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Francesco Simoncellihttp://www.blogger.com/profile/[email protected]
Aggiornato: 10 ore 49 min fa

Ciò che l'eurodollaro ha dato, l'eurodollaro si sta riprendendo (Parte #2): La creatura di Threadneedle Street

Ven, 21/02/2025 - 11:05

 

 

di Francesco Simoncelli

(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/cio-che-leurodollaro-ha-dato-leurodollaro-f30)

Si è parlato molto della cosiddetta “creatura di Jekyll Island”, come è intitolato l'omonimo libro di Edward Griffin, ma molto poco della sua controparte inglese. Eppure è stata quest'ultima a dare lo spunto per la creazione della prima, senza contare che con il suo grado d'influenza (molto probabilmente) l'ha anche controllata... almeno fino al 2022. Piuttosto che usare il termine “spunto”, sarebbe meglio dire “spinta”. Nel mio ultimo libro, Il Grande Default, ho permesso ai lettori di svelare il cosiddetto mistero dell'attività bancaria ombra, dando altresì uno sguardo a come le azioni della FED fossero eterodirette oltreoceano. Infatti nella Prima Parte di questo saggio abbiamo sondato la leva economica con cui la cricca di Davos, fino all'entrata in scena dell'SOFR, ha praticamente usato la banca centrale americana come banca di riserva mondiale. Studiando l'evoluzione di queste ultime è facile capire come sia nata la “National Reserve Association”, ovvero il progenitore della Federal Reserve. Paul Warburg, uno dei co-creatori della FED, era stato a lungo un consulente non ufficiale della National Monetary Commission e aveva pubblicato diversi articoli in cui parlava della necessità di un istituto bancario centralizzato. I principali quotidiani avevano pubblicato articoli a sostegno delle sue opinioni, tra cui il Washington Post del marzo 1913 intitolato “Warburg Wants Elastic Currency”.

Pressione sociale attraverso la stampa, in particolar modo quella finanziaria, un metodo mai caduto in disuso visto che ancora oggi è protagonista nel modellare l'opinione pubblica. E su questo lo zampino degli inglesi è sempre stato presente, dato che il loro livello d'infiltrazione nel tessuto americano era pervasivo. Piuttosto che governare come sovrani avrebbero governato come “alleati”. Infatti, a tal proposito, è propedeutico studiare una “creatura” di cui s'è sempre parlato poco, ma che non ottiene le stesse attenzioni della FED. Ormai lo slogan “End the FED” sta diventando mainstream, solo che la sua controparte inglese non è altrettanto colpita da tali esortazioni. Terminare la prima senza terminare la seconda, oppure la BCE, significherebbe (e avrebbe significato) spianare la strada alla cricca di Davos. I motivi di questa affermazione sono giustificati all'interno del mio libro, quindi non mi ripeterò qui. Infatti la risposta degli Stati Uniti sarà una regionalizzazione dei poteri della Federal Reserve, in modo che un qualsiasi attore malevolo in futuro non potrà trovare un honeypot a cui attingere com'è stato in passato. Sforzi, questi, coadiuvati da una narrativa favorevole a Bitcoin, destinato a diventare reserve money (ruolo la cui importanza è stata sottolienata nella Prima Parte di questo saggio).

La Banca d'Inghilterra, fondata nel 1694, è un'istituzione monumentale nella finanza globale. Spesso etichettata come la prima banca centrale del mondo moderno, è nata per necessità: verso la fine del XVII secolo la Gran Bretagna era coinvolta nella costosa Guerra dei 9 anni contro la Francia e il re Guglielmo III era alla disperata ricerca di fondi. La soluzione fu una nuova istituzione finanziaria che avrebbe prestato denaro al governo in cambio di una carta reale (un permesso speciale del re che dava alla Banca il potere di emettere denaro e gestire il debito del governo). Questo concetto, capeggiato dal finanziere scozzese William Paterson e da un gruppo di ricchi mercanti, fu il seme da cui sarebbe cresciuta la Banca d'Inghilterra. A differenza di qualsiasi cosa vista prima, consentiva al governo inglese di prendere in prestito ingenti somme di denaro e abilitava la Banca d'Inghilterra a emettere bancanote coperte dalle sue riserve.

È importante capire che la Banca d'Inghilterra non è stata la prima banca del suo genere: gli olandesi avevano già fondato la Banca di Amsterdam nel 1609. Tuttavia le due istituzioni erano fondamentalmente diverse. La Banca di Amsterdam era principalmente una banca di deposito, progettata per portare ordine nel caotico mondo monetario della Repubblica olandese. Non emetteva prestiti allo stato, né si occupò della gestione del debito sovrano come avrebbe fatto la Banca d'Inghilterra. Invece la Banca di Amsterdam era essenzialmente una stanza di compensazione per il commercio internazionale, offrendo ai mercanti un modo affidabile e stabile per conservare il loro denaro e regolare i conti. Il suo ruolo era la stabilizzazione dell'economia olandese e la sua influenza nel mondo della finanza pubblica fu limitata. La Banca d'Inghilterra, al contrario, nacque dall'esigenza di finanziare lo stato e fu progettata fino dal principio per essere un prestatore di ultima istanza. Inizialmente il suo ruolo era modesto, principalmente prestiti al governo inglese, ma con la crescita del potere economico e militare della Gran Bretagna, crebbe anche l'importanza della BoE. All'inizio del XVIII secolo la Banca d'Inghilterra aveva iniziato a emettere banconote che circolavano più di oro e argento nelle transazioni quotidiane; queste banconote erano un passo verso un sistema finanziario più fluido, consentendo un commercio più efficiente senza la necessità di metalli fisici.

Nel frattempo le banche commerciali in tutta l'Inghilterra iniziarono a proliferare: a metà del XVIII secolo c'erano circa 300 banche private in Inghilterra, le quali offrivano credito a imprese e privati. L'emissione di banconote, che pur non essendo universalmente accettate, facilitò il commercio e gli scambi locali. Creò anche un sistema monetario frammentato, in cui la fiducia nel valore di una banconota dipendeva fortemente dalla reputazione della banca che le stampava. A differenza di una valuta nazionale standardizzata, le banconote private erano spesso accettate solo localmente e potevano non essere riconosciute in altre regioni. Ad esempio, le banconote emesse da una piccola banca rurale in Devonshire difficilmente sarebbero state accettate a Londra, o persino nelle contee vicine. Questa mancanza di universalità complicò il commercio oltre i confini locali, aumentando i costi di transazione e rallentando l'efficienza economica. L'emissione eccessiva di banconote fu un altro problema: durante il panico finanziario del 1793, numerose banche private fallirono poiché avevano emesso molte più banconote di quante ne potessero riscattare in oro.

Inoltre il valore di queste banconote poteva fluttuare in base alla salute finanziaria della banca che le stampava, creando ulteriore incertezza. Se una banca falliva o le sue riserve erano inadeguate, le sue banconote potevano perdere valore, minando la fiducia nel sistema monetario. Questa vulnerabilità alle corse agli sportelli e ai crolli bancari rendeva il sistema intrinsecamente instabile. Il sistema bancario decentralizzato poneva anche delle sfide di coordinamento: senza un'autorità centrale che regolasse l'emissione, il rischio di sovraemissione (che portava all'inflazione) o di sottoemissione (che causava carenze di credito) era significativo. Le banche concorrenti a volte emettevano banconote con denominazioni o standard incompatibili, complicando ulteriormente il commercio e la contabilità. Le banche commerciali come Barings e Rothschild & Co. svolsero un ruolo fondamentale nel finanziamento delle rotte commerciali, dei grandi progetti infrastrutturali e dell'impero della Gran Bretagna.

Il XVIII secolo segnò un periodo di trasformazione per il sistema finanziario britannico, poiché istituzioni come la Banca d'Inghilterra divennero parte integrante delle ambizioni della nazione. La BoE svolse il ruolo di principale operatore del debito pubblico, raccogliendo £1,2 milioni nel suo anno di fondazione. Nel tempo, si ramificò in prestiti commerciali limitati, come lo sconto di cambiali per i mercanti (acquistando cambiali a breve termine dai detentori prima della scadenza), i quali avevano spesso bisogno di denaro rapido per finanziare le loro operazioni. Vendendo la cambiale a una banca a sconto, potevano accedere immediatamente alla liquidità e ampliare le proprie reti commerciali. Nel 1742 la Banca d'Inghilterra formalizzò queste operazioni per stabilizzare i mercati, consolidando il suo ruolo nella gestione della liquidità durante le crisi.

La rivalità della BoE con la South Sea Company all'inizio del XVIII secolo ne espanse l'influenza. Entrambe le istituzioni gareggiavano per gestire il debito pubblico della Gran Bretagna, comeptizione culminata con la South Sea Bubble del 1720. Al centro della sua presunta proposta di valore c'era l'asiento, un contratto che garantiva alla Gran Bretagna il diritto esclusivo di fornire schiavi africani alle colonie spagnole sotto l'illusione di opportunità illimitate in una regione mitizzata come El Dorado. Gli investitori si accalcarono, attratti dalle partnership della South Sea Company con istituzioni influenti come la Royal Navy e la Royal African Company. Nel 1719 gli intrecci finanziari della South Sea Company con il governo inglese si approfondirono man mano che si indebitava di più; il Parlamento autorizzò un prestito di £7 milioni come parte del piano della società di consolidare il debito pubblico. Membri della corte reale, parlamentari e persino il re Giorgio I erano azionisti, conferendole un'aria di legittimità intoccabile. Sotto le promesse dorate, però, si celava ben altro: la società non aveva la competenza per le sue iniziative, in particolare nel commercio degli schiavi, e si affidava a partnership fragili e a un'ambizione smisurata. Il mercato azionario in forte espansione stimolò le imitazioni, come le società che sostenevano di estrarre la luce del sole dai cetrioli. L'euforia si trasformò in frenesia e lo scoppio della bolla nel 1720 devastò gli investitori, dagli aristocratici ai piccoli speculatori. Anche Isaac Newton era tra gli investitori. Inizialmente vendette le sue azioni, assicurandosi un profitto di circa £20.000, però in seguito vi investì di nuovo a un prezzo più alto, finendo per subire perdite significative.

Lo scoppio della bolla South Sea ebbe profonde implicazioni per l'economia britannica, facendo sprofondare il sistema finanziario della nazione. La Banca d'Inghilterra intervenne acquistando debito pubblico da investitori in difficoltà e iniettando liquidità nel mercato. Questo intervento segnò una prima affermazione del suo ruolo come “stabilizzatore finanziario”. Il Parlamento, riconoscendo la fragilità del sistema finanziario, approvò una legge per limitare la formazione di iniziative speculative e rafforzare la supervisione delle società per azioni, tuttavia queste misure fecero poco per affrontare le vulnerabilità sottostanti nel quadro monetario della Gran Bretagna. Il sistema finanziario, pur essendo innovativo, era tutt'altro che perfetto. Questa espansione dei poteri e delle capacità della BoE continuò nei secoli successivi. Il XVIII secolo fu trasformativo, poiché le permise di emettere banconote. Le prime furono introdotte nel 1695 ed erano relativamente semplici nel design, costituite da tagli scritti a mano su carta recante il sigillo della Banca d'Inghilterra. Ogni banconota richiedeva la firma manuale da parte di uno dei cassieri della BoE, rendendo il processo laborioso e le banconote altamente vulnerabili alla contraffazione. Quest'ultima divenne un problema serio a metà del XVIII secolo, con banconote false che minavano la fiducia delle persone nella moneta cartacea. La Banca d'Inghilterra rispose adottando diverse misure di sicurezza innovative:

• Filigrane (1697): le prime banconote presentavano filigrane rudimentali come deterrente di base. Nel 1801 le filigrane divennero più sofisticate, incorporando modelli unici per rendere la falsificazione più difficile.

• Disegni intricati (1797): la BoE iniziò a stampare banconote con incisioni complesse e sottili. Questi disegni erano pensati per essere difficili da replicare con le limitate tecnologie di stampa dell'epoca.

• Tecniche di stampa standardizzate (1725): sebbene inizialmente scritte a mano, si passò gradualmente alle banconote parzialmente stampate, riducendo il rischio di errore umano e falsificazione. Verso la fine del XVIII secolo le banconote stampate divennero lo standard, consentendo una maggiore uniformità e sicurezza.

Durante le guerre napoleoniche la contraffazione divenne uno strumento di guerra economica. Si dice che il governo francese orchestrò falsificazioni su larga scala di banconote britanniche, con l'obiettivo di destabilizzarne l'economia. Queste banconote contraffatte, spesso contrabbandate in Gran Bretagna tramite simpatizzanti o navi catturate, crearono panico e sfiducia nella cartamoneta. La contraffazione, però, non era limitata agli attori stranieri: le pressioni economiche delle guerre, unite alla mancanza di occupazione, spinsero molti individui a falsificare banconote. All'inizio del XIX secolo si stimava che nella sola Inghilterra venissero perseguiti annualmente fino a 300 casi di contraffazione. Questa cifra probabilmente minimizzava la portata reale del problema, poiché molte falsificazioni non venivano rilevate o denunciate. Al culmine della crisi della contraffazione, si stimava che il 10% di tutte le banconote in circolazione della Banca d'Inghilterra fossero false. Ricorda vagamente qualcosa... come l'eurodollaro ad esempio.

Il governo inglese non prese bene tali contraffazioni e, tra il 1805 e il 1818, più di 500 persone furono giustiziate in Gran Bretagna. Sebbene il monopolio della Banca d'Inghilterra sull'emissione di banconote non sarebbe stato formalizzato ufficialmente fino al Bank Charter Act del 1844, la sua reputazione di istituzione più affidabile in un ambiente finanziario altrimenti instabile stava già diventando evidente. Entro la fine del XVIII secolo la Gran Bretagna sarebbe stata sulla buona strada per diventare una potenza globale e la Banca d'Inghilterra avrebbe consolidato la sua posizione di forza stabilizzatrice del sistema finanziario del Paese.

Un altro capitolo cruciale nella storia della Banca d'Inghilterra fu il finanziamento delle guerre, in particolare delle guerre rivoluzionarie e napoleoniche (1793-1815) che alla fine costrinsero la Gran Bretagna ad abbandonare il gold standard nel 1797. In quel periodo cominciò a essere chiamata “The Old Lady of Threadneedle Street”, soprannome derivante da una vignetta satirica del 1797 a firma di James Gillray. La raffigurazione satirica rifletteva la relazione tesa tra la BoE e il governo inglese durante le guerre contro la Francia: mentre l'amministrazione Pitt attingeva sempre più alle riserve auree della Banca d'Inghilterra per finanziare la guerra, la capacità della banca centrale inglese di sostenere i pagamenti in oro finì sotto una forte pressione. Nel 1797 la situazione raggiunse un punto di rottura, culminante con la sospensione dei pagamenti in oro. I conflitti richiesero finanziamenti immensi e la Banca d'Inghilterra divenne il principale finanziatore dello sforzo bellico britannico, espandendo il suo ruolo di gestore del debito sovrano. Alla fine delle guerre napoleoniche era diventata l'istituzione dominante nella finanza britannica, gestendo quasi tutto il debito sovrano a lungo termine e supervisionando la politica monetaria della nazione.

Mentre la Gran Bretagna avanzava nel XIX secolo, visse un periodo di rapida crescita economica ed egemonia globale noto come “Età dell'oro”: la Rivoluzione industriale stava trasformando il Paese e l'impero britannico si stava espandendo rapidamente. La sterlina divenne la valuta di riserva mondiale, uno status che rifletteva il predominio della Gran Bretagna nel commercio e nella finanza globali. Tuttavia il percorso non fu facile. Nel 1866 emerse un panico di massa che riaccese i timori sulle vulnerabilità del sistema bancario a riserva frazionaria. Fu innescato dal fallimento catastrofico di Overend Gurney & Co. e si trasformò rapidamente in una crisi a tutto campo. L'ascesa e la caduta di Overend Gurney & Co. è una delle storie finanziarie più drammatiche della Gran Bretagna vittoriana. Fondata nel 1800 dal banchiere quacchero Samuel Gurney, la società crebbe da piccola banca provinciale fino a diventare il principale broker di cambiali di Londra nel 1820. A metà del XIX secolo Overend Gurney era parte integrante dell'economia industriale britannica, elaborando transazioni per un valore fino a metà del debito nazionale del Regno Unito all'epoca. Tuttavia il successo dell'azienda generò compiacimento e comportamenti rischiosi: fece investimenti speculativi nelle ferrovie e nel commercio estero, mal gestiti e mal programmati, che ne prosciugarono le risorse. Nel 1865 si diceva che le perdite superassero le £500.000 all'anno. In un disperato tentativo di rimanere a galla, l'azienda divenne una società per azioni, raccogliendo £5 milioni dal capitale pubblico, sebbene gli investitori non fossero informati del pericolo finanziario dell'azienda. Nonostante ciò le sue iniziative speculative continuarono a sgretolarsi.

Il 10 maggio 1866 Overend Gurney sospese i pagamenti, scatenando il panico che sarebbe passato alla storia come “Black Friday”. Oltre 200 banche fallirono nella crisi che ne seguì. In risposta la Banca d'Inghilterra intervenne, agendo come prestatore di ultima istanza iniettando liquidità nel mercato, una mossa che avrebbe continuato a influenzare la linea di politica della banca centrale inglese. Per scongiurare un crollo completo del sistema bancario, adottò diverse misure straordinarie: iniettò liquidità nel mercato, stampando di fatto denaro per ripristinare la fiducia; iniziò anche a estendere prestiti di emergenza ad altre banche e istituzioni finanziarie, tra cui Barclays, Lloyds e Hoare's Bank. La reazione della popolazione fu un misto di paura, confusione, esaltazione e rabbia. Il Times, ad esempio, ne elogiò le azioni, nonostante fosse chiaro che la decisione di inondare il mercato di liquidità comportasse i suoi rischi. The Economist, invece, la accusò di aver permesso che la crisi si sviluppasse in primo luogo. Il fallimento della BoE nell'intervenire prima nella crisi fu visto come un passo falso catastrofico. Guarda caso, quest'ultima fu la stessa linea di politica seguita dalla stampa americana all'indomani della Grande depressione, giustificazione passata alla storia per aver formato il pensiero di Milton Friedman e il suo supporto a una “scusa accademica credibile” per spingere la Federal Reserve a intervenire attivamente sulla scia delle future crisi.

Quanto a Overend, Gurney & Co. il crollo fu visto come una manifestazione di avidità incontrollata e follia speculativa, un esempio dei pericoli in agguato nel sistema finanziario e, quindi, necessitanti azione da parte dei legislatori. Nel giro di poche settimane il peggio del panico era passato e la BoE era riuscita a stabilizzare i mercati. Stiamo parlando di tempi “semplici”, in cui i bilanci erano ancora lontani dall'essere saturati e, da questo punto di vista, c'era ancora spazio di manovra in patria. Tuttavia l'intervento della Banca d'Inghilterra, sebbene alla fine riuscito, sollevò interrogativi sull'azzardo morale derivante dal salvataggio di istituti finanziari falliti. I critici temevano che ciò avrebbe creato un precedente pericoloso, in cui le aziende avrebbero assunto rischi maggiori sapendo che c'era qualcuno alle loro spalle che sarebbe sempre intervenuto per prevenire la catastrofe. Inutile sottolineare che negli anni successivi alla crisi, si intensificarono le discussioni sulla necessità di una regolamentazione finanziaria più forte. Gli eventi del 1866 rappresentarono un terribile monito e un cambiamento di passo: l'approccio laissez-faire della Gran Bretagna aveva bisogno di “una riforma”.

L'influenza della BoE non si limitava solo alla ricerca di prosperità in tempo di pace. Durante la Prima guerra mondiale la Banca d'Inghilterra fu chiamata a finanziare gli sforzi bellici della nazione: nel 1914, con l'intensificarsi del conflitto, il governo britannico emise bond di guerra per finanziarsi. Per quanto la stampa dichiarò che fosse stata una campagna di raccolta fondi di successo, dietro le quinte la Banca d'Inghilterra aveva sudato le proverbiali sette camicie per trovare abbastanza investitori da coprire i prestiti necessari. Infatti il governo inglese si era rivolto alla sua banca centrale per avere più di £100 milioni in finanziamenti e compensare il deficit pubblico. Nel suo libro, Lords of Finance, John Maynard Keynes predisse che la Prima guerra mondiale non sarebbe durata più di un anno, perché i Paesi coinvolti non potevano permettersi di sostenerla: la tensione economica sarebbe stata troppo grande dato che tutte le parti coinvolte avrebbero rapidamente esaurito le loro risorse finanziarie. Le banche centrali furono l'escamotage per aggirare questa evidenza: esse, in particolar modo quella inglese e americana, dirottarono artificialmente le risorse di capitale e sostennero il pesante indebitamento dei rispettivi Paesi, il che alimentò la guerra molto più a lungo del previsto e preparò il terreno per la crisi economica che ne seguì.

Infatti, subito dopo la Prima guerra mondiale, la Gran Bretagna si trovò alle prese con profonde distorsioni economiche: la guerra aveva creato scompiglio nelle finanze della nazione, lasciandola con un macigno di debito pubblico e un mercato dell'export ridotto. Il governo inglese cercò di ripristinare l'ordine finanziario prebellico tornando al gold standard nel 1925. Winston Churchill, allora Cancelliere dello Scacchiere, sostenne questa mossa come simbolo di stabilità e della duratura leadership globale della Gran Bretagna. Solo che non fece i conti con le precedenti deformazioni economiche. Il gold standard legava il valore della sterlina a una quantità fissa di oro e il governo di Churchill fissò il tasso alla parità prebellica ($4,86 ​​a sterlina); questa sopravvalutazione rese le esportazioni britanniche non competitive, acuendo la disoccupazione e rallentando la ripresa industriale. Keynes criticò questa mossa nel suo saggio, The Economic Consequences of Mr. Churchill, sostenendo che avrebbe causato stagnazione economica, previsioni che poi si avverarono. La correzione si intensificò, schiacciando le industrie e riducendo la domanda interna, e la situazione non fece che peggiorare durante la Grande Depressione, quando la contrazione economica globale paralizzò il commercio e la finanza. La mancata svalutazione della sterlina in base alla stampa monetaria che richiese la guerra limitò la flessibilità monetaria, impedendo gli aggiustamenti necessari per affrontare la crisi. Gli Stati Uniti, invece, presero il proverbiale toro per le corna e rimisero in sesto la nazione in un solo anno.

L'ascendente della Banca d'Inghilterra, e la sua presa indiretta, sulla Federal Reserve spinsero quest'ultima ad accettare la richiesta della prima di aumentare la propria offerta di denaro per compensare il deflusso mortale di oro dalle sponde inglesi. In questo modo la FED gettò le basi della futura depressione, come scrisse anche Rothbard nel suo libro America's Great Depression. Alla luce di quanto sappiamo adesso, e di come tutte le micce finanziarie conducano a Londra, il filo diretto tra Londra e Washington non è mai stato staccato; sostituito da una facciata di “alleanze”, ma che invece aveva tutte le caratteristiche di un proxy. Essere un impero globale alla luce del sole richiede accountability, mentre invece una gestione dalle ombre permette un free ride nel momento in cui si commettono errori. Perché essere ritenuti responsabili quando si può avere lo stesso risultato e correggere il tiro senza doversi preoccupare anche dell'opinione pubblica? Si risparmiano energie e le si può indirizzare ai propri desideri più urgenti. Alla fine si tratta sempre di azione umana e incentivi. Questo vale anche per gli imperi, visto che sono costituiti da uomini. L'impero inglese ha quindi mutato forma, ma è sempre rimasto in carica... o perlomeno fino al 2022 come spiego nel mio ultimo libro, Il Grande Default. Governi fantocci, ma con una facciata appetibile alla popolazione locale, sono sempre stati proxy scelti da Londra per gestire i propri affari all'estero. Come elaborato nella Prima parte di questo saggio, l'influenza esercitata tramite l'aristocrazia del luogo (o i legislatori) e la successiva inondazione di capitali, creano una impalcatura insostenibile dal punto di vista della costruzione di una base di capitale solida e resistente. Ciò sottopone la nazione-obiettivo al ricatto perpetuo della presenza di capitale a basso costo per andare avanti.... almeno fino a quando i tempi non sono maturi per il raccolto. Se state pensando all'USAID, avete capito il concetto. E quale miglior controllo di una nazione se non quello di esportare in essa il proprio modello di business come il sistema bancario centrale?

L'ascendente esercitato dalla BoE sulla FED durante i Ruggenti anni venti è un indizio potente in questa direzione. Anche perché, come abbiamo visto, all'epoca la Banca d'Inghilterra aveva raggiunto uno status eminente in quanto a istituzione rispettata e collegata a livello elitario. Fomentare una crisi per tirarsi fuori, apparentemente, da una colonia controllata direttemente era un escamotage già usato dagli inglesi. Un esempio a tal proposito è l'India. Un alto giudice di Calcutta, P.B. Chakrabarty, scrisse a Lord Clement Atlee (primo ministro britannico al tempo dell'indipendenza dell'India) domandandogli: “Siccome il movimento di Gandhi, Lasciate l'India, era attivo senza alcun successo da decadi e nel 1947 non successe niente di veramente nuovo che obbligasse gli inglesi ad andarsene, perché se ne sono andati?” Atlee citò diverse ragioni e la principale, secondo lui, fu il fatto che gli inglesi non si potevano più fidare dell'esercito e della marina indiane (e gli ammutinamenti, anche durante la guerra furono molti e tenuti nascosti) come risultato dell'attività militare di Netaj, ovvero Chandra Bose. Ciò che teneva l'India sotto il dominio inglese non era la Marina o l'Esercito Inglese, ma quelli Indiani: se questi non erano più affidabili l'unica opzione era quella di abbandonare l'India e cambiare un colonialismo diretto in uno finanziario e indiretto.

Inoltre i soldati indiani impiegati in tutto il mondo dagli inglesi si stavano rifiutando di obbedire agli ufficiali inglesi. Gli inglesi sapevano bene che per mantenere l'India avevano bisogno di un'esercito permanentemente stanziato sul posto, un esercito di dimensioni simili a quello che aveva combattuto nella Seconda guerra mondiale, un esercito che non potevano certamente permettersi, e che avrebbe portato solo ad una rivolta dei soldati inglesi ormai stanchi di combattere mentre a casa le famiglie facevano la fame. Conclusioni da “Non-violenza: storie e miti” del prof. Neumann dell'Universita' dell'Ontario:

Non ho né la posizione morale, né il minimo desiderio di vanificare gli sforzi di chi ha il coraggio di lottare con la non-violenza [...] ma non ha mai funzionato in nessun senso, né in maniera decisiva, in nessuna parte del mondo e non c'è nessun motivo per ritenere che funzionerà mai. Contando solo sulla sua forza, la non-violenza non ha mai ottenuto gli obiettivi politici di quelli che l'hanno utilizzata. Tre sono i principali esempi di successo della non-violenza: il Movimento di indipendenza di Gandhi, il Movimento dei Diritti Civili negli USA e la campagna contro l'apartheid in Sud Africa. Nessuno di questi ha fatto quel che hanno pubblicizzato. La nozione che la gente si può liberare letteralmente lasciando che i loro guardiani li calpestino è fanta-storia.Il fatto è che Gandhi (come lo chiamava Ginna, rifiutandosi di chiamarlo Mahatma) era una manna dal cielo per gli inglesi e lui probabilmente, filo-britannico e razzista com'era, lo sapeva, e gli stava bene così perché perseguiva i suoi scopi, che non erano necessarimente quelli che la propaganda gli attribuisce. Quando in una intervista anni dopo fu chiesto ad Atlee quale importanza avesse avuto Gandhi nella decisione del governo britannico di lasciare l'India, Atlee fece un sorriso sarcastico e scandì: “M-I-N-I-M-A”. Il fattore finale, la goccia che fece traboccare il vaso e che convinse gli inglesi al ritiro furono sicuramente i combattimenti fra musulmani e indù a Calcutta. Di fronte a una situazione che minacciava di scoppiare, passarono la patata bollente a indiani e pakistani. Non che la non violenza non possa avere risultati (è stata utilizzata da almeno duecento anni in Europa), ma è una tattica circoscritta a specifiche circostanze e da usarsi nell'ambito di una strategia più ampia. In India non funzionò nemmeno in quel senso.

Alla luce di ciò è praticamente legittimo pensare che l'apparente stupidità di tornare a un gold standard pre-bellico fosse funzionale a far risplendere la luce della FED e degli Stati Uniti, come nuovo impero nascente, ma in realtà eterodiretto da Londra. Non c'è solo l'episodio legato ai Ruggenti anni venti, ma anche il London Gold Pool degli anni '60, il LIBOR e la coincidenza storica che poco meno di un anno dopo l'entrata sulla scena mondiale della FED scoppiò la Prima guerra mondiale. Prima di quest'ultimo evento il potere economico e la portata globale dell'Impero britannico avevano consolidato lo status della sterlina come valuta di riserva primaria al mondo, simbolo della vasta rete commerciale e dell'influenza finanziaria della Gran Bretagna. Poi, a cavallo delle due guerre mondiali, l'Inghilterra si dà la zappa sui piedi sprofondando volontariamente nei debiti e ritornando al gold standard ignorando il caos economico precedente. Come si può giustificare un azzardo morale talmente sfrenato? A meno che non si abbiano le spalle coperte...

Infatti il declino del predominio della sterlina britannica culminò con l'ascesa del dollaro statunitense come valuta di riserva globale alla Conferenza di Bretton Woods nel 1944. Gli Stati Uniti presero il centro della scena, diventando il fondamento del nuovo sistema finanziario globale. Ciò avrebbe dato vita a un nuovo cappio finanziario che si sarebbe esteso ai mercati globali: l'eurodollaro.

In conclusione, la storia della BoE è la storia della FED, replicata con sfumature diverse ma alla base sono la medesima cosa. Una conquista che avrebbe permesso all'Inghilterra di aumentare la portata delle sue operazioni sacrificando, nel processo, la ricchezza reale di una nazione prospera e ricca di risorse. Come in ogni schema Ponzi che si rispetti, bisogna sempre aumentare la platea di gente da spennare.


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???? Qui il link alla Prima Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2025/02/cio-che-leurodollaro-ha-dato.html

???? Qui il link alla Terza Parte:

???? Qui il link alla Quarta Parte:


La Siria esplora l'adozione di Bitcoin

Gio, 20/02/2025 - 11:06

 

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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da Bitcoin Magazine

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-siria-esplora-ladozione-di-bitcoin)

L'economia siriana è in cattive condizioni, tanto per usare un eufemismo. Non solo la nazione mediorientale è stata colpita da oltre un decennio di guerre, ma il regime di Assad, al potere dal 1971, è stato rovesciato da un gruppo jihadista. Il conflitto, iniziato nel 2011, ha devastato le infrastrutture, costretto a sfollare milioni di persone e portato a sanzioni economiche da parte delle nazioni occidentali. Questi fattori hanno paralizzato l'economia e il commercio locali, portando a una grave inflazione. La lira siriana (SYP), che un tempo era relativamente stabile, ha perso oltre il 99% del suo valore dall'inizio della guerra, mentre l'iperinflazione ha trasformato beni di prima necessità, come pane e carburante, in beni di lusso per i cittadini comuni.

Di fronte a queste sfide, la Siria ha lottato per mantenere la stabilità monetaria, con riserve di valuta estera in calo e un accesso limitato ai sistemi finanziari globali. Tuttavia la speranza potrebbe ora essere all'orizzonte poiché è stato annunciato che la nazione mediorientale sta pianificando di legalizzare Bitcoin, esplorarne l'utilizzo per sostenere la sua valuta nazionale e usare le sue riserve energetiche per minarlo. Questa linea di politica rivoluzionaria potrebbe trasformare non solo l'economia siriana, ma fungere da potenziale modello per altre nazioni nella regione che sono anch'esse alle prese con l'inflazione e l'instabilità economica.

La natura decentralizzata di Bitcoin lo rende immune alle pressioni geopolitiche e alle politiche monetarie delle singole nazioni. Questa indipendenza offre alla Siria un modo per aggirare i sistemi finanziari tradizionali e le sanzioni. Legalizzare Bitcoin, e potenzialmente sostenere la lira siriana con esso, non solo faciliterà la stabilità monetaria, ma lo farà in un modo che consentirà alla nazione di diventare in qualche modo immune agli shock economici regionali. Bitcoin potrebbe anche consentire a cittadini e aziende di effettuare transazioni con maggiore sicurezza e aprire canali commerciali con Paesi in tutto il mondo.

Ciò fa sorgere qualche dubbio, i sistemi fiat localizzati non sono mai stati un buon modo per coltivare scambi e commerci in Medio Oriente, dove molte nazioni dipendono fortemente l'una dall'altra per beni e servizi di base e dove i confini possono essere labili. Molti di questi sistemi sono anche agganciati al dollaro statunitense, che offre un certo grado di stabilità ma consente anche agli Stati Uniti di esportare la propria inflazione. La regione ha una lunga storia di scambi commerciali che si basavano sull'oro, poiché era ampiamente accettato e riconosciuto come una riserva di valore solida. Bitcoin può ora svolgere quel ruolo, poiché è sempre più riconosciuto come la migliore riserva di valore e mezzo di scambio al mondo. Bitcoin, come l'oro, è anche molto in sintonia con i principi monetari islamici.

Inoltre la Siria possiede notevoli riserve energetiche, in particolare di petrolio e gas naturale. Tuttavia, a causa della guerra, gran parte di questo potenziale è rimasto inutilizzato o interrotto. Negli ultimi anni il mining di Bitcoin ha dimostrato che le regioni con risorse energetiche in eccesso possono trasformarle in flussi di entrate significativi. Il piano della Siria di utilizzare le sue riserve energetiche per minare Bitcoin è sia pratico che innovativo. Convertendo le sue risorse naturali in risorse digitali, la Siria può generare ricchezza indipendentemente dai tradizionali mercati dell'export. Queste entrate potrebbero quindi essere utilizzate per rafforzare la sua economia, finanziare progetti di ricostruzione e stabilizzare la lira siriana creando riserve coperte da Bitcoin. Offre inoltre un incentivo alle piccole imprese per esplorare e investire nella tecnologia del mining, il che può portare all'innovazione nella produzione di energia sostenibile e rafforzare l'economia locale.

Uno degli obiettivi principali della strategia siriana è ripristinare la fiducia nella sua valuta nazionale. Coprendo parzialmente la lira siriana con Bitcoin, il governo può offrire ai cittadini una ragione tangibile per detenere e utilizzare la valuta locale. Una lira coperta da Bitcoin potrebbe anche attrarre investimenti esteri, in particolare da individui e organizzazioni esperti di tecnologia incuriositi dall'adozione della valuta digitale da parte del Paese. Tale mossa è anche in linea con le tendenze globali. El Salvador, ad esempio, ha adottato Bitcoin come moneta a corso legale nel 2021 e ha visto un aumento del turismo e degli investimenti, nonostante lo scetticismo iniziale. Mentre la situazione della Siria è più complessa a causa del conflitto in corso e delle domande sulle inclinazioni ideologiche dei suoi nuovi leader, una strategia simile potrebbe produrre benefici a lungo termine una volta che il Paese si sarà stabilizzato.

La Siria non è l'unica ad affrontare inflazione e svalutazione della moneta. Molti Paesi nella regione del Medio Oriente e del Nord Africa stanno affrontando problemi simili. Il Libano, ad esempio, ha vissuto un crollo finanziario catastrofico, con la sua valuta che ha perso oltre il 95% del suo valore sin dal 2019. L'inflazione in tutta la regione ha eroso il potere d'acquisto, minato la fiducia nelle valute locali e ostacolato la crescita economica. Coloro che dipendono dalle importazioni hanno trovato sempre più difficoltà a stabilizzare le loro economie mentre i prezzi globali delle materie prime salgono alle stelle.

La legalizzazione di Bitcoin da parte della Siria e il suo piano di integrarlo nella sua economia segnano una svolta significativa nella politica finanziaria globale. La natura decentralizzata di Bitcoin offre alle nazioni la possibilità di perseguire l'emancipazione finanziaria nonostante il più ampio contesto internazionale in cui si trovano. Offre loro una forma di autocustodia nazionale che può fungere da protezione contro le potenze esterne che cercano di influenzarne la politica interna. Sebbene permangano delle sfide, come la necessità di una migliore infrastruttura digitale e una maggiore consapevolezza di Bitcoin nei Paesi vicini, è sicuramente un passo audace nella giusta direzione.

Se avrà successo, l'esperimento della Siria potrebbe fungere da modello per altre nazioni nella regione che affrontano instabilità economica. Adottando Bitcoin, queste nazioni possono proteggere i propri cittadini dagli effetti devastanti dell'inflazione, ripristinare la fiducia nelle proprie valute e sbloccare nuove opportunità economiche. Paesi come Libano, Iraq e Iran, che affrontano sfide simili, potrebbero trarre enormi benefici dall'integrazione di Bitcoin nei propri sistemi finanziari. Mentre il panorama finanziario globale continua a evolversi, la mossa audace della Siria nei confronti di Bitcoin ne evidenzia il potenziale per affrontare alcune delle sfide economiche più urgenti del nostro tempo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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I costi delle nuove normative europee sulle compagnie aeree verranno scaricati sui consumatori

Mer, 19/02/2025 - 11:06

Gli stati sono quelli che alimentano l'inflazione dei prezzi. Nessuna corporazione, compagnia aerea o produttore di gas presumibilmente malvagi possono far salire i prezzi aggregati (da rotolarsi per le scale dalle risate quando i burocrati europei straparlano di competitività nell'aviazione pubblica citando Airbus, soprattutto alla luce dell'articolo di oggi). Le banche centrali non stampano denaro perché lo vogliono; aumentano l'offerta di denaro per assorbire la spesa pubblica in deficit. L'inflazione è una tassa nascosta, un lento processo di nazionalizzazione dell'economia e il modo perfetto per aumentare le tasse senza far arrabbiare gli elettori e incolpare le aziende private nel frattempo. Perché gli stati dovrebbero volere prezzi più alti? Perché dà loro più potere. Distruggere la valuta che emettono è una forma perfetta di controllo. Ecco perché hanno bisogno di più debito e tasse più alte. Le tasse alte non sono uno strumento per ridurre il debito, ma piuttosto per giustificare l'aumento dell'indebitamento pubblico. Per quanto si possa propagandare che lo stato ha la possibilità di prendere in prestito illimitatamente, è falso. Non può emettere tutto il debito che vuole: ha un limite inflazionistico, economico e fiscale. L'inflazione è un segnale di avvertimento di un calo della fiducia nella valuta e di una perdita di potere d'acquisto. Il limite economico è evidenziato da una crescita inferiore, da una minore occupazione, da salari reali più deboli, da una stagnazione e da una domanda estera in calo per il debito pubblico. Il limite fiscale è evidenziato da spese per interessi alle stelle anche con tassi bassi, entrate più deboli ogni volta che aumentano le tasse e cittadini/aziende che lasciano il proprio Paese per sistemi fiscali più favorevoli, tutti fattori che si aggiungono all'effetto moltiplicatore negativo o povero della spesa pubblica. Se si vogliono prezzi più bassi, bisogna dare meno potere economico agli stati, non di più.

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di Jack Watt

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/i-costi-delle-nuove-normative-europee)

I legislatori europei hanno creato una nuova regolamentazione per il settore dell'aviazione. ReFuelEU Aviation impone l'uso di carburanti sostenibili per l'aviazione (SAF) e vieta il trasporto di carburante in cisterne, una pratica comune a livello globale. È l'ennesima iniziativa legata al clima che ostacolerà l'industria locale, aumenterà i prezzi e ridurrà la scelta per i consumatori.


Carburante economico in uscita, carburante costoso in entrata

La spinta principale è quella di aumentare l'uso di carburanti sostenibili per l'aviazione (SAF), i quali sono incredibilmente costosi. Per citare una stima prudente, i SAF sono circa il 250% più costosi del carburante convenzionale. Ciò è a dir poco allarmante perché i costi del carburante in genere costituiscono il 25-30% dei costi totali di una compagnia aerea.

Con l'obiettivo di ridurre i costi, la nuova legge mira a “ridurre i rischi” dello sviluppo: impone requisiti sull'uso di SAF, dal 2% nel 2025 al 70% nel 2050, e concede condizioni di finanziamento favorevoli ai produttori. Avranno accesso ai fondi raccolti tramite i “green bond” dell'UE e gli investimenti dal bilancio europeo, a sua volta raccolti tramite la tassazione degli stati membri. Alcuni fondi proverranno anche dalle entrate generate da un altro onere: l'Emissions Trading Scheme (ETS), a cui le compagnie aeree che hanno voli all'interno dello Spazio economico europeo (SEE) e del Regno Unito sono obbligate a partecipare (l'ETS del Regno Unito è leggermente diverso ma ampiamente allineato: resta da vedere se accadrà qualcosa di simile con ReFuelEU).


Divieto al trasporto extra di carburante

Il fuel tankering è il caso in cui un operatore di aeromobili carica carburante extra su un volo specifico allo scopo di evitare, o ridurre, la quantità di carburante necessaria per il ritorno o la tratta successiva. A volte il costo del trasporto del peso extra è più che compensato dai costi più elevati del carburante all'aeroporto di destinazione. Ma i legislatori hanno deciso che poiché il peso extra comporta più emissioni, deve essere vietato su tutti i voli in arrivo o in partenza dall'UE. Questa è una logica curiosa, poiché significa che il peso extra che riduce i costi viene trattato in modo diverso dal peso extra che aumenta i ricavi (passeggeri e merci), nonostante entrambi comportino più emissioni.

Eurocontrol ha stimato che il 21% dei voli effettua la suddetta pratica in una certa misura. Ciò non sorprende, poiché i prezzi del carburante possono variare fino al 55% in Europa: si consideri il costo per portare il carburante per aerei a un'isola greca o a un aeroporto rurale (e il gasolio bruciato per portarlo lì!). La capacità di trasportare carburante extra assicura che i relativi fornitori affrontino una curva di domanda elastica. Per gli aeroporti con un unico fornitore, come molti aeroporti rurali e remoti, ora diventa anelastica al punto che le compagnie aeree smettono del tutto di servire quegli aeroporti.


Cosa significa questo per gli operatori?

L'effetto di questa linea di politica dipende dal modello di business della compagnia aerea. Ad esempio, che tipo di aeroporti serve, quanto durano i suoi voli e qual è la sua concorrenza?

Ricordate che i grandi hub hanno generalmente un panorama più competitivo rispetto agli aeroporti regionali, i quali possono avere un solo fornitore di carburante. Ciò significa che gli operatori point-to-point saranno più colpiti rispetto agli operatori hub. I primi sono generalmente i vettori low-cost, che operano più frequentemente verso aeroporti secondari e regionali che tendono ad avere prezzi del carburante meno competitivi.

Un altro fattore è che il costo del trasporto di carburante extra aumenta con la lunghezza del volo, quindi sono necessarie differenze di prezzo crescenti per giustificare il rifornimento di carburante man mano che aumenta la lunghezza del volo. Tra le compagnie aeree dell'UE una percentuale maggiore di voli dei vettori low-cost hanno tratte più brevi, sebbene anche le “major” abbiano operazioni a corto raggio. Le major dell'UE hanno un problema che le compagnie low-cost intra-europee non hanno, però: nel mercato a lungo raggio competono con gli operatori che collegano i passeggeri dal loro hub non-UE, in particolare le major del Golfo e degli Stati Uniti. Poiché solo la tratta UE è interessata da questa nuova legislazione, le compagnie UE che offrono voli diretti sono svantaggiate rispetto a quelle che offrono collegamenti tramite hub non-UE.

Vale la pena notare che questo non è il primo vantaggio relativo concesso ai vettori extra-UE dai legislatori europei. Le compagnie aeree UE e del Regno Unito hanno un'esposizione maggiore all'ETS, che è 25 volte più costosa dell'equivalente internazionale, chiamata CORSIA. Inoltre diverse nazioni applicano anche l'Air Passenger Duty, che viene imposto all'intera attività di una compagnia aerea con sede nelle nazioni interessate e tende a essere maggiore per i voli diretti più lunghi rispetto a quelli che si collegano tramite un hub intermedio.

Infine significa anche nuovi costi amministrativi. Ci sono molte ragioni per cui i voli partono con più carburante di quanto richiesto dalla legge (il carico di carburante è un punto di sicurezza, prima di tutto) e si possono immaginare modi per fare rifornimento (almeno parzialmente) senza chiamarlo così.


Conclusione

In sintesi, l'aviazione dell'UE si trova ad affrontare notevoli venti contrari con i mandati SAF e il divieto di rifornimento. Mentre i primi rappresentano una minaccia maggiore per la redditività degli operatori di tutti i tipi, il divieto di rifornimento introduce immediati aumenti dei costi. Il grado di impatto sui singoli operatori dipende dal loro modello di business e dalla concorrenza e, sebbene i vettori nativi dell'UE siano gravati più dei loro omologhi non UE, nessuno ne trae vantaggio in termini assoluti. Come sempre, quando i regolatori gravano le industrie con nuovi termini, saranno i consumatori a pagarne il prezzo: prezzi dei biglietti più alti, meno concorrenza e meno scelta.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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L'ombra di Obama: lo Stato profondo e i suoi veri volti

Mar, 18/02/2025 - 11:02

Lo stop all'USAID è stato possibile grazie alla fine della dottrina Chevron, la quale ha permesso alle varie agenzie governative statunitensi di interpretare arbitrariamente le leggi “ambigue”. Ma anche forzare linee di spesa che il presidente poteva non voler approvare. Lo sfoltimento delle incrostazioni burocratiche segnerà anche la fine di tutti quei soldi che finivano nelle ONG, usati per plasmare il mondo secondo la visione di chi le indirizzava... e gli inglesi hanno sempre usato proxy in tal senso. Ovviamente non se ne andranno senza combattere, perché suddette incrostazioni di potere sono impermeabili al cambio di casacca delle amministrazioni e servono sostanzialmente due padroni (l'amministrazione corrente e chi li ha messi lì, o il gruppo politico di riferimento che li ha messi lì). Di conseguenza quando c'è un Musk che tramite il DOGE vuole efficientare la spesa pubblica statunitense, lo Stato profondo si innervosisce e sguinzaglia i propri agenti affinché il suo controllo non venga messo in discussione. Non c'è da stupirsi, sapevamo che sarebbe successo ed era una strada obbligata per raggiungere il risultato finale. Ritengo, nonostante ciò, che il progetto di snellimento della spesa pubblica andrà avanti, con nuovi compartimenti burocratici che remeranno contro e cercheranno di fermare la scure; a vantaggio della nuova amministrazione Trump c'è da dire che i cosiddetti disfattisti della prima ora, ovvero della sua prima amministrazione, sono stati quasi tutti fatti fuori e c'è gente determinata a fare pulizia nel sistema amministrativo americano. Non sarà facile ma verrà fatto, almeno in una percentuale sufficiente a riportare equilibrio.

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da Zerohedge

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/lombra-di-obama-lo-stato-profondo)

Nel discorso politico contemporaneo il termine “Stato profondo” emerge spesso come termine generico per descrivere le incrostazioni burocratiche e le forze invisibili che plasmano la governance degli Stati Uniti. Washington DC è spesso raffigurata come l'epicentro di questo cosiddetto Stato profondo, dove le dinamiche di potere operano indipendentemente dai risultati elettorali.

Sebbene sia vero che la governance degli Stati Uniti è guidata da entità non elette e non responsabili, come i complessi militari e di intelligence, il concetto di “Stato profondo” può semplificare eccessivamente le complessità della governance a Washington DC. Può anche servire a deviare la responsabilità da coloro che sono maggiormente colpevoli dei danni inflitti al nostro Paese.

Lo Stato profondo può sembrare un'entità monolitica, tuttavia è, in realtà, una complessa rete di attori umani con ruoli attivi in una qualche agenzia governativa. Tra questi individui Barack Obama si distingue come una figura fondamentale, la cui influenza e la cui eredità hanno plasmato in modo significativo il panorama politico negli ultimi 17 anni.

In questo articolo esploreremo il suo ruolo determinante nel plasmare la politica degli Stati Uniti, non solo durante la sua presidenza, ma anche durante il primo mandato di Trump e la presidenza Biden (a volte indicati come il terzo e il quarto mandato di Obama), e come questa sfortunata era potrebbe ora avvicinarsi alla fine.


La rete nelle agenzie governative

Obama esemplifica il concetto di rete all'interno di ciò che di solito viene definito “Stato profondo”. La sua presidenza non solo ha portato a significative divisioni e cambiamenti politici, ma ha anche gettato le basi per una rete di fanatici lealisti e alleati ideologici, molti dei quali sono rimasti trincerati sia nelle istituzioni governative che in quelle non governative. Queste figure, molte delle quali sono ex-membri dell'amministrazione Obama, hanno minato la democrazia e la volontà del popolo in molteplici presidenze.

Gli sforzi post-presidenziali di Obama, come la sua difesa politica, il suo ruolo di mentore dei leader democratici emergenti e il fatto che sia stato il primo ex-presidente dopo il morente Woodrow Wilson a rimanere a Washington, evidenziano la sua influenza continua. A differenza della burocrazia senza volto tipicamente associata al termine “Stato profondo”, Obama incarna la realtà della sua vera natura: non un'entità monolitica, ma una rete di individui, come lui, che plasmano la politica e l'opinione pubblica, spesso da dietro le quinte.

Un esame più attento rivela che molti individui che hanno prestato servizio sotto Obama sono rimasti attivi in ​​ruoli governativi attraverso più amministrazioni. Le figure chiave dell'intelligence, della difesa e di altri settori critici spesso mantengono le loro posizioni o riemergono in ruoli diversi, rafforzando la percezione di una continuità non democratica nella governance americana.

Questo fenomeno non è esclusivo dell'amministrazione Obama. Washington ha assistito al riciclo di funzionari e consiglieri in diverse presidenze, dando origine a una classe di insider che opera con un alto grado di autonomia rispetto alla volontà del popolo. Ma Obama ha senza dubbio portato le cose a un nuovo livello. Ecco alcuni esempi.


I nomi permanenti a Washington

Antony Blinken è stato vice Segretario di Stato e vice Consigliere per la Sicurezza Nazionale sotto Obama prima di diventare Segretario di Stato sotto Biden. Ha continuato le disastrose linee di politica di Obama, che spaziavano dall'Iran all'Ucraina.

Jake Sullivan ha ricoperto vari ruoli di sicurezza nazionale sotto Obama prima di diventare National Security Advisor sotto Biden. Tra questi incarichi è stato fondamentale nel promuovere la bufala della collusione con la Russia. Sebbene non ricopra più una posizione governativa, sua moglie, Margaret Goodlander, ha prestato giuramento di recente come nuovo membro del Congresso.

Victoria Nuland ha alimentato la guerra in Ucraina nel 2014 quando era Assistente Segretario di Stato sotto Obama. In seguito è diventata Sottosegretario di Stato per gli Affari Politici sotto Biden. Anche lei ha avuto un ruolo chiave nel promuovere la narrazione fraudolenta della collusione con la Russia. Il marito della Nuland, Robert Kagan, è un commentatore presso la Brookings Institution ed è stato, fino a poco tempo fa, un fervente anti-Trump sul Washington Post.

Susan Rice è passata da Consigliere per la sicurezza nazionale e Ambasciatrice delle Nazioni Unite sotto Obama a Direttrice del Consiglio per la politica interna nell'amministrazione Biden. La Rice ha tentato di nascondere il coinvolgimento di Obama nell'armare il governo americano contro Trump attraverso la bufala della collusione con la Russia, in particolare il ruolo di Obama nel licenziamento del generale Michael Flynn.

Mary McCord è stata Procuratore generale aggiunto sotto Obama, una posizione che ha permesso anche a lei di avere un ruolo nel promuovere la narrazione della collusione con la Russia. In seguito è diventata consulente legale della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti durante la farsa dell'inchiesta sui datti del 6 gennaio. Più di recente ha cercato di ostacolare le nomine di Pam Bondi a Procuratore generale e di Kash Patel a Direttore dell'FBI. Suo marito, Sheldon Snook, ha lavorato per il giudice capo John Roberts dal 2014 al 2020. A dicembre 2020 ha scritto un articolo anti-Trump sul The Atlantic.

Lisa Monaco, un'altra mistificatrice della collusione con la Russia, è stata Consigliere per la sicurezza interna sotto Obama ed è diventata vice Procuratore generale sotto Biden. Ha guidato la campagna del Dipartimento di Giustizia contro Trump e i manifestanti del 6 gennaio.

John Carlin ha ricoperto un ruolo nella sicurezza nazionale sotto Obama ed è tornato nell'amministrazione Biden come Procuratore generale aggiunto per aiutare la Monaco a perseguire il programma di Obama in materia di diritto.

Janet Yellen è passata da Presidente della Federal Reserve sotto Obama a Segretaria del Tesoro durante l'amministrazione Biden.

Ron Klain è passato dall'essere capo dello staff del vicepresidente Biden a capo dello staff della Casa Bianca sotto Biden.

John Kerry è stato Segretario di Stato sotto Obama e inviato speciale del presidente per il clima sotto Biden.

Denis McDonough è passato dall'essere capo dello staff della Casa Bianca sotto Obama a segretario per gli Affari dei veterani sotto Biden.

Samantha Power, ambasciatrice delle Nazioni Unite sotto Obama, è diventata amministratrice dell'USAID sotto Biden.

Jen Psaki ha lavorato come vice addetta stampa e portavoce del Dipartimento di Stato sotto Obama, prima di diventare addetta stampa della Casa Bianca sotto Biden.

Amos Hochstein, che aiutò Hunter Biden a nascondere i legami corrotti della sua famiglia in Ucraina, era l'inviato speciale di Obama per gli affari energetici. È stato ricompensato con un ruolo simile sotto Biden.

Alejandro Mayorkas è stato direttore dei Servizi per la cittadinanza e l'immigrazione degli Stati Uniti e vicesegretario alla sicurezza interna sotto Obama, prima di diventare Segretario alla sicurezza interna sotto Biden.

David Shulkin è stato Sottosegretario agli Affari dei veterani sotto Obama prima di ricoprire l'incarico di Segretario agli Affari dei veterani sotto Trump, fino al suo licenziamento definitivo nel 2018.

Norm Eisen è passato senza soluzione di continuità dai suoi ruoli nell'amministrazione Obama, tra cui quello di ambasciatore in Repubblica Ceca, alla guida di operazioni contro Trump presso organizzazioni di facciata dell'establishment come la Brookings Institution.

Altri, come i due principali funzionari dell'intelligence di Obama, John Brennan e James Clapper, potrebbero non aver ricoperto ruoli ufficiali nelle amministrazioni successive, ma sono stati inseriti in importanti organi di stampa tradizionali (Brennan alla NBC e Clapper alla CNN) dove potevano dare forma al dibattito pubblico. Non sorprende che siano stati questi due uomini a guidare la famigerata  campagna dell'intelligence che affermava falsamente che il laptop di Hunter Biden era disinformazione russa. Le loro azioni hanno avuto un ruolo fondamentale nel minare le possibilità di Trump alle elezioni del 2020.

Ci sono molti altri nomi, tra cui personaggi come Anthony Fauci, che facevano parte del governo non eletto prima della presidenza di Obama e hanno mantenuto i loro incarichi anche dopo.

Potremmo continuare, ma il punto è chiaro: la Washington permanente non è una “macchia” senza volto, ma una rete di élite interconnesse.


Trump

La presidenza di Donald Trump, caratterizzata dal suo status di outsider, ha posto una sfida significativa a questo ordine costituito. La sua elezione nel 2016 è stata vista da molti come una rivolta populista contro le élite radicate di Washington. Tuttavia i meccanismi dello Stato profondo, o più precisamente, le incrostazioni burocratiche e le reti di lunga data, si sono dimostrati resilienti e pericolosamente efficaci. Non ha aiutato il fatto che molti degli individui sopra menzionati, insieme ad altri, siano rimasti a Washington in ruoli governativi o quasi governativi, lavorando attivamente per minare la prima presidenza Trump.

Il secondo mandato di Trump rappresenta un'opportunità unica per sfidare il sistema consolidato e potenzialmente apportare cambiamenti radicali nel panorama politico. Se sarà in grado di interrompere in modo permanente la continuità delle élite di Washington, o semplicemente causare un temporaneo cambiamento di potere, rimane incerto.

La sfida è certamente formidabile. L'inerzia istituzionale è profonda e le sofisticate reti di influenza, costruite nel corso di decenni con personaggi come Obama al timone, sono saldamente radicate, così come i complessi militari e di intelligence che operano dietro le quinte politiche. Il primo passo è assumere le persone giuste e su questo fronte sembra che le cose stiano andando nel verso giusto.

Non ci sarà un quinto mandato per Obama, almeno non per un po'. Il velo è stato sollevato e i repubblicani non cadono più negli stessi inganni. Anche la posizione politica di Obama ha subito un duro colpo dal suo sostegno alla candidatura disastrosa di Kamala Harris. Tuttavia ciò non significa che non tenterà di ritornare. La sua cordiale interazione con Trump al funerale del presidente Carter allude a un possibile complotto.

Anche se il nostro incubo nazionale potrebbe concludersi con l'uscita di scena di Biden e Obama, almeno per ora, dobbiamo restare vigili per garantire che la storia non si ripeta.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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L'economia europea rallenta mentre cresce lo stato sociale

Lun, 17/02/2025 - 11:06

 

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Mihai Macovei

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/leconomia-europea-rallenta-mentre)

I Paesi europei hanno i più grandi stati assistenziali dell'OCSE e tra i più alti al mondo. Allo stesso tempo il dinamismo economico dell'Europa è svanito e i leader europei sono sempre più preoccupati a riguardo. Secondo Christine Lagarde, presidente della BCE, il modello sociale europeo è a rischio a meno che non si risolva il persistente declino della crescita. In una relazione recente Mario Draghi chiede con forza riforme e investimenti per rafforzare la crescita della produttività, mantenendo intatto lo stato assistenziale sovradimensionato del continente. Per gli economisti della Scuola Austriaca, questo suona come avere la botte piena e la moglie ubriaca, perché le questioni della crescita economica e della ridistribuzione del reddito sono intrinsecamente collegate.

 

Il problema dell'Europa con la crescita anemica

La Lagarde riconosce che l'Europa è indietro rispetto agli Stati Uniti in termini di crescita della produttività. Di fronte al rapido progresso dell'innovazione, l'UE è rimasta bloccata nella “trappola della tecnologia intermedia”, mentre gli Stati Uniti e la Cina stanno guidando la rivoluzione digitale. L'Europa sta rimanendo indietro nelle tecnologie emergenti come i microchip, l'intelligenza artificiale e i veicoli elettrici e solo quattro delle prime 50 aziende tecnologiche al mondo sono europee.

La relazione di Draghi su “Il futuro della competitività europea” rivela che la crescita economica è stata inferiore nell'UE rispetto agli Stati Uniti negli ultimi due decenni. Il divario sfavorevole UE-USA in termini di PIL a prezzi costanti è raddoppiato da circa il 15% nel 2002 al 30% nel 2023. Circa il 70% del divario è stato causato da una minore produttività nell'UE (Grafico 1). Inoltre le prospettive di crescita dell'Europa non sono buone. Il continente gode di un'apertura commerciale relativamente elevata, ma ora deve affrontare una forte concorrenza da parte degli esportatori cinesi e potenziali dazi dagli Stati Uniti. In aggiunta le aziende dell'UE sono gravate da elevati costi energetici e i Paesi europei dovranno probabilmente spendere di più per la difesa, aggiungendo questi numeri a una spesa pubblica già elevata.

Grafico 1: Produttività del lavoro UE & USA

Fonte: Il futuro della competitività europea: relazione di Mario Draghi

Le soluzioni proposte da Draghi per stimolare la crescita della produttività e l'innovazione hanno poco a che fare con l'aumento della libertà economica. Esse mirano principalmente a centralizzare e rafforzare l'intervento statale e a mantenere in piedi il massiccio stato sociale.

Draghi chiede una nuova strategia industriale per l'Europa che dovrebbe essere coordinata a livello UE. Potrebbe aiutare a superare l'attuale divisione tra linee di politica e fonti di finanziamento tra i Paesi, ma non può risolvere il problema dell'allocazione inefficiente delle risorse e dei cattivi incentivi che le politiche industriali comportano. In modo simile la decarbonizzazione e la cosiddetta energia pulita non possono ridurre gli attuali costi energetici elevati senza un costo economico. Gli attuali impianti di produzione basati sui combustibili fossili sono più economici e la loro sostituzione aumenterebbe il costo di fare impresa.

La relazione sostiene inoltre che il rapporto investimenti/PIL dell'UE dovrebbe aumentare di circa €800 miliardi, o 5 punti percentuali del PIL all'anno, il che richiederebbe ingenti sussidi pubblici. Draghi sostiene la creazione di un asset sicuro comune, finanziato dal debito europeo congiunto. Sebbene più economico, il debito mutualizzato si aggiungerebbe comunque a un debito già elevato.

 

Uno Stato sociale grande e inefficiente

Al culmine della crisi dell'Eurozona nel 2012, la cancelliera tedesca Angela Merkel disse che gli stati sociali europei erano troppo grandi, poiché l'Europa rappresentava il 7% della popolazione mondiale, un quarto del PIL globale e il 50% della spesa sociale globale. Nel frattempo la situazione non è migliorata e la spesa sociale in molti Paesi europei ha superato di cinque-dieci punti percentuali la media OCSE (21% del PIL nel 2022). Secondo l'OCSE la spesa sociale pubblica in Francia, Finlandia, Danimarca, Belgio e Italia è vicina al 30% del PIL, trainata da pensioni, spesa sanitaria e altri trasferimenti sociali come indennità di disoccupazione, indennità di invalidità e assegni per i figli (Grafico 2).

Grafico 2: Spesa sociale pubblica (% del PIL)

Fonte: dati OCSE [OCSE]

Nonostante le sue dimensioni il modello sociale europeo è piuttosto inefficiente. La grande spesa per la protezione sociale nelle economie dell'UE non si traduce necessariamente in una riduzione della povertà. Secondo la Brookings Institution questo è particolarmente il caso delle economie dell'Europa meridionale, come Spagna, Grecia, Italia e Portogallo, dove la spesa sociale è piuttosto elevata, ma la copertura dell'assistenza sociale del 20% più povero della popolazione è relativamente bassa. Al contrario, i piccoli stati assistenziali dell'Europa centrale e orientale spendono circa la metà, ovvero meno del 15% del PIL, per la protezione sociale, ma ottengono una migliore copertura degli strati più poveri della popolazione.

Il Manhattan Institute fa un ulteriore passo avanti e sostiene che gli stati assistenziali in Europa non stanno aiutando i lavoratori poveri. I programmi universali di “assicurazione sociale” che consentono a tutti i membri della società di vivere uno stile di vita da classe media durante i periodi di disoccupazione, malattia o pensione, sono finanziati dalla maggior parte dei Paesi europei attraverso tasse piuttosto elevate sui salari e sui consumi. Negli stati assistenziali più grandi dell'UE i lavoratori a tempo pieno più poveri sono contribuenti netti, i quali sovvenzionano chi non lavora, cosa che non accade negli Stati Uniti. In Paesi come Germania, Danimarca e Paesi Bassi, la metà più povera della popolazione paga una quota molto più alta del proprio reddito in tasse rispetto al decimo più ricco. Ciò distorce gli incentivi al lavoro e rende tutti più poveri.


L'errore assistenzialista di Draghi

È un pio desiderio credere che il problema della crescita dell'UE possa essere risolto senza prima ridimensionare il sistema dispendioso di ridistribuzione del reddito dai lavoratori ai non lavoratori e ridurre l'onere fiscale. La spesa pubblica complessiva in Europa è anche tra le più grandi al mondo, circa il 50% del PIL. Più alto è il livello di spesa pubblica in percentuale del PIL, maggiore è l'onere fiscale complessivo, che sarà in gran parte distribuito dai ricchi alla classe media e a coloro che hanno mezzi modesti.

Nel suo capolavoro “Human Action” Ludwig von Mises confutò la fallacia secondo cui produzione e distribuzione sono due processi economici separati e indipendenti. Secondo gli economisti mainstream quando la produzione di beni e servizi è giunta a saturazione, lo stato può intervenire per garantire una distribuzione più “equa” del reddito nazionale tra i membri della società. A quanto pare ciò non peserebbe sulla produzione economica che è percepita come indipendente dalla successiva ridistribuzione pubblica dei redditi. Ecco perché la Lagarde e Draghi credono che l’Europa possa aumentare le sue performance di crescita indipendentemente dal modello sociale. Ma questo è sbagliato.

In un'economia di mercato, beni e servizi nascono come proprietà di qualcuno e se lo stato vuole ridistribuirli, deve prima confiscarli. Gli stati possono facilmente invadere i diritti di proprietà privata, ma questo non può rappresentare una solida base per una crescita economica sostenibile. Secondo Mises gli investimenti e l'accumulo di capitale si fondano sull'aspettativa che i loro frutti non vengano espropriati. Senza questa garanzia le persone preferirebbero consumare il loro capitale invece di salvaguardarlo per gli espropriatori. Le persone ridurrebbero i risparmi e gli investimenti e gli imprenditori correrebbero meno rischi. I lavoratori lavorerebbero meno ore e godrebbero di più tempo libero se guadagnassero meno su base netta. Ciò deprimerebbe la crescita economica e gli standard di vita sia per i ricchi che per i poveri.

Gwartney, Holcombe e Lawson lo hanno dimostrato empiricamente. Poiché la dimensione della spesa pubblica è quasi raddoppiata in media nei Paesi OCSE dal 1960 al 1996, la loro crescita del PIL reale è scesa di quasi due terzi in media. Inoltre i peggiori performer sono stati alcuni Paesi dell'Europa meridionale che hanno visto aumentare di più la dimensione dello stato (Grafico 3).

Grafico 3: Spesa pubblica e crescita economica nei Paesi OCSE

Fonte: James Gwartney, Randall Holcombe e Robert Lawson, (1998), L'ambito dello stato e la ricchezza delle nazioni, Cato Journal, 18, (2), 163-190.

La lenta crescita economica dell'Europa, la scarsa produttività e la scarsa innovazione sono solo sintomi dell'eccessiva spesa pubblica e dello stato sociale. In un breve commento alla relazione di Draghi, Blanchard e Ubide notano che i Paesi non devono necessariamente essere leader nell'innovazione per prosperare. Possono usare le innovazioni degli altri e continuare a produrre prodotti competitivi. Ma, secondo Mises, questo può accadere solo se gli stati consentono ai mercati di funzionare liberamente e non soffocano l'imprenditorialità individuale. Questo è il problema fondamentale che l'Europa dovrebbe risolvere per primo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Per non cadere divisi

Ven, 14/02/2025 - 11:11

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di Joshua Stylman

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/per-non-cadere-divisi)

Il tessuto della società sembra più sfilacciato che mai. Ci ritroviamo sempre più separati, le nostre prospettive polarizzate e le nostre interazioni segnate da un'ostilità quasi tribale. Dalle ideologie politiche alle questioni sociali, dalle preferenze culturali alle politiche economiche, profonde fratture sembrano allontanarci dai nostri vicini, colleghi e persino familiari. Quelli che un tempo erano disaccordi si sono allargati in abissi apparentemente invalicabili, con ciascuna parte che vede l'altra non solo come fuorviata ma addirittura come una minaccia esistenziale.


Contesto storico e approfondimenti antropologici

L'amplificazione delle divisioni sociali non è un fenomeno nuovo, ma piuttosto una strategia secolare impiegata da chi è al potere. Nel corso della storia leader e gruppi influenti hanno riconosciuto la potenza di una popolazione fratturata. Il principio romano “divide et impera” (dividi e governa) riecheggia attraverso i secoli, trovando nuova espressione nel nostro mondo moderno e iperconnesso. Come vedremo, questa strategia secolare di divisione si manifesta oggi in varie forme.

Per comprendere la nostra attuale situazione difficile, dobbiamo approfondire le radici antropologiche della frammentazione sociale, in particolare il lavoro pionieristico di Margaret Mead e Gregory Bateson. La loro ricerca sulle società indigene in Papua Nuova Guinea, in particolare il loro concetto di schismogenesi, ovvero la creazione di fratture all'interno delle società, offre una lente affascinante e inquietante attraverso cui osservare il nostro panorama sociale moderno. Sebbene abbiano condotto una ricerca neutrale sulle dinamiche sociali, un'analisi più approfondita suggerisce che i loro studi potrebbero aver avuto uno scopo più insidioso, testando come le società potrebbero essere manipolate sfruttando le linee di faglia sociali. Questo lavoro fornisce un quadro cruciale per esaminare e combattere le forze che oggi lacerano la nostra coesione sociale.

L'opera fondamentale di Bateson, Steps to an Ecology of Mind, esplora il modo in cui individui e società sono plasmati da modelli di comunicazione, cicli di feedback e fratture interne. Nel contesto della loro ricerca, Mead e Bateson non si sono limitati a osservare il comportamento umano, ma lo hanno plasmato attivamente, applicando principi che avrebbero poi articolato nel loro lavoro accademico. Ciò solleva la preoccupante possibilità che la loro ricerca possa essere stata meno incentrata sulla comprensione delle culture indigene e più sul testare come la società potesse essere manipolata sfruttando le sue linee di faglia interne.

Il concetto di schismogenesi, sviluppato da Bateson, descrive un processo in cui una volta iniziata la separazione, questa si intensifica, creando un ciclo di feedback di opposizione che può fare a pezzi le società. Questo meccanismo di ampliamento della discordia non è confinato agli annali dell'antropologia: credo che sia uno strumento attivamente impiegato nel mondo odierno da vari attori, dai regimi autoritari alle agenzie di intelligence.

Le implicazioni del lavoro di Mead e Bateson si estendono ben oltre il loro contesto antropologico originale. Le loro osservazioni e teorie sulla schismogenesi forniscono una potente lente attraverso cui possiamo esaminare le attuali rotture sociali. Come vedremo, i meccanismi che hanno descritto nelle società indigene sono sorprendentemente simili alle forze divisive in gioco nel nostro mondo moderno, connesso digitalmente.


Manifestazioni moderne di disunità sociale

Vediamo questa manipolazione all'opera nella nostra società attuale, mentre le fratture si approfondiscono attraverso linee politiche, razziali e culturali. Le divisioni che sperimentiamo quotidianamente, siano esse politiche (sinistra contro destra), razziali (nero contro bianco) o culturali (urbano contro rurale), servono a indebolire la nostra forza collettiva. Inibiscono l'unità e rendono quasi impossibile affrontare la corruzione sistemica più ampia che ci colpisce tutti.

Un esempio lampante di questo fenomeno può essere trovato nella natura sempre più faziosa della politica americana. Il Pew Research Center ha documentato un crescente divario ideologico tra repubblicani e democratici negli ultimi due decenni. I loro studi rivelano che la quota di americani con opinioni costantemente conservatrici o costantemente liberal è più che raddoppiata dal 10% nel 1994 al 21% nel 2014, e al 32% nel 2017.

Questo scisma politico si manifesta in vari modi:

• Disaccordi politici: su questioni che spaziano dall'assistenza sanitaria ai cambiamenti climatici, i due partiti principali hanno sempre più opinioni diametralmente opposte.

• Distanziamento sociale: gli americani hanno meno probabilità di avere amici intimi o partner romantici del partito politico opposto. Nel 2016 il 55% dei repubblicani ha affermato che sarebbe stato infelice se il proprio figlio avesse sposato un democratico, rispetto al 17% del 1960. Per i democratici il numero è salito dal 4% al 47% nello stesso periodo.

• Consumo di media generalisti: conservatori e liberal tendono a informarsi da fonti diverse, rafforzando le proprie convinzioni. Nel 2021 il 78% dei democratici afferma di avere "molta" o "una certa" fiducia nelle organizzazioni giornalistiche nazionali, rispetto a solo il 35% dei repubblicani.

Queste divisioni rispecchiano gli ambienti manipolati studiati da Mead e Bateson decenni fa, che ora si manifestano sui social media.


Il ruolo dei media generalisti nell’intensificare le fratture sociali

Il ruolo dei media nel plasmare la percezione pubblica e nell'intensificare la discordia sociale non può essere sopravvalutato. Uno studio del 2021 intitolato “Prevalenza di parole che denotano pregiudizi nel discorso dei media: un'analisi cronologica” rivela una tendenza preoccupante nell'uso di un linguaggio incendiario da parte dei principali organi di informazione. Secondo suddetto studio i riferimenti a termini come “razzista”, “transfobico”, “sessismo” e “discriminazione di genere” sono aumentati esponenzialmente in pubblicazioni come il Washington Post e il New York Times sin dal 2012.

Questa ondata di linguaggio pregiudizievole potrebbe riflettere un conseguente aumento di casi di discriminazione e pregiudizio nella società. Tuttavia una possibilità più inquietante è che i media stiano plasmando la percezione pubblica e accrescendo la consapevolezza di questi problemi, fino al punto di enfatizzarli eccessivamente. Quest'ultima possibilità si allinea con il concetto di schismogenesi: evidenziando e amplificando costantemente questioni controverse, i media potrebbero contribuire inavvertitamente (o intenzionalmente) alle stesse fratture sociali di cui riferiscono.


Camere di eco digitali e bolle informative

Nell'era digitale le tattiche di dividi et impera vengono amplificate tramite piattaforme digitali, alimentando i nostri peggiori istinti per creare abissi sempre più profondi. Gli algoritmi rafforzano le nostre convinzioni esistenti, offrendoci contenuti che si allineano con le nostre opinioni predeterminate. Ciò crea camere di risonanza che consolidano il nostro dogma e rendono sempre più difficile sfidare o mettere in discussione le narrazioni che ci sono state propinate.

I nostri feed sui social media, le fonti di notizie scelte e i contenuti curati agiscono come filtri, plasmando la nostra percezione del mondo. Il risultato è una società frammentata in cui il dialogo oltre le linee ideologiche diventa sempre più raro e difficile.

La ricerca pubblicata su Proceedings of the National Academy of Sciences ha scoperto che l'esposizione a opinioni opposte sui social media può effettivamente aumentare l'alienazione politica, contrariamente alla speranza che punti di vista diversi possano moderare posizioni estreme. Questa amplificazione digitale della discordia pone una sfida significativa alla coesione sociale nell'era moderna.


7 ottobre: ​​un catalizzatore per il riallineamento ideologico

Eventi recenti, come la tragedia del 7 ottobre, illustrano questa strategia di dividi et impera. Prima dell'attacco si stava formando una coalizione naturale di improbabili alleati: persone che erano state storicamente separate da linee politiche, razziali o culturali stavano iniziando a vedere attraverso la manipolazione. Questa coalizione si stava unendo per l'autonomia collettiva dell'umanità, passando oltre barriere di lunga data.

L'8 ottobre quell'unità si era frantumata. Molte persone che in precedenza avevano trovato un terreno comune nonostante le loro differenze, sarebbero improvvisamente tornate alle loro precedenti alleanze e posizioni consolidate. Indipendentemente dal loro punto di vista sull'attacco stesso o sulle successive reazioni, sostenendo una delle due parti o condannando del tutto la violenza, il risultato principale è stata la rapida disintegrazione delle alleanze che si stavano formando.

Molti di coloro che erano stati scettici nei confronti delle narrative ufficiali ora le avevano abbracciate con tutto il cuore, indicando i titoli dei media generalisti che avevano ridicolizzato per anni come se fossero vangelo. La velocità con cui le convinzioni radicate sulla sfiducia nei media sono evaporate è stata impressionante, così come il rapido ritorno ai campi ideologici preesistenti.

Questa improvvisa frattura dell'unità, nel giro di un giorno dall'attacco, è stato un esempio da manuale di quanto rapidamente le coalizioni possano essere smantellate quando la discordia viene abilmente manipolata. Ha dimostrato la fragilità delle alleanze formate attraverso le tradizionali linee di separazione e la facilità con cui le persone possono essere spinte di nuovo nelle loro zone di comfort ideologiche in tempi di crisi. L'evento in sé, sebbene tragico, è meno al centro dell'attenzione che la risposta della società, un rapido ritorno alle divisioni precedenti che minaccia la nostra capacità di mantenere l'unità di fronte alle avversità.


Tagliare il tessuto sociale

Le divisioni sono ovunque, si insinuano in ogni aspetto della vita: sinistra contro destra, vaccinati contro non vaccinati, pro-choice contro pro-life, attivisti del cambiamento climatico contro scettici del cambiamento climatico. Questi cunei, inquadrati come battaglie apocalittiche, vengono usati per distrarci e frammentarci. Il fenomeno è diventato così pervasivo che ora le persone tifano per le guerre come se fossero eventi sportivi, incitando i Paesi come se fossero squadre rivali in uno spettacolo grottesco di patriottismo desensibilizzato.

Questa strategia di separazione va oltre la creazione di semplici fazioni o campi opposti. L'obiettivo finale è la dissoluzione della società stessa. Sottolineando continuamente le nostre differenze e creando sottogruppi sempre più piccoli, questo approccio ci spinge verso un isolamento estremo. Mentre veniamo tagliati e sminuzzati in sottoinsiemi sempre più piccoli in base a identità o credenze sempre più specifiche, rischiamo di raggiungere un punto in cui ogni persona diventa un'entità isolata a sé stante.

Questa frammentazione non solo indebolisce la nostra forza collettiva e il nostro scopo condiviso, ma rende quasi impossibile affrontare questioni più ampie che ci riguardano tutti. È una strategia insidiosa che sfrutta la natura umana, facendo appello ai nostri innati istinti tribali e amplificando le nostre insicurezze. Il risultato è un percorso verso la completa atomizzazione sociale, dove la collaborazione diventa quasi impossibile.

Come abbiamo visto, la pervasività della discordia nella nostra società si estende ben oltre i disaccordi superficiali. Sta rimodellando le fondamenta stesse del modo in cui percepiamo e interagiamo con il mondo che ci circonda, con profonde implicazioni per le nostre istituzioni democratiche.


La moderna caverna di Platone: la frammentazione della realtà

Nella nostra società sempre più frammentata, ci troviamo di fronte a un fenomeno preoccupante: la creazione di realtà multiple e isolate. Questa situazione ha una sorprendente somiglianza con il mito della caverna di Platone, ma con un tocco moderno. Nell'esposizione di Platone i prigionieri erano legati in una caverna, in grado solo di vedere ombre sul muro e credendo che questa fosse la realtà. Oggi ci troviamo in una situazione simile, ma invece di una singola caverna, ognuno di noi abita le proprie caverne di informazioni personali.

A differenza dei prigionieri di Platone, non siamo fisicamente incatenati, ma gli algoritmi che ci forniscono informazioni su misura per le nostre convinzioni esistenti creano legami invisibili che sono altrettanto forti. Questo effetto da camera di eco digitale significa che viviamo tutti nella nostra versione della caverna di Platone; ognuno vede un diverso insieme di ombre e le scambia per verità universali.

Le implicazioni per una repubblica funzionante sono profonde e preoccupanti. Come possiamo impegnarci in un dibattito democratico quando non riusciamo nemmeno a concordare sui fatti basilari della nostra realtà condivisa? Questa frammentazione della verità pone una sfida critica alle fondamenta stesse della società democratica, rendendo quasi impossibile trovare un terreno comune o lavorare verso soluzioni collettive.

La forza di una repubblica risiede nella sua capacità di riunire diverse prospettive per forgiare un percorso comune. Tuttavia questa forza diventa una debolezza quando i cittadini non condividono più un quadro di realtà di base entro cui discutere e prendere decisioni.

Per salvare la nostra repubblica è fondamentale riconoscere l'importanza di stabilire e mantenere un quadro comune di comprensione. Ciò non significa che dobbiamo essere tutti d'accordo su tutto: il sano disaccordo è, dopotutto, la linfa vitale della democrazia. Significa invece che dobbiamo trovare modi per concordare sui fatti di base, condividere fonti di informazione che tutti riteniamo credibili e impegnarci in dibattiti in buona fede fondati su una realtà condivisa. Senza questo terreno comune, rischiamo la continua erosione delle nostre istituzioni democratiche e l'ulteriore frammentazione della società.

Sapendo quanto è alta la posta in gioco, è chiaro che non possiamo restare passivi di fronte a queste forze divisive. Dobbiamo adottare misure attive per colmare le lacune tra le nostre realtà individuali e ricostruire una base condivisa per il dibattito democratico. Ma come possiamo iniziare a liberarci dalle nostre caverne individuali e lavorare verso una comprensione più unitaria del mondo?


Resistere alla discordia sociale

Riconoscere l'intrappolamento in queste caverne digitali individuali è il primo passo verso la liberazione. Per resistere alla discordia sociale che minaccia di separarci in modo permanente, dobbiamo lavorare attivamente per smantellare i muri delle nostre prigioni virtuali. Questo compito, sebbene scoraggiante, è cruciale per la preservazione della nostra realtà condivisa e del dibattito democratico.

In questo mondo fratturato nessuno verrà a salvarci: gli unici eroi rimasti siamo noi stessi. Per combattere queste forze antagoniste, dobbiamo adottare diverse misure critiche. Innanzitutto dobbiamo prestare maggiore attenzione al mondo che ci circonda, chiedendoci costantemente chi trae vantaggio dagli scismi che vediamo. L'antica domanda “Cui bono?” non è mai stata così rilevante.

Mentre ci muoviamo nel complesso panorama dei media e delle informazioni moderni, dobbiamo diventare consumatori più critici. È fondamentale chiedersi perché ci vengono dette certe cose e considerare come queste informazioni potrebbero plasmare la nostra visione degli altri e della società in generale. Questo pensiero critico è la nostra prima linea di difesa contro la manipolazione.

Inoltre dobbiamo resistere alle tattiche di frammentazione sociale. Ciò significa rifiutarci di essere divisi e riconoscere che il vero nemico non è il nostro vicino, ma piuttosto i sistemi che sfruttano queste separazioni per mantenere il controllo. È fin troppo facile cadere nella trappola di vedere coloro che non sono d'accordo con noi come avversari, ma dobbiamo resistere a questa tentazione.

Nonostante le nostre differenze, è fondamentale che cerchiamo un terreno comune con coloro che percepiamo come diversi da noi. Ciò non significa abbandonare i nostri principi, ma piuttosto cercare attivamente valori e obiettivi condivisi. Spesso scopriremo di avere più cose in comune con i nostri presunti “avversari” di quanto pensassimo inizialmente.

Infine dobbiamo promuovere l'alfabetizzazione mediatica, sia per noi stessi che per gli altri. Comprendendo come i media possono plasmare le percezioni e intensificare la discordia, possiamo proteggerci meglio dai suoi effetti provocatori. Questa istruzione è fondamentale in un'epoca in cui l'informazione, e la disinformazione, sono più abbondanti che mai.

Intraprendendo questi passi, prestando attenzione, pensando in modo critico, resistendo alla divisione, cercando un terreno comune e promuovendo l'alfabetizzazione mediatica, possiamo sperare di creare una società più unita e resiliente. La strada da seguire non sta nel soccombere a scismi creati ad arte, ma nel riconoscere la nostra umanità condivisa e i nostri interessi comuni. È una strada impegnativa, ma che dobbiamo percorrere se vogliamo superare le forze che cercano di tenerci divisi e reclamare la realtà comune, essenziale per la sopravvivenza della nostra repubblica democratica.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Bitcoin FUD: 6 tesi comuni degli scettici durante i mercati rialzisti

Gio, 13/02/2025 - 11:00

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Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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da CoinTelegraph

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/bitcoin-fud-6-tesi-comuni-degli-scettici)

Fin dalla sua nascita Bitcoin ha dovuto affrontare un'opposizione implacabile alimentata da paura, incertezza e dubbio, o anche etichettato con l'acronimo FUD. I critici denunciano regolarmente Bitcoin come qualcosa di volatile, insostenibile, o uno strumento per il crimine.

Queste narrazioni riemergono a ogni mercato rialzista, spesso scoraggiando i nuovi arrivati. Dan Held, un importante sostenitore di Bitcoin, ha affermato: “I detrattori cercano di far fronte al fatto di aver perso il treno razionalizzando il motivo per cui fallirà attraverso 'Paura, incertezza e dubbio'”. Ma quanta verità contengono queste argomentazioni?

Una volta liquidato come un progetto di nicchia, Bitcoin è ora abbracciato da istituzioni finanziarie, investitori e persino politici. Tuttavia lo scetticismo persiste, con i critici che mettono in dubbio il suo valore, il consumo di energia e l'utilità sociale.

Ecco alcune tesi legate al FUD che emergono ogni volta che Bitcoin va bene.


Bitcoin non ha alcun valore

Tra i critici più accaniti di Bitcoin ci sono il leggendario investitore Warren Buffett e il defunto Charlie Munger.

Buffett definì Bitcoin “veleno per topi al quadrato”, sostenendo che non avesse alcun valore perché non genera guadagni o dividendi. Munger fece eco a queste affermazioni, descrivendo Bitcoin come “disgustoso” e il suo sviluppo “contrario agli interessi della civiltà”.

“Odio il successo di Bitcoin”, disse Munger.

Bitcoin esiste dal 2008 e il suo valore è cresciuto notevolmente, diventando l'asset con le prestazioni più elevate nell'ultimo decennio.

Le performance di Bitcoin rispetto a importanti asset del mercato tradizionale nell'ultimo decennio. Fonte: CoinGecko

Held ribatte a queste argomentazioni affermando che non ha senso criticare Bitcoin perché non ha alcun valore “quando la valuta fiat non ha assolutamente alcun valore”.

Il 10 gennaio 2018 gli economisti Aleksander Berensten e Fabian Schär scrissero, in un articolo di revisione per la Federal Reserve: “Bitcoin non è l'unica valuta che non ha alcun valore intrinseco. Anche le valute di monopolio statale, come il dollaro statunitense, l'euro e il franco svizzero, non hanno alcun valore intrinseco. La storia delle valute monopolistiche di stato è una storia di forti oscillazioni di prezzi e fallimenti [...] ecco perché le criptovalute decentralizzate sono un'aggiunta gradita al sistema monetario esistente”.

Il valore di un asset è astratto, poiché dipende dalla percezione delle persone. La scarsità, l'utilità e la tecnologia di Bitcoin ne sostengono il valore.

Bitcoin ha un'offerta limitata di 21 milioni di coin, il che gli ha fatto guadagnare il soprannome di “oro digitale”. L'interesse istituzionale, come i fondi negoziati in borsa (ETF), ha consolidato la sua posizione come riserva di valore, poiché è raro per progettazione.


Bitcoin è solo una mania come quella dei tulipani

La rapida crescita del prezzo di Bitcoin ha portato molti a paragonarlo a bolle finanziarie come il crollo delle dot-com o la mania olandese dei tulipani del XVII secolo.

Held non è d'accordo: “Bitcoin non è un tulipano. Fornisce al mondo il miglior deposito digitale di valore mai creato, consentendo alle persone di conservarlo e rendendone arduo il sequestro e la trasmissione a chiunque altro senza permesso”.

Nel 2017 l'amministratore delegato di JPMorgan, Jamie Dimon, criticò duramente Bitcoin, definendolo una “frode”. Nel 2018 affermò che Bitcoin era “peggio dei bulbi di tulipano”.

Da allora ha attenuato le sue osservazioni e ritirato alcune delle sue critiche. Durante una chiamata sui guadagni di JPMorgan nel 2021, Dimon ha osservato che “le mode in genere non durano 12 anni”.

Nel maggio 2024 sono emerse segnalazioni secondo cui JPMorgan aveva investito in Bitcoin tramite gli ETF spot e la banca aveva persino creato la propria valuta digitale, JPM Coin.

Sin dalla sua creazione, Bitcoin ha sperimentato costanti trend al rialzo caratterizzati da ondate cicliche. A differenza delle famigerate bolle finanziarie, non ha affrontato un crollo catastrofico che ha svalutato in modo permanente l'asset.

Confronto dal novembre 2020 tra Bitcoin, tulipani, South Sea Company e la bolla dotcom. Fonte:  James Todaro


Bitcoin è uno strumento per il riciclaggio di denaro

Bitcoin viene spesso attaccato per il suo presunto ruolo in attività illecite. La senatrice degli Stati Uniti, Elizabeth Warren, lo ha descritto come uno “strumento per il riciclaggio di denaro” e ha chiesto normative più severe per reprimere gli asset digitali.

Tuttavia la blockchain di Bitcoin è completamente trasparente, il che rende le attività illecite più facili da tracciare rispetto al denaro contante.

Inizialmente i criminali lo vedevano come un ottimo strumento per nascondere le loro attività illegali, ma hanno imparato rapidamente che usare la tecnologia di un registro trasparente non era così buono per i loro affari. Bitcoin è pseudoanonimo. Gli account sono anonimi, ma se uno di essi è collegato a un'identità, la sua cronologia e i suoi movimenti finanziari saranno esposti.

“Il problema risiede nei soldi fiat, non in Bitcoin o nelle criptovalute, i quali operano per lo più su registri trasparenti che rendono difficile nascondere i fondi”, ha affermato Held.

Detto questo, ci sono servizi che possono oscurare i movimenti di Bitcoin e favorire attività illecite. Servizi come mixer e tumbler, specializzati nell'oscurare il flusso di fondi, hanno visto un aumento delle attività di riciclaggio di denaro, secondo la società di analisi dei dati blockchain Chainalysis.


Bitcoin ha fame di energia

La rete Bitcoin utilizza la proof-of-work (PoW) come meccanismo di consenso, in cui i miner risolvono complessi enigmi matematici per convalidare le transazioni e proteggere la rete in cambio di ricompense.

Inizialmente chiunque avesse un computer portatile poteva minare Bitcoin, ma con l'aumento della concorrenza sono state create strutture di mining su larga scala, rendendolo un processo ad alto consumo energetico.

Le preoccupazioni sono legittime poiché, secondo l'indice di consumo di elettricità dell'Università di Cambridge, il consumo energetico di Bitcoin è superiore al consumo energetico annuale dell'Egitto e sta per superare quello del Sudafrica.

Grafico del consumo energetico nazionale e Bitcoin. Fonte: University of Cambridge

Held ha affermato che la PoW è un modello energetico efficiente. Ha criticato coloro che si lamentano del consumo energetico di Bitcoin senza “confrontarlo con il consumo energetico dell'estrazione dell'oro, del sistema finanziario, dei governi, dei tribunali, degli eserciti” o dei modelli generativi di intelligenza artificiale come ChatGPT.

Negli ultimi anni il mining di Bitcoin si è spostato sempre di più verso l'uso di energia verde. Le dinamiche della PoW spingono i miner a cercare le fonti di energia più economiche possibili e, poiché il mining è indipendente dalla posizione, i miner possono muoversi a livello globale.

Una delle fonti energetiche più convenienti è l'energia rinnovabile e i miner se ne sono accorti.

Una nuova ricerca ha dimostrato che il mining di Bitcoin potrebbe potenzialmente dare una spinta alla transizione verso l'energia rinnovabile. I ricercatori affermano che monetizzare l'energia in eccesso raccolta dalle rinnovabili potrebbe generare centinaia di milioni di dollari di entrate, grazie al mining di Bitcoin.

Il 12 maggio 2021 Elon Musk ha ordinato a Tesla di smettere di offrire Bitcoin come mezzo di pagamento per i suoi veicoli elettrici, poiché era preoccupato per i suoi effetti sull'ambiente. Il 13 giugno 2021 Musk ha affermato che Tesla avrebbe consentito nuovamente le transazioni BTC una volta che fosse stato sicuro che almeno il 50% dell'energia utilizzata dai miner fosse pulita e avesse un trend futuro positivo.

Secondo l'analista di dati blockchain, Willy Woo, e il sostenitore di Bitcoin e ambientalista, Daniel Batten, l'utilizzo di energia rinnovabile da parte di Bitcoin è vicino al 57%; tuttavia Musk non ha reagito di fronte a questi nuovi numeri.

La mancanza di trasparenza nei dati del mining rimane una sfida continua. Batten sostiene che i media generalisti pubblicano spesso informazioni fuorvianti sull'impatto ambientale di Bitcoin, basandosi su studi scarsamente documentati o “scienza spazzatura”.

Batten ha osservato un crescente cambiamento nel sentimento dei media generalisti, con molti organi di informazione che adottano una posizione più favorevole, o neutrale, nei confronti del mining di Bitcoin mentre conducono indagini più approfondite sull'argomento.


Q-day: Bitcoin è sotto minaccia quantistica

Internet si basa su protocolli di crittografia per proteggere i dati, con la National Security Agency statunitense che ha impostato la crittografia AES a 256 bit come standard. Bitcoin utilizza questa stessa crittografia per i suoi wallet, ma molti affermano che un futuro computer quantistico potrebbe facilmente violare questa crittografia, compromettendo la sicurezza di Bitcoin.

Con ogni svolta nell'informatica quantistica, i mercati delle criptovalute vengono inondati da FUD e affermazioni secondo cui Bitcoin potrebbe diventare un bersaglio facile.

Il 10 dicembre 2024 Google ha presentato il suo nuovo chip di calcolo quantistico, Willow. Si suppone che possa risolvere problemi computazionali in meno di cinque minuti, mentre l'informatica tradizionale impiegherebbe 10 settiliardi di anni.

Le preoccupazioni riguardo la “minaccia quantistica” trascurano un punto cruciale: un computer quantistico in grado di violare la sicurezza di Bitcoin probabilmente prenderebbe di mira honeypot molto più grandi, come i sistemi bancari tradizionali, prima di Bitcoin.

Held ha affermato che Bitcoin è già pronto per un simile attacco e che, nel caso di una reale minaccia quantistica, basterebbe semplicemente aggiornarne il protocollo: “I computer quantistici sono ancora in gran parte sperimentali; sapremo con largo anticipo quando saranno utilizzabili”.


La storia infinita di Tether

USDT di Tether, la più grande stablecoin per capitalizzazione di mercato e una coppia di trading comune con Bitcoin, è una delle fonti più significative di FUD correlato a Bitcoin. I critici sostengono che le riserve di Tether mancano di trasparenza, alimentando i timori di un crollo.

La controversia è iniziata anni fa, quando Tether fu accusata di aver emesso USDT senza un'adeguata copertura, per manipolare i prezzi di Bitcoin durante i rally di mercato. La questione si è intensificata nel 2021 dopo che la società ha rivelato che solo una parte delle sue riserve era detenuta in contanti, mentre il resto era in cambiali commerciali, prestiti garantiti e altri asset.

Nonostante gli sforzi di Tether per migliorare la trasparenza, gli scettici rimangono poco convinti. Sostengono che il predominio di Tether nel trading di criptovalute e l'assenza di un audit completo di terze parti presentino rischi sistemici.

Justin Bons, fondatore del fondo di criptovalute CyberCapital, ha affermato che queste preoccupazioni coinvolgono molti investitori in criptovalute e afferma che un crollo di Tether potrebbe essere “una delle più grandi minacce esistenziali per le criptovalute nel loro complesso”.

Held ha affermato che è a dir poco assurda l'idea che il fallimento di Tether possa danneggiare Bitcoin, visto che il primo rappresenta solo il 10% della capitalizzazione di mercato del secondo. Held ha aggiunto che la vera preoccupazione dovrebbe essere rivolta a Ethereum e al suo ecosistema di finanza decentralizzata (DeFi): “Se Tether diventasse inutile causerebbe un enorme terremoto strutturale nell'ecosistema di Ethereum”.

Il crollo di USDT sarebbe catastrofico, ma Held ha ricordato che Bitcoin alla fine sopravvivrebbe, proprio come è successo negli ultimi 12 anni attraverso crisi come l'hacking di Mt. Gox, la chiusura di Silk Road, il divieto cinese al mining e la guerra civile di Bitcoin con Bitcoin Cash.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Saccheggiati dal denaro fiat

Mer, 12/02/2025 - 11:10

Il cappello di oggi è necessario per colmare un gap di consapevolezza: per quanto sia necessario arrivare a un mondo in cui il denaro sia quanto di più disintermediato da poteri centrali, allo stato attuale la FED è quanto di più vicino a qualcosa che possa aprire a un mondo del genere. Se, ad esempio, fosse stata abolita durante l'amministrazione Biden, e il Dipartimento del Tesoro avesse potuto stampare denaro direttamente, vivremmo in un mondo in cui la cricca di Davos avrebbe preso il sopravvento. In un mondo fatto di questi colossi, la persona media può solo auspicarsi una lotta interna tra di essi per aspirare a un cambiamento. Infatti c'è la concreta possibilità, adesso che ha ripreso il controllo sulla politica monetaria della nazione, che la FED possa essere regionalizzata nelle sue 12 succursali regionali, in modo da distribuire il potere e impedirne la cattura da agenti avversi alle sorti della nazione come è quasi accaduto nel 2021 quando Powell rischiava di non essere riconfermato. È sacrosanta l'abolizione del sistema bancario centrale, ma per farlo bisogna avere chiaro in mente in che mondo si vive. Le tesi di Tucker sono giuste, ma sono il punto “B”; dal punto “A” c'è un intermezzo che non può essere lasciato al caso. Lo stesso discorso possiamo farlo coi dazi. Partiamo dal fatto che sono una tassa e, in quanto tale, distorcono le informazioni di mercato. Questo, però, a patto che stiamo parlando di un libero mercato e un'economia di pace. Ciò infatti è stato vero fino al 2017, picco della globalizzazione. Ora è un mondo diverso, in guerra commerciale ed economica, in cui la contrazione degli intermediari finanziari, prima, e quelli commerciali, poi, sono strumenti per “far sanguinare” l'avversario. Nel Capitolo 16 del mio ultimo libro, “Il Grande Default”, ho esposto i motivi per cui Europa e USA sono ai ferri corti. Gli Stati Uniti hanno la possibilità di sfruttare la loro indipendenza energetica e l'onshoring delle industrie americane precedentemente all'estero. Non sottovalutate nemmeno la retorica positiva alimentata da slogan come “andremo su Marte!”, utile a sostenere una percezione ottimista sul futuro e di conseguenza un abbassamento della preferenza temporale delle persone (con conseguente abbassamento dei tassi reali). Ciò crea la forte possibilità di ridurre il deficit commerciale della nazione e le contromisure a nuove fiammate dell'inflazione dei prezzi (maggiore produzione e stipendi più alti). In questo contesto i dazi americani fanno più male all'Europa che agli USA stessi. Immaginate se l'UE risponda tassando le importazioni della Apple: dall'oggi al domani un Iphone costerebbe il triplo e l'intero continente sprofonderebbe nell'obsolescenza tecnologica. Tempo una manciata di mesi e la Commissione europea farebbe marcia indietro con la coda tra le gambe. Senza più accesso al mercato dell'eurodollaro, senza più carry trade sullo yen e con la prospettiva di perdere il proprio surplus commerciale, all'Europa non rimane altro che la preghiera. È un lento strangolamento per condurre al tavolo delle trattative l'avversario, affinché il coltello dalla parte del manico ce l'abbiano gli USA. Il dollaro, quindi, rimarrà ancora forte a fronte di un euro sempre più debole. A meno che... i singoli Paesi non stringano accordi bilaterali nazionali con gli USA staccandosi ufficiosamente, e poi anche ufficialmente, dal cancro europeo.

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di Jeffrey Tucker

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/saccheggiati-dal-denaro-fiat)

Il popolo americano pagherà un prezzo alto per le elezioni presidenziali del 2024 e probabilmente per anni. Non parlo dei risultati che hanno stupito il mondo; parlo del tentativo di manipolare i risultati attesi iniziato più di un anno prima.

Non sarà qualcosa che si presenterà sotto forma di tasse più alte. Sarà inflazione, un'altra forma di tassazione.

Il problema della svalutazione del dollaro avrebbe potuto essere ormai risolto, ma no. Tutto dimostra che l'amministrazione Biden, al servizio di altri interessi e preoccupata solo di aumentare la spesa pubblica, ha creato ingenti flussi di denaro a partire dal 2023 per accrescere le sue possibilità di rielezione. Non ha funzionato e ora siamo bloccati con il conto.

Certo, non c'è mai stata una volontà politica esplicita di tutto ciò, ma quanto ho detto sopra è un'interpretazione ragionevole del motivo per cui la Federal Reserve ha cambiato posizione sul rubinetto monetario nel 2023 e negli anni successivi.

Non c'è mai stata una giustificazione credibile a sostegno. L'inflazione aveva già devastato produttori e consumatori. La priorità era tenerla sotto controllo, invece è stato fatto l'opposto, rischiando così una seconda ondata che potrebbe essere appena iniziata.

Gli ultimi dati sui prezzi alla produzione e al consumo sembrano pessimi: un'inversione di tendenza radicale rispetto al calo, che rivela un riaccendersi del problema.

Ora che il presidente Donald Trump ha iniziato i suoi lavori, i media generalisti e il Bureau of Labor Statistics stanno improvvisamente diventando più disponibili a parlare del problema. L'inflazione è al 3%, o il 50% in più rispetto all'obiettivo ufficiale. La stima minima delle perdite di potere d'acquisto dal 2020 è di 23 centesimi a dollaro. Le stime reali sono più vicine ai 30 centesimi. La realtà, a seconda di cosa si acquista, sentenzia un numero molto più alto.

Non ci sono dubbi sulla fonte del problema. Non sono i droghieri che fanno la cresta sui prezzi, non sono i consumatori avidi, non sono i fornitori opportunisti, non sono nemmeno le restrizioni alla produzione di energia.

Sono gli stampatori di denaro a Washington che hanno dispiegato i loro poteri al servizio di un Congresso che ha speso senza freni, come se tutte le risorse di capitale apparissero come per magia. L'ondata di debiti ha concesso alla FED un portafoglio enorme per fare politica.

Basta osservare la relazione tra M2, la rappresentazione più accurata della massa monetaria che abbiamo, e l'indice dei prezzi al consumo. La relazione è impossibile da negare sia in termini di dati che di teoria. Non è complicato in realtà, ma richiede solo un po' di riflessione.

Thomas Massie fa l'esempio di 10 mele e 10 dollari, in un'economia in cui tutto il denaro viene speso. Ogni mela costa un dollaro. Se la massa monetaria raddoppia, ogni mela costa due dollari, e così via. È un esempio semplice, ma rende l'idea. Nel mondo reale c'è un ritardo tra causa/effetto tra 12 e 18 mesi. Nel caso attuale il ritardo raggiunge quasi esattamente il traguardo dei 12 mesi.

Dati: Federal Reserve Economic Data (FRED), St. Louis Fed

Niente di tutto questo è un mistero. L'odio per la stampa di cartamoneta risale alle fondamenta stesse della nazione. Thomas Paine ne scrisse ampiamente. Era un oppositore della tirannia e una persona molto riflessiva e brillante. Lesse molto sulla storia e la teoria economica, così come si presentavano ai suoi tempi:

• “Non so perché dovremmo essere così affezionati alla cartamoneta; non ha alcun valore intrinseco e non è denaro, ma una promessa di pagamento”.

• “La cartamoneta è come bere un bicchierino, ti risolleva il morale per un momento con l'inganno”.

• “I mali della cartamoneta non hanno fine. È una truffa ai danni del popolo e il fondamento di tutte le altre truffe”.

Le sue opinioni erano ampiamente condivise tra i Padri fondatori. Quando fu scritta la Costituzione, includeva una clausola che richiedeva agli stati (che gestivano il denaro) di usare solo oro e argento riguardo la monetazione. Quella clausola fu a lungo dibattuta dai tribunali e alla fine i sostenitori della cartamoneta trovarono un modo per aggirarla, tramite varie dichiarazioni di emergenza e sospensioni. Il gold standard fu ripristinato dopo la Guerra civile, ma sospeso più e più volte. Alla fine la copertura in metallo fu completamente rimossa.

Per molto tempo, tra il 1933 e il 1974, era illegale persino possedere oro per scopi d'investimento. Ciò cambiò e poi gli Stati Uniti ricominciarono a coniare monete d'oro, ma non come parte della linea di politica ufficiale sulla moneta. Sono ormai relegate a oggetti da collezione, molto belle, ma non utilizzabili come denaro a corso legale. Il legame tra la politica monetaria statunitense e l'oro è completamente spezzato.

L'ideale sarebbe ripristinarlo. Problema: nessuno sa davvero come ciò potrebbe accadere. Non esiste un vero piano per arrivare dal punto A al punto B. Gli Stati Uniti dovrebbero possedere grandi quantità di oro e ci dovrebbe essere un rapporto di cambio fisso, e questo dovrebbe riguardare non solo loro ma anche l'estero. La decisione da sola causerebbe un rimpatrio di massa di dollari ed esaurirebbe le scorte di oro in un giorno.

In breve, i problemi pratici associati al ripristino di un autentico gold standard sono inconcepibilmente enormi. Un problema ancora più grande è trovare la volontà politica per farlo. Entrambe le parti traggono vantaggio dal sistema monetario cartaceo e dalla politica monetaria flessibile, per la quale il cittadino statunitense alla fine paga il prezzo più alto.

Ci sono altri percorsi verso una moneta sana/onesta. La massa monetaria potrebbe essere congelata all'istante, ma ciò indurrebbe una deflazione su una scala che sarebbe considerata intollerabile. Io non penso che questa sarebbe una cosa negativa. Un crescente potere d'acquisto della moneta andrebbe a vantaggio delle persone comuni, ma la classe degli esperti non è d'accordo mettendo in guardia da una terribile recessione. E la realtà probabilmente confermerebbe questa previsione.

Il problema è che l'economia statunitense e, in realtà, l'economia mondiale, sono profondamente dipendenti dal finanziamento tramite debito. Porre fine a tutto questo sarebbe molto doloroso dal punto di vista economico. La volontà politica per farlo semplicemente non c'è.

La soluzione veramente costituzionale sarebbe quella di restituire ogni responsabilità per la politica monetaria ai singoli stati, abolendo il sistema bancario centrale. Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti potrebbe coniare la propria moneta, ma ciò porrebbe pericoli a sé stanti. Se e in quale misura tali pericoli sarebbero gravi quanto quelli della FED è un'altra questione.

Nel breve termine la soluzione è semplicemente quella di costringere quest'ultima a smettere di fare politica con i suoi poteri monetari. I tassi d'interesse dovrebbero essere completamente liberati dall'interventismo centrale. Le operazioni di mercato aperto e l'acquisto e la vendita di debito dovrebbero cessare del tutto. Il resto si risolverebbe da sé.

Gli economisti che rispetto suggeriscono una regola quantitativa che legherebbe la politica monetaria alla produzione. Mentre questa soluzione sembra buona sulla carta, misurare la produzione in modo accurato non è più un compito così facile. I numeri del PIL, allo stato attuale, sono molto vaghi, così come i numeri sul tasso d'inflazione stesso. Senza numeri precisi, la capacità della FED di condurre una politica monetaria in modo scientifico evapora nella pratica.

Speriamo che la nuova amministrazione Trump alla fine si decida ad affrontare il problema dell'inflazione della cartamoneta. Potrebbe doverlo fare, dato che il rischio reale di una seconda ondata di inflazione condannerebbe letteralmente la sua eredità politica.

Spero che qualcuno nell'amministrazione Trump stia ascoltando: come minimo, la FED deve interrompere il suo quantitative easing e impegnarsi in una politica di stabilizzazione monetaria. Sì, potremmo trovarci di fronte a una recessione tecnica e questo è politicamente pericoloso, ma una continuazione dell'inflazione lo è ancora di più.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Perché gli USA crescono mentre l'UE rallenta: la ricetta di Adam Smith

Mar, 11/02/2025 - 11:08

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di David Hebert

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/perche-gli-usa-crescono-mentre-lue)

Cosa spiega la curiosa mancanza di progressi economici nell'UE negli ultimi 16 anni?

Nel 2008 le economie dell'Unione Europea e degli Stati Uniti erano più o meno uguali in termini di PIL. Facendo un salto in avanti attraverso una crisi finanziaria globale e una pandemia, l'economia degli Stati Uniti è quasi raddoppiata mentre quella dell'Europa è cresciuta a malapena. Come possiamo spiegarlo?

Una risposta è il problema lampante nel confrontare il PIL dell'UE nel 2008 con il PIL dell'UE nel 2023: la Brexit. Dobbiamo ricordarci che il PIL è definito come il valore di tutta la produzione che avviene all'interno di un'economia. Nel 2016 l'UE ha perso la sua seconda economia più grande e con essa una parte significativa del suo PIL complessivo. Tuttavia con un PIL compreso tra $2.500-3.000 miliardi, l'uscita della Gran Bretagna dall'UE non può, da sola, spiegare il divario di quasi $10.000 miliardi.

Innanzitutto dobbiamo ricordare a noi stessi che la ricchezza non è qualcosa che avviene automaticamente, elargita dall'alto come se fosse manna dal cielo. Deve essere creata attraverso gli sforzi consapevoli di lavoratori, dirigenti aziendali e imprenditori. Avrete notato un gruppo di persone che manca a questa lista: i politici. Nonostante le loro affermazioni contrarie, essi non possono creare ricchezza. Tuttavia il loro ruolo in questo processo non può essere sottovalutato, poiché esercitano il potere simultaneo di promuoverla e inibirla.

Adam Smith ci fornì il modello per la crescita già nel lontano 1776: “Poco altro è necessario per portare uno stato al più alto grado di opulenza dalla più bassa barbarie: pace, tasse basse e un'amministrazione tollerabile della giustizia; tutto il resto è determinato dal corso naturale delle cose”.

Confrontando gli Stati Uniti e l'Unione Europea su questi aspetti emergono delle differenze sostanziali.


Pace

Classificare l'attuale clima degli Stati Uniti come “pacifico” risulterebbe poco sincero, soprattutto considerando le sparatorie, gli omicidi e il ciclo elettorale bellicoso. Infatti “ridurre la criminalità” è una preoccupazione crescente per tutti gli americani in tutto lo spettro politico. È interessante notare che i tassi di criminalità sono crollati drasticamente negli ultimi decenni. Nonostante le crescenti preoccupazioni, gli americani non sono mai stati così al sicuro nelle loro case e nelle loro comunità.

A livello internazionale gli USA sono più impegnati in modo pacifico di quanto non lo siano stati negli ultimi decenni. Non sono attualmente impegnati in nessun combattimento diretto su larga scala. Nella misura in cui gli USA sono coinvolti in Ucraina o nella guerra Israele-Hamas, lo sono attraverso il sostegno politico, gli aiuti economici, l'intelligence militare e il supporto diplomatico. In altre parole, sono impegnati in attività di supporto, non di combattimento.

Guardando all'UE vediamo risultati simili. I tassi di criminalità, in generale, sono per lo più diminuiti in tutta l'Unione, con qualche variazione tra i vari Paesi. Tuttavia va notato che i tassi di alcuni crimini sono aumentati negli ultimi anni e alcuni sono diminuiti solo leggermente, e non si sono avvicinati ai livelli a cui sono scesi negli Stati Uniti.

Vantaggio: Stati Uniti


Tasse basse

“Tasse basse” potrebbe essere interpretato in molti modi, quella più ovvia sarebbe la pressione fiscale complessiva. Poiché l'UE è composta da tanti Paesi diversi, ognuno dei quali ha la propria costellazione di linee di politica, i confronti diretti possono essere difficili da fare. Guardando alle aliquote massime riguardanti l'imposta sul reddito marginale, gli Stati Uniti arrivano a circa il 42,3%. I Paesi nell'UE vanno dal 55,9% (Danimarca) al 10% in Romania e Bulgaria, con una media del 42,8%. Su questa dimensione le tasse sembrano essere più o meno simili.

Si potrebbero anche prendere in considerazione i costi di conformità e se avvantaggiano in modo sproporzionato i clientes politici o le grandi aziende. In questo caso entrambi i Paesi vanno male. La Camera di commercio degli Stati Uniti ha riferito nel 2024 che il 73% delle piccole imprese ha trascorso “molto” o “una discreta quantità” di tempo su questioni relative alla conformità fiscale. Lo stesso Parlamento europeo, in una relazione del 2023 ammette la stessa cosa, affermando che “le piccole imprese sono gravate da costi di conformità relativamente maggiori. Tale onere aggiuntivo non sembra derivare da agevolazioni speciali per le piccole imprese, ma piuttosto dalla progettazione generale del sistema fiscale”. Le piccole imprese in genere non hanno accesso a un team interno di esperti fiscali in grado di gestire gli oneri amministrativi e di conformità di un sistema fiscale.

Infine potremmo anche prendere in considerazione se le tasse vengono applicate in modo equo. In questo contesto “equo” significa che le persone o le aziende in situazioni finanziarie o economiche simili pagano la stessa quantità di tasse. Negli Stati Uniti non è un segreto che molte aziende godono di speciali sgravi ed esenzioni fiscali e che molte sceglieranno di costituire una società nel Delaware per determinati vantaggi fiscali e commerciali. Ma lo stesso vale per i Paesi dell'UE, soprattutto se consideriamo che le aziende possono stabilire la propria sede centrale in un Paese particolarmente avvantaggiato a livello fiscale e che i lavoratori possono arrivare dai Paesi vicini con relativa facilità. Poiché le aliquote fiscali, le esenzioni e le interpretazioni degli statuti variano a seconda del Paese dell'UE, può facilmente accadere che le aziende intelligenti riescano a trovare scappatoie (involontarie o meno) che consentono loro di risparmiare sul fisco.

Vantaggio: Stati Uniti (ma solo leggermente)


Amministrazione tollerabile della giustizia

Ogni volta che anche solo due persone vivono in stretta prossimità, si verificherà un conflitto. Questo conflitto non deve necessariamente essere violento; potrebbe essere un semplice disaccordo tra parti che richiedono un giudizio esterno. Clienti e commercianti possono non essere d'accordo sui termini di una garanzia, le aziende possono credere di aver rispettato varie leggi e normative su cui la clientela potrebbe non essere d'accordo, o i vicini potrebbero non essere d'accordo sui livelli di rumore consentiti in determinate ore della notte.

Ciò che è necessario, quindi, è un qualche mezzo per risolvere i conflitti in un modo che sia ritenuto equo e imparziale per entrambe le parti. Questo meccanismo di risoluzione dei conflitti deve anche essere facilmente accessibile in modo che, quando si verificano delle controversie, si possa raggiungere una risoluzione rapidamente e a un costo (relativamente) basso. Nella maggior parte dei Paesi questo servizio è svolto da tribunali e altri servizi di mediazione.

Negli Stati Uniti il National Center for State Courts fornisce analisi delle opinioni pubbliche sul sistema giudiziario. Nella loro relazione del 2023 scoprono che, in generale, la popolazione si fida del sistema giudiziario, lo trova generalmente accessibile, ma che c'è una crescente preoccupazione che esso sia diventato politicizzato.

Per quanto riguarda l'UE la Commissione europea pubblica una relazione, intitolata EU Justice Scoreboard, che analizza il sistema giudiziario in base a “efficienza, qualità e indipendenza”. Mentre ci sono prove di miglioramenti generali all'interno dell'Unione, riconoscono anche che c'è ancora molto lavoro da fare e che c'è un'enorme variazione tra i Paesi per quanto riguareda la qualità della magistratura.

Possiamo anche farci un'idea dell'amministrazione complessiva della giustizia esaminando l'Economic Freedom of the World Index del Fraser Institute, in particolare il punteggio del sistema legale per Paese negli ultimi vent'anni. Mentre sia gli Stati Uniti che l'UE ottengono punteggi elevati in termini assoluti, dei ventisette Paesi dell'UE, solo sette (Austria, Danimarca, Finlandia, Germania, Paesi Bassi, Lussemburgo e Svezia) ottengono punteggi più alti degli Stati Uniti e solo di poco. Gli altri venti hanno tutti punteggi significativamente inferiori a quelli degli Stati Uniti.

Ciò è importante perché avere un accesso affidabile, conveniente e rapido a un sistema giudiziario imparziale consente di risolvere i conflitti e consente a entrambe le parti di andare avanti con le proprie vite e attività.

Vantaggio: Stati Uniti


Conclusione

Nel complesso gli Stati Uniti hanno una maggiore pace, sia a livello nazionale che internazionale, tasse più basse e un'amministrazione della giustizia più tollerabile rispetto all'Unione Europea. La crescita economica divergente tra i due è comprensibile in questi termini.

Ciò che resta un mistero è l'entità della disparità. Se includiamo il PIL del Regno Unito nel PIL dell'UE, ci sarebbe ancora un divario di $7.000 miliardi. E mentre alcuni potrebbero sottolineare che la Brexit ha causato una riduzione della crescita economica per l'intero continente europeo, è difficile immaginare qualcuno che sostenga seriamente che votare contro la Brexit avrebbe quasi raddoppiato il PIL di ogni singolo membro dell'UE. Molto ancora resta da esaminare.

Tuttavia Adam Smith aveva ragione: la pace, le tasse basse e un'amministrazione della giustizia tollerabile sono vitali per il progresso economico. Se ci sono questi elementi, il resto, come disse anche lui, seguirà e in effetti è successo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Perché l’Europa teme la libertà di parola

Lun, 10/02/2025 - 11:14

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Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Wolfgang Munchau

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/perche-leuropa-teme-la-liberta-di)

Conosciamo tutti la vecchia barzelletta che recita: quando un referendum europeo dà il risultato “sbagliato”, il Paese vota ancora finché non si ottiene il risultato “giusto”.

L'UE pensava che questo dovesse essere tristemente vero dopo la Brexit e infatti finora nessuno ha riso.

Anzi, la situazione è peggiorata.

Prendete la Romania, che di recente ha annullato le elezioni presidenziali quando Călin Georgescu, leader di una coalizione nazionalista di destra, ha vinto il primo turno. Thierry Breton, ex-commissario europeo francese, ha reso manifesta la mentalità dell'UE durante una recente intervista televisiva: “L'abbiamo fatto in Romania e ovviamente lo faremo in Germania se necessario”.

In altre parole, se non si può sconfiggere l'estrema destra, allora bisogna bandirla dal dibattito pubblico.

Non sono mai stato d'accordo con quello che Breton ha sempre detto, ma gli sono grato per aver esposto il suo caso con tale chiarezza. Durante il suo periodo come commissario per l'industria a Bruxelles, dal 2019 fino all'estate scorsa, quando Emmanuel Macron lo ha sostituito con una figura più compiacente, è stato la forza trainante dietro una serie di leggi progettate per mantenere l'Europa nell'età oscura digitale. La più estrema di suddette è stata il Digital Services Act (DSA) che obbliga “le grandi piattaforme online”, come X e Meta, a verificare i fatti e filtrare le fake news.

Ma, grazie a Breton, la verità è saltata fuori: l'obiettivo finale dell'Europa non è salvare il dibattito pubblico, ma soffocare i partiti di estrema destra privandoli dell'ossigeno dell'informazione. Il DSA non è nemmeno l'ultima parola nella jihad anti-digitale dell'UE. Una delle grandi idee di Ursula von der Leyen dell'anno scorso durante le elezioni europee è stata il cosiddetto “scudo democratico”, ovvero approvare ancora più leggi per impedire interferenze esterne negli affari dell'UE. Questa cosa evoca immagini di combattimenti con spade laser e sotto certi aspetti non è lontana dalla realtà: un blocco spaventato ha bisogno di uno scudo per proteggersi dal nemico incombente.

Mark Zuckerberg è sicuramente andato all'attacco. La scorsa settimana ha annunciato che abbandonerà il fact-checking sulle sue piattaforme, sfidando di fatto il DSA. E sta scommettendo su Donald Trump per proteggersi dalle conseguenze legali. Dato che Vance, il vicepresidente eletto, ha già minacciato di porre fine al sostegno degli Stati Uniti alla NATO se l'Europa provasse a censurare X di Elon Musk, sicuramente lo stesso varrà per Facebook. E l'UE è fin troppo dipendente dagli Stati Uniti per essere in grado di organizzare una campagna efficace contro una qualsiasi delle piattaforme social americane. Il DSA, elaborato frettolosamente durante la pandemia, non solo giudica male la natura dei social media, ma anche il potere politico. Espone la debolezza dell'Europa agli occhi dell'America.

Questa non è solo una battaglia geopolitica, però, è anche una battaglia europea. Il tentativo di repressione rivela che c'è qualcosa che il blocco teme più della libertà di parola: il populismo. Gli eurodeputati hanno trovato abbastanza difficile digerire le brutali esplosioni di Nigel Farage quando era membro del Parlamento europeo. Ora hanno Musk che gli alita sul collo, sostenendo i candidati dell'AfD, un partito che siede all'estrema destra nei banchi del Parlamento europeo e che sostiene l'uscita della Germania dall'UE.

I media tedeschi hanno avuto un crollo collettivo quando Musk ha twittato il suo sostegno ad AfD, ha intervistato su X Alice Weidel, co-leader del partito, e poi l'ha sostenuta in un articolo sul Die Welt. Il direttore editoriale del quotidiano tedesco si è dimesso per protesta. E un articolo su un altro giornale ha descritto istericamente l'intervento di Musk come incostituzionale. Che i giornalisti sostengano la censura sembra scioccante, finché non si comprende il ruolo del giornalismo nella società dell'Europa continentale: opera saldamente all'interno di uno stretto consenso politico centrista, che abbraccia tutti i partiti dal centro-sinistra al centro-destra. Naturalmente AfD non ottiene molto spazio sui media tedeschi.

Ma mentre è marginalizzato dai media generalisti, AfD prospera su TikTok, dove ha un vasto seguito. Quindi ciò che irrita i media tedeschi e i politici di altri partiti è che il cartello della censura non funziona più bene come una volta. Negli Stati Uniti e nel Regno Unito i media generalisti, un tempo potenti, hanno già perso il loro potere. Hillary Clinton ha espresso tale frustrazione quando ha detto che i social media devono verificare i fatti, altrimenti “perdiamo il controllo”. Ma l'Europa vive ancora in una zona crepuscolare in cui i media generalisti si crogiolano nel tramonto del potere, cercando di ignorare i social media che sorgono all'altro orizzonte. Come tutte le moderne battaglie politiche in Europa, si tratta di proteggere interessi stabiliti.

Il caso rumeno dimostra come queste restrizioni alla libertà di parola siano le prime salve di una guerra di repressione più ampia. Le elezioni presidenziali sono state annullate perché un TikTok infestato dai russi aveva disinformato gli elettori. Sono sicuro che i russi fossero attivi, ma è scioccante pensare che un'elezione sia stata annullata perché qualcuno potrebbe aver mentito su TikTok.

Sia chiaro, nessuno ha parlato di brogli elettorali. Georgescu ha vinto il primo turno delle elezioni in modo leale e onesto, ma come con la ridicola pantomima a Bruxelles dopo il voto sulla Brexit, la presunzione di voler spingere per l'annullamento del risultato si basava sul fatto che gli elettori sono troppo stupidi per farsi un'idea propria. La ripetizione si terrà il 4 maggio, seguita da un ballottaggio tra il candidato di maggior successo due settimane dopo. Georgescu è ancora il candidato con più probabilità di vincere secondo i sondaggi di opinione, ma l'establishment politico rumeno è ancora determinato a trovare modi per radiarlo, il più promettente dei quali è la speranza che possa aver ricevuto fondi non dichiarati.

Esistono modelli simili anche altrove.

Marine Le Pen rischia la potenziale squalifica dalle elezioni presidenziali del 2027 a seguito di accuse di irregolarità riguardanti i suoi assistenti al Parlamento europeo. Più di recente Bruxelles è stata spaventata dalla vittoria in Austria del Partito della Libertà, il quale è riuscito a ottenere il 28,8% dei voti alle elezioni generali di settembre. Ha superato una soglia oltre la quale è diventato politicamente impossibile per gli altri partiti formare coalizioni. Herbert Kickl, il leader dell'FPÖ, ora diventerà il prossimo cancelliere dell'Austria. Nel frattempo, in Germania, un gruppo di 113 parlamentari si è unito per bandire AfD. La loro storia è che l'estrema destra vuole distruggere la democrazia. Mentre il partito non ha ancora sondaggi abbastanza alti da innervosire l'ennesima coalizione centrista a Berlino dopo le elezioni di questo mese, la Germania potrebbe essere a pochi punti percentuali di distanza da un'impasse in stile austriaco.

Di sicuro, però, l'approccio sensato all'ascesa dell'AfD, dell'FPÖ e di altri partiti di destra non è quello di censurarli, ma di affrontare il problema di fondo che li ha resi così forti: persistente incertezza economica, perdita di potere d'acquisto e politiche disfunzionali sull'immigrazione. In mancanza di ciò, perché non cooptare i partiti di estrema destra come partner di coalizione junior come hanno fatto in Svezia e Finlandia? Se la Weidel venisse improvvisamente spinta a ricoprire il ruolo di ministro dell'economia, potremmo saggiare se sarà in grado di difendere il suo curriculum al governo. Ma i partiti centristi in Germania e Francia non faranno né l'una, né l'altra cosa. Hanno eretto barriere politiche contro l'estrema destra e stanno raddoppiando la dose con le stesse vecchie linee di politica.

È un approccio che inevitabilmente si ritorcerà contro di loro. Una Le Pen bandita sarebbe molto più pericolosa per l'establishment centrista, e forse anche più estrema quando alla fine arriverà al potere. Allo stesso modo AfD verrebbe sicuramente radicalizzata dopo un'espulsione coatta.

Fino ad allora, le armi spuntate preferite dall'UE (divieti normativi, barriere politiche e censura) infliggeranno più autolesionismo che benefici. Nella gerarchia dei diritti democratici, la libertà di parola ha una priorità relativamente bassa in Europa. Come le creature nel libro La Fattoria degli animali di George Orwell, faccio fatica a individuare la differenza tra gli estremisti di destra e coloro che cercano di combatterli.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Ciò che l'eurodollaro ha dato, l'eurodollaro si sta riprendendo (Parte #1)

Ven, 07/02/2025 - 11:05

 

 

di Francesco Simoncelli

(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/cio-che-leurodollaro-ha-dato-leurodollaro)

Il mondo si sta preparando per una crisi creditizia enorme. Le banche centrali e i governi saranno ancora in grado di finanziare le loro operazioni, e saranno ancora in grado di aumentare i prezzi (nominali) degli asset, ma non saranno in grado di proteggere il valore delle loro valute. Pensate, ad esempio, al recente exploit di DeepSeek: per quanto abbia fatto traballare Wall Street, non cancella affatto le criticità creditizie e finanziarie della Cina. Già adesso la vagonata di debiti accumulati sta portando a un'ondata senza precedenti di allentamento monetario per monetizzarli. Il problema è che questa azione, oltre a non funzionare più come in passato a causa della Legge dei rendimenti decrescenti, sta accartocciando lo yuan. Lo stesso discorso è possibile farlo per la rupia indiana o per l'euro. In sintesi, tutte le principali divise del mondo sono sulla graticola affinché le rispettive autorità che le supervisionano possano tenere in piedi il loro tessuto socioeconomico. Tutte tranne una: il dollaro.

Perché? È una situazione già vista nella storia economica del mondo, più precisamente negli anni '80 del secolo scorso. Allora l'incredibile forza del dollaro stava facendo a pezzi le altre valute, evento che condusse infine agli Accordi del Plaza e alla creazione del LIBOR, un tasso d'interesse mondiale (impostato a Londra) con cui venivano indicizzati i debiti a livello globale. La forza del dollaro venne smorzata e il resto del mondo entrò in un'epoca di (presunta) prosperità che l'avrebbe accompagnato fino al 2008. In questo senso il dollaro rappresenta come una sorta di buco nero che risucchia tutta la forza esistente dal resto delle altre divise: importa inflazione dei prezzi ed esporta disinflazione dei prezzi (o addirittura deflazione dei prezzi).

In realtà la terminologia usata è imprecisa, dato che non si tratta propriamente del dollaro che sta diffondendo ondate di incertezza e dubbio. Si tratta, invece, dell'eurodollaro che sta vedendo contrarsi la propria offerta, o per meglio dire la leva finanziaria cui è stato sottoposto nel corso del tempo. Le vette che aveva raggiunto erano spropositate e assurde, distorcendo a livelli inverosimili una valutazione corretta del rischio (nonché l'allocazione corretta del capitale). Il rialzo di oro e Bitcoin non fanno altro che segnalare questa proposizione: un ritorno lento a livelli sostenibili di rischio. Infatti la campagna di rialzo dei tassi della FED ha avuto come scopo quello di invertire la tendenza nel mercato dell'eurodollaro, aiutata anche dalla BoJ che ha proceduto anch'essa a uscire infine dal pantano dei tassi a zero e della yield curve control. Eurodollaro gonfiato attraverso la leva e carry trade sullo yen hanno rappresentato, soprattutto negli ultimi 16 anni, una fonte (presumibilmente) inesauribile di finanziamenti artificialmente a basso costo e azzardo morale senza freni.

Questa degenerazione, però, non è altro che l'ennesima deformazione finanziaria alimentata dall'attuale natura fiat del denaro. Ecco perché gli USA, sulla scia della vittoria di Trump e della fazione che rappresenta, ovvero i NY Boys, hanno iniziato a tessere le lodi di oro e Bitcoin. Se fino al 2022, anno in cui è stato defenestrato il LIBOR e sostituito dall'SOFR, lo status di valuta di riserva del dollaro era una condanna, adesso può trasformarsi in una benedizione: sganciati dal rischio sistemico esterno, gli USA possono gestire la propria politica monetaria in base alle necessità reali della nazione senza preoccuparsi più della possibilità di importare guai economici tramite indicizzazione esterna dei debiti. Questo per dire che se la stagnazione italiana costringerà a nuove misure di allentamento monetario (palesi) la BCE, ciò non si ripercuoterà direttamente sulla linea di politica della FED. Quest'ultima è stata la banca centrale del mondo fino al 2022; tutto il caos geopolitico ed economico a cui abbiamo assistito e assistiamo è solo un riflesso della sua effettiva indipendenza.

Ciò che l'eurodollaro ha dato, l'eurodollaro si sta riprendendo. La forza del dollaro strangolerà lentamente tutti coloro che nel tempo si sono approfittati di questo mercato ponendo come garanzia la sopravvivenza stessa degli Stati Uniti, economicamente e socialmente, fino a quando le varie altre fazioni mafiose di questa gigantesca cupola mafiosa non si presenteranno “spontaneamente” al tavolo delle trattative (in particolar modo la cricca di Davos). Attualmente stanno scegliendo di raddoppiare la posta in gioco e continuare a usare i risparmiatori come carne da cannone... non è rimasto loro nient'altro.

Per capire meglio come andrà a finire questa storia, e il meccanismo con cui il mondo si sta rimodellando, è necessario fare un passo indietro e capire per prima cosa cos'è l'eurodollaro.


L'ANTENATO DELL'EURODOLLARO: DENARO SCRITTURALE E RISERVE BANCARIE

Esiste un sistema finanziario “nascosto” al di fuori della giurisdizione del Tesoro americano o della Federal Reserve, ed è importante quanto o forse più importante di qualsiasi altro esistente. Questa economia sommersa opera nell'ombra, eseguendo transazioni e creando nuove forme di denaro mai viste prima. Fino al 2022 stava rappresentando la fine del dollaro. Benvenuti, quindi, nel sistema dell'eurodollaro.

Per comprendere appieno la struttura e la storia del sistema dell'eurodollaro, dobbiamo prima capire cos'è il denaro scritturale. Esiste da centinaia di anni e, nonostante ciò che molte persone pensano, la transizione dal gold standard avvenne molto tempo fa: il sistema con cui gli Stati Uniti e altre economie capitaliste hanno lavorato sin dal 1600 non era un vero standard basato sull'oro, ma piuttosto uno standard a riserva aurea. Le banche accettavano oro e argento ed emettevano banconote, che in origine erano certificati di deposito dell'oro, per dimostrare la proprietà dei metalli nel proprio conto. Queste banconote potevano quindi essere scambiate liberamente tra loro, ma in origine non esisteva alcun taglio standard. Con l'evoluzione del sistema bancario tra la fine del 1700 e l'inizio del 1800, divenne chiaro che il gold reserve standard, un rimedio ai “difetti” di un gold standard (si pensi a portare in giro borsellini pieni di oro e argento e dover chiedere/dare il resto esatto), era anch'esso imperfetto. Le banche dovevano detenere fisicamente le riserve auree presso le filiali e, poiché la crescita economica stimolava il commercio e gli affari, ciò significava che si verificavano sempre più scambi e le banconote emesse circolavano di più. I problemi iniziarono a emergere quando i viaggiatori, andando da una città all'altra, portavano banconote dalla loro città in quella nuova. Ad esempio, se un mercante viveva a New York, e doveva andare a Boston, avrebbe utilizzato le sue banconote per il commercio o per finanziare il viaggio. La maggior parte delle attività di Boston non accettava quelle banconote, poiché non ne conosceva l'affidabilità creditizia, quindi il mercante doveva recarsi in una banca locale, o in un mercato monetario, dove i trader valutavano il valore della banconota e la scambiavano con una locale, solitamente sotto il pari (ad esempio, acquistavano le banconote di New York a 90 centesimi sul dollaro).

Quindi le banconote di New York potevano accumularsi in una banca di Boston e, senza un sistema di riserva corrispondente, non c'era modo di regolare questi crediti se non ricevendo fisicamente le banconote e convertendole in oro o argento. Il problema è che, sapendo che molte delle banconote sarebbero state portate lontano e probabilmente non sarebbero state convertite in oro, molte banche locali avevano un incentivo a emetterne in quantità eccessive nella speranza che circolassero in luoghi lontani e non fossero mai riportate indietro per il rimborso in oro/argento fisico. Nonostante le sue imperfezioni, la struttura decentralizzata del sistema bancario pre-guerra civile concesse alle banche la libertà di esplorare autonomamente modi per migliorare il sistema. Non è ben noto che una di queste innovazioni fu una banca americana privata che portò organizzazione e praticità a numerose banconote emesse privatamente.

Presto nacquero le figure dei broker monetari, i quali acquistavano banconote a prezzo scontato dei viaggiatori e poi le trasportavano fisicamente nel luogo in cui erano state emesse per il rimborso in oro o argento. Questi broker erano odiati dai banchieri, ma svolgevano un ruolo essenziale in quanto contribuivano a limitare la crescita dell'offerta di denaro. Nel 1814 la New England Bank dichiarò il suo ingresso nel settore dei broker monetari; dieci anni più tardi erano diventate 6 le banche a livello nazionale che svolgevano tale compito. Il loro obiettivo, però, mutò col tempo: non tanto trarre profitto dal rimborso, ma piuttosto tenere a freno la quantità di banconote in circolazione. Credevano illusoriamente che così facendo, ci sarebbe stato un aumento nell'utilizzo delle loro banconote di qualità superiore, portando in ultima analisi a maggiori prestiti e profitti per esse. Tuttavia più ne acquistavano, più banconote di qualità ancora inferiore avrebbero preso il loro posto. Dato l'aumento del rischio associato, una di queste banche, la Suffolk Bank, propose ad altre sette banche locali l'istituzione di un fondo congiunto per acquistare e restituire le banconote alle banche emittenti. Questa coalizione, denominata Associated Banks, raccolse $300.000 per questo scopo. Col passare del tempo la Suffolk Bank avrebbe acquisito sufficiente forza per operare in modo indipendente. Inoltre aveva l'influenza necessaria per costringere le banche di altri stati a depositare oro e argento presso di essa, facilitando così il rimborso delle banconote. Nel 1838 quasi tutte le banche del New England rimborsavano le proprie banconote tramite la Suffolk Bank.

Essa forniva un servizio cruciale: accettava, alla pari, tutte le banconote depositate da altre banche del New England, accreditando i conti delle banche depositanti il ​​giorno successivo. Agendo come “stanza di compensazione”, la Suffolk Bank facilitò un sistema in cui qualsiasi banca del New England poteva ora accettare le banconote di qualsiasi altra banca, indipendentemente dalla distanza geografica, al loro valore nominale. Ciò ridusse significativamente il tempo e gli inconvenienti associati alla richiesta di rimborso in oro/argento da ciascuna banca. Inoltre si sviluppò un senso di certezza che le banconote delle banche associate al sistema Suffolk sarebbero state onorate alla pari. Questa garanzia inizialmente guadagnò terreno tra i colleghi banchieri e alla fine permeò la popolazione in generale. La fiducia è l'asset più potente di una banca e la più grande passività se viene persa. Lo strumento più potente della Suffolk per mantenere la stabilità era la sua autorità nel conferire l'adesione al sistema: ammetteva esclusivamente banche le cui banconote dimostravano una solida salute finanziaria. Sebbene non potesse impedire a una banca mal gestita di emettere banconote in eccesso, rifiutarne l'adesione garantiva che quelle banconote non avrebbero ottenuto un'ampia circolazione. Inoltre le banche associate che affrontavano una cattiva gestione potevano essere rimosse dall'elenco delle banche del New England approvate dalla Suffolk.

In sostanza, funzionava come una banca centrale che garantiva l'integrità delle altre banche. Così facendo, trasformò il New England in un baluardo di stabilità monetaria in un periodo in cui il resto dell'America era alle prese con turbolenze monetarie. Sebbene la banca alla fine fallì e fu liquidata, la Suffolk servì da prototipo di banca di riserva.

Le banche di riserva sarebbero esistite nelle principali città e avrebbero facilitato la negoziazione delle riserve bancarie. Il sistema bancario divenne così una struttura piramidale, in cui le banche di riserva più grandi erano custodi del denaro di centinaia di banche cittadine, le quali, a loro volta, erano custodi del denaro di migliaia di banche rurali. Quando fu creata la Federal Reserve, non fu un'idea nuova e innovativa: fu semplicemente un adattamento del sistema che esisteva prima. La novità era la stampa di denaro approvata legalmente, la capacità di una banca centrale di prestare quantità illimitate di riserve bancarie a banche in crisi e soddisfare le loro esigenze di gestione del capitale. Prima della FED, le banche di riserva erano limitate nella quantità di prestiti che potevano creare senza rischiare l'insolvenza. Queste misure di “check and balance” impedivano un azzardo morale diffuso e sottovalutato, e i padri fondatori questo lo sapevano, ecco perché la Costituzione americana sancisce che una creatura come la FED non poteva essere creata sul suolo americano. Ed è il motivo per cui si trova a Washington DC. Per quanto, a livello ufficiale, il suo ruolo sia quello di guardiano della “stabilità monetaria”, a livello ufficioso serviva a scongiurare la fine di interessi stabiliti come quelli della Suffolk: costringere le banche ben capitalizzate a salvare quelle meno capitalizzate.

Questo sistema, nonostante fosse ancora basato sul gold standard, ora eliminava la necessità di oro fisico, anzi persino dollari (per le banche), perché le riserve bancarie potevano essere scambiate tra istituzioni che cercavano di puntellare la loro solvibilità. Le riserve rappresentavano un diritto su oro fisico o denaro contante, ma raramente venivano rimborsate, quindi la creazione di credito poteva essere ampliata più che mai. La maggior parte del denaro in questo senso era ora “denaro fantasma”, un derivato di terz'ordine della moneta base, ovvero l'oro. Si trattava di registrazioni sui libri contabili interni della banca di riserva, non esistevano da nessun'altra parte.


COS'È L'EURODOLLARO?

Questa anamnesi storica è propedeutica per capire non solo l'evoluzione del sistema bancario ombra, ma soprattutto per avere uno schema in mente da poter replicare adesso su scala maggiore. Infatti è possibile traslare quanto descritto finora a livello internazionale. Ma andiamo con ordine. La creazione di denaro è sempre stata ad appannaggio del sistema bancario commerciale nel suo complesso, quello centrale invece rappresentava una sorta di “smorzatore” o “attenuatore” degli eccessi che potevano verificarsi sulla scena economica. Le nuove riserve create dal sistema bancario centrale, infatti, servivano semplicemente a puntellare eventuali eccessi e spalmarli sull'intera economia. Ovviamente non agiva in risposta a qualsiasi crisi, come ad esempio accadde nella prima parte della decade del 1930 quando furono lasciate fallire migliaia di piccole banche negli USA durante la Grande depressione. Per quanto incredibile possa sembrare, la FED non era la banca centrale degli Stati Uniti ma una succursale di quella inglese e questa affermazione venne inizialmente corroborata dell'interventismo attivo della banca centrale americana durante i Ruggenti anni venti per impedire che la BoE vedesse defluire tutto il suo oro dalla nazione.

La presunta obsolescenza dell'Impero inglese dopo la Prima guerra mondiale era un bluff, dato che i capitali che volavano verso ovest avevano il preciso scopo di costruire il famoso complesso militare-industriale di cui Eisenhower mise in guardia gli americani. L'élite europea, che oggi chiamiamo cricca di Davos, ha sempre agito in questo modo: inonda un posto di capitali a basso costo, si ingrazia l'aristocrazia del luogo, lo fa sviluppare e poi come uno sciame di locuste consuma tutto. È un modello che è stato replicato più volte nella storia ed è di design prettamente inglese. Ancora adesso possiamo vederlo all'opera. Tornando a noi, invece, se gli inglesi non erano riusciti ad ammansire la loro colonia con la forza nel XVIII secolo, ci riuscirono nel XX con l'istituzionalizzazione della Federal Reserve e l'illusione che fossero alleati degli americani. L'avversione storica da parte americana al sistema bancario centrale istituzionalizzato era una consapevolezza di come la nazione sarebbe potuta cadere sotto l'influenza straniera nel caso in cui una concentrazione di potere così densa avrebbe potuto rappresentare una preda facile per chi avesse avuto l'intenzione di catturarla. La decentralizzazione statale americana, l'indipendenza che ogni stato ha conservato sulla scia della Guerra d'indipendenza, erano stratagemmi dei Padri fondatori per impedire a un qualsiasi agente malevolo di infiltrarsi e distruggere la nazione dall'interno.

La nascita della Prima e della Seconda banca degli Stati Uniti nel XIX secolo erano i tentativi primi per creare un tale cavallo di Troia. Ma come la storia ci ha insegnato, tutto ciò non fu sufficiente ad arginare la creazione di una banca centrale... sul suolo extra statunitense. È alquanto buffo notare come la trasformazione della FED, da presunto “guardiano passivo” degli eventi economici a figura attiva, è coincisa con la giravolta di Keynes su temi economici (rispetto alle sue posizioni espresse in The Economic Consequences of Peace e A Tract on Monetary Reform) e la sua assunzione a figura di riferimento per quanto riguardava le linee di politica da seguire a livello mondiale. Non vi suona familiare? Le voci contrarie, quali quelle di Hayek, Robbins e altri, silenziate e relegate ai margini del dibattito pubblico (nonché minacciate di estromissione dalla vita accademica). Un unico piano e un'unica linea di politica socioeconomica cristallizzati nella General Theory. Se gli ultimi 5 anni ci hanno insegnato qualcosa, è che la storia si ripete... o per meglio dire, si spingono determinati eventi affinché si possa ripetere.

Attenzione, questo non per dire che gli Stati Uniti sono stati una nazione passiva e completamente conquistata dagli inglesi. L'influenza esercitata oltreoceano, però, ha mosso le leve giuste affinché i risultati andassero a vantaggio dell'Inghilterra. Nella seconda parte esploreremo meglio questo tema, adesso limitiamoci a far scorrere il tempo e osservare come l'evoluzione del sistema bancario e monetario abbia creato un elefante talmente grande nella stanza da oscurare persino la sua presenza. Infatti, come suggerito all'inizio di questa sezione del saggio, portiamo a un livello superiore quanto appreso in quella precedente: immaginiamo, adesso, che il cambio delle banconote non avvenga più a livello nazionale (tra città statunitensi) ma a livello internazionale (tra capitali mondiali). Il sistema introdotto a Bretton Woods rendeva il dollaro la valuta di riferimento a livello mondiale per quanto riguardava il saldo tra Paesi, l'unica rimasta ad aver un ancoraggio (per quanto lasco) all'oro. Di conseguenza i dollari che uscivano dagli USA dovevano essere poi convertiti in valute locali (come marco, lira, franco, sterlina, ecc.). E uno degli eventi storici che più ha alimentato questo meccanismo è stato il Piano Marshall; infatti secondo alcuni punti di vista si potrebbe dire che il sistema dell'eurodollaro nacque esattamente da suddetto Piano.

Un inciso qui è d'obbligo. Sebbene molti possano pensare che l'eurodollaro sia una sorta di valuta a parte, in realtà si sbagliano: detto in parole povere, sono dollari che circolano all'estero. Così come il sistema bancario ombra non è affatto costituito da società, aziende, o istituti di credito che agiscono al di fuori di regolamenti e regole. No, sono entità che esistono “alla luce del sole” ma che, per usare un termine improprio e allo stesso tempo esplicativo, hanno una doppia contabilità.

In realtà, così come ogni altra cosa sui mercati, è stata la consuetudine a far sviluppare il fenomeno e poi la sua sedimentazione nelle pratiche “comuni” ha potuto far affermare che fosse nato. Per quanto disfunzionale o prono all'azzardo morale, non si può non riconoscere la natura di mezzo di scambio dell'eurodollaro e la sua elevata liquidità. Sebbene il rovescio della medaglia fosse un'elevata probabilità di disseminare l'ambiente economico di errori da correggere in futuro, il progresso abilitato a livello mondiale è innegabile. Il problema col denaro fiat, da che mondo è mondo, è solo uno: è dannatamente facile farsi sfuggire le cose di mano e andare fuori controllo. Ed è esattamente così che sono andate le cose. Vi prego ancora una volta di tenere a mente l'esempio storico riportato nella sezione precedente, perché è esplicativo di come si siano svolti gli eventi a livello internazionale poi, quando sulla scia di Bretton Woods il dollaro è diventato a tutti gli effetti valuta di riserva mondiale. Per quanto Robert Triffin avesse capito il malessere, non aveva capito l'origine. Infatti le stesse dinamiche viste in precedenza a livello nazionale si ripresentarono anche a livello internazionale, con la necessità di un surrogato della Suffolk Bank che in qualche modo “frenasse” la crescita dell'offerta di denaro. Ma quale offerta di denaro stava crescendo? Ancora si era ignari del problema causato dalla circolazione dei dollari all'estero.

La creazione di entità sovranazionali, come la Banca Mondiale e l'FMI, non furono affatto d'aiuto. Anzi hanno acuito il malessere. Le criticità, gli errori economici, saltarono fuori dopo più di un decennio dopo il Piano Marshall a causa del fatto che la guerra aveva distrutto enorme capitale (finanziario e umano) sul suolo europeo, quindi la ricostruzione dello stesso e il raggiungimento del benessere (al pari di quello statunitense) mascherarono il tutto. All'epoca, comunque, c'era ancora un freno all'azzardo morale rappresentato dall'oro, il quale poteva essere rimborsato su richiesta cedendo dollari. La creazione ombra di quest'ultimi, man mano che i problemi economici spuntavano qua e là a livello internazionale e i bilanci arrivavano a saturazione, aveva altresì creato rivendicazioni fasulle sul metallo giallo. Quest'ultimo è finito a differenza dell'infinita quantità a cui può arrivare il denaro fiat, tracciato o meno. Il deflusso di oro allarmò non poco le autorità statunitensi che decisero di creare, insieme ai loro “partner” inglesi, il London Gold Pool: un nuovo strato burocratico da aggiungere a quelli esistenti per cercare di frenare un fenomeno che iniziava a creare grattacapi agli USA. Ma come per ogni cosa che riguarda la vita umana, se non si arrestano le cause di un qualcosa, gli effetti andranno avanti e si aggraveranno. E così è stato fino ad arrivare al famoso 15 agosto del 1971 quando gli USA uscirono unilateralmente dalla finestra dell'oro.

Le autorità statunitensi avevano intuito che ci fosse qualcosa di sbagliato nel sistema, ma non riuscivano a capire esattamente cosa fosse e per guadagnare tempo decisero di legare il dollaro a un'altra commodity: il petrolio. L'offerta più flessibile di quest'ultimo permetteva di avere una copertura, per quanto lasca, del dollaro e allo stesso tempo ottenere il tempo necessario per identificare il problema. La grande inflazione degli anni '70, così come le carenze di benzina sul suolo statunitense, furono figlie di una delle prime grandi crisi dell'eurodollaro e del cerotto messo dalla Federal Reserve tramite un'ingente stampa di denaro supervisionata allora da Arthur Burns. Inutile ricordare che non servì a niente, anzi l'allentamento monetario e l'abbassamento artificiale dei tassi d'interesse non fecero niente per promuovere una crescita reale. Così facendo, infatti, gli USA stavano solamente dando più corda al sistema eurodollaro con cui impiccarsi. Si stava ponendo sul piatto la prosperità americana affinché fosse spolpata all'estero e permettesse un ambiente economico internazionale in cui i pasti gratis potevano essere presumibilmente portati avanti all'infinito.

La cosiddetta “cura Volcker” mise un freno a tutto ciò quando avviò un ciclo feroce di rialzo dei tassi e frenò la crescita dell'offerta di denaro. In quel momento gli USA iniziarono a capire qualcosa, ma non durò molto. La recessione risultate in patria costò la rielezione a Carter, all'estero invece la forza del dollaro scaraventò nel caos economico le altre nazioni. Le cose sembravano essersi risolte. Non bisogna scordarsi, comunque, che all'epoca i bilanci pubblici e privati erano ancora perlopiù sgombri e il Picco del debito era un ectoplasma. Ciò diede un impulso non indifferente a quella che oggi conosciamo come “finanziarizzazione dell'economia”: detto in parole povere, venne allungata la catena degli intermediari finanziari. Uno dei temi più importanti che affronta il mio ultimo libro, Il Grande Default, è esattamente questo: porta alla luce il cosiddetto “mistero dell'attività bancaria ombra”, dove il falso senso di sicurezza rappresentato da una quantità smodata di intermediari finanziari tra l'asset acquistato dall'investitore e chi lo emette è sintomo di ponderazione errata del rischio piuttosto che di diversificazione dello stesso. La globalizzazione commerciale, ovvero l'allungamento delle supply chain, non era altro che un riflesso della globalizzazione finanziaria, ovvero l'allungamento delle catene degli intermediari finanziari. Gli Accordi del Plaza sancirono questa “rinascita” e strada verso l'inferno economico, per quanto inizialmente apparisse un paradiso. Inutile dire che, data la pulizia effettuata dalla FED con la “cura Volcker” e la presenza di bilanci sgombri da poter saturare, il senso di crescita infinito permeò i vari ambienti finanziari portando a quello scoppio di benessere durato circa 20 anni. O perlomeno fino allo scoppio della bolla dotcom.

Le cose lì iniziarono a incrinarsi di nuovo. Perché? Il primo motivo: i bilanci iniziavano a saturarsi. Il secondo motivo: l'indicizzazione dei debiti mondiali al LIBOR faceva in modo che i guai interni di altre nazioni si ripercuotessero indirettamente sugli Stati Uniti, costringendo la FED a intervenire anche quando internamente non c'erano problemi o la nazione poteva permettersi di sopportare tassi d'interesse più alti. Un esempio propedeutico a tal proposito è il contagio che mandò quasi in bancarotta LTCM. A riprova tra l'altro che l'overstretching delle catene degli intermediari stava raggiungendo il picco. Il 2001 non fu altro che il proverbiale canarino nella miniera, evidenziando una falla ormai strutturale prossima ad andare fuori controllo. E ciò accadde sette anni dopo, dove la crisi del 2008 non rappresentò altro che una corda che si spezza. Il mercato dell'eurodollaro era stato tirato troppo a livello di leva finanziaria e riserva frazionaria, seminando in lungo e in largo nei bilanci dei vari istituti finanziari fragilità sistemiche tali da rompere il giocattolo più importante: quello della fiducia. La saturazione dei bilanci, nazionali e privati, non aiutò affatto a rimettere a posto le cose; così come i vari giri di quantitative easing non fecero nulla. Per quanto la FED cercasse di puntellare il sistema attraverso la creazione e lo stoccaggio di riserve in eccesso, esse erano una parte infinitesimale della reale necessità per coprire in pieno la mole di asset ombra che circolava.

Che il sistema fosse “al di là della redenzione” era ormai chiaro a tutti e, come ho scritto più ampiamente nel mio ultimo libro, Il Grande Default, è accelerata la scalata ostile agli USA per far emergere l'Europa come unico “porto sicuro” per il capitale in fuga. In mancanza di alternative, sarebbe stato più facile forzare un haircut in gola agli obbligazionisti, mettere una toppa al debito pubblico, applicare controllo capillare tramite CBDC e far tornare a girare la ruota per criceti. Le grandi banche commerciali statunitensi hanno detto “Niet!”, soprattutto nel 2016 (Brexit, prima elezione di Trump) e nel 2017 (inizio lavori per l'SOFR). L'amministrazione Obama, avendo lavorato in modo più spavaldo delle altre per vandalizzare il tessuto socioeconomico degli Stati Uniti, ha permesso ai cosiddetti New York Boys di capire finalmente cosa dovevano fare per arginare le infiltrazioni esterne nel processo decisionale degli USA e riprendersi il controllo della politica monetaria della nazione: isolare l'America dal resto del mondo, accorciando la catena degli intermediari e togliendo loro il nutrimento. Come? Prosciungando il mercato degli eurodollari. La contrazione della globalizzazione e la regionalizzazione delle supply chain è stato un riflesso di tale decisione.

Arrivati a questo punto, però, mi rendo conto che i lettori potrebbero chiedersi ancora: ma cos'è l'eurodollaro? Facciamo un esempio più pratico, e di stampo odierno, per capire come questo strumento è stato usato in modo intenzionalmente scriteriato. Immaginiamo un istituto di credito X. Esso accende un prestito in yen dato che i tassi impostati dalla BoJ sono negativi a livello reale; vende poi la nuova liquidità per dollari e con essi si rivolge a un money market fund dove acquista un T-bill americano; ora mettiamo che la FED taglia i tassi, il titolo in possesso di X aumenta di valore e può essere venduto permettendogli di avere nuovamente dollari con cui ripagare il prestito originale e comprare nuovi titoli fruttiferi, oppure prestarli (a riserva frazionaria). I dollari creati in questo modo non solo sfuggono alle metriche ufficiali, visto che vengono posseduti al di fuori dei confini statunitensi, ma creano una pressione inflazionistica sulla FED affinché soddisfi una domanda di dollari che non può tenere a bada. Non solo, ma è possibile anche usare i titoli americani come collaterale per creare prodotti finanziari da vendere in tranche: la parte senior collateralizzata con i bond americani, quella mezzanina dalle riserve in dollari dell'istituto X e quella junior dal suo bilancio stesso. La vendita di questi titoli di dubbia qualità è esplosa in particolar modo durante il periodo della ZIRP, quando la fame per rendimenti decenti da parte dei vari istituti finanziari li ha costretti a ignorare il rischio e comprare titoli spazzatura di ogni genere (soprattutto i fondi pensione che sono vincolati a rendimenti annuali fissi a causa delle prestazioni che devono erogare).

Questo esempio semplicistico riguarda una parte infinitesimale delle dinamiche con cui vengono a crearsi dollari dal nulla e al di fuori del controllo della FED, ce ne sono molte altre. Anni fa la metrica monetaria M3 negli Stati Uniti teneva traccia di una piccola parte della profondità del mercato degli eurodollari, ma adesso anche tale tracciamento è stato abbandonato. Questo dà l'idea di quanto sia ingarbugliato e nascosto questo mercato, tanto che è impossibile dare cifre precise. Questi dollari “fantasma”, intermediati fino a poco tempo fa dal LIBOR e quindi dalla City di Londra, hanno incentivato a loro volta la proliferazione di intermediari che facilitassero la loro circolazione: hedge fund, money market fund, fondi di assicurazione, ecc. sono tutti saliti sul carro e hanno usato i loro bilanci per creare una “doppia contabilità”, dando vita a quel sistema noto comunemente come “sistema bancario ombra”. Mentre la politica ha ingessato quanto più possibile il sistema bancario commerciale, ritenendolo la causa unica dei malesseri economici, la “domanda di aggiramento” è cresciuta di ordini di grandezza senza pari alimentando, quindi, un sottobosco di intermediari finanziari che potessero aggirare suddetti regolamenti.

Senza contare che quanto presentato nell'esempio sopra è solo un minuscolo granello di sabbia rispetto alla mole reale di scambi che avvengono ogni ora; ovvero, moltiplicate il tutto per 1000, 10.000 o addirittura 100.000. Gli ordini di grandezza, in realtà, nessuno li sa per certo. Ecco perché la FED è focalizzata sulla contrazione della leva nel mercato degli eurodollari, in modo da recuperare il controllo sulla politica monetaria della nazione e ricostruire la fiducia in essa. Senza fiducia tra gli istituti finanziari e di credito, non c'è via d'uscita dalla stagnazione che ha catturato il mondo intero. E un tassello importante per ricostruirla passa dalla sottomissione dei principali sfruttatori del mercato degli eurodollari, i quali l'hanno usato a proprio vantaggio e a svantaggio degli USA causando gran parte delle deformazioni economiche di cui siamo tuttora testimoni: Bruxelles e Londra.

Nelle prossime parti vedremo come si inseriscono in questo disegno Londra e Tokyo, ma soprattutto analizzeremo il motivo per cui Bitcoin viene benedetto dagli USA. Con esso hanno a portata di mano una soluzione al dilemma di Triffin.


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???? Qui il link alla Seconda Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2025/02/cio-che-leurodollaro-ha-dato_01881802337.html

???? Qui il link alla Terza Parte:

???? Qui il link alla Quarta Parte:


Tether in soccorso del Dipartimento del Tesoro statunitense

Gio, 06/02/2025 - 11:09

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Brian Darling

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/tether-in-soccorso-del-dipartimento)

Consiglio sempre di avere i piedi ben saldi a terra quando si investe in criptovalute. Dopo questa avvertenza, è importante riconoscere che le criptovalute sono un progresso incredibile nel modo in cui le persone conducono i propri commerci e dovrebbero essere abbracciate da tutti gli americani, dalla comunità imprenditoriale e dallo stato.

Un politico scettico nei confronti delle criptovalute è la senatrice Elizabeth Warren (D-MA). Di recente ha presentato un elenco di domande al Segretario del Tesoro designato, Scott Bessent, in vista della sua udienza di conferma davanti alla Commissione Finanze del Senato. La senatrice Warren sembra credere che un governo federale che detiene $36.000 miliardi in debito nazionale dovrebbe evitare un tipo di criptovaluta chiamata “stablecoin” a causa del rischio. La questione è una grande opportunità per istruire il popolo americano sui mercati delle criptovalute e comprendere meglio perché sono così popolari sia tra gli americani medi che tra i giganti degli investimenti.

Le stablecoin sono una categoria di criptovaluta che colma il divario tra innovazione e sicurezza.

Il prefisso “stable” si riferisce al fatto che queste criptovalute hanno un valore immutabile rispetto al dollaro.

Queste stablecoin sono coperte da riserve in valuta fiat, come il dollaro, e da una serie di altri titoli utilizzati come garanzia.

Una domanda che la senatrice Warren si pone è: se la società Tether diventasse un “detentore significativo di titoli del Tesoro americani” potrebbe “presentare rischi per la stabilità di tale mercato se [Tether] subisse una corsa agli sportelli”?

Le domande della Warren creano una buona opportunità di formazione su USDT, la stablecoin Tether, e sui vantaggi che comporta per l'egemonia del dollaro, facendo conservare a quest'ultimo il suo status di riserva mondiale e alimentando la domanda per i titoli statunitensi: tutte buone notizie per il mercato globale dei titoli del Tesoro americani.

Le domande della senatrice invitano anche a un dibattito aggiuntivo sulla necessità della nuova amministrazione Trump di collaborare con il Congresso per creare quadri normativi per le stablecoin e altre tecnologie blockchain a beneficio del popolo americano. Qualsiasi quadro normativo dovrebbe essere concepito in modo da non lasciare niente al caso e favorire un'espansione che incoraggi gli attori di mercato a innovare e a espandersi.

Il ruolo positivo di Tether nel panorama finanziario moderno è significativo. A causa del modo in cui USDT è strutturato e opera, è presumibilmente l'unica soluzione basata su blockchain che promuove il futuro del dollaro come valuta di riserva globale. È nell'interesse della sicurezza nazionale mantenere solvente il governo degli Stati Uniti ed è un modo per impedire a molti Paesi di abbandonare il dollaro come valuta di riserva.

In termini di mercato del debito statunitense, Tether è già un importante detentore di titoli del Tesoro americani, il 18° più grande in effetti, con oltre $102 miliardi. Lungi dal rappresentare una minaccia per il mercato del Tesoro americano, questa posizione dimostra il ruolo critico di Tether come fornitore di liquidità e gli consente una più ampia espansione e partecipazione all'economia americana.

E in termini di rischio di deposito, di cui la senatrice Warren sembra preoccuparsi, Tether, a differenza della maggior parte delle banche statunitensi, è sovracollaterizzato. Il valore totale in dollari delle riserve di Tether supera l'importo globale denominato in dollari delle stablecoin USDT emesse. Ciò garantisce che chiunque desideri “incassare” i propri USDT abbia riserve disponibili per supportare la transazione, sempre. Lo stesso non si può dire della vostra banca locale.

Inoltre più di 400 milioni di persone ora usano USDT in tutto il mondo. Ciò riduce il rischio di concentrazione che deriva dall'avere pochissimi ma altamente concentrati detentori di debito statunitense (come, ad esempio, la Cina), il che, a sua volta, riduce al minimo il rischio di grandi eventi di svendita. Detenere USDT diminuisce il rischio nei mercati del debito statunitense a livello globale, perché per ogni argentino, turco o brasiliano che detiene USDT, Tether acquista l'equivalente in debito statunitense.

Tether serve a rafforzare il predominio del dollaro nei mercati mondiali. Nonostante le persistenti speculazioni globali sulla sua longevità come valuta di riserva mondiale, spinte in gran parte dall'emergere di conflitti geopolitici, interessi economici divergenti e il congelamento di asset denominati in dollari, Tether è impegnato a sostenerne l'impatto e la rilevanza nell'economia globale.

Tether ha dimostrato di non essere una minaccia, ma piuttosto un partner cruciale nel rafforzare il continuo predominio del dollaro a vantaggio sia del popolo americano che del sistema finanziario. A consolidare ulteriormente questo importante ruolo c'è la volontà di Tether di collaborare con le agenzie di polizia statunitensi e internazionali per fermare criminali noti e presunti malfattori.

Una volta confermato, Bessent dovrebbe usare questa comprensione per lavorare con gli scettici come la Senatrice Warren e i membri di entrambe le parti.

Insieme, possono creare le soluzioni normative e politiche necessarie per le tecnologie emergenti che andranno a vantaggio del popolo americano e preserveranno il predominio del dollaro in futuro.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Libertà di parola in America & censura europea

Mer, 05/02/2025 - 11:01

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Drieu Godefridi

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/liberta-di-parola-in-america-and)

• Ciò che conta è la solidarietà che si sta creando tra le principali piattaforme di social media statunitensi e la nuova amministrazione statunitense a sostegno della libertà di espressione.

• La nuova amministrazione statunitense non tollererà che un'Unione Europea, la quale sta scivolando verso l'autoritarismo e che allo stesso tempo dipende più che mai dal potere americano, imponga multe da decine di miliardi di dollari alle principali aziende tecnologiche americane.

• Sarebbe nell'interesse duraturo dell'Europa prepararsi al ritorno di una libertà di espressione senza restrizioni.

Chiunque voglia valutare la portata della deriva normativa dell'Unione Europea deve leggere gli articoli 34 e 35 del Digital Services Act (DSA).

Data la loro lunghezza è impossibile citarli integralmente qui, quindi ecco un estratto.

Articolo 34 del DSA, “Valutazione del rischio”:

1. Le piattaforme online di grandissime dimensioni e i motori di ricerca online di grandissime dimensioni identificano, analizzano e valutano diligentemente tutti i rischi sistemici nell'UE derivanti dalla progettazione o dal funzionamento del loro servizio e dei relativi sistemi, compresi i sistemi algoritmici [...] e includono i seguenti rischi sistemici [...] (a) la diffusione di contenuti illegali tramite i loro servizi (i quali includono “incitamento all'odio”); (b) tutti gli effetti negativi, reali o prevedibili, sull'esercizio dei diritti fondamentali, in particolare i diritti [...] alla non discriminazione; (c) tutti gli effetti negativi, reali o prevedibili, sul dibattito civico e sui processi elettorali, nonché sulla sicurezza pubblica; (d) tutti gli effetti negativi, reali o prevedibili in relazione [...] alla salute pubblica [...] e gravi conseguenze negative per il benessere fisico e mentale della persona [...].

L'articolo 35, “Mitigazione dei rischi”, obbliga queste piattaforme ad adottare un intero arsenale di misure preventive e repressive per impedire la condivisione di informazioni che scontentano la Commissione europea.

In breve, l'idea è di costringere queste piattaforme a pagare orde di funzionari pubblici per dare la caccia alle opinioni che non piacciono al Padrone europeo. La natura preventiva di queste misure significa che possono essere descritte come censura, perché i termini usati dal legislatore europeo — odio, non discriminazione, discorso civico, processo elettorale, sicurezza pubblica, salute pubblica, benessere — sono talmente vaghi che i censori con le forbici (digitali) tagliano dove vogliono, a capriccio del Padrone europeo.


Nel frattempo, negli Stati Uniti...

Elon Musk non ha mai nascosto la sua adesione al concetto americano di libertà di espressione, secondo cui essa è indipendente da quanto stabilito dalla legge.

Al contrario, secondo la Convenzione europea sui diritti dell'uomo, l'espressione è libera con eccezioni legali. Per molto tempo queste eccezioni sono state rare, con il risultato che l'espressione è rimasta quasi libera in Europa come negli Stati Uniti. Negli ultimi 30 anni, tuttavia, queste eccezioni europee alla libera espressione si sono moltiplicate (odio, discriminazione, razzismo, islamofobia, transfobia e così via) al punto che i cittadini europei, compresi quelli nel Regno Unito, vengono ora arrestati, processati e imprigionati per aver espresso idee inappropriate su Facebook, X e altri social media.

Ma allora, potreste chiedervi, perché i due concetti di espressione — libera negli Stati Uniti, censurata in Europa — non possono coesistere, ciascuno a modo suo, nei rispettivi continenti?

Il problema è che l'Unione Europea ha una concezione imperialista della sua regolamentazione. L'UE non regola l'Europa; vuole regolare il mondo. Fedele alle tradizioni giurisprudenziali tedesca e francese, l'UE si vede come una sorta di modello legislativo per il pianeta. Non solo sta prendendo l'iniziativa di regolamentare settori che prima non erano regolamentati, ma sembra anche aspettarsi che il resto del mondo segua l'esempio.

L'UE sta sostenendo le sue normative globali con sanzioni altrettanto globali. Apple è stata di recente colpita da una multa dell'antitrust europeo da $2 miliardi. Le violazioni del Digital Services Act (DSA) sono punibili con sanzioni calcolate in percentuale dei ricavi — quindi non più dei profitti — in tutto il mondo. Nel caso di aziende come Meta (Facebook) o X, stiamo parlando di multe che ammontano a miliardi di dollari. Dal momento che non sono in grado di innovare, gli europei tassano gli americani.

Tutte le “grandi piattaforme” che l'Unione Europea sta regolamentando con imperiale alterigia sono in realtà americane, pertanto nessuna di esse è soggetta all'UE. Come osserva l'esperto di tecnologia, Jason Oxman , “l'UE [è] diventata tanto sterile nell'innovazione quanto fertile nella regolamentazione”.

Ciò mette l'UE e il suo DSA in rotta di collisione con la nuova amministrazione Trump. Con incredibile ingenuità, l'8 gennaio i media tedeschi hanno chiesto che le sanzioni del DSA venissero applicate a X e a Meta (Facebook).

La notizia principale del 7 gennaio è stata il dietrofront, almeno per ora, di Mark Zuckerberg e del suo Facebook/Instagram e l'abbraccio del concetto muskiano di libertà di parola, più o meno come sancito dalla Costituzione degli Stati Uniti. Che questo sostegno sia o meno egoistico è irrilevante. Ciò che conta è la solidarietà che si sta forgiando tra i principali social media statunitensi e la nuova amministrazione statunitense a sostegno della libertà di espressione.

Di conseguenza o la libertà di parola americana si imporrà all'Europa, o, cosa meno probabile — a meno che gli europei non mostrino un improvviso desiderio di tirannia — l'Europa imporrà la sua concezione alle piattaforme americane. Non può esserci coesistenza dei due concetti. Se l'UE avesse legiferato solo per l'Europa e avesse previsto sanzioni locali, i due concetti avrebbero potuto coesistere. L'arroganza della visione dell'UE di sanzioni globali rende improbabile questa coesistenza.


Il re europeo è nudo

Una previsione: la libertà di parola americana vincerà. L'Europa è debole e l'UE come burocrazia è sempre più odiata dagli europei, e non senza valide ragioni. Senza la NATO l'Europa non esisterebbe militarmente. Senza garanzie di sicurezza americane, l'Europa può prepararsi al ritorno delle truppe russe a Berlino. Soprattutto, l'Europa esporta più negli Stati Uniti di quanto importi. Nel 2022 il commercio di beni e servizi tra gli Stati Uniti e l'Unione Europea ha totalizzato circa $1.300 miliardi. Le esportazioni statunitensi ammontavano a $592 miliardi e le importazioni a $723,3 miliardi, come Trump ci ricorda in ogni sua conferenza stampa.

La nuova amministrazione statunitense non tollererà l'imposizione di multe da decine di miliardi di dollari alle principali aziende tecnologiche statunitensi da parte di un'UE che sta scivolando verso l'autoritarismo e che allo stesso tempo è più che mai dipendente dal potere americano. Per immaginare il contrario, bisognerebbe essere stupidi come un burocrate tedesco.

Sarebbe nell'interesse duraturo dell'Europa prepararsi al ritorno di una libertà di espressione senza restrizioni.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Il crollo dell’ordine mondiale globalista

Mar, 04/02/2025 - 11:00

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di Vasko Kohlmayer

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-crollo-dellordine-mondiale-globalista)

C'è qualcosa che sta cambiando un'epoca in tutto il pianeta.

Ciò che sta accadendo intorno a noi non è altro che un crollo del regime globalista mondiale.

Il primo chiaro segnale che qualcosa di veramente grande stesse accadendo è stato lo storico ritorno di Donald Trump; otto settimane dopo il primo ministro canadese, Justin Trudeau, avrebbe annunciato le sue dimissioni.

Ora sembra sempre più probabile che nelle prossime settimane assisteremo alla caduta dei governi e delle coalizioni al potere in Austria, Germania, Francia e Gran Bretagna. Altri, come la Romania, probabilmente seguiranno.

I burattini e i tecnocrati globalisti che gestiscono questi governi occidentali stanno perdendo la presa proprio mentre parliamo. Il bacino di malcontento popolare, riempito fino all'orlo dalle azioni egoistiche dell'élite globalista, è in pieno fermento. E ora vengono sonoramente espulsi dai movimenti populisti in tutto il mondo.

Ecco alcune delle sofferenze e delle depredazioni che le élite globaliste hanno inflitto alle masse negli ultimi anni:

• Lockdown

• Obblighi di vaccinazione

• Immigrazione senza freni

• Clientelismo e corruzione governativa

• Inflazione

• Spesa pubblica fuori controllo

• Caduta dei salari reali

• Guerrafondai a perdita d'occhio

• Imposizione di programmi LGBT

• Razzismo contro le popolazioni autoctone

• Ampliamento delle disparità di ricchezza

• Attacchi ai valori tradizionali occidentali e al cristianesimo

Politically correct

• Censura diffusa

• Demonizzazione e cancellazione di coloro che cercano riparazione di un legittimo torto

Finora i globalisti sono riusciti a tenere a freno il malcontento popolare derivante da quanto sopra. Ci sono riusciti tramite la demonizzazione e la cancellazione degli oppositori e tramite l'imposizione di un regime di censura altamente efficiente tramite il quale hanno controllato il discorso mainstream.

Ma ora, in gran parte attraverso la piattaforma X di Elon Musk, il dolore e il risentimento delle masse vengono portati alla luce e manifestati sulla pubblica piazza.

Di conseguenza le élite vengono travolte da movimenti populisti che stanno diventando più forti e più vivaci grazie alla libertà di parola.

Le élite in preda al panico attribuiscono a Elon Musk la colpa della loro perdita di controllo. “I leader europei si uniscono per criticare duramente Elon Musk”, così recita il titolo di un recente articolo di giornale.

Più avanti leggiamo:

Evidenziando le crescenti tensioni tra la leadership europea e le attività politiche del gigante della tecnologia Elon Musk, il presidente francese Emmanuel Macron è emerso come l'ennesima voce di spicco che si oppone al coinvolgimento del miliardario nella politica continentale [...]. La posizione del leader francese arriva in un contesto di più ampia resistenza da parte dei funzionari europei, tra cui i primi ministri di Norvegia e Gran Bretagna.

Questi leader non hanno torto, ma non nel modo in cui lo esprimono.

Poiché Musk ha rilasciato alcune dichiarazioni politiche, lo accusano di intromettersi nelle elezioni.

Non sono le sue dichiarazioni, tuttavia, ad aver accelerato un cambiamento nella dinamica politica. Dopo tutto non sono né rivoluzionarie, né particolarmente notevoli.

Le cose che Musk ha detto sono semplici verità, il che è evidente a chiunque abbia buon senso. Il problema è che quelle verità non possono essere rimarcate nel discorso pubblico sotto il rigido regime di censura che i globalisti hanno imposto alle società.

Poiché X può raggiungere ampie fasce della popolazione mondiale, è stato in grado di riportare la discussione su queste verità proibite sulla piazza pubblica. E una volta che un numero sufficiente di persone vede le verità ovvie articolate apertamente, si uniscono in massa e qualcosa di potente inizia a muoversi.

La rivoluzione populista globale attualmente in corso è stata accelerata dal sentore di libertà di parola che Elon Musk ha lasciato trapelare attraverso X, più che dalle sue opinioni in sé.

I regimi corrotti, fragili e sclerotici che i globalisti hanno eretto nelle nazioni occidentali — i regimi basati sulla menzogna, sulla corruzione e sulla soppressione della verità — vengono abbattuti dalla libertà di espressione.

Mentre si affannano, i globalisti vengono smascherati per quello che sono veramente: totalitari antidemocratici il cui governo si basa su una censura spietata e generalizzata. Queste persone sono i veri eredi dei totalitari del passato, come comunisti e fascisti, con cui condividono un desiderio profondamente radicato di mettere a tacere le voci contrarie.

È l'apice del paradosso che questi totalitari chiamino gli altri “nemici della democrazia”. La verità è l'esatto opposto di ciò che affermano. Non possono resistere alla verità, motivo per cui sopprimono — in vero stile totalitario — coloro le cui opinioni differiscono dalle loro.

Elon Musk potrebbe non essere perfetto, ma è pacifico che oggi ha fatto più di qualsiasi altro essere umano per la causa della libertà di parola e della democrazia.

Ecco perché i globalisti lo odiano così tanto.

Inutile dire che Elon Musk merita di essere applaudito per il suo sforzo. Dopo tutto, la libertà di parola è il valore fondamentale dell'Occidente. Senza libertà di parola non è possibile avere vera libertà o democrazia.

Su questo dovremmo essere tutti d'accordo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Volete il progresso? Lasciate stare i lavori coi cucchiai

Lun, 03/02/2025 - 11:07

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Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Michael Munger

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/volete-il-progresso-lasciate-stare)

I politici vogliono creare posti di lavoro, “posti di lavoro sindacalizzati e ben pagati”, nelle industrie esistenti. Ma non è questo che fanno i mercati: la parte “distruttiva” nel processo di distruzione creativa elimina posti di lavoro nelle industrie esistenti. In un'economia dinamica, le innovazioni nella divisione del lavoro possono creare posti di lavoro ben pagati in nuove industrie, ma queste ultime richiedono imprenditori, non politici.

Frederic Bastiat scrisse due saggi su come le linee di politica concepite per “creare posti di lavoro” in realtà causano disastri economici. Il primo era la “Petizione dei fabbricanti di candele”, il quale chiedeva allo stato di imporre ai cittadini l'uso di tende pesanti e finestre oscurate in modo da creare posti di lavoro per chi fabbricasse candele. Il secondo era “Ciò che si vede e ciò che non si vede”, dove rompere le finestre avrebbe creato posti di lavoro per vetrai e falegnami.

In entrambi i casi, il problema deriva dall'ignorare “ciò che non si vede”: le persone che producono candele o riparano finestre rotte farebbero qualcos'altro in assenza di una linea di politica sbagliata. E le risorse spese per candele non necessarie e vetri sprecati sarebbero state spese per qualcos'altro. Vediamo i posti di lavoro, ma non vediamo i costi delle alternative perse per “creare” tali posti di lavoro.

Di recente stavo pensando a un'altra famosa storia riguardo la “creazione di posti di lavoro”, una che viene spesso raccontata quando si parla dell'economista di Chicago e premio Nobel Milton Friedman. Stephen Moore ha raccontato una versione di questa storia sul Wall Street Journal:

Durante una delle nostre cene, Milton ricordò di aver viaggiato in un Paese asiatico negli anni '60 e di aver visitato un cantiere dove si stava costruendo un nuovo canale. Rimase scioccato nel vedere che, invece di trattori e pale gommate moderne, gli operai erano attrezzati di semplici pale. Chiese perché ci fossero così pochi macchinari. Il burocrate gli rispose: “Non capisce. Questo è un programma per creare lavoro”. Al che Milton ribattè: "Oh, pensavo che steste cercando di costruire un canale. Se sono i lavori che volete, allora dovreste dare a questi operai cucchiai, non pale”.

Se scaviamo un po' (ahah!) scopriamo che la stessa battuta viene detta anche da altre persone famose, e la presunta posizione dell'accaduto spazia dalla Cina e dall'India al Canada o al Regno Unito. Ma si scopre che nessuna di queste è la vera origine del racconto, pubblicato per la prima volta a Philadelphia nel 1901:

Un accadimento che in quel momento mi era sembrato piuttosto divertente è avvenuto non molto tempo fa in North Broad Street. Una pala a vapore aveva attirato un gran numero di spettatori, tra cui due irlandesi che, a giudicare dal loro aspetto, erano lavoratori temporaneamente disoccupati.

Mentre la grande pala in un colpo solo sollevava un intero carro di terra e lo scaricava su una gondola, uno degli irlandesi commenta: “Che peccato pensare che possano scavare la terra in quel modo!” “Cosa ne pensi?” chiede il suo compagno. “Beh”, dice l'altro, “questa macchina sta togliendo il pane dalla bocca di un centinaio di lavoratori che potrebbero fare lo stesso lavoro con i loro picconi e le loro pale”. “Hai ragione, Barney”, dice l'altro.

Proprio in quel momento un uomo che stava osservando e che aveva sentito la conversazione commenta: “Ragazzi, se quello scavo darebbe lavoro a cento uomini con pale e picconi, perché non prendere un migliaio di uomini e dare loro cucchiaini con cui scavare la terra?”

Gli irlandesi, a loro merito, avevano capito la forza dell'osservazione e l'umorismo della situazione e si sarebbero uniti calorosamente alla risata chesarebbe seguita, e uno di loro aggiunge: “Immagino che abbia ragione, Capitano. Dopotutto, ciò che conta è scavare”.

— Philadelphia Public Ledger

L'esempio è divertente, e il fatto che i lavoratori disoccupati abbiano compreso “la forza dell'osservazione” è una bella chiusura del cerchio. Ma non hanno ragione? E non è forse questa ragione particolarmente forte quando si tratta di competere con altri Paesi che usano “manodopera a basso costo”, e non pale a vapore, per rubare “i nostri” posti di lavoro?

Questo è certamente l'argomento che molti politici hanno utilizzato per giustificare dazi, quote e altri tipi di barriere commerciali: dobbiamo proteggere i posti di lavoro americani! Basta con i posti di lavoro trasferiti all'estero!

Per capire perché questa logica non sia migliore di quella del “date loro i cucchiai!”, bisogna prendere in considerazione la natura del commercio internazionale di beni manifatturieri.


L'unico modo per guadagnare posti di lavoro è perderli

Un buon modo per affrontare il problema della “perdita del lavoro” è porsi una domanda semplice: Quale Paese al mondo ha perso il maggior numero di posti di lavoro nel settore manifatturiero tra il 1990 e il 2010?

La risposta (e non è così scontata) è la Cina.

Nel 1990 la “produzione” cinese consisteva, in molti casi, in un grande capannone, pieno di tavoli e contenente centinaia, forse migliaia, di uomini o donne che lavoravano con aghi e filo, telai, o un martello e alcuni pezzi di cuoio, o una piccola pressa metallica azionata a mano.

La portata dell'occupazione era enorme, forse 100 milioni o più, ma la produttività di questi lavoratori, nel 1990, era terribile. Una persona che lavorava il più duramente possibile, con un martello, una forma per scarpe e qualche pezzo di cuoio tagliato, non riusciva a produrre più di 2 o 3 paia di scarpe al giorno. Mille lavoratori, che lavoravano duramente (e non lo facevano sempre, perché queste erano fabbriche gestite dallo stato, dove dominavano le quote piuttosto che gli incentivi) potevano produrre 5.000 paia di scarpe al giorno, e la qualità era decisamente inferiore.

A metà e fine anni Novanta, la Cina ha iniziato a fare due cose: in primo luogo ha tagliato le fabbriche statali, milioni di lavoratori hanno perso il lavoro, intere città sono rimaste senza lavoro; in secondo luogo il settore privato cinese ha iniziato a sfruttare la divisione del lavoro sviluppando fabbriche altamente specializzate che producevano giocattoli, vestiti e dispositivi elettronici semplici. Queste fabbriche, poiché erano sostanzialmente automatizzate, erano molto più produttive del vecchio sistema di sfruttamento della manodopera a basso costo. La Cina ha iniziato a sfruttare la produttività. Passare da centinaia di uomini con le pale a una manciata di essi che guidano bulldozer e camion aumenta effettivamente la quantità di lavoro svolto, con meno manodopera. Tutti quei lavori che producono e pagano poco vengono spazzati via da lavori che producono e pagano di più.

A essere onesti, questo è successo anche negli Stati Uniti. La nostra produzione totale è aumentata in modo esponenziale, senza sosta, durante tutto quel periodo. Ma il numero di posti di lavoro nel settore manifatturiero in molti settori è diminuito, poiché i lavoratori sono diventati più produttivi. Tuttavia, nel complesso, c'è stata una forte ripresa nella produzione statunitense, poiché molte aziende hanno intrapreso il cosiddetto “on-shoring”.

In breve, gli USA non hanno “spedito i propri posti di lavoro” in Cina; in realtà la Cina ha perso più posti di lavoro nel settore manifatturiero di noi. Il mondo intero ha perso posti di lavoro a causa dell’aumento della produttività. Di conseguenza i prezzi di molti prodotti sono scesi, in alcuni casi in modo sostanziale, se ci atteniamo all’inflazione.

Perché? La Cina ha iniziato a usare un sistema di mercato per premiare gli investimenti in una maggiore produttività. Quando una fabbrica è passata da mille persone con macchine da cucire a venti persone che gestivano una linea di produzione automatizzata, le 980 persone che avevano “perso” il lavoro ne hanno trovato un altro altrove, e con uno stipendio più alto, perché anche quelle industrie si stavano automatizzando. In molti casi questo è risultato vero anche negli Stati Uniti, nonostante ci siano alcune industrie in cui la transizione verso nuovi lavori è stata più lenta.

Ma avere un adattamento più lento negli Stati Uniti non sorprende, perché la Cina ha iniziato con un livello di ricchezza e prosperità molto più basso. Il PIL pro capite della Cina è di quasi $13.000; negli Stati Uniti è di quasi $70.000. Gli Stati Uniti non hanno più la possibilità di distribuire cucchiai, o se non altro pale, per “creare” posti di lavoro, perché nessuno è disposto a lavorare al salario che pagano i lavori con i cucchiai. La maggior parte dei lavoratori americani trascorre il proprio tempo usando una qualche versione di un bulldozer, che si tratti di scrivere codice o di usare macchine fisiche che aumentano la produttività.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Ingegnerizzare la realtà, parte #1

Ven, 31/01/2025 - 11:05

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di Joshua Stylman

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/ingegnerizzare-la-realta-parte-1)

Per anni ho pensato che la pubblicità fosse progettata per manipolare il comportamento delle persone. Come qualcuno che ha studiato i meccanismi del marketing, mi consideravo un consumatore istruito in grado di orientarsi tra scelte di mercato razionali; ciò che non avevo capito era come questa stessa architettura psicologica modellasse ogni aspetto del nostro panorama culturale. Questa indagine è iniziata come curiosità sui legami dell'industria musicale con le agenzie di intelligence; si è evoluta in un esame completo di come le strutture di potere plasmano sistematicamente la coscienza pubblica.

Ciò che ho scoperto mi ha mostrato che persino le mie più ciniche supposizioni sulla cultura artificiale hanno appena scalfito la superficie. Questa rivelazione ha fondamentalmente alterato non solo la mia visione del mondo, ma anche i miei rapporti con coloro che non possono, o scelgono di non esaminare questi meccanismi di controllo. Questo saggio mira a rendere visibile ciò che molti percepiscono ma non riescono ad articolare appieno: aiutare gli altri a vedere questi sistemi nascosti di influenza. Riconoscere la manipolazione è il primo passo per resisterle.

Questa indagine si sviluppa in tre parti: in primo luogo, esamineremo i sistemi di controllo fondamentali stabiliti all'inizio del XX secolo; in secondo luogo, esploreremo come questi metodi si sono evoluti attraverso la cultura popolare e i movimenti di controcultura; infine vedremo come queste tecniche sono state automatizzate e perfezionate attraverso sistemi digitali.


Introduzione: l'architettura del controllo

Nel 2012 Facebook ha condotto un esperimento segreto su 689.000 utenti, manipolando i loro feed di notizie per studiare come i cambiamenti nei contenuti influenzassero le loro emozioni. Questo test era solo un assaggio di ciò che sarebbe successo. Entro il 2024 gli algoritmi non sarebbero stati utilizzati semplicemente per modellare ciò che sentiamo, ma anche ciò che crediamo sia possibile pensare.

I social media sono ora in grado di prevedere e modificare il comportamento in tempo reale, mentre i servizi di streaming curano automaticamente e continuamente il nostro consumo culturale e i sistemi di pagamento digitale tracciano ogni singola transazione. Ciò che è iniziato come una semplice manipolazione emotiva è diventato un controllo completo della coscienza.

Questo potere di plasmare la percezione umana non è emerso dall'oggi al domani. I meccanismi di controllo culturale che vediamo oggi sono stati costruiti in più di un secolo, evolvendosi dai monopoli fisici di Edison alle invisibili catene digitali di oggi. Per capire come siamo arrivati ​​a questo punto di controllo algoritmico della coscienza — e, cosa più importante, come resistergli — dobbiamo prima tracciare le fondamenta storiche di questi sistemi e l'architettura del controllo che li ha plasmati.

La manipolazione psicologica rivelata dall'esperimento di Facebook può sembrare un fenomeno moderno, ma le sue radici risalgono ai primi giorni della comunicazione di massa. Uno dei primi architetti del controllo culturale fu Thomas Edison, la cui fondazione della Motion Picture Patents Company nel 1908 gettò le basi per un secolo di influenza sistematica.


Parte prima: gettare le fondamenta

Quando Thomas Edison fondò la Motion Picture Patents Company nel 1908, creò più di un monopolio: dimostrò come cinque meccanismi chiave potessero controllare sistematicamente le informazioni e plasmare la coscienza: controllo dell'infrastruttura (attrezzature per la produzione cinematografica), controllo della distribuzione (sale cinematografiche), quadro giuridico (brevetti), pressione finanziaria (liste nere) e definizione di legittimità (contenuto “autorizzato” & “non autorizzato”). Questi stessi meccanismi si sarebbero evoluti e riapparsi in vari settori ed epoche, diventando strumenti sempre più sofisticati per progettare la coscienza pubblica e controllare i confini del possibile, tra pensiero ed espressione.


L’ascesa del controllo istituzionale

Mentre Edison stava stabilendo il controllo sui media visivi, un sistema più ampio di potere istituzionale stava rapidamente prendendo forma. L'inizio del XX secolo avrebbe visto una convergenza senza precedenti di controllo concentrato su più domini.

Quando l'azione antitrust sciolse l'Edison Trust nel 1915, il controllo passò dal monopolio dei brevetti a un piccolo gruppo di studi. Sebbene presentata come una creazione di concorrenza, questa “disgregazione” in realtà consolidò il potere in un'oligarchia di studi che potevano coordinare in modo più efficace e sovversivo il controllo dei contenuti e la messaggistica, uno schema che si sarebbe ripetuto in future azioni antitrust.

Mentre la rottura del sopraccitato Trust sembrava creare competizione, emersero rapidamente nuove forme di controllo. Il Motion Picture Production Code (Codice Hays) stabilito nel 1934 dimostrò come il panico morale potesse giustificare un controllo sistematico dei contenuti. Proprio come Edison aveva controllato la distribuzione dei film, il Codice Hays controllava ciò che poteva essere rappresentato sullo schermo, stabilendo modelli per la manipolazione narrativa che sarebbero persistiti nell'era digitale.

Il modello di Edison per il controllo dei media visivi sarebbe stato presto replicato in altri domini. Rockefeller implementò un modello identico in medicina: controllo delle infrastrutture (scuole di medicina), controllo della distribuzione (ospedali e cliniche), quadro legale (licenze), pressione finanziaria (finanziamenti strategici) e definizione di legittimità (medicina “scientifica” & “alternativa”). Non si trattava solo di eliminare la concorrenza, ma di controllare ciò che costituiva la conoscenza legittima stessa.

Non fu una coincidenza. L'inizio del XX secolo ha assistito a una convergenza burocratica senza precedenti, poiché domini precedentemente separati (medicina, media, istruzione, finanza, intrattenimento e ricerca scientifica) hanno iniziato a operare con una coordinazione notevole. I muri tra istituzioni pubbliche, industria privata e agenzie governative sono diventati sempre più permeabili. Le principali fondazioni hanno svolto un ruolo cruciale in questa convergenza. Le fondazioni Rockefeller e Ford, pur presentandosi come organizzazioni filantropiche, hanno plasmato le priorità della ricerca accademica e le metodologie delle scienze sociali. Attraverso sovvenzioni strategiche e supporto istituzionale, hanno contribuito a stabilire e mantenere quadri approvati per comprendere la società stessa. Determinando quale ricerca sarebbe stata finanziata e quali idee avrebbero ricevuto il sostegno istituzionale, queste fondazioni sono diventate potenti custodi della conoscenza accettabile, estendendo il modello di Rockefeller nella sfera medica a quella intellettuale più ampia.

Questo allineamento senza precedenti rappresentava più di un semplice coordinamento: stabiliva sistemi interconnessi per controllare sia la realtà fisica che la coscienza pubblica. Dal controllo dei media visivi di Edison alla definizione di conoscenza medica di Rockefeller fino al controllo monetario della Federal Reserve, ogni elemento contribuiva a un'architettura completa riguardo il controllo sociale. Ciò che rendeva questo sistema talmente pervasivo era il suo magistrale confezionamento: ogni erosione dell'autonomia veniva presentata come progresso, ogni restrizione come protezione, ogni forma di controllo come convenienza. Il pubblico non solo accettava, ma abbracciava con entusiasmo questi cambiamenti, senza mai riconoscere che le sue scelte, convinzioni e la sua stessa comprensione della realtà venivano attentamente progettate attraverso istituzioni di cui si fidava.

Il potere di questo sistema convergente è stato dimostrato per la prima volta nel rimodellamento profondo del ruolo globale dell'America. La narrativa dell'“isolazionismo” americano è emersa come uno dei più influenti modellatori della coscienza pubblica. Mentre l'America aveva a lungo proiettato il potere attraverso reti bancarie, espansione aziendale e diplomazia delle cannoniere, questa realtà è stata gradualmente riformulata e astutamente commercializzata a un pubblico ignaro. Stabilendo una storia di ritiro americano dagli affari mondiali, i sostenitori dell'intervento militare potevano posizionarsi come modernizzatori che guidavano una nazione esitante verso la responsabilità globale. L'acquisizione simultanea da parte di J.P. Morgan dei principali quotidiani, che controllava il 25% dei giornali americani nel 1917, ha contribuito a stabilire questo quadro narrativo. Non si trattava solo di profitto, ma di stabilire il meccanismo di gestione della coscienza pubblica in preparazione dei conflitti imminenti desiderati dalla classe dirigente.

Entro gli anni '50 l'Operazione Mockingbird formalizzò questa influenza quando la CIA infiltrò sistematicamente le principali organizzazioni mediatiche. Il programma dimostrò quanto le agenzie di intelligence comprendessero a fondo la necessità di plasmare la percezione pubblica attraverso canali apparentemente indipendenti. Basandosi su metodi perfezionati durante gli sforzi di propaganda in tempo di guerra, le tecniche dell'Operazione Mockingbird avrebbero influenzato tutto, dalla copertura delle notizie alla programmazione dell'intrattenimento, stabilendo modelli per la manipolazione delle informazioni che continuano a evolversi ancora oggi.

Ciò che l'Operazione Mockingbird ha ottenuto tramite editori umani e storie costruite ad hoc, le piattaforme odierne lo realizzano automaticamente tramite algoritmi di moderazione dei contenuti e sistemi di raccomandazione. Gli stessi principi di controllo narrativo persistono ancora adesso, ma gli intermediari umani sono stati sostituiti da sistemi automatizzati che operano a velocità mozzafiato su scala globale.

Questo nesso media-intelligence è stato esemplificato da William S. Paley, il quale ha trasformato la CBS da una piccola rete radiofonica in un impero radiofonico. Durante la seconda guerra mondiale, Paley lavorò come supervisore dell'Office of War Information nel teatro del Mediterraneo prima di diventare capo della radio nella Psychological Warfare Division dello stesso Office of War Information. La sua esperienza di guerra nelle operazioni psicologiche influenzò direttamente la strategia di programmazione postbellica della CBS, dove l'intrattenimento iniziò a fungere da veicolo per l'ingegneria sociale. Sotto la guida di Paley, la CBS è diventata nota come “Tiffany Network”, mescolando magistralmente l'intrattenimento con sottili tecniche di manipolazione perfezionate durante il suo servizio di guerra psicologica. Questa fusione di intrattenimento e controllo sociale sarebbe diventata il modello per le moderne operazioni mediatiche.

Questo meccanismo di influenza di massa si sarebbe adattato alle tecnologie emergenti. Negli anni '50 lo scandalo Payola rivelò come le case discografiche plasmassero la coscienza pubblica attraverso un'esposizione controllata. Presentata come una controversia sulle tangenti dei DJ, il Payola in realtà rappresentava un sistema evoluto per plasmare il gusto popolare. Le aziende che controllavano questi canali culturali mantenevano profondi legami istituzionali: la CBS Records di Paley continuò i suoi rapporti con gli appaltatori della difesa, mentre il ruolo della RCA nel plasmare la cultura di massa risaliva alla sua costituzione nel 1919 come monopolio delle comunicazioni coordinato dalla Marina. Creata per mantenere il controllo interno delle comunicazioni strategiche, l'espansione della RCA nel settore della radiodiffusione, dei dischi e dell'elettronica di consumo ha preservato queste connessioni con le reti militari e di intelligence. Questi metodi di controllo culturale non si sono sviluppati in modo isolato: facevano parte di un sistema più ampio di ingegneria sociale che si è espanso notevolmente durante i periodi di conflitto globale.

Mentre gli storici in genere trattano le guerre mondiali come conflitti distinti, sono meglio comprese come fasi di una continua espansione dei meccanismi di controllo sociale. L'infrastruttura e i metodi sviluppati tra questi conflitti rivelano questa continuità: le guerre hanno fornito sia la giustificazione che i campi di prova per sistemi sempre più sofisticati di manipolazione psicologica di massa. Installazioni militari come la Lookout Mountain Air Force Station a Laurel Canyon non erano solo basi, erano centri per operazioni di guerra psicologica, perfettamente posizionati vicino al cuore dell'industria dell'intrattenimento. La sola Lookout Mountain ha prodotto oltre 19.000 film classificati, mantenendo al contempo collegamenti di alto livello con la produzione di Hollywood.

Nel 1943 questo sistema era talmente consolidato che l'Office of Strategic Services (OSS) delineò esplicitamente la sua strategia in un documento ora declassificato. La loro valutazione era inequivocabile: i film rappresentavano “un mezzo didattico senza pari” e “una forza potente nella formazione degli atteggiamenti” che poteva “stimolare o inibire l'azione”. Il documento affermava inoltre che gli Stati Uniti dovevano “sfruttare le potenzialità dei film come arma di guerra psicologica”. Non si trattava solo di controllare le informazioni, ma di alterare radicalmente il modo in cui le persone comprendevano e sperimentavano la realtà stessa.

Mentre Edison e Rockefeller stavano istituendo sistemi di controllo fisico in America, l'industria dell'intrattenimento era già integrata nelle operazioni di intelligence. Questo schema risale ai primi giorni di tale industria: si dice che Harry Houdini avesse collaborato con l'intelligence britannica durante la prima guerra mondiale, usando le sue performance come copertura per raccogliere informazioni nelle enclave tedesche. Dai film di Charlie Chaplin analizzati per il potenziale propagandistico alle campagne mediatiche di Mary Pickford per vendere le obbligazioni di guerra, che crearono il precedente per i messaggi “impegnati” delle celebrità, la prima guerra mondiale segnò la nascita di un coordinamento sistematico tra Hollywood e le agenzie di intelligence. Durante la seconda guerra mondiale queste connessioni vennero formalizzate tramite l'OSS, evolvendosi nell'odierno Entertainment Liaison Office, attraverso il quale agenzie come il Dipartimento della Difesa danno forma alle narrazioni cinematografiche a tema militare.


Scolpire la coscienza delle masse

Mentre le industrie americane perfezionavano il controllo delle infrastrutture fisiche e dell'intrattenimento, l'intelligence britannica stava sviluppando qualcosa di ancora più profondo: metodi per controllare la coscienza stessa. Comprendendo che il controllo territoriale era temporaneo ma il potere di plasmare credenze, desideri e visioni del mondo poteva essere permanente, le loro innovazioni avrebbero trasformato l'ingegneria sociale per sempre. Nel 1914 fondarono quella che iniziò come un'entità innocua chiamata “Wellington House”, la quale si sarebbe evoluta in iterazioni burocratiche sempre più audaci: il “Dipartimento dell'informazione” e infine il “Ministero dell'informazione” dal senso esplicitamente orwelliano. Attraverso questa organizzazione, sistematizzarono la manipolazione psicologica di massa basata su nuovi principi: che l'influenza indiretta attraverso voci fidate funziona meglio della propaganda diretta, che la risonanza emotiva conta più dei fatti, che le persone si fidano della condivisione tra pari rispetto all'autorità. Questi principi psicologici sarebbero diventati gli algoritmi fondamentali dei social media un secolo dopo. Queste intuizioni non svanirono con il tempo: si sarebbero evolute. Quando Facebook esegue test A/B sul contagio emotivo o gli algoritmi dei social media promuovono la condivisione peer-to-peer su fonti istituzionali, stanno applicando i principi psicologici della Tavistock Clinic in tempo reale.

Questo lavoro si è evoluto attraverso il trattamento di soldati traumatizzati presso suddetta Tavistock Clinic (in seguito Tavistock Institute), dove il dott. John Rawlings Rees e i suoi colleghi scoprirono come il trauma psicologico potesse essere utilizzato per rimodellare non solo la coscienza individuale, ma interi sistemi sociali. Attraverso lo studio sistematico del trauma e della psicologia di gruppo, svilupparono metodi per modellare non solo ciò che le persone potevano vedere, ma anche il modo in cui avrebbero interpretato la realtà stessa. Il lavoro dell'istituto rivelò come la vulnerabilità psicologica potesse essere utilizzata per rimodellare sia il comportamento individuale che quello di gruppo, intuizioni che si sarebbero rivelate inestimabili man mano che i meccanismi di influenza si sarebbero evoluti dalla censura palese alla manipolazione sottile della percezione.

Sebbene ampiamente sconosciuta al pubblico, la Tavistock sarebbe diventata una delle organizzazioni più influenti nel dare forma ai moderni metodi di controllo sociale. Mentre la maggior parte delle persone oggi conosce la Tavistock solo attraverso le recenti controversie sulle cure per l'affermazione di genere, la sua influenza si estende indietro di generazioni, avendo plasmato narrative culturali e trasformazioni sociali sin dal suo inizio. Il suo lavoro attuale non rappresenta un'anomalia, ma una continuazione della sua missione di lunga data nel voler rimodellare la coscienza umana.

L'opera dell'ex-agente dell'MI6 John Coleman, The Tavistock Institute of Human Relations, ha fornito una visione dall'interno delle sue operazioni. Più di recente ricercatori come Daniel Estulin, Courtenay Turner e Jay Dyer hanno ulteriormente esaminato il suo profondo impatto.

Il risultato più raffinato dell'istituto è stato trasformare le teorie psicologiche in strumenti pratici per l'ingegneria culturale, in particolare attraverso la musica popolare e la cultura giovanile. Incorporando i loro principi in tendenze culturali apparentemente spontanee, hanno creato un modello per la programmazione sociale invisibile ai suoi soggetti.

Questi metodi sarebbero stati testati prima attraverso la musica. Negli anni '50-'60 il programma Ambasciatori del jazz del Dipartimento di Stato rivelò come i centri di potere comprendessero il potenziale della musica per la progettazione culturale. Mentre Louis Armstrong e Dizzy Gillespie andavano in tournée come “ambasciatori del jazz”, un'altra potente influenza stava plasmando la scena jazz dall'interno. La baronessa Pannonica de Koenigswarter, nata nella dinastia bancaria dei Rothschild,  divenne una mecenate di artisti bebop come Thelonious Monk e Charlie Parker, entrambi morti nelle sue case a distanza di anni. Mentre la sua passione per il jazz poteva essere genuina, il suo profondo coinvolgimento nella scena coincise con l'epoca in cui il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti e la CIA stavano attivamente utilizzando il jazz come strumento di diplomazia culturale. Questo mecenatismo, intenzionale o meno, prefigurava un modello di coinvolgimento dell'aristocrazia bancaria europea in movimenti musicali presumibilmente rivoluzionari.

Nella seconda parte esploreremo la fase successiva del controllo della coscienza che avrebbe operato attraverso la cultura stessa. I primi esperimenti nel jazz si sarebbero evoluti in un programma invisibile e sistematico di ingegneria culturale. Le istituzioni avrebbero progettato e acceso movimenti culturali che apparivano organici e, così facendo, gli organi di governo avrebbero plasmato non solo ciò che la gente pensava, ma l'intero quadro per comprendere qualsiasi cosa.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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???? Qui il link alla Seconda Parte: 

???? Qui il link alla Terza Parte:


Perché una riserva strategica di Bitcoin negli Stati Uniti è fondamentale per difendersi dalla Cina

Gio, 30/01/2025 - 11:05

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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da Coindesk

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/perche-una-riserva-strategica-di)

La finanza è sempre più un'arma di guerra. I policymaker negli Stati Uniti e i nostri alleati si concentrano troppo su strumenti macroeconomici come le sanzioni e la promozione del dollaro, quando invece il fronte moderno si sta evolvendo: oggi le vere battaglie si combattono sugli smartphone e sui mercati valutari globali.

La Cina sta portando avanti un piano pluridecennale per sostituire la più grande risorsa degli Stati Uniti: il dollaro. Esso è essenziale per il potere economico e geopolitico degli Stati Uniti in quanto valuta di riserva mondiale; senza, la nostra influenza si indebolirebbe e il nostro debito diventerebbe un problema ingestibile. Questo è esattamente ciò che vogliono il Partito Comunista Cinese e il Cremlino.

La Cina e la Russia hanno perso miliardi di dollari in titoli del Tesoro americani, mentre aumentavano le loro riserve di oro. Le nostre sanzioni, concepite per separare i Paesi dal sistema economico “occidentale”, non sono più un deterrente sufficiente per coloro che possono controllare l'attività finanziaria all'interno dei loro confini e proiettare il loro potere all'esterno.

Gli avversari autoritari, tra cui Cina, Iran e Russia, stanno attivamente costruendo sistemi economici transfrontalieri paralleli che attireranno nella loro orbita non solo i Paesi vicini, ma anche i nostri alleati che commerciano molto con loro.

Ad esempio, oltre la metà delle aziende in Giappone accetta Alipay, mentre più di un terzo accetta WeChat Pay. Questa distribuzione offre a due aziende cinesi una visibilità senza precedenti sulle singole transazioni di mercato dei consumatori e delle aziende giapponesi. Potrebbe consentire alla Cina di sconvolgere l'economia giapponese se le tensioni dovessero aumentare, come in un potenziale conflitto su Taiwan.


Come possono rispondere gli Stati Uniti

La Cina vede la tecnologia finanziaria e le criptovalute come strumenti per estendere il proprio potere finanziario e la propria sorveglianza a livello globale. Gli Stati Uniti devono rispondere in due modi: esportare la loro tecnologia e i loro sistemi finanziari in tutto il mondo e abbracciare Bitcoin come asset di riserva strategica invece di soffocarne l'innovazione.

Legislatori e politici di entrambe le fazioni, in particolare il presidente Donald Trump, riconoscono il potere di detenere Bitcoin nel bilancio della nazione come copertura contro l'inflazione. Questa direzione rafforzerebbe anche la resilienza degli Stati Uniti contro le sfide economiche poste dalle strategie finanziarie della Cina.

La Federal Reserve, come molte banche centrali, detiene un portafoglio diversificato di asset di riserva. A partire dal 2024 questo ha incluso circa $35 miliardi in valute estere e $11 miliardi in azioni aurifere. Tali partecipazioni dimostrano la forza economica dell'America e forniscono liquidità durante le tensioni finanziarie. Tuttavia, nel nostro mondo in rapida digitalizzazione, l'assenza di un asset digitale nativo in questo portafoglio sta diventando sempre più evidente.

Con la sua portata globale e la crescente adozione, Bitcoin è il candidato ideale per colmare questa lacuna. Spesso chiamato “oro digitale”, Bitcoin è una merce rara. Gli Stati Uniti sono il più grande stato a detenerlo, avendone sequestrati 210.000 dai criminali. Ciò conferisce agli Stati Uniti un vantaggio da pionieri e potrebbe garantire il loro futuro economico.

I critici potrebbero sostenere che la volatilità di Bitcoin lo rende inadatto come asset di riserva. Tuttavia questa volatilità diminuirà con la crescita dell'adozione e la maturazione del mercato. Nel 2021 El Salvador ha riconosciuto Bitcoin come moneta a corso legale e ha iniziato ad acquistarlo come asset di riserva; ha visto un aumento del 100% del proprio valore e non ha intenzione di venderli.


Una guerra su più fronti

Gli Stati Uniti devono riconoscere che siamo già in una guerra su più fronti contro la Cina. Uno di questi fronti sono i servizi finanziari e le criptovalute sono un'arma nel nostro arsenale. Perdere questa battaglia significa che i servizi finanziari globali e l'attività finanziaria individuale sarebbero dominati da stati avversari concentrati sul controllo capillare, la sorveglianza e il predominio, nonché un continuo attacco alla nostra valuta.

Trump lo ha capito e lo scorso luglio ha dichiarato a Bloomberg: “Se non lo facciamo, la Cina passerà in vantaggio [su Bitcoin]”.

Per proiettare il potere finanziario americano è anche necessario che il governo federale dia potere, consenta e incoraggi il nostro settore economico privato a interagire con le economie contese in tutto l'Indo-Pacifico e oltre. È essenziale espandere l'uso dei nostri sistemi di pagamento, banche e dollari, anche laddove è controverso.

In questo momento i nostri avversari stanno vincendo, perché non stiamo nemmeno giocando. Stanno esportando i loro sistemi, istituzioni e strumenti di sorveglianza in tutto il mondo. Nel frattempo abbiamo fatto poco, perché TikTok, una seria minaccia alla nostra sicurezza nazionale, affascina un'intera generazione di americani. Dobbiamo fare lo stesso con la tecnologia finanziaria, perché nessun'altra stoccata sarebbe più grande per i nostri nemici.

Gli Stati Uniti dovrebbero usare più esplicitamente la tecnologia finanziaria e le criptovalute come armi. Ad esempio, dovremmo sostenere la tecnologia finanziaria decentralizzata che consente ai cittadini di governi ostili, come l'Iran, di usare gli smartphone per accedere a stablecoin e servizi di pagamento basati sui dollari, al fine di iniziare a separare la loro attività economica dal controllo del loro governo. In sostanza, il potere riguarda il controllo, non solo della polizia o della sicurezza nazionale, ma anche delle risorse e delle economie.

Il mondo è a un bivio finanziario. La domanda non è se le valute digitali plasmeranno il futuro, ma come ci adatteremo a questa nuova realtà. Gli Stati Uniti possono plasmare questo futuro adottando Bitcoin come asset di riserva. Il momento per un'azione coraggiosa è adesso e i benefici per la stabilità finanziaria globale, e l'innovazione, potrebbero essere profondi.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Trump eredita un’economia profondamente danneggiata

Mer, 29/01/2025 - 11:10

C'è un dettaglio che manca a Tucker e che permette di inquadrare correttamente la situazione economica statunitense: l'amministrazione Biden ha lavorato per vandalizzare la nazione. Questo dettaglio, invece, non manca a voi cari lettori che avete comprato e letto il mio ultimo libro, Il Grande Default. Dal punto di vista economico sono state effettuate una miriade di scelte di politica atte a saturare i bilanci della nazione, senza alcun criterio per la sostenibilità futura della stessa. Paradossalmente, è stata la FED a lavorare per arginare ulteriori danni. L'approvazione dell'SOFR, la contrazione della leva nel mercato degli eurodollari, il ciclo di rialzo dei tassi, sono stati tutti espedienti messi in campo per creare argini tra gli USA e il resto del mondo in materia di contagio sistemico. Chi ha fatto una sorta di QE sin dallo scorso aprile è stata la Yellen con l'emissione spropositata di titoli di stato a lungo termine, il cui scopo è stato quello di fornire propellente al mercato (leggi City di Londra) per sopprimere il back-end della curva dei rendimenti americani e di conseguenza impedire un'esplosione al rialzo anche dei rendimenti dei titoli sovrani inglesi ed europei. Ma anche questa manipolazione è terminata, così come il tentativo tardivo degli stessi inglesi di mettere lo zampino nel processo di compensazione del Dipartimento del Tesoro americano. Non si può prescindere, quindi, dal quadro generale per capire perché la FED ha fatto determinate scelte nel corso degli ultimi 4 anni e il potere di chi è realmente a rischio al giorno d'oggi.

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di Jeffrey Tucker

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/trump-eredita-uneconomia-profondamente)

C'è finalmente un po' di ottimismo nel Paese. Sfortunatamente le buone vibrazioni non sono sufficienti a risolvere i profondi problemi strutturali che ora affliggono l'economia statunitense, dall'inflazione a un mercato del lavoro debole a un settore delle piccole imprese che sta a malapena sopravvivendo, oltre a un consumatore allo stremo e a gravi problemi finanziari nel governo stesso.

Di sicuro l'economia statunitense brilla ancora sulla scena mondiale, ma questo semplicemente perché quasi tutti gli altri sono in condizioni peggiori. I problemi strutturali sono globali, dovuti all'esplosione del debito pubblico, all'eccesso burocratico e alle imposizioni normative degli ultimi cinque anni. Gli Stati Uniti potrebbero essere i meno peggio, ma questa osservazione da sola non fa scomparire i problemi.

In tale contesto, un economista di spicco e brillante in Cina, il dott. Gao Shanwen, ha ammesso in un forum di Washington DC che il tasso di crescita del 5% probabilmente non è reale e che la crescita effettiva in Cina è più vicina al 2%. È stato prontamente disciplinato dal Partito Comunista Cinese al suo ritorno e non gli è più consentito parlare in pubblico.

Questo è diventato un modello mondiale: il silenzio degli economisti che osano contestare numeri palesemente falsi. Negli Stati Uniti, tuttavia, c'è almeno la libertà di parola. Dove sono i problemi e qual è la realtà?

Tanto per cominciare, l'inflazione statunitense è in accelerazione da settembre 2021. Ora è al 3%, ovvero il 50% in più rispetto all'obiettivo ufficiale. Questo dolore continuo segue quattro anni della peggiore inflazione degli ultimi 40 anni e probabilmente molto di più. Secondo alcuni parametri, ciò che abbiamo attraversato equivale o supera il dolore economico degli anni '70. L'unica differenza questa volta è che i contabili del governo sono diventati più bravi a nasconderlo.

Quanto potere d'acquisto del dollaro è stato perso? Secondo le misure ufficiali, il totale di questa ondata inflazionistica è di 22 centesimi, ma i numeri del settore alimentare, automobilistico, immobiliare e dei servizi come assicurazioni e trasporti generano numeri quasi del doppio. Nessuno lo sa per certo e il calcolo di grandi indici dipende dalla metodologia di ponderazione e dal calcolo dei fattori attenuanti. Aggiungete nuove tasse e la cosiddetta shrinkflation e i numeri saranno ben peggiori.

Anche se l'inflazione finisse oggi, i danni degli ultimi quattro anni ci accompagneranno per molti anni a venire. Purtroppo non sta finendo oggi e questo lo sappiamo semplicemente quando uno fa shopping o guarda attentamente le bollette. Tutto continua a salire di prezzo.

Perché? La FED e il Congresso non hanno forse avviato una campagna anti-inflazione a partire da due o tre anni fa? Sì, ma il Congresso ha fatto quello che fa sempre: ha speso più soldi, il che crea più debito, che la FED poi monetizza e quindi crea più soldi. Inizialmente la FED ha lavorato per assorbire l'eccesso con tassi d'interesse più alti, ma l'anno scorso ha fatto marcia indietro con una nuova campagna di quantitative easing.

Il punto più basso nella massa monetaria è stato raggiunto a novembre 2023. Poi si è invertita la tendenza verso un allentamento. Ad oggi ci sono più di $1.000 miliardi in nuovi dollari che sguazzano nel Paese e nel mondo rispetto a 14 mesi fa; unito alla crescente velocità (ritmo di spesa), tutto ciò spinge l'inflazione nella direzione opposta.

In altre parole, i nostri problemi sono una conseguenza diretta della pressione politica esercitata sul Congresso e sulla FED mentre ci avvicinavamo alle elezioni del 2024. Come al solito, il partito al potere ha scelto la stampa di denaro e la spesa come metodo di manipolazione elettorale attraverso la creazione dell'illusione di prosperità. L'amministrazione entrante ora si ritrova con questo guaio per le mani. Per invertire il danno il presidente entrante e il Congresso possono solo sperare di generare un proverbiale effetto ricchezza tramite una forte deregolamentazione e tagli alle tasse in modo da mitigare l'inflazione. Anche nelle migliori condizioni, il problema ci accompagnerà per almeno un altro anno.

Un altro problema riguarda il mercato del lavoro, che è più in crisi di quanto si dica. Sia il rapporto occupazione-popolazione che il tasso di partecipazione al lavoro sono in calo da sei mesi. Questo dopo non essere riusciti a riprendersi completamente dai lockdown di marzo 2020. Ora si attestano ai livelli visti nei primi anni '80, prima che diventasse comune che donne con bambini piccoli e in età scolare fossero nella forza lavoro.

Qualcosa di importante è cambiato. Ci sono senza dubbio molti fattori in gioco, ma tra questi c'è che molte persone hanno visto le loro vite talmente sconvolte da non essersi adattate alla graduale riapertura del 2022 e oltre. Molte persone disabili sono senza lavoro e vivono di sussidi governativi, mentre molti anziani hanno semplicemente gettato la spugna.

Dati: Federal Reserve Economic Data (FRED), St. Louis Fed

È difficile dire se tali cambiamenti strutturali siano permanenti. Alcuni di essi sembrano essere dovuti alla mancanza di assistenza all'infanzia per le donne in età fertile. C'è anche un cambiamento culturale in atto, con le famiglie con due redditi che tornano a essere famiglie con un solo reddito e istruiscono i figli a casa. Non c'è dubbio che il sistema educativo statunitense sia profondamente stressato e che genitori e insegnanti si stiano tirando indietro a ritmi mai visti prima. Ciò indubbiamente influisce sul mercato del lavoro.

I dati effettivi sulla creazione di posti di lavoro in quattro anni sembrano in un continuo stato di revisione, poiché continuano ad arrivare nuovi dati che sgonfiano e correggono le esagerazioni degli ultimi quattro anni. Anche la natività nella componente demografia solleva interrogativi, poiché quasi tutta la creazione di posti di lavoro non è ad appannaggio dei lavoratori nativi, ma di quelli nati all'estero. Se e in quale misura le espulsioni di lavoratori clandestini influenzeranno tutti questi numeri è una questione aperta.

Indipendentemente da ciò, il mercato del lavoro dei colletti bianchi è diventato estremamente ristretto. Il Wall Street Journal scrive: “Ci sono ancora molti lavori per quelli che lo cercano nei servizi, compresi i settori sanitario e alberghiero. È più arduo trovarlo nei lavori d'ufficio, dove i capi mirano a essere più dinamici e in alcuni casi a sostituire i lavoratori con l'intelligenza artificiale. [...] Ad oggi il mercato del lavoro si è indebolito principalmente a causa di minori assunzioni, non di licenziamenti. Ma una volta che le aziende decidono di ridurre gli stipendi, i tagli di posti di lavoro spesso si trasformano rapidamente in una valanga, il che potrebbe innescare un aumento molto più rapido del tasso di disoccupazione”.

Per quanto riguarda altri dati, come le vendite al dettaglio e gli ordini di fabbrica, sono stati sovrastimati per molti anni solamente perché non è di routine che vengano aggiustati all'inflazione. Una volta eseguito tale calcolo, osserviamo un'attività economica piatta o in calo per tutti gli anni dell'amministrazione Biden. La propaganda potrebbe aver funzionato nel mantenere alto il morale, ma la realtà emergerà nei prossimi mesi, poiché i media generalisti e i raccoglitori di dati nelle agenzie governative saranno più disponibili a rivelare cosa sta realmente accadendo.

Poi c'è il problema delle finanze pubbliche. Il debito federale lordo in percentuale del prodotto interno lordo rimane a livelli mai visti dalla seconda guerra mondiale. Questa è una situazione pericolosa che mette tutto a rischio, spiazza gli investimenti privati ​​e spinge la banca centrale a occuparsi di questo problema con una maggiore stampa di denaro.

Dati: Federal Reserve Economic Data (FRED), St. Louis Fed

Tutto questo non può durare. Elon Musk ha creato, con la benedizione di Trump, il Department of Government Efficiency (DOGE) per occuparsene, offrendo la possibilità di tagliare $2.000 miliardi dalla spesa federale immediatamente, senza toccare i diritti sociali.

Non c'è alcuna possibilità di un riavvio importante della produttività americana senza affrontare la crisi di bilancio. Il business as usual non può funzionare. E tuttavia tutto ciò che riguarda Washington è progettato per prevenire azioni così drastiche. È molto più facile per chiunque prenda il potere guardare dall'altra parte, persino inventando nuovi modi di spendere denaro, che affrontare la crisi come farebbe qualsiasi famiglia.

Il problema normativo è lampante: l'amministrazione Biden ha aggrovigliato più settori in una pletora di obblighi e imposizioni al punto che molti sono malfunzionanti per progettazione. Questo è qualcosa a cui l'amministrazione Trump può effettivamente porre rimedio, e si spera che gli sforzi di districare i nodi saranno immediati e drastici.

Questi sono tutti problemi gravi che l'amministrazione Trump deve affrontare. Un altro fattore: i media generalisti saranno molto più propensi a chiamare le cose con il loro nome di quanto invece non lo fossero con Biden. Forse è una cosa positiva, ma non promette nulla di buono. Dopo sei mesi l'amministrazione Trump potrebbe ritrovarsi a dover affrontare una recessione retroattiva che potrebbe vanificare molti dei suoi tentativi di consolidare i tagli fiscali.

Si tratta di un problema difficile, ereditato da un'amministrazione nei confronti della quale le aspettative pubbliche non potrebbero che essere più elevate.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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C'è speranza nella politica?

Mar, 28/01/2025 - 11:19

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Barry Brownstein

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/ce-speranza-nella-politica)

Mentre gli osservatori della Beltway dibattono intensamente sulle scelte del gabinetto della nuova amministrazione e sulle nomine alla Casa Bianca, gli osservatori più disillusi della nostra condizione economica hanno buone ragioni per chiedersi: che differenza fa? L'ordine politico è dominato da lobbisti con interessi particolari e burocrati assetati di potere, e non ha gli incentivi per ridurre l'interventismo e restituire le decisioni al popolo. La burocrazia può essere resa utile da burocrati migliori, o può essere frenata solo dalla rinascita della scelta individuale?

In che modo Robert Kennedy Jr., se confermato nel suo ruolo proposto di Segretario della Salute e dei Servizi Umani, ridurrà l'obesità in America? Promuoverà nuove normative e tasse, che invariabilmente si prenderanno cura di interessi radicati, a scapito di soluzioni individuali e sperimentali? Si rivolgerà, come hanno fatto altri, ai regolatori per vietare questo o quell'ingrediente, senza conoscere i costi economici o sanitari della sua sostituzione? Ridurrà le barriere alle opzioni alimentari sane e fermerà i sussidi che contribuiscono all'obesità? Ridurrà le conseguenze indesiderate generate dalle precedenti “soluzioni” alla salute pubblica? In breve, combatterà la sclerosi politica esattamente con gli strumenti che ci hanno portato fino a qui, chiedendo consiglio a coloro che traggono vantaggio dallo status quo? O sfiderà la collusione burocratica-aziendale e risveglierà un mercato competitivo?

Se perseguirà quest'ultima strada, dovrà affrontare una dura lotta. I mattoni del cibo ultra-processato, mais, grano, soia e zucchero, sono sovvenzionati dal Dipartimento dell'agricoltura degli Stati Uniti per circa $6 miliardi all'anno. Il cibo ad alto contenuto calorico, pieno di olio di soia e dolcificanti, è più economico rispetto ad alimenti più nutrienti e meno densi di calorie. L'impatto sulla scelta del consumatore non è chiaro, ma ecco una cosa su cui possiamo contare: se Kennedy, con il sostegno dell'amministrazione Trump, cercherà di abbattere la rete dei sussidi, i lobbisti per mais, grano, soia e zucchero metteranno a soqquadro il Congresso per ostacolarlo.

Il candidato di Trump per il Segretario all'energia è Chris Wright. Riuscirà a ridurre la spesa pubblica eliminando i sussidi per l'energia solare ed eolica? Non ci scommetterei senza una battaglia epica al Congresso.

Molti potrebbero desiderare che fosse diverso, ma in realtà le aziende clientelari continueranno a esistere durante la presidenza di Trump. La porta girevole tra industria e regolatori continuerà a girare. Gli errori politici dei programmi passati continueranno a essere sostenuti, spesso con budget più grandi. Il successo della presidenza Trump dipenderà, in parte, dalla sua capacità di rompere le alleanze governative di lunga data con le aziende clientelari e resistere a nuove richieste di corruzione.

Poniamoci la grande domanda, quindi: è possibile ottenere un vero cambiamento attraverso mezzi politici?

Nel suo libro, The State, il defunto sociologo tedesco Franz Oppenheimer osservò che ci sono due modi per ottenere ricchezza: i pacifici “mezzi economici” e i coercitivi “mezzi politici”. La creazione di ricchezza non coercitiva è un processo economico in cui le aziende e le persone soddisfano i bisogni dei consumatori. La ricchezza attraverso manovre politiche coinvolge aziende e individui che usano il potere dello stato per ottenere ricchezze immeritate. Secondo Oppenheimer i mezzi economici richiedono “lavoro”, a differenza dei mezzi politici, che invece richiedono “rapina”.

In Profit and Loss, Ludwig von Mises rifletteva su come la grande “urna elettorale del mercato” costringesse gli imprenditori a un processo infinito di lavoro per servire i consumatori: “L'urna elettorale rappresentata dal mercato eleva coloro che nell'immediato passato hanno servito meglio i consumatori”.

A differenza della politica, in un processo di mercato le persone cambiano liberamente e facilmente idea. Mises aggiunse: “La scelta non è inalterabile e può essere corretta quotidianamente. L'eletto che delude l'elettorato viene rapidamente ridotto ai ranghi inferiori”.

Alcune aziende, incapaci o non disposte ad adattarsi e servire, contano sullo stato per limitare le scelte dei consumatori come mezzo per ottenere profitti che non avrebbero potuto ottenere altrimenti. Invece di competere per vincere le “elezioni” nella cosiddetta “urna elettorale del mercato”, cercano di eleggere politici che sosterranno i loro schemi per appropriarsi forzatamente della ricchezza altrui, e questo è un furto.

La scelta di Oppenheimer della parola rapina non avrebbe sorpreso Ralph Waldo Emerson.

Nel suo saggio, Politics, Emerson scrisse: “Ogni stato è corrotto”. Poi aggiunse: “Quale satira sullo stato può eguagliare la severità della censura espressa nella parola politica, che ormai da secoli significa sotterfugio, lasciando intendere che lo stato è un mezzo astuto per ottenere altro?”

Emerson lo scrisse nel 1844, quando lo stato era una frazione minuscola rispetto alle dimensioni attuali. L'esatta dimensione del bilancio federale nel 1844 era difficile da reperire, ma nel 1837 era di circa $39 milioni (o circa $1,6 miliardi in dollari del 2024, poiché il biglietto verde ha perso il 98% del suo valore dal 1844). La spesa federale nell'anno fiscale 2024 è di circa $6.750 miliardi.

In breve, la spesa federale nel 1844 era circa lo 0,024% di quella odierna. Ma, se Emerson ha ragione, la politica era già diventata irredimibile.

Emerson osservò: “Di tutti i debiti, gli esseri umani sono i meno disposti a pagare le tasse. Che ironia questa per quanto riguarda lo stato! Ovunque pensa di ottenere il valore dei loro soldi, tranne che per queste”. Ricordate, non c'era nessuna imposta federale sul reddito nel 1844.

Emerson si scagliò contro le tasse: “Una persona che non può conoscermi, mi tassa; guardandomi da lontano, ordina che una parte del mio lavoro venga destinata a questo o a quello scopo capriccioso. Meno stato abbiamo, meglio è: meno leggi e meno potere delegato”.

Similmente ad altri liberali classici, Emerson sosteneva la cooperazione volontaria per risolvere problemi comuni:

Finché faccio ciò che è adatto a me e mi astengo da ciò che non è adatto, il mio vicino e io spesso concorderemo sui nostri mezzi e lavoreremo insieme per un certo periodo di tempo per un fine. Ma ogni volta che trovo che il mio dominio su me stesso non mi è sufficiente e mi assumo anche la direzione della sua sfera d'azione, oltrepasso la verità e entro in false relazioni con lui.

Coloro che usavano la coercizione incontravano la disapprovazione di Emerson. Egli consigliava sempre di impegnarsi per raggiungere un “autocontrollo”. È sbagliato “far agire qualcun altro secondo [le nostre] opinioni”. Quando gli altri “mi dicono cosa devo fare”, i loro ordini sono assurdi, pertanto “tutti gli scopi pubblici sembrano vaghi e donchisciotteschi accanto a quelli privati”.

Kennedy dovrebbe prendere in considerazione queste parole, porre fine ai sussidi preservando al contempo la scelta del consumatore. Ma rimuovere l'interesse egoistico dal potere dello stato potrebbe essere tra gli obiettivi più donchisciotteschi che potremmo intraprendere. Il Leviatano può trattenersi?

Invece di chiedere soluzioni governative, Emerson si aspettava che ci occupassimo della nostra crescita spirituale: “L'antidoto a questo abuso dello stato è l'influenza del carattere privato, la crescita dell'individuo”.

Non si può cambiare un effetto senza cambiare la sua causa. La coscienza degli americani è la causa; il furto e la spesa eccessiva dello stato sono gli effetti.

Emerson scrisse: “Causa ed effetto, mezzi e fini, seme e frutto, non possono essere separati”. Sosteneva che abbiamo bisogno di “un affidamento sul sentimento morale e una fede sufficiente nell’unità delle cose per convincere [le persone] che la società può essere mantenuta senza restrizioni artificiali”. 

Ci arrabbiamo per il comportamento dei politici? Non è saggio arrabbiarsi per ciò che è prevedibile: “Potremmo rimproverare il vento dell'est, o il gelo, così come un partito politico, i cui membri, per la maggior parte, non saprebbero dare conto della loro posizione, ma difenderebbero gli interessi che li hanno messi lì”.

Emerson sarebbe d'accordo con il vecchio detto, otteniamo il governo che meritiamo: “Lo stato deve seguire, e non guidare il carattere e il progresso del cittadino [...] la forma di governo che prevale è l'espressione di quella cultura nella popolazione che lo plasma”.

L'evoluzione spirituale e individuale è un prerequisito per il cambiamento politico. Emerson scrisse: “Sotto il dominio di un'idea, che possiede le menti di moltitudini [...] i poteri delle persone non sono più oggetto di calcolo. Una nazione di persone unanimemente inclini alla libertà [...] può facilmente confondere l'aritmetica degli statalisti”.

Nel 1837 Emerson tenne un discorso alla Phi Beta Kappa Society di Harvard. In seguito fu pubblicato come The American Scholar. Concluse il suo discorso con un appello a sostenere i principi e a non cedere alla convenienza: “Si sospetta già che lo spirito dell'essere umano libero americano sia timido, imitativo, mansueto. L'avarizia pubblica e privata rende l'aria che respiriamo densa e grassa”.

Emerson, naturalmente, non poteva immaginare quanta avarizia avrebbe gonfiato lo stato e reso il nostro discorso politico “denso e grasso”. Le conseguenze sono gravi quando gli interessi privati sfruttano i processi politici per rubare.

Alcune persone, disse Emerson, “cercano denaro o potere; e quest'ultimo in particolar modo perché è buono quanto il denaro, il cosiddetto bottino rappresentato dalla carica ricoperta”. Tali persone sono “sonnambuli”. Emerson continuò: “Svegliateli, e abbandoneranno il falso bene e salteranno verso il vero, e lasceranno i governi agli impiegati e alle scrivanie”.

Emerson sapeva che la scelta di risvegliarsi è una scelta fatta da un individuo.

Il cambiamento politico è una speranza realistica? Cominciamo a cambiare noi stessi; la prosperità sociale non deriva dalla politica. Il momento di iniziare è adesso. Perché, come diceva anche Emerson, “questo momento, come tutti i momenti, è un momento buono, se solo sapessimo cosa farne”.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Nosferatu e il suo monito per l'esperienza Covid

Lun, 27/01/2025 - 11:07

Il cappello all'articolo di oggi è alquanto insolito per i lettori di queste pagine, ma ritengo Eggers uno dei migliori registi in circolazione (se non IL migliore della nostra epoca) di conseguenza non posso esimermi dal celebrare la sua ultima opera cinematografica. Ogni suo lungometraggio fatto finora è stato un capolavoro per gli occhi, visivamente sublime. Il gioco di ombre e luci è una chiara firma della sua arte e potremmo definirlo un “caravaggesco” del motion picture. Sin da “The Witch” ha portato avanti questo suo magnifico gusto estetico, riproposto poi nell'incompreso dal pubblico “The Northman”. Ma in “Nosferatu” tutto questo esplode in uno straordinario incasellamento di scene in cui lo sguardo dello spettatore viene ammaliato e poi rapito dalla potenza di colori soffusi e ombre seducenti. Questo film, infatti, racconta la seduzione delle ombre; lo stesso antagonista rimane sempre un'ombra. Un'ossessione, come ammette. La fotografia fa lo stesso: diventa un'ossessione grandiosa per chi guarda (si veda la scena in cui Nicholas Hoult entra nella locanda, o quando c'è la prima apparizione in scena di Willem Dafoe). Poi geometrie, piani sequenza, dialoghi, movimenti di macchina... tutta l'opera oltre a essere un sincero ringraziamento per chi è venuto prima, da Herzog allo stesso Murnau, è un graffio di Eggers, o per meglio dire un morso, sull'arazzo della storia del cinema, entrando di diritto nel gotha dei registi. Allo stesso modo i temi trattati sono tanto originali quanto attuali. Il fatto che il “male nasca da dentro di noi” è una verità da cui l'essere umano non può fuggire; è nella sua natura. Così come la protagonista “chiama a sé” il vampiro per esorcizzare una vita fatta di oppressioni sociali/familiari e violenze, per sentirsi viva, utile, desiderata, presa in considerazione, allo stesso modo i “flagellanti” (come li chiama anche Tucker) hanno creato il mostro della pandemia avallando e applicando le tesi sconclusionate, false e raffazzonate della classe dirigente. Il bene crea il male, e quest'ultimo ricrea il bene come il meraviglioso finale della pellicola ci ricorda. Questa lotta infinita è solo l'accurata ricerca di un equilibrio filosofico e religioso che possa dare consapevolezza a chi brancola nel buio dell'esistenza terrena. Il fatto che poi la redenzione dell'umanità passi dalla figura femminile, in chiave cristica ed escatologica, è un tocco di sublime classe e per niente retorico così come impostato dal film. In conclusione, questa nuova opera di Eggers merita più di una visione al cinema e sicuramente, una volta storicizzato, entrerà di diritto nella lista dei capolavori della storia del cinema.

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di Jeffrey Tucker

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/nosferatu-e-il-suo-monito-per-lesperienza)

Il classico di Bram Stoker, Dracula (1892), fu scritto come un racconto moralizzatore sul peccato e le sue conseguenze. L'autore, un conservatore politico e religioso dei suoi tempi, non avrebbe mai potuto immaginare che il suo romanzo sarebbe diventato un best-seller, in gran parte grazie alle sue immagini lascive e alla trama terrificante che alimentava ogni ansia per la moralità, la scienza e la salute pubblica, per non parlare del fatto che avrebbe dato il via a un secolo e un quarto di film sui vampiri.

Fungeva anche da allegoria per un'altra preoccupazione dell'epoca: il problema delle malattie infettive, allora considerato riconducibile a un avvelenamento esogeno del sangue. La sanità pubblica nacque come istituzione nel mezzo secolo precedente quando venne identificato e poi risolto il problema del colera a Londra, che il famoso epidemiologo John Snow ricondusse all'acqua contaminata di una pompa su Broad Street.

Mantenere la pulizia nella mente, nel corpo e nello spirito: questa era la lezione di Dracula. Sicuramente ha funzionato. E fino a oggi quella stessa soluzione guida le misure di purificazione del XXI secolo. C'è una paura persistente di un pianeta microbico, come spiega Steve Templeton nel suo libro brillante.

Il panico della popolazione per il Covid ha dimostrato che nulla è cambiato. Le persone hanno spruzzato la posta e le borse della spesa per proteggersi da un virus che non vive sulle superfici, hanno indossato mascherine come simbolo di protezione e penitenza, e hanno fatto ricorso a una nuova iniezione non testata nonostante la consapevolezza diffusa che una cosa del genere non avrebbe potuto funzionare per sterilizzare nulla, tanto meno porre fine a una pandemia.

L'idea di un patogeno in libertà è stata anche proposta come un giudizio morale, come se gli dei stessero emettendo un verdetto di colpevolezza sull'ascesa del nazionalismo populista negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Bisognava disinfettare le superfici e filtrare l'aria, letteralmente e metaforicamente, per ripulire sia il regno microbico che quello politico. Lo sforzo di ripulire la piazza pubblica dai deplorevoli ha portato a una distruzione insondabile.

Questo periodo ha anche rivelato enormi differenze di classe nel modo in cui le persone hanno risposto alle malattie infettive. Coloro che potevano lavorare da casa l'hanno fatto senza indugi e alimentavano anche la narrativa terrorista (finché i flussi di denaro continuavano a scorrere), spingendo tutti gli altri a lavorare come se niente stesse accadendo (es. supermercati) e usandoli come cavie per costruire l'immunità di gregge. In seguito sono stati costretti a essere i primi della fila a provare la presunta cura tramite iniezione.

Tutto ciò ci porta all'incredibile brillantezza del nuovo film Nosferatu di Robert Eggers, un remake del film di Murnau del 1922. La trama è molto simile al Dracula originale di Bram Stoker, modificato solo per gestire possibili rivendicazioni di copyright che in ogni caso sarebbero arrivate più tardi. Ma sono stati aggiunti anche alcuni colpi di scena, tra cui l'esistenza della peste portata dalla figura del demone stesso. La piccola città tedesca viene invasa da una morte sinistra e gli scienziati di quell'epoca escludono una spiegazione che si confronti con l'occulto.

In questo modo il nuovo film può essere visto come una critica implicita dello scientismo che ha dominato dal 2020 al 2023, e anche di gran parte dell'era moderna e postmoderna. Nel libro e in tutti i film la disperazione di dover affrontare il problema spinge le persone a contattare un famoso scienziato che ha perso il suo posto universitario per il suo interesse in tradizioni spirituali apparentemente primitive. Nel libro è il dottor Abraham Van Helsing; nei film associati a Nosferatu, è il dottor Albin Eberhart Von Franz. Erano la stessa persona, il saggio dissidente istruito secondo i vecchi metodi che ha la risposta ma che deve essere portato fuori dal suo esilio.

Le battute migliori nel nuovo film sono attribuite al dottor Von Franz, come sottolineato dallo storico Alexander Burns.

Just saw Robert Eggers' Nosferatu.

As a historian, more than any other director, I trust Eggers to capture the "vibes" of a historical setting, even a fantasy one like this.

From the standpoint of capturing the 1830s in Germany, this film is great.

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— Dr. Alexander Burns (@KKriegeBlog) December 28, 2024

“Ho visto cose in questo mondo che avrebbero fatto sì che Isaac Newton tornasse strisciando nel grembo di sua madre!”

“Non siamo stati illuminati bensì ACCECATI dalla luce gassosa della SCIENZA!”

“Ho lottato contro il diavolo come Giacobbe lottò contro l’angelo, e vi dico che se vogliamo domare l’oscurità dobbiamo prima accettare che essa esiste!”

Nel frattempo gli illuminati stregoni continuano a drogare la povera protagonista con l'etere, a costringerla a indossare il corsetto a letto, a legarla al letto e a praticarle salassi incessantemente, come se a un certo punto quel veleno che la affligge dovesse gocciolarle fuori. La cura non è solo peggiore della malattia; allora come oggi la cura diventa la malattia.

Nel frattempo i contadini della Transilvania sanno bene come affrontare il mostro nel castello sulla collina: dispensano preghiere, crocifissi, aglio e periodiche cacce con paletti di legno per allontanare e uccidere il male, al fine di proteggere sé stessi e le loro comunità.

Solo Von Franz capisce il senso di tutta questa superstizione ed è consapevole che in ultima analisi è più efficace di qualsiasi panacea inventata in nome della scienza.

L'importanza religiosa e le tematiche del panico da malattia infettiva sono impossibili da evitare. Possono assumere forme diverse, com'è successo di recente con i rituali assurdi riguardanti la distanza di sei piedi, l'indossare la mascherina mentre si camminava e l'indossarla quando si era seduti, il divieto di cantare e andare sullo skateboard e il fingere di sapere esattamente dove si trovasse il cattivo patogeno (a volte dentro e a volte fuori; solo gli esperti lo sapevano per certo).

Questi rituali inventati ci sono stati rifilati in nome della scienza, ma c'era anche una distinta casta parascientifica nella sociologia di questa pandemia. Persone vestite con larghi abiti di lana e stracci trasandati in ricreazioni simboliche dei flagellanti, come ho sottolineato molte volte. Tutto ciò che era considerato divertente o celebrativo era ovviamente vietato, poiché la baldoria è esteticamente incoerente con il bisogno della comunità di espiare il peccato.

Coloro che si rifiutavano di seguire la mania della massa, evitando di mascherarsi e di iniettarsi pozioni, venivano additati come capri espiatori e causa della sofferenza altrui. Praticamente s'era dato forma al neologismo “freedumb”. Perfino il presidente degli Stati Uniti ha augurato loro del male, prevedendo con entusiasmo un inverno di sofferenza e morte.

Tra le persone, i più laici erano quelli più favorevoli ai controlli anti-Covid, mentre i primi a dissentire come comunità appartenevano a sette di credenti non tradizionali, tra cui ebrei ortodossi, cattolici, mormoni, Amish e mennoniti, mentre le sezioni del Paese dominate dagli evangelici erano le successive a dubitare.

Le classi d'élite laiche altamente istruite hanno continuato ad aggrapparsi alla religione del dispotismo sanitario, ben oltre la sua attuale rilevanza, arrivando persino a sacrificare i propri figli al dio Fauci e al suo magico olio di serpente.

La fede dei secoli s'è dimostrata una guida migliore della classe degli esperti, la cui cecità ha prolungato e peggiorato il problema. Dopo tutto, i dottori nelle storie di fantasia di Dracula e Nosferatu usano lo stesso metodo del mostro: prosciugare il sangue degli afflitti. Lo studioso mistico sa e fa il contrario: “E ora, facciamo il nostro lavoro. Dobbiamo piantargli un paletto nel cuore. Questo è l'unico modo”.

Il terrore dell'infezione e l'impiego della scienza per scongiurarla sono ancora con noi, così come il percorso psicologico attraverso cui l'essere umano moderno affronta la sua paura della morte. Né Dracula, né Nosferatu sono stati creati in un laboratorio e quest'ultimo non ha aiutato nessuno nella loro sconfitta finale. Le sovrapposizioni e i parallelismi della storia di fantasia servono come un potente modello metaforico per comprendere la mania che si può sviluppare intorno alle malattie infettive, cosa che abbiamo vissuto tutti di recente.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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