempo immemore, tutti i sospetti ricadono sulla City di Londra.


CONCLUSIONE

È passato un anno da quando ho pubblicato il mio ultimo libro, Il Grande Default, e uno dei temi trattati in esso era il motivo per cui Stati Uniti ed Europa sono ai ferri corti. Tutto ciò che avete trovato nel mio manoscritto ha rappresentato una narrazione prevalentemente in linea con quanto osservato finora. Lo studio del sistema dell'eurodollaro, le sue criticità nel passato e l'origine del suo controllo, mi hanno permesso di avere una proverbiale “finestra sul futuro”. Quest'ultima affaccia su un presente, adesso, in cui l'UE viene costantemente costretta ad accettare il ritiro sulle proprie sponde da parte degli USA; qualunque deviazione da questa linea di politica verrà accolta da un'azione uguale e contraria fatta di power politics.

La consensus politics era solamente una scusa per permettere all'UE di insinuarsi nell'ordine mondiale e diventarne il punto di riferimento, sacrificando nel contempo gli Stati Uniti. I New York Boys hanno preso in mano le redini della situazione americana e hanno fatto ricorso a tutta la loro influenza territoriale per arginare questo assalto e con l'elezione di Trump è partito il contrattacco.

Le principali pedine geopolitiche sono state schierate: Giappone in Asia, Israele/Arabia Saudita/Azerbaijan/Armenia in Medio Oriente, Polonia/Italia/Grecia/Turchia in Europa. Alla Gran Bretagna, invece, verrà dato l'onore delle armi in cambio del ritiro/neutralità dalle sue zone d'influenza attualmente caratterizzate da conflitti e la resa di qualsiasi pretesa sul Canada. Chi viene estromesso dal rimodellamento del mondo di fronte al gigantesco cambiamento di rotta di Washington è il “nucleo” dell'Europa: Francia, Germania e Belgio/Olanda principalmente. Ecco perché sono propenso a pensare che l'UE si frammenterà lungo questi confini e si verranno a creare 2 (o forse più) Eurosistemi. Già adesso la BCE è praticamente un pro-forma, dato che le singole banche centrali nazionali non hanno mai smesso realmente di impostare/influenzare la politica monetaria delle rispettive nazioni attraverso i pronti contro termine.

Alla fine della fiera sono 3 i centri di potere nel mondo: Washington, City di Londra e Vaticano. Bruxelles, Francoforte, Parigi, ecc. non sono pervenute.


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Rosso, bianco e Bitcoin

Gio, 09/10/2025 - 10:09

Tutto rimandato all'anno prossimo... forse. Fanno ridere poi queste inchieste della stampa generalista, proprio perché mancano consapevolmente il punto. Qual è? Non sanno come fare. Come ho già detto in tempi non sospetti, l'approvazione negli USA del GENIUS e STABLE Act hanno reso in un singolo istante obsoleto qualunque sogno autoritario europeo tramite la valuta unica digitale. Già adesso Tether raggiunge in modo capillare ogni angolo del mondo e lo fa a costi irrisori; un euro digitale non potrà mai competere (senza contare che la versione digitale dell'euro è stata offerta anche da Tether stesso, ma nessuno l'ha voluta/usata). I mercati dei capitali, soprattutto, hanno capito qual è il destino dell'UE: frammentazione. Il mio orizzonte temporale è da 2 a 5 anni. E questo lo sta capendo anche la classe dirigente europea, passo dopo passo, stretta mortale dopo stretta mortale da parte delle nuove linee di politica americane. Infatti le due leggi sopraccitate sono un veicolo perfetto non solo per internazionalizzare il dollaro sotto l'egida esclusiva degli USA (non più condivisa con l'estero come invece accadeva col LIBOR), ma per creare una domanda aggiuntiva di titoli di stato americani e stabilizzarne le finanze interne. Dove sono finiti i “profeti di sventura” che si flagellavano in pubblica piazza parlando di bancarotta degli USA a fronte dei $7000 miliardi di debiti americani da rinnovare? Scomparsi, così come le loro chiacchiere inutili... utili idioti della propaganda inglese/europea di queste sciocchezze. Per quanto l'UE abbia provato con un'unione fiscale e obbligazionaria tramite i bond SURE, rimarrà un'utopia ormai. L'inevitabile spaccatura in due tronconi (come minimo) segnerà la fine di questo esperimento “turbo-socialista”, ma questo non significa che nel frattempo non ci sarà ulteriore temporeggiare per ritardare suddetto esito. Infatti, per quanto il progetto dell'euro digitale sia stato sospeso per il momento (e chissà se davvero il test pilota verrà messo in atto l'anno prossimo), è in fase di gestazione l'idea di “tokenizzare” il risparmio europeo per creare “rivendicazioni digitali” e quindi emettere dal nulla garanzie collaterali con cui sostenere Stati sociali fuori controllo, spese militari sempre più asfissianti e costi energetici alle stelle. Collaterale sintetico ovviamente, proprio perché l'Europa manca di qualsiasi garanzia credibile sui mercati (talmente disperata da continuare a fare “ammuina” sugli asset russi congelati perché altrimenti creerebbero giganteschi e nuovi buchi di bilancio negli istituti finanziari europei). Di conseguenza, quando sentirete la grancassa della propaganda europea spingere di nuovo sull'acceleratore riguardo i “russi cattivi” e la necessità di “riarmarsi”, perché questa narrativa fraudolenta sarà intensificata, sappiate che sono gli eurocrati che vi vogliono mettere furbescamente le mani nel portafoglio. All'angolo, sempre più schiacciata, c'è l'URSSE.

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di Logan Beirne

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/rosso-bianco-e-bitcoin)

Bitcoin può sembrare futuristico, ma una volta rimossa la sua patina digitale, è solo l'ultimo capitolo di una lunga storia di 2.600 anni fatta di valore, fiducia e ingegno umano. Dopo aver raggiunto livelli record, Bitcoin ha fatto notizia mentre le nazioni dichiaravano di avere riserve strategiche e le aziende americane abbracciavano questa nuova classe di asset. Perché proprio ora?

La risposta risiede in un modello antico quanto la civiltà stessa: quando gli stati corrompono una valuta, le persone cercano di innovare per ottenere qualcosa di meglio.

Come dice il proverbio: “La storia non si ripete, ma spesso fa rima”. Quando la prima moneta apparve nel 600 a.C., non era semplicemente una lega d'oro e d'argento con impresso il volto del re lidio. Fu una rivoluzione finanziaria. Per la prima volta le persone potevano superare le inefficienze del baratto e utilizzare invece un mezzo di scambio per commerciare, ma questo valore non risiedeva nel luccichio bensì nella consapevolezza collettiva degli individui che queste monete avevano valore.

L'integrità di quel sistema ha avuto alti e bassi nel corso dei millenni successivi, tipicamente a causa delle politiche di spesa governative. I denari romani con il dorso in argento permisero all'impero di prosperare, ma quando i successivi imperatori ne diluirono il valore – riducendo il contenuto d'argento per finanziare guerre e costruire grandi palazzi – i cittadini persero fiducia nella loro moneta. Quando l'imperatore Nerone ridusse il contenuto d'argento dal 98% all'83% nel 64 d.C., i Romani iniziarono ad accumulare vecchie monete e a rifiutare quelle nuove. Nel 260 d.C. il denario conteneva solo il 5% d'argento. L'inflazione aumentò vertiginosamente e il commercio crollò, contribuendo alla caduta finale dell'impero.

Gli Stati Uniti hanno combattuto crisi monetarie fin dalla nascita della nazione, ma a differenza di Roma, l'America ha costantemente innovato e trovato soluzioni lungo il percorso. Dopo aver dichiarato l'indipendenza dalla Gran Bretagna, il Congresso Continentale stampò la prima moneta cartacea della nazione. Chiamata “Continental”, non era coperta né da oro né da argento, solo dalla fiducia nel suo valore. Mentre l'oro e l'argento sono metalli relativamente scarsi con l'offerta limitata, la carta può essere stampata ed è esattamente ciò che fece il primo governo degli Stati Uniti.

Nel disperato tentativo di pagare le truppe e acquistare i rifornimenti necessari per combattere la Guerra d'Indipendenza, il Congresso si dedicò alla produzione di altre banconote. Esse inondarono il mercato, facendone crollare il valore, mentre gli americani si chiedevano se la nuova nazione avrebbe potuto mantenere le sue promesse. Nel 1777 un patriota si lamentò con suo padre dell'aumento dell'inflazione stimato al 200%, scrivendo: “L'America ha molto più da temere dagli effetti di grandi quantità di cartamoneta che dalle operazioni dei generali britannici”.

I prezzi salirono così rapidamente che lo stesso George Washington finì per rifiutare i Continental come pagamento. Divenne infatti comune descrivere qualcosa di scarso valore come “non degno di un Continental”. La valuta divenne così ridicola che i marinai la cucivano sui vestiti e sfilavano per la città per schernirla. Ma anziché crollare come l'Impero Romano, gli Stati Uniti innovarono: questa crisi monetaria fu la forza trainante che spinse i Padri Fondatori ad abolire il governo americano con gli Articoli della Confederazione e a redigere l'attuale Costituzione.

Questo cambiamento rappresentò più di una semplice riforma politica: fu un progresso monetario, con il passaggio da una moneta discrezionale a una basata su regole. Il nuovo governo degli Stati Uniti adottò un sistema bimetallico nel 1792, che legava il valore del dollaro sia all'oro che all'argento. Il Paese alla fine semplificò il suo approccio passando di fatto a un gold standard nel 1834, il quale durò fino al 1971, quando il presidente Nixon lo abbandonò a favore della moneta fiat. Come i Paesi continentali prima di esso, il dollaro è stato da allora coperto dalla fiducia nel suo valore: “full faith and credit” del governo degli Stati Uniti.

E poi arrivò la crisi finanziaria del 2008. Lehman Brothers crollò, le banche vacillarono... e la popolazione? Cominciò a chiedersi: “Cos'è il denaro?” Fu allora, dalle ombre digitali, che una figura anonima – Satoshi Nakamoto – lasciò cadere un white paper come un patriota che lancia un volantino alla vigilia della Guerra d'Indipendenza: Bitcoin, un sistema di moneta elettronica peer-to-peer. Niente imperatori, niente banche; solo matematica, crittografia e un record indistruttibile chiamato blockchain. Nacque un nuovo tipo di fiducia: non in un sovrano, ma in un codice informatico.

Quella che inizialmente era considerata un'interessante idea è stata rapidamente messa in pratica nel mondo reale. Gli utenti generano altri utenti, la fiducia cresce, gli imprenditori sognano. È una vera e propria saga storica che si svolge in tempo reale.

Bitcoin si è distinto dalle altre crittovalute che ha ispirato, in gran parte grazie alla sua scarsità: un imperatore non potrebbe più aggiungere rame a basso costo a monete d'argento, o il Congresso stampare altra carta, perché è codificato che esisteranno solo 21 milioni di bitcoin. Inoltre tutte le transazioni Bitcoin sono verificate da una rete decentralizzata di circa 20.000 computer in tutto il mondo che si controllano a vicenda al di là del volere dei politici. In un'epoca di spesa pubblica incontrollata, gli investitori si sono rivolti a Bitcoin che nessun governo può diluire. Un sistema decentralizzato che protegge i cittadini dal dominio dello stato: quanto è americano!

Non è un caso che il Bitcoin sia schizzato a una valutazione di $2.000 miliardi proprio mentre il debito pubblico degli Stati Uniti ha raggiunto livelli record. I ricercatori dibattono sulla durata media delle valute fiat nel corso della storia, con alcuni che collocano il momento della loro morte tra i 27 e i 35 anni. Poiché gli Stati Uniti sono fuori dal gold standard da oltre 50 anni, la storia suggerisce che il dollaro è destinato alla sostituzione.

Le persone si pongono l'annosa domanda: cos'è davvero il denaro? Mentre la fiducia nella moneta cartacea viene scossa dall'inflazione e dall'aumento della spesa federale, molti si stanno rivolgendo all'innovazione. Persino le nazioni stesse hanno iniziato a costituire riserve strategiche. Di fatto gli Stati Uniti sono il maggiore detentore di Bitcoin, posizionando ancora una volta l'America all'avanguardia nell'evoluzione monetaria.

Come consigliò John Adams nel 1787: “Tutte le perplessità, la confusione e l'angoscia in America non derivano dai difetti della Costituzione, né dalla mancanza di onore o virtù, quanto piuttosto dalla totale ignoranza della natura della moneta, del credito e della loro circolazione”. È dovere degli americani armarsi di conoscenza e impegnarsi nell'antica tradizione americana di sfidare i sistemi corrotti con idee migliori nel perseguimento della libertà.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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La resa dei conti della Francia: il secondo gigante dell'Eurozona sarà il prossimo in linea?

Mer, 08/10/2025 - 10:06

Il cappio al collo dell'UE continua a essere stretto, soprattutto dal punto di vista energetico. È un ricatto mafioso quello degli USA quando la vogliono costringere, pena dazi, ad acquistare il loro GNL... ma questa è power politics. Tutti fanno parte di una cupola mafiosa, solo che adesso gli USA si sono stancati di essere fregati dagli intrallazzi europei/inglesi. O scendono a più miti consigli accettando le condizioni di un nuovo assetto mondiale in cui gli USA dettano per davvero le regole (senza infiltrati esteri... inglesi... nelle loro stanze dei bottoni), oppure pagano le conseguenze fino in fondo della loro narrativa (in questo caso essersi tagliati fuori da una fonte energetica a basso costo come quella russa per trascinare in guerra gli stessi USA). Le recenti ondate di “terrorismo mediatico” su sconfinamenti russi o potenziali attacchi degli stessi in territorio europeo servono principalmente a far ingoiare il boccone amaro ai contribuenti europei: “Siete voi la nostra garanzia collaterale e pagherete per la nostra testardaggine, perché altrimenti verremo spazzati via come classe dirigente”. Questa tesi è supportata anche dalle recenti dichiarazioni del Pentagono in ambito “assistenza militare” nei confronti dei Paesi Baltici. Nel frattempo, come ricordato anche altre volte, gli Stati Uniti si apprestano a spostare l'asse commerciale del mondo verso l'Artico, costituendo un polo di scambi tra Russia e Cina. La notizia del WSJ riguardo la Exxon è un ulteriore segnale in tale direzione.

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di Thomas Kolbe

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-resa-dei-conti-della-francia-il)

La Francia è intrappolata in una spirale di debito e ora il presidente della Corte dei conti francese mette in guardia dalle conseguenze dell'inazione politica.

Pierre Moscovici è presidente della Corte dei conti francese da cinque anni, la quale supervisiona le revisioni periodiche delle finanze pubbliche del Paese. Dal 2012 al 2014 è stato Ministro delle finanze francese e poi ha ricoperto per cinque anni la carica di Commissario europeo per gli Affari economici e finanziari, la fiscalità e le dogane. Un uomo che sa come gestire le casse vuote.

Di recente Moscovici ha invitato il Primo ministro, François Bayrou, ad adottare misure urgenti per consolidare le finanze pubbliche. La situazione di bilancio della Francia, ha affermato, è sfuggita di mano, soprattutto nel 2023 e nel 2024. Se non si raggiungerà presto un'inversione di tendenza, i mercati dei capitali la imporranno. “Possiamo ancora agire volontariamente”, ha avvertito il governo, “ma domani i mercati potrebbero imporre misure di austerità”.


Per ora regna la calma nei mercati obbligazionari

Una volta che le tessere del domino iniziano a cadere, la situazione precipita: gli investitori si liberano in massa dei titoli di stato francesi, i rendimenti aumentano, i prezzi crollano e rifinanziare l'enorme debito pubblico del Paese diventa ancora più costoso. Già oggi il pagamento degli interessi assorbe il 10,6% del bilancio statale francese, all'incirca la stessa cifra destinata all'istruzione. Con l'aumento del debito, il margine di manovra fiscale si riduce.

Con un debito sovrano al 114% del PIL, la trappola potrebbe scattare inaspettatamente. Per ora i funzionari europei continuano a puntare il dito contro gli Stati Uniti, i cui indici di indebitamento sono simili, ma nessuno può dire per quanto tempo questa tattica di sviamento funzionerà. Il rischio di credito si materializza all'improvviso, di solito senza preavviso.


Punto di non ritorno

Ciò che sappiamo è questo: un rapporto debito/PIL superiore al 100% è già considerato critico. A quel punto anche ambiziosi sforzi di riforma raramente bastano a uscire dalla situazione critica e a meno che il Paese indebitato non emetta la valuta di riserva mondiale, saranno i mercati dei capitali a emettere il loro verdetto, come abbiamo visto durante la crisi del debito dell'Eurozona quindici anni fa.

Ciò che segue è familiare: l'intervento della banca centrale per mantenere liquide le finanze pubbliche, azionando la stampante monetaria e trasferendo il conto ai cittadini attraverso l'inflazione.

La Francia non è mai stata nota per il suo conservatorismo fiscale. Anni di stallo politico, maggioranze mutevoli e coalizioni instabili hanno spinto i deficit annuali ben oltre la soglia del 3% di Maastricht. Nel 2024 il deficit ha raggiunto il 5,8% del PIL. Anche con le prime misure di risanamento, si prevede che quest'anno rimarrà al 5,5%, ben al di sopra dell'obiettivo.


Nessuna ripresa economica in vista

Se i policymaker francesi contano su una ripresa della crescita economica, potrebbero rimanere delusi. A maggio l'indice dei direttori degli acquisti (indice PMI) per il settore manifatturiero si è attestato a 48,1 e per i servizi a 49,6, entrambi in territorio di contrazione. I PMI riflettono il sentiment delle imprese, valori superiori a 50 indicano crescita e inferiori, invece, una contrazione. Sono considerati indicatori precoci delle tendenze economiche e industriali.

In altre parole: nonostante – o forse proprio a causa – dell’ingente spesa pubblica, l’economia francese è bloccata in recessione.


Rischio di contagio

La crisi fiscale che si sta profilando in Francia è più di una semplice tragedia nazionale. Insieme a Germania e Italia, la Francia è sottoposta a un attento esame da parte di analisti e investitori di tutto il mondo. Parigi riuscirà a portare a termine il consolidamento fiscale? La fiducia nell'affidabilità creditizia della Francia è instabile da anni. Nel 2023 Moody's è stata l'ultima grande agenzia di rating a declassare la Francia dal rating AAA, assegnandole un outlook negativo.

Se i mercati dei capitali dovessero ulteriormente declassare il debito francese, le conseguenze si estenderebbero all'intera Eurozona. Qui vale la vecchia regola: o si resta uniti, o si muore divisi. I mercati obbligazionari tendono a passare da un anello debole all'altro, rivalutando rigorosamente l'affidabilità creditizia in situazioni di crisi. Chi vacilla paga interessi più alti, o perde del tutto l'accesso al mercato. Moscovici lo sa bene.

La pressione sui governi nazionali sta aumentando: o si vara una riforma di bilancio drastica, o si aumenta il carico fiscale sui cittadini.


L'eccezione francese

La Francia è un caso speciale. Con un rapporto spesa pubblica/PIL pari al 57,3%, il suo Stato sociale si colloca tra quelli più pesanti al mondo. Di conseguenza la pressione fiscale complessiva è salita al 45,6%, ben al di sopra della media UE di circa il 40%. I cittadini stanno già rinunciando a quasi metà del loro reddito per mantenere le illusioni assistenziali di Parigi.

La pace sociale viene comprata con denaro che non esiste più, finanziata dal debito e sostenuta dall'illusione della sovranità fiscale. Quando persino il massimo revisore dei conti del Paese chiede un consolidamento, una cosa è chiara: la situazione sta per farsi seria. L'equilibrio sociale stesso, fondamento del patto politico ombra che tiene a bada i disordini nelle banlieue, è in gioco.

La storia ce lo insegna: quando i governi tagliano i programmi sociali in Francia, la pace sociale crolla e le periferie – da Parigi a Marsiglia a Lione – vanno a fuoco.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Lo smantellamento di un gruppo di lavoro segreto nello Stato profondo americano accresce le speranze di pace con la Russia

Mar, 07/10/2025 - 10:15

Come si ferma una guerra che rischia di diventare mondiale? Si impedisce che le tensioni arrivino al punto di attivazione dell' esplosione di energia. Dalla guerra in Ucraina sino alla carneficina del 7 ottobre in Israele, passando anche per altri conflitti settari in tutto il mondo, la pressione è montata progressivamente. Lo zampino degli inglesi è ovunque: dal fondamentalismo politico israeliano al fondamentalismo religioso islamico, la regione è stata caricata di così tanta “dinamite” sociale che basta una leggera pressione affinché scoppi (così come fecero nel primo novecento con l'Impero Ottomano per impedire che esso e Germania creassero legami commerciali tramite la ferrovia verso Baghdad). Non scordiamoci che è stata la falange qatarina di Hamas a innescare gli eventi che hanno portato ai fatti dell'ottobre 2023 e non senza aiuto dell'MI6 (il recente attacco a Doha da parte di Israele era un messaggio mafioso recapitato per conto USA). Israele, Palestina, Turchia, India, Pakistan, ecc. hanno tutti legami nel “sottobosco” statale che giungono fino a Londra. Le nazioni del mondo non sono monolitiche: al loro interno hanno correnti e fazioni, i confini statali servono solo come giustificazione affinché i contribuenti paghino le tasse. Ma come si disinnesca un conflitto religioso e dogmatico? Si cambia paradigma, soprattutto economico: ecco perché Trump parla di sviluppo immobiliare nella striscia di Gaza. Ecco perché ad esempio gli accordi di Camp David del '78 fallirono: non ebbe seguito un piano di sviluppo economico. Il primo viaggio di Trump in Medio Oriente è stato in Arabia Saudita, chiedendo loro di tagliare i ponti coi fondamentalisti islamici; l'attacco chirurgico in Iran è servito a mandare un messaggio che gli USA non si fanno impantanare in guerre altrui. Non fatevi fregare, quindi, non cedete alle divisioni e alla violenza. Chiedetevi sempre: “Cui prodest?” A chi giova inzeppare una regione con fondamentalisti di ogni risma? A chi ha come scopo il colonialismo, l'imperialismo, dominazione, guerra eterna. Agli inglesi non interessa niente di coloro con cui fanno accordi: sono solo asset in rapido deprezzamento da essere usati per i propri scopi.

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di Andrew Korybko

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/lo-smantellamento-di-un-gruppo-di)

A metà giugno la Reuters ha riferito che l'amministrazione Trump aveva sciolto un gruppo di lavoro segreto inter-agenzia supervisionato da membri del Consiglio di sicurezza nazionale, ora dimessi, incaricato di formulare strategie per costringere la Russia a fare concessioni all'Ucraina.

Secondo le tre fonti ufficiali statunitensi rimaste anonime, il rifiuto finora espresso da Trump di intensificare il coinvolgimento americano nel conflitto ha fatto sì che questa iniziativa perdesse slancio, anche se in futuro potrebbe ancora potenzialmente fare marcia indietro.

In ogni caso l'aspetto più significativo dell'articolo della Reuters è che conferma che un gruppo segreto di funzionari delle burocrazie militari, di intelligence e diplomatiche degli Stati Uniti (ovvero lo Stato profondo americano) è stato creato per manipolare Trump e spingerlo a fare pressione sulla Russia, il che avrebbe potuto peggiorare le tensioni se avesse avuto successo. Altrettanto significativo è stato il suo fallimento finora. Ciononostante i piani da loro ideati potrebbero ancora essere attuati da elementi sovversivi dello Stato profondo americano, e qui sta il problema.

Secondo la Reuters: “Le idee spaziavano da accordi economici mirati a isolare alcuni Paesi nell'orbita geopolitica russa a operazioni segrete”; il primo scenario includeva una proposta per “incentivare” il Kazakistan a reprimere l'evasione russa delle sanzioni occidentali. Quel Paese si sta già spostando verso ovest da un po' di tempo, il che potrebbe rappresentare una sfida per Russia e Cina, come spiegato nell'estate del 2023, ma non sembra che da questo schema sia emerso nulla.

Il secondo scenario potrebbe essere stato collegato agli attacchi strategici con droni dell'Ucraina contro la Russia all'inizio di giugno. Nessuno può dire con certezza se Trump ne fosse a conoscenza in anticipo, ma la rivelazione della Reuters sull'esistenza di questo gruppo di lavoro nello Stato profondo americano dà credito a coloro che sostenevano il contrario. Dopotutto è del tutto possibile che l'operazione sia stata orchestrata da loro a sua insaputa, cosa che potrebbe aver detto a Putin.

C'è anche la possibilità che questi “sforzi di operazioni speciali segrete” includessero i  due complotti nel Mar Baltico, di cui ha messo in guardia il Servizio di intelligence estero russo.

Sebbene abbiano affermato che si trattava di sforzi congiunti britannico-ucraini, non si può escludere che i suddetti elementi sovversivi dello Stato profondo americano possano aver avuto un ruolo nella loro pianificazione e/o possano aver avuto pronto un piano dettagliato per fare pressione su Trump affinché intensificasse gli attacchi contro la Russia.

Lo smantellamento di questo gruppo di lavoro inter-agenzia nello Stato profondo americano alimenta quindi speranze di pace con la Russia e potrebbe in parte spiegare il recente pragmatismo dell'amministrazione Trump nei suoi confronti.

Il Segretario alla Difesa ha di recente annunciato che gli aiuti all'Ucraina saranno tagliati nel prossimo bilancio, mentre il Segretario al Tesoro ha messo in guardia contro nuove sanzioni anti-russe. Trump si è poi opposto a ulteriori sanzioni di questo tipo al G7, ha bloccato i tentativi di abbassare il tetto massimo al prezzo del petrolio russo e ha attaccato Zelensky.

Sebbene sia prematuro celebrare, dato che Trump potrebbe sempre cambiare idea o essere manipolato per indurlo a intensificare la sua linea d'azione, si tratta comunque di sviluppi positivi per la pace.

Resta da vedere se manterrà la barra dritta, ma ciò che conta è che sia tornato al suo approccio pragmatico, che era stato brevemente interrotto da una serie di post arrabbiati su Putin.

Lo scenario migliore è che egli sfidi con orgoglio lo Stato profondo americano costringendo finalmente l'Ucraina ad accettare le concessioni di pace richieste dalla Russia.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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La BCE interrompe il ciclo di allentamento, ma la crisi dell'Eurozona è appena iniziata

Lun, 06/10/2025 - 10:10

Da 3 anni a questa parte il lavoro della FED è tornato a essere quello di proteggere il sistema bancario americano e il mercato dei titoli sovrani americani. Questo è il suo vero doppio mandato. L'agenda della cricca di Davos è quella di rimuovere dalla scacchiera le singole banche e avere un unico polo di riferimento a livello mondiale. In sintesi, la rimozione del settore bancario commerciale e, soprattutto, il suo interesse netto a livello commerciale. Non è un caso che sul suolo statunitense non ci sarà mai una CBDC del tipo immaginato dalla Lagarde: programmabile, a tempo, censurabile. In questo contesto, ricordate che la FED non è tra i “buoni”; bisogna vedere per chi lavora e cosa vogliono difendere. L'agenda del WEF è un anatema per Wall Street e il settore bancario commerciale. La prima amministrazione Trump, già allora, era la prima iterazione dei NY Boys che cercavano di mettere paletti alle infiltrazioni della cricca di Davos nelle stanze dei bottoni americane e limitare i danni. Cambiare il sistema monetario, il modo in cui il tasso di riferimento interconnette i vari mercati, non è qualcosa che si può fare dalla sera alla mattina, o in sei mesi. Passare dal LIBOR al SOFR in tal lasso di tempo sarebbe risultato in un fallimento, i mercati l'avrebbero rigettato. Doveva avvenire lentamente, nel modo appropriato per permettere al sistema finanziario ed economico americano di essere indicizzato al SOFR. Ci sono voluti 5 anni... e cosa è arrivato alla fine del primo mandato di Trump? La “pandemia”. Oltre a un attacco diretto al SOFR quando ancora era in fase di prova. La crisi dei pronti contro termine del 2019, trasformatasi poi nella crisi del marzo del 2020, costrinse la FED a intervenire e a inchiodarsi allo zero bound per togliere dai guai i titoli sovrani americani diventati bidless. La cricca di Davos ha riprovato lo stesso attacco nel 2023, ma la FED nel bel mezzo di una “crisi bancaria” rialzò i tassi di 25 punti base; c'ha riprovato anche ad aprile di quest'anno ma ha fallito. Il risultato è una base da cui imbastire, per la prima volta nella storia degli Stati Uniti, un'indipendenza monetaria visto che in passato sono sempre stati legati all'Europa a causa dei flussi commerciali e del sistema bancario centrale. Tutta la storia del deficit commerciale degli USA nei confronti dell'Europa e del singolo tasso di riferimento, usato per muovere capitali in California a scapito del resto della nazione, rappresenta uno sforzo politico, burocratico e monetario di risucchiare la ricchezza americana e trasferirla nelle casse della cricca di Davos. Fu questo, oltre alla prima crisi nel mercato degli eurodollari, che spinse la nazione nel 1971 ad abbandonare il gold standard. Il processo di riforma della FED è in atto e gli spasmi sono avvertiti principalmente da UE/UK, i principali benenficiari del sistema dell'eurodollaro.

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di Thomas Kolbe

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-bce-interrompe-il-ciclo-di-allentamento)

La Banca Centrale Europea ha raggiunto la fine del suo ciclo di tassi, intrappolandosi proprio in quei problemi che aveva contribuito a creare. A Sintra tutto questo era praticamente nascosto dietro una facciata di chiacchiere.

La conferenza annuale, appena a ovest di Lisbona, è utile alla BCE tanto quanto Jackson Hole lo è per la Federal Reserve. È un momento per fare il punto della situazione, guardare al futuro e collegare la politica monetaria dell'anno precedente a una narrazione più ampia. Per la presidente della BCE, Christine Lagarde, questa narrazione è facilmente riassumibile: dopo otto tagli i tassi ora si attestano al 2%, l'inflazione si aggira intorno all'obiettivo del 2%, l'occupazione nell'Eurozona rimane stabile e una nuova crisi del debito non è all'orizzonte.

Questa è stata l'essenza del discorso della Lagarde a Sintra, concepito per trasmettere un messaggio unico: tutto è sotto controllo. Persino incertezze come la volatilità commerciale dell'era Trump, gli sconvolgimenti geopolitici, o il crollo dell'industria tedesca non dovrebbero far deragliare la rotta prefissata dalla BCE. Dopo lo sconquasso durante i lockdown, la situazione è ora considerata normale: i mercati “oscillano” attorno al loro equilibrio. Nel gergo delle banche centrali: hanno trovato il “tasso neutrale”.


La chimera di un tasso neutrale

Il “tasso neutrale” è il Santo Graal del misticismo delle banche centrali. Quando i policymaker si sentono sicuri e le campagne mediatiche mascherano con successo l'erosione della moneta fiat, diventa un mantra. In questa visione del mondo, il tasso di riferimento della BCE e alcuni tassi di mercato teorici e consolidati si allineano, non per caso, ma intenzionalmente. Ancor prima delle osservazioni conclusive della Lagarde, i membri del Comitato esecutivo della BCE, Joachim Nagel e Philip Lane, avevano gettato le basi per tutto giugno trasmettendo ripetutamente il messaggio del “tasso neutrale”.

Il messaggio? Che avevano bilanciato le forze inflazionistiche e deflazionistiche e riportato l'Eurozona su una traiettoria di crescita. Tralasciamo i dibattiti sulle statistiche manipolate riguardo l'inflazione e sui dati sulla disoccupazione drasticamente sottostimati. Queste narrazioni sui tassi neutrali non sono altro che favole: comunicati stampa preconfezionati volti a evocare controllo. I ​​processi economici non si riducono a schemi così semplicistici, ma non è proprio questo il punto: la storia dei tassi neutrali è un sedativo, sia per gli stati che per i mercati.


Il peccato originale fiscale

La storia della BCE come custode della stabilità monetaria è una reliquia dei tempi della Bundesbank. Quell'epoca è ormai lontana. Le banche centrali di tutto il mondo, coinvolte in intricati intrecci politico-fiscali durante l'ultima crisi del debito di 15 anni fa, ne sono diventate dipendenti. Solo durante i lockdown, il PEPP della BCE ha assorbito €1.850 miliardi in debito sovrano dell'Eurozona e oggi detiene ancora circa un terzo di quella montagna di obbligazioni.

Oggi l'unico obiettivo della BCE è quello di mantenere liquidi questi debiti sovrani, acquistando obbligazioni scansate dal mercato per mantenere l'illusione che debito pubblico, Stati sociali generosi e interventismo keynesiano siano tutti elementi conciliabili.

I governi dell'Eurozona hanno a lungo fatto affidamento sulla liquidità esterna. Con un debito pubblico medio pari al 100% del PIL, molti stati membri sarebbero insolventi senza il sostegno della BCE. Ciò avrebbe conseguenze non solo per i mercati, ma anche per la coesione sociale, la stabilità interna e l'immagine di un'Unione Europea costruita su motori di welfare sovradimensionati che offrono ai cittadini un falso senso di sicurezza e sottovalutano pericolosamente la capacità pubblica.

Un ritiro della BCE da questo nesso di irresponsabilità fiscale, sostegno monetario ed eccesso politico è quindi impensabile. La banca centrale non è più solo un guardiano della moneta, ma lo stabilizzatore di un modello sociale in erosione. Attraverso mezzi indiretti e canali secondari, sta finanziando pensioni, bilanci previdenziali, ingranaggi burocratici e oscurando al contempo la fragilità dell'intero edificio.

La BCE è l'ultimo pilastro che tiene insieme questa struttura in rovina. Rimuovendola, il castello di carte crollerà all'istante. Ecco perché la Lagarde e i suoi collaboratori devono preservare l'illusione di un'Eurozona governabile.


I fatti raccontano una storia diversa

Al di là della patina di Sintra, nel mondo reale dei dati l'Eurozona è in grave crisi. L'industria continua a contrarsi e l'edilizia è in profonda recessione. Oltre il 50% delle aziende lamenta ordini insufficienti. Dal 2021 la sola industria tedesca ha tagliato 217.000 posti di lavoro ed entro la fine dell'anno ne perderà altri 100.000. La deindustrializzazione avanza, la produzione viene trasferita all'estero, i capitali fuggono e la produttività è ferma da otto anni consecutivi.

Il risultato: le basi imponibili dei Paesi si stanno erodendo. Le entrate diminuiscono e i costi del welfare aumentano, facendo aumentare il peso del debito. Senza riforme concrete, l'Eurozona rischia una crisi del debito che costringerà ancora una volta la BCE a fungere da prestatore di ultima istanza.

Anni di tassi di interesse pari a zero hanno immerso l'Eurozona nel dolce veleno del credito a basso costo. Ora le aziende dipendenti dai sussidi stanno crollando sotto i tassi reali positivi. Questa è “economia zombi”. E l'ultima vittima della pianificazione industriale verde – Northvolt – è solo l'ennesima a chiudere i battenti, conseguenza di una politica economica gestita centralmente.


La FED tiene duro

A peggiorare la situazione, dall'altra parte dell'Atlantico, la Federal Reserve mantiene ferma la sua strategia di consolidamento, mantenendo i tassi al 4,5%, ben al di sopra di quelli delle altre principali banche centrali. Gli Stati Uniti sono chiaramente disposti ad accettare un tasso di mercato positivo, dando alla loro economia lo spazio per eliminare gli elementi improduttivi. Ciò consente al capitale produttivo di riposizionarsi e alimentare un nuovo ciclo di investimenti. Con tagli fiscali, deregolamentazione energetica e ridimensionamento dei programmi verdi, gli Stati Uniti stanno diventando una calamita per i capitali, che le economie europee non possono che invidiare.

A Washington la visione è chiara: un periodo di sofferenza porta grandi ricompense. Mentre gli Stati Uniti si attrezzano amministrativamente, tecnicamente e innovativamente per l'era digitale, l'UE inscena una competizione su piani di welfare in continua espansione: limiti agli affitti, sussidi sociali, sussidi verdi, consumi decretati e regolamentati per sostituire i meccanismi produttivi della creazione di reddito.

L'Europa è diventata dipendente dalle sovvenzioni dello Stato sociale, aggrappandosi a un modello iperstatalista per rinviare le sofferenze sociali ed economiche. E sempre in agguato ci sono la BCE e la sua fatale pressione monetaria. Quanto durerà tutto questo solo il tempo ce lo dirà, ma le tensioni sui mercati stanno aumentando. Il giorno in cui queste tensioni innescheranno un terremoto, scuotendo le placche tettoniche dell'economia per un nuovo riallineamento, si avvicina sempre di più.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Gesti vuoti

Ven, 03/10/2025 - 10:04

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Joshua Stylman

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/gesti-vuoti)

L'ingegneria della realtà richiede tre componenti: il potere istituzionale per creare la narrazione, la pressione sociale per imporla e la persecuzione deliberata di chiunque la metta in discussione. L'era del COVID ha fornito il caso di studio perfetto sul funzionamento di questo meccanismo e ha rivelato come l'attivismo in sintonia con le narrative ufficiali ne sia il meccanismo di imposizione più potente.

Ogni elemento importante della narrazione ufficiale sul COVID si è rivelato falso: le origini del virus, la validità dei test PCR, la soppressione dei trattamenti precoci, la negazione dell'immunità naturale, la cosiddetta “sicurezza ed efficacia” dei vaccini e l'utilità delle mascherine, dei lockdown e dei green pass. Ciononostante coloro che ne hanno messo in discussione anche solo una parte hanno dovuto affrontare un ostracismo e una persecuzione senza precedenti.

Il panico creato ad arte ha ignorato la realtà: il COVID rappresentava un rischio minimo per le persone sane sotto i 70 anni, ma era significativamente più pericoloso per gli anziani e gli immunodepressi. Invece di concentrare le risorse sulla protezione di coloro vulnerabili, abbiamo distrutto economie, rubato infanzia e imposto misure prive di senso epidemiologico. Non si trattava solo di controllo: si trattava di un colpo di stato economico orchestrato, il più grande consolidamento finanziario del potere nella storia moderna. Mentre le piccole imprese venivano chiuse forzatamente, i profitti di Amazon salivano alle stelle; mentre i quartieri operai erano in difficoltà, Wall Street celebrava guadagni record. La classe operaia pubblicava post del tipo “siamo tutti sulla stessa barca” dalle proprie case, mentre i lavoratori essenziali erano costretti a consegnare la spesa in condizioni descritte come pericolose. Le stesse aziende che decantavano il loro impegno per l'“equità” attraverso i criteri DEI stavano distruggendo la mobilità economica per le stesse comunità che affermavano di sostenere.

Pochi mesi prima del COVID, il Johns Hopkins Center for Health Security, in collaborazione con il World Economic Forum e la Bill and Melinda Gates Foundation, ha ospitato l'Event 201, un'esercitazione pandemica di alto livello, il 18 ottobre 2019 a New York. Un'analisi dell'evento rivela che la priorità dell'esercizio non era incentrata sui protocolli di trattamento, o sulla protezione dei vulnerabili, bensì su come il controllo delle informazioni potesse essere utilizzato per indurre l'adesione di massa.

Quando è arrivata la vera crisi, questa strategia ha trovato complici volontari in una cultura già predisposta all'attivismo in sintonia con le narrative ufficiali. Il culmine di questa ipocrisia si è manifestato durante la pandemia, smascherando non solo gesti di virtù vuoti, ma anche la partecipazione attiva a una delle più eclatanti violazioni dei diritti civili nella storia recente. Mentre milioni di persone cambiavano le loro foto profilo e pubblicavano simboli di solidarietà per la giustizia sociale, queste stesse voci sono rimaste in silenzio o, peggio ancora, hanno partecipato attivamente alla persecuzione di due gruppi distinti: i non vaccinati e i danneggiati dai vaccini.


L'esibizione del potere

La devastazione economica si è abbattuta più duramente su chi era meno in grado di sopportarla. Mentre i colletti bianchi partecipavano alle riunioni Zoom in pigiama, i lavoratori nel settore dei servizi si sono trovati di fronte a una scelta impossibile: presentarsi in quello che veniva pubblicizzato come un ambiente mortale, o perdere il proprio sostentamento. I dati raccontano la storia:

Le imprese di proprietà di neri sono diminuite del 41% durante i primi mesi di lockdown;

• La disoccupazione tra i latinoamericani ha raggiunto il 18,9%, il livello più alto tra tutti i gruppi demografici;

• Le donne hanno lasciato il lavoro in numeri senza precedenti, cancellando decenni di guadagni;

• Le piccole imprese, la principale via per la stabilità della classe media nelle comunità minoritarie, hanno chiuso a un ritmo triplo rispetto alle aziende concorrenti.

Era chiaro chi fossero i beneficiari finanziari:

• Il valore di mercato di Amazon è aumentato di $570 miliardi;

• Le azioni di Zoom sono salite del 396%;

• I dirigenti di Moderna sono diventati miliardari da un giorno all'altro;

• Pfizer ha fatto registrare profitti record per $100 miliardi;

• BlackRock ha acquisito il 34% delle case unifamiliari nei principali mercati.

Durante il lockdown, messo in atto per “proteggere i vulnerabili” solo all'apparenza, le piccole imprese vulnerabili hanno perso $4.600 miliardi in valore: le imprese di proprietà di minoranze hanno rappresentato il 41% delle chiusure, nonostante fossero solo il 20% del totale delle imprese. Non si trattava solo di ipocrisia, ma di un consolidamento del potere calcolato sotto le mentite spoglie della salute pubblica.

Il doppiopesismo riguardo le aziende è stato particolarmente evidente nello stesso periodo in cui l'America stava facendo i conti con la giustizia razziale dopo l'omicidio di George Floyd. Nike proclamò di “opporsi al razzismo” mentre licenziava i dipendenti appartenenti a minoranze che non si erano conformati alle disposizioni antiscientifiche sui vaccini anti-COVID. BlackRock pubblicò relazioni sull'“equità sul posto di lavoro” mentre creava un sistema di uffici segregati. Google celebrava l'“inclusione”, mentre le sue linee di politica obbligatorie escludevano in modo sproporzionato i lavoratori appartenenti a minoranze che avevano ragioni storiche per diffidare delle autorità sanitarie.

Queste stesse aziende, che affiggevano simboli di solidarietà, costringevano i loro lavoratori meno pagati a scegliere tra iniezioni sperimentali o il sostentamento delle loro famiglie. I loro comitati DEI (Diversità, Uguaglianza e Inclusione) rilasciavano dichiarazioni sull'“inclusione”, escludendo chiunque mettesse in discussione la narrazione ufficiale. Celebravano la “diversità” in messaggi pubblici attentamente curati, mentre i loro obblighi avevano un impatto sproporzionato sulle comunità minoritarie, le stesse persone che le loro iniziative DEI erano apparentemente progettate per proteggere.

Questa ipocrisia era essenzialmente una guerra economica mascherata da virtuose banalità. L'empatia di facciata dei colletti bianchi ha permesso il più grande trasferimento di ricchezza e opportunità verso l'alto nella storia moderna. Il loro attivismo sui social media ha fornito una copertura a politiche che hanno devastato la classe operaia, in particolare nelle comunità minoritarie. Mentre cambiavano le loro immagini del profilo per ostentare virtù, hanno modificato il panorama economico per imporre la dipendenza.

L'ipocrisia ha raggiunto il suo apice durante la controversia Roe contro Wade. Le stesse voci che difendevano con passione l'autonomia corporea nei diritti riproduttivi sostenevano con entusiasmo le procedure mediche imposte dallo stato, spesso negli stessi feed sui social media.

Un giorno ho visto chiaramente questa contraddizione e ho condiviso un meme che la catturava perfettamente: una donna con un cartello “Il mio corpo, la mia scelta” mentre indossava una maglietta con la scritta “Obbligo di vaccinazione subito!”. L'ironia era ovvia, o almeno così pensavo. Ma invece di affrontare la questione, un'amica da 20 anni mi ha risposto: “Il diritto all'aborto è in gioco e, a differenza dell'obbligo di vaccinazione, rimane una scelta (concessa con un peso notevole in termini di occupazione per chi sceglie di non farlo)... Paragonare le due questioni fa sicuramente incazzare le donne, ma non credo che faccia molto per promuovere la tua di causa”.

La sua risposta definiva l'obbligo di vaccinazione come una “scelta con un peso notevole”, riferendosi ad esso come alla “mia causa”, come se l'autonomia corporea fosse una posizione di parte piuttosto che un principio universale. La cosa più significativa è ciò che sarebbe successo dopo: quando ho condiviso dati di sperimentazioni e studi peer-reviewed sui problemi di fertilità, non ho ricevuto risposta. La conversazione si è semplicemente conclusa. Questo schema si è ripetuto in innumerevoli relazioni: il desiderio di mantenere una realtà costruita si è dimostrato più forte di decenni di amicizia, o persino di prove scientifiche che avrebbero potuto proteggere i propri cari.

Una semplice osservazione, che avrebbe dovuto essere di buon senso, è stata trattata come un tradimento ideologico, persino con una buona amica. È stato in quel momento che mi sono reso conto di quanto le persone avessero interiorizzato la realtà artificiale, dove sottolineare le contraddizioni era di per sé un crimine.

Mentre i colletti bianchi si facevano portavoce della virtù di facciata da casa, i lavoratori essenziali si trovavano di fronte a scelte impossibili. Coloro che avevano costruito una carriera sostenendo le comunità emarginate improvvisamente celebravano la privazione dei diritti fondamentali dei loro vicini. È stato profondamente illuminante osservare coloro che si dichiaravano appassionati nella lotta alla discriminazione celebrare le persone che perdevano il lavoro per aver fatto scelte mediche personali. La loro empatia si estendeva esattamente quanto i loro portafogli azionari farmaceutici e/o la loro incrollabile fede nell'autorità statale – marciando contro la discriminazione finché non diventava sconveniente per i loro interessi tribali, mobilitandosi contro la coercizione medica finché non potevano applicarla loro stessi.


L'industria dell'odio

La demonizzazione di chi non rispettava le regole era sistematica e sconfinava in un territorio che sarebbe stato considerato incitamento all'odio se fosse stato rivolto a qualsiasi altro gruppo. I principali media facevano a gara per esprimere la condanna più feroce dei non vaccinati. Il New York Times ha pubblicato titoli come “Sono furioso contro i non vaccinati”, mentre il Washington Post ha dichiarato che “essere non vaccinati in pubblico dovrebbe essere considerato grave quanto guidare in stato di ebbrezza”.

Non si trattava solo di retorica mediatica: ha direttamente influenzato la percezione pubblica e normalizzato opinioni estreme. Un sondaggio Rasmussen del gennaio 2022 rivelava che quasi la metà degli elettori democratici era a favore non solo di multare i non vaccinati, ma anche di confinarli nelle proprie case, mandarli in campi di quarantena e persino portar via i loro figli. I funzionari della sanità pubblica hanno coltivato e poi amplificato questa ostilità, parlando di una “pandemia dei non vaccinati”, creando una narrativa di colpa che sarebbe stata utilizzata per giustificare una discriminazione su una scala senza precedenti nell'America moderna.

La retorica dei personaggi dello spettacolo è stata particolarmente rivelatrice. Gene Simmons ha dichiarato: “Se siete disposti a camminare tra noi senza vaccinarvi, siete il nemico”. Sean Penn ha portato questa mentalità oltre, affermando: “Mi sembra criminale... se qualcuno sceglie di non vaccinarsi dovrebbe scegliere di rimanere a casa, non andare al lavoro, non avere un lavoro... Finché paghiamo tutti per queste strade, dobbiamo percorrerle in sicurezza”. La sua inquadratura catturava perfettamente la prospettiva privilegiata della classe benestante, paragonando i diritti fondamentali del lavoro a un privilegio che poteva essere revocato in caso di inosservanza. Don Lemon sosteneva la completa esclusione sociale: “Se non hai il vaccino, non puoi andare al supermercato... Non puoi andare alla partita... Non puoi andare al lavoro... Niente maglietta, niente scarpe, niente servizio!” Piers Morgan celebrava la discriminazione: “Adoro l'idea di passaporti COVID per ogni dove: voli, club, palestre, negozi. È ora che i pazzi anti-vaccinisti e negazionisti del COVID vedano smascherate le loro sciocchezze”.

La disumanizzazione ha raggiunto nuove vette quando Jimmy Kimmel prese in giro i non vaccinati in cerca di cure mediche: “Vaccinati, fatevi avanti. Non vaccinati che hanno ingoiato melma di cavallo... Riposate in pace, sfigati”. Howard Stern chiedeva la vaccinazione obbligatoria, maledicendo la libertà stessa: “Quando la smetteremo di sopportare gli idioti in questo Paese e diremo che è obbligatorio vaccinarsi? Fanculo loro, fanculo la loro libertà”. Persino Arnold Schwarzenegger, che un tempo difendeva i diritti individuali, ha dichiarato “Al diavolo la vostra libertà!”.

Non si trattava di voci marginali: erano artisti mainstream con milioni di follower, a dimostrazione di quanto rapidamente l'intrattenimento “progressista” potesse normalizzare la discriminazione e celebrare la privazione dei diritti umani fondamentali. Il loro pubblico, che in genere si vanta di difendere gli emarginati, applaudiva le richieste di persecuzione quando queste si allineavano alla loro identità tribale e ne rafforzavano il capitale sociale.

L'assurdità era evidente a chiunque osasse pensare in modo critico. Gli artefici di questo inganno ora ammettono apertamente ciò che i critici hanno sempre sostenuto. Janine Small ha testimoniato davanti al Parlamento europeo: “No, non sapevamo se il vaccino bloccasse la trasmissione prima di distribuirlo”, giustificandosi dicendo che dovevano “muoversi alla velocità della scienza”.

Queste ammissioni si stanno moltiplicando. Il direttore del CDC, Walensky, ora riconosce che era “troppo tardi” per riconoscere l'immunità naturale. I funzionari della FDA ammettono che i rischi di miocardite erano noti da prima che venissero scoperti dalla gente comune. Ogni rivelazione conferma non solo ciò da cui i critici avevano messo in guardia, ma anche ciò che i dati avevano mostrato fin dall'inizio.

La cosa più significativa è che la Dott.ssa Deborah Birx, ex-Coordinatrice della Risposta al Coronavirus della Casa Bianca e una delle principali artefici delle politiche americane contro il COVID, ha finalmente ammesso: “Quello che abbiamo sbagliato in sanità pubblica è che non abbiamo spiegato che i vaccini contro il COVID non erano per niente simili ai vaccini normali [...]. Non è questo lo scopo per cui è stato progettato il vaccino contro il COVID. Non era stato progettato contro l'infezione”.

Eppure queste ammissioni arrivano solo dopo che il danno è già stato fatto, dopo che vite umane sono state sconvolte, carriere distrutte e diritti fondamentali violati per coloro che si sono limitati a indicare prove che contraddicevano la narrazione ufficiale.

Per quasi cinque anni chiunque sottolineasse i dati e i fatti ora rivelati con noncuranza dai funzionari della sanità pubblica ha dovuto affrontare l'esilio sociale e professionale. L'intera giustificazione per obblighi, green pass e licenziamenti di massa si basava su affermazioni che i funzionari pubblici e la popolazione compiacente non si erano mai preoccupati di verificare, o avevano attivamente represso, prima di costringere milioni di persone a conformarsi.

Se i vaccini proteggevano davvero i vaccinati, perché le scelte mediche di chiunque altro avrebbero dovuto avere importanza? La risposta rivela l'obiettivo più profondo: non si è mai trattato di salute, ma di far rispettare la coercizione sociale. Come ha documentato Matt Orfalea in una delle sue compilation di video, i media più influenti cantavano roboticamente “nessuno è al sicuro se non lo sono tutti”, mentre una società civile sprofondava in una psicosi tribale.

Questa psicosi di massa non era casuale: era il prodotto di una sofisticata ingegneria della realtà. Gli stessi sistemi che avevano prodotto il consenso per guerre infinite venivano ora impiegati per far rispettare le norme mediche e sociali. Ma questa volta disponevano di nuovi strumenti: algoritmi dei social media, moderazione dei contenuti tramite intelligenza artificiale e controllo della narrazione in tempo reale. E a tutti i livelli l'inganno è stato coordinato dall'alto verso il basso:

• Dr. Fauci: “Quando le persone sono vaccinate non si infettano”;

• Presidente Biden: “Non si contrae il COVID se si fanno queste vaccinazioni”;

• Direttore del CDC, Walensky: “Le persone vaccinate non sono portatrici del virus e non si ammalano”;

• Rachel Maddow: “Ora sappiamo che i vaccini funzionano abbastanza bene da fermare il virus”;

• Bourla, amministratore delegato di Pfizer: “Non esiste una variante che sfugga alla protezione dei nostri vaccini”;

• Bill Gates: “Chiunque si vaccini non protegge solo sé stesso, ma riduce anche la propria trasmissione”.

I fact-checker di oggi affermeranno che queste dichiarazioni sono state “estrapolate dal contesto”, ma la verità è più semplice: non si trattava di errori, o fraintendimenti, ma di inganni deliberati progettati per indurre il rispetto delle norme. Anche se i dati interni contraddicevano queste affermazioni assolute, il messaggio è rimasto incrollabile.


La fabbricazione dei dati

L'inganno è andato ben oltre la mera retorica. L'analisi statistica del 2021 del professor Norman Fenton ha rivelato come i dati degli studi clinici siano stati manipolati attraverso una classificazione ingannevole dei decessi, avvertimenti sistematicamente ignorati da coloro che ora ammettono di aver commesso “errori” nella copertura mediatica. Fenton, insieme al professor Martin Neil, ha proseguito la sua analisi, scoprendo prove sempre più schiaccianti di manipolazione statistica. I loro articoli hanno documentato come le autorità sanitarie abbiano sistematicamente classificato erroneamente i decessi, manipolato i tempi dei test e oscurato dati chiave per mantenere viva la narrativa “sicura ed efficace”.

La gola profonda, Brook Jackson, direttore regionale del Ventavia Research Group, ha denunciato violazioni dei protocolli di integrità dei dati presso i siti di sperimentazione Pfizer, tra cui dati falsificati, l'inappropriata apertura del cieco dei partecipanti e la deliberata soppressione delle segnalazioni di eventi avversi. Le sue rivelazioni, che avrebbero dovuto interrompere immediatamente gli studi, sono state ignorate sia dalla FDA che dai principali media.

Un'analisi forense dei dati degli studi clinici Pfizer rivela una manipolazione preoccupante. Un articolo del settembre 2023 intitolato, “Forensic Analysis of the 38 Subject Deaths in the 6-Month Interim Report of the Pfizer/BioNTech BNT162b2 mRNA Vaccine Clinical Trial”, ha documentato un soggetto originariamente nel gruppo placebo, ma che ha ricevuto un'iniezione di Moderna il 23 dicembre 2020. Questo soggetto è stato successivamente ricoverato in ospedale per COVID il 31 dicembre, è deceduto l'11 gennaio 2021 ed è stato comunque classificato come “morte non vaccinato” nonostante l'avesse ricevuto. Questa deliberata ed errata classificazione ha distorto i dati sulla mortalità a favore della vaccinazione. Senza questa manipolazione, i dati avrebbero mostrato che i vaccinati avevano il 31% di probabilità in più di morire.

Non si è trattato di un caso isolato. Secondo il Post-Marketing Experience Report di Pfizer, pubblicato ai sensi del FOIA, sono state presentate 42.086 segnalazioni di effetti avversi nei soli primi 90 giorni dalla pubblicazione, inclusi 1.223 decessi. Nonostante questi segnali allarmanti – che avrebbero dovuto indurre a una revisione immediata – alla popolazione è stata ripetutamente assicurata la sicurezza del prodotto, mentre coloro che sollevavano preoccupazioni sono stati sistematicamente messi a tacere. “Sicuro ed efficace” potrebbe benissimo essere la menzogna più grave della nostra epoca.

Infatti la FDA ha tentato di nascondere i dati dello studio per 75 anni: un'ammissione sbalorditiva di ciò che sperava di nascondere. È soprattutto grazie all'incessante contenzioso FOIA dell'avvocato Aaron Siri che la popolazione ha potuto accedere a questi documenti. Quando alla fine sono stati costretti a pubblicarli, i documenti hanno rivelato nove pagine di effetti collaterali precedentemente nascosti. Autori come Ed Dowd e Naomi Wolf hanno meticolosamente documentato questi inganni.

La manipolazione è continuata a ogni livello. Città come Chicago hanno utilizzato “definizioni vili” per oscurare dati reali durante l'ondata Delta. Ma la verità sarebbe poi emersa attraverso istituzioni troppo prestigiose per essere ignorate. Uno studio rivoluzionario della Cleveland Clinic su 51.000 dipendenti ha rilevato che più dosi venivano somministrate, maggiore era la probabilità di contrarre il COVID-19. Per usare le parole sorprendenti degli autori: “Le analisi multivariate hanno rilevato che [...] maggiore era il numero di dosi di vaccino precedentemente somministrate, maggiore era il rischio di COVID-19”.

Oltre all'inefficacia, sono aumentati i problemi di sicurezza. Uno studio peer-reviewed del febbraio 2023 pubblicato sull'European Heart Journal ha valutato 8,9 milioni di giovani adulti provenienti da Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia, scoprendo che “la dose di richiamo è associata a un aumento del rischio di miocardite negli adolescenti e nei giovani adulti”. Tra i maschi, una terza dose del vaccino Pfizer o Moderna è stata associata a un “aumento del tasso di incidenza di miocardite” entro 28 giorni dall'inoculazione. Studi condotti in Thailandia e Svizzera hanno mostrato effetti cardiovascolari simili. In un mondo sano e giusto, questi prodotti non sarebbero stati approvati in primo luogo, né tantomeno imposti o difesi a tutti i costi.

Questi dati contraddicevano direttamente ogni giustificazione utilizzata per perseguitare i non vaccinati. I rapporti di sorveglianza di inizio 2022 dell'Agenzia per la Sicurezza Sanitaria del Regno Unito hanno confermato questi risultati, mostrando tassi di infezione più elevati ogni 100.000 abitanti in molte fasce d'età tra i vaccinati, tre volte di più rispetto ai non vaccinati. Negli anni successivi decine di studi sottoposti a revisione paritaria da parte di istituzioni di tutto il mondo hanno costantemente convalidato queste osservazioni, formando una schiacciante mole di prove: le affermazioni originali sulla prevenzione della trasmissione erano false. Eppure, a quel punto, carriere erano state distrutte, famiglie divise e vite sconvolte sulla base di una bugia. Ma la manipolazione dei dati era solo una componente di un sistema molto più ampio progettato per proteggere la narrazione a tutti i costi.


L'architettura del controllo

I social media hanno trasformato questa realtà ingegnerizzata in un sistema automatizzato. Gli “aggiustamenti” delle piattaforme hanno ridotto del 95% l'interazione sui post che mettevano in discussione i vaccini: mettere in ombra i critici isolati amplificando al contempo le narrazioni approvate, creando un consenso artificiale. La moderazione dei contenuti tramite intelligenza artificiale ha garantito che solo le prospettive favorevoli al settore farmaceutico raggiungessero un vasto pubblico.

L'intreccio finanziario tra media e industria farmaceutica ha completato il ciclo di influenza:

• Le aziende farmaceutiche sono diventate collettivamente il secondo maggior investitore pubblicitario negli Stati Uniti nel 2021, superando le aziende tecnologiche, grazie all'impennata della spesa per promozioni digitali e televisive.

• Durante la pandemia di COVID-19 la pubblicità farmaceutica è aumentata significativamente sulle principali reti, con le aziende farmaceutiche che si sono affermate come inserzionisti dominanti nei notiziari in prima serata.

• A metà del 2021 le aziende farmaceutiche rappresentavano una quota dominante delle entrate pubblicitarie sulle principali reti di informazione, superando quasi tutti gli altri settori.

Non si trattava solo di pregiudizio, ma di un ecosistema attentamente strutturato di interessi personali. Lo stesso sistema che aveva arricchito Halliburton attraverso guerre infinite, ora arricchiva Pfizer attraverso infiniti incentivi. Il complesso militare-industriale aveva trovato la sua controparte medica. Le aziende che vendevano vaccini controllavano i canali che ne riportavano la sicurezza, creando un perfetto circuito chiuso di propaganda: dai comunicati stampa aziendali ai titoli delle notizie, dalla condivisione sui social media alla verifica dei fact-checker, fino alle politiche pubbliche.

L'amplificazione selettiva delle narrazioni non è un caso: è parte integrante dell'ingegneria della realtà. Considerate questo: il West Texas ha registrato 58 casi di morbillo, alcuni tra i vaccinati, e la cosa fa notizia a livello nazionale. Nel frattempo il VAERS segnala 2.659.050 reazioni avverse ai vaccini COVID (inclusi 38.398 decessi) e viene ignorato. I media trattano l'una come una crisi e l'altra come una teoria del complotto.

Sebbene il VAERS sia concepito come un sistema di allerta precoce piuttosto che come uno strumento di valutazione definitivo, il netto contrasto nel modo in cui questi segnali di sicurezza sono stati trattati rispetto ad altri vaccini rivela un preoccupante doppio standard nel monitoraggio della sicurezza. E questo senza considerare il fatto che il VAERS è notoriamente sottostimato.

Questo messaggio coordinato non è stato casuale. Una ben documentata porta girevole tra autorità di regolamentazione e aziende farmaceutiche ha consolidato il loro predominio sulle narrazioni riguardo la salute pubblica.

• Mark McClellan: da commissario della FDA che regolamenta Johnson & Johnson a membro del suo Consiglio di Amministrazione;

• Scott Gottlieb: da commissario della FDA che regolamenta Pfizer a membro del suo Consiglio di Amministrazione;

• Stephen Hahn: da commissario della FDA che regolamenta Moderna a CMO del loro finanziatore di capitale di rischio;

• James C. Smith: da amministratore delegato della Reuters che “informa” sui vaccini a membro del Consiglio di Amministrazione di Pfizer.

Questo sistema circolare si è esteso alla copertura mediatica stessa. La popolazione avrebbe continuato ad avere fede nella “narrazione ufficiale” se avesse capito che i giornalisti “imparziali” venivano pagati dalla pubblicità farmaceutica? Solo Pfizer ha speso $2,4 miliardi in pubblicità televisiva nel 2021. Ogni segmento di “ultime notizie” sulla pandemia è stato di fatto “offerto da Pfizer” – la stessa azienda che ha tratto profitto dalle soluzioni pubblicizzate. Non si è trattato di mera parzialità, si è trattato di un conflitto di interessi che ha trasformato i notiziari in canali di marketing farmaceutico con una parvenza di credibilità giornalistica.

Could it be that the media doesn't want to bite the hand that feeds it?

When I first saw this "Brought to you by Pfizer" reel I thought it was a parody. Sadly, it is not.

11/x pic.twitter.com/pZepMHO88b

— Joshua Stylman (@jstylman) May 6, 2022

Il quadro giuridico stesso ha smascherato l'inganno. Non si trattava di prodotti medicali soggetti ai normali protocolli di sicurezza: si trattava di contromisure militari che consentivano ai produttori di aggirare le normative, godendo al contempo di una completa tutela in termini di responsabilità. Il 4 febbraio 2020, con meno di una dozzina di casi confermati di COVID e zero decessi, il Dipartimento della Difesa lo dichiarò una “minaccia alla sicurezza nazionale” e attivò i poteri di emergenza previsti per le armi di distruzione di massa. La scienza passò in secondo piano rispetto ai protocolli militari, con dichiarazioni di emergenza senza precedenti che si susseguirono a ritmo serrato in tutti i Paesi.

Persino il linguaggio stesso è stato manipolato per adattarsi a questi nuovi prodotti. Il CDC ha cambiato silenziosamente la definizione di “vaccinazione” più volte: da “l'atto di introdurre un vaccino nell'organismo per produrre immunità a una specifica malattia” a “produrre protezione” – un cambiamento sottile ma cruciale che ha abbassato l'asticella dall'immunità effettiva alla mera “protezione”. Non si trattava di cavilli semantici, ma di una riformulazione deliberata per adattare la definizione a prodotti che non potevano soddisfare lo standard tradizionale. Cambiando il significato stesso di “vaccino”, avrebbero potuto affermare che questi prodotti di terapia genica appartenevano alla stessa categoria dei vaccini tradizionali, nonostante i loro meccanismi e risultati fondamentalmente diversi.

L'implementazione di questa architettura di controllo non è stata improvvisata, ma ha seguito un dettagliato manuale stabilito prima della crisi. Le raccomandazioni dell'Event 201 andavano ben oltre le discussioni teoriche sulla “disinformazione”. La simulazione delineava esplicitamente le tattiche che sarebbero state successivamente implementate:

• “Inondare la zona” con messaggi approvati per sopraffare le informazioni contrarie;

• Utilizzare “voci attendibili” (celebrità e influencer) per plasmare l'opinione pubblica;

• Sviluppare strumenti di sorveglianza per identificare il dissenso prima che si diffonda;

• Creare strategie di pre-bunking per screditare in anticipo le critiche;

• Istituire meccanismi per sopprimere le testimonianze personali che avrebbero contraddetto le narrazioni ufficiali.

La cosa più inquietante è stata la precisione con cui queste tattiche sono state impiegate contro i danneggiati dai vaccini. Proprio come previsto dalla simulazione, coloro che segnalavano effetti avversi sono stati sistematicamente etichettati come diffusori di “disinformazione”, esattamente come prescritto dal progetto.

La risposta mondiale sincronizzata ha dimostrato un coordinamento senza precedenti, al di là dei confini politici e geografici. I leader mondiali hanno adottato simultaneamente frasi identiche come “Ricostruire meglio”, implementando al contempo linee di politica sorprendentemente simili, indipendentemente dal loro orientamento politico o dalle circostanze specifiche dei loro Paesi. Questo perfetto allineamento di messaggi e politiche ha rappresentato un livello di coordinamento internazionale mai visto prima, il che suggerisce o una straordinaria coincidenza o un'orchestrazione deliberata che va oltre gli interessi nazionali. Come può una politica sanitaria pubblica stabilita democraticamente manifestarsi in modo identico in decine di nazioni culturalmente e politicamente diverse? La risposta sta nella pianificazione pre-crisi attraverso organizzazioni non governative e istituzioni globali non elette.

You think? ???? pic.twitter.com/h6UXsXInju

— Joshua Stylman (@jstylman) December 5, 2024

Non si è trattato di un caso, è stata una costruzione deliberata. La realtà stessa è diventata un prodotto artificiale, plasmato e rafforzato dagli algoritmi dei social media, dalle narrazioni nei media generalisti e dall'infrastruttura della censura. Non si trattava più di singoli fatti, ma dell'intero contesto in cui quei fatti esistevano.

La parte terrificante è che una volta bloccati in una di queste linee temporali, uscirne sembra impossibile. Non perché le persone siano incapaci di pensiero critico, ma perché vengono forniti loro solo i pezzi del puzzle che si adattano a una realtà precostruita. Se l'intero ambiente mediatico vi dice che i passaporti sanitari erano necessari per salvare vite umane, allora chiunque si opponesse doveva essere un egoista o un pericoloso. Se la vostra realtà vi dice che i danni da vaccino sono un'anomalia rara, allora chi sollevava preoccupazioni doveva essere un pazzo scatenato. Una volta che il contesto viene predisposto, le persone non hanno bisogno di essere ingannate attivamente: devono semplicemente non vedere mai le informazioni che contraddicono la loro versione della realtà.

E la parte più spaventosa? Non si trattava solo del COVID. Questo è ormai il modello per plasmare la percezione pubblica su ogni questione. Non viviamo solo in un'era di disinformazione, viviamo in un'epoca in cui intere realtà vengono costruite e assegnateci, e uscirne ha un costo personale e sociale. Non è solo che le persone sono state manipolate, è che sono state inserite in una linea temporale completamente diversa, in cui il dissenso stesso è impensabile.


L'esperimento senza consenso

Forse la cosa più agghiacciante è stata la totale assenza di consenso informato. La crisi ha rivelato la rapidità con cui abbiamo abbandonato le nostre più sacre protezioni. Il Primo Emendamento non è stato solo messo in discussione, ma sistematicamente smantellato. La libertà di parola, concepita per proteggere il flusso di informazioni e consentire alle persone di ascoltare tutte le parti, è stata sostituita da una censura coordinata. Le stesse voci che un tempo difendevano il principio di “dire la verità al potere” ora avrebbero chiamato in causa il potere per mettere a tacere il dissenso.

Queste azioni hanno violato non solo l'etica, ma anche i principi fondamentali stabiliti dopo la Seconda guerra mondiale per prevenire esattamente questo tipo di coercizione. Le stesse protezioni create per impedire la sperimentazione medica senza consenso sono state a loro volta violate.

Alla popolazione non è mai stato detto che stava partecipando a quello che equivale al più grande esperimento medico della storia umana. La formula che ha ricevuto l'approvazione della FDA non è mai stata somministrata: un escamotage che sarebbe criminale in qualsiasi altro contesto. Manchiamo ancora di dati adeguati sui test, con la popolazione generale che funge da soggetto inconsapevole.

L'assenza di consenso informato è stata particolarmente grave per le donne incinte e per quelle in età fertile. I documenti di Pfizer del dicembre 2020, pubblicati dal governo del Regno Unito, sconsigliavano la somministrazione di queste iniezioni a donne in gravidanza e in allattamento. I documenti sul consenso informato relativi allo studio affermavano esplicitamente:

Fonte: Documenti dello studio Pfizer, pagina 12

Ciononostante i funzionari nella sanità pubblica hanno promosso aggressivamente questi prodotti alle donne in gravidanza e alle ragazze senza divulgare tali avvertenze.

L'American College of Obstetricians and Gynecologists (ACOG) e la Society for Maternal-Fetal Medicine (SMFM) hanno invertito decenni di protocolli prudenti, raccomandando questi prodotti alle donne in gravidanza nel luglio 2021, nonostante l'assenza di studi clinici completati su questa fetta della popolazione. Questo scostamento senza precedenti dalle procedure di sicurezza consolidate ha esposto un'intera generazione di madri e i loro nascituri a un esperimento incontrollato.

Coloro che hanno sollevato preoccupazioni sulla somministrazione di farmaci sperimentali alle future mamme sono stati etichettati come pericolosi divulgatori di disinformazione. La cosa più scioccante è che gli “studi” utilizzati per giustificare la sicurezza in gravidanza non sono stati condotti su donne incinte, ma solo sui topi. L'establishment medico, che un tempo aderiva al principio di precauzione “prima di tutto non nuocere”, ora avrebbe abbracciato un esperimento senza precedenti sulla salute riproduttiva di un'intera generazione.

Le segnalazioni di aborti spontanei e nati morti nel VAERS sono aumentate del 450% nel 2022 rispetto al decennio precedente. Sebbene altri vaccini non abbiano mostrato alcun segnale simile, le autorità hanno respinto queste segnalazioni senza indagare. Le stesse voci che avevano promosso il “credere alle donne” avrebbero improvvisamente trovato infinite ragioni per dubitare delle esperienze delle donne quando queste contraddicevano gli interessi farmaceutici, proprio come la mia amica aveva respinto la contraddizione tra procedure mediche forzate e autonomia corporea.

Mentre il CDC e i funzionari della sanità pubblica continuavano a rassicurare la popolazione che l'mRNA rimaneva isolato al sito di iniezione, la proposta di Moderna a Wall Street raccontava una storia molto diversa. In una presentazione agli investitori (successivamente rimossa dal loro sito web ma archiviata tramite Wayback Machine), Moderna si vantava apertamente della capacità della propria tecnologia di veicolare mRNA al midollo osseo, portando alla “trasfezione di cellule staminali ematopoietiche (HSPC) e alla modulazione a lungo termine di tutte le linee emopoietiche”. Le loro slide mostravano con orgoglio come diverse formulazioni di LNP (nanoparticelle lipidiche) e il dosaggio ripetuto potessero “migliorare la trasfezione” in vari sistemi, tra cui midollo osseo e cellule staminali ematopoietiche (HSPC) umane (cellule progenitrici e staminali ematopoietiche) in “sistemi modello topo-essere umano”.

E i documenti depositati da BioNTech alla SEC erano altrettanto rivelatori. L'azienda metteva in guardia gli investitori dalla “modifica irreversibile del DNA in una cellula” e dalla necessità di “ulteriori test per gli effetti collaterali a lungo termine”.

Come avrebbe poi ammesso il direttore farmaceutico di Bayer, Stefan Oelrich, si trattava effettivamente di prodotti per la terapia genica, esattamente ciò per cui i critici venivano ostracizzati.

As an aside, people were censored for calling these mRNA shots "gene therapy" as recently as last year. Here's Stefan Oelrich, pharmaceutical director at Bayer, explaining how that is precisely what they are. pic.twitter.com/GOgRNKlokK

— Joshua Stylman (@jstylman) February 11, 2023

Il dibattito semantico sulla terminologia serviva principalmente a nascondere alla popolazione il nuovo meccanismo d'azione.

La duplicità è sbalorditiva. Una narrazione per la popolazione, un'altra per gli investitori. Una storia sulla sicurezza per il consumo di massa, un'altra sui rischi e l'impatto biologico per coloro che finanziano l'operazione. Alla popolazione non solo è stato negato il consenso informato, ma è stata anche attivamente disinformata sulla natura di ciò che veniva iniettato nei loro corpi.


Il costo umano

Ho assistito a queste storie in prima persona mentre lavoravo con la regista Jennifer Sharp al suo documentario Anecdotals. Il film offre una prospettiva umana sulle esperienze dei danneggiati dai vaccini, individui che si sono fidati del sistema e hanno pagato un prezzo devastante. Non si tratta solo di statistiche remote, o “casi rari” facilmente liquidati dalle aziende farmaceutiche; sono persone reali le cui vite sono state stravolte, prima dai danni e poi da un sistema che s'è rifiutato di ammettere la loro esistenza.

La forza del film sta nel dare voce a coloro che sono stati sistematicamente messi a tacere. Nonostante i tentativi di screditare le loro esperienze come “semplici aneddoti”, queste storie rivelano un modello che non può più essere ignorato.

Recentemente persino prestigiose istituzioni sono state costrette a riconoscere la realtà dei danni persistenti da vaccino. Diverse iniziative di ricerca, tra cui uno studio dell'Università di Yale, hanno iniziato a documentare ciò che in precedenza era stato ignorato: la persistenza della proteina spike dopo la vaccinazione, l'infiammazione cronica, la compromissione del sistema immunitario e la riattivazione di virus dormienti.

Nonostante le prove si accumulino, la verità viene spesso confezionata e monetizzata dalle stesse istituzioni che inizialmente l'hanno negata. La ricerca che convalida i danni da vaccino diventa una merce, con i pazienti trattati come dati piuttosto che come persone necessitanti di cure. Alcuni partecipanti si sono persino ritirati da questi studi, sostenendo che i ricercatori sembrano più interessati a gestire la narrazione che a soddisfare le loro esigenze mediche.

Per persone come Lyndsey, un'infermiera qualificata e “gola profonda” che ha documentato la produzione continua di proteina spike per oltre 1.500 giorni dalla sua vaccinazione nel dicembre 2020, queste attenzioni ufficiali arrivano troppo tardi e offrono troppo poco. I suoi risultati di laboratorio mostrano disfunzioni del sistema immunitario e marcatori infiammatori in linea con i risultati della ricerca emergente, eppure un trattamento completo rimane sancora assente.

Non si tratta solo di statistiche o persone distanti: sono i nostri vicini, amici e familiari che hanno avuto fiducia nel sistema e hanno pagato un prezzo impensabile. Non hanno bisogno di compassione virtuale o di gesti empatici di facciata; hanno bisogno di ricerca medica sui trattamenti, hanno bisogno di sostegno finanziario per le cure e, soprattutto, hanno bisogno che tutto ciò non accada mai più.

Eppure, invece di ricevere sostegno, coloro che hanno parlato hanno invece subito persecuzioni. Il meccanismo che ha messo a tacere i feriti ha preso di mira anche chiunque mettesse in discussione la narrazione prevalente.

Ho sperimentato questa mentalità di massa sulla mia pelle. Nel 2022 ho pubblicato quello che ritenevo un thread ponderato: metteva a confronto i passaporti sanitari con modelli storici di discriminazione. Come discendente di sopravvissuti all'Olocausto, ho notato che non stavo paragonando gli eventi attuali alla Germania del 1943, bensì stavo mettendo in guardia su come le società normalizzino la discriminazione attraverso passaggi graduali, esattamente lo stesso processo iniziato nel 1933.

La risposta ha dimostrato perfettamente la mia tesi. Il New York Times ha pubblicato un articolo che ometteva il contesto storico della mia spiegazione. Si era formata una folla che chiedeva le mie dimissioni dal birrificio che avevo costruito in un decennio. Ci sono migliaia di messaggi su Internet che descrivono quanto io sia una persona orribile. Dopo una brillante carriera ventennale nel settore tecnologico e poi con il birrificio, se cercate il mio nome su Google, la maggior parte dei contenuti descrive una persona che non riconosco. Non si è trattato di una semplice cancellazione, ma di una diffamazione a livello digitale. Alcuni amici non mi hanno più rivolto la parola. Il mio crimine non è stato paragonare gli eventi attuali agli orrori dell'Olocausto (non l'ho mai invocato), bensì osare sottolineare come nascono le “società del checkpoint”: con la normalizzazione della discriminazione nei confronti di un gruppo, come ad esempio una minaccia per la salute pubblica.

I parallelismi storici erano impossibili da ignorare, ma la cosa più inquietante era quanto poche persone li riconoscessero. Una generazione cresciuta senza comprendere la storia, il pensiero critico, o i principi scientifici di base, non riusciva a vedere gli schemi ripetersi davanti ai propri occhi. La propaganda nazista aveva dipinto gli ebrei come diffusori di tifo; i media generalisti hanno dipinto i non vaccinati come diffusori di COVID, nonostante le chiare prove che lo stato vaccinale non avesse alcun impatto sulla trasmissione. In entrambi i casi affermazioni pseudoscientifiche sulla salute pubblica venivano utilizzate per giustificare la privazione dei diritti fondamentali di un gruppo preso di mira.

Non si trattava di un episodio isolato. In tutto il Paese i professionisti che hanno sollevato dubbi, hanno dovuto affrontare campagne intimidatorie simili:

• I medici che hanno segnalato danni da vaccino hanno subito minacce alla loro licenza;

• Gli scienziati che hanno messo in dubbio i dati hanno subito censure accademiche;

• Gli imprenditori che si sono opposti agli obblighi hanno dovuto affrontare boicottaggi coordinati;

• I giornalisti che hanno indagato sui conflitti di interesse nel settore farmaceutico sono stati emarginati.

Lo schema è sempre stato lo stesso: prima la distorsione mediatica, poi la folla, poi la pressione istituzionale. È un mondo pericoloso in cui non possiamo dire ciò che crediamo sia giusto per paura di perdere tutto ciò per cui abbiamo lavorato duramente.

La realtà era qualcosa che condividevamo. Non più. Negli ultimi anni abbiamo assistito a qualcosa di senza precedenti: la deliberata frammentazione della realtà in linee temporali separate e incompatibili. Non basate sulla geografia o sulla cultura, bensì sui flussi di informazioni.

In una linea temporale gli ultimi anni sono stati caratterizzati da un eroico sforzo globale per fermare una pandemia mortale. Gli stati hanno agito tempestivamente, i vaccini erano una soluzione miracolosa che ha salvato vite umane e coloro che li rifiutavano rappresentavano minacce alla sicurezza pubblica. In un'altra linea temporale lo stesso periodo è stato teatro di un'operazione psicologica di massa e coordinata, che ha giustificato l'autoritarismo, riscritto il contratto sociale e mistificato i feriti, convogliando al contempo migliaia di miliardi di dollari verso le aziende. Questa frattura temporale rappresenta il massimo risultato dell'ingegneria della realtà: non solo il controllo delle informazioni, ma la creazione di mondi percettivi completamente separati in cui gli stessi eventi hanno significati fondamentalmente diversi. Quando la realtà stessa diventa un prodotto artificiale, i concetti tradizionali di verità e prova non funzionano più come ancore sociali. A seconda della linea temporale in cui ci si trovava, l'intera comprensione del mondo – chi era buono, chi era cattivo, cosa era vero – era predeterminata.

Lo capisco, perché anch'io sono stato ingannato. Ci ho creduto. Sono stato così stupido da farmi “vaccinare” senza mettere in discussione (o, in realtà, nemmeno guardare) i dati. Solo giorni dopo, dopo che un amico mi ha spinto ad approfondire, mi sono reso conto di essermi iniettato qualcosa senza una reale comprensione di cosa fosse. E quando ho esaminato le prove, mi sono sentito tradito. La differenza è che io ero disposto ad ammettere di aver sbagliato; altri ancora non ci riescono, perché significherebbe riconoscere di aver partecipato a qualcosa di imperdonabile.

Non si tratta solo di ego, si tratta di identità. Ammettere di aver sbagliato significa affrontare il fatto di aver imposto un sistema di persecuzione contro i propri amici, familiari e vicini. Quindi si raddoppiano gli sforzi nella direzione sbagliata e si mente a sé stessi. Come vittime di una sindrome di Stoccolma, sono diventati ardenti difensori del sistema che li ha danneggiati. Anche dopo essere stati ingannati, costretti e, in molti casi, feriti, non sono riusciti a liberarsi dalla loro prigionia psicologica. Perché una volta che si contribuisce a imporre l'ingiustizia, ammettere la verità significa affrontare la propria complicità nella discriminazione di massa.

Alcune relazioni sono irrimediabilmente perdute. Non perché siamo cambiati, ma perché riconoscere la verità richiederebbe di smantellare la loro intera visione del mondo. Sono intrappolati in una realtà che non possiamo più condividere.


La fabbricazione della verità

La strada verso la giustizia richiede lo smantellamento sia dei meccanismi dell'ingegneria della realtà, sia dei suoi meccanismi di imposizione sociale. Dobbiamo riconoscere non solo la realtà dei danni da vaccino – ora convalidati da importanti istituti di ricerca – ma anche il sistema più ampio che ha reso possibile la loro persecuzione. Ciò significa creare spazi in cui le esperienze represse possano essere condivise senza paura, sfidando il sistematico gaslighting delle vittime e chiedendo conto sia agli artefici di questo inganno, sia a coloro che lo hanno imposto attraverso l'obbedienza.

Una vera resistenza richiede di denunciare i conflitti di interesse che guidano l'ingegneria della realtà, dai profitti farmaceutici alle agende militari. Soprattutto dobbiamo stabilire misure di salvaguardia contro l'uso del consenso sociale come arma per la coercizione medica. Questo include i modi in cui le istituzioni cooptano e controllano persino il riconoscimento dei propri illeciti. Quando prestigiose università finalmente convalidano ciò che i danneggiati affermano da anni, ciò fa emergere anche: monetizzazione dei dati, controllo attivo delle narrazioni, attenta limitazione della portata delle notizie dissidenti. La vera giustizia non riguarda solo il riconoscimento, ma anche la piena divulgazione e l'effettiva cura dei danneggiati.


Un appello per una vera giustizia

A coloro che ora pubblicano post sulla prossima causa di tendenza, fingendo che gli ultimi anni non siano mai accaduti: il vostro attivismo di facciata è stato smascherato per quello che è sempre stato, ovvero un accessorio di moda sociale, scartato nel momento in cui è stato richiesto vero coraggio. Avete perso ogni credibilità nel parlare di inclusione, giustizia, o diritti umani. Non vi siete limitati a osservare la discriminazione, l'avete celebrata; non vi siete limitati a ignorare la coercizione medica, l'avete richiesta; non vi siete limitati a assistere al silenzio dei feriti, vi avete partecipato attivamente.

La pandemia ha rivelato una verità sull'attivismo moderno: coloro che predicano la virtù più a gran voce spesso favoriscono il danno con più entusiasmo. Le stesse voci che cambiano i loro profili social per ogni causa di tendenza si sono rivelati partecipanti entusiasti alla discriminazione vera e propria quando questa era in linea con i loro interessi tribali. Il loro impegno per i diritti umani si è esteso esattamente quanto la loro posizione sociale percepita e i loro parametri di coinvolgimento.

Non si è trattato solo di ipocrisia, ma di un completo collasso morale mascherato da un teatrino algoritmico. L'instagrammazione della protesta, la riduzione della resistenza agli hashtag, la sostituzione dei principi con le cornici delle foto del profilo: tutto ciò ha contribuito a creare l'illusione di giustizia, permettendo l'opposto. La vera resistenza non riguarda gesti sui social media, o perdoni di comodo: si tratta di resistere con fermezza all'oppressione, anche quando – soprattutto quando – tale oppressione viene mascherata dal linguaggio del bene pubblico.

I non vaccinati e i danneggiati dai vaccini rappresentano i gruppi più brutalmente emarginati nella recente storia americana. La portata di questa esclusione sistematica non ha precedenti:

• Oltre 7 milioni di americani hanno perso il lavoro a causa di obblighi arbitrari;

• 22.000 militari congedati;

• Oltre 50.000 operatori sanitari licenziati;

• Innumerevoli famiglie a cui è stato negato l'accesso ai servizi di base;

• Bambini esclusi da scuole e attività;

• Ai feriti sono state sistematicamente negate cure mediche e indennità di invalidità.

Nessun altro gruppo sociale nella storia recente ha dovuto affrontare un esilio così totale dalla società: esclusi da luoghi di lavoro, istruzione, viaggi, intrattenimento e persino dall'assistenza medica di base, il tutto mentre venivano pubblicamente demonizzati dai media generalisti e da personaggi dello spettacolo.

La loro storia non era di tendenza; la loro bandiera non era di moda; la loro causa non faceva guadagnare like. Ma ignorarli non cancella ciò che è successo. Le stesse persone che hanno sbandierato pubblicamente la loro virtù con i selfie dopo il vaccino, ora fingono che gli ultimi cinque anni non siano mai accaduti. Ma noi ricordiamo e non permetteremo loro di riscrivere la storia.

Oggi molti di quegli stessi esecutori sono passati alle loro prossime cause: qualunque cosa generi il massimo coinvolgimento, qualunque cosa permetta loro di sfoggiare virtù di facciata senza rischiare nulla di concreto. Ma non si può andare avanti senza riconciliazione. Il meccanismo di coercizione sociale che hanno azionato con tanta passione è esposto, le loro virtù morali di facciata sono in rovina. La prossima volta che cambieranno la loro immagine del profilo per qualche causa alla moda, ricordate: ci hanno già mostrato chi sono veramente quando l'ostracismo dei dissidenti era di moda. Non è finita. Il sistema che ha messo i vicini gli uni contro gli altri rimane al suo posto, in attesa della prossima crisi che trasformi l'empatia in un'arma per l'acquiescenza. Dobbiamo agire ora per prevenire la prossima crisi creata ad arte: ciò significa esigere la completa trasparenza dalle istituzioni sanitarie pubbliche, sostenere la ricerca indipendente sui trattamenti per i danneggiati dai vaccini, creare tutele legali per l'autonomia medica e costruire reti di informazione resistenti alla censura. Soprattutto significa chiamare a rispondere delle proprie azioni coloro che hanno consapevolmente ingannato la popolazione, non per vendetta, ma attraverso un processo di verità e riconciliazione che garantisca che un danno così diffuso non si ripeta mai più. L'unica domanda è: la prossima volta, vi renderete conto che sta succedendo? E se obbedirete di nuovo, cosa rimarrà della vostra umanità quando sarà finita?

La vera solidarietà non si misura con le foto del profilo o gli hashtag, ma con la volontà di opporsi all'ingiustizia quando costa qualcosa. Durante il COVID, i veri alleati non avrebbero pubblicato selfie con gli aghi nel braccio, ma avrebbero chiesto trasparenza quando i feriti venivano messi a tacere, messo in discussione gli impatti sproporzionati sulle comunità emarginate e rifiutato di partecipare alla segregazione sociale, anche a costo della propria posizione sociale; avrebbero riconosciuto che i diritti umani non sono lussi che si applicano solo ai gruppi favoriti, ma principi universali che contano di più quando sono scomodi; avrebbero capito che la discriminazione mascherata dalla scusa della salute pubblica è pur sempre discriminazione. Invece la maggior parte degli autoproclamati attivisti ha fallito il test sui diritti civili più significativo della nostra generazione, rivelando che il loro impegno per la giustizia si estendeva esattamente quanto le loro metriche di coinvolgimento sui social media. La prossima volta che emergerà una crisi e vi verrà detto chi temere, chi escludere e quali domande non porre, ricordate: il coraggio non sta nell'unirsi al coro dei comodi, ma nel dire la verità quando le conseguenze sono reali. La storia ricorderà non solo chi ha commesso l'ingiustizia, ma anche chi è rimasto in silenzio mentre accadeva.

Il danno a lungo termine si estende oltre le vittime immediate. Le istituzioni sanitarie pubbliche hanno distrutto decenni di fiducia accumulata attraverso la loro volontaria partecipazione all'inganno. La prossima vera crisi sanitaria incontrerà il giustificato scetticismo di milioni di persone che hanno assistito a questo tradimento. Le autorità sanitarie hanno barattato la credibilità a lungo termine con l'adesione alle norme a breve termine, creando un vuoto pericoloso in cui ogni raccomandazione sanitaria verrà ora messa in discussione, indipendentemente dal merito. Ricostruire questa fiducia richiederà non solo una nuova leadership, ma anche trasparenza istituzionale, responsabilità per le azioni passate e il ripristino di principi come il consenso informato e l'integrità dei dati come fondamenti non negoziabili della salute pubblica.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Bitcoin non gioca più al gioco dell'oro

Gio, 02/10/2025 - 10:13

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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da CoinTelegraph

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/bitcoin-non-gioca-piu-al-gioco-delloro)

Per anni Bitcoin è stato trattato come un asset puramente inerte: un caveau decentralizzato, economicamente passivo nonostante il suo programma di emissione fisso. Eppure oltre $7 miliardi in bitcoin generano già rendimenti nativi on-chain tramite i principali protocolli, quindi la premessa iniziale sta venendo confutata.

La capitalizzazione di mercato dell'oro, pari a circa $23.000 miliardi, rimane per lo più inattiva. Bitcoin, al contrario, ora guadagna on-chain mentre i possessori ne mantengono la custodia.

Man mano che nuovi livelli sbloccano rendimenti, Bitcoin supera una soglia strutturale: da meramente passivo a produttivamente scarso.

Questo cambiamento sta ridefinendo silenziosamente il modo in cui il capitale determina il rischio, il modo in cui le istituzioni allocano le riserve e il modo in cui la teoria del portafoglio tiene conto della sicurezza. La scarsità potrebbe spiegare la stabilità dei prezzi, mentre la produttività spiega perché miner, chi applica strategie di tesoreria e fondi d'investimento ora stanno parcheggiando asset in BTC invece di limitarsi a costruirci attorno.

Un asset custodito in un caveau che genera rendimento non è più oro digitale, ma capitale produttivo.


La scarsità è importante, ma la produttività è fondamentale

Il DNA economico di Bitcoin non è cambiato: la sua offerta rimane limitata a 21 milioni, il programma di emissione è trasparente e nessuna autorità centrale può gonfiarlo o censurarlo. Scarsità, verificabilità e resistenza alla manipolazione hanno sempre contraddistinto Bitcoin, ma nel 2025 questi fattori distintivi e unici hanno iniziato a significare qualcosa di più.

Con il tasso di emissione bloccato, e nonostante i nuovi livelli di protocollo consentano a BTC di generare rendimenti on-chain, esso sta guadagnando terreno grazie alle sue potenzialità. Una nuova serie di strumenti offre ai possessori la possibilità di ottenere rendimenti reali senza rinunciare alla custodia, senza affidarsi a piattaforme centralizzate e, soprattutto, senza modificare il protocollo di base. Lasciare intatti i meccanismi fondamentali di Bitcoin, ma cambiare il modo in cui il capitale interagisce con l'asset.

Stiamo già vedendo questo effetto nella pratica. Bitcoin è l'unica crittovaluta ufficialmente detenuta in riserve sovrane: El Salvador continua ad allocare BTC nelle sue casse nazionali e un ordine esecutivo statunitense del 2025 ha riconosciuto Bitcoin come asset di riserva strategica per le infrastrutture critiche. Nel frattempo gli exchange-traded fund (ETF) spot detengono ora oltre 1,26 milioni di BTC, ovvero oltre il 6% dell'offerta totale.

Anche sul fronte del mining, i miner non si affrettano più a vendere. Al contrario, una quota crescente alloca BTC in strategie di staking e rendimento sintetico per migliorare i rendimenti a lungo termine.

Sta diventando evidente che la proposta di valore originale si è evoluta in modo sottile nella progettazione, ma profondamente nei risultati. Ciò che un tempo rendeva Bitcoin affidabile ora lo rende anche potente: un asset un tempo passivo sta diventando un asset che produce rendimento. Questo getta le basi per ciò che verrà dopo: una curva dei rendimenti nativa che si forma attorno a Bitcoin stesso, per non parlare degli asset a esso collegati.


Bitcoin guadagna senza rinunciare al controllo

Fino a poco tempo fa l'idea di ottenere un rendimento dalle crittovalute sembrava irraggiungibile. Nel caso di Bitcoin, era difficile trovare un rendimento non-custodial, almeno non senza compromettere la sua neutralità di base. Ma questa ipotesi non è più valida: oggi nuovi livelli di protocollo consentono ai possessori di utilizzare BTC in modi un tempo riservati alle piattaforme centralizzate.

Alcune piattaforme consentono ai possessori a lungo termine di puntare BTC nativi per proteggere la rete e generare rendimenti, senza dover “wrappare” l'asset o spostarlo tra le blockchain. A loro volta altre consentono agli utenti di utilizzare i propri bitcoin in app di finanza decentralizzata, guadagnando commissioni da swap e prestiti senza cederne la proprietà. Nessuno di questi sistemi richiede la consegna delle chiavi a terzi e nessuno si basa su quel tipo di giochi di rendimento poco trasparenti che hanno causato problemi in passato.

A questo punto è chiaro che non si tratta più di un progetto pilota. Inoltre strategie orientate ai miner stanno lentamente guadagnando terreno tra quelle aziende che applicano soluzioni di tesoreria senza abbandonare l'ecosistema Bitcoin. Di conseguenza sta iniziando a delinearsi una curva dei rendimenti nativa di Bitcoin e basata sulla trasparenza.

Una volta che il rendimento di Bitcoin diventa accessibile e auto-custodito, emerge un altro problema: come misurarlo? Se i protocolli diventano disponibili e accessibili, manca chiarezza. Perché senza uno standard che descriva i guadagni di BTC, investitori, chi applica strategie di tesoreria e miner si ritrovano a prendere decisioni al buio.


È il momento di confrontare il rendimento di Bitcoin

Se Bitcoin può generare un rendimento, il passo logico successivo è un modo semplice per misurarlo.

Al momento non esiste uno standard. Alcuni investitori considerano BTC come capitale di copertura; altri lo sfruttano e ne incassano i rendimenti. Tuttavia ci sono incongruenze su quale dovrebbe essere il benchmark effettivo per misurare Bitcoin, poiché non esistono asset realmente comparabili. Ad esempio, un team potrebbe bloccare le coin per una settimana ma non avere un modo semplice per spiegarne il rischio, oppure un miner potrebbe incanalare le coinbase in una strategia di rendimento ma trattarla comunque come una diversificazione del bilancio.

Consideriamo un'organizzazione autonoma decentralizzata di medie dimensioni con 1.200 BTC e sei mesi di stipendi da pagare. Deposita metà del capitale in un caveau a 30 giorni su un protocollo protetto da Bitcoin e ne ricava un rendimento. Senza una base di riferimento, però, il team non può dire se si tratti di una mossa cauta o rischiosa. La stessa scelta potrebbe essere elogiata come un'abile strategia di tesoreria, o criticata come una ricerca di rendimento, a seconda di chi analizza l'approccio.

Ciò di cui Bitcoin ha bisogno è un benchmark. Non un “tasso privo di rischio” nel senso del mercato obbligazionario, ma una base di riferimento: un rendimento ripetibile, autocustodito e on-chain che possa essere generato nativamente su Bitcoin, al netto delle commissioni, e raggruppato per durata (sette giorni, 30, 90 giorni). Una struttura sufficiente a trasformare il rendimento da una supposizione in qualcosa a cui fare riferimento e che possa essere utilizzato come benchmark.

Una volta che ciò esiste, è possibile costruire politiche, informative e strategie di tesoreria attorno a esso, e tutto ciò che supera una tale base può essere valutato per quello che è: un rischio che vale la pena correre oppure no.

Ed è qui che Bitcoin si scrolla di dosso la metafora dell'oro. Il metallo giallo non vi paga, ma un bitcoin produttivo sì. Più a lungo le strategie di tesoreria trattano BTC come un tesoro nascosto senza alcun ritorno, più è facile capire chi vuol trarre profitto dal capitale e chi lo vuole solamente conservare.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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La morte del dollaro è notevolmente esagerata?

Mer, 01/10/2025 - 10:07

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Lance Roberts

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-morte-del-dollaro-e-notevolmente)

La narrazione sulla “morte del dollaro” come valuta di riserva mondiale è praticamente sulla bocca di tutti. Questo accade ogni volta che si deprezza rispetto ad altre valute. Abbiamo già scritto in precedenza delle false affermazioni sulla “morte del dollaro” nel 2023 (si veda qui, qui e qui). Il suo recente calo rispetto ad altre valute rientra ampiamente nella norma storica. In particolare, i cali precedenti erano stati molto più ampi senza l'“allarmismo” degli “esperti di sventura”.

La “morte del dollaro” ricorre spesso nei dibattiti finanziari. Naturalmente questo accade quando aumentano le tensioni geopolitiche, le perturbazioni economiche, o le fluttuazioni del mercato. Certo, ci sono valide preoccupazioni circa il predominio a lungo termine del dollaro, tuttavia l'idea che la sua morte sia imminente, portando a un catastrofico crollo economico, è ampiamente sopravvalutata. Il dollaro rimane la pietra angolare della finanza globale a causa di fattori strutturali, economici e geopolitici che difficilmente cambieranno bruscamente. Di seguito delineo cinque motivi per cui la narrazione sulla morte del dollaro è esagerata.


Cinque motivi per cui la narrazione della morte del dollaro è sopravvalutata 

  1. Mancanza di una valuta alternativa valida – Lo status di riserva del dollaro persiste perché non esiste un rivale credibile. L'euro, che detiene il 20% delle riserve globali rispetto al 58% circa del dollaro (FMI, secondo trimestre 2024), è vincolato dalla frammentazione dei mercati obbligazionari e dalla volatilità politica dell'Eurozona. Nonostante il crescente utilizzo (2-3% delle riserve), il renminbi cinese è limitato dai controlli sui capitali e dalla convertibilità limitata, il che lo rende inadatto allo status di riserva globale. Altre valute, come lo yen giapponese (6%) o quelle più piccole come il dollaro canadese o australiano, non hanno la portata economica o la liquidità necessarie per competere con il dollaro. Senza una valuta all'altezza della profondità e della liquidità dei mercati del dollaro e della fiducia globale, la sua scomparsa rimane improbabile nel breve termine.

  2. Forza dell'economia statunitense – L'economia statunitense, che rappresenta il 26% del PIL mondiale, consolida il predominio del dollaro. La sua ampia e dinamica economia, sostenuta dallo Stato di diritto e da solidi mercati dei capitali, posiziona il dollaro come un rifugio sicuro, in particolare durante periodi di instabilità mondiale. Mentre i critici sottolineano l'aumento del debito statunitense ($35.000 miliardi, circa il 120% del PIL), lo status di riserva del dollaro consente di indebitarsi a tassi più bassi, sostenendo i deficit senza crisi immediate. Rispetto ad altre economie – la lenta crescita del Giappone, i mercati ristretti della Cina, o la frammentazione dell'Europa – gli Stati Uniti offrono stabilità, rendendo improbabile la scomparsa del dollaro nel futuro prossimo.

  3. Effetti di rete e inerzia finanziaria mondiale – Gli effetti di rete perpetuano il predominio del dollaro: il suo utilizzo diffuso ne accresce il valore. Costituisce circa l'88% delle transazioni valutarie globali (dati SWIFT) e circa il 60% della fatturazione internazionale del debito e del commercio. La transizione a un'altra valuta richiederebbe un ampio coordinamento tra banche centrali, stati e mercati, con conseguenti costi e rischi significativi. Le transizioni monetarie storiche, come quella dalla sterlina al dollaro, hanno attraversato decenni e hanno richiesto importanti cambiamenti geopolitici, oggi assenti. Questa inerzia rende la scomparsa del dollaro una prospettiva remota.

  4. Portata limitata degli sforzi di de-dollarizzazione – Sebbene Paesi come Cina, Russia e i BRICS sostengano il commercio in valute locali (ad esempio, il renminbi cinese rappresenta il 56% del suo commercio bilaterale), questi sforzi hanno un impatto mondiale limitato. La quota di riserve in dollari è diminuita gradualmente (dal 67% al 58% in due decenni), tuttavia ciò riflette la diversificazione, non la scomparsa del dollaro, spesso in valute alleate come il dollaro canadese o australiano. La Cina detiene circa $2.000 miliardi in asset denominati in dollari, a dimostrazione della sua dipendenza. Le mosse geopolitiche, come il passaggio della Russia all'oro o al renminbi, sono limitate dalla piccola scala dei sistemi non basati sul dollaro (ad esempio, il CIPS cinese rispetto allo SWIFT). Questi sforzi frammentati non riescono a innescare la scomparsa del dollaro.

  5. Resilienza a fronte di sfide politiche – I critici sostengono che le politiche statunitensi, come dazi, sanzioni, o azioni della Federal Reserve, indeboliscono la fiducia nel dollaro. Ad esempio, i dazi di Trump nel 2025 hanno causato un calo del dollaro di circa il 9%, alimentando i timori di una sua possibile morte. Tuttavia tali fluttuazioni sono cicliche, non strutturali, con il dollaro ancora robusto rispetto al suo picco del 2011-2022 (in rialzo di circa il 40% rispetto a un paniere di valute). Le sanzioni, come quelle alla Russia nel 2022, non hanno ridotto significativamente le riserve mondiali in dollari, poiché la maggior parte di esse è detenuta da alleati degli Stati Uniti che hanno aderito alle sanzioni. Le linee di swap e il supporto di liquidità della Federal Reserve rafforzano ulteriormente il ruolo del dollaro durante le crisi.

Come si può notare, il dollaro domina la composizione delle transazioni monetarie mondiali.

Tuttavia c'è un motivo per cui il recente calo del dollaro potrebbe essere prossimo alla fine.


Perché il dollaro potrebbe riprendersi con forza

Non è la prima volta che la “morte del dollaro” fa notizia. Nel 2022 le narrazioni sulla “de-dollarizzazione” hanno gonfiato le tesi ribassiste, con tutti che affermavano che la morte del dollaro fosse imminente. Ciononostante quella “frenesia di sventura” ha segnato il minimo del dollaro prima di un robusto rally. Potremmo prepararci per un altro simile per due motivi.

In primo luogo, dal punto di vista tecnico, la vendita del dollaro è diventata piuttosto estrema. Utilizzando i dati settimanali, esso è ora ipervenduto su base del momentum, come lo era all'inizio del 2021 e alla fine del 2018. Queste precedenti condizioni di ipervenduto lo prepararono a un forte rally in controtendenza.

Inoltre tutti, dal “lustrascarpe” al venditore ambulante, stanno vendendo allo scoperto il dollaro. Secondo il sondaggio dei gestori di fondi di BofA, la posizione short contro il dollaro è al livello più alto degli ultimi 20 anni. Pertanto qualsiasi inversione di tendenza del dollaro potrebbe essere sostanziale se questi “short” fossero costretti a invertire le loro posizioni.

La domanda è: cosa deve cambiare per un'inversione di tendenza del dollaro? Questo ci porta alla seconda ragione per cui potrebbe riprendersi: i tagli dei tassi della BCE.

In quanto valuta di riserva, le nazioni straniere detengono riserve in dollari per facilitare gli scambi commerciali. Se è troppo debole, o troppo forte, rispetto a un'altra valuta, può avere un impatto negativo sull'economia di quella nazione. Pertanto quando il dollaro si allontana troppo da un'altra valuta, quel Paese può intervenire per stabilizzare la propria di valuta. Tale intervento si ottiene aumentando, o diminuendo, le riserve in dollari. Può farlo acquistando, o vendendo, titoli del Tesoro statunitensi, oro, o altri asset denominati in dollari. Nella maggior parte dei casi si tratta di titoli del Tesoro statunitensi, o di oro.

La BCE ha tagliato i tassi in modo aggressivo, otto volte nell'ultimo ciclo, mentre la Federal Reserve statunitense ha mantenuto la sua politica monetaria pressoché invariata. Il risultato è una divergenza che si sta sviluppando tra i rendimenti dei titoli del Tesoro statunitensi e, ad esempio, quelli tedeschi.

Ci sono tre motivi principali per cui è fondamentale che gli investitori comprendano questo aspetto.

  1. Rendimenti più elevati attraggono afflussi di capitali – Storicamente l'aumento dei rendimenti dei titoli del Tesoro statunitensi ha attratto investimenti esteri grazie ai rendimenti più elevati rispetto alle obbligazioni di altre principali economie. Ad esempio, i rendimenti dei decennali americani sono saliti dal 3,65% a settembre 2024 al 4,8% all'inizio del 2025; i rendimenti obbligazionari europei (ad esempio, i decennali tedeschi) sono rimasti bassi a causa dell'allentamento monetario della BCE. Questo differenziale di rendimento incentiva gli investitori esteri, comprese le banche centrali e gli investitori istituzionali, ad acquistare titoli del Tesoro americani. Tale acquisto aumenta la domanda di dollari e ne sostiene l'apprezzamento.

  2. I titoli del Tesoro come riserva privilegiata rispetto alle riserve monetarie – Come accennato in precedenza, i titoli del Tesoro statunitensi costituiscono la spina dorsale delle riserve monetarie mondiali. Rendimenti più elevati offrono ai gestori delle riserve rendimenti migliori senza sacrificare la sicurezza, a differenza di asset più rischiosi come azioni o obbligazioni dei mercati emergenti. Ad esempio, la domanda estera di titoli del Tesoro americani è rimasta stabile nonostante i tagli dei tassi della BCE. Questa domanda sostiene il dollaro, poiché le banche centrali devono acquistarlo per acquistare poi titoli del Tesoro americani, rafforzandone lo status di valuta di riserva.

  3. Apprezzamento del dollaro guidato dai differenziali di rendimento – La divergenza nella politica monetaria, la posizione più accomodante della BCE rispetto a quella della FED, ha ampliato il divario dei tassi di interesse, favorendo il dollaro. I rendimenti statunitensi più elevati, in particolare sui decennali (4,4-4,8% all'inizio del 2025), contrastano con i rendimenti europei più bassi, che potrebbero stimolare flussi di capitali verso gli Stati Uniti. La domanda per i rendimenti è in linea con i modelli storici in cui i tassi statunitensi più elevati sostengono il DXY, come si è visto durante il periodo post-elettorale del 2016, quando l'ottimismo fiscale ha spinto i rendimenti e il dollaro al rialzo. Nonostante la volatilità legata ai dazi, il recente apprezzamento del dollaro suggerisce che i differenziali di rendimento siano un supporto chiave.

Il punto cruciale è che questa sarebbe una situazione interessante per stati, fondi comuni di investimento e investitori esteri. Poiché gli afflussi esteri vengono inizialmente utilizzati per catturare rendimenti obbligazionari più elevati, gli investitori beneficiano anche di un duplice vantaggio: guadagni monetari e prezzi obbligazionari più elevati (rendimenti più bassi).

Tuttavia la narrazione della morte del dollaro persiste a causa delle recenti tendenze di disaccoppiamento. I rendimenti sono aumentati con l'indebolimento del dollaro all'inizio del 2025, trainato dalle preoccupazioni fiscali e dall'incertezza sui dazi. Queste recenti preoccupazioni passeranno, ma il ruolo del dollaro come valuta di riserva per il commercio mondiale no.


Affrontare la narrativa della morte del dollaro e le implicazioni economiche

La narrazione della fine del dollaro nasce spesso da preoccupazioni sul debito statunitense, l'inflazione, i dazi, o l'uso geopolitico del dollaro come arma (ad esempio, sanzioni). Questi rischi esistono, ma l'impatto a breve termine viene sopravvalutato. La perdita dello status di riserva potrebbe aumentare i costi di indebitamento degli Stati Uniti, alimentare l'inflazione attraverso importazioni più costose e ridurre l'influenza geopolitica. Tuttavia la portata dell'economia statunitense, la sua forza militare e la sua stabilità istituzionale rendono improbabile la fine del dollaro senza un evento sismico mondiale (ad esempio, la perdita di una guerra importante come quella della Repubblica di Weimar). Nonostante un graduale declino, il dollaro probabilmente rimarrebbe una valuta leader insieme ad altre e non scomparirebbe del tutto.

Questa narrazione viene spesso amplificata su piattaforme e organi di stampa che fanno affidamento su “tesi ribassiste” per ottenere clic e visualizzazioni. Sebbene alcuni post esagerino la “morte del dollaro” per promuovere alternative come l'oro o le crittovalute, queste tesi sono spesso fuorvianti. Economisti come Barry Eichengreen e James Lord di Morgan Stanley sostengono che la morte del dollaro sia “notevolmente esagerata”, citando il suo ruolo radicato e l'assenza di alternative valide, come discusso in precedenza. Certo, l'economia statunitense potrebbe affrontare le sfide di un dollaro più debole, ma un crollo devastante è improbabile grazie alla sua adattabilità e all'integrazione finanziaria globale.

In particolare, come discusso nell'articolo Le narrazioni cambiano, i mercati no, è essenziale guardare oltre le narrazioni per evitare i pregiudizi emotivi che influenzano i risultati dei nostri investimenti. Vale a dire:

Il bisogno di una narrazione è profondamente radicato nella nostra psicologia. Come creature che cercano schemi, bramiamo coerenza e prevedibilità. Il caos scatena l'ansia. Ci sembra pericoloso, incontrollabile e inquietante. Negli investimenti questa ansia è amplificata dall'impatto diretto sulla nostra ricchezza e sulla nostra sicurezza finanziaria. Ritroviamo una parvenza di controllo aggrappandoci alle narrazioni, per quanto tenue. Esse ci dicono perché le cose stanno accadendo e cosa potrebbe succedere dopo, il che placa la nostra naturale paura dell'incertezza.

Gli esseri umani sono programmati per dare priorità alle informazioni negative rispetto a quelle ottimistiche. Da una prospettiva evolutiva, questo pregiudizio è stato essenziale. I nostri antenati hanno imparato a riconoscere le minacce (come i predatori) per sopravvivere.

Questo istinto, noto come “bias della negatività”, influenza il modo in cui elaboriamo le informazioni, comprese le notizie finanziarie e le narrazioni di mercato. Ecco perché  podcast e articoli con un orientamento “ribassista” generano il maggior numero di clic e visualizzazioni.

• La paura è un fattore motivante più forte dell'avidità: mentre la speranza di fare soldi spinge gli investitori, la paura di perderli è più potente.

• Le previsioni ribassiste sembrano più “razionali”: il pessimismo spesso trasmette maggiore sicurezza e prudenza. In periodi di volatilità dei mercati, una previsione ribassista può sembrare più analitica e responsabile.

• I media amplificano i titoli negativi: le testate giornalistiche sanno che la paura vende. Titoli sensazionalistici come “MERCATI IN TURBOLENZA” o “CRASH IN ARRIVO?” generano clic e coinvolgimento.

• Comportamento di gregge e camere di risonanza: gli investitori si affidano a opinioni ribassiste per ottenere conferme quando i mercati sono instabili. Se altri sono cauti o timorosi, questo  rafforza l'idea che una recessione sia imminente. Questo vale anche se i fondamentali sottostanti rimangono solidi. I social media e le notizie finanziarie creano camere di risonanza che amplificano questi timori.

La cosa più importante per gli investitori è che il mercato assorbe tutte le narrazioni negative dei media nel lungo termine. La recente raffica di narrazioni su debiti, deficit, dazi e “morte del dollaro” alimenta il vostro pregiudizio negativo. Tuttavia allargando lo sguardo, gli investitori che si sono tenuti lontani dai mercati finanziari per “evitare la perdita” di potenziali esiti negativi hanno pagato un caro prezzo in termini di riduzione della ricchezza finanziaria.

In altre parole, c'è sempre una “ragione” per non investire. Tuttavia la narrativa attuale cambierà, ma il mercato no.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Cronocidio: come la tecnocrazia sta cancellando il passato, il presente e il futuro

Mar, 30/09/2025 - 10:10

A proposito di “buco della memoria”, questo libro è uno dei tanti dimenticati dalla storia (o volutamente fatti sparire dal radar pubblico) che disegnano meglio la mappa di come “tutte le strade conducono a Londra”. Uno degli aspetti principali discussi è la nascita dei cosiddetti Board of Trade negli Stati Uniti, quelli che oggi sono i mercati dei futures. Quando ne veniva creato uno, ad esempio sul mais, sul frumento, sul grano, ecc., finivano sempre per distruggere gli agricoltori. Inizialmente avrebbero emesso un sacco di credito nei confronti degli agricoltori, questi ultimi avrebbero creato fattorie sulle loro terre, coltivato i campi, curato i raccolti e infine avrebbero portato i prodotti risultanti nei mercati diretti dai Board of Trade. Essi si sarebbero arrogati il diritto di regolamentare i mercati, saldare  gli scambi, stipulare i termini dei contratti. Il libro ci mostra come questo “diritto” di regolamentazione si sarebbe sempre concluso con la depressione dei prezzi agricoli, la bancarotta degli agricoltori e l'acquisizione di tutti gli asset liquidati per saldare i loro debiti. La fonte dei capitali dati in prestito? La City di Londra. L'evoluzione dei futures altro non è che la finanziarizzazione selvaggia delle commodity che negli ultimi 50 anni non hanno fatto altro che scendere rispetto a una valuta fiat che invece s'è deprezzata costantemente. Il ciclo di manipolazione unidirezionale è stato interrotto 3 anni fa con l'emancipazione della FED dalla cosiddetta “coordinated central banks policy”. Ecco perché, ad esempio, la LBMA viene drenata di oro dai suoi caveau. La cavalcata dei prezzi dei metalli preziosi segna una nuova era per le commodity, sostituendo la mano onnipresente dalla City di Londra con qualcosa di più sostenibile e in linea con la realtà. Poi se ci aggiungete quanto leggerete nella traduzione di oggi, diventa più comprensibile il motivo per cui i globalisti, i vecchi colonialisti inglesi-olandesi, insomma coloro che possiamo annoverare nella cricca di Davos, devono essere fermati e i loro piani smantellati.

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di Niall McCrae

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/cronocidio-come-la-tecnocrazia-sta)

Il passato è un altro Paese, secondo la frase iniziale di L. P. Hartley in The Go-Between. Oggi potremmo dire lo stesso del presente, con il ritmo accelerato del cambiamento tecnologico e demografico.

Per quanto riguarda il futuro, quale fiducia e certezza possiamo avere per i nostri figli e nipoti?

I Paesi potrebbero non esistere più in alcuna forma riconoscibile mentre un nuovo ordine mondiale si consolida, ma non sono solo i confini a essere smantellati. Quando Francis Fukuyama dichiarò la “fine della storia” con la caduta del comunismo, forse stava inavvertitamente preparando il terreno per l'impatto più drammatico dei globalisti sull'umanità: la cancellazione del tempo. Come ammonisce David Fleming, la cui filosofia del continuismo offre una logica unificante per preservare l'umanità dall'assalto tecnocratico, il “cronocidio” è una strategia.

In quanto animali sociali, gli esseri umani creano la società. Nel corso delle generazioni ogni comunità stabilisce e mantiene i propri costumi, credenze, ruoli e relazioni. Mentre gli umanisti ideologicamente progressisti sottolineano che abbiamo più cose in comune delle nostre differenze di razza, religione o regione, una persona di una cultura non può trasferirsi in un luogo di cultura diversa e aspettarsi che la vita continui normalmente.

La componente cruciale della società è il tempo, misurato in vite vissute. Infatti esseri umani + tempo = cultura.

In questa equazione fattori importanti possono essere inclusi in qualità di natura o cultura nel complesso umano-temporale, come il territorio, le risorse, il clima, il commercio, i conflitti e la tecnologia. Ogni società scrive e cura la propria storia.

Nei classici romanzi distopici 1984 e Il mondo nuovo, il passato viene cancellato intenzionalmente. Il compito di Winston è quello di rivedere la documentazione degli eventi per adattarla alla narrazione attuale, in continua evoluzione. Nel futurismo di Aldous Huxley, i bambini nascono grazie a una macchina e l'idea di una donna che partorisce è inquietante.

Come i marxisti della Scuola di Francoforte compresero negli anni '20, e come sa ogni consulente aziendale, nulla cambia veramente se non cambia la cultura (e questo anche Gramsci lo sapeva, ndT). I legami sociali e le tradizioni sono baluardi contro i piani radicali imposti dall'alto. Linee di politica frammentarie e incrementali sono inclini a retrocedere di fronte alle norme, ma ristrutturazioni radicali o altri shock al sistema rompono i legami sociali e infrangono la stabilità. Quanto più drammatico e improvviso è il cambiamento, tanto più facilmente si supera la resistenza.

Il cosiddetto Anno Zero cancella completamente la storia della nostra umanità. Per dittatori intransigenti come Pol Pot in Cambogia, questo era un mezzo necessario per spostare il popolo da un'esistenza agraria a un ordine comunista. Chiunque custodisse reliquie o atteggiamenti del passato veniva sterminato; mentre agli scolari viene insegnato (acriticamente) l'Olocausto, non sono informati sul trauma della collettivizzazione estrema.

Il cronocidio è il deliberato taglio e incendio di ogni cosa nella nostra cultura: sia il fusto e i rami visibili sopra il terreno, sia le radici sottostanti. Siamo privati della nostra continuità come famiglie e fratellanza, perché tali legami umani sono un ostacolo alla missione tecnocratica. Una società atomizzata sta letteralmente prendendo forma nei seguenti modi:

  1. È in corso una guerra orwelliana all'informazione contro la gente comune. I fatti derivati dall'esperienza, dal buon senso o dal pensiero critico diventano “disinformazione” o “odio”. La conoscenza tramandata di generazione in generazione viene denigrata come un mito antiscientifico o un pregiudizio proveniente da un passato intollerante. I giovani, i più colpiti dalla propaganda, sono incoraggiati a rifiutare verità consolidate.

  2. Le operazioni di psicologia comportamentale condotte dallo stato (“psy-ops”) confondono e spaventano le persone, allontanandole da conoscenze e comprensioni consolidate. Collocare la popolazione in un territorio inesplorato, come nella pseudo-pandemia di Covid-19, la pone alla mercé dei poteri forti. Un contagio mortale a livello mondiale non potrebbe essere ricordato da nessuna persona vivente, come lo fu l'epidemia di influenza spagnola oltre cento anni fa. In caso di emergenza, le autorità prendono il controllo e la vita non è più la stessa.

  3. Il “safety-critical” soffoca la cultura, sostituendo le festività intrise di tradizione con eventi organizzati. Le notti dei falò vengono annullate in caso di vento, le feste di Paese vengono interrotte se c'è il rischio che qualcuno abbia una reazione allergica alla marmellata fatta in casa e giochi per bambini energici come il “British Bulldog” vengono banditi dai cortili delle scuole. Il settore assicurativo, attraverso gli elevati costi di copertura, contribuisce a limitare le attività che scontentano le autorità.

  4. L'architettura disumanizzante prolifera lungo lo skyline. Su una scala molto più grande rispetto all'ingegneria sociale degli anni '60, quando ampie fasce di case a schiera furono sostituite da blocchi di cemento e le comunità si trasferirono in massa in nuove città, l'edilizia è in continua crescita. Il paesaggio fisico può conservare i resti del passato, ma chiese, banche e pub hanno chiuso e le vie principali sono in una desolazione strisciante. Le lezioni del recente passato sui problemi della vita nei grattacieli sono state dimenticate. Si stanno sviluppando città intelligenti, con foreste di condomini in acciaio e vetro.

  5. L'espropriazione delle proprietà e dei beni delle persone sta trasferendo tutta la ricchezza all'élite. Il World Economic Forum ci dice che “non possederete nulla e sarete felici”, ma qualcuno deve possedere il capitale. L'eredità generazionale finirà, come dimostra l'esorbitante tassa sulle aziende agricole rimaste di proprietà familiare per secoli, costringendo i proprietari terrieri a vendere.

  6. La migrazione di massa ha portato molte persone del Paese ospitante a sentirsi emarginate e alienate. Nonostante i luoghi comuni sul multiculturalismo, la coesione sociale è diminuita poiché l'identità e la lealtà dei nuovi arrivati sono legate ai loro parenti e amici, con scarso senso di appartenenza comune. Questo è ciò che vogliono i nostri governanti. I cosmopoliti senza radici (gli “Ovunque” descritti da David Goodhart) preferiscono sempre le cose straniere o esotiche al prevedibile e familiare, ma ora la gente della contea e la classe operaia indigena (i “Qualchedove”) si trovano in un “Niente” senza tempo.

  7. Il rapido sviluppo tecnologico sta spostando le persone dalla realtà fisica a quella virtuale. Mentre il presente sta cambiando in modo più visibile nella trasformazione demografica, il futuro prossimo rappresenta una minaccia esistenziale per l'umanità, facendo sembrare le tensioni interculturali come un picnic al parco. Il futuro, se i tecnocrati avranno la meglio, è il transumanesimo.

La Convenzione delle Nazioni Unite per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (1948) lo definisce come l'uccisione di un gruppo nazionale, etnico, razziale, o religioso. Ma esiste anche il concetto di genocidio culturale, elaborato da Raphael Lemkin, che implica la “distruzione sistematica e organizzata del patrimonio culturale”.

Una cultura può essere spazzata via senza sparare un colpo. I tecnocrati hanno giocato una partita a lungo termine, preparandosi per un futuro post-culturale e post-temporale. Il cronocidio è un crimine contro l'umanità.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Il miracolo economico di Milei: come l'Argentina ha ridotto l'inflazione all'1,5%

Lun, 29/09/2025 - 10:05

Gli Stati Uniti hanno poco da apprendere dall'Argentina, dato che, ritengo, siano loro che abbiano facilitato l'ascesa di Milei e abbiano reso l'Argentina un laboratorio con cui sperimentare tutte le misure che in seguito avrebbero dovuto essere implementate per risanare/riorganizzare la nazione. L'ennesima prova di questa volontà è stata manifestata in un recente discorso del vice-capo della Federal Reserve, Michelle Bowman, riguardo le crittovalute. Bitcoin è nato in un momento storico in cui la FED stava uccidendo il dollaro: la politica monetaria coordinata con le altre banche centrali, i salvataggi a profusione, lo scandalo del LIBOR, ecc. Questa deriva va indietro fino al 1935, quando il National Banking Act creò la Federal Reserve come la conosciamo oggi: un singolo tasso di riferimento non più quelli regionali, possibilità di intervenire nel mercato dei titoli sovrani piuttosto che solo nel commercial paper market, ecc. Attenzione, questa non è una difesa della FED: per quanto la perversione di questa istituzione sia diventata sempre più marcata nel tempo, la sua natura rimane pur sempre distorsiva. Oltre al fatto che il sistema bancario centrale è una creatura del demonio partorita dagli araldi sulla Terra di quest'ultimo: gli inglesi, infatti Woodrow Wilson era un globalista e la nascita della FED avvenne sotto la sua supervisione. Inizialmente la FED era “innocua” dato che la sua attenzione era esclusivamente per il commercial paper market, una peculiarità tuttora degli Stati Uniti. Roosevelt cambiò tutto questo e la rese a tutti gli effetti una succursale della Banca d'Inghilterra. Quello che vediamo oggi, invece, da parte dell'amministrazione Trump, da parte di Bessent in particolare, dall'approvazione di leggi come il GENIUS Act e lo STABLE Act, è una volontà di far ritornare la Federal Reserve a quello che era prima del 1935. Meglio un assetto del genere che quello attuale. Non solo, anche con il potere di regolare il mercato del dollaro offshore e l'accesso allo stesso: ci sarà un mercato del dollaro onshore e offshore che sarà determinato solo dalla FED (con il LIBOR era determinato a livello internazionale). Il Dipartimento del Tesoro si occuperà del mercato obbligazionario e della regolamentazione bancaria (chi si opporrà nel FOMC saranno quei membri, come la Cook, che fanno gli interessi dei globalisti e non degli USA). Questo processo è in moto sin dal 2017, quando Powell è diventato presidente della FED e, insieme a John Williams, ha gettato le basi del SOFR che sarebbe entrato in vigore 5 anni più tardi. Motivo per cui Biden e Obama hanno combattuto con unghie e denti affinché non venisse riconfermato per il secondo mandato. Stessa ragione per cui entrambi hanno implementato l'Operazione Chokepoint 2.0 per fermare l'integrazione di Bitcoin nell'economia statunitense e quindi ricapitalizzarla. Il processo di pulizia, guarigione e riorganizzazione dell'economia americana è appena iniziato ed è incoraggiante vederlo svolgersi.

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di Emmanuel Rincon

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-miracolo-economico-di-milei-come)

Nel novembre 2023 l'Argentina si trovava ad affrontare un tasso di inflazione sbalorditivo del 211,4% e un tasso di povertà del 41,7%, il quale colpiva 19,5 milioni di persone e vivevano al di sotto della soglia di povertà. Il Paese si stava preparando alle elezioni con due candidati completamente diversi: Sergio Massa, un peronista della coalizione di governo che aveva dominato la politica argentina per gran parte del XXI secolo (a eccezione del mandato di Mauricio Macri), e Javier Milei, un outsider libertario che aveva guadagnato fama grazie alle sue apparizioni televisive in cui denunciava il socialismo e predicava l'economia di libero mercato in una nazione immersa nell'ideologia statalista.

L'idea che Milei potesse vincere sembrava quasi utopica. Si trovava di fronte non solo a quella che lui stesso definiva una “società malata di socialismo”, ma anche a una macchina politica peronista ben oliata e decennale, determinata a restare aggrappata al potere. Con un partito appena formato e nessuna esperienza politica, Milei era in netto svantaggio. A peggiorare le cose, nei mesi precedenti le elezioni, Sergio Massa, allora Ministro dell'Economia, adottò diverse tattiche per frenare lo slancio libertario di Milei. Quest'ultimo accusò Massa di aver finanziato la sua campagna attraverso una stampa incontrollata di moneta, cosa che alimentò l'inflazione (140% annuo nell'ottobre 2023) e una svalutazione del pèso del 50% nell'agosto 2023. Queste misure davano chiaramente priorità agli intrighi elettorali di breve termine rispetto alla stabilità economica dell'Argentina, un pesante fardello che Milei avrebbe ereditato.

Quando Javier Milei è stato dichiarato vincitore con un margine di oltre 10 punti, lo shock è stato immenso. La gioia era grande, ma Milei ha ereditato anche una sfida colossale, come ha dichiarato nel suo primo discorso alla nazione: “Non ci sono soldi”.


Cosa dicevano gli “esperti”

L'8 novembre 2023, pochi giorni prima delle elezioni, il Guardian pubblicò un articolo su una lettera firmata da oltre 100 economisti, tra cui Thomas Piketty, Jayati Ghosh e Branko Milanovic. Avvertivano che l'elezione di Milei avrebbe portato “devastazione” in Argentina, sollecitando il sostegno proprio ai leader che avevano portato l'inflazione oltre il 200%. Stabilizzare una nazione con gli indicatori economici dell'Argentina sembrava non solo scoraggiante, ma quasi impossibile nel breve termine. Eppure, appena un anno e mezzo dopo l'insediamento di Milei, l'unica cosa “devastata” era la fosca previsione di quegli oltre 100 esperti.


Il miracolo economico

“Non ci sono soldi”, ripeteva Milei senza sosta, e gli argentini hanno capito. Il giorno del suo insediamento hanno acclamato un leader che, invece di promettere che lo stato avrebbe risolto tutti i loro problemi, ha promesso di toglierglielo di torno. Ha esortato i cittadini a stringere la cinghia e a risparmiare risorse per ricostruire la nazione.

Il primo passo di Milei è stato il pareggio di bilancio. Attraverso un aggressivo programma di tagli alla spesa pubblica, l'eliminazione della burocrazia e la riduzione dei posti di lavoro nel settore pubblico, ha cancellato l'enorme deficit fiscale dell'Argentina, aprendo la strada a una storica ripresa economica. Sotto la sua guida, l'Argentina ha iniziato a domare l'inflazione con una rara disciplina fiscale, non solo a livello regionale ma generale. Gli ultimi dati sono sorprendenti: a maggio 2025 l'indice dei prezzi al consumo è aumentato solo dell'1,5%, il livello più basso degli ultimi cinque anni. Milei ha raggiunto questo obiettivo senza controlli sui prezzi, ma liberalizzando l'economia, promuovendo la fiducia del mercato e rallentando l'inflazione. Quest'ultima è scesa, a livello annuo, dal 211,4% nel 2023 al 43,5% a metà del 2025. I prezzi all'ingrosso sono addirittura scesi dello 0,3% a maggio, il dato migliore degli ultimi 17 anni. Anche la povertà è diminuita drasticamente, passando dal 52,9% nella prima metà del 2024 al 38,1% nella seconda, e l'UNICEF ha rilevato che 1,7 milioni di bambini sono usciti dalla povertà da quando Milei ha assunto l'incarico.

Questi risultati non sono stati casuali. Sono il frutto di una strategia chiara: equilibrio di bilancio, riduzione della spesa pubblica, fine dell'espansione monetaria come strumento di finanziamento e deregolamentazione economica. Il risultato? Maggiore stabilità, aumento della domanda dei pèso, calo dell'inflazione e ripresa dell'occupazione e del potere d'acquisto.


Cosa possono imparare gli altri dal governo di Milei?

Durante la recente campagna presidenziale degli Stati Uniti tra il presidente Trump e l'allora vicepresidente Kamala Harris, le visioni economiche dei candidati non avrebbero potuto essere più diverse. I repubblicani, come storicamente fanno, hanno chiesto l'equilibrio di bilancio, la riduzione della spesa pubblica e il rilancio dell'economia attraverso investimenti privati. Trump si è persino appoggiato al miliardario Elon Musk, che ha promesso di creare un'istituzione “DOGE” per eliminare la burocrazia e ridurre la spesa pubblica. Così come l'Argentina l'economia statunitense ha bisogno di soluzioni concrete: tagliare la spesa pubblica, tagliare le tasse, ridurre la burocrazia e deregolamentare. Se Milei è riuscito a implementare un efficace programma di stabilizzazione in Argentina – con un settore privato molto più debole e condizioni infinitamente peggiori – non c'è motivo per cui Trump non possa fare lo stesso. Tutto ciò che serve è la volontà politica.

L'Argentina potrebbe essere un modello, non solo per gli Stati Uniti, ma per tutte le economie del primo mondo, trascinate a picco da decenni di politiche keynesiane che ne hanno lentamente avvelenato i sistemi. Milei ha indicato la strada e ha dimostrato che è possibile. Cosa aspettano gli altri?


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Dove mettere i propri soldi?

Ven, 26/09/2025 - 10:02

 

 

di Francesco Simoncelli

(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/dove-mettere-i-propri-soldi)

Oggi ci prendiamo una pausa dalle solite analisi macroeconomiche e geopolitiche per concentrarci su qualcosa di specifico: cosa fare con i propri soldi ora.

Nel mondo degli asset fisici la preferenza dovrebbero sempre averla terreni o aziende private, ma non si può acquistare nessuna delle due a caso. Bisogna avere una ragione, un piano, uno scopo, un modo per gestirle e farle fruttare. E poiché tempo ed energie sono limitati e l'attenzione è costantemente impegnata altrove, spesso non è possibile farlo. Un'azienda è la soluzione migliore. Esse, sia private che pubbliche (quelle quotate in borsa), sono dove si trovano i veri soldi. Potete tenere un'oncia d'oro o un bitcoin da qui all'eternità; avrete sempre solo un'oncia d'oro o un bitcoin.

Una casa è molto peggio. Per avere ancora una casa tra 20, 50, o 100 anni, dovete mantenerla in buone condizioni: assicurazione, tasse, tetto nuovo, moquette nuova, ecc. Rappresenta un posto dove vivere, non un investimento.

Le aziende vi danno qualcosa in più. Combinano lavoro, competenza, fortuna e risorse – tutte cose che hanno un costo – e offrono un prodotto, o un servizio, che vale più degli ingredienti che lo compongono. Questo è il profitto, il quale è al centro del capitalismo e del progresso materiale. È anche il modo in cui la maggior parte delle persone si arricchisce. Immergono i loro bicchieri in quel flusso di profitti e riempiono le proprie riserve di ricchezza. A questo proposito, le aziende private sono molto meglio delle aziende pubbliche: si può godere personalmente del reddito, dei benefit aziendali e delle detrazioni fiscali.

Le aziende grandi, sia private che pubbliche, raramente sono redditizie per gli investitori esterni: invece di ottenerne il 100% degli utili, si è fortunati se si ottiene un rendimento da dividendi del 3%. E forse il titolo salirà... o forse no. In una grande azienda è molto difficile contenere i costi e ai vertici la tentazione di spendere soldi per costruire imperi, nuove tecnologie, dipendenti superflui, incentivi, pensioni, acquisizioni, sedi centrali di lusso, jet aziendali e così via è opprimente. Ci sono anche gli inevitabili costi legali, contabili e delle pubbliche relazioni derivanti dall'essere quotati in borsa. A meno che il management non sia diligente e determinato, i costi aumenteranno per raggiungere il livello di reddito (o superarlo!) indicato dalle normative e i dipendenti avranno sempre una scusa per scioperare.

Tuttavia Archer Daniels Midland avrebbe trasformato un investimento da $1 nel 1925 in oltre $50.000 oggi e John Deere avrebbe tirato fuori più di $70.000 con un investimento da $1. Ciononostante una serie di professori di finanza dell'Arizona ha concluso che oltre il 50% delle azioni “ha avuto rendimenti cumulativi negativi” nel lungo periodo e gli studi dimostrano che pochissime aziende producono effettivamente guadagni che cambiano la vita degli investitori esterni. Oltre il 50% delle azioni perde denaro; meno del 4% è responsabile di tutti i guadagni delle azioni nel lungo periodo. Questa distribuzione asimmetrica dei rendimenti è nota come “asimmetria positiva”, in cui pochi titoli vincenti superano la media mentre la stragrande maggioranza dei titoli ha rendimenti negativi.

È quasi miracoloso che qualcuno di loro emerga come vincitore. La riserva di capitale privato, gestita da professionisti seri, è ampia quanto l'Atlantico. Gli azionisti quotano le loro aziende solo perché credono che gli investitori amatoriali pagheranno di più rispetto ai professionisti, quindi le azioni vengono spesso acquistate a prezzi superiori al loro valore reale.

A Wall Street si dice che “si guadagna quando si compra”. Il problema è che si perde anche quando si compra... soprattutto quando si paga troppo.

Tuttavia le aziende che generano profitto e aumentano la ricchezza si trovano ora dove vogliamo davvero che siano. Il trucco è comprarle a prezzi ragionevoli e per questo cerchiamo situazioni eccezionali in cui ulteriori ricerche su un settore scarsamente analizzato scoprono rare opportunità. Oppure, più in generale, ci possiamo affidare al modello Dow/Oro per sapere quando le azioni, in generale, sono abbastanza convenienti da poter essere acquistate. Dal punto di vista dell'allocazione super prudente è stato possibile rimanere in disparte per quasi tre decenni, osservando il rapporto Dow/Oro scendere da oltre 40 a 12,5. In quel periodo ci si è persi la coda della bolla delle dot.com, la bolla immobiliare del 2007/2008 e l'ultima bolla speculativa dopo la corsa degli stimoli fiscali durante i lockdown. Le azioni sono schizzate in su, sono scese e sono risalite di nuovo. “Comprate i ribassi”, dicevano gli speculatori. Gli investitori del mercato azionario, che hanno resistito nel bene e nel male, ora hanno asset che valgono circa quattro volte di più rispetto a quando hanno iniziato (nel 2000).

Ciò che è realmente accaduto, ovviamente, è che le valute fiat sono scese. In termini di beni e servizi offerti, le società quotate in borsa non valgono molto di più di quanto valessero nel 2000. L'oro è ancora al numero 79 della tavola periodica e non è nemmeno salito di prezzo... è tutto il resto che è sceso. E dobbiamo aspettare ancora che il rapporto Dow/Oro scenda intorno ai cinque, o che il prezzo dell'oro raddoppi da qui in poi, o che le azioni calino... oppure che si incontrino da qualche parte nel mezzo. Aspettare non è molto eccitante, dopotutto avreste potuto comprare Nvidia! Ciononostante si è stati ben ripagati per l'attesa, quindi poco importa: l'oro è salito di circa 13 volte sin dal 2000, più di tre volte rispetto alle azioni, e del 180% da quando questo blog l'ha consigliato ai lettori.

Nel frattempo dove investire nuovi capitali? Le azioni sono così costose che è probabile che i guadagni siano limitati, o addirittura negativi, nei prossimi cinque anni. E l'oro è già salito da circa $270 a $3.650 oggi. Sarebbe ingratitudine aspettarsi di più?

Nel mondo finanziario la vicinanza è sinonimo di prosperità: più si conosce un'azienda, e più ci si è vicini, più è probabile che si guadagni. Ma queste opportunità non sono accessibili a tutti e non sono accessibili sempre a chiunque. La maggior parte di noi non ha un amico che lavora nel garage dei genitori e che sta costruendo qualcosa che chiama “personal computer”. Di conseguenza dobbiamo entrare nei mercati “pubblici” e prendere decisioni riguardo la cosiddetta “allocazione”. In altre parole, dobbiamo scegliere tra un'ampia categoria di investimenti a cui noi, come investitori, possiamo partecipare. Azioni? Obbligazioni? Oro? Materie prime? Immobili?

Una delle preferenze che dovrebbe spiccare è per i terreni agricoli. Ma, ancora una volta, bisogna sapere cosa si sta facendo ed essere pronti a gestirli in modo che siano redditizi. Non è facile! In Italia i terreni coltivabili si vendono in media a circa €20.000-25.000 l'ettaro (€1-4,5 il metro quadro). Gli affitti sono relativamente bassi, a quanto si dice tra i €170 e i €3000 l'ettaro l'anno, lasciando al proprietario un piccolo ritorno sul suo capitale. Per ottenere risultati migliori bisognerebbe dedicarsi all'agricoltura, un settore notoriamente a basso rendimento e ad alto rischio... e per i dilettanti, quasi sempre un modo per perdere denaro.

“È l'occhio del padrone che ingrassa il cavallo”, dicono gli allevatori. Che investa in società minerarie, Iofferte pubbliche iniziali, o terreni agricoli è l'investitore presente sul posto, che ha anni di esperienza, i cui occhi raramente si staccano dal campo di gioco, che avrà successo. L'agricoltura, forse più di altri settori, è un “gioco per perdenti”. I dilettanti perdono perché non sanno cosa stanno facendo, ma il modo per vincere in agricoltura è semplicemente non perdere. È un'attività in cui lampi di genio e idee “fuori dagli schemi” difficilmente danno i loro frutti. Ci sono pochi “successi al botteghino” nei campi di grano. L'agricoltore di successo è quello che rimane nei suoi schemi, si attiene a ciò che è già stato sperimentato e non commette errori. Si prende cura delle sue attrezzature; si alza presto per occuparsi dei raccolti; non è mai in ritardo di un giorno... e non ha mai un soldo in meno. Poi, se è fortunato, i prezzi dei suoi prodotti salgono, appena prima di venderli.

E gli immobili commerciali?

Negli ultimi cinque anni gli edifici si sono svuotati e ce ne sono ancora molti vuoti come il cappello di un mendicante. Gli immobili commerciali nella maggior parte delle città sono ancora a buon mercato. I proprietari se ne stanno lì – se possono permetterselo – e sperano che il mercato cambi, ma il valore degli edifici commerciali dipende dagli affitti e questi ultimi sono destinati a calare, forse in modo permanente. Anche gli immobili commerciali, come i terreni agricoli, sono una questione strettamente locale. Se riuscite a trovare un buon immobile, in buone condizioni, con un inquilino affidabile e un flusso di cassa decente – e potete tenerlo d'occhio – potrebbe essere un buon posto per i vostri soldi.

E i bond?

Beh, qui il discorso si fa interessante perché il panorama obbligazionario non è assolutamente tutto uguale. Da quando gli USA hanno iniziato ad aggiustare l'equazione monetaria/fiscale della nazione hanno mostrato quanto fossero disfunzionali tutte le altre economie. Questo ha inevitabilmente attratto i capitali negli Stati Uniti, perché i suoi mercati sono profondi e liquidi, e la sua infrastruttura finanziaria e legale è migliore insieme a una miriade di altre cose. Gli Stati Uniti, quindi, stanno aggiustando le cose in patria mentre l'UE sta raddoppiando gli sforzi sulla propria disfunzionalità perché è consapevole che non può percorrere lo stesso percorso intrapreso dagli USA. E questo è mostrato dal mercato obbligazionario e dai differenziali di rendimento dei titoli sovrani. Sono questi ultimi che contano, non tanto i valori assoluti dei titoli sovrani. La forchetta tra il trentennale americano e tedesco, ad esempio, ha continuato a chiudersi sempre di più negli ultimi mesi. Il differenziale tra gli USA e UK si sta espandendo, mentre quello tra USA e Germania si sta restringendo. Stesso discorso con quello francese. Indovinate quale invece sta andando contro corrente? Quello italiano. Per quanto paradossale possa sembrare, l'Italia sta diventando il “porto sicuro” in Europa grazie alla vicinanza con gli USA.

E tra tassi alti e dollaro debole, è solo una questione di tempo prima che questo processo porti suddette disfunzionalità europee a un livello critico da far affondare non solo i vari governi, ma soprattutto l'euro.

L'UE ha bisogno della guerra, sia ai risparmiatori che cinetica, per sopravvivere e coprire i propri “difetti di fabbrica” (emersi platealmente sin dalla crisi greca 15 anni fa). Se non ci sarà, e una dopo l'altra le tessere del domino europeo inizieranno a cadere, i fondi pensione saranno i primi a saltare. Quando nel 2014 la BCE ha avviato la NIRP ha praticamente prosciugato di equity banche e fondi pensione. Questi ultimi “sono costretti” a detenere bond sovrani europei per il 70% del loro bilancio. I tassi negativi hanno spazzati via i loro bilanci, letteralmente. Adesso si tratta di non far scappare i buoi dalla stalla prima che realizzino di essere loro a dover andare al macello. Tra l'altro dalla crisi greca nessuno ha imparato niente, nemmeno come funziona il sistema stesso dell'UE. Data la pletora di bond sovrani europei che le banche sono costrette a detenere, il contagio tra di esse è assicurato in caso di stress finanziario. E questo chiarisce ulteriormente il motivo per cui l'UE vuole la guerra, sia cinetica che ai risparmiatori, in modo da creare attraverso di essa l'utopia di un ente fiscale unico con cui emettere debito unico, schivando (temporaneamente) il proiettile d'argento della bancarotta.

Gli Stati Uniti devono ancora risolvere un sacco di problemi che sono piovuti loro addosso sin dal 2020 e non possono essere risolti durante un solo ciclo monetario. Infatti non è possibile sistemare i danni che sono stati causati durante “l'emergenza sanitaria” in un solo ciclo monetario. Il Paese si sta riorganizzando: sta cambiando il modo in cui si finanzia e il modo in cui la politica monetaria viene trasmessa all'economia più ampia. Tutti quegli strumenti che la FED ha impiegato dopo il 2008 (pronti contro termine inversi, ecc.) vengono smantellati. Ad esempio, a Jackson Hole Powell ha praticamente cestinato la regola del “2% d'inflazione come obiettivo” (flexible targeting). Quello che ha fatto finora è stato tenere i tassi alti e restringere il differenziale di debito degli USA rispetto a quello di tutti gli altri, mentre il resto del mondo ha tagliato insistentemente i tassi. Infatti  le altre economie del mondo sono in guai seri, peggiori di quelli degli USA.

Ciò che c'è ora è un ambiente inflazionistico per le commodity e deflazionistico per il credito. Questo è il tipo di stagflazione in essere, non il ciarpame come determinato dalla Phillips Curve. La liquidità sta scorrendo fuori dagli asset finanziari fino agli strati più bassi della piramide del capitale, laddove le supply chain ne hanno più bisogno per rimarginarsi. La base di suddetta piramide è caratterizzata dai fattori di produzione di grandezza inferiore (es. materie prime, ecc.), mentre l'apice è caratterizzata da fattori di produzione di ordine superiore (es. beni intermedi, semi-lavorati, fino ai beni di consumo finiti). Affinché i produttori si muovano dal basso verso l'alto nel modo più corretto possibile, ci deve essere una determinazione onesta del rischio e questo a sua volta significa tassi d'interesse che riflettono la condizione di credito reale dell'economia. I cicli si susseguono andando su e giù lungo la sopraccitata piramide. Un ambiente stagflazionistico significa che c'è troppo credito in giro e deve essere contratto (rallentamento dell'attività economica, riorganizzazione, disoccupazione, ecc.) in modo che si possa iniziare un nuovo ciclo.

Quello che finora ha fatto la FED è stato restringere quanto più possibile tutto quel credito che è stato creato in eccesso durante i lockdown. Ancora non ha terminato tale compito e non può terminarlo in un solo ciclo del credito senza “rompere” qualcosa. Ecco perché Powell ha tagliato i tassi nell'ultima riunione del FOMC (non necessariamente significa più denaro, bensì denaro che costa un po' di meno rispetto a ieri), in modo da aiutare le piccole/medie banche che hanno ancora grossi buchi nei loro bilanci. Questo, oltre alla dismissione della Supplemental Leverage Ratio, permetterà loro di far scorrere meglio il credito nel Paese per dare sollievo anche alle piccole/medie imprese, aiutate anche da un politica fiscale più lasca e una deregolamentazione (si spera) quanto più libera dalle intromissioni dei giudici. A proposito della prima, poi, ci sono due notizie che ne confermano la presenza: le aste per i titoli sovrani americani continuano a far segnare delle ottime sessioni, alla faccia degli “spacciatori di catastrofi” secondo cui questa estate avrebbe segnato un disastro per le finanze statunitensi (le ultime aste per i titoli a 3, 5, 20 e 30 anni sono andate alla grande, questo accade quando non si ha idea del processo in corso, o non la si vuole avere, e si commentano a sproposito i singoli fatti); diversamente da quello che avete ascoltato dai media generalisti, e che invece avete letto su queste pagine, la legge di bilancio non era affatto così terribile come veniva raffigurata PRIMA della sua approvazione... anzi...

Pessimo giorno per gli "smemorati". Dopo essersi strappati i capelli per la "catastrofe" del rollover del debito americano, si stracciavano le vesti per i deficit della BBB che avrebbero mandato in bancarotta il Paese. Indovinate un po'? La revisione del CBO segna un surplus. https://t.co/jSHk6JD1dM

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) September 18, 2025

Menzione finale per il comparto energetico. Fin dal 2020 abbiamo vissuto in un ambiente economico in cui la componente energetica ha trainato principalmente i prezzi al consumo (commodity push inflation), infatti i futures sulla benzina e l'indice dei prezzi al consumo a 4 mesi si muovevano in sincronia. Adesso qualcosa pare essere cambiato visto che i due stanno divergendo (soprattutto nell'ultima lettura dove i futures sopraccitati sono scesi, mentre l'IPC è salito). Ciò che è salito invece è l'elettricità e questo mi fa pensare che l'economia statunitense, in particolare, si sta spostando in un ambiente in cui i prezzi saranno determinati principalmente dall'energia elettrica (demand push inflation). In sintesi, fame di credito al consumo (e non più di natura finanziaria), spese in conto capitale e spinta industriale. Tutto ciò è una manna per commodities come argento e rame, ad esempio.

Per maggiori approfondimenti, dettagli e suggerimenti pratici su questi aspetti finora discussi, vi invito a usare il servizio di consulenza messo a disposizione dal blog usando l'app di prenotazione Calendly: https://calendly.com/fsimoncelli/consulenze


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Bitcoin apre la strada a una nuova era di libero mercato nel settore bancario

Gio, 25/09/2025 - 10:15

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Nick Giambruno

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/bitcoin-apre-la-strada-a-una-nuova)

Hal Finney è stato un pioniere dell'informatica, crittografo e un importante esponente del movimento cypherpunk, che ha svolto un ruolo cruciale nello sviluppo iniziale di Bitcoin.

È stato uno dei primi sostenitori, contributori e utilizzatori di Bitcoin.

In breve, Finney è stato un visionario che ha compreso il potenziale di Bitcoin prima di quasi tutti gli altri.

Nel dicembre 2010 Finney scrisse:

C'è un'ottima ragione per cui possano esistere banche che supportano Bitcoin, che emettono la propria valuta digitale convertibile in Bitcoin.

Esso di per sé non può scalare in modo tale che ogni singola transazione finanziaria nel mondo venga trasmessa a tutti e inclusa nella sua blockchain.

È necessario un secondo livello di sistemi di pagamento più leggero ed efficiente. Allo stesso modo il tempo necessario per la finalizzazione delle transazioni Bitcoin sarà impraticabile per acquisti di valore medio-alto.

Banche che supportano Bitcoin risolveranno questi problemi. Possono funzionare come facevano prima della nazionalizzazione della valuta. Diverse banche possono avere linee di politica diverse, alcune più aggressive, altre più conservative. Alcune saranno a riserva frazionaria, mentre altre potrebbero essere coperte al 100% da Bitcoin. I tassi di interesse possono variare; il denaro di alcune banche potrebbe essere scambiato a un prezzo scontato rispetto a quello di altre.

Credo che questo sarà il destino finale di Bitcoin: essere la “moneta ad alto potenziale” che funge da valuta di riserva per le banche che emettono la propria valuta digitale. La maggior parte delle transazioni Bitcoin avverrà tra banche, per regolare i saldi netti.

Le transazioni Bitcoin da parte di privati ​​saranno rare quanto... beh, quanto lo sono oggi gli acquisti con Bitcoin.

Il sistema bancario basato su Bitcoin riprende il concetto di “free banking” e apporta enormi miglioramenti.

L'era del free banking negli Stati Uniti durò dagli anni '30 del XIX secolo ai primi anni '60 dello stesso secolo. Era caratterizzata da regolamentazioni minime e dall'assenza di una banca centrale.

Alle banche era consentito emettere le proprie valute, note come banconote, che circolavano come denaro. Queste banconote dovevano essere rimborsabili su richiesta in cambio delle riserve auree, o argentee, che rappresentavano.

Il valore di queste banconote oscillava in base alla solvibilità percepita della banca che le emetteva e alla distanza dalla banca stessa, poiché le persone erano meno disposte ad accettare banconote da banche lontane o sconosciute.

Analogamente le banche che supportano Bitcoin li detengono come riserva ed emettono banconote digitali eCash rimborsabili in Bitcoin (on-chain o sulla rete Lightning) in qualsiasi momento e su richiesta. Queste banconote eCash sono come versioni digitali delle banconote con copertura aurea dell'era del free banking, ma con diversi miglioramenti.

Il modo migliore per pensare alle banche che supportano Bitcoin è come un aggiornamento dei modelli bancari esistenti.

Di seguito sono riportati alcuni vantaggi.

• Transazioni private

• Fungibilità tra diverse banconote eCash

• Poche barriere all'ingresso

• Riduzione al minimo della fiducia in terze parti

• Costi di cambio bassi

• Comodo e facile da usare

• Riscattabile in qualsiasi momento

• Backup e recupero dei fondi

Innanzitutto dobbiamo comprendere la struttura di base di come potrebbe funzionare una banca che supporta Bitcoin.

È probabile che assumano la forma di una federazione.

Questo modello riduce la fiducia in terze parti distribuendo il controllo su un gruppo di persone o entità. Questo gruppo federato emette, verifica, trasferisce e amministra le banconote digitali, ma solo se c'è consenso tra i membri della federazione per intraprendere queste azioni.

L'idea principale di una federazione è che si riduce la quantità di fiducia in terze parti necessaria per gestire un sistema distribuendone il controllo.

La federazione conserva le sue riserve di Bitcoin in un wallet multisig, un tipo speciale di wallet che richiede l'autorizzazione di più persone per spenderne i fondi. Immaginatelo come una cassaforte che richiede più chiavi per essere aperta.

Probabilmente ci saranno un'ampia varietà di federazioni bancarie Bitcoin. Alcune saranno piccole e focalizzate sulle comunità locali, mentre altre saranno grandi e orientate a fornire operazioni su scala commerciale.

Naturalmente qualsiasi sistema che si basa sulla fiducia o su terze parti presenta dei rischi.

Anche le banche che supportano Bitcoin presentano dei rischi, ma il punto principale è che li riducono significativamente rispetto ai sistemi centralizzati. In particolare bisogna avere fiducia che i membri della federazione non raggiungano un quorum di maggioranza per rubare i bitcoin detenuti nel wallet multisig che garantisce i depositi dei clienti, o per svalutare le loro banconote eCash. Discuterò di questi e altri rischi più avanti.

Ecco come funziona.

Chi desidera ottenere banconote eCash deve prima scaricare il software per interagire con la banca che supporta Bitcoin. Poi invia i bitcoin (on-chain o con Lightning) alla banca federata e riceve in cambio banconote eCash.

Con una banca federata che supporta Bitcoin, si può anche vendere qualcosa e ricevere banconote eCash nel proprio wallet. Potreste anche guadagnare banconote eCash dal vostro datore di lavoro quando depositate lo stipendio, proprio come avviene oggi con un conto bancario tradizionale.

Le federazioni bancarie che supportano Bitcoin sono progettate per essere interoperabili con Lightning Network, una rete aperta peer-to-peer basata su Bitcoin che consente transazioni quasi istantanee e commissioni praticamente pari a zero. Potete utilizzare le banconote eCash ovunque sia accettato Lightning.

Con le federazioni bancarie Bitcoin, potete prelevare su un'altra federazione o sul vostro wallet Bitcoin (on-chain o Lightning) in qualsiasi momento e su richiesta.

A differenza dei wallet self-custody, le federazioni bancarie Bitcoin possono aiutare gli utenti a recuperare i propri fondi se perdono l'accesso ai propri wallet.

Supponiamo che vogliate spendere i vostri eCash con un commerciante di una federazione bancaria Bitcoin diversa. È qui che entrano in gioco i Lightning Gatewaymarket maker che forniscono liquidità tra Bitcoin (on-chain e su Lightning) e varie banconote eCash emesse da diverse federazioni bancarie a fronte di una piccola commissione.

Quando inviate un pagamento eCash a un commerciante di una federazione bancaria diversa, inviate l'eCash a un Lightning Gateway, che a sua volta lo invierà al commerciante giusto. Oppure supponiamo che il Lightning Gateway non abbia liquidità nelle banconote eCash del commerciante. In tal caso troverà un altro Lightning Gateway che ce l'abbia, invierà a quel Lightning Gateway un pagamento e il secondo Lightning Gateway lo inoltrerà al commerciante giusto.

In breve, i Lightning Gateway forniranno liquidità che aumenta la fungibilità tra numerose banconote eCash emesse da diverse federazioni bancarie Bitcoin.

È come inviare senza problemi un pagamento da PayPal a un utente su Cash App, Venmo o un'altra piattaforma.

Se tutto questo vi sembra complicato, non preoccupatevi: è la spiegazione di come funzionerebbe un'applicazione bancaria Bitcoin sul vostro telefono. Fa tutto questo in background, senza il vostro intervento. Per l'utente sarà un'esperienza fluida, come la semplice scansione di un codice QR e l'autorizzazione di un pagamento su un'applicazione per telefono.

La maggior parte degli utenti di Internet non sa come funzionano TCP/IP o SSL, ma li usa quotidianamente in background mentre naviga sul web. Mi aspetto una dinamica simile con Bitcoin, Lightning Network, le banche federate che supportano Bitcoin e le varie banconote eCash coperte da Bitcoin.

Il grafico qui sotto illustra in modo eccellente come funzionerebbero le transazioni con diverse banconote eCash provenienti da diverse banche Bitcoin federate. È di Eric Yakes, autore di The 7th Property: Bitcoin and the Monetary Revolution, che considero la migliore risorsa per comprendere il potenziale strabiliante delle banche che supportano Bitcoin.


Banche, Bitcoin e privacy

La privacy finanziaria è uno dei maggiori vantaggi che le banche Bitcoin federate offriranno rispetto ai depositari tradizionali.

L'eCash chaumiano è ciò che la renderà possibile.

Il nome è un omaggio al crittografo e cypherpunk David Chaum, il quale ha creato un modo per garantire transazioni online sicure e anonime, proprio come l'utilizzo del denaro contante nel mondo fisico.

Con l'eCash chaumiano gli utenti possono spendere denaro online senza rivelare la propria identità o i dettagli della transazione a nessuno, inclusi il destinatario, le banche Bitcoin federate e i Lightning Gateway coinvolti nella transazione.

Una delle caratteristiche principali dell'eCash chaumiano è l'utilizzo di firme cieche, una tecnica crittografica che consente a una banca Bitcoin federata di firmare e convalidare le banconote eCash senza visualizzare i dettagli della transazione.

In altre parole, una banca Bitcoin federata sa che una banconota eCash valida è stata emessa e spesa, ma non sa chi l'ha spesa o per cosa. Inoltre non sarà in grado di conoscere i saldi dei singoli conti, né l'identità di coloro che riscattano una banconota eCash in Bitcoin.

Chi gestisce una banca Bitcoin federata potrà conoscere solo l'importo totale di BTC detenuti nelle riserve del wallet multisig della federazione e l'importo totale delle banconote eCash in sospeso per il riscatto.

Si tratta di un miglioramento rivoluzionario della privacy finanziaria rispetto alle soluzioni di custodia esistenti, che non offrono alcuna privacy.

Le solide protezioni della privacy offerte dall'eCash chaumiano consentono un altro vantaggio fondamentale: la resistenza alla censura.

Con PayPal, Venmo, conti bancari tradizionali e altri servizi finanziari di custodia è possibile bloccare un pagamento, o cancellare il vostro conto, in qualsiasi momento e con qualsiasi pretesto si ritiene opportuno.

Con le banche Bitcoin federate esse non sarebbero in grado di censurare, o bloccare, le transazioni. Grazie alle solide protezioni della privacy dell'eCash chaumiano non possono conoscere i dettagli di ogni transazione, quindi non possono bloccarle o impedirle.

In breve, con le banche Bitcoin federate e l'eCash chaumiano avremmo, per la prima volta, una soluzione di custodia comoda e resistente alla censura.


Fedimint

Forse l'implementazione più promettente delle banche Bitcoin federate è Fedimint.

Fedimint è un protocollo open source che consente a chiunque di creare una banca Bitcoin federata con pochi clic.

Utilizzare Fedimint per creare una banca Bitcoin federata non costa nulla; non sono necessarie licenze o autorizzazioni.

In breve, Fedimint potrebbe fare ai cartelli bancari quello che Uber ha fatto ai cartelli dei taxi.


Rischio di “rug pull”

Come tutte le soluzioni di Livello 2, le banche Bitcoin federate rappresentano un compromesso. Sono meno sicure dell'autocustodia, ma offrono maggiore praticità, facilità d'uso e privacy, tra gli altri vantaggi.

In particolare, è necessario avere fiducia che i membri della federazione non colludano per formare un quorum di maggioranza per rubare i bitcoin detenuti nel wallet multisig che supporta i depositi dei clienti.

La dimensione di tale quorum varierebbe da federazione a federazione. Maggiore è il quorum, più distribuito è il rischio.

Potrebbe essere una configurazione 2 su 3, ovvero tre utenti autorizzati e due necessari per spendere le riserve bitcoin nel wallet multisig della federazione, oppure una configurazione 99 su 100 e qualsiasi valore intermedio.

Il rischio di rug pull varierebbe da federazione bancaria a federazione bancaria.

Le federazioni bancarie Bitcoin locali potrebbero mitigare questo rischio perché verrebbero gestite da membri noti dalla comunità. Probabilmente subirebbero gravi conseguenze legali, reputazionali e fisiche per aver rubato il denaro dei vicini.

Con federazioni bancarie Bitcoin più grandi, i depositanti potrebbero mitigare questo rischio con assicurazioni private, agenzie di rating e altre soluzioni di mercato.

In ogni caso, sarà importante una due diligence continua delle banche Bitcoin federate. I depositanti dovranno farlo o trovare qualcuno che lo faccia per loro.


Rischio di centralizzazione

Le terze parti di fiducia sono vulnerabilità centralizzate. Gli stati possono catturarle e costringerle.

È esattamente così che questi ultimi hanno utilizzato il gold standard per avviare il sistema di valuta fiat.

Inizialmente le persone usavano l'oro fisico come moneta. Poi, per scalare, si sono necessariamente rivolte a terze parti, come le banche, che conservavano oro ed emettevano cambiali coperte dall'oro per facilitare gli scambi. Gli stati hanno catturato queste terze parti e poi hanno gradualmente rimosso la copertura in oro dalle cambiali fino a quando non sono diventate altro che coriandoli. In breve, è così che è nato il sistema di valuta fiat.

Potrebbe accadere qualcosa di simile con Bitcoin?

Esso ha grandi possibilità di evitare questo destino grazie alla sua estrema portabilità e decentralizzazione.

In passato gli agenti governativi potevano semplicemente presentarsi in banca e chiedere di consegnare le riserve auree fisiche a un depositario centralizzato.

Supponiamo che gli agenti governativi sarebbero in grado di identificare qualcuno che gestisce una banca Bitcoin federata.

Cosa potrebbero fare?

Se la banca Bitcoin federata fosse istituita con una sufficiente diversificazione geografica e politica, non potrebbero fare molto. Potrebbero, al massimo, arrestare l'unica persona nella loro giurisdizione che la gestisce.

Supponiamo che ci sia un quorum di 7 su 10 e che gli altri nove membri della federazione si trovino in giurisdizioni politiche diverse. Le riserve di bitcoin sarebbero al sicuro perché l'unica persona arrestata dagli agenti governativi non avrebbe raggiunto il quorum per spenderle. Gli altri nove membri della federazione potrebbero quindi adottare ulteriori misure difensive per garantire la sicurezza dei BTC della federazione.

In breve, sarebbe esponenzialmente più difficile per gli stati catturare, costringere e centralizzare le banche federate Bitcoin rispetto a quanto fosse più facile fare lo stesso con il gold standard.

Hal Finney disse che probabilmente ci sarà un mercato per le varie banconote eCash e il loro valore fluttuerà a seconda di come il mercato ne valuterà il rischio. Mi aspetto che le banconote eCash con maggiore esposizione a giurisdizioni più rischiose applichino uno sconto sulle loro riserve bitcoin per riflettere tale rischio.

Ricordiamo che, con il protocollo open source Fedimint, chiunque può costituire facilmente una banca federata Bitcoin. Questa bassa barriera all'ingresso contribuisce anche a mitigare il rischio di centralizzazione.

Con il sistema bancario tradizionale, e con il gold standard, lo stato deve controllare un numero relativamente piccolo di banche ed entità. Con le banche federate Bitcoin, chiunque potrebbe potenzialmente gestirne una: non è necessaria l'autorizzazione di un cartello bancario centralizzato.

Ecco il punto.

Se gli stati tentassero di catturare, centralizzare e costringere le banche Bitcoin federate, credo che si tratterebbe di un inutile gioco “colpisci la talpa”.


Rischio di svalutazione

C'è anche il rischio che le persone che gestiscono una banca Bitcoin federata possano colludere segretamente per svalutare le loro banconote eCash.

Si consideri l'esempio dell'exchange FTX che ha creato molte più rivendicazioni su bitcoin rispetto a quelli effettivamente detenuti in riserva. I titolari di conti FTX che pensavano di possedere bitcoin e non hanno prelevato si sono ritrovati con un pugno di mosche in mano.

Penso che diversi fattori mitigheranno questo rischio con le banche Bitcoin federate.

In primo luogo, il costo del passaggio a un'altra banca Bitcoin federata, o del prelievo, è basso e può verificarsi in qualsiasi momento. La facilità con cui potrebbe verificarsi una potenziale corsa agli sportelli dovrebbe incutere timore in coloro che tentano qualsiasi schema di svalutazione.

Mi aspetto che altri incentivi basati sul mercato, come l'iscrizione a club esclusivi per le banche Bitcoin con la migliore reputazione e altri sistemi basati su quest'ultima, contribuiranno a ridurre al minimo il rischio di svalutazione.

La bassa barriera all'ingresso per la creazione di una banca Bitcoin federata e i bassi costi di passaggio significano che probabilmente ci sarà una concorrenza spietata. Se il mercato sospetta che una banca Bitcoin stia svalutando le sue banconote eCash, questa sarà un'eccellente opportunità per un concorrente di accaparrarsi quote di mercato.

Allo stesso modo gli speculatori potrebbero svolgere un ruolo importante. Saranno pronti per vendere allo scoperto le banconote eCash delle banche Bitcoin sospettate di aver commesso svalutazioni.


Conclusione

Bitcoin è un'innovazione rivoluzionaria a livello monetario e fornisce le basi per un nuovo sistema finanziario.

Si considerino le implicazioni della natura trustless di Bitcoin in combinazione con Lightning Network, le banche Bitcoin federate che emettono eCash chaumiano e altre soluzioni Layer 2 per scalabilità e praticità.

La quantità di valore che potrebbero sbloccare è sorprendente. Ciò potrebbe inaugurare una nuova era di free banking in tutto il mondo.

Sebbene il megatrend di Bitcoin non sia più agli albori, è ancora presto e non è troppo tardi. Bitcoin ha ancora molta strada da fare prima di emergere come la moneta dominante al mondo e soppiantare il sistema finanziario tradizionale.

Non ho dubbi che la supremazia di Bitcoin sarà uno dei maggiori trend finanziari del decennio e credo che gli investitori pazienti ne trarranno grandi profitti.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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I nazisti ci insegnano come sconfiggerli

Mer, 24/09/2025 - 10:07

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Barry Brownstein

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/i-nazisti-ci-insegnano-come-sconfiggerli)

Il compianto Peter Drucker è considerato il padre della moderna teoria del management. Nato a Vienna, fu un giovane docente all'Università di Francoforte agli inizi del regime di Hitler. Nel suo libro Adventures of a Bystander (riportato in Life in the Third Reich), Drucker racconta la prima riunione di facoltà controllata dai nazisti all'Università di Francoforte, avvenuta poco dopo l'ascesa al potere di Hitler nel 1933.

Ne delinea il contesto: “Francoforte aveva una facoltà scientifica distinta sia per la sua erudizione, sia per le sue convinzioni liberali; tra gli scienziati di Francoforte spiccava un biochimico-fisiologo del calibro di un premio Nobel e dalle impeccabili credenziali liberali”.

Il commissario nazista non perse tempo e prese in mano la situazione: “Agli ebrei sarebbe stato proibito l'ingresso nei locali dell'università e sarebbero stati licenziati senza stipendio il 15 marzo”.

“Nonostante il forte antisemitismo dei nazisti”, la facoltà non se l'aspettava.

Seguirono volgarità e minacce, mentre il commissario “puntava il dito contro un capo dipartimento dopo l'altro e diceva: ‘O fate quello che vi dico, o vi metteremo in un campo di concentramento’”.

Il silenzio calò nella sala, tutti attendevano che l'illustre scienziato e “grande liberale” prendesse la parola. Egli si alzò e disse: “Molto interessante, signor Commissario, e per certi versi molto illuminante: ma c'è un punto che non ho capito tanto bene. Ci saranno più fondi per la ricerca in fisiologia?”

I docenti furono facilmente comprati, con “il commissario che assicurava agli studiosi che ci sarebbero stati molti soldi per la ‘scienza razzialmente pura’”. I docenti non opposero resistenza (chiunque abbia trascorso del tempo nel mondo accademico non dovrebbe sorprendersene).

Alcuni uomini coraggiosi “uscirono con i loro colleghi ebrei, ma la maggior parte si mantenne a distanza di sicurezza da essi che solo poche ore prima erano stati loro amici intimi”.

Sotto shock, Drucker decise di lasciare la Germania entro 48 ore, cosa che fece.

Eventi simili si verificarono in tutta la Germania. Nel suo libro, Hitler's True Believers, Robert Gellately spiega che prima del 1933 il nazionalsocialismo aveva già messo radici nelle università.

Poco dopo che Peter Drucker lasciò la Germania nazista, scrisse Gellately: “All'illustre fisico Max Planck fu chiesto se gli sarebbe piaciuto partecipare a un incontro per discutere del trattamento dei professori ebrei”. Planck rispose docilmente che “se trenta professori avessero fatto ciò, ci sarebbero state [secondo le parole di Planck] ‘150 persone pronte a dichiarare la loro solidarietà a Hitler domani, perché vogliono avere quei posti’” (Planck non era ebreo).

Gellately concluse: “Nel suo silenzio il corpo docente dell'establishment potrebbe essere visto come prossimo alla complicità”.

La rovina delle loro vite fu il prezzo che i professori tedeschi pagarono per ottenere benefici a breve termine.

Invidia e avidità – il desiderio di ottenere qualcosa in cambio di niente – sono emozioni umane comuni. In Law, Legislation and Liberty, Volume 3, F. A. Hayek spiegò: “La morale che sostiene la società aperta non serve a gratificare le emozioni umane. La civiltà si basa in gran parte sul fatto che gli individui hanno imparato a frenare i propri desideri per oggetti particolari e a sottomettersi a regole di condotta giusta generalmente riconosciute”. 

Non furono solo gli accademici a fare la fila per ricoprire i posti occupati dagli ebrei. Gellately riferì che “i medici si affrettarono ad aderire al Partito Nazista” perché “desideravano ardentemente i posti dei medici ebrei”.

Nel suo libro, The Third Reich: A History of Nazi Germany, Thomas Childers scrisse: “Tutti i ‘non ariani’ [furono] immediatamente licenziati dalla pubblica amministrazione nazionale, statale e municipale. Agli ebrei non fu più permesso di ricoprire la carica di insegnanti, professori universitari, giudici, o di svolgere qualsiasi altro incarico governativo”.

In breve, prima di assassinare gli ebrei, la Germania nazista aveva avviato un programma proto-DEI per gli “ariani”.

Oggi l'Università di Harvard, accusata di tollerare attività antisemite, ha una popolazione studentesca ebraica inferiore al 5%. Negli anni '70 fino al 25% degli studenti di Harvard era ebreo. I moderni programmi DEI “progressisti” hanno un obiettivo simile a quello dei programmi DEI nazisti: ridurre o eliminare la rappresentanza ebraica e bianca da istituzioni e aziende.

Secondo The Years of Extermination di Saul Friedländer, i decreti nazisti non andavano molto oltre quello che era l'accettazione pubblica. Venivano tenuti da conto i sentimenti del popolo e di entità influenti, come la Chiesa e l'industria:

Nessun gruppo sociale, nessuna comunità religiosa, nessuna istituzione accademica o associazione professionale in Germania e in tutta Europa dichiarò la propria solidarietà agli ebrei [...] molti gruppi di potere erano direttamente coinvolti nella loro espropriazione e desideravano, anche per avidità, la loro scomparsa totale.

Purtroppo, concluse Friedländer:

Le politiche naziste e antiebraiche ad esse collegate hanno potuto raggiungere i loro livelli più estremi senza l'interferenza di importanti interessi contrapposti.

Affinché l'antisemitismo raggiunga le sue conseguenze più dannose, è necessaria la coercizione da parte dello stato.

Childers racconta la storia del boicottaggio delle attività commerciali ebraiche, sostenuto dallo stato, del 1° aprile 1933:

Le truppe d'assalto si appostavano davanti a negozi, grandi magazzini e studi professionali ebraici, minacciando chiunque volesse entrare. Portavano cartelli antisemiti e scarabocchiavano slogan sulle vetrine dei negozi.

“Tedeschi, difendetevi. Non comprate dagli ebrei”, era uno degli slogan.

I nazisti, tuttavia, non furono soddisfatti della risposta pubblica al boicottaggio: “Molti clienti ignorarono il boicottaggio, sfiorando i picchetti delle SA per fare acquisti in negozi e grandi magazzini ebraici”. Peggio ancora per i nazisti, “alcuni acquirenti avevano persino tentato di entrare con la forza in un negozio ebraico”, e altri “clienti si erano affrettati ad acquistare merce da negozi ebrei giorni prima del boicottaggio”.

Il giorno dopo il boicottaggio fu annullato; i nazisti attesero per attuare azioni più estreme.

Childers riferì anche che nel 1933 i tedeschi “andavano ancora a trovare i loro medici e avvocati ebrei”. Non molto tempo dopo, nuovi editti consentirono ai medici ebrei di curare solo altri ebrei, una situazione che li spinse a fuggire dalla Germania o, in ultima analisi, a essere assassinati nei campi di concentramento.

All'inizio i legami commerciali si dimostrarono più forti dell'odio nazista, ciononostante quest'ultimo  lavorò instancabilmente per eliminare i legami commerciali, da cui dipendono le nostre vite.

Nel suo libro, An Enquiry Concerning the Principles of Morals, David Hume scrisse: “Si è spesso affermato che, poiché ogni uomo ha un forte legame con la società e percepisce l'impossibilità della sua sussistenza solitaria, diventa, per questo motivo, favorevole a tutte quelle abitudini o principi che promuovono l'ordine nella società”.

Hume definì tale ordine una “benedizione inestimabile” che deve essere mantenuta attraverso “la pratica della giustizia e dell’umanità, grazie alle quali soltanto la confederazione sociale può essere mantenuta e ogni uomo può raccogliere i frutti della reciproca protezione e assistenza”.

Nel suo A Treatise on Human Nature, Hume spiegò: “Le passioni [le emozioni umane] sono così contagiose che passano con la massima facilità da una persona all’altra”.

Si può sostenere che una delle passioni umane alla base della disgregazione sociale sia l'insaziabile desiderio di liberarsi dalla necessità. In The Road to Serfdom, Hayek descrive questo desiderio come un anelito di “liberazione dalla costrizione delle circostanze che inevitabilmente limitano la gamma di scelta di tutti noi”.

La nostra scelta è sostenere i politici che promettono l'impossibile libertà dalla scarsità, o coloro che promettono la libertà dalla coercizione, che invece è possibile. La libertà dalla coercizione comporta tutte le scelte e le responsabilità che ci assumiamo in una forma di governo liberale.

La libertà elimina il potere coercitivo dello stato di “soddisfare i nostri desideri”, come scrisse Hayek in The Constitution of Liberty. La natura umana induce alcuni a ricorrere a mezzi illiberali per ottenere ciò che desiderano. La libertà, la libertà dalla coercizione, offre la soluzione più efficace alla pericolosa escalation dell'antisemitismo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Analisi del complesso tecno-industriale

Mar, 23/09/2025 - 10:06

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Joshua Stylman

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/analisi-del-complesso-tecno-industriale)

Negli ultimi secoli si è compreso che il potere viene generalmente acquisito sfruttando risorse naturali, denaro e/o un esercito. Con l'evoluzione della globalizzazione e l'interconnessione degli esseri umani in tutto il pianeta, con accesso a una quantità di informazioni senza precedenti a portata di mano, si può affermare che il controllo di queste informazioni sia diventato l'arma più importante nell'arsenale del potere. Chiunque controlli la narrazione, influenza l'opinione pubblica, guida i comportamenti individuali e di gruppo, e apre la strada a istituzioni e individui potenti.

Nell'era dell'informazione è evidente che nessuno è più capace delle grandi aziende tecnologiche di inquadrare e plasmare eventi e idee da un punto di vista o da un insieme di valori specifico. Queste entità possiedono un pubblico mondiale di miliardi di persone ogni minuto di ogni giorno.

Molti, me compreso, hanno completamente trasformato le proprie abitudini mediatiche negli ultimi due decenni e ora considerano i social media come una guida per gli eventi mondiali invece di leggere i giornali. Cognitivamente, molti di noi sanno che, affinché la tecnologia possa offrire esperienze personalizzate più convenienti nel breve termine, potrebbe scendere a compromessi etici relativi a trasparenza, raccolta dati, privacy, autonomia degli utenti e altre pratiche di sfruttamento progettate per manipolarci.

Tuttavia, nel complesso, tendiamo a ignorare questi compromessi. Che si tratti di influenzare le elezioni, di fare pressione per la sperimentazione di massa sugli esseri umani con nuovi farmaci, o di negare la biologia come mero costrutto, data l'enorme ampiezza del loro pubblico, unita alle capacità algoritmiche e tecnologiche, è indiscutibile che le Big Tech svolgano un ruolo sproporzionato nell'ingegneria sociale della nostra società.

A volte questa gestione deriva dal dirigere la nostra attenzione verso i cosiddetti esperti che dovremmo seguire come guida. In altri casi si tratta semplicemente di mentire per omissione, presentando solo un lato della questione per dare l'illusione di un consenso. Esempi recenti includono il Covid, il cambiamento climatico, l'assistenza sanitaria di genere e una serie di altre questioni sociali e politiche.

Si potrebbe sostenere che se esistessero davvero opinioni discordanti e legittime su uno qualsiasi di questi argomenti controversi, i giornalisti investigativi ci rivelerebbero sicuramente la verità. Dopotutto è sacro dovere del Quarto Potere fornire ai cittadini informazioni per tenere sotto controllo la struttura del potere. Lo pensavo anch'io.

Anche se ci sono giornalisti che lavorano presso grandi organizzazioni giornalistiche è ovvio per chiunque abbia osservato la dilagante censura all'interno delle Big Tech negli ultimi anni che le istituzioni che distribuiscono le notizie al pubblico sono soggette alla supervisione e al controllo dello stato.

L'opinione prevalente nei circoli dissidenti è che la censura da parte dei social media di voci ostili alla narrativa ufficiale rappresenti una sorta di recente cattura istituzionale. Ma cosa succederebbe se la supervisione o la pressione per “moderare i contenuti” non fosse il risultato di una recente cattura e non un fenomeno nuovo? E se fosse la manifestazione di un piano governativo di lunga data per finanziare le start-up di queste potenti aziende con l'obiettivo di farne un uso nefasto in futuro?

Se pensate che tutto ciò sia troppo inverosimile per essere vero, considerate che il governo federale che è stato scoperto essere in combutta con le grandi aziende tecnologiche per interferire con la libertà di parola è la stessa istituzione che ha gestito l'Operazione Mockingbird, un progetto segreto della CIA ideato per corrompere singoli giornalisti e organizzazioni mediatiche mondiali al fine di influenzare l'opinione pubblica attraverso la manipolazione delle notizie.

In un'analisi investigativa condotta da Carl Bernstein nel 1977, la CIA ammise che almeno 400 giornalisti e 25 grandi organizzazioni in tutto il mondo erano stati segretamente corrotti per creare e diffondere notizie false per conto dell'agenzia. Da allora, la tecnologia che può essere utilizzata per modificare e persino controllare il nostro pensiero è diventata di ordini di grandezza più potente, raffinata e sofisticata. Tenetelo a mente mentre vi proponiamo un rapido esercizio di riflessione.

Prima di iniziare, sarei negligente se non menzionassi che anche la sola possibilità che il web sia una trappola mi tocca da vicino, perché non solo adoro Internet, ma è anche grazie a questo campo che ho sostenuto me stesso e la mia famiglia fin da quando ero giovane.

Quando ho iniziato a fare questo lavoro a metà degli anni '90, pensavo di essere una persona cinica che poneva domande critiche, ma in realtà ero un giovane ottimista. Credevo sinceramente nell'idea di combinare duro lavoro e fortuna e nell'idea di geni che creassero aziende indipendenti capaci di cambiare il mondo.

A dire il vero, conosco molte persone che l'hanno fatto, tuttavia un'analisi approfondita delle principali aziende tecnologiche che hanno reso possibili i superpoteri del web solleva non pochi interrogativi sulle loro origini e sull'effettiva organicità della loro ascesa fulminea.

Cominciamo con Amazon. Il nonno di Jeff Bezos, Lawrence Preston Gise, era direttore della Commissione per l'energia atomica e contribuì a fondare l'Agenzia statunitense per i progetti di ricerca avanzata (ARPA), da cui si è evoluta ARPAnet. Durante il suo mandato, Gise approvò e finanziò la Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA), che avrebbe poi inventato Internet.

È comprensibile che Bezos fosse cresciuto interessandosi a questo settore. Dopotutto, se vostro nonno è stato uno dei padri fondatori di Internet, immagino che anche voi potreste essere attratti dal web. Ma perché questa parte della storia dell'amministratore delegato di Amazon non è stata ampiamente pubblicizzata?

Ho letto molto su Bezos nel corso degli anni e spesso viene descritto come un uomo d'affari con una grande idea. Forse è vero, ma è interessante che persino gli articoli che parlano di Bezos come di un uomo che ha imparato le sue competenze tecniche dal nonno omettano i primi contatti con Internet del suo antenato.

È possibile che l'autore volesse concentrarsi sull'aspetto fai da te, ma se Gise poteva essere un agricoltore intraprendente, è stato anche uno dei pionieri di una delle innovazioni tecnologiche più importanti della storia umana, per non parlare dell'infrastruttura su cui Jeff ha costruito il suo impero. Se dovessi scrivere di come il giovane Jeff sia stato influenzato da suo nonno, mi sembrerebbe piuttosto pertinente.

È interessante notare che la pagina Wikipedia su Jeff menziona che suo nonno era “direttore regionale della Commissione per l'energia atomica degli Stati Uniti (AEC) ad Albuquerque”, ma non menziona né la DARPA né Internet. La voce sulla madre di Bezos non menziona nemmeno Gise per nome. È plausibile che queste omissioni siano semplicemente delle sviste?

Sebbene Amazon abbia iniziato apparentemente come libreria online, si è evoluta in quello che può essere definito un veicolo di raccolta dati. Raccoglie le vostre informazioni personali tramite gli ordini online di articoli fisici, virtuali e farmaceutici. Amazon può vedere chi entra e chi esce dal vostro spazio abitativo con Ring, acquisita nel 2018, e ha la capacità tecnica di ascoltare le conversazioni di oltre mezzo miliardo di persone tramite i dispositivi Alexa installati in case, uffici e dormitori. Più di recente Amazon ha aggiunto al suo impero One Medical, la quale fornisce assistenza virtuale on-demand 24 ore su 24, 7 giorni su 7, da “fornitori autorizzati” e, per coloro che vivono vicino a sedi fisiche, visite di persona. Ai clienti viene assicurata la riservatezza delle loro informazioni, ma rimarrebbero tali se lo stato facesse pressione su Amazon affinché gliele fornisse in caso di “emergenza”?

Proprio l'anno scorso Amazon ha patteggiato una causa da $30,8 milioni per aver conservato in modo improprio per anni le registrazioni vocali di Alexa dei bambini e i video di Ring, insieme alle relative informazioni di geolocalizzazione, in alcuni casi senza il consenso dei consumatori e nonostante le richieste di cancellazione dei dati da parte di questi ultimi. Ha inoltre consentito ai dipendenti della sua unità video Ring di effettuare sondaggi sui clienti. Un dipendente di questa attività ha visionato migliaia di registrazioni video di donne tramite telecamere di sicurezza che monitoravano le camere da letto e altri spazi privati ​​delle loro case, ha affermato la Federal Trade Commission. In un altro caso l'azienda è stata multata in Francia per il suo programma di sorveglianza dei dipendenti. Lo stesso sistema intrusivo è stato anche citato in uno studio come causa di lesioni fisiche e stress mentale sul lavoro.

Forse a causa dei loro imbarazzanti fallimenti, Ring ha ceduto alle pressioni dei difensori della privacy che li hanno criticati per aver permesso ai dipartimenti di polizia di richiedere i filmati degli utenti senza mandato. Alla fine hanno fatto la cosa giusta e hanno rispettato la privacy dei loro clienti, ma dato lo stretto rapporto di Amazon con il governo federale in quanto fornitore di servizi cloud, cosa succede quando le agenzie incaricate chiamano chiedendo filmati audio e video senza mandato della vita privata di qualcuno?

Prendiamo in considerazione ora Google, un'azienda che molti ritengono una fonte di informazioni indiscutibilmente affidabile e arbitro della verità. La popolare storia delle origini del colosso della ricerca web narra che sia nato dall'ingegno di due ragazzi-prodigio di Stanford, alla ricerca di un modo migliore per reperire e presentare la quantità e la profondità di informazioni in crescita caricate sul web.

Ciò che manca nella versione ufficiale è la parte che racconta di come Google sia nata nel 1995 come progetto finanziato dalla DARPA per il programma congiunto Massive Digital Data Systems della CIA e della NSA.

Sebbene la pagina Wikipedia sull'azienda descriva dettagliatamente come hanno ottenuto finanziamenti iniziali da alcuni luminari della Silicon Valley, non menziona che alcune delle ricerche che hanno portato all'ambiziosa creazione di Google sono state finanziate e coordinate da un gruppo di ricerca istituito dalla comunità dell'intelligence per sviluppare e implementare metodi per tracciare individui e gruppi online. Se questa parte della storia non fosse stata cancellata dai resoconti ufficiali, pensate che Google si sarebbe guadagnata rapidamente la fiducia di miliardi di persone in tutto il mondo?

Credevo ingenuamente che le persone a capo dell'azienda fossero motivate principalmente dal desiderio di migliorare il pianeta offrendo accesso globale alle informazioni mondiali. Forse è vero... ma Google si è rivelato anche un ottimo strumento di spionaggio.

C'è stato un tempo in cui il mio cervello pensava che il potere di Google fosse semplicemente quello di assorbire tutti i nostri dati per manipolarci con la pubblicità, ma è diventato molto di più. Con l'espansione dei loro servizi alla posta, alla geolocalizzazione, alla pubblicazione di contenuti, all'intelligenza artificiale, alle telecomunicazioni, ai pagamenti e apparentemente a tutto ciò di cui si ha bisogno per gestire ogni aspetto della propria esistenza digitale, è diventato evidente che la ricerca era solo la rampa di accesso per la loro attività di acquisizione dati.

Ciò ha senso se si considera il ruolo centrale che i motori di ricerca svolgono nella vita moderna. Per la prima volta nella storia dell'umanità, le persone in ogni Paese del mondo pongono spontaneamente domande alle macchine ed eseguono query su qualsiasi cosa passi loro per la testa. Queste richieste possono spaziare da banalità a contenuti didattici, fino a questioni più riservate come problemi di salute.

I legami di Google con l'intelligence sono continuati ben oltre i primi giorni dell'azienda. Nel 2004 hanno acquistato Keyhole (ora Google Maps) da In-Q-Tel, il braccio finanziario della CIA sostenuto anche da FBI, NGA, Defense Intelligence Agency e altri. Pensate che si sia trattato di una transazione finanziaria diretta, o è possibile che ci fossero delle condizioni?

Altri legami con l'intelligence includono il co-investimento di Google e della CIA in attività come Recorded Future, la quale monitora il web in tempo reale nel tentativo di creare un “motore di analisi temporale” (un programma in stile Minority Report che fa previsioni su eventi futuri), e la partecipazione di Google, insieme ad altri giganti della tecnologia, al programma PRISM della NSA, il quale raccoglieva dati dagli utenti senza il loro permesso o un mandato di perquisizione. Nel 2006 l'azienda ha lanciato Google Federal per gestire contratti governativi. Questa divisione dell'azienda contava così tanti ex-dipendenti della NSA che veniva spesso chiamata NSA West.

Più di recente è stato scoperto che Google impiega non pochi ex-agenti della CIA e altri ex-dipendenti governativi di alto livello in ruoli chiave, tra cui quelli che stabiliscono “quali contenuti sono consentiti” sulla loro piattaforma.

Come civili, la maggior parte di noi pensa di cercare sull'intero web, ma Google ha confessato di presentare solo ciò che i suoi censori, in parte composti da ex-agenti dell'intelligence, ritengono appropriato. Sulla base delle rivelazioni di PRISM è anche evidente che i contenuti che consumiamo sono stati, almeno per un certo periodo, condivisi illegalmente con il governo federale. Davvero fantastico!

Per illustrare ulteriormente come le aziende Internet possano essere piuttosto intime con il governo federale e le agenzie di intelligence, considerate questi divertenti fatti marginali relativi ai primi giorni (prima di Google) della ricerca sul Web: le sorelle gemelle di Ghislaine Maxwell, Christine e Isabel Maxwell, furono le fondatrici di Magellan, uno dei primi motori di ricerca su Internet (in seguito acquisito da Excite).

Dopo Magellan Christine ha fondato Chiliad, una società di data mining che collabora con CIA, NSA, DHS e FBI su attività di “antiterrorismo”. Durante questo stesso periodo la società di Isabel, Cyren (in precedenza Commtouch), aveva legami molto loschi con Microsoft e altre aziende della Silicon Valley, presumibilmente in possesso di una backdoor. Christine ora è Technology Pioneer per il World Economic Forum nel Regno Unito e negli Stati Uniti.

Si vociferava che il padre delle sorelle Maxwell, Robert, avesse legami con organizzazioni come l'MI6, il KGB, il Mossad e la CIA. Non è corretto supporre che le sue figlie fossero impegnate nello spionaggio solo per il legame con il padre e la famigerata sorella, o anche solo per i loro contratti con le agenzie di intelligence... ciononostante rimane un fatto degno di nota.

Ciò che è chiaro, tuttavia, è che, dagli albori della ricerca fino ad oggi, il fatto che spesso non pensiamo a chi o cosa ci sia dall'altra parte che fornisce i risultati in questa curiosa relazione intima con la barra di ricerca è probabilmente una caratteristica e non un difetto.

Se la ricerca è il cervello che attinge alla coscienza collettiva di ciò che le persone cercano online, i social media ne sono l'anima, monitorando e connettendo gli utenti in base a ciò che condividono. La prima si basa sull'intento, mentre la seconda è più incentrata sull'identità e sugli interessi.

Sebbene entrambi possano essere utilizzati come strumenti per accumulare una grande quantità di dati, la ricerca è più transazionale poiché l'utente esegue una query, trova i risultati e prosegue, mentre il social ha più a che fare con la creazione di viralità e il legame tra le persone attraverso il grafico sociale.

Il Pentagono (in particolare la DARPA) aveva previsto l'utilità di raccogliere le briciole di pane del comportamento delle persone quando iniziò a lavorare su LifeLog, un progetto per tracciare “l'intera esistenza” di una persona online. Non è chiaro cosa sia successo, ma il progetto fu chiuso il 4 febbraio 2004.

Il destino volle che proprio quel giorno – il 4 febbraio 2004 – fosse il giorno in cui Facebook (allora TheFacebook) fu inaugurato ad Harvard. È una strana coincidenza che Aaron Sorkin non menziona nella versione cinematografica, ma probabilmente non è nulla. La DARPA negò persino di avere un collegamento, quindi immagino che dovremo credergli sulla parola.

Come i suoi colleghi di Google, Facebook ha assunto rapidamente personale proveniente dal mondo dell'intelligence. Con reclutamenti da agenzie come CIA, FBI, NSA, ODNI, nonché da altri dipartimenti governativi tra cui DOJ, DHS e GEC, la società madre di Facebook, Meta, ha assunto oltre 160 ex-dipendenti dell'intelligence sin dal 2018. Complessivamente molti di questi dipendenti sono coinvolti nel cosiddetto team Trust & Safety (naturalmente) che determina quali contenuti amplificare, verificare e/o rimuovere completamente.

Quando Matt Taibbi, Michael Shellenberger e altri giornalisti hanno pubblicato i Twitter Files, è diventato inequivocabile che Twitter era l'ennesima piattaforma Big Tech con legami diretti con l'apparato di sorveglianza degli Stati Uniti.

Similmente a Google e Facebook, anche loro avevano alle loro dipendenze diversi ex-agenti segreti, tra cui un numero allarmante di agenti dell'FBI. Non è chiaro se e come Twitter (no, non lo chiamerò X) abbia collaborato con il governo da quando Elon Musk ha preso il potere.

Tuttavia vi sono prove schiaccianti che, prima dell'acquisizione, il governo federale ha esercitato un'influenza sull'azienda, creando barriere di protezione sui contenuti presentati e persino segnalando specifici utenti come potenzialmente pericolosi. Si tratta di un potere enorme da esercitare nel plasmare i cuori e le menti delle masse.

Potrebbe trattarsi solo di un'altra strana coincidenza, ma Progetto Bluebird era il nome in codice originale di quello che sarebbe poi diventato il Programma di Controllo Mentale MK Ultra. Gli obiettivi di Bluebird includevano “ottenere dati accurati da persone consenzienti e non” e “aumentare l'adesione alle azioni suggerite”. È interessante considerare questo nel contesto dell'iconico logo aziendale, ora in disuso. Chissà se si tratta solo di una strana coincidenza, o di una sorta di segnale di cui gli addetti ai lavori erano a conoscenza da sempre?

Quindi tutte le storie ufficiali sulle origini delle aziende tecnologiche sono, nel migliore dei casi, frutto di artificiosità, nel peggiore dei casi, del tutto inventate? Ci sono sicuramente molti legami misteriosi con l'intelligence e questo saggio ne è solo un assaggio. Forse sono solo coincidenze, ma dopo aver fatto qualche ricerca, questi parallelismi hanno catturato la mia attenzione, quindi ho pensato che valesse la pena rifletterci.

Se l'intento dietro queste organizzazioni è sempre stato un mito, personalmente mi sento ingannato quanto chiunque altro. Ho lavorato nel settore tecnologico per decenni prima di ritirarmi quando mi sono reso conto che molte delle persone che entravano in quel campo non erano più idealisti desiderosi di democratizzare l'informazione mondiale. Invece operavano più come figli bastardi da cartone animato di Hollywood e Wall Street.

Eppure, fino a pochi anni fa, non capivo quanto queste aziende potessero essere sinistre nella loro partecipazione ad attività che andavano oltre la generazione di profitti per i loro azionisti. Per quanto avessi capito il pericolo che corriamo quando si tratta di banchieri, delle case farmaceutiche, dei dirigenti nei media tradizionali, ecc., non avevo mai veramente compreso che il mondo in cui pensavo di vivere fosse, in gran parte, un'illusione. Dopotutto viviamo in una società invasa da denaro falso, cibo falso, notizie false, guerre false, credenziali false, medicine false, quindi perché le grandi aziende fondatrici su Internet dovrebbero essere diverse?

Indipendentemente dal fatto che l'ascesa di questi colossi di Internet sia stata un inganno o meno, ora sono incontestabilmente in combutta con il Complesso Industriale dei Dati. Se c'è un lato positivo in tutto questo, è che molte persone si stanno svegliando e chiedono trasparenza e autenticità. Una società veramente attenta sarà gloriosa. L'unica domanda è: saremo abbastanza numerosi prima che le masse ignare vengano condizionate dalla propaganda da trasformarsi in bot? Credo sinceramente che questo sia uno dei temi cruciali del nostro tempo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Ma scusi Lagarde, l'Europa è già un museo!

Lun, 22/09/2025 - 10:03

Il concetto di impero americano non è che non è mai esistito o non era reale, ma non era un'idea americana. Il colpo di stato negli USA è avvenuto nel 1913: imposta sul reddito, Federal Reserve, elezione diretta dei senatori. Francesi e inglesi c'avevano già provato con la Guerra Civile, ma avevano fallito. Ma gli inglesi non hanno mai smesso di riconquistare la vecchia colonia e ci riuscirono nel 1913, infatti gli Stati Uniti da quel momento in poi avrebbero avuto una politica estera inglese, una banca centrale su modello della Banca d'Inghilterra e una infrastruttura fiscale come quella inglese. Il modello della California come super-stato nel governo federale americano è stato replicato con la Germania come modello per l'UE. La cricca di Davos, il vecchio impero di colonialisti inglesi/olandesi, ha potuto finanziare questa struttura tramite un sistema mondiale del dollaro che gli americani non controllavano... tranne vedersi incolpare di tutti i mali del mondo. Spero sia più facile capire come mai l'amministrazione Trump sia tanto osteggiata sui media generalisti: rappresenta un'opportunità per gli USA di cambiare rotta. Nemmeno con Ron Paul ci sarebbe stata questa possibilità. Davvero si è tanto ingenui da credere che se fosse stato eletto presidente avrebbe posto fine alla FED con uno schiocco di dita? Davvero si è tanto ingenui da credere che avrebbe potuto farlo Milei? Ci sono voluti anni di dibattito pubblico per far capire alla popolazione americana che era necessario un cambio di politica estera e interna. Queste sono idee che, purtroppo, devono essere metabolizzate e ciò richiede tempo affinché siano portate a compimento completo. Bisogna instradarsi dapprima lungo il percorso, mentre ci si emancipa dall'attuale sistema monetario, dalle passività non finanziate. Si tratta di un processo generazionale, non si può portare a compimento dalla sera alla mattina. È iniziato nel 2017 e interrotto nel 2021. Solo quest'anno è riniziato. Il passaggio dal LIBOR al SOFR è stato l'inizio del cambiamento come ho documentato nel mio ultimo libro Il Grande Default: da un impero mondiale sottomesso ai globalisti (europei e inglesi, non americani a cui era stato venduto il “Grande Reset”) a una nazione che bada ai fatti propri. È stata gonfiata la storia della pandemia affinché alla FED venisse impedito di aggiustare il dollaro. Quest'ultimo, infatti, resterà unità di conto e mezzo di pagamento, ma perderà lo status di riserva a vantaggio di oro e Bitcoin. Non solo, ma la trasformazione ci sarà anche al Dipartimento del Tesoro americano dove non sarà più emesso debito con garanzia i lavoratori americani; i dazi servono a cambiare il modo in cui il governo federale si finanzia. Infatti i dazi, era stato propagandato sulla stampa generalista (inglese), avrebbero dovuto portare caos nell'economia americana... non è successo niente del genere. Così come non ha portato caos nell'economia americana il rialzo dei tassi di Powell. Tutti predicevano che anche solo superare l'1% avrebbe scatenato una recessione... forse la domanda più appropriata era: per chi? Per l'Europa. Gli USA sono ancora l'economia più forte al mondo, il mercato dei consumi più liquido al mondo, con la valuta più affidabile al mondo, col mercato dei titoli sovrani più solido al mondo, con il sistema finanziario più efficiente al mondo.

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di Joakim Book

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/ma-scusi-lagarde-leuropa-e-gia-un)

“L'Europa è un museo, il Giappone è una casa di riposo, la Cina è una prigione e Bitcoin è un esperimento”. Queste sono state le parole dell'ex-Segretario al Tesoro Lawrence Summers rivolte agli investitori durante la Morningstar Investment Conference del 2023.

Summers parlava delle condizioni monetarie globali e della necessità di detenere i propri investimenti e denaro in una qualche valuta, da qualche parte. “Preferirei giocare le mie carte con l'America piuttosto che con qualsiasi altro Paese al mondo [...] bisogna mettere i propri soldi da qualche parte e il dollaro è un buon posto dove metterli”.

Il dollaro è la proverbiale camicia meno sporca.

Non posso verificare se Christine Lagarde, la presidente della Banca Centrale Europea, o un membro del suo staff fosse tra il pubblico, ma di certo non hanno recepito il messaggio. I politici europei hanno una lunga storia di manipolazione delle menti nei confronti della popolazione. Con aria seria, raccontano bugie e danno per scontato che i loro sudditi seguiranno le loro orme – e, a nostro discredito, la maggior parte di noi lo fa.

A giugno la Lagarde era in prima pagina sul Financial Times. Non si capisce bene il motivo ma lei e i suoi consiglieri hanno l'impressione che questo sia il momento dell'Europa. Con il presidente Trump che tiene gli Stati Uniti sulle proprie sponde e il dollaro in ritirata, l'euro, una creazione sovranazionale pianificata in modo eccellente e governata in modo impeccabile, è il sostituto ideale.

O forse no...

Ci sono alcune cose ovvie da citare qui: i venditori di fumo e quella citazione di Upton Sinclair sul non capire qualcosa quando da essa dipende il proprio stipendio (nell'ordine dei $500.000)... ma sto divagando.

L'editoriale del Financial Times prosegue esplorando come “la forza economica sia la spina dorsale di qualsiasi valuta internazionale”. Un osservatore imparziale squalificherebbe presto l'Eurozona, la quale ha flirtato per anni con recessione e crescita intorno allo zero, con le peggiori prospettive di fertilità al mondo, prezzi dell'elettricità record, nessuna sovranità energetica – e poco più di un decennio fa era sull'orlo del collasso sotto il peso della prodigalità degli stati. La maggior parte delle persone non si rende conto che le economie americana e dell'area Euro avevano più o meno le stesse dimensioni negli anni '90, e di nuovo durante la crisi finanziaria mondiale, ma che l'economia statunitense è ora più grande di circa il 77%. Secondo la maggior parte delle stime, la vita economica – la “forza” – è migliore in America, a prescindere dalle strane idee che vengono in mente agli uomini dai capelli arancioni nelle case bianche.

Anche secondo i vecchi standard mondiali di inflazione bassa e stabile, e mercati dei capitali solidi e affidabili, l'Eurozona ha una performance nettamente inferiore a quella americana. Il mercato obbligazionario americano è almeno il doppio di quello europeo, frammentato e disarticolato, e i suoi mercati azionari sono circa 6-7 volte più grandi. David Hebert su queste pagine s'è posto la domanda giusta: Perché non ci sono aziende da mille miliardi di dollari in Europa?. Finanziamenti, imprenditorialità e ostacoli normativi sono alcune delle risposte ovvie, ma anche il fatto che “gli Stati Uniti rimangono un luogo privilegiato per lavoratori e imprese. Il nostro sistema promuove le imprese e la creazione di opportunità di lavoro in un modo che è invidiato dal resto del mondo”.

Anche per le start-up l'erba del vicino è molto più verde negli Stati Uniti: meno oneri normativi e un accesso al capitale decisamente migliore. Alcune delle aziende tecnologiche europee di maggior successo, da Klarna e Spotify alla (britannica!) Wise, hanno optato per New York invece di Stoccolma, Francoforte o Londra. Una statistica sorprendente la dice lunga sul dinamismo, la liquidità e i mercati dei capitali del museo Europa: “Nessuna azienda dell'UE fondata negli ultimi 50 anni ha una capitalizzazione di mercato superiore a €100 miliardi, mentre tutte e sei le aziende statunitensi con una capitalizzazione superiore a $1.000 miliardi sono state create durante suddetto periodo” (si potrebbe discutere sull'olandese ASML o sulla danese Novo Nordisk, ma il punto resta...).

In una frecciatina agli Stati Uniti, la Lagarde ci dice che l'Europa ha una maggiore indipendenza per quanto riguarda la sua autorità monetaria (un livello piuttosto basso...), un processo decisionale inclusivo e “pesi e contrappesi”. Il paragrafo successivo mina questo impegno: “Non si deve più permettere che un singolo veto ostacoli gli interessi collettivi degli altri 26 Stati membri”, e meno veti “permetterebbero all'Europa di parlare con una sola voce”, ovvero di scavalcare gli stati turbolenti.

La parte peggiore è quando indica le “industrie strategiche” come quelle impegnate nella tecnologia verde, che non sono né strategiche né tantomeno “industrie”, bensì implementazioni di sogni ideologici sovvenzionati a livello pubblico e morenti.

Tutto ciò che l'Europa ha da offrire al mondo sono il calcio e le case di riposo, un'architettura secolare e spiagge eccessivamente regolamentate e infestate dai turisti.

Credere che l'euro avrà un ruolo più importante negli affari monetari internazionali è ridicolo. Nella misura in cui i gestori patrimoniali e le riserve monetarie dovessero essere spostati dal dollaro, questi non finirebbero nell'euro (o nella sterlina), ma in valute più piccole e non tradizionali. Le istituzioni finanziarie scettiche sull'egemonia monetaria mondiale stanno accumulando oro (e Bitcoin), non nella moneta regionale supervisionata dalla Lagarde.

Sebbene il predominio del dollaro sia costantemente diminuito a seguito delle turbolenze politiche, della crisi fiscale e del congelamento delle riserve russe, è ancora molto più avanti dell'euro. Circa il 58% delle riserve monetarie è in dollari, mentre la seconda migliore “alternativa” rimane immobile al di sotto del 20% – ben lontana dalle ambizioni della Lagarde.

Quel che è peggio è che il tipo di stati, istituzioni e individui che necessitano di de-dollarizzazione non otterrebbero nulla euroizzandosi. Stati e gestori di fondi in Cina, Russia o India non otterrebbero alcuna diversificazione politica detenendo euro invece di dollari; di fatto la Russia l'ha fatto, poiché la maggior parte delle sue riserve congelate era custodita presso Euroclear e banche europee. Tutto ciò che un passaggio dal dollaro all'euro farebbe è sostituire i rischi di governance, inflazione e confisca associati alla leadership americana con gli stessi identici rischi (peggiori) in un formato europeo. Evviva!

“Nonostante le sue altre virtù, usare la moneta di riserva mondiale come arma la si uccide”, ho scritto a proposito del dollaro l'anno scorso. Tali questioni certamente sfavoriscono lo Zio Sam e il dollaro come moneta di riserva mondiale... ma gli europei sono messi peggio.

Sebbene la guerra della Lagarde al contante sia stata un tantino esagerata, in Spagna e Francia esistono norme invasivamente restrittive che limitano l'uso del contante a €1.000, con un limite di €10.000 in vigore in tutta l'Unione Europea entro il 2027.

Le grida al crollo imminente del dollaro sono sempre esagerate, ma l'idea dell'euro come sostituto è ancora più esageratamente illusoria.

La Lagarde avrebbe dovuto leggere l'altro importante quotidiano britannico, The Economist. Il titolo di febbraio di quest'anno? L'Europa non ha scampo dalla stagnazione.

Mi dispiace, Christine.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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I problemi riguardo debito e deficit non sono quelli che pensate

Ven, 19/09/2025 - 10:03

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Lance Roberts

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/i-problemi-riguardo-debito-e-deficit)

Negli ultimi mesi si è molto dibattuto sull'aumento del debito e dei livelli di deficit negli Stati Uniti. Ad esempio, ecco un pezzo recente sulla CNBC.

L'autore dell'articolo suggerisce che i deficit federali degli Stati Uniti stiano aumentando a dismisura, con una spesa in aumento dovuta all'impatto combinato di tagli fiscali, misure di stimolo espansive e spese per i sussidi. Naturalmente, con istituzioni come Yale, Wharton e il CBO che avvertono che questa tendenza ha spinto i costi degli interessi a nuovi livelli, superando ora le spese per la difesa, le preoccupazioni sulla solvibilità interna stanno aumentando. Persino personaggi di spicco nei media, da Larry Summers a Ray Dalio, sostengono che siano urgenti misure drastiche, altrimenti l'ennesima “crisi finanziaria” è imminente.

Il problema con gli avvertimenti di Larry Summers, Ray Dalio e molti altri sull'imminente catastrofe finanziaria è che denunciano proprio questo problema da decenni. E questo era il punto della nostra precedente discussione:

Non ci vuole molto per capire che Ray Dalio, un titano degli hedge fund, è come ogni altro essere umano ed è incline all'errore. Non sminuirò completamente Dalio, poiché la sua esperienza nella gestione del denaro presso Bridgewater non è da sottovalutare. Tuttavia la sua esperienza è molto meno invidiabile per quanto riguarda le previsioni sulla crisi del debito. Ecco una breve cronologia.

• Marzo 2015 – Dalio pensa che la FED possa ripetere ancora una volta il 1937.

• Gennaio 2016 – Il superciclo del debito durato 75 anni sta per concludersi.

• Settembre 2018 – Ray Dalio afferma che l’economia sembra quella del 1937 e che tra circa due anni si arriverà a una recessione.

• Gennaio 2019 – Ray Dalio vede un rischio significativo di recessione negli Stati Uniti.

• Ottobre 2022 – Dalio mette in guardia contro una tempesta perfetta per l'economia (che coincideva anche con il minimo del mercato azionario).

• Settembre 2023 – Dalio afferma che gli Stati Uniti avranno una crisi del debito.

Ma si può andare ancora più indietro, quando circa un decennio fa scrisse di alcuni dei suoi più grandi errori.


Ecco il problema per gli investitori

Gli investitori che dieci anni fa avevano dato ascolto alle previsioni di Dalio su una futura “depressione” si sono persi la possibilità di partecipare a uno dei mercati rialzisti più significativi della storia degli Stati Uniti.

Eppure, negli ultimi 40 anni, il debito pubblico è cresciuto esponenzialmente, senza le conseguenze disastrose ripetutamente previste. I tassi di interesse hanno oscillato, la situazione di stallo politico è persistita e i deficit si sono ampliati, ma l'economia statunitense continua a funzionare, crescere e attrarre capitali globali. Il motivo è che gli Stati Uniti continuano a godere di quello che gli economisti chiamano il “privilegio esorbitante”: essere l'emittente della valuta di riserva mondiale. I titoli del Tesoro rimangono il mercato dei capitali più profondo e liquido a livello globale e il dollaro è fondamentale per il commercio, gli investimenti e le riserve mondiali. Ciò crea un vantaggio strutturale che consente agli Stati Uniti di registrare deficit maggiori rispetto ad altre nazioni senza dover affrontare lo stesso livello di disciplina di mercato. Finché la fiducia mondiale nelle istituzioni statunitensi e nello stato di diritto rimarrà intatta, vi sarà una domanda profonda e costante per il debito statunitense, cosa che fornirà un ampio margine di manovra prima che emerga qualsiasi grave stress finanziario.

Inoltre la spesa in deficit non è più uno strumento temporaneo utilizzato in tempi di crisi; è diventata una caratteristica radicata dell'economia. La previdenza sociale, l'assistenza sanitaria pubblica (Medicare), la difesa e altri diritti sono sacrosanti a livello politico. Allo stesso tempo i trasferimenti fiscali (come crediti d'imposta e sussidi) sono ormai una componente regolare dei consumi delle famiglie e del sostegno alle imprese. Per molti versi l'economia statunitense è ormai strutturalmente dipendente da stimoli finanziati in deficit. La crescita, la spesa dei consumatori e persino gli investimenti aziendali dipendono sempre più da un flusso costante di esborsi governativi.

Sebbene i livelli di debito e deficit degli Stati Uniti siano elevati, non vi è alcun rischio imminente di collasso fiscale. Tuttavia vale la pena esaminare l'impatto dell'aumento dei livelli di debito e deficit sulla futura prosperità economica.


Il vero problema dei debiti e dei deficit

Capisco le preoccupazioni relative all'aumento dei livelli di debito, tuttavia il loro aumento NON è un default ma un continuo degrado della crescita economica. Iniziamo questa discussione con un fatto fondamentale: senza un continuo aumento del debito, la crescita economica sarebbe molto scarsa o nulla. Questo perché tutto il debito pubblico finisce nell'economia e nel bilancio delle famiglie attraverso prestiti, credito, o pagamenti diretti. Possiamo capirlo considerando i dollari di debito necessari per creare un dollaro di crescita economica. Dal 1980 l'aumento del debito ha soppiantato l'intera crescita economica. Il problema con l'aumento del debito è che devia i fondi delle tasse dagli investimenti produttivi verso il servizio del debito e il welfare.

Un altro modo di vedere la situazione è considerare una crescita economica “senza debito”. In altre parole, senza debito non c'è stata alcuna crescita economica organica sin dal 2015, pertanto esso e i conseguenti deficit devono continuare ad aumentare per sostenere la crescita economica.

Il deficit economico non è mai stato così significativo. Dal 1952 al 1982 il surplus economico ha favorito  un tasso di crescita economica medio di circa l'8%. Oggi la situazione non è più la stessa, poiché il debito ostacola la crescita. Ecco perché la Federal Reserve si è trovata in una “trappola della liquidità” in cui:

I tassi di interesse DEVONO rimanere bassi e il debito DEVE crescere più velocemente dell'economia, solo per evitare che l'economia stessa vada in stallo.

Il problema dell'attuale emissione di debito è che si tratta principalmente di debito improduttivo.  Questo è un concetto di fondamentale importanza per quanto riguarda l'emissione di debito e il suo impatto sulla crescita economica.


Il problema è il debito non produttivo

Non tutti i debiti sono uguali. La distinzione fondamentale è tra debito produttivo e non produttivo,  e comprenderne la differenza è fondamentale per valutare i rischi e i benefici dell'indebitamento pubblico.

Il debito produttivo si riferisce ai prestiti utilizzati per investimenti che generano rendimenti economici a lungo termine, come infrastrutture, istruzione, ricerca, o spese in conto capitale aziendali. Questi tipi di investimenti possono aumentare il PIL futuro, migliorare la produttività e, in ultima analisi, ripagarsi attraverso maggiori entrate fiscali.

Al contrario, il debito non produttivo finanzia consumi o trasferimenti sociali che non generano un ritorno economico misurabile. Negli Stati Uniti il welfare e il pagamento degli interessi sul debito esistente costituiscono la stragrande maggioranza della spesa pubblica.

I dati sottostanti mostrano che di ogni dollaro speso dal governo federale, circa il 73% è spesa “obbligatoria” per l’assistenza sociale e per gli interessi.

Sebbene la spesa improduttiva sia necessaria, principalmente per sostenere le popolazioni vulnerabili, essa aumenta l'onere del debito senza aumentare la capacità di crescita dell'economia. Gli Stati Uniti, come molte economie sviluppate, fanno sempre più affidamento sul debito improduttivo per sostenere lo slancio economico, il che solleva preoccupazioni sulla sostenibilità fiscale a lungo termine. Il pericolo non è il debito in sé, bensì quando i fondi presi in prestito non riescono a creare valore futuro, lasciando i contribuenti futuri col conto da pagare senza alcun beneficio economico corrispondente.

Il libro di Woody Brock, American Gridlock, spiega al meglio la differenza tra debito produttivo e non produttivo.

La parola “deficit” non ha alcun significato reale. Si consideri il seguente esempio:

Il Paese A spende $4.000 miliardi con entrate pari a $3.000 miliardi. Questo lascia il Paese A con un deficit di $1.000 miliardi. Per compensare la differenza tra spesa ed entrate, il Dipartimento del Tesoro deve emettere $1.000 miliardi in nuovo debito. Quest'ultimo viene utilizzato per coprire le spese in eccesso, ma non genera entrate, lasciando un vuoto futuro che deve essere colmato.

Il Paese B spende $4.000 miliardi e ne riceve $3.000 miliardi. Tuttavia i mille miliardi di dollari in eccesso, finanziati tramite debito, sono stati investiti in progetti e infrastrutture che hanno prodotto un tasso di rendimento positivo. Non vi è alcun deficit, poiché il tasso di rendimento degli investimenti sostiene il “deficit” nel tempo.

Non c'è disaccordo sulla necessità della spesa pubblica. Il disaccordo riguarda l'abuso e lo spreco della stessa.

Attualmente gli Stati Uniti sono il Paese A. L'aumento del debito pubblico è stato a lungo sprecato in aumenti dei programmi di assistenza sociale e, in ultima analisi, in un maggiore servizio del debito stesso, con un ritorno sugli investimenti effettivamente negativo. Pertanto maggiore è il saldo del debito, più distruttivo è dal punto di vista economico, poiché dirotta quantità crescenti di dollari dalle attività produttive al servizio del debito.

Ma è qui che entra in gioco il concetto più importante da comprendere.


Un moltiplicatore negativo

L’eccesso di “debito” ha un effetto moltiplicatore da zero a negativo, come hanno dimostrato gli economisti Jones e De Rugy in uno studio del Mercatus Center presso la George Mason University.

Il moltiplicatore misura il rendimento della produzione economica quando lo stato spende un dollaro. Se il moltiplicatore è superiore a uno, significa che la spesa pubblica attrae il settore privato e genera più spesa al consumo, investimenti privati ed esportazioni verso l'estero. Se il moltiplicatore è inferiore a uno, la spesa pubblica spiazza il settore privato, riducendolo completamente.

I dati suggeriscono che gli acquisti pubblici probabilmente riducono le dimensioni del settore privato, mentre aumentano quelle del settore pubblico. In termini netti, i redditi crescono, ma i redditi prodotti privatamente diminuiscono.

Le spese per consumi personali e gli investimenti aziendali sono fattori essenziali nell'equazione economica, pertanto non dovremmo ignorare la riduzione dei redditi prodotti privatamente. Inoltre, secondo le migliori evidenze disponibili, lo studio ha rilevato:

Non esistono scenari realistici in cui il beneficio a breve termine degli stimoli sia così grande da ammortizzare la spesa pubblica.  In realtà l'impatto positivo è limitato, molto più piccolo di quanto suggeriscano i manuali di economia.

I politici spendono denaro in base a ideologie politiche piuttosto che a sane politiche economiche, pertanto i risultati non dovrebbero sorprendervi. La conclusione dello studio è molto significativa.

Se si ritiene che l'attuale politica monetaria della Federal Reserve sia ragionevolmente competente, allora non ci si dovrebbe aspettare che l'impulso fiscale derivante da tutta la spesa sia notevole. Anzi, potrebbe essere prossimo allo zero.

Tutto questo, ovviamente, senza considerare le imposte future. Quando economisti come Robert Barro e Charles Redlick hanno studiato il moltiplicatore, hanno scoperto che, una volta considerate le imposte future necessarie per coprire la spesa, il moltiplicatore potrebbe essere negativo.

Ciò che non dovrebbe sorprendere è che il debito improduttivo non crea crescita economica. Come ha osservato in precedenza Stuart Sparks di Deutsche Bank:

La storia ci insegna che, sebbene gli investimenti nella capacità produttiva possano in linea di principio aumentare la crescita potenziale e r* in modo tale che il debito contratto per finanziare lo stimolo fiscale venga ripagato nel tempo (r-g<0), risulta che vi siano poche prove che ciò sia mai stato raggiunto in passato.

L'aumento del debito federale in percentuale del PIL è stato storicamente associato a cali nelle stime di r*: la necessità di risparmiare per onorare il debito deprime la crescita potenziale. Il punto generale è che una spesa aggressiva è necessaria, ma non sufficiente. Essa deve essere progettata per aumentare la capacità produttiva, la crescita potenziale e r*. In assenza di veri investimenti, la spesa pubblica può abbassare r*, inasprendo passivamente la politica monetaria.

Ecco perché il peso economico di una riduzione del debito sarebbe devastante. L'ultima volta che si è verificata una simile inversione di tendenza è stata durante la Grande Depressione.


Conclusione 

Questo è uno dei motivi principali per cui la crescita economica continuerà a rallentare: invertire la tendenza alla spesa improduttiva è impossibile a causa dell'enorme dipendenza della popolazione dai programmi sociali a essa associati. Ridurre tale spesa per lo Stato sociale sarebbe un “suicidio economico”.

Tuttavia, come osservato in “I deficit potrebbero trovare la loro cura nell’intelligenza artificiale”:

Dal punto di vista della narrazione sul deficit, tutto ciò suggerisce che il futuro è potenzialmente molto più luminoso di quanto la maggior parte delle persone immagini. Lo sviluppo di infrastrutture per le data factory basate sull'intelligenza artificiale può stimolare la crescita economica creando posti di lavoro, stimolando le industrie e consentendo aumenti di produttività guidati dall'intelligenza artificiale. Come osservato in precedenza, un aumento solo marginale della crescita stabilizzerebbe l'attuale rapporto debito/PIL. Un aumento della crescita del PIL al 2,3-3% annuo migliorerebbe notevolmente i risultati. Inoltre se i tassi di interesse scendessero anche solo dell'1%, ciò potrebbe ridurre la spesa di $500 miliardi all'anno, contribuendo ad allentare la pressione fiscale.

Mentre gli Stati Uniti si trovano ad affrontare una prospettiva fiscale scoraggiante, caratterizzata da un debito crescente e da deficit in espansione, la vera preoccupazione non è una crisi imminente o un default, piuttosto il problema più profondo e strutturale è che una quota crescente dei prestiti federali viene convogliata in programmi che sostengono i consumi ma non riescono a generare rendimenti economici futuri. Questo cambiamento, iniziato oltre 50 anni fa, crea un freno a lungo termine alla crescita economica, esclude gli investimenti privati ​​e riduce il potenziale dell'economia, o r*.

Come dimostrano i dati e la storia, il debito per finanziare attività produttive, come infrastrutture, innovazione e istruzione, può sostenere la crescita e persino ripagarsi nel tempo; l'indebitamento per lo Stato sociale e il servizio del debito no. Purtroppo le realtà politiche e demografiche rendono quasi impossibile invertire la rotta senza gravi ricadute economiche. A meno che i politici non riorientino le priorità fiscali verso gli investimenti in capacità produttiva, l'economia rimarrà intrappolata in un ciclo di bassa crescita, oneri crescenti e rendimenti in calo. L'innovazione può offrire una via d'uscita, in particolare la trasformazione guidata dall'intelligenza artificiale. Se sfruttata con saggezza, con investimenti mirati e linee di politica intelligenti, l'IA potrebbe aumentare la produttività, ripristinare la crescita e alleviare la pressione fiscale.

La strada da percorrere è stretta, ma non chiusa, e non porta a una crisi finanziaria imminente. Tuttavia la vera sfida sarà la volontà politica.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una mancia in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.


Perché i possessori di Bitcoin trarranno vantaggio dalla legge sulle stablecoin

Gio, 18/09/2025 - 10:09

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Julia Cartwright

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/perche-i-possessori-di-bitcoin-trarranno)

La recente approvazione del GENIUS Act al Senato e l'imminente “Crypto Week” della Camera segnano un cambiamento epocale nel mondo finanziario. Il disegno di legge, approvato con 68 voti favorevoli e 30 contrari, stabilisce un quadro normativo federale per le stablecoin, il quale include requisiti di riserva, informativa agli emittenti e tutela dei consumatori. Questa legge getta le basi affinché il sistema finanziario statunitense si liberi dal monopolio che le banche hanno a lungo detenuto sul denaro, creando spazio per l'innovazione e la concorrenza nei servizi finanziari.

Al centro di questa transizione c'è l'adozione delle stablecoin, crittovalute progettate per mantenere un valore stabile ancorato a un asset di riserva. Le stablecoin offrono un mezzo di scambio stabile e una riserva di valore, consentendo al contempo transazioni digitali più fluide e una più ampia adozione della tecnologia blockchain.

Ma perché i sostenitori di Bitcoin, che da tempo sostengono una forma di denaro decentralizzata, trarranno vantaggio dalla legge sulle stablecoin? Dopotutto sono emesse da società private e sono ancorate a una valuta fiat.

L'ascesa delle stablecoin non diminuisce il valore o l'importanza di Bitcoin, o di altre crittovalute.

In realtà le due cose si completano a vicenda.

La chiarezza normativa in questo ambito consente agli imprenditori nel settore delle crittovalute di valutare il rischio, minaccia il monopolio che le banche hanno sul denaro e crea una domanda aggiuntiva per i dollari.

Per molti imprenditori nel settore delle crittovalute, qualsiasi legge è meglio di nessuna legge. Il mondo delle crittovalute sta attualmente soffrendo di una sorta di paralisi causata dall'incertezza normativa.

Questo è stato uno dei temi centrali della Bitcoin Conference di maggio, il più grande incontro al mondo dedicato a Bitcoin, che ha visto gli interventi di J. D. Vance, Michael Saylor e Donald Trump Jr. Molti leader nel settore delle crittovalute hanno sostenuto l'approvazione di normative per gettare le basi per regole più formali nel loro settore.

La codifica delle normative sulle crittovalute, di cui il GENIUS Act e lo STABLE Act sono centrali, consente agli imprenditori di valutare con sicurezza il rischio nel settore. La legge può sempre essere modificata in futuro, ma disporre di una struttura normativa chiara incoraggia gli imprenditori a investire con fiducia in questo settore in rapida espansione.

Attualmente le banche decidono di fatto chi ha accesso al capitale e a quali condizioni, attraverso il loro controllo dominante su conti correnti, conti di risparmio e prestiti. L'ascesa delle stablecoin offre una via d'uscita da questo sistema centralizzato. Le stablecoin consentono a privati ​​e aziende di aggirare il sistema bancario tradizionale facilitando transazioni dirette peer-to-peer su reti blockchain decentralizzate, eliminando gli intermediari bancari.

Grazie alla stabilità dei prezzi legata a un asset, all'accessibilità globale (chiunque abbia una connessione Internet può accedervi) e all'integrazione con smart contract, le stablecoin rappresentano un'alternativa efficiente e conveniente ai sistemi finanziari tradizionali.

L'adozione delle stablecoin riduce la capacità esclusiva delle banche di controllare l'offerta di moneta. Con l'utilizzo delle stablecoin, persone e aziende non contribuiscono più ai profitti delle banche sotto forma di commissioni, prestiti o depositi. Le stablecoin possono sostituire strumenti finanziari come i conti correnti, che rappresentano la parte più redditizia del bilancio di una banca. Creando un modo più efficiente e trasparente per gestire le transazioni, le stablecoin riducono i costi complessivi dei servizi finanziari, minacciando di sovvertire la morsa che le banche hanno sul denaro.

Con l'adozione delle stablecoin da parte di un numero sempre maggiore di persone a livello globale, la domanda di dollari e titoli del Tesoro statunitensi aumenterà. L'entità di questo aumento della domanda è sconosciuta, tuttavia essa riduce i rendimenti obbligazionari e facilita l'aumento del debito statunitense. Se la convinzione dei bitcoiner che lo stato abbia scarso autocontrollo sulla politica fiscale si rivelerà vera, trarranno vantaggio dall'ascesa delle stablecoin. Maggiore è la domanda di dollari, più lo stato sarà incoraggiato a stampare e indebitarsi per soddisfare tale domanda. Ciò potrebbe portare a pressioni inflazionistiche, che a loro volta aumenterebbero il valore delle crittovalute, in particolare di Bitcoin, come copertura contro l'inflazione.

L'ampia accettazione delle stablecoin apre la strada a una maggiore chiarezza normativa nel settore delle crittovalute. Con regole chiare per l'emissione e l'utilizzo delle stablecoin, aziende e consumatori avranno maggiore fiducia nell'utilizzarle per le transazioni quotidiane. Per i bitcoiner la chiarezza normativa sulle stablecoin contribuirà a garantire che l'intero ecosistema delle crittovalute abbia leali possibilità di competere con la finanza tradizionale.

Il futuro delle crittovalute è in continua evoluzione e le stablecoin rappresentano una parte importante di questa evoluzione.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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È possibile sconfiggere la tirannia?

Mer, 17/09/2025 - 10:03

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Jeffrey Tucker

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/e-possibile-sconfiggere-la-tirannia)

La scusa che un certo governo è migliore di quanto non fosse, o che avrebbe potuto essere, ha una durata limitata.

Ogni governo di transizione della storia ha utilizzato questo tropo. Si pensi ai Girondini in Francia, a Kerenskij in Russia, a Weimar in Germania, alla Seconda Repubblica spagnola, a Chiang Kai-shek in Cina e così via. Nell'ordine sono stati sostituiti da Robespierre, poi Napoleone, Lenin, poi Stalin, Hitler, Franco e Mao.

In ognuno di questi casi il governo di transizione è stato alla fine annientato dalle pressioni di entrambe le parti: da un lato i sostenitori industriali e intellettuali del vecchio sistema che detenevano il controllo ereditato, e dall'altro il radicalismo dei movimenti populisti che avevano portato al potere nuove persone.

Di questi tempi la storia insegna una lezione più di ogni altra: il nuovo governo deve essere brutalmente onesto sulla criminalità del vecchio sistema e lavorare con determinazione per smantellarlo il più rapidamente possibile. Qualsiasi cosa che non sia questa porta al suo stesso discredito e alla sua eventuale sostituzione.

In ogni ambito il governo odierno, con l'amministrazione Trump, sta entrando nella sua seconda fase e assistiamo all'opera di queste forze storiche. Il movimento popolare che ha superato ogni pronostico per portare al potere i nuovi arrivati ​​nutriva aspettative elevate, persino rivoluzionarie, dopo i cinque anni più orribili della nostra vita.

Alcune di queste speranze vengono parzialmente soddisfatte, ma bloccate in troppi altri modi. Questa dinamica si riflette sul bilancio, sulla richiesta di trasparenza e sulla sanità pubblica.

Di conseguenza l'ottimismo sfrenato che aveva accolto l'insediamento di Trump si è trasformato in qualcosa di diverso, un misto di incredulità della base elettorale e di indignazione e disgusto da parte dei media generalisti e dell'establishment che hanno combattuto questa rivoluzione in ogni modo.

Ciò solleva ulteriormente la prospettiva su cui abbiamo ripetutamente messo in guardia: l'amministrazione Trump potrebbe passare alla storia come un governo di transizione come ne abbiamo visti tante altre volte, un esperimento quadriennale di moderazione intervallato da diverse forme di totalitarismo da entrambe le parti.

Questa è una questione seria, non un gioco da salotto. Né si tratta di una tipica battaglia politica. Quello che è successo negli ultimi cinque anni è stato un evento epocale. L'economia mondiale è stata travolta da una fuga biologica in un laboratorio parzialmente finanziato dal governo statunitense. Il piano di riserva non annunciato, promosso in nome della scienza, prevedeva la distribuzione di un nuovo vaccino con una nuova tecnologia di alterazione genetica.

Il vaccino non ha funzionato. Non è stato efficace, non era sicuro, né sono stati adeguatamente controllati, perché imposti da un editto militare con la scusa di un'emergenza. Altre terapie sono state denigrate e vietate. I critici in ogni ambito sono stati censurati e messi a tacere; chi ha rifiutato l'iniezione è stato licenziato e la salute pubblica è crollata in nome della sua salvaguardia.

Questi danni non hanno trovato giustizia... non ancora almeno.

Nel frattempo, per finanziare questa calamità, la spesa pubblica è aumentata di $8-10 miliardi, caricando il bilancio del governo federale con $2 miliardi in più rispetto a quanto sarebbe accaduto altrimenti. I vaccini sono ancora sul mercato, nonostante i danni innegabili e ampiamente noti.

Niente di tutto questo è un segreto, come forse lo era in passato. Grazie alle tecnologie informatiche, le persone sono perfettamente a conoscenza di ogni dettaglio. Il cosiddetto “movimento populista” è diventato una vasta comunità di esperti, perfettamente in grado di gestire in modo efficace persone e istituzioni consolidate.

I nuovi leader – eletti per cambiare rotta su tutto quanto sopra e altro ancora, compresi i conseguenti problemi di criminalità e di immigrazione – hanno iniziato con grande spavalderia e con editti radicali che sembravano promettenti. Quattro mesi dopo, chiedono pazienza mentre affrontano ostacoli preesistenti da ogni parte, dalle molestie mediatiche ai blocchi giudiziari.

Il problema è che la fiducia della popolazione è completamente svanita. L'intero Paese, traumatizzato da anni di bugie, è diventato il Missouri: mostrate le prove.

Per quanto riguarda la trasparenza, sono stati fatti passi avanti, ma non sufficienti a mantenere le promesse. I fascicoli su JFK sono confusi e incompleti; non sappiamo più di quanto già noto sui due attentatori che hanno tentato di uccidere Trump; ci sono ancora molti interrogativi sul 9 settembre, sul disastro del Covid e su molto altro. Questa non è l'apertura che la gente sperava.

Poi c'è l'area politica della sanità pubblica dove abbiamo visto i maggiori progressi. Abbiamo un nuovo ed eccellente decreto esecutivo sulla scienza: i test Covid finanziati con fondi pubblici sono terminati; un contratto da $750 milioni per un vaccino contro l'influenza aviaria è stato annullato; ci sono nuovi limiti alla ricerca sul guadagno di funzione e gli esperimenti su beagle e altri animali sono terminati; molti pessimi contratti con l'NIH sono stati annullati, mentre parti del CDC sono state smantellate.

Per quanto riguarda le iniezioni a mRNA, il mercato è stato ristretto a solo le popolazioni vulnerabili, tralasciando il noto problema che anch'esse non dovrebbero rischiare.

Esistono nuovi standard per gli studi clinici randomizzati con placebo, ma non vi è alcuna garanzia che queste aziende li attueranno tempestivamente. Gli RCT per un prodotto di cinque anni con effetti immunomodulatori significativi non potranno mai essere una valida selezione di campioni, né la continuazione di tali esperimenti in alcuna forma è moralmente giustificata.

Con due straordinarie vittorie, i vaccini sono stati rimossi dal programma di vaccinazione pediatrica di routine, la prima volta che ciò accade per un prodotto mirato a una specifica malattia, a parte l'eradicazione o la sostituzione. Infatti il CDC/FDA stanno dicendo: è meglio contrarre il Covid che rischiare con questi prodotti. Un messaggio del genere porterà le inoculazioni a nuovi minimi, che alla fine si avvicineranno allo zero.

Inoltre il consiglio scandaloso del CDC che raccomandava alle donne incinte di assumerli è finalmente scomparso. Il promotore di quella linea di politica è fuggito.

Questi sono tutti cambiamenti positivi in ​​linee di politica che non avrebbero mai dovuto esistere fin dall'inizio. Ciononostante nessuno parla dell'elefante nella stanza: anche se queste vaccinazioni fossero state sicure ed efficaci, cosa che non sono, non sono mai state necessarie per la stragrande maggioranza delle persone. Il che solleva la profonda domanda su come e perché tutto questo sia avvenuto.

Ci sono anche altre iniziative riguardanti ad esempio la nutrizione alimentare, la salute mentale e altre questioni nella relazione della Commissione MAHA, tutti cambiamenti estremamente graditi rispetto al passato.

Chi detiene il potere in queste agenzie implora pazienza. Non è irragionevole. Ricordate che questi pochi incaricati si trovano ad affrontare una bestia più grande, più radicata e meglio finanziata di qualsiasi egemone nella storia dell'umanità. Il complesso farmaceutico/media/tecnologico/ONG/accademico è più grande e più potente della tratta degli schiavi, della Compagnia delle Indie Orientali, della Standard Oil, o persino dell'industria bellica che diede inizio alla Grande Guerra.

È certo che un simile Leviatano non può essere fermato in tre mesi, nemmeno con le persone migliori al comando. Tutto ciò di cui la base elettorale ha realmente bisogno è vedere prove di progressi e una spiegazione trasparente per i ritardi. Se le vaccinazioni non possono essere sospese ora, la gente deve sapere perché. Se i poteri di emergenza Covid non possono essere revocati, bisogna spiegare il perché. Se il nuovo vaccino Moderna era già in fase di sviluppo e non poteva essere fermato, la gente deve conoscerne le ragioni.

Chiunque abbia assistito a tutto questo è indeciso, a prescindere dalle fazioni in continua mutazione all'interno dei movimenti dissidenti che hanno visto la propria leadership salire al potere. I membri dei movimenti MAGA/MAHA/DOGE sono entusiasti dei progressi compiuti finora, tanto quanto i media generalisti e l'establishment sono furiosi per tutti questi cambiamenti.

Da parte mia, avendo seguito gli affari pubblici per decenni, questa è la prima volta che assisto a qualche progresso in almeno un ambito delle attività statali. È un risultato degno di essere celebrato. Non ho nemmeno bisogno di soffermarmi sui tanti modi in cui il miglioramento rispetto ai periodi più bui delle nostre vite è palese.

Ciò di cui abbiamo veramente bisogno è la cruda verità sugli ultimi cinque anni. Dobbiamo sapere che le persone in carica, elette o nominate, condividono ancora la profonda indignazione che ha alimentato il movimento che le ha portate al potere. Abbiamo bisogno di sentire un discorso franco sui danni, gli obblighi, le sofferenze, gli inganni, le tangenti, la corruzione, gli abusi, l'illegale violazione della libertà, della scienza e dei diritti umani.

Non basta proclamare una nuova Età dell'Oro e basta. Questo riguarda ogni aspetto della vita pubblica. Le conferenze stampa dei nuovi incaricati, con sorrisi e promesse di un comportamento migliore in futuro, non bastano, vista la massiccia perdita di fiducia, il cinismo dilagante e la furia popolare. È necessario parlare più apertamente, agire in modo più deciso, andando al nocciolo della questione e garantendo un certo grado di responsabilità.

Sentiamo voci quotidiane che tutto questo stia per accadere. Ottimo. In tal caso i nuovi leader devono chiarirlo. Le persone non sono intrinsecamente irragionevoli, ma sono coloro con cui la leadership deve ragionare – non “mandarle messaggi”, non imbonirle con sciocchezze, non intrattenerle con spettacoli digitali e non liquidarle con sufficienza come estremisti ignoranti e complottisti.

Ogni nuova leadership che eredita un disastro come quello degli ultimi cinque anni si troverà necessariamente schiacciata tra il sistema ereditato – comprese le sue vaste burocrazie e i suoi interessi industriali – e i movimenti populisti che lo hanno portato al potere. In questi casi lo status quo si rivela solitamente irresistibile, ma con conseguenze disastrose in seguito.

Ora è il momento di fermare questo disastro, che non può che aggravare gli errori del passato.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Quando l'informazione aveva un peso

Mar, 16/09/2025 - 10:02

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Joshua Stylman

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/quando-linformazione-aveva-un-peso)

Ogni sabato mattina, a metà degli anni '80, mia madre mi lasciava al mercatino delle pulci di Commack, nel centro di Long Island. Mentre gli altri bambini guardavano i cartoni animati, io passavo ore al tavolo delle figurine di baseball di Albert, assorbendo storie sull'anno da esordiente di Mickey Mantle, imparando a riconoscere le figurine false dalle sottili variazioni nella consistenza del cartoncino. La luce del mattino presto filtrava attraverso i teloni del mercato e l'odore di muffa del cartone vecchio si mescolava al caffè dei venditori ambulanti lì vicino. Albert, ben oltre gli ottant'anni, non era solo un venditore, anche se non lo sapeva, era un curatore, uno storico e un mentore. Avendo assistito in prima persona all'età d'oro del baseball, i suoi racconti erano storia vivente: racconti di un'epoca in cui il baseball era il vero passatempo nazionale americano, unendo le comunità nel boom del dopoguerra. Mi insegnò che la vera conoscenza non consisteva solo nel memorizzare statistiche; si trattava di comprendere il contesto, riconoscere gli schemi e imparare da chi era venuto prima.

Sebbene amassi il gioco, le carte erano manifestazioni fisiche di dati, ognuna un nodo in un'intricata rete di informazioni. Il mercato delle figurine del baseball è stata la mia prima lezione su come le informazioni creano valore. Le guide ai prezzi erano i nostri motori di ricerca, le rassegne mensili di figurine i nostri social network: incontri in cui i collezionisti trascorrevano ore a scambiarsi non solo figurine, ma storie e conoscenze, costruendo comunità attorno a ossessioni condivise.

Per me il baseball non era solo uno sport: era la mia prima religione. Trattavo le medie di battuta come versetti delle Sacre Scritture, memorizzandole con la devozione di uno studioso che studia testi antichi. Conoscevo ogni dettaglio dei tre fuoricampo di Reggie Jackson nelle World Series del '77, ma ciò che mi affascinava davvero erano i racconti quasi mitologici del lontano passato del baseball: l'elettrizzante carriera di Jackie Robinson e il suo gusto per il dramma, Babe Ruth che chiamava il suo tiro nelle World Series del '32 e i duelli tra Christy Mathewson e Walter Johnson nell'era della palla morta. Per me non erano solo fatti; erano leggende tramandate di generazione in generazione, ricche e dettagliate come qualsiasi mitologia antica. Gli adulti si meravigliavano, o si innervosivano leggermente di fronte alla mia conoscenza enciclopedica che abbracciava quasi un secolo di storia del baseball. Non si trattava solo di memorizzazione; era devozione (sebbene oggigiorno se i miei genitori mi lasciassero regolarmente con un ottuagenario che conosciamo a malapena in un mercatino delle pulci, probabilmente si troverebbero ad affrontare una visita dei servizi sociali).

Il mercatino delle pulci era solo una parte dell'infanzia della Generazione X, in cui la scoperta assumeva forme diverse. Mentre Albert mi insegnava a organizzare e valorizzare le informazioni, le avventure nel nostro quartiere – regolate dall'unica regola “tornare a casa prima che faccia buio” – mi insegnavano l'esplorazione e l'indipendenza. Le biciclette erano i nostri passaporti per il mondo, guidandoci ovunque la curiosità ci portasse. Che si trattasse di pedalare verso quartieri lontani, costruire fortini traballanti, o imparare nonostante le ginocchia sbucciate, scoprivamo costantemente attraverso l'esperienza diretta piuttosto che attraverso l'insegnamento. Ogni spazio offriva le sue lezioni su come imparare, pensare e trovare un significato nel mondo che ci circondava.

Con l'arrivo del liceo, la mia ossessione si spostò dalle figurine del baseball alla musica, e il negozio di dischi locale divenne il mio nuovo rifugio. Come in Alta Fedeltà, i ragazzi dietro il bancone di Tracks on Wax a Huntington furono le mie guide attraverso la storia della musica, proprio come Albert lo era stato con quella del baseball. Il mio viaggio iniziò con i vinili ereditati: le copie consumate dei miei genitori degli album dei Beatles, i dischi di Crosby, Stills & Nash sopravvissuti a innumerevoli traslochi e gli LP di Marvin Gaye che portavano con sé il DNA sonoro di una generazione. I ragazzi dietro il bancone avevano il loro curriculum: “Se ti piace Bob Dylan”, dicevano tirando fuori un disco, “devi capire Van Morrison”. Ogni consiglio era un filo conduttore che collegava generi, epoche e influenze. I poster e le spille che compravo diventavano distintivi di identità, indicatori fisici di chi immaginavo di essere: il mio gusto in evoluzione che diventava il mio io in evoluzione.

L'università aprì una dimensione completamente nuova alla scoperta musicale. Le stanze del dormitorio diventarono laboratori di gusto condiviso, dove la conoscenza fluiva tra pari anziché da esperto a principiante. Non studiavamo più solo la storia della musica: la vivevamo, scoprendo il sound della nostra generazione. Trascorrevamo ore a esplorare le nostre collezioni, dall'emergente scena grunge di Seattle ai ritmi innovativi di A Tribe Called Quest e De La Soul.

Nei negozi di dischi vicino al campus, l'atto fisico della scoperta era sacro: sfogliavi le casse fino a impolverarti le dita, strizzavi gli occhi leggendo le note di copertina fino a farti male e portavi a casa le tue scoperte come tesori. I limiti dello spazio fisico imponevano a ogni negoziante di fare scelte oculate per il proprio inventario. Questi vincoli creavano personalità; ogni negozio era unico, riflettendo la competenza del suo curatore e il gusto della comunità. A differenza degli infiniti scaffali digitali di oggi, i limiti fisici richiedevano una cura attenta: ogni centimetro doveva guadagnarsi il suo spazio.

Dopo la laurea nel '95, mentre la rivoluzione digitale era appena agli inizi, mi ritrovai a creare siti web per aziende: il mio primo “vero” lavoro in quella che presto sarebbe stata chiamata l'economia di Internet. Quella conoscenza ossessiva per le statistiche del baseball ha poi trovato un nuovo sbocco quando il mio amico Pete e io abbiamo fondato una delle prime community di fantasy sport su Internet. Eravamo passati dal cercare disperatamente altri fan tra le riviste alla creazione di un'intera community online. Quando Ask Jeeves acquistò la nostra azienda, rimasi affascinato da quella che sembrava la promessa definitiva: sbloccare le informazioni del mondo. La possibilità di cercare e accedere istantaneamente a qualsiasi informazione significava avere le chiavi dell'universo. Ripensandoci, probabilmente avrei dovuto capire che un ragazzino ossessionato dall'organizzazione delle statistiche del baseball sarebbe finito a lavorare nel fantasy sport e nei motori di ricerca. Alcune persone trovano la loro vocazione presto: a me è capitato di trovare la mia nelle sottoculture più nerd possibili.

Verso la fine degli anni '90 facevo previsioni grandiose su come il mondo sarebbe cambiato, anche se, a dire il vero, capivo a malapena come funzionasse davvero. Eccomi qui, passato dall'essere un adolescente che vendeva gelati in spiaggia e serviva ai tavoli, a pontificare improvvisamente sulla trasformazione digitale: un ragazzino che non aveva mai avuto un vero lavoro, completamente all'oscuro di catene di approvvigionamento, manodopera, produzione, o di come funzionassero effettivamente le aziende. Eppure, anche nella mia ingenuità, il mio istinto non si sbagliava. La nostra generazione si trovava a cavallo di un divario unico: eravamo gli ultimi a crescere completamente in analogico, ma abbastanza giovani da contribuire a costruire il mondo digitale. Comprendevamo sia i limiti che la magia della scoperta fisica, il che ci ha dato una prospettiva che né i nostri genitori né i nostri figli avevano. Siamo diventati i traduttori tra questi due mondi.

La trasformazione non si è verificata solo nello sport e nelle carriere. All'inizio degli anni 2000 Napster rese ogni canzone disponibile gratuitamente, Google rese l'informazione infinita e Amazon rese i negozi fisici facoltativi. La promessa era la democratizzazione della conoscenza: chiunque poteva imparare qualsiasi cosa, in qualsiasi momento. La realtà era più complicata. Come osservò una volta Noam Chomsky: “La tecnologia è solo uno strumento. Come un martello puoi usarla per costruire una casa, o per spaccare la faccia a qualcuno”. Ogni progresso tecnologico era allo stesso tempo creazione e distruzione: ha creato nuovi modi di accedere alle informazioni e demolito i vecchi modi di scoprirle. La rivoluzione digitale ha creato cose incredibili: un accesso alle informazioni senza precedenti, comunità globali, nuove forme di creatività... ma ha anche demolito qualcosa di prezioso nel processo.

Sì, le informazioni sono diventate abbondanti, ma la saggezza è diventata scarsa. Gli Albert e i ragazzi dei negozi di dischi sono stati soppiantati da algoritmi di raccomandazione ottimizzati per il coinvolgimento piuttosto che per la scoperta. Abbiamo guadagnato in praticità, ma perso la serendipità. Il catalogo digitale delle schede potrebbe essere più efficiente di quello fisico, ma non vi insegna a pensare alle informazioni: le serve e basta. Quando Albert mi parlava del valore di una figurina di baseball, non si limitava a citare una guida ai prezzi; mi stava insegnando la scarsità, le condizioni, il contesto storico e la natura umana: lezioni sull'autenticità che risultano particolarmente rilevanti nell'era odierna di personaggi online accuratamente curati e contenuti generati dall'intelligenza artificiale. Quando quei commessi nei negozi di dischi facevano raccomandazioni, non si limitavano a confrontare i tag di genere; condividevano la loro passione, trasferendo non solo conoscenza, ma un pezzo della loro umanità. Non si trattava di suggerimenti algoritmici, ma di momenti di genuina connessione, ricchi di contesto e vivi di entusiasmo condiviso. Non ricordi solo ciò che ti hanno insegnato, ma anche l'odore del negozio, la luce del pomeriggio che filtrava attraverso le vetrine polverose, l'entusiasmo nella loro voce quando ti presentavano qualcosa di nuovo. Non si trattava solo di transazioni: era un apprendistato su come pensare in modo critico alle informazioni che avevamo di fronte.

Queste lezioni sulla connessione umana e sulla scoperta hanno assunto un nuovo significato osservando i miei figli orientarsi nell'attuale panorama digitale. Di recente, mentre aiutavo mio figlio a studiare per un compito di geometria sulla lunghezza dell'ipotenusa, mi sono ritrovato a usare ChatGPT, sia come ripasso di concetti che avevo dimenticato da tempo, sia come strumento didattico. L'IA ha scomposto il teorema di Pitagora con una chiarezza che mi ha ricordato le lezioni di Albert sulle figurine del baseball. Ma c'era una differenza cruciale: mentre Albert mi forniva non solo dati, ma anche contesto e significato, le piattaforme di IA, per quanto potenti, non riescono a replicare quella saggezza umana che sa quando spingere, quando fermarsi e come accendere quell'amore critico per l'apprendimento. Mark, uno dei miei più vecchi amici ed esperto in questo settore, ha approfondito molto più di me l'esplorazione di queste tecnologie, aiutandomi a comprenderne sia la potenza che i rischi. Il suo consiglio: testate l'IA solo su domande di cui conoscete già la risposta, usandola per comprendere i pregiudizi e le barriere del sistema, piuttosto che trattarla come un oracolo. Stiamo ancora imparando a integrare queste tecnologie nelle nostre vite, proprio come abbiamo fatto con i motori di ricerca e Internet: ricordate quando per rispondere a una semplice domanda di storia era necessario andare in biblioteca? O quando non si poteva controllare all'istante su IMDB se un attore era apparso in un film? Ogni nuovo strumento ci impone di sviluppare una nuova consapevolezza dei suoi punti di forza e dei suoi limiti.

Ciò fa eco a quello che Thomas Harrington ha scritto nella sua attenta analisi dell'istruzione moderna: trattiamo sempre più gli studenti come elaboratori di informazioni piuttosto che come menti in via di sviluppo che necessitano di una guida umana. Harrington sostiene che, mentre la nostra cultura venera le soluzioni meccaniche, abbiamo dimenticato qualcosa di fondamentale: che l'insegnamento e la comprensione sono processi profondamente umani che non possono essere ridotti alla mera trasmissione di dati. Ogni studente è, nelle sue parole, “un miracolo di carne e sangue, capace degli atti più radicali e creativi di alchimia mentale”. La tecnologia può rendere le informazioni più accessibili, ma non può replicare la saggezza umana che sa quando spingere, quando fermarsi e come accendere quell'amore per l'apprendimento.

Questo equilibrio tra strumenti tecnologici e saggezza umana si manifesta quotidianamente mentre osserviamo i nostri adolescenti orientarsi nel loro panorama digitale. Mia moglie ed io ci troviamo a combattere e ad abbracciare contemporaneamente la modernità. Ho insegnato scacchi al nostro figlio più grande, ma lui ha affinato le sue abilità tramite un'app. Ora giochiamo con una scacchiera fisica quasi tutte le sere, discutendo strategie e condividendo storie tra una mossa e l'altra. La stessa dinamica plasma il loro rapporto con il basket: combinano ore di allenamento fisico con infinite scorribande sui social media e sui tutorial di YouTube, studiando mosse e strategie in modi che a noi non erano accessibili. Stanno creando il loro mix personale di padronanza fisica e digitale. In quanto genitori di adolescenti, non possiamo più guidare il loro percorso; possiamo solo dare loro una spinta, aiutandoli a capire quando abbracciare la tecnologia e quando allontanarsene.

Il riconoscimento di schemi che ho acquisito attraverso le figurine del baseball, i negozi di dischi che mi hanno insegnato come gestire la conoscenza e, sì, persino la libertà di vagare fino a sera – di esplorare, di fallire, di imparare dai nostri errori – non sono state solo esperienze nostalgiche. Sono state lezioni su come pensare, scoprire e imparare. Mentre navighiamo in questa rivoluzione dell'intelligenza artificiale, forse la cosa più preziosa che possiamo insegnare ai nostri figli non è come usare queste potenti capacità, ma quando non usarle – preservando lo spazio per il tipo di apprendimento umano profondo che ha un peso reale – il tipo che nessun algoritmo può replicare.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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