La tortura delle statistiche ufficiali
Da quando ho iniziato a scrivere di statistiche economiche ufficiali sono stato inondato da una serie di lettere divertenti da parte di contabili in attività e in pensione. Sono entusiasti che io abbia affrontato l'argomento e abbia aggiunto vari spunti di riflessione. Uno di loro mi ha presentato un altro aspetto, uno a cui non avevo ancora pensato, e riguarda l'incapacità di calcolo degli stessi dipendenti: mancano dell'intuizione di base per vedere dove i loro numeri non hanno senso.
Il mio corrispondente incolpa la tecnologia: quando matematici e studenti usavano i regoli calcolatori, dovevano mantenere la calma, dedurre i numeri più grandi dalle cifre più piccole e avere la capacità di manipolare i punti decimali in modo da mantenerli coerenti. Un senso dei numeri era sempre presente per testare i risultati rispetto alla razionalità di base.
Tutto questo è finito da quando è arrivata la calcolatrice e il cervello umano non ha dovuto più fare questo lavoro, distruggendo l'abilità intuitiva che era necessaria in passato. Avendo vissuto questa transizione, so esattamente cosa intende. Un giorno le persone capivano la logica dei numeri; il giorno dopo questa abilità non era più richiesta.
Poi è arrivato il computer e non c'è stata più partita. Ora le persone si limitano a usare gli strumenti senza pensare e non hanno idea di cosa fare se si ritrovano per le mani le risposte sbagliate, soprattutto se l'operatore se ne accorge. Il mio corrispondente presume che la maggior parte dei raccoglitori di dati nell'apparato statale ora svolga lavori di routine, proprio come coloro che segnalano i dati.
Tutti operano all'interno di un sistema ed esso stesso potrebbe essere considerato rotto, ma nessuno ha l'incentivo di ripararlo. Continua ad andare avanti così com'è perché nessuno in particolare è ritenuto responsabile. Ecco perché le cifre del prodotto interno lordo (PIL) non sono fissate per azzerare la spesa pubblica, anche se ci siamo resi conto molto tempo fa che la spesa pubblica non apporta alcun contributo netto alla produzione. Ed è lo stesso con molte caratteristiche dell'indice di inflazione dei prezzi e dei dati sull'occupazione. Tutti sanno della sottostima e della sovrastima, ma nessuno è incaricato di risolvere il problema quindi non viene mai risolto.
Non è certo un problema nuovo. Questa questione ha tormentato la raccolta dati ufficiali per molto tempo.
Una breve storia su un economista pioniere: si chiamava G. Warren Nutter delle Università di Chicago e Virginia. Aveva la sensazione che i dati economici dell'Unione Sovietica fossero sospetti, così fece un'analisi approfondita. All'epoca, negli anni '50 e '60, la maggior parte degli economisti prevedeva che il PIL sovietico avrebbe presto superato quello degli Stati Uniti. Trassero questa conclusione sulla base di dati e regole di crescita esistenti, usando un righello per vedere dove sarebbero andate le cose in cinque o dieci anni.
Nutter aveva seri dubbi e offrì cifre riviste, concludendo che ci fu una crescita reale e sbalorditiva dal 1925 alla seconda guerra mondiale, dove risorse umane e naturali vennero impiegate in massa, poi iniziarono i problemi. L'economia non si riprese mai e l'inganno sui dati iniziò a sostituire la verità e l'onestà. Il sistema iniziò a generare numeri falsi. Concluse che gli Stati Uniti erano molto più avanti nella crescita economica e che i sovietici stavano andando nella direzione sbagliata.
Stiamo parlando del 1962. La maggior parte degli economisti respinse il suo pensiero, ma si dimostrò corretto dopo la fine della Guerra Fredda. Invece di poderosi crolli industriali, ciò che vedevamo era un'illusione decrepita dove tutto era rotto e arrugginito, un posto dove niente funzionava, una terra di privazioni, mercati neri, bugie e rovina economica generale. La realtà era persino peggiore di qualsiasi cosa Nutter avrebbe potuto immaginare.
Tenete presente che era un outsider. Le previsioni secondo cui l'Unione Sovietica avrebbe superato gli Stati Uniti erano presenti in ogni libro di testo mainstream (lo ricordo da quello che ho usato per la prima volta) e questo pensiero è rimasto dominante fino al 1988 o giù di lì. Per questo motivo l'economia mainstream ha sminuito il lavoro di Nutter, senza mai prenderlo sul serio e liquidandolo come opera di un eccentrico.
Dimostrò di avere ragione su ogni punto, ma ovviamente non gli viene ancora dato alcun merito.
Ci ho pensato spesso, perché mi sono chiesto fino a che punto gli Stati Uniti oggi potrebbero essere soggetti ad alcune forze simili. In fin dei conti è il lavoro delle burocrazie: generare la risposta che i politici vogliono. E più il sistema è complesso, meno controlli ci sono, cosa che genera risultati di cui nessuno in particolare è responsabile.
Se è potuto accadere lì, perché non qui? Così ho tirato fuori il vecchio libro di Nutter e l'ho riletto. Non sono rimasto deluso. Ecco un passaggio da condividere:
Si possono trovare difetti nelle statistiche economiche di ogni Paese. Esse rappresentano un piccolo campione del volume illimitato di dati che potrebbero essere registrati. Sono state raccolte con obiettivi specifici in mente e saranno quindi di una certa utilità a seconda degli scopi per cui sono destinate. Contengono errori introdotti in diverse fasi di osservazione e assemblaggio. Dipenderanno dallo stato di alfabetizzazione statistica tra i raccoglitori e i fornitori di dati, dallo sforzo profuso nella tenuta dei registri e dal grado di competizione nella raccolta e nell'analisi dei dati. Sono, infine, soggette a manipolazione e distorsione da parte delle parti interessate, controllate solo nella misura in cui vi siano ricercatori indipendenti con interessi concorrenti. Nessuno stato o altra agenzia statistica può considerarsi immune alla tentazione di estendere le cifre a proprio vantaggio se ritiene di poterla fare franca.Quest'ultima frase mi ha molto colpito. Ovviamente l'amministrazione Biden ha avuto un incentivo estremamente forte a generare dati di bell'aspetto. Sappiamo da tempo che i risultati contraddicono tutte le fonti alternative: possiamo vedere i prezzi dei generi alimentari e sappiamo per certo che sono aumentati di oltre il 20% in quattro anni, e lo stesso vale per l'edilizia abitativa, l'assicurazione e le prestazioni sanitarie. In molti casi il settore privato sta generando risultati che sono il doppio di quelli riportati.
Sappiamo per certo che i dati sui posti di lavoro non tornano, e così via.
Chi ha l'incentivo a correggere la segnalazione dei dati? Nessuno. Chi ha l'incentivo a modificare la raccolta, assemblaggio e distribuzione in modi che facciano apparire i risultati migliori di quanto non siano? Il governo in carica. Sappiamo per certo che questa consuetudine è andata avanti per molti decenni nell'Unione Sovietica; sappiamo che succede in Cina ora, semmai riuscissimo a ottenere dati da lì; e sappiamo che succede in ogni Paese latinoamericano, più la Corea del Nord e probabilmente la Russia in questo momento.
Perché non gli Stati Uniti? Ovviamente succede anche qui e probabilmente va avanti da molto tempo. Sono abbastanza certo a questo punto che una contabilità realistica degli ultimi quattro anni non mostrerà alcuna ripresa in termini reali da marzo 2020 a oggi. Ma quando arriveranno le revisioni? Molto probabilmente mai.
Come recita quel vecchio adagio? I dati possono essere torturati finché non confessano. So per esperienza personale che questo accade in ogni scienza all'interno del mondo accademico, ogni giorno, tutto nell'interesse di riempire i curricula. Perché non dovrebbe accadere nelle agenzie governative? Ovviamente accade. Con il grande G. Warren Nutter come nostra guida, facciamo bene a essere scettici, non importa quanto sia ufficiale o apparentemente credibile la fonte.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Creare lavori e migliorare le vite: il ritorno della manifattura statunitense
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Nel cuore di Riviera Beach, Florida, un'azienda chiamata K12 Print sta ridefinendo il significato di fare impresa in America. Non si tratta solo di profitti e produttività per John DiDonato, amministratore delegato e fondatore. Sebbene il successo finanziario faccia parte dell'equazione, la sua missione è quella di aiutare a far rivivere un pilastro fondamentale dell'economia americana: la manifattura. La visione di DiDonato per K12 Print è radicata nella convinzione che la manifattura possa essere un catalizzatore per il cambiamento, non solo per l'azienda, ma per il Paese e le sue comunità.
C'è un dibattito in corso sul cosiddetto onshoring, specialmente in seguito alla crisi sanitaria, da quando la supply chain globale è stata interrotta. Le aziende lo stanno prendendo in considerazione, ma non vedono la strada da seguire; K12 Print la conosce e la segue investendo nel capitale umano.
“Non si dovrebbe trascurare una zona imprenditoriale”, consiglia DiDonato, “per i benefici fiscali che si potrebbero trovare, ma soprattutto per la comunità, una affamata di opportunità”.
Aprire un'attività in una zona industriale non è stata solo una decisione aziendale per DiDonato, è stata una mossa strategica per dare nuova vita alla produzione americana e, per estensione, alla comunità locale di Riviera Beach. Ha visto il potenziale nell'istituire una base manifatturiera dove era più necessaria, offrendo lavoro e formazione ai residenti e rivitalizzando l'economia locale.
“Pensavo che, crescendo, l'azienda avrebbe potuto cambiare la città”.
Per DiDonato il declino della produzione manifatturiera americana non è solo un problema economico, è un problema sociale. Crede che la delocalizzazione dei lavori manifatturieri abbia eroso le fondamenta della classe media americana e limitato le opportunità per molti giovani, in particolare quelli nei centri urbani. Secondo DiDonato la produzione manifatturiera è fondamentale per creare ricchezza e mantenere un'economia sana.
“La produzione manifatturiera è l'unica cosa che crea ricchezza. Per avere un'economia sana, c'è bisogno di una solida base manifatturiera. Abbiamo esternalizzato talmente tanto la nostra che sta influenzando l'economia in generale e le opportunità disponibili per i giovani, specialmente nei centri urbani”.
DiDonato indica Paesi come la Cina che si sono concentrati molto sulle competenze manifatturiere e commerciali, con conseguente rapida crescita economica e opportunità di lavoro. Gli Stati Uniti, d'altro canto, hanno assistito a un declino nel loro settore manifatturiero. Secondo l'US Joint Economic Committee da gennaio 2000 gli Stati Uniti hanno perso oltre un quarto di tutti i posti di lavoro manifatturieri nazionali, un calo di oltre 4,7 milioni. DiDonato ritiene che questo sia un fattore importante nelle sfide economiche affrontate da molte comunità americane oggi.
“Quando ero giovane ho imparato a fare le cose realizzandole. Non è qualcosa che si può insegnare in classe. Se continuiamo a delocalizzare la nostra produzione, non solo i posti di lavoro se ne vanno, ma anche la tecnologia e l'innovazione. Dobbiamo riportare la produzione in America in modo che i nostri figli possano essere in prima linea nel creare e costruire cose nuove”.
La filosofia aziendale di K12 Print è radicata nella passione per la redenzione e nella consapevolezza che gli errori fanno parte della vita. Il comproprietario di DiDonato, Jim Wahlberg, ha sentito su di sé gli effetti della redenzione e cerca modi per offrire la stessa esperienza agli altri: “Siamo tutti soggetti alla redenzione. Ci vogliono amore, misericordia e determinazione per fare tutto il necessario e continuare ad andare avanti”.
“Ci sono circostanze negative, ma non ci sono cattivi. La maggior parte dei nostri figli in America ha solo bisogno di un'opportunità”, ha detto DiDonato.
Ritiene inoltre che ci sia un posto prezioso per le competenze pratiche nell'economia moderna. Mentre le aziende in tutto il Paese hanno lottato per riempire i posti vacanti, K12 Print ha trovato il successo pensando fuori dagli schemi: la chiave sta nell'offrire una formazione pratica che prepari i dipendenti alle esigenze del lavoro manifatturiero, indipendentemente dal loro background educativo.
Questo approccio si estende anche a quelle persone con precedenti penali. DiDonato crede nel dare alle persone che hanno scontato la loro pena una seconda possibilità e ricostruire le loro vite. Non crede che le conseguenze degli errori passati debbano perseguitare qualcuno per sempre, a patto che sia disposto a lavorare sodo e a cogliere le opportunità che gli vengono date.
Angel Peña, dipendente di lunga data di K12 Print, è una testimonianza di questa filosofia. Per Peña, K12 Print è stato più di un semplice lavoro: è stata una seconda possibilità di vita. “Ero un ragazzino testardo, sono cresciuto nel sistema di affidamento e ho preso decisioni sbagliate. Molte persone mi hanno chiuso le porte, perché ero un criminale. K12 Print invece mi ha guardato come si guarda una persona qualsiasi, non solo come il mio passato. Mi hanno dato speranza e un futuro”.
Ci sono molti modi per investire nella comunità e K12 Print ritiene che l'investimento debba andare oltre l'attuale forza lavoro. Si impegna a rompere il ciclo della povertà investendo nei giovani svantaggiati. DiDonato prende una parte dei profitti dell'azienda e li reindirizza in iniziative locali, come il Boys and Girls Club, fornendo risorse di trasporto e tecnologia per aiutare i giovani della comunità. Questo investimento fa parte della sua strategia più ampia per creare un ambiente più inclusivo e di supporto per le generazioni future.
“Investendo nuovamente nella comunità, non stiamo solo aiutando le singole persone; stiamo aiutando a costruire una società più pacifica e di maggior successo. Se riusciamo a raggiungere più dirigenti che arrivano a pensarla come noi, allora potremo davvero fare la differenza. È importante che i nostri leader capiscano che i giovani, specialmente quelli nei centri urbani, non sono cattivi, hanno solo bisogno di opportunità e di persone a cui importa di loro”.
La visione di DiDonato per K12 Print è di speranza e azione pratica. Avviando la sua attività a Riviera Beach e concentrandosi sui talenti locali, non sta solo facendo funzionare le cose in America, ma le sta rendendo importanti. Questo è ciò che significa Made in America.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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I cambiamenti nella curva dei rendimenti offrono segnali agli azionisti — Parte #1
Il livello dei rendimenti dei titoli del Tesoro USA e la relativa forma mutevole della curva dei rendimenti forniscono agli investitori un feedback importante in merito alle aspettative del mercato per quanto riguarda crescita economica, inflazione e politica monetaria. Di recente i rendimenti a breve e lungo termine sono scesi, con le scadenze a breve termine in testa. I cambiamenti determinano quello che i trader obbligazionari chiamano uno spostamento della curva dei rendimenti in bull steepening. Lo spostamento è dovuto all'indebolimento delle condizioni economiche, alla moderazione dell'inflazione e alla crescente probabilità che la FED continui ad abbassare i tassi.
La curva dei rendimenti è un indicatore essenziale che gli investitori obbligazionari seguono attentamente, mentre invece molti investitori azionari non la seguono nonostante l'importanza dei rendimenti obbligazionari rispetto a quelli azionari. In questa serie in due parti iniziamo con una discussione introduttiva sui quattro tipi di spostamenti della curva dei rendimenti e su cosa comportano da una prospettiva economica e di inflazione.
Nella seconda parte forniremo una prospettiva quantitativa su cosa potrebbe significare un continuo rialzo dei prezzi per i rendimenti dei principali indici azionari, insieme a vari settori e fattori.
Cronologia della curva dei rendimenti
Il grafico qui sotto riporta i rendimenti del decennale e del biennale statunitensi e la differenza tra i due titoli. Quest'ultima è chiamata differenziale 10/2 anni. Come avrete notato, la curva dei rendimenti ha un andamento ripetitivo che è correlato al ciclo economico.
In genere la curva dei rendimenti si inclina rapidamente verso l'alto (la differenza tra i rendimenti a 10 anni e a 2 anni aumenta) dopo una recessione. Durante la maggior parte delle espansioni economiche la curva si appiattisce (la differenza diminuisce). La curva dei rendimenti spesso si inverte (il rendimento a 10 anni è inferiore a quello a 2 anni) verso la fine dell'espansione.
Uno degli indicatori di recessione più accurati si verifica quando una curva dei rendimenti invertita si inclina, riportandola in territorio positivo. Infine la curva dei rendimenti sale rapidamente quando la FED abbassa i tassi per stimolare l'attività economica e combattere una recessione.
Il nascente Bull steepening
Il recente indebolimento riguardo dati sul lavoro e attività economica, insieme alla moderazione dell'inflazione, hanno convinto i mercati che la FED intraprenderà una serie di tagli dei tassi a partire da settembre. Inoltre Jerome Powell ha praticamente dato loro il via libera, stando al suo discorso a Jackson Hole: “È giunto il momento che la politica si adegui. La direzione di marcia è chiara e i tempi e il ritmo dei tagli dei tassi dipenderanno dai dati in entrata, dalle prospettive in evoluzione e dall'equilibrio dei rischi”.
I rendimenti obbligazionari sono in calo, con quelli a breve termine che sono scesi di più. È difficile vederlo nel grafico sopra, ma il recente rally nel mercato obbligazionario ha causato la salita della curva dei rendimenti (azzurro chiaro) da -46 punti base a metà giugno a -1 oggi. Ora è sul punto di uscita dall'inversione e di conseguenza vicina a inviare un avviso di recessione.
Questo tipo di movimento nei rendimenti obbligazionari a lungo e breve termine è comunemente definito bull steepening. Le parole bull o bullish si riferiscono al fatto che i rendimenti obbligazionari stanno calando e, di conseguenza, i prezzi delle obbligazioni stanno salendo. Steepening si riferisce alla forma della curva dei rendimenti, in inclinazione verso l'alto, sebbene sia ancora negativa.
Nella seconda parte di questa serie valuteremo i precedenti cicli di bull steepening e quantificheremo cosa hanno significato per i rendimenti azionari. Tuttavia, per familiarizzarvi meglio con le curve dei rendimenti, vale la pena discutere i quattro principali tipi di spostamenti della curva dei rendimenti e cosa spesso presagiscono.
Bull steepening
Un bull o bullish steepening si verifica quando tutti i rendimenti scendono, ma le scadenze più brevi scendono più di quelle più a lungo termine. Nel nostro esempio ipotetico di seguito, il biennale scende dal 3,35% all'1,50%, mentre i decennali scendono dal 3,80% al 2,80%. Di conseguenza la curva dei rendimenti si inclina dello 0,85%.
Nella maggior parte dei casi un bull steepening trade deriva da trader che prevedono una politica monetaria più accomodante a causa di una pronunciata debolezza economica e di una crescente probabilità di recessione. Dato che le obbligazioni a scadenza più breve sono più correlate al tasso di riferimento della banca centrale rispetto alle obbligazioni a scadenza più lunga, ha senso che scendano più rapidamente quando emergono tali aspettative.
Il recente bull steepening è stato da manuale. Il tasso di disoccupazione è salito dal 3,7% al 4,3% quest'anno e, in generale, molti indicatori economici indicano una crescita più lenta. Inoltre l'inflazione sembra essere di nuovo in calo, dando alla FED maggiore sicurezza nell'abbassare i tassi. Powell a Jackson Hole: “Sono sempre più convinto che l'inflazione sia sulla strada giusta per tornare al 2%”.
Bear steepening
Come suggerisce il nome bear steepening, i rendimenti per le scadenze a breve e lungo termine salgono, con questi ultimi, però, che salgono più dei primi. Nel grafico qui sotto il rendimento del titolo obbligazionario a due anni aumenta dal 3,35% al 4,10% e quello a dieci anni sale dal 3,80% al 5,10%. Il risultato è uno spostamento verso l'alto della curva dei rendimenti dallo 0,45% all'1,00%.
Nel 2020 e nel 2021 la curva dei rendimenti si è spostata in questo modo. All'epoca la FED ha abbassato i tassi a zero e ha fatto enormi QE. I rendimenti obbligazionari hanno iniziato a salire in previsione di una ripresa dell'attività economica e delle crescenti preoccupazioni inflazionistiche dovute a massicci stimoli fiscali e monetari. I rendimenti a breve termine non si sono mossi quanto quelli a lungo termine. Ciò è accaduto perché la FED si è impegnata a mantenere il tasso di riferimento molto basso per combattere la crisi sanitaria.
Verso la fine del 2023 il bear steepening si è ripresentato poiché l'economia ha continuato a correre al di sopra del suo ritmo naturale nonostante il tasso di riferimento al 5%. I tassi d'interesse più alti non stavano influenzando l'economia e l'inflazione aveva smesso di scendere. Il mercato ha pensato che la FED avrebbe dovuto rialzare ulteriormente i tassi. Tuttavia la domanda di investimenti nel mercato monetario era insaziabile a causa dei grossi saldi di cassa e del mercato monetario, cosa ha contribuito a tenere sotto controllo i tassi a breve termine. All'estremità destra della curva gli investitori sono stati costretti ad assorbire una sostanziale emissione di debito del Tesoro statunitense, di conseguenza hanno richiesto un rendimento extra. Questo è definito un premio a termine crescente.
Bull flattening
Un bull flattening comporta un calo dei rendimenti obbligazionari a breve e lungo termine, con questi ultimi che scendono di più. Il grafico qui sotto mostra i rendimenti a due anni in calo dello 0,70% e i rendimenti a dieci anni in calo dell'1,00%. Il risultato è un appiattimento della curva dello 0,30%.
I bull flattening tendono a essere il risultato di un relativo ottimismo economico. Il mercato è incoraggiato perché è probabile che l'inflazione scenda, ma non è eccessivamente preoccupato che un'inflazione più bassa sia dovuta a una domanda in calo. Pertanto gli investitori non si aspettano molto per quanto riguarda i tagli dei tassi da parte della FED.
Al contrario il mercato potrebbe essere preoccupato per l'economia, ma se il tasso di riferimento è a zero o quasi, non c'è spazio affinché la parte sinistra della curva dei rendimenti scenda. Il 2016 è un buon esempio. Il tasso di riferimento della FED era già a zero e l'economia si stava indebolendo, con l'inflazione che rimaneva al di sotto dell'obiettivo al 2%. Le obbligazioni a lungo termine si sono mosse al ribasso insieme all'inflazione e alle prospettive economiche, ma le obbligazioni a breve termine sono rimaste bloccate dato che la FED che non voleva abbassare i tassi al di sotto dello zero.
Il grafico qui sotto, per gentile concessione di Deutsche Bank, mostra che il valore in dollari delle obbligazioni globali a rendimento negativo era aumentato notevolmente nel 2016. Nonostante le tendenze internazionali, i rendimenti statunitensi sono rimasti ampiamente sopra lo zero percento.
Bear flattening
In un bear-flattening i rendimenti salgono lungo tutta la curva, con le scadenze più brevi che salgono di più. Il biennale sale dal 3,35% al 4,40% nel grafico qui sotto; il decennale sale dal 3,80% al 4,20%. Nel processo la curva si appiattisce e si inverte dallo 0,45% allo -0,20%.
Riepilogo
Ora è giunto il momento di concentrarsi sullo spostamento in atto della curva dei rendimenti.
Cosa potrebbe significare un bull steepening per vari indici azionari, settori e fattori?
Ecco un suggerimento: il mercato azionario sembra amare l'idea che la FED abbassi i tassi, ma quando accade il risultato non è spesso amichevole per gli investitori azionari.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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???? Qui il link alla Seconda Parte:
Bitcoin e l'enigma energetico del futuro
di Mike Hobart
Se il commercio è considerato la linfa vitale di un'economia, allora sicuramente l'energia è l'essenza della vita stessa. Senza energia il commercio non ha fondamenta su cui reggersi. Ciononostante alcuni sembrano intenzionati a diminuire la capacità del mondo di generare questa stessa essenza vitale, mentre altri si stanno svegliando e affrontando la cosa.
Tante grazie ai criteri ESG per i guai scatenati
Il 7 agosto dell'anno scorso l'agenzia di rating S&P Global ha annunciato che non avrebbe più utilizzato i criteri ESG per determinare la qualità del credito delle società quotate. Un portavoce di S&P Global ha anche affermato (citato da Bloomberg) che la loro decisione di “non fare più affidamento sui criteri ESG nei rating del credito” non influirà sulle filosofie dell'azienda verso gli obiettivi ESG, o sul modo in cui l'organizzazione valuta l'affidabilità creditizia di un'azienda.
Tutto questo è avvenuto dopo anni di campagne di pubbliche relazioni contro petrolio e gas, con sforzi concertati per tentare di ostacolarne le operazioni di produzione e lavorazione. Solo il tempo ci dirà a cosa porterà questa svolta nei confronti dei criteri ESG e della mania per le emissioni e il loro impatto sul cambiamento climatico.
C'è una cosa che non posso fare a meno di dirvi...
È incredibile quanto non si possa non vedere l'irrazionalità di una cosa, ignorando dati e logica, finché il fallimento e i guai non ci guardano in faccia. Se c'è un lato positivo in tutta questa storia è che ci stiamo ancora aggrappando alla nostra umanità. Questa capacità di fare errori grossolani, che producono conseguenze disastrose, dimostra che (almeno finora) non ci siamo ancora trasformati in cyborg.
Ora non solo dobbiamo annullare tutti i danni che sono stati inflitti al petrolio e al gas nella discussione pubblica, ma dobbiamo anche spiegare quanto siano importanti gli idrocarburi per la produzione di energie rinnovabili e perché una carenza di oro nero è un male per tutti e ha impatti significativi su tutte le forme di energia.
Acque agitate per petrolio e nucleare
Ciò che davvero conferma questo punto è la relazione di Goehring & Rozencwajg del 31 maggio 2023. La produzione di petrolio convenzionale non-OPEC è notevolmente diminuita, mentre la produzione non convenzionale non-OPEC (che sostanzialmente significa US Shale) si è bloccata. Il problema è che, secondo Goehring & Rozencwajg, il bacino del Permiano ha rappresentato il 75% di tutta la crescita dell'offerta non convenzionale sin dal 2016: dei 7,4 milioni di barili al giorno il Permiano ne ha forniti 5,4.
“Beh, Mike, questo vale solo per la produzione non-OPEC. Stai facendo sembrare che sia tutto un disastro, ci sono ancora i produttori OPEC”. Sì, avete ragione. Tuttavia Goehring & Rozencwajg sono dell'opinione che la produzione OPEC sia diventata negativa, un'opinione che ho sentito da più fonti diverse e che condivido (prendetela con le pinze). Questo ci fornisce due motivi per essere preoccupati riguardo i numeri della produzione:
- Se la maggior parte della crescita dell'offerta globale è dovuta all'espansione nel Permiano, e ora è passata, ciò suggerisce che domanda e offerta continueranno a invertirsi. Come spiegano Goehring & Rozencwajg, si prevedeva che la domanda di petrolio sarebbe diminuita dopo il 2019 e invece è tornata a ruggire con violenza. E questa non è solo una situazione di “ritorno alla normalità”, la domanda continua a espandersi e ciò significa che i prezzi dell'energia dovrebbero esplodere in uno scenario del genere, portandosi dietro anche i costi di tutto il resto. Ergo: il ritorno dell'inflazione. Preparatevi.
- Se la crescita dell'offerta si blocca solo sul lato non-OPEC dell'equazione, ciò metterà l'America in una situazione non proprio simpatica. La nostra produzione di petrolio ci ha dato autosufficienza e se non fossimo più in grado di ampliare l'accesso alla nostra fornitura di petrolio, ciò ci azzopperebbe come nazione. E se capite qualcosa di politica (e commercio) ogni vantaggio a vostra disposizione è cruciale quando le cose arrivano al tavolo delle trattative. Per fortuna gli Stati Uniti hanno ancora bacini su cui appoggiarsi tra California, Alaska, Louisiana, ecc. Tuttavia questi sono molto più piccoli di quelli in Texas e tutti insieme suggeriscono, secondo i miei calcoli approssimativi, circa 20-25 miliardi di barili di produzione potenziale.
Questa considerazioni hanno implicazioni su tutto, ma non solo sui prezzi di beni come il cibo o la benzina alla pompa, anche sull'espansione di tutte le fonti energetiche, sia rinnovabili che di idrocarburi. I pannelli solari e le turbine eoliche richiedono input di idrocarburi, per non parlare delle loro batterie. Lo stesso vale per la produzione di infrastrutture di trasmissione, ovvero ciò che porta l'elettricità alle nostre case e alle nostre aziende. Ciò complica ulteriormente il dibattito sulla diversificazione delle fonti energetiche, poiché l'eolico e il solare hanno un problema: producono le loro maggiori quantità di energia al di fuori della finestra di picco della domanda. Questa domanda in genere si riversa tra le 14:00 e le 20:00, quando le famiglie e gli individui tornano a casa a fine giornata e accendono i sistemi di aria condizionata centralizzati, le TV, i computer, i dispositivi di ricarica, i videogiochi e vari elettrodomestici.
Anche il nucleare non esce da questa conversazione senza subire qualche colpo. I reattori richiedono un investimento iniziale significativo, non solo in capitale ma anche in terra e acqua. Sebbene i reattori possano non richiedere quasi la stessa quantità di spazio delle loro controparti solari ed eoliche, è comunque preferibile costruirli vicino a fonti d'acqua: la produzione di energia non deriva dalle radiazioni delle barre di combustibile stesse, ma le radiazioni riscaldano l'acqua e generano vapore, cosa che fa girare le pale delle turbine ed esse generano l'elettricità. Oh, e quell'acqua aiuta con la dissipazione del calore. Quindi sì, vorrete un lago o un fiume nelle vicinanze per quel reattore... e costruire un bacino artificiale è un'impresa che la maggior parte preferirebbe evitare.
Entra in scena il mining di Bitcoin
È qui che entra in gioco Bitcoin. I reattori nucleari possono essere limitati nella fattibilità del progetto, poiché le loro posizioni possono essere piuttosto distanti da comunità e città. Ciò significa che tali operazioni richiederebbero significativi investimenti nelle infrastrutture di trasmissione per “collegarsi” alla rete e fornire energia. Ciò significa anche che potrebbe volerci del tempo e che potrebbero essere investite molte centinaia di milioni di dollari prima che il progetto sia in grado di generare un ritorno, se l'ambiente ideale non è disponibile.
I miner di Bitcoin sono in una posizione unica per questa precisa situazione. Mentre un progetto di reattore è in attesa che l'infrastruttura di trasmissione sia completata e connessa, si potrebbe collaborare con i miner per “trasferire” e aumentare le loro operazioni fornendo una domanda praticamente immediata. Ancora meglio, la generazione nucleare è costante e la domanda di energia del mining di Bitcoin è costante, quando le operazioni sono gestite correttamente e le attrezzature sono sottoposte a manutenzione sono richiesti pochissimi tempi di inattività da entrambe le parti di questa equazione.
Ciò fornisce una via per una rapida monetizzazione dei progetti nucleari futuri. Le cose migliorano ancora di più quando la rete viene collegata direttamente a chi genera l'energia; i miner possono essere selezionati come partner che forniscono una domanda costante e fungono da bilanciatori di carico (come hanno fatto Riot e Marathon in Texas). I miner sono nell'effettivo mercenari della domanda di energia.
CleanSpark (CLSK) è un ottimo esempio del successo per un progetto nucleare già avviato che incorpora il mining di Bitcoin come potenziamento del servizio. Di recente il team di CLSK ha rilasciato una relazione sui guadagni, vantando grandi rendimenti sulla produzione dell'asset Bitcoin, e sul suo progetto di espansione che si tradurrà in un ampliamento del 77% dell'hashrate portandolo (prevedibilmente) a 16 EH/s.
Per coloro che non sono esperti nella terminologia del mining, “hashrate” si riferisce al numero di tentativi che una macchina per il mining esegue affinchè riesca a scoprire la soluzione necessaria per minare il blocco corrente. La stragrande maggioranza dei miner utilizza pool di mining, un servizio che consente a un numero qualsiasi di organizzazioni o individui di dedicare le proprie risorse (hashrate) per coordinare gli sforzi e minare il blocco successivo. Poiché questi servizi aggregano tanto hashrate e la probabilità di ricevere la “ricompensa” è maggiore rispetto al lavoro puramente individuale, tali pool funzionano dividendo i rendimenti in base alla % di lavoro svolto da ciascun partecipante. Si tratta di un flusso di reddito relativamente costante per i miner collegati a queste pool.
Un altro aspetto interessante dell'ultima conferenza stampa di CleanSpark sono stati i numeri riportati sui costi energetici totali, i quali ammontano a soli $0,041 kWh, ovvero una riduzione dell'11% rispetto al trimestre precedente. CLSK attribuisce questa riduzione dei costi alla sua “strategia di gestione attiva dell'energia”. Non so cosa potrebbe essere in termini tecnici, ma immagino che sia una strategia che bilancia il carico per le città in cui opera. Essa ridurrebbe il costo dell'energia non consumando durante le ore di punta della domanda, consentendo anche di ridurre i prezzi dell'energia per la comunità durante tali periodi.
CleanSpark è arrivata persino a migliorare ulteriormente la qualità della vita della comunità con cui ha stretto una partnership in Georgia. Matt Schultz, vice presidente di CleanSpark, ha detto che il budget di Washington, Georgia è aumentato da $16 milioni a $30 milioni basandosi esclusivamente sulle attività commerciali di CleanSpark.
Mining eolico e solare
C'è poco che si può dire in questo contesto. Queste fonti di energia sono in grado di trarre vantaggio dall'incorporazione del mining di Bitcoin in un modo molto simile al nucleare. La differenza è che, piuttosto che rispondere strettamente alla domanda, queste energie rinnovabili devono essere in grado di generare entrate al di fuori della finestra di picco della domanda. Quando la vostra finestra di picco della domanda non corrisponde a quella richiesta in generale, è necessario reperire strategie aggiuntive per generare entrate e coprire il delta. Il mining di Bitcoin copre questo delta e può andare offline in risposta a qualsiasi richiesta da parte della rete, consentendo alle operazioni eoliche e solari di continuare a generare entrate al di fuori della finestra di picco della domanda.
Conclusione
Dobbiamo affrontare i fatti qui: il mondo sta cambiando e ci stiamo dirigendo verso una serie di difficoltà e complicazioni che richiederanno un aggiornamento degli incentivi all'energia. Credo che il mining di Bitcoin ci possa aiutare in modi che cambieranno l'America e il mondo in meglio. Esso fornisce una strategia di monetizzazione per tutte le forme di generazione di energia, inclusi petrolio e gas. Non mi interessa se vi definite un “bitcoiner”, non mi sono mai interessato di tribalismo o dogmi. Ciò che mi interessa è il progresso sociale e la spinta verso un futuro di energia economica e abbondante.
È un mondo che mi è stato promesso da bambino ed è un mondo che merita di essere realizzato. Potrebbe non essere una soluzione “perfetta” ai vostri occhi, ma è una soluzione migliore rispetto a tutto ciò che viene offerto al momento.
Con questa strategia si genera più energia, si migliorano le condizioni del mondo e si fanno anche un po' di soldi nel frattempo.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.
La madre di tutte le bolle immobiliari
I dati sui prezzi delle case hanno gridato: “Ma quale raffreddamento dell'inflazione?” L'indice Case-Schiller di giugno ha raggiunto il massimo storico e è salito del +6,5% rispetto all'anno scorso, mentre il salario medio è aumentato di circa la metà, al +3,7% su base annua.
Tuttavia il periodo annuale fino a giugno è stato solo l'ultimo inning di una partita che i lavoratori dipendenti stanno perdendo da diversi decenni. Ciò è dovuto alle linee di politica della banca centrale che gonfiano gli asset a tassi molto più rapidi del prezzo dei salari, dei beni e dei servizi quotidiani.
I burocrati non sanno nemmeno quanto velocemente stiano aumentando i prezzi delle case, perché si rifiutano ostinatamente di dare credito ai dati del settore privato sui prezzi delle case residenziali. Ma come mostrato dalla linea viola nel grafico qui sotto, la quale raffigura l'indice Zillow dei prezzi delle case (che comprende residenze unifamiliari, condomini e cooperative), il prezzo medio negli Stati Uniti è aumentato da $124.000 a gennaio 2000 a $362.500 a luglio 2024.
Si tratta di un aumento del 194%. Durante lo stesso periodo di 24 anni, l'indice dei prezzi al consumo per gli immobili è aumentato solo del 110% e la versione del deflatore PCE dei prezzi degli immobili è aumentata ancora di meno. In breve, i prezzi delle case nel mondo reale sono aumentati di 2 volte il livello rappresentato dai “dati in entrata” per i quali sbavano gli idioti nell'Eccles Building.
Naturalmente a Wall Street diranno che in questo modo si mescolano le mele con le arance: prezzi degli asset contro costi dei servizi di affitto. Ma in un lasso di tempo di 24 anni non così tanto, questo perché a lungo termine gli affitti riflettono il valore attuale scontato dei flussi di reddito da locazione meno i costi operativi.
Di conseguenza il fatto che la linea blu (prezzo degli immobili nell'IPC) sia aumentata di appena la metà del prezzo dell'asset indicizzato da Zillow (linea viola) suggerisce che il BLS è all'opera coi suoi soliti magheggi: sosttostimare i prezzi del mondo reale.
Infatti l'indice OER (owners' equivalent rent) nell'IPC è a dir poco assurdo. Si basa su un sondaggio condotto su alcune migliaia di proprietari di case a cui viene chiesto a quanto affitterebbero il loro castello se, presumibilmente, decidessero di piantare una tenda sul marciapiede e diventare palazzinari.
Esiste un semplice test per dimostrare l'assurdità del bias riguardo allo sgonfiamento dell'inflazione dei prezzi: basta prendere il tasso dei mutui trentennali e l'indice Zillow negli ultimi 24 anni, supponendo un acquisto standard con un saldo immediato del 20% del costo della casa. I costi annuali del mutuo vengono quindi confrontati con il valore annuo del salario medio di un operaio (linea blu).
Poiché quest'ultimo è aumentato solo del 119% negli ultimi 24 anni, è evidente che la linea di politica pro-inflazione della banca centrale è tutt'altro che imparziale. Il salario medio annuo, l'indice Zillow Home e il tasso del mutuo trentennale a gennaio 2000 erano rispettivamente $124.000, $24.600 e 8,23%; a luglio 2024 questi valori erano rispettivamente $52.830, $363.000 e 6,78%.
Se si ipotizza un rapporto prestito/valore dell'80% in entrambi i casi, si ottiene quanto segue:
• Gennaio 2000: costo annuo del mutuo $2.990, pari al 12% dello stipendio medio annuo.
• Luglio 2024: costo annuo del mutuo $19.925, ovvero il 38% dello stipendio medio annuo.
Proprio così. La tanto decantata linea di politica pro-inflazione al 2,00% all'anno era un'illusione. Il proprietario medio si è visto consegnare la sua testa finanziaria in un cesto, poiché il costo degli interessi di un mutuo standard su una casa a prezzo medio è passato da un ottavo del suo stipendio lordo a quasi due quinti.
Indice Zillow dei prezzi delle case, salari medi e prezzi degli immobili nell'IPC, dal 2000 al 2024La presunta frizzantezza dell'economia americana, poi, raggiungerà presto un altro traguardo: $50.000 miliardi per quanto riguarda il valore di mercato degli immobili residenziali occupati dai proprietari. Al momento questa cifra (linea viola nel grafico qui sotto) è di $46.000 miliardi (primo trimestre 2024), quasi il doppio del suo livello pre-crisi ($24.000 miliardi) nel quarto trimestre 2006. È anche 8 volte il suo livello di quando Greenspan prese il timone della FED ($5.600 miliardi) nel secondo trimestre 1987 e un sorprendente 51 volte ($900 miliardi) di quando Nickson fece il suo annuncio a Camp David nell'agosto 1971.
Inutile dire che né i redditi delle famiglie, né l'economia statunitense nel suo complesso sono cresciuti a livelli simili. Ad esempio, il PIL nominale è aumentato di 24 volte dal secondo trimestre del 1971, ovvero meno della metà rispetto all'aumento dei valori immobiliari. Di conseguenza il valore delle abitazioni occupate dai proprietari rispetto al PIL è aumentato costantemente negli ultimi 50 anni.
Valore di mercato degli immobili occupati dai proprietari in % del PIL dal 1971:
• Secondo trimestre 1971: 79%
• Secondo trimestre 1987: 117%
• Quarto trimestre 2006: 172%
• Primo trimestre 2024: 175%
Valore di mercato degli immobili occupati dai proprietari e % del PIL, dal 1970 al 2024Ecco il punto: l'economia statunitense era decisamente sana nel 1971. Durante i 18 anni tra il 1953 e il 1971 il reddito familiare mediano reale è aumentato da $38.400 a $62.700, o di un robusto 2,8% annuo. Quindi il fatto che l'edilizia residenziale rappresentasse solo il 79% del PIL all'epoca non era indicativo di una grave carenza o di un malfunzionamento strutturale dell'economia statunitense.
Infatti quando si nota che il reddito familiare mediano reale è aumentato solo dello 0,8% annuo durante il più recente periodo di 18 anni, o solo del 29% rispetto al tasso 1953-1971, si potrebbe concludere che sarebbe stato saggio lasciare le cose come stavano. Non solo l'economia di Main Street prosperava, ma lo stava facendo con tassi d'interesse onesti grazie alla linea di politica della FED che era vincolata dal gold exchange standard di Breton Woods e anche dalla filosofia del denaro sano/onesto che prevaleva nell'Eccles Building durante l'era di William McChesney Martin.
Come mostrato di seguito, il tasso di riferimento del decennale statunitense durante il lasso di tempo sopraccitato superava il tasso d'inflazione IPC di oltre 200 punti base, fatta eccezione per i brevi periodi di recessione. Tuttavia l'economia statunitense prosperava, gli standard di vita reali aumentavano costantemente e il mercato immobiliare residenziale era letteralmente in boom.
Rendimento aggiustato all'inflazione dei titoli del Tesoro USA a 10 anni, dal 1953 al 1971Il periodo successivo tra il 1971 e il 1987 fu scosso prima dall'inflazione a due cifre degli anni '70 e poi dai tassi d'interesse nominali brutalmente elevati che derivarono dalla Cura Volcker durante la prima metà degli anni '80. Ma nel 1986 l'inflazione al consumo era tornata sotto il 2% e si stava dirigendo ancora più in basso, aprendo così la strada alla normalizzazione dei tassi d'interesse in un'economia a bassa inflazione.
Ma il nuovo presidente della FED, Alan Greenspan, aveva altro in mente: l'idea che la “disinflazione” in contrapposizione alla non inflazione fosse un'opzione migliore per il governo federale e anche che la FED potesse migliorare la performance dell'economia di Main Street tramite quella che lui chiamava la dottrina del cosiddetto “effetto ricchezza”. Se la FED avesse mantenuto Wall Street felice e gli indici azionari in forte crescita, la maggiore ricchezza tra le famiglie avrebbe acceso gli spiriti animali capitalisti, alimentando così una maggiore spesa, investimenti, crescita, posti di lavoro e redditi.
Nonostante il messaggio opaco di Greenspan, quello che stava facendo in realtà equivaleva a una bufala monetaria. Iniziò un'era in cui i tassi d'interesse reali sarebbero stati spinti costantemente e artificialmente più in basso fino allo zero e al di sotto, sulla base della teoria che tassi ben al di sotto di quelli che sarebbero prevalsi in condizioni di domanda e offerta oneste avrebbero suscitato un livello maggiore di crescita economica e prosperità.
Naturalmente non è andata così, perché tassi d'interesse inferiori al mercato causano solo un accumulo di debito superiore alla norma sia nel settore pubblico che in quello privato, insieme a distorsioni economiche e investimenti improduttivi, speculazioni insostenibili a Wall Street e, nella migliore delle ipotesi, lo scambio di una maggiore attività economica oggi con una riduzione della stessa e un maggiore servizio del debito domani.
Il tasso del decennale statunitense aggiustato all'inflazione ha marciato in discesa per i successivi tre decenni, finendo in territorio fortemente negativo all'inizio degli anni 2020. Gli effetti negativi sono stati diffusi in tutta l'economia e in questo caso turbo-alimentati dalle profonde preferenze fiscali per i mutui immobiliari. Quindi l'afflusso di debito a basso costo nel mercato immobiliare residenziale è stato massiccio e sostenuto.
Non c'è mistero sul perché: la legge economica dice che quando si sovvenziona qualcosa in modo consistente, se ne ottiene di più. E i sussidi impliciti della FED raffigurati nel grafico qui sotto erano davvero ingenti.
Rendimento aggiustato all'inflazione del tasso del decennale statunitense, dal 1987 al 2024Inutile dire che la legge economica ha avuto la meglio sul mercato dei mutui residenziali. Il debito ipotecario delle famiglie (linea nera) era pari a $325 miliardi, ovvero appena il 50% del reddito familiare (linea viola) nel 1971. Ma al culmine della corsa ai prestiti subprime nel 2008-2009, il debito ipotecario era aumentato di 33 volte, arrivando a quasi $11.000 miliardi.
Di conseguenza l'onere del debito ipotecario è salito al 170% del reddito familiare prima di diminuire modestamente sin dal 2009. Ma il punto è che la severa repressione dei tassi d'interesse durante suddetto periodo ha causato una corsa agli armamenti finanziari nel mercato immobiliare residenziale, con un debito sempre maggiore che ha spinto i prezzi delle case sempre più in alto.
In breve, non è stato il libero mercato o il PIL in costante crescita a far passare i valori delle abitazioni residenziali dal 79% del PIL nel 1971 al 175% del PIL attuale. Al contrario, è stata un'ondata di inflazione dei prezzi delle case alimentata dal credito fiat, un torrente finanziario che ha regalato grandi guadagni inaspettati agli acquirenti del periodo precedente (es. i baby boomer) mentre ha progressivamente escluso i nuovi arrivati e le famiglie con problemi di reddito e di credito dal cosiddetto sogno americano.
Infatti lo tsunami dell'inflazione immobiliare non è stato affatto un benefattore per la classe media. Uno studio basato sui sondaggi periodici della FED sulle finanze dei consumatori ha mostrato che tra il 2010 e il 2020 le famiglie con redditi elevati, definite come quelle con un reddito medio di $180.000, hanno visto i loro investimenti immobiliari aumentare da $4.500 miliardi a $10.300 miliardi. Si è trattato di un aumento del 130% in appena un decennio!
Al contrario, il valore degli investimenti immobiliari detenuti dalle famiglie a basso reddito, definite come aventi un reddito medio di $29.000, è salito da $4.460 miliardi a $4.790 miliardi. Si tratta di un aumento insignificante di appena il 3,5%, il che equivale a una perdita a due cifre se si considera l'aumento del 19% dell'indice dei prezzi al consumo nello stesso periodo di 10 anni.
Debito ipotecario delle famiglie e % del mutuo sul reddito da lavoro dipendente, dal 1971 al 2009Di sicuro i dirigenti della FED non stavano cercando di ridistribuire la ricchezza ai vertici della scala economica, anche se è quello che è successo. La teoria della repressione dei tassi d'interesse era che avrebbe alimentato un livello di spesa e investimento più elevato di quanto non sarebbe altrimenti accaduto, e in particolar modo nel settore dell'edilizia residenziale.
Inutile dire che non è andata così. I completamenti degli alloggi residenziali pro capite e gli investimenti in alloggi residenziali in % del PIL sono andati inesorabilmente verso il basso da quando Nixon ha tirato il tappeto dell'oro da sotto il dollaro e ha scatenato la Federal Reserve per imporre la pianificazione monetaria centrale all'economia di Main Street.
Come raffigurato dalla linea nera nel grafico qui sotto, ad esempio, gli investimenti in edilizia residenziale in percentuale del PIL sono scesi dal 5,7% nel 1972 a solo il 3,9% nel 2023. L'unica deviazione da questa costante tendenza al ribasso si è verificata nel 2003-2006, vale a dire l'intervallo durante il quale è stato alimentato il disastro dei mutui subprime e dell'inflazione dei prezzi delle case.
Infatti il grafico qui sotto abbinato al primo sopra, in relazione a quasi $50.000 miliardi in valore di immobili occupati da proprietari di case, vi dice tutto quello che dovete sapere sulla follia delle banche centrali keynesiane: il denaro artificialmente a buon mercato non stimola livelli più elevati di produzione reale e reddito, gonfia solamente gli asset esistenti nei mercati secondari.
A sua volta l'inflazione sistematica e incessante dei prezzi degli asset esistenti conferisce guadagni e perdite inattese in modo del tutto arbitrario, ma con l'effetto perverso di ridistribuire la ricchezza ai vertici della scala economica. L'intero modello di repressione finanziaria è quindi non solo inutile e inefficace, ma anche profondamente iniquo.
Unità abitative private pro capite completate e investimenti residenziali in % del PIL, dal 1972 al 2023[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Perché i clientelisti amano i tassi artificialmente bassi
Nella nostra economia pianificata burocraticamente, la prosperità finanziaria dipende sempre di più da quanto ci si può posizionare vicino alla stampante monetaria. Comprendere questo fatto significa identificare il collegamento tra questa “prosperità” e il denaro fiat. Poiché creare denaro dal nulla non alimenta maggiore produzione, e nemmeno fa aumentare la ricchezza reale, non esiste un collegamento diretto con la prosperità; deve essere indiretto e in effetti lo è.
Il deficit pubblico persistente e la politica pro-inflazione del sistema bancario centrale richiedono una continua creazione di denaro. Esso entra nell'economia in modo non uniforme, a vantaggio di coloro che lo ricevono per primi e che possono spenderlo o investirlo ai prezzi correnti. Man mano che fluisce in settori o asset specifici, i prezzi salgono. I primi che lo ricevono guadagnano, mentre gli altri affrontano un calo relativo della ricchezza. Sebbene i salari possano eventualmente aumentare, lo fanno in misura minore e in ritardo rispetto agli aumenti dei prezzi, consolidando lo svantaggio economico per chi lo riceve per ultimo.
Come risultato del processo di cui sopra, che descrive come funziona oggi l'economia, sono molti coloro il cui obiettivo primario è quello di avvicinarsi alla stampante monetaria. Questi cercatori di rendite traggono vantaggio non dal merito e dal raggiungimento di risultati produttivi, ma dalle manovre politiche nelle posizioni giuste, in modo da essere tra i primi che ricevono il denaro creato ex novo.
Quando la banca centrale abbassa i tassi d'interesse crea nuova moneta. Ciò avviene generalmente tramite operazioni di mercato aperto, in cui la banca centrale acquista titoli da un gruppo selezionato di banche commerciali, aumentando così le riserve e di conseguenza il credito nell'economia tramite prestiti e altri meccanismi. Forzare i tassi d'interesse verso il basso è simile alla creazione di nuova moneta dal nulla ed è un meccanismo che viene sfruttato da chi la riceve per primo.
Distorsione finanziaria
I burocrati, compresi quelli nel sistema bancario centrale, sanno bene che esiste una relazione diretta tra i tassi d'interesse e il valore dei beni capitali.
Per questi asset i tassi d'interesse prevalenti e futuri sono input chiave per calcolarne il valore. Si consideri il Dividend Discount Model, un'equazione utilizzata negli investimenti e nella finanza aziendale per ricavare il valore attuale di un'attività che produce reddito. L'equazione è abbastanza semplice: P = D/kg
Dove:
P è il prezzo, o valore, dell'asset
D è il dividendo del primo anno, o flusso di cassa
k è il tasso di sconto, il costo prevalente del capitale
g è il tasso di crescita di D
Se il tasso di sconto è del 10% e il tasso di crescita è del 2%, un flusso di cassa annuale a partire da $100 vale $1.250 oggi. Supponiamo che questo flusso di cassa provenga dagli utili di un'azienda, i cui dettagli non contano.
Supponiamo inoltre che, il giorno dopo il nostro calcolo iniziale, tutto ciò che riguarda quest'attività (il team di gestione, la linea di prodotti, la tecnologia, ecc.) rimanga lo stesso, ma la banca centrale sorprende i mercati tagliando i tassi d'interesse in modo tale che il tasso di sconto scenda dal 10% al 7%. Ricalcolando con queste nuove informazioni, l'attività ora vale $2.000, un aumento del 67% rispetto al giorno precedente.
È importante notare che il ritmo degli aumenti nelle valutazioni degli asset (vale a dire, la seconda derivata dei prezzi degli asset) accelera man mano che i tassi di riferimento si abbassano. Nel nostro esempio il valore dell'asset è aumentato di colpo del 67% quando il tasso di sconto è sceso del 3%.
E se scendesse di nuovo del 3%, dal 7% al 4%? In tal caso, il valore dell'asset aumenterebbe da $2.000 a $5.000, un ulteriore balzo del 150% basato su nessun cambiamento nei fondamentali dell'azienda. È questa dinamica che caratterizza i prezzi parabolici degli asset, compresi i recenti picchi durante l'era ZIRP.
Si noti che i tassi stessi non devono nemmeno cambiare per influenzare i valori degli asset. Gli aumenti dei prezzi degli asset possono derivare dalle aspettative di tassi di interesse più bassi, da qui il continuo clamore delle banche centrali a favore di tassi più bassi in modo da stimolare i prezzi degli asset e il volume delle transazioni. Quest'ultimo punto è centrale quando i burocrati gonfiano le bolle degli asset usando tassi di interesse artificialmente bassi. I mercati finanziari e gli intermediari in situazioni simili guadagnano commissioni ogni volta che si muove denaro e poche cose lo muovono come i tassi bassi.
I tassi artificialmente bassi sono i criteri “DEI” nei mercati dei capitali
In un libero mercato una delle sfide principali per gli imprenditori è l'allocazione del capitale, ovvero dove e come investire. Per utilizzare il capitale in modo efficiente, dev'essere distribuito in aree che forniscono rendimenti maggiori rispetto al suo costo prevalente. Dev'essere fatto ripetutamente, su lunghi periodi di tempo, pertanto un acuto senso degli affari deve combinarsi con una bassa preferenza temporale per avere successo. Come sottoprodotto di questa dinamica, le aree più produttive di un'economia ricevono una quantità appropriata di capitale e quelle meno produttive vengono evitate.
I tassi d'interesse artificialmente bassi, invece, riducono il costo del capitale e la sua allocazione viene distorta: le aree precedentemente non redditizie diventano marginalmente redditizie e ricevono capitale che altrimenti non riceverebbero. Le aree che sono marginalmente redditizie solo a causa dei tassi bassi non sono imprese intrinsecamente produttive e quindi attraggono persone con capacità inferiori piuttosto che imprenditori qualificati. In parole povere, i tassi artificialmente bassi sovvenzionano l'incompetenza.
FontePer avere una prova di questo fenomeno basta guardare al mercato degli investimenti in appartamenti negli ultimi anni, ma esistono molti casi simili, tra cui veicoli elettrici, tecnologie serialmente non redditizie e varie truffe sulle criptovalute.
“I quattro cavalieri dell'apocalisse del denaro a buon mercato”
I tassi d'interesse artificialmente bassi portano a investimenti improduttivi, bolle, finanziarizzazione e società zombi, tutte cose che oggi sono molto diffuse. Tuttavia le banche centrali e la nostra classe politica sono intenzionate a continuare così, segnalando a gran voce imminenti tagli dei tassi nonostante i prezzi degli asset siano a livelli record in molte categorie, tra cui azioni, obbligazioni e immobili.
Per coloro che non hanno accesso politico, che non raccolgono i benefici dei tassi artificialmente bassi, sappiate che la distruzione della vostra ricchezza porta direttamente all'aumento della ricchezza per coloro che invece ce l'hanno questo accesso. Per i burocrati e la classe clientelare questa è una caratteristica prediletta quando abbiamo a che fare col denaro fiat. Come ha sottolineato Michael Burry: “La linea di politica dei tassi a zero ha infranto il contratto sociale con quelle generazioni di lavoratori che hanno risparmiato per la pensione, facendo scoprire loro che i propri risparmi non erano minimamente sufficienti”.
Un tempo risparmio, duro lavoro e responsabilità personale erano sufficienti per garantire una vita dignitosa per sé e per la propria famiglia. Ormai non è più così. Abbassare artificialmente i tassi d'interesse, creando denaro dal nulla nel processo, non può produrre ricchezza, può solo ridistribuirla dalle tue tasche a quelle dei clientes.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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I tagli ai tassi non porteranno a nulla
Ecco il risultato della linea di politica pro-inflazione da quando è stato adottato ufficialmente l'obiettivo d'inflazione al 2,00%. Secondo il nostro fidato IPC “16% trimmed mean”, il livello dei prezzi è aumentato del +41% sin dal 2012 e stava ancora salendo a un ritmo annuo del 3,31% lo scorso luglio.
Di conseguenza, dato che ogni dollaro guadagnato o risparmiato nel 2012 vale oggi solo 70 centesimi, la domanda ricorrente è: perché mai si dovrebbe anche solo pensare di aprire il rubinetto del denaro, esponendo così i lavoratori dipendenti e i risparmiatori a un ulteriore prolungamento del furto di potere d'acquisto evidente nel grafico qui sotto?
Per non parlare poi di un'altra esplosione come quella recente che, con il suo picco al 7%, ha fatto deprezzare il potere d'acquisto del dollaro del 50% ogni nove anni.
Variazione annua dell'indice dei prezzi al consumo “16% trimmed mean”, da gennaio 2012 a luglio 2024C'è solo una ragione per un nuovo giro di tagli dei tassi, che ora è praticamente garantito: Wall Street ha ripetutamente minacciato di scatenare una crisi isterica se la FED non delizierà presto trader e speculatori con una nuova dose di credito a basso costo e multipli PE ancora più alti nelle valutazioni estreme già incorporate nel mercato azionario.
Quindi Wall Street batte i tamburi per i tagli dei tassi sostenendo che sono a beneficio della famiglia media e sono necessari per impedire che l'economia di Main Street precipiti nel flagello della recessione o peggio.
Ma con l'economia statunitense ora gravata da quasi $100.000 miliardi in debito pubblico e privato, come diavolo potrebbero essere anche lontanamente appropriati dei tassi d'interesse più bassi? Dopo tutto, una loro riduzione indotta dalla banca centrale è progettata per far sì che famiglie, aziende e governo accumulino ancora più debito sui loro bilanci già traballanti.
Si consideri l'aumento della leva finanziaria nel settore non finanziario dal 1994. Allora, quando la dottrina degli effetti ricchezza di Greenspan era appena iniziata, il debito delle imprese non finanziarie era pari al 75% della produzione a valore aggiunto. Oggi quel rapporto è molto più alto, al 105%.
È ovvio che questo grande aumento del rapporto di leva non ha finanziato l'approvvigionamento di asset produttivi, ma è finita per la maggiore in riacquisti di azioni, Fusioni & Acquisizioni sopravvalutati e altri schemi di ingegneria finanziaria che hanno arricchito Wall Street.
Debito delle imprese non finanziarie in % del valore aggiunto prodotto, 1994-2022Lo stesso vale per i presunti benefici per il settore dell'edilizia abitativa. Il livello di completamento delle unità abitative pro capite (linea viola) nel 2023, anche dopo la stampa di denaro per la pandemia, era ancora inferiore del 37% rispetto al 1987.
Al contrario l'indice dei prezzi delle abitazioni (linea nera) è aumentato di un sorprendente 345% durante lo stesso periodo di 36 anni. Di nuovo, i tassi d'interesse più bassi fanno molto di più per stimolare i prezzi degli asset esistenti rispetto alla produzione reale, ai posti di lavoro e al reddito.
Completamento pro capite degli immobili rispetto ai loro prezzi, dal 1987 al 2023Ciò che è successo dopo 37 anni di repressione finanziaria, costi del debito falsificati e ricorrenti salvataggi del mercato azionario, è che Wall Street si è trasformata in un casinò a tutto campo. Con decine di migliaia di miliardi di capitalizzazione di mercato in gioco, abbondano favole fasulle sui presunti benefici nei confronti di Main Street.
In questo momento storico, con quasi $100.000 miliardi in debito totale che rappresentano un record del 360% del PIL, non dovrebbero esserci letteralmente voci per tassi d'interesse più bassi e ancora più debito. Dopo tutto, la narrativa ufficiale di quest'ultimo è lo stimolo di livelli più elevati di investimento nei settori residenziale e commerciale nell'economia di Main Street.
Ma questo punto è sempre stata un'illusione, fatta eccezione per l'insostenibile e breve boom delle azioni tecnologiche alla fine degli anni '90. Infatti è così evidente, come si evince dal grafico qui sotto, che è possibile solo una conclusione: gli speculatori di Wall Street hanno corrotto così tanto la narrazione del mercato finanziario che, come la Regina di Alice nel Paese delle Meraviglie, i nostri banchieri centrali ora credono a sei cose impossibili prima di colazione o almeno prima dell'apertura del mercato azionario alle 9:30 del mattino.
Investimenti aziendali netti in % del PIL reale, dal 1978 al 2022
Per quanto riguarda il settore delle famiglie, l'idea stessa che i consumatori abbiano bisogno di più debiti è assurda. Durante il periodo di massimo splendore della prosperità di Main Street negli anni '50, il rapporto debito/PIL delle famiglie era pari solo al 28%. Dal 1971, e soprattutto dal 1987, è salito costantemente alle stelle: dopo essere quasi quadruplicato fino a un picco del 97% nel 2008, era ancora al 71% nel 2023.
L'aumento dei mutui delle famiglie, delle carte di credito, dei prestiti per auto e di altri debiti hanno causato, a loro volta, un aumento quasi sincronizzato della quota spesa per consumi personali del PIL. Rispetto alla sua quota del 58,1% del PIL nel 1953, la spesa per consumi personali ha raggiunto il 69,2% del PIL al picco recente nel 2022.
È ovvio che anche una minima conoscenza della storia economica e della logica degli investimenti e della crescita direbbe che, quando si tratta dell'incessante crescita del PIL dovuto alla spesa per consumi personali, non c'è paragone!
Per l'amor del cielo, il sistema bancario centrale dovrebbe essere neutrale tra debitori e risparmiatori, ma quando si tratta del settore delle famiglie ha letteralmente massacrato i risparmiatori per diversi decenni.
In breve, ciò che manca disperatamente sono tassi di risparmio e di investimento più elevati, il che significa che un'altra tornata di debiti a basso costo per i mutuatari di Main Street e un rinnovo dei tassi di interesse punitivi sui risparmi dei conti bancari sono l'ultima cosa che dovrebbe essere presa in considerazione.
Il grafico qui sotto riflette come la FED abbia generato il peggio di entrambi i mondi. Da un lato ha spinto i tassi di risparmio delle famiglie e i risparmi del settore aziendale (vale a dire gli utili non distribuiti) a livelli minimi, mentre, dall'altro, la spesa pubblica è salita inesorabilmente alle stelle.
Il netto tra i due parametri ciò che resta per l'investimento in produttività e crescita, oltre al reinvestimento delle attuali quote a compensazione del consumo dello stock di capitale (vale a dire deprezzamento e ammortamento). Come è palesemente evidente nel grafico qui sotto, ciò che resta è un drastico calo dal 7% al 12% del PIL dei tassi di risparmio prevalenti durante l'apogeo della prosperità di Main Street.
I tiepidi progressi nella riduzione del tasso dell'IPC sono sostanzialmente irrilevanti. I tassi d'interesse più bassi non stimoleranno più investimenti e sicuramente amplieranno il deficit tra risparmi e investimenti privati che affligge l'economia di Main Street.
Tasso di risparmio netto degli Stati Uniti, dal 1953 al 2023Nonostante l'impatto deleterio dei tagli dei tassi e dei rendimenti infimi sui trend di investimento a lungo termine, come da grafici sopra, il mantra di Wall Street continua a sostenere che i tagli dei tassi sono ora necessari per impedire all'economia di precipitare in recessione. Ma anche questa affermazione è fasulla.
Ecco cosa è successo durante il periodo della Grande Recessione: la FED ha iniziato a tagliare il suo tasso di riferimento (linea gialla) nel terzo trimestre del 2007 e un anno dopo, nel quarto trimestre del 2008, lo aveva ridotto sostanzialmente a 10 punti base. Ciò equivaleva a un abbassamento del 98% e alla sequenza di tagli dei tassi più radicale e rapida nell'intera storia della FED.
Nel 2008 l'economia statunitense era così satura di distorsioni, squilibri e debito in eccesso che una purga recessiva e un riequilibrio erano inevitabili. Dopo essere leggermente salito per i successivi tre trimestri, il PIL reale (linea rossa) ha invertito la rotta nel terzo trimestre del 2008 e non ha toccato il fondo fino al secondo trimestre del 2009. Nonostante due anni di tagli radicali dei tassi d'interesse mai attuati, alla fine del marzo 20120 il PIL reale era ancora al di sotto del suo livello nel secondo trimestre del 2007.
Nel caso dell'occupazione non agricola (linea viola), l'impatto dei tagli dei tassi è stato ancora più tiepido e ritardato. Il numero di posti di lavoro è calato drasticamente, quasi in sincronia con il crollo del tasso di riferimento nel terzo trimestre del 2009. Dopo 18 mesi di ZIRP, il numero di buste paga non agricole era ancora del 6% al di sotto del suo livello di giugno 2007.
In breve, nel contesto dell'attuale economia statunitense sepolta nel debito, i tagli dei tassi non generano ciò che si dice. Anche se innescano un'impennata ruggente nel casinò del mercato azionario, difficilmente interrompono la contrazione nell'economia di Main Street.
Indice del tasso di riferimento, PIL reale e occupazione non agricola, dal secondo trimestre del 2007 al secondo trimestre del 2010In conclusione, l'attuale rinnovato impulso di Wall Street per l'ennesimo giro di tagli ai tassi d'interesse ci ricorda il famoso sketch del Saturday Night Live in cui un produttore musicale leggendario continuava a interrompere una sessione di registrazione in studio chiedendo alla band di essere “più squillanti”.
Questo è il mantra implacabile di Wall Street oggi: ha la febbre dell'avidità e urla a gran voce “Altri tagli! Altri tagli!”.
Ma questo renderà sicuramente la musica economica ancora più cacofonica.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Alla fine del percorso insostenibile
Nell'annuncio della BCE della scorsa settimana sono stati a malapena notati un paio di dettagli contraddittori. La BCE è impegnata, a prescindere da tutto, ad avere un obiettivo per l'inflazione al 2%. Raggiungibile come? Dal basso verso l'alto. Invece adesso, magicamente, è un obiettivo da raggiungere dall'alto verso il basso senza che nessun pianificatore centrale abbia addotto alcuna spiegazione a riguardo. Bernanke, nel suo libro The Courage to Act, ha praticamente creato l'impalcatura accademica per la ZIRP e la NIRP, adesso, però, non c'è nessuno che ha il “coraggio” di farsi avanti per spiegarci com'è possibile che si debba fare il contrario quando era la “deflazione” la fonte di tutti i guai economici. Ma questo, cari lettori, è solo teatro. Le sciocchezze sui dati della scorsa settimana includevano le previsioni di una maggiore crescita del PIL e di un ammorbidimento ulteriore dell'inflazione l'anno prossimo. Non ha senso promettere adesso tassi di prestito più bassi, poiché l''inflazione è ancora al di sopra dell'obiettivo ufficiale. Senza scomodare la percezione comune di quando “si va a fare la spesa”, o la cavalcata dell'indice IPC, o la semplice cumulazione dell'effetto dell'inflazione dei prezzi che sebbene rallenti nel tempo non indietreggia (o per meglio dire sale più lentamente), basta dare un'occhiata alla misura che fino al 2020 era la più sbandierata dai banchieri centrali per giustificare la loro linea di politica anti-deflazione: la misura di base dell'inflazione dei prezzi, quella che esclude dal computo cibo ed energia. L'ultima misurazione la pone al 2,8%.
La cosa importante, quindi, è continuare a far fluire il denaro; tutto il resto è una recita. I tassi d'inflazione annui sono stati in media del 6% negli ultimi tre anni e del 3% negli ultimi dieci anni. Non c'è traccia di un'inflazione del 2% che la BCE afferma di cercare; tale obiettivo è solo una finzione.
RAGGIRATI DAI NUMERI
I numeri dell'inflazione e del PIL sono semplicemente “inventati”. “Aggiustato all'inflazione” è una di quelle espressioni come “stavamo solo eseguendo degli ordini”; può nascondere una montagna di menzogne. Negli ultimi due anni abbiamo spesso confrontato l'inflazione del periodo '22-'23 con quella degli anni '70. Ci è stato detto che il tasso d'inflazione odierno ha raggiunto il picco del 10% nel 2022 e poi è sceso rapidamente, ma se misurassimo gli aumenti dei prezzi odierni come facevano negli anni '70, vedreste che la nostra inflazione è peggiore di quanto non fosse allora. State pensando quello che sto pensando anche io? Se la lettura dell'inflazione è fasulla, lo è anche quella del PIL, e lo è anche l'intero quadro finanziario.
Cominciamo con la misura dell'inflazione stessa. Secondo l'ISTAT, ad esempio, il cibo è aumentato (a un ritmo annuo) del 4,8% nell'ultimo anno; i servizi sono aumentati del 3,3% e gli affitti sono aumentati del 3%. Tra rate di mutui più elevate e prezzi delle case più alti, poi, questi numeri sembrano quasi sconfessare le difficoltà generali e percepite da chi deve far quadrare i conti a fine mese, il che è solo la prova che, sebbene i numeri possano non mentire intenzionalmente, se li torturate abbastanza diranno tutto ciò che volete che dicano. E se si usasse il metodo di calcolo degli anni '80, l'intero quadro economico diventerebbe improvvisamente cupo: aggiustare all'inflazione il PIL nominale, quindi, risulterebbe in una crescita negativa spaventosa. E che dire del mercato azionario? Quando si ottiene un “guadagno”, o un “profitto”, dalle azioni, si pensa di stare meglio e ora tutti pensano che il mercato azionario si sia “ripreso” dopo i ribassi nel 2022. Ma è così? Una stima ragionevole è che i prezzi al consumo siano più alti (come minimo) del 25% rispetto al picco del Dow Jones nel 2021. Se così fosse il Dow dovrebbe arrivare a 45.000 solo per andare in pareggio.
Conviene guardare all'oro per cercare di mettere ordine in tutta questa storia. Dal suo picco alla fine del 2021 a oggi il Dow è salito di quasi 4.000 punti, ma aggiustato al prezzo dell'oro è ancora in calo di quasi il 10%. Indietro? Avanti? In che direzione stiamo andando?
Un'altra curiosità della storia della crescita del PIL è il ruolo dei deficit fiscali. Se lo stato spende soldi, anche se sprecati in armi, l'ammontare è incluso come avanzamento nel PIL. Quindi più si spende, più alto è il PIL... almeno nel breve periodo. I deficit sono particolarmente importanti: se lo stato incassa 100 in entrate fiscali e li spende, rimuove quei soldi dall'economia. Nessun aumento netto del PIL. Ma se prende in prestito i soldi, la spesa extra viene conteggiata come se “uscisse dal nulla” e viene aggiunta al totale. Non c'è alcun prelievo compensativo nell'economia dei consumatori, quindi il PIL sale.
L'anno scorso il deficit pubblico italiano è stato del 7% del PIL. Erano soldi che sono stati spesi, ma non raccolti dalle tasse. Devono essere andati da qualche parte, quindi ecco una semplice domanda: come si è potuto pompare un ulteriore 7% (del PIL) nell'economia, con quasi €100 miliardi aggiunti al debito pubblico, ma ottenere solo un aumento dell'1% del PIL?
Cosa è successo all'altro 6%? Dove sono finiti i €135 miliardi mancanti? Dove sono andati a finire i soldi?
Ciò significa che l'economia reale, non statale, si sta contraendo a un ritmo così allarmante da spazzare via gran parte delle nuove immissioni di denaro? Oppure questi numeri sono così “falsati” da essere privi di significato?
INSOSTENIBILE A OGNI LIVELLO
Spendere per il semplice scopo di spendere, sostanzialmente era questo lo scopo dietro i vari programmi di QE attivati dalla BCE e dal resto del caravanserraglio delle banche centrali. L'azzardo morale derivante è stato dirottato nel mercato finanziario, andando a gonfiare gli asset finanziari delle varie industrie che in questo modo hanno potuto aprire a giri sempre più rischiosi di ingegneria finanziaria. Questo ha fatto in modo che i numeri finanziari salissero, permettendo di conseguenza a suddette aziende di assumere personale. Ma tutto questo processo non era basato su una situazione sostenibile di allocazione di capitale, bensì sull'imputazione che questa manna sarebbe durata per sempre. Peccato che fosse una tantum, peccato che abbia causato supply shock a ripetizione, peccato che abbia saturato i bilanci delle aziende... peccato, in conclusione, che fosse tutta una illusione. La considerazione dell'economia “nominale” è diventata il nuovo dio da pregare.
Ora, però, la cruda realtà di quella “reale” sta facendo pagare lo scotto di tutte quelle distorsioni e deformazioni che si sono moltiplicate nel tempo. Il settore automobilistico è solo la punta dell'iceberg di un doloroso processo di normalizzazione che, diversamente dal presunto “effetto ricchezza” alimentato dalle politiche delle banche centrali, parte dal basso e va verso l'alto.
The defining feature of the apparent endless decline in Germany's industrial production is how broad-based it is across industry groups. During the pandemic and its aftermath, it was mostly intermediates and capital goods (cars missing chips). Now the malaise is much wider. https://t.co/t0hJCocXVX pic.twitter.com/102Dluuwem
— Daniel Kral (@DanielKral1) September 13, 2024Le aziende, soprattutto quelle automobilistiche, hanno poche vendite e molte perdite. Meriterebbero un valore di mercato di circa... zero. Eppure gli investitori ci vedono valore, puntando le loro scommesse su quel poco di illiquidità che riescono a racimolare grazie al rinnovato lassismo della BCE. Nel frattempo il ritmo di crescita del PIL dipende interamente dal calcolo dell'inflazione, che è incostante come l'impasto della pasta: gli statistici stendono la sfoglia e lo cuociono in forno, finché non ottengono il sapore e la consistenza desiderati. Se misurassero l'inflazione come si faceva durante gli anni ottanta, ad esempio, il PIL reale non sarebbe cresciuto affatto bensì risulterebbe sgonfiato come una torta fatta male. E, se misurate in oro, le azioni sono ancora in calo del 13,6% rispetto ai massimi del 2021. C'è qualcosa di reale, indiscutibile, di cui vale la pena preoccuparsi? Ahimè, sì: il debito. Non se ne va, anzi sta crescendo.
Ci sono molte incognite note nelle cifre del debito, ma quasi tutte portano allo stesso punto: si possono eseguire un milione di simulazioni per vedere cosa potrebbe accadere, ma in quasi tutte il “rapporto debito/PIL” si rivela instradato lungo un “percorso insostenibile”. Cosa succede quando il percorso insostenibile giunge al termine? Man mano che diventa sempre più grande (rispetto all'economia che lo sostiene) e diventa “insostenibile”, deve succedere qualcos'altro... ma cosa?
La vera domanda è se il cambiamento avviene intenzionalmente o involontariamente. La soluzione “intenzionale” è ovvia, ma irraggiungibile. Richiederebbe una chiarezza politica e una volontà che non esistono: la spesa dovrebbe essere tagliata, ma poiché chi decide è anche chi spende, e poiché i loro amici e sostenitori sono coloro che prendono i soldi, è molto improbabile che si arrivi a una soluzione volontaria. È la risoluzione “non intenzionale” che causerà il vero danno.
CONCLUSIONE
I tassi d'interesse artificialmente bassi sono un problema di per sé: distorcono il costo reale del capitale, inducendo le persone a prendere in prestito troppi soldi. Il debito aumenta portando a una crisi di qualche tipo. In parole povere, man mano che il debito cresce, aumenta anche la spesa per gli interessi. A nessuno importa davvero quanto diventerà grande, ma il costo del suo servizio dev'essere dedotto dalle entrate fiscali e ogni centesimo che bisogna pagare per gli errori di ieri è un centesimo in meno di cui possiamo godere oggi. A un certo punto ci rimarranno pochi centesimi... Da qualche parte lungo questo percorso il mercato obbligazionario si romperà, i tassi d'interesse saliranno alle stelle e il costo del debito, o dell'aggiunta di nuovo debito, sarà troppo da sopportare. Usando come proxy il differenziale di rendimento tra il decennale tedesco e quello statunitense, possiamo vedere che le criticità dell'Eurosistema sono di gran lunga peggiori di quelle statunitensi.
Per tutto questo tempo, infatti, l'obiettivo della BOE e della BCE era l'affossamento del mercato obbligazionario statunitense tramite l'eurodollaro e la trasmissione del malessere economico risultante sulle spalle dei contribuenti statunitensi. Una sorta di socializzazione delle perdite causate dall'overleveraging nel sistema bancario ombra. Con la fine del LIBOR, l'entrata in scena del SOFR e il prosciugamento della liquidità ombra dettato dal cambio di passo della FED, i nodi stanno venendo al pettine. E il sopraccitato differenziale ci spiega chi davvero è nei guai.
Il secondo taglio dei tassi da parte della BCE è un bluff, un finto tentativo di progressione rispetto alle altre banche centrali. I mercati dei cambi non vedono il bluff, ma gli obbligazionisti sì. Il piano dell'UE è sempre stato quello di evitare di tagliare qualsiasi pasto gratis che aveva precedentemente stabilito attraverso finanziamenti presumibilmente illimitati tramite l'eurodollaro. La lotta a livello di megapolitica verte tutta su questo duplice scenario: ridimensionamento, o salvezza attraverso la morte di qualcun altro. O si tagliano drasticamente i presunti pasti gratis e si sconfessa l'illusione di monopsonio dell'Europa (con la conseguente rottura dell'Unione) ragionando con freddo criterio logico su quanto sbagliato in passato, oppure si cede al panico, si stampa e si scaraventa l'intera economia mondiale in una vera e propria catastrofe inflazionistica.
Tutte le emergenze finora sperimentate, sin dalla crisi del debito greco, sono state usate come arma per forzare un mercato obbligazionario comune in Europa. L'insostenibilità della tragedia dei beni comuni richiede un nuovo livello di ridistribuzione, soprattutto adesso che i rubinetti dell'eurodollaro sono chiusi. A tal proposito, infatti, la spinta verso l'unione fiscale si è fatta sempre più pressante sin da quando le obbligazioni SURE hanno fatto capolino e i salvataggi straordinari (es. PNRR) avevano come postilla la tassazione diretta dell'UE su parte dei prestiti erogati. Anche la guerra nell'Europa orientale è stata fomentata per tale scopo: far pagare il proprio default agli altri. Ma non basta, perché un default significa sempre sfiducia, soprattutto nel mercato obbligazionario, e se tutti non remano all'unisono il bluff viene scoperto.
La Germania ha vissuto sulla sua pelle cosa significa questo processo e non vuole ripeterlo, in particolare la Bundesbank. La demolizione controllata dell'economia tedesca serve sostanzialmente a fiaccare la volontà dei banchieri centrali tedeschi affinché accettino questa “nuova normalità”. Il recente piano Draghi è solamente l'ennesimo avvertimento mafioso per integrazione fiscale e obbligazionaria.
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La bull run di Bitcoin è intatta e in anticipo sui tempi previsti
Questa settimana si è conclusa male per tutti, con il DJIA che ha perso l'1%, l'indice S&P 500 che ha perso l'1,7% e il Nasdaq che ha perso il 2,55%. Zerohedge l'ha definita “Kamala Karnage”:
È stata un'ondata epica: tutto — letteralmente tutto — e certamente qualsiasi cosa con un beta alto o anche solo una traccia di slancio, è imploso con una violenza tale da far sembrare il 5 agosto una giornata da dilettanti.Bitcoin ha toccato i $52.700 (una settimana fa sfiorava i $60.000), spingendo i soliti no-coiner a esultare dicendo che “stava implodendo”, come se tutto il resto non stesse andando male.
Quando il 5 agosto è arrivato il Black Monday, l'avviso inviato ai lettori della mia newslettere diceva:
La mia opinione è che questa svendita sia al 100% una crisi di liquidità a livello macro e una richiesta di margine contagiosa a livello globale.
Ha molto poco (niente?) a che fare con Bitcoin, invece ha tutto a che fare con una corsa folle per la solvibilità.
Praticamente tutto è in forte calo e il motivo per cui le criptovalute sono in forte calo è perché, come tutti sappiamo, non ci sono interruttori o “Plunge protection team” per Bitcoin, e tutto avviene 24 ore su 24, 7 giorni su 7, 365 giorni all'anno.
Ecco perché tende a fare sparate sia verso l'alto che verso il basso.
Mettiamo a confronto questa flessione estiva di Bitcoin con il 2021-2022, periodo che è stato soggetto alle dinamiche interne dell'economia degli asset digitali: Terra/Luna, 3AC, Celsius e, naturalmente, il fiasco di FTX hanno portato una meritata epurazione nel settore e (alcuni dei) protagonisti più eclatanti sono dove dovrebbero essere, ovvero, in prigione.
Molti guardano alla volatilità sfrenata di Bitcoin e ne gioiscono, sostenendo che lo rende insostenibile come riserva di valore (mi chiedo chi ci fosse durante l'iperinflazione di Weimar che, guardando la volatilità dell'oro rispetto al Reichmark in rapida disintegrazione, abbia detto la stessa cosa: “Troppo volatile per funzionare come riserva di valore”; esatto, nessuno se lo ricorda).
You’ll often see charts from Weimar Germany of gold priced in the paper mark going parabolic.
What that chart doesn’t show is the sharp drawdowns & volatility that occurred during the hyper-inflationary period. Speculating using leverage got wiped out multiple times.$BTC 1/2 pic.twitter.com/tZhpP1KMS1
Una cosa che ho detto fin dal 2013, quando Mt. Gox è imploso e tutti la chiamavano “La morte di Bitcoin”: ecco com'è un libero mercato, senza interruttori di spegnimento, senza Plunge protection team e persino in contrasto con alcune criptovalute, come Ethereum, senza “ritorni al passato” sotto forma di hard fork per uscire da un pasticcio.
Poiché BTC sta venendo massacrato insieme a tutto il resto, questo mi ricorda più il panico da COVID del 2020 che l'inizio del crypto winter del 2021.
La gente sottolinea la volatilità come prova del fatto che Bitcoin non è un bene rifugio e non è un hedging: un famoso autore di newsletter che conosco da molto tempo mi rimprovera costantemente dicendo che Bitcoin non si muove in direzione opposta al dollaro, come ci si dovrebbe aspettare se fosse una sorta di copertura contro l'inflazione o la svalutazione.
Altri affermano che “Bitcoin è fondamentalmente Tesla”, o che semplicemente si muove e viene scambiato come l'ennesimo titolo tecnologico di successo o come il Nasdaq nel suo complesso.
Non hanno tutti i torti sulla correlazione tra Bitcoin e il mondo della tecnologia, ma non hanno nemmeno una visione completa del fenomeno.
La nostra era attuale è guidata quasi interamente dal progresso tecnologico; questa idea non è controversa per la maggior parte delle persone, tuttavia non riescono a cogliere le ramificazioni dei cicli di feedback creati dalla tecnologia e il ritmo accelerato del cambiamento che ne consegue.
Ecco perché il settore tecnologico si sta muovendo più velocemente e sta surclassando tutto il resto ed è per questo che Bitcoin sta surclassando il settore tecnologico.
Bitcoin non è un semplice investimento è un cambio di paradigma a livello monetario
Nel suo libro “Gold Wars” (citato in “Sound Money Makes for Short Wars”), Ferdinand Lips racconta di come il passaggio al gold standard sia avvenuto senza che gli stati (o i globalisti) lo decretassero, grazie alla superiorità dell’oro come metallo monetario:
Nel 1900 circa cinquanta Paesi avevano adottato il gold standard, comprese tutte le nazioni industrializzate. Il fatto interessante è che non fu pianificato in una conferenza internazionale, né fu inventato da qualche genio. Arrivò da solo, naturalmente, e in base all'esperienza. Il Regno Unito adottò il gold standard contro l'intenzione del suo governo. Solo molto più tardi un gold standard operativo venne trasformato in un gold standard a norma di legge.Questo è esattamente ciò che sta accadendo oggi con Bitcoin, solo che le persone che si sono sbagliate per così tanto tempo ora continuano a voler sbagliare di più, nonostante diventi ogni giorno più ovvio che questa è la direzione che stanno prendendo le cose (posso immaginare qualche futuro insegnante di storia che mette in difficoltà la sua classe con la domanda “Non indovinerete mai quale stato fu il primo ad adottare Bitcoin come moneta ufficiale... vi do anche un indizio: non fu nessuna delle ex-Repubbliche degli Stati Uniti”).
In passato, quando gli incentivi spingevano gli attori di mercato verso un gold standard, ciò avveniva nel corso di decenni o addirittura secoli; ciò che disorienta oggi è la rapidità con cui accadono certe cose. Per la maggior parte delle persone l'attuale sistema monetario è qualcosa che era già in atto dal giorno in cui sono nati, e probabilmente non sarebbe cambiato nel corso della loro vita.
Le occasioni eccezionali in cui ciò è accaduto sono quelle da cui provengono i libri di storia. Panico, guerre, iperinflazioni in tutte le epoche sono stati eventi presumibilmente irripetibili o generazionali. Oggi li si vede svolgersi nel proprio feed di Twitter.
A causa della curva tecnologica e dell'accelerazione del tasso di cambiamento, questi fenomeni si verificano continuamente, con frequenza ed entità crescenti.
Most of the ridiculous bullshit people believe today
… and nearly all the policy blunders that are so catastrophically stupid as to appear to be intentional conspiracy
- are pure and simple Future Shock.
Go back and read the entire series.
Then you’ll get what’s actually… pic.twitter.com/9xGmhtnJJk
Persone come Peter Schiff (e il mio collega anonimo scrittore di newsletter) si divertono a cogliere ogni piccolo accenno di discesa di Bitcoin come prova della sua presunta morte e tirano fuori tutti i soliti parallelismi (es. “Tulipani, sostenuti da nulla”, “Schema di Ponzi”, “Psyop della NSA”, et al).
Ci vuole un atto di ragionamento motivato e concertato per cancellare la dissonanza cognitiva che il solo esame dei dati fattuali sulle prestazioni di Bitcoin dovrebbe indurre negli scettici:
Ho incluso Berkshire Hathaway perché è gestita da miliardari che odiano Bitcoin e spesso elogiata come una macchina collaudata per l'allocazione del capitale (nonostante la sua sovraperformance rispetto all'indice S&P in un trend ribassista secolare).
È anche interessante notare che l'oro riesce a malapena a tenere il passo con l'espansione di M2 in un arco di tempo di 10 anni, e nessuno dei suoi sostenitori, che odiano Bitcoin e che lo criticano duramente su Twitter, risponde mai quando faccio notare che il metallo giallo non ha ancora superato il suo massimo, al netto dell'inflazione, del 1980.
Le obbligazioni sono capitale morto che cammina, “rendimento senza rischi”, come si dice. Una pietra angolare della mia tesi è un eventuale esodo dalle obbligazioni che vede anche una frazione spostarsi in Bitcoin (l'1% o il 3% metterebbe BTC da qualche parte tra le 6 o le 7 cifre).
Bitcoin è l'asset con le prestazioni più elevate in termini assoluti di tutti i tempi.
In conclusione, sarei preoccupato nel breve termine se ci fosse qualcosa di specifico nei mercati Bitcoin o delle criptovalute a guidare questa correzione (come il fatto che Tether si sia rivelato una frode, di cui abbiamo parlato nell'ultima newsletter, ma finora si tratta solo di speculazioni e non è diventato un problema).
• Gli ETF Bitcoin non hanno fatto dumping nonostante la debolezza. Molti hanno detto che lo avrebbero fatto, che gli ETF spot avrebbero reso più facile cedere posizioni al primo segno di difficoltà.
“Nonostante la volatilità dei prezzi, i detentori di ETF hanno dimostrato resilienza, senza grandi deflussi sin da marzo. Ma i tassi di afflusso complessivi hanno rallentato notevolmente dopo il lancio” — tramite Ecoinometrics
Ma come abbiamo detto le ultime volte, finora questo ciclo è stato tutto caratterizzato dagli istituzionali, ovvero, per la maggior parte della fase rialzista di quest'anno (ricordiamo che Bitcoin è ancora in rialzo del 22% da inizio anno e del 106% nell'ultimo anno), quindi, mentre le istituzioni potrebbero preferire esporsi tramite ETF, tendono ad adottare una prospettiva a lungo termine e a non fare mosse improvvise.
• Ho notato che quest'anno, per la prima volta, i miner hanno accumulato in modo significativo:
• E infine siamo abbastanza in linea con i precedenti cicli di halving, con la notevole eccezione che Bitcoin ha raggiunto nuovi massimi storici prima dell'evento, cosa che non è mai accaduta nei cicli precedenti se non diversi mesi dopo.
Secondo me il principale movimento parabolico per Bitcoin deve ancora arrivare, con il resto delle criptovalute che seguiranno (tranne forse Ethereum ????).
Il ciclo di rialzo dei tassi è terminato, le banche centrali sono intrappolate tra dilemmi creati da loro stesse, i policymaker stanno apertamente sostenendo controlli sui capitali, imposte sul patrimonio, se non addirittura il comunismo: è davvero difficile immaginare uno scenario in cui Bitcoin non continui ad attrarre più capitali e a prendere il suo posto come bene rifugio definitivo in questa moderna Quarta Svolta.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Perché Zuckerberg ha scelto di confessare adesso?
Parliamo delle recenti rivelazione di Mark Zuckerberg, delle implicazioni che hanno per la nostra comprensione degli ultimi quattro anni e cosa significheranno per il futuro.
Su molti temi importanti per la vita pubblica un gran numero di persone conosce la verità, ciononostante i canali ufficiali di condivisione delle informazioni sono riluttanti ad ammetterla: la FED non ammette alcuna colpa per l'inflazione e nemmeno la maggior parte dei membri del Congresso; le aziende alimentari non ammettono il danno della dieta americana mainstream; le aziende farmaceutiche sono riluttanti ad ammettere qualsiasi danno; i social media negano qualsiasi parzialità; e così via.
Eppure tutti sanno già come stanno davvero le cose.
Ecco perché l'ammissione di Mark Zuckerberg è stata così sorprendente. Non è tanto quello che ha ammesso, lo sapevamo già, la novità è che l'ha ammesso. Siamo abituati a vivere in un mondo che nuota nelle bugie, ci sconvolge quando una figura importante ci dice cosa è vero o anche solo parzialmente o leggermente vero. Quasi non riusciamo a crederci e ci chiediamo quale possa essere la motivazione.
Nella sua lettera al Congresso ha detto senza mezzi termini quello che tutti gli altri affermano ormai da anni.
Nel 2021 alti funzionari dell'amministrazione Biden, inclusa la Casa Bianca, hanno ripetutamente fatto pressione sui nostri team affinché censurassimo determinati contenuti sul COVID-19, tra cui umorismo e satira, e hanno espresso frustrazione nei confronti dei nostri team quando non eravamo d'accordo [...]. Credo che la pressione del governo fosse sbagliata e mi dispiace che non siamo stati più espliciti al riguardo. Penso anche che abbiamo fatto delle scelte che, con il senno di poi e con nuove informazioni, non faremmo oggi. Come ho detto ai nostri team all'epoca, sono fermamente convinto che non dovremmo compromettere i nostri standard di contenuto a causa delle pressioni di qualsiasi amministrazione in entrambe le direzioni, e siamo pronti a reagire se qualcosa del genere dovesse accadere di nuovo.Qualche precisazione. La censura è iniziata molto prima, almeno da marzo 2020. L'abbiamo sperimentata tutti, quasi subito dopo i lockdown.
Dopo alcune settimane usare quella piattaforma per far circolare le notizie era diventato impossibile. Facebook ha commesso un errore e ha lasciato passare il mio pezzo su Woodstock e l'influenza del 1969, ma non avrebbe mai più commesso una simile leggerezza. Ogni singolo oppositore di quelle terribili linee di politica è stato oscurato a tutti i livelli.
Le implicazioni sono molto più significative di quanto suggerisca la lettera di Zuckerberg. Le persone sottovalutano costantemente il potere che Facebook ha sulla mente delle persone e ciò è stato particolarmente vero nei cicli elettorali del 2020 e del 2022.
La differenza tra avere un articolo non limitato e uno meno amplificato è stata gigantesca. Quando il mio articolo è stato pubblicato, ho sperimentato un livello di traffico che non avevo mai visto nella mia carriera. È stato sconcertante. Quando l'articolo è stato oscurato circa due settimane dopo, dopo che gli account troll avevano avvisato Facebook che i suoi algoritmi avevano commesso un errore, il traffico è sceso enormemente.
Ripeto, in tutta la mia carriera di attento monitoraggio dei modelli di traffico su Internet non avevo mai visto nulla di simile.
Facebook come fonte di informazioni offre un potere mai visto prima, soprattutto perché tante persone, soprattutto tra gli elettori, credono che le informazioni che vedono provengano dai loro amici e familiari e da fonti di cui si fidano. L'esperienza di Facebook e di altre piattaforme ha inquadrato una realtà che le persone credevano esistesse al di fuori di loro stesse.
Ogni dissidente e ogni persona normale che avesse avuto la sensazione che stesse succedendo qualcosa di strano, veniva fatto passare come una specie di idiota con idee folli e probabilmente pericolose, completamente estranee alla mentalità dominante.
Cosa significa che Zuckerberg ora ammette apertamente di aver escluso dalla vista qualsiasi cosa contraddicesse i desideri del governo federale? Significa che qualsiasi opinione su lockdown, mascherine, o obblighi di vaccinazione (e tutto ciò che vi è associato, comprese le chiusure di chiese e scuole e i danni dei vaccini) non faceva parte del dibattito pubblico.
Stavamo vivendo sotto attacchi di vasta portata sui nostri diritti, sulla libertà e sulla storia, e ciò non faceva parte di alcun serio dibattito pubblico. Zuckerberg ha avuto un ruolo enorme in tutto questo.
Gente come me era arrivata a credere che le persone normali fossero dei codardi, o degli stupidi, a non fare obiezioni. Ora sappiamo che forse non era vero! Le persone che facevano obiezioni venivano semplicemente messe a tacere!
Durante due cicli elettorali la risposta al Covid non è stata affatto in gioco come controversia pubblica. E adesso sappiamo anche il perché. Significa anche che qualsiasi candidato che abbia tentato di farne un problema è stato automaticamente declassato in termini di portata.
Di quanti candidati stiamo parlando qui? Considerando tutte le elezioni statunitensi a livello federale, statale e locale, stiamo parlando di almeno diverse migliaia. In ogni caso, i candidati che si esprimevano sugli attacchi più eclatanti alla libertà sono stati messi a tacere.
Un buon esempio è la corsa a governatore del Minnesota nel 2022, vinta da Tim Walz, ora candidato come vicepresidente con Kamala Harris. Le elezioni vedevano Walz concorrere contro un medico esperto, competente e altamente qualificato, il dott. Scott Jensen, il quale ha fatto della risposta al Covid un tema di campagna elettorale. Ecco il totale dei voti:
Naturalmente il dott. Jensen non ha potuto fare campagna elettorale su Facebook, piattaforma che ha avuto un'enorme influenza in quella elezione e che adesso ha ammesso di aver seguito le linee guida del governo federale per censurare i post. Infatti Facebook gli ha vietato completamente la pubblicità, ha ridotto la sua portata del 90% e probabilmente gli ha fatto perdere le elezioni.
Potete ascoltare il racconto di Jensen qui:
IMPOTENT PAWNS - Joe Biden conspired with Facebook to reduce Americans to impotent pawns! pic.twitter.com/k5SxQknNRL
— Scott Jensen (@drscottjensen) August 27, 2024Considerate quante altre elezioni sono state influenzate. È sconcertante pensare alle implicazioni di tutto questo. Significa che molto probabilmente un'intera generazione di leader in questo Paese non è stata eletta legittimamente, se per legittimo intendiamo un pubblico ben informato a cui viene data una scelta in merito alle questioni che influenzano le loro vite.
La censura di Zuckerberg – e questo riguarda anche Google, Instagram, LinkedIn e Twitter 1.0 – ha negato al pubblico la possibilità di scegliere sulla questione centrale dei lockdown, delle mascherine e dell'obbligo di vaccinazione, le stesse questioni che hanno sconvolto l'intera civiltà e hanno tracciato un percorso oscuro per la storia.
E non si tratta solo degli Stati Uniti, il che significa che le elezioni in ogni altro Paese, in tutto il mondo, sono state influenzate in modo simile. È stata una chiusura globale di ogni opposizione riguardo linee di politica radicali, eclatanti e profondamente dannose.
Se la si pensa in questo modo, non si tratta solo di un piccolo errore di giudizio. È stata una decisione sconvolgente che va ben oltre la codardia manageriale; va oltre persino la manipolazione elettorale. È un vero e proprio colpo di stato che ha rovesciato un'intera generazione di leader che si erano schierati per la libertà e li ha sostituiti con una generazione di leader che invece si sono genuflessi di fronte al potere.
Perché Zuckerberg ha scelto di confessare ora? Era ovviamente innervosito dal tentativo di assassinio di Trump, come ha affermato anche lui:
WATCH: Facebook @Meta CEO Mark Zuckerberg said seeing President Trump get up and pump his fist after being shot in the face at his rally in Pennsylvania is “one of the most badass things” he’s ever seen.
Looks like Zuck is trying to say nice things to avoid all responsibility… pic.twitter.com/wKnOFGYZCA
Poi c'è anche l'arresto in Francia del fondatore e CEO di Telegram, Pavel Durov, un evento che sicuramente scuote qualsiasi CEO importante di una piattaforma di comunicazione. Ci sono l'arresto e l'incarcerazione di altri dissidenti come Steve Bannon e molti altri.
Ora che RFK Jr. è stato dichiarato legittimato ad agire, è di nuovo in gioco anche il contenzioso sulla libertà di parola, rimandando il caso Missouri contro Biden alla Corte Suprema, che l'ultima volta aveva erroneamente deciso di negare la legittimazione ad altri querelanti.
Zuckerberg, più di tutti, conosce la posta in gioco. Comprende le implicazioni e la portata del problema, così come la profondità della corruzione e dell'inganno in gioco negli Stati Uniti, nell'Unione Europea, nel Regno Unito e in tutto il mondo. Immagina che prima o poi tutto potrebbe venire fuori, quindi potrebbe anche aver deciso di pararsi le spalle.
Di tutte le aziende al mondo che hanno una vera e propria presa sullo stato dell'opinione pubblica in questo momento, quella è Facebook. Vedono la portata del sostegno a Trump e quest'ultimo ha affermato in più occasioni che ritiene che Zuckerberg debba essere perseguito per il suo ruolo nella manipolazione dei risultati elettorali. E se, ad esempio, i suoi dati interni mostrassero un sostegno di 10 a 1 per Trump rispetto a Kamala, contraddicendo completamente i sondaggi ufficiali che comunque non sono credibili? Questo da solo potrebbe spiegare il suo cambio di idea.
È una questione che diventa particolarmente urgente dal momento che la persona che ha supervisionato la campagna di censura per conto della Casa Bianca, Rob Flaherty, ora è Digital Communications Strategist per la campagna elettorale di Harris/Walz. Non c'è dubbio che il DNC intenda impiegare gli stessi strumenti, moltiplicati e molto più potenti, se dovessero riprendersi la Casa Bianca.
“Sotto la guida di Rob”, ha affermato Biden in merito alle dimissioni di Flaherty, “abbiamo creato il più grande Ufficio per la strategia digitale della storia e, con esso, una strategia e una cultura digitale che hanno unito le persone invece di dividerle”.
A questo punto è lecito supporre che anche l'outsider più informato conosca circa lo 0,5% dell'intera manipolazione, inganno e macchinazioni segrete che hanno avuto luogo negli ultimi cinque anni circa. Gli investigatori del caso hanno affermato che ci sono centinaia di migliaia di pagine di prove che non sono classificate ma devono ancora essere rivelate al pubblico. Forse tutto questo verrà fuori a partire dal nuovo anno.
Pertanto l'ammissione di Zuckerberg ha implicazioni molto più grandi di quanto chiunque abbia mai ammesso. Fornisce una prima occhiata ufficiale e confermata al più grande scandalo dei nostri tempi: il silenziamento globale dei critici a tutti i livelli della società, cosa che a sua volta ha portato alla manipolazione dei risultati elettorali, a una cultura pubblica distorta, all'emarginazione del dissenso, all'annullamento di tutte le protezioni della libertà di parola e al gaslighting come arma principale dei governi dei nostri tempi.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Nel mondo delle valute fiat, l'euro è come Frankenstein
Nel 1818 la scrittrice inglese, Mary W. Shelley (1797-1851), pubblicò il suo raccapricciante romanzo Frankenstein: The Modern Prometheus che divenne famoso in tutto il mondo. Nella storia lo scienziato Victor Frankenstein assembla, nel suo laboratorio, una creatura simile all'uomo da parti di cadaveri e riesce a dare vita al suo corpo. Ma Frankenstein vorrebbe immediatamente eliminare il mostro che ha creato, lo vede come un demone definendolo un “mostro disgustoso”, un “Satana maledetto”. Il mostro si rende immediatamente conto di essere escluso, emarginato dalla società umana; è risentito e diventa vendicativo, portando grande sfortuna, morte e distruzione.
Il Frankenstein della Shelley ha subito molte interpretazioni nel corso degli anni. Una è che la trasgressione dei confini, come l'impulso empio di Frankenstein di voler creare la vita come Dio, finisce in un disastro. Collegato a questo tema, l'elevazione dell'essere umano al di sopra di ciò che gli è assegnato, la sua arroganza, l'incontrollabilità della creazione umana contraria alla natura, finiscono in un brutto finale.
Se ci si sofferma un attimo a riflettere e a guardare al passato recente, il libro della Shelley ci ricorda in qualche modo l'euro, la moneta unica sovranazionale “uscita dal laboratorio” il 1° gennaio 1999.
L'euro è stato creato artificialmente dichiarando i tassi di cambio precedentemente fissi delle valute partecipanti irrevocabili tra loro e nei confronti dell'“euro” come unità artificiale, e poi fondendoli in esso. Le valute nazionali, come il marco tedesco, il franco francese, lo scellino austriaco, ecc., sono state assorbite nell'euro ed è stato ricomposto da esse, per così dire.
Le valute nazionali stesse erano tutte valute fiat, rappresentavano denaro monopolizzato dallo stato letteralmente creato dal nulla. Tutte erano innaturali, o contrarie alla natura, soprattutto nel senso che non erano nate attraverso una cooperazione volontaria. Infatti erano imposte dall'alto verso il basso, dal monopolio dello stato. E i difetti economici ed etici delle valute fiat sono ora inerenti all'euro, il conglomerato delle valute fiat sottostanti.
È vero che i creatori dell'euro hanno fatto ogni genere di promesse e hanno elaborato regole e leggi per far credere alla popolazione che la loro creatura sarebbe stata una moneta affidabile. Ad esempio, il Trattato di Maastricht ha stabilito che la Banca centrale europea (BCE), che da quel momento in poi avrebbe monopolizzato la massa monetaria, avrebbe dovuto essere politicamente indipendente. Inoltre si diceva che la BCE avrebbe dovuto garantire la “stabilità dei prezzi” (un eufemismo per “bassa inflazione dei prezzi”) e che non avrebbe dovuto finanziare i deficit di bilancio dei Paesi partecipanti.
Gli stati membri dell'area Euro dovevano anche indossare una sorta di “camicia di forza fiscale”: non era loro consentito di contrarre nuovo debito oltre il 3% del PIL all'anno ed esso non poteva superare il 60% del PIL. Ma tutte le “cose buone” che i creatori dell'euro avevano promesso alla popolazione non si sono materializzate; al contrario, la loro creatura ha causato un problema dopo l'altro, portando a una miseria economica diffusa. Ad esempio, la crescita economica nei Paesi che hanno adottato l'euro fin dall'inizio è stata molto più bassa in media rispetto al periodo precedente.
Inoltre gli stati membri dell'area Euro non hanno rispettato le regole del debito. Al contrario, i loro livelli di debito hanno continuato a crescere negli ultimi 25 anni. I contribuenti nei Paesi che sono ancora relativamente più ricchi devono pagare per la cattiva gestione dei Paesi meno prosperi economicamente. È stata realizzata una mutualizzazione del debito. Ad esempio, il cosiddetto Meccanismo europeo di stabilità (MES) è stato istituito nel 2013 e il suo scopo è quello di rendere i contribuenti responsabili ostaggi di quegli stati membri finanziariamente irresponsabili. La BCE sta ora adattando la sua linea di politica sui tassi d'interesse alle esigenze delle finanze statali in difficoltà, ovvero sta finanziando le emissioni di debito degli stati membri attraverso programmi di acquisto di titoli di stato.
L'unione monetaria dell'euro è ora profondamente divisa, come dimostrano gli aumentati saldi TARGET2, i quali documentano una ridistribuzione mozzafiato della ricchezza: i Paesi in deficit sono finanziati a spese dei cittadini produttivi di quei Paesi in surplus. L'inibizione ad accendere la stampante monetaria si è sempre più ridotta; se necessario, la BCE fornisce di fatto quantità illimitate di credito a tassi d'interesse favorevoli, in particolare agli stati in difficoltà finanziarie e alle banche commerciali.
Nel corso dei lockdown imposti tra il 2020 e il 2022, la BCE ha ampliato drasticamente la massa monetaria nelle mani della popolazione, provocando un'inflazione dei prezzi molto elevata che ha svalutato il potere d'acquisto e i risparmi delle persone.
In sintesi, l'euro, quasi subito dopo essere uscito dal laboratorio, ha causato gravi problemi, persino un disastro economico. Ha assunto una vita propria e incontrollata, proprio come il mostro di Frankenstein. La moneta unica crea una crisi dopo l'altra perché, sempre come il mostro di Frankenstein, è letteralmente innaturale.
L'euro è moneta fiat ed essa è nota per avere evidenti difetti economici ed etici: è inflazionistica, socialmente ingiusta, causa crisi finanziarie ed economiche, spinge le economie verso un indebitamento eccessivo e consente allo stato di crescere senza controllo a spese delle libertà dei cittadini e degli imprenditori. Si può persino dire che l'euro ha notevolmente esacerbato i difetti insiti in qualsiasi moneta fiat.
La teoria economica, se fosse stata consultata, avrebbe potuto diagnosticare questa malattia fin dall'inizio: non si può creare denaro migliore, affidabile ed eticamente valido unendo singole parti di monete fiat. Al contrario, unendole si crea qualcosa di ben peggiore e il tentativo di preservare la creatura a tutti i costi non fa che renderla ancora più malvagia. Il danno che causa rovinerà la popolazione dell'Eurozona.
Il mostro del dottor Victor Frankenstein è nato da un'aberrazione che lo stesso dottore riconobbe immediatamente poco dopo il suo atto. Tuttavia non riuscì a disfare la sua opera; i creatori dell'euro, a differenza del dottor Frankenstein, non mostrano segni di pentimento. Questo perché non lo riconoscono per quello che è: denaro cattivo che sta gradualmente distruggendo l'economia e la società libera (o ciò che ne resta). Anzi sono piuttosto soddisfatti delle conseguenze dell'euro e non lo vedono come una mostruosità, non lo riconoscono come un disastro e non lo ritengono responsabile dei danni che causa.
Alla fine Mary Shelley fa morire il mostro di Frankenstein in Antartide e lo fa andare a fuoco. Frankenstein stesso muore poco dopo, dopo aver tramandato la sua storia ai posteri. Da questo non si può dedurre la fine della creatura dell'euro, ma da un punto di vista economico è chiaro: non avrà un lieto fine.
Ora potreste dire: l'euro non è una creatura simile all'essere umano come lo era il mostro di Frankenstein, quindi non dovremmo associarlo alla storia di Mary Shelley. In risposta a questa obiezione, si può dire che il paragone non è sbagliato se ci si rende conto che entrambi i casi riguardano in ultima analisi atteggiamenti umani, idee umane. Sono alla base delle azioni “non autorizzate”, come l'arroganza di voler creare qualcosa di innaturale, o forse portare qualcosa di disastroso nel mondo con il pretesto del bene.
Vista sotto questa luce, la radice del male è rappresentata dalle cattive idee e il mostro di Frankenstein e l'euro sono solo i rispettivi sintomi che produce l'azione umana istigata da cattive idee. Per porre fine alla creatura dell'euro, le persone devono cambiare il loro modo di pensare rendendosi conto che una moneta fiat uniforme, politicizzata e centralizzata non è una buona idea, ma piuttosto che le persone devono avere libertà illimitata nella loro scelta di cosa usare come denaro. Quindi ha senso collegare il mostro di Frankenstein e la creatura dell'euro, affinché chi legge possa avere un altro punto di vista che rifiuta di accettare.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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In difesa di Milei
di Philipp Bagus & Bernardo Ferrero
Mentre la maggior parte dei libertari ha guardato con favore all'ingresso di Milei in politica e alle sue scelte da presidente, questa visione non è stata abbracciata da tutti. Oscar Grau, ad esempio, ha scritto alcuni articoli critici che analizzano le politiche interne ed estere di Milei. Per quanto riguarda le prime, Grau sostiene che l'approccio di Milei è interventista, cosa che stritola il settore privato sotto l'egida di un'adesione solo retorica alla libertà e al libero mercato; per quanto riguarda le seconde, Grau conclude che il presidente argentino è solo l'ennesimo neocon, politico dell'establishment. Considerando quanto sopra, Grau dice che Milei è un “imbroglione”, “statalista”, “neocon” e accusa i suoi seguaci di essere dei traditori opportunisti.
L'importanza della storia congetturale e della verstehen
Pur concordando con Grau su alcune delle sue critiche, la sua line generale non riesce a tenere conto di una serie di questioni essenziali e la sua conclusione, secondo cui i libertari dovrebbero dissociarsi da Milei, è ingiustificata. Bisogna tenere a mente quattro domande: qual era la situazione prima che Milei salisse al potere? Qual era l'alternativa in Argentina? Cosa ha realizzato finora? Dove mira il suo programma?
La contestualizzazione è essenziale per comprendere l'ambiente in cui Milei è stato costretto a operare. I vincoli, tanto quanto le opportunità, sono pregni di contesto, stabilendo i confini entro i quali, in ogni momento, l'attore di mercato forma le sue aspettative e i suoi giudizi su benefici e costi marginali dei corsi d'azione alternativi. Inoltre non si può evitare quella che Montesquieu chiamava “storia congetturale” e quindi applicare la comprensione interpretativa (quella che Weber chiamava Verstehen) quando si prende in considerazione la rilevanza del “fenomeno Milei” e la misura in cui sta spingendo il suo Paese nella giusta direzione.
I disastri del kirchnerismo
La prima cosa che Grau sottovaluta è la situazione e le difficoltà che Milei ha incontrato una volta salito al potere. A parte alcuni commenti sull'andamento inflazionistico del peso, Grau dedica poca attenzione alle politiche disastrose che sono state perseguite in Argentina dalla fine della convertibilità (1992-2001), da Nestor Kirchner (2003-2007) e poi continuando con Cristina Fernández de Kirchner (2007-2015), Mauricio Macri (2015-2019) e, soprattutto, Alberto Fernández (2019-2023). Il disastro di questo socialismo argentino del XXI secolo si è riflesso negli squilibri fiscali e monetari che Milei si è trovato ad affrontare quando è entrato nella Casa Rosada. Con un debito pubblico di oltre $400 miliardi e quasi $60 miliardi di debiti commerciali in scadenza, lo stato argentino era sull'orlo del default, il suo decimo default dall'indipendenza (1816). In questo lasso di tempo la banca centrale argentina ha fatto registrare riserve negative in dollari nel suo bilancio.
La responsabilità di questi squilibri era tutta nelle mani della classe politica. Per quanto riguarda la carenza di dollari è stata la decisione di bloccare il peso a un tasso sopravvalutato rispetto al cambio estero a creare gli effetti tipici di tutti i controlli sui prezzi. Mentre le persone si precipitavano a sbarazzarsi dei loro pesos, ciò che ne è seguito è stata una corsa al dollaro, una carenza di valuta estera e un deficit della bilancia dei pagamenti che ha prosciugato la produzione interna. Invece di risolvere il problema consentendo al tasso di cambio di adeguarsi ai livelli di compensazione del mercato, limitando la spesa pubblica e frenando la stampa di denaro, i kirchneristi hanno contrastato questi movimenti con ulteriori interventi monetari sotto forma di controlli sui capitali e sui cambi (cepo e control de cambios). Costretti a separarsi dai loro guadagni in dollari a tassi inferiori a quelli di mercato, gli esportatori sono stati espropriati. Allo stesso tempo gli importatori privilegiati sono stati sovvenzionati e l'accesso del Paese ai mercati finanziari internazionali è stato limitato. Quando Milei ha assunto la carica, c'erano 18 diversi tassi del dollaro. Questo scenario ha incentivato favoritismi politici, ha esacerbato il rischio del tasso di cambio e ha diffuso il caos nei calcoli imprenditoriali.
La causa fondamentale di questi squilibri era il livello insostenibile di spesa pubblica. Mossi dal motto di Evita Peron, “Dove c'è il bisogno nasce un diritto”, i programmi sociali sono stati moltiplicati e la portata del settore pubblico è aumentata drasticamente: livelli oppressivi di tassazione, una legislazione gravosa sul mondo del lavoro e restrizioni commerciali labirintiche. La ricchezza è iniziata letteralmente a essere privatizzata, concentrandosi solo in un piccolo gruppo di eletti non integrati nella divisione del lavoro e specializzati nello spendere surrettiziamente le risorse altrui senza riparazione. Il rovescio della medaglia è stata la socializzazione della miseria. A novembre 2023 il tasso di povertà era salito al 55%, mentre il livello degli indigenti aveva raggiunto il 17,5%.
La crisi monetaria e fiscale
Incapace sia di spremere il settore privato attraverso ulteriori imposte senza perdere entrate, sia di collocare i propri obblighi nei mercati del credito internazionali, la banca centrale ha monetizzato i deficit fiscali. Dal 2002 i politici argentini hanno utilizzato l'inflazione come mezzo per finanziare i consumi pubblici e la prodigalità in eccesso rispetto alle imposte previste dalla legge, esternalizzando i costi sui risparmiatori, sui creditori, sui percettori di reddito fisso e sui lavoratori a basso reddito. Oltre a ciò, le élite hanno emesso ulteriori pesos per finanziare il cosiddetto deficit quasi fiscale, corrispondente agli interessi mensili e giornalieri pagati alle banche commerciali per “parcheggiare” parte dei pesos in eccesso presso la banca centrale. Poiché il tasso d'interesse effettivo annuo è aumentato in linea con l'andamento geometrico dell'inflazione dei prezzi, raggiungendo il 253% a novembre 2023, questi pagamenti hanno costituito una fonte di creazione di denaro pari al 10% del PIL. Ciò che è iniziato come una misura per limitare l'offerta di denaro si è trasformato in una delle fonti più problematiche di inflazione incontrollata. Tra il 2011 e il 2023 la base monetaria più ampia, che comprende sia le passività non remunerate (base monetaria) sia quelle remunerate della banca centrale (Leliqs e Pases), è aumentata di un multiplo di 116, con l'aumento più significativo verificatosi durante l'ultima presidenza. In quattro anni, sotto la presidenza di Alberto Fernandez, la banca centrale ha ampliato la quantità di base monetaria dell'equivalente del 32% del PIL, con il 13% emesso solo in quell'ultimo anno.
Quando Milei ha assunto la carica, l'Argentina languiva in una crisi economica, monetaria e fiscale. Le conseguenze perniciose di lassismo monetario e fiscale si sono scatenate tutte insieme: un tasso di inflazione dell'1% al giorno (e annuo al 3700%), deficit fiscale duplice del 15% del PIL (5% Tesoro argentino e 10% banca centrale) e un periodo di stagnazione lungo 12 anni. Dato che l'Argentina aveva vissuto in un'anomia istituzionale per gli ultimi due decenni, Milei si è ritrovato molte strade precluse davanti a sé.
La doppia strategia del politico libertario
Come presidente dell'Argentina, Milei ha capito che, indipendentemente dalle sue credenziali accademiche, era ormai diventato un politico. E un politico, anche libertario, deve tenere conto delle circostanze specifiche di tempo e luogo se vuole riuscire a mantenere ed espandere il sostegno degli elettori. Il politico libertario a volte deve scendere a compromessi, senza mai andare nella direzione sbagliata. Secondo Jesús Huerta de Soto, il politico libertario dovrebbe usare una duplice strategia: studiare i principi teorici del libertarismo e istruire il pubblico in generale su questi principi e le sue implicazioni, impegnandosi in un lavoro di divulgazione delle idee libertarie. A tal fine non saranno accettati compromessi.
Essendo consapevole dei suoi obiettivi a lungo termine, il politico libertario cercherà anche possibili piani di transizione verso quell'ideale che non violi i principi libertari. Se è impossibile eludere un compromesso a breve termine, può concederlo purché si muova nella giusta direzione. In nessun caso un insieme di misure si allontanerà da una società più libertaria. Le restrizioni che i politici e l'apparato burocratico (o lo stato profondo) apportano sono sconosciute al grande pubblico; il politico libertario deve fare uso della sua conoscenza specifica del tempo e dello spazio, valutando le restrizioni effettive che la vita politica reale offre, e realizzare in ogni momento storico il massimo di quell'ideale che le circostanze consentono.
Solo utilizzando questa duplice strategia si possono evitare quei due estremi che Murray Rothbard considerava dannosi per il progresso della libertà: “l’opportunismo di destra” e il “settarismo di sinistra”. Se il primo è una “linea di politica senza principi”, incapace di dare un fondamento non arbitrario all’azione politica, il secondo è un “principio senza linea di politica”, che inibisce il perseguimento concreto del miglior bene possibile.
Milei come politico libertario
Milei ha seguito la descrizione di un politico libertario. Anche se Grau lo dipinge come un semplice neoclassico, Milei ha studiato a fondo le idee libertarie e Austriache. Oltre ad essere stato “convertito” alla teoria Austriaca nel 2014 dopo aver letto il capitolo 10 di Man, Economy and State di Rothbard, ha letto Human Action tre volte e ha familiarizzato con le opere di Hayek, Hazlitt, Kirzner e molti altri. Sebbe si porti dietro ancora residui monetaristi, definirlo un economista matematico e neoclassico è quantomeno impreciso. Nessun monetarista ha mai sostenuto, come fa continuamente Milei, l'eliminazione della banca centrale, la denazionalizzazione del denaro e la deflazione dei prezzi. Inoltre ha scritto libri che criticano le opinioni neoclassiche/di Chicago su monopolio, fallimenti del mercato e antitrust.
Inoltre rende popolari queste idee ogni volta che può. Non è stato solo facendo appello alla retorica del “popolo contro élite”, ma anche illuminando le persone sulla superiorità morale, economica e persino estetica di un ordine sociale basato sul mercato che Milei è stato in grado di fondersi con il 56% del sostegno degli elettori. Solo per fare un esempio tra i tanti, nel 2021, poco dopo la sua vittoria alle primarie, Milei ha iniziato una serie di sei lezioni all'aperto sull'economia Austriaca nelle piazze di Buenos Aires, al termine delle quali regalava copie di Economics in One Lesson di Henry Hazlitt. I suoi noti interventi pubblici a Davos (World Economic Forum), Roma (Quarta Repubblica - Mediaset), Washington (CPAC), Madrid (Vox - Viva24) sono una dimostrazione che ha continuato a rendere popolari queste idee dopo aver assunto l'incarico.
Inflazione, deficit e qualità del denaro
Per quanto riguarda la seconda parte della strategia duale, si applica un ragionamento simile. Durante la campagna elettorale Milei si è candidato con una piattaforma di austerità, promettendo tagli alla spesa pubblica e un abbassamento generale delle tasse e delle normative. La sua priorità era porre fine all'inflazione, un tema che ha sviluppato in dettaglio in uno dei suoi ultimi libri che porta esattamente quel titolo: El fin de la Inflacion. Il suo piano di dollarizzazione più che un invito a unirsi a un sistema finanziario dominato dalla FED era mosso dal desiderio di allontanare la stampante monetria dalla casta argentina e consentire alle classi produttive di scambiare, risparmiare, pianificare e calcolare liberamente con l'unità monetaria che, alla luce della sua stabilità e indipendenza, preferivano di più. Inutile dire che si trattava del dollaro statunitense.
Per ottenere questi risultati Milei ha pensato a un piano di transizione composto da diverse fasi, rispettando in gran parte le sue promesse. Sapendo di non avere la maggioranza parlamentare per promuovere riforme strutturali, evitare una crisi iperinflazionistica e un altro default è diventata la sua preoccupazione principale. Milei ha affrontato queste questioni con un certo successo. Quando ha assunto la carica a dicembre, i prezzi all'ingrosso salivano a un ritmo del 25,5% al mese, mentre le ultime misure dell'inflazione riportano un ritmo mensile del 4% a luglio di quest'anno. Secondo Grau l'abbassamento dell'inflazione è stato ottenuto da una mix di manovre stataliste volte a inibire la gente dal precipitarsi sul dollaro, aumentandone il prezzo. Di certo i controlli sui prezzi e sui cambi sono indifendibili, tuttavia erano già in atto quando Milei è arrivato, quindi non possono essere stati un fattore causale significativo. Ciò che Grau ignora è che l'inflazione dei prezzi è stata domata grazie a due fenomeni interconnessi: la lenta ma costante diminuzione dell'emissione monetaria e l'aumento della qualità del sistema monetario.
I cambiamenti nella qualità di quest'ultimo cambiano, ceteris paribus, la qualità del denaro, la domanda di denaro e, di conseguenza, il potere d'acquisto del denaro. Infatti Milei ha migliorato sostanzialmente il sistema monetario dell'Argentina ottenendo un surplus fiscale entro il primo mese di governo e dichiarando che l'eliminazione del deficit fiscale non era negoziabile. In questo modo ha stabilito un solido ancoraggio monetario: poiché è scomparsa la necessità di finanziare i deficit fiscali stampando denaro, le aspettative inflazionistiche sono state ridotte. Di recente il governo ha dichiarato che alla base monetaria non sarà più consentito di crescere (“emisión cero”), migliorando ulteriormente la qualità del sistema monetario. Come scrisse Rothbard, un importante fattore determinante della domanda di denaro in uno standard fiat è la fiducia della popolazione nelle “autorità che emettono denaro fiat”. Poiché una moneta fiat è emessa indirettamente dallo stato, la solvibilità di quest'ultimo diventa un fattore importante dietro il prezzo del denaro. Considerando che tale solvibilità è valutata scontando al presente i surplus fiscali futuri, le misure di austerità di Milei non solo hanno ancorato l'offerta di denaro futura, ma hanno anche aumentato rapidamente la domanda di denaro. Allo stesso modo la qualità del sistema monetario è stata migliorata ristrutturando il bilancio della banca centrale. Le passività remunerate sono state eliminate e una parte maggiore della base monetaria è stata sostenuta da riserve monetarie che sono passate da -$10,545 miliardi a $27,439 miliardi. Sebbene assenti nelle osservazioni di Grau, queste misure sono state responsabili della riduzione sia dell'inflazione dei prezzi che dei tassi d'interesse.
Un minor carico fiscale
Si potrebbe sostenere che un libertario dovrebbe guardare con ottimismo all'idea di default di uno stato. Da Thomas Jefferson a Murray Rothbard, la posizione libertaria ortodossa sulla finanza pubblica è stata, per ragioni sia normative che positive, inequivocabile: ripudiare il debito pubblico. Detto questo, bisogna anche prendere in considerazione i costi politici di farlo, i quali potrebbero risultare critici, specialmente in un Paese come l'Argentina che è andato in default talmente tanto spesso senza mai riprendersi per davvero.
Riflettendo su questi costi politici, Milei ha deciso di andare avanti con il piano di eliminare la spesa in deficit e accumulare surplus di bilancio. Seguendo Rothbard, ci sono tre modi in cui uno stato può realizzare una riorganizzazione dei suoi conti: aumentando le tasse, riducendo la spesa pubblica e privatizzando gli asset pubblici; o un mix di quanto sopra. Mentre il primo modo è sia dannoso che illegittimo, il secondo e il terzo sono strade sane e del tutto legittime. Mentre un libertario può giustamente criticare l'aumento di alcune tasse (impuesto pais, carburante e stipendi) approvato dal governo di Milei, la maggior parte dei surplus di bilancio è arrivata attraverso tagli alla spesa pubblica, la quale è diminuita di quasi il 35% in termini reali. Il governo Milei ha stabilito un nuovo record in Argentina, avendo licenziato il numero più alto di dipendenti pubblici nei primi sette mesi del suo mandato. Secondo l'ultima relazione pubblicata dall'Instituto Argentino de Analisis Fiscal, Milei ha licenziato 30.936 dipendenti pubblici durante il suo primo semestre.
Un altro ambito importante in cui Milei ha fatto importanti progressi fin dall'inizio è la deregolamentazione. A partire dal suo Decreto de Necesidad y Urgencia, Milei ha abrogato più di trecento regolamenti che soffocavano le attività commerciali sin dai tempi del dittatore Ongania (1966-70), dal controllo degli affitti alle leggi sulla moneta a corso legale. Omessa da Grau la parte più cruciale di questo decreto è stata la modifica dell'articolo 958 del Codice civile e commerciale, con cui il governo Milei ha relegato le norme legali a un piano inferiore rispetto alla volontà delle parti espressa nei contratti. Poiché l'inflazione e i regolamenti sono una tassa, e poiché entrambi consentono allo stato di ottenere un controllo sostanziale sull'uso delle risorse nella società, Miliei ha nell'effettivo ridotto l'onere fiscale complessivo.
Tagli alle tasse e liberalizzazioni all'orizzonte
Con il suo piano di riforma (Ley Bases) finalmente accettato da entrambe le camere, si profilano all'orizzonte alcune privatizzazioni. Ciò aumenterà la quota di surplus di bilancio attribuibile sia a modi legittimi che economizzatori di attuare l'austerità. Inoltre si prevedono ulteriori deregolamentazioni accompagnate da crescenti tagli fiscali e in un certo senso questo processo è già iniziato. All'inizio di agosto 2024 il governo Milei ha emanato il decreto 697/2024, eliminando le tasse su tutti i tagli di carne bovina e le ritenute all'esportazione di carne suina. Il decreto prevede anche una riduzione del 25% delle ritenute all'esportazione su tutte le proteine animali e un'eliminazione permanente dei dazi all'esportazione sui prodotti lattiero-caseari, restituendo complessivamente circa $130 milioni nelle tasche dei produttori.
Nel frattempo il governo di Milei ha eliminato le ritenute alla fonte sull'IVA e sugli utili sulle vendite aziendali. Inoltre ha abbassato l'imposta sulle importazioni (impuesto pais) al 7,5% e ha annunciato che entro dicembre 2024 sarà abolita, alleviando significativamente la pressione sul commercio e sulle attività commerciali. Si può sostenere che una tale liberalizzazione non sia abbastanza rapida, ma non si può negare che si muova nella giusta direzione. E sì, Milei ha dovuto scendere a compromessi, soprattutto perché non detiene la maggioranza in parlamento. Libertad Avanza ha solo il 15% dei seggi alla Camera dei rappresentanti e al 10% nel Senato; la maggior parte dei membri del suo partito, inoltre, è rappresentata da semplici alleati politici senza una reale conoscenza dell'economia Austriaca e del libertarismo. Gli obiettivi di Milei, però, sono chiari e sono stati confermati a luglio con la firma del Pacto de Mayo tra il presidente e i governatori. Tra i dieci principi fondanti di questo patto c’erano “l’inviolabilità della proprietà privata”, “la riduzione della spesa pubblica al 25% del PIL” e l’attuazione di una riforma che “riduca il carico fiscale e semplifichi la vita degli argentini e promuova il commercio”.
Milei non è un neocon
Mentre Grau dedica grande attenzione alla politica estera, non si dovrebbe dare tanta importanza al posizionamento di Milei nella “politica internazionale”, poiché l’Argentina non influenza praticamente nulla a quel livello. Il cambio di blocco operato da Milei non implica alcun allontanamento dall’ideale rispetto alla situazione precedente. La sua posizione riguardo la politica estera è, ai fini pratici, puramente testimoniale. Inoltre in molti Paesi sudamericani la vera alternativa, ed è così che la cittadinanza percepisce la questione, è stare o con gli USA e i suoi alleati (Israele e Paesi dell’UE), o con i socialisti e i loro “amici” (Russia, Iran, Cina). I recenti eventi che hanno circondato la rielezione fraudolenta del dittatore socialista del Venezuela, Nicolas Maduro, approvata da Putin, Xi Jinping e gli ayatollah, lo confermano. Del resto dopo quasi due decenni di flirt costante dei kirchneristi con questo blocco e con evidenti casi di corruzione e cattiva gestione (si pensi, ad esempio, all’Operación Moscú voluta da A. Fernandez durante il Covid che ha permesso la distribuzione privilegiata del vaccino Sputnik V in Argentina) è comprensibile che Milei, come parte della sua reazione, possa guardare all’altro lato dello spettro.
Qualunque cosa si possa pensare della collocazione dell'Argentina negli affari internazionali, Milei non è un neocon nel senso tradizionale del termine. Nessun neocon ha dichiarato esplicitamente (né continua a dichiarare in ogni occasione e apparizione pubblica), come invece fa Milei, che lo stato (compreso quello di Israele e dell'Ucraina) è solamente un branco di imbroglioni. Nessun neocon “odia” lo stato. Inoltre essi difendono l'interventismo estero come parte di un sostegno generale allo stato assistenziale-bellico. William Buckley non era solo un militarista antisovietico, ma anche un sostenitore del movimento per i diritti civili degli anni '60. Irving Kristol sosteneva uno “stato assistenziale conservatore” che avrebbe instillato l'abnegazione e un comportamento virtuoso tra i cittadini. Milei invece è un ardente critico dell'intervento statale, delle politiche antidiscriminatorie, del paternalismo e dello stato assistenziale. Appartiene a un'altra lega. Come i liberali tradizionali e i libertari classici, da Montesquieu a Bastiat, da Cobden a Mises, Milei vede nel libero mercato il veicolo per relazioni internazionali più pacifiche e, qualora abbandonato, la premessa per la guerra.
Milei si impegna nella divulgazione di idee Austro-libertarie, diametralmente opposte allo statalismo e al neoconservatorismo. Ad esempio, cita continuamente e incoraggia la lettura di autori libertari, da Murray Rothbard a Hans-Hermann Hoppe. È ironico in questo senso che Grau denunci Milei come neocon e allo stesso tempo lo critichi per aver sostenuto ed essere un alleato di Trump, quando in politica estera quest'ultimo è stato il meno interventista di tutti i presidenti degli Stati Uniti negli ultimi due decenni. Infine se si vuole etichettare Milei come un neocon solo per le sue simpatie geopolitiche e la posizione pro-NATO, cosa si dovrebbe dire di Mises che guardando all'Europa del dopoguerra sosteneva l'istituzione di una “unione permanente e duratura” tra le democrazie occidentali e per “investire tutto il potere in una nuova autorità sovranazionale” al fine di evitare una volta per tutte la sottomissione al totalitarismo? Si potrebbe dire che le osservazioni di Mises furono fatte in un momento particolare della storia e che erano destinate ad applicarsi solo a quelle circostanze. È ragionevole. Ma allora perché la posizione e le dichiarazioni di Milei dovrebbero essere trattate in modo così diverso?
Conclusione
Il libertarismo richiede una strategia realistica. L'idea che ci si debba dissociare intellettualmente da una persona perché potrebbe non implementare appieno l'ideale libertario, non è solo in contrasto con il buon senso, ma è stata respinta come linea di politica sensata dallo stesso Murray Rothbard, il quale nel 1990 associò questo atteggiamento al “percorso disastroso e strampalato del randianismo ortodosso”. Mentre ci si potrebbe aspettare e desiderare che Milei faccia di più e lo faccia più velocemente, mentre si può criticarlo per questo o per quel compromesso, non si può non vedere che ha mosso l'Argentina nella giusta direzione e che il suo ingresso in politica ha implicato un cambiamento di paradigma per la diffusione e l'implementazione delle idee libertarie. Come ha scritto Jesús Huerta de Soto, grazie a Milei e ai suoi successi politici è comune vedere a Buenos Aires, e in altre città argentine e latinoamericane, persone che camminano in giro con Human Action sottobraccio. Uno dei sondaggi più recenti condotti da DC Consultores mostra che circa il 70% degli argentini ritiene che il peronismo sia morto con Alberto Fernandez e che con Milei sia iniziata una nuova era. Il cambio di paradigma, quindi, non è retorica ma una realtà storica che dovrebbe darci speranza per il futuro. Le idee muovono il mondo, non il contrario. Viva la Libertad carajo!
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Ludwig von Mises e la teoria Austriaca della moneta, dell'attività bancaria e del ciclo economico — Parte #3
Quando l'edizione in lingua inglese di The Theory of Money and Credit di Ludwig von Mises fu pubblicata 90 anni fa, nel 1934, il mondo era nel mezzo della Grande Depressione. Il crollo del mercato azionario americano nell'ottobre del 1929 si trasformò presto in una grave crisi economica che raggiunse il punto più basso in termini di disoccupazione e calo della produzione industriale/agricola nel 1932 e all'inizio del 1933.
In Europa le condizioni economiche non erano migliori. La Gran Bretagna e la Francia, ad esempio, stavano sperimentando gli stessi effetti negativi di calo della produzione e aumento della disoccupazione, anche se il peggio, in termini di questi due indicatori economici, si stava verificando in Germania. A intensificare l'impatto mondiale della crisi economica fu un ritorno al protezionismo commerciale in molte delle principali economie, compresi gli Stati Uniti, insieme ai controlli sui cambi che portarono a un drastico calo del commercio e degli investimenti internazionali.
Stato e Grande depressione
Perché la gravità e la profondità di questa depressione economica erano le più gravi nella memoria di chiunque? Secondo Mises ciò era dovuto al grado in cui gli stati stavano introducendo linee di politica che ostacolavano e impedivano all'economia di mercato di riaggiustarsi e riequilibrarsi dopo quella che si era rivelata la falsa prosperità del decennio precedente. Non che tutto ciò che era accaduto in quest'ultimo periodo di tempo fosse insostenibile. Le innovazioni tecnologiche, l'efficienza dei costi, i miglioramenti nell'organizzazione e nella gestione dell'industria e della produzione avevano rappresentato miglioramenti tangibili negli standard e nella qualità della vita in tutto il mondo, specialmente negli Stati Uniti.
Ma a sovrastare questi impressionanti miglioramenti nei potenziali di produzione c'erano state linee di politica monetarie negli Stati Uniti e in Europa che avevano portato a disallineamenti e squilibri tra risparmi e investimenti, preparando il terreno a un inevitabile periodo di correzione. Relazioni insostenibili tra prezzi e salari e usi di risorse e capitale dovevano essere corretti se si voleva tornare a una crescita e stabilità economica a lungo termine.
In passato c'erano stati boom e bust, inflazioni e depressioni, tuttavia raramente erano stati così gravi e destabilizzanti come quelli vissuti negli anni '30. Prima di ciò gli stati avevano mantenuto un approccio abbastanza “non intromissivo”, consentendo ai mercati finanziari, degli investimenti e dei consumatori di aggiustarsi e trovare i loro modelli di coordinamento di prezzi/salari e usi di risorse/capitale per tornare alla piena occupazione e ai potenziali di produzione.
Il gold standard e il crescente interventismo dello stato
Negli anni '30 gli stati fecero il contrario: nel settembre 1931 il governo britannico aveva posto fine al gold standard come base del sistema monetario del Paese; dopo l'insediamento di Franklin D. Roosevelt negli Stati Uniti nel marzo 1933, il gold standard venne rimosso nel giugno di quell'anno ordinando agli americani di consegnare le loro monete d'oro e i lingotti in cambio di cartamoneta della Federal Reserve sotto la minaccia di arresto, confisca e imprigionamento.
Prima con il presidente repubblicano Herbert Hoover e poi con i programmi del New Deal, il governo degli Stati Uniti gestì grandi deficit di bilancio, aumentò le tasse sulle imprese, intraprese ingenti progetti di lavori pubblici e interferì con gli aggiustamenti di salari/prezzi. Infatti con l'avvento del New Deal Roosevelt impose un sistema di pianificazione economica in stile fascista sull'industria e l'agricoltura, eliminando a tutti gli effetti l'economia di mercato. Solo una serie di decisioni della Corte Suprema nel 1935 e nel 1936, che dichiararono incostituzionali alcuni dei principali programmi del New Deal, salvarono l'America dalla possibilità di un'economia pianificata permanente.
Negli anni '20 la Germania aveva un governo democratico debole, noto come Repubblica di Weimar. Nel 1931 e nel 1932 i tre maggiori partiti politici rappresentati nel parlamento tedesco erano i socialdemocratici, i nazionalsocialisti (nazisti) e i comunisti. Nel gennaio 1933 Adolf Hitler fu nominato cancelliere (primo ministro) e nel giro di pochi mesi i nazisti trasformarono rapidamente il Paese in una dittatura, con la spesa e gli investimenti diretti dal governo. I nazisti introdussero formalmente la pianificazione centralizzata quadriennale nel 1936.
Nella vicina Austria, dove Mises viveva e lavorava come analista economico per la Camera di commercio di Vienna, scoppiò una breve guerra civile nel febbraio 1934 tra il governo di orientamento fascista e le forze armate del Partito socialdemocratico, e si concluse con la sconfitta dei socialisti austriaci. Poco dopo fu istituita una nuova costituzione che stabiliva ufficialmente un sistema politico autoritario e un'economia corporativista. Nell'ottobre 1934 Mises lasciò l'Austria e accettò la sua prima cattedra a tempo pieno presso il Graduate Institute of International Studies di Ginevra, in Svizzera. Ciò gli permise di sfuggire sia alla vita sotto la dittatura fascista nel suo Paese d'origine, sia alla crescente ondata di antisemitismo che divenne violenta e mortale dopo che Hitler entrò a Vienna nel marzo 1938 e l'Austria fu annessa al Terzo Reich.
Mises sulle cause della Grande depressione
Nel febbraio 1931 Mises tenne una conferenza sulle cause della crisi economica. I Paesi d'Europa e gli Stati Uniti furono coinvolti nella Grande depressione proprio perché gli stati non erano riusciti a consentire aggiustamenti e ribilanciamenti basati sul mercato in modo da ripristinare la produzione e l'occupazione.
Invece fecero del loro meglio per mantenere prezzi e salari a livelli non di mercato attraverso varie forme di interventismo e regolamentazione. I dazi proteggevano i produttori nazionali non competitivi dai rivali stranieri; i sindacati avevano il potere non ufficiale di chiudere le aziende e usare la violenza per impedire ai lavoratori non sindacalizzati di riempire i posti di lavoro dei lavoratori sindacalizzati in sciopero, affinché venissero imposti salari più alti di quelli di mercato; l'indennità di disoccupazione fu utilizzata per ridurre la pressione sui sindacati da parte dei disoccupati; le tasse sulle imprese private ridussero gli investimenti e minacciarono il consumo di capitale; la spesa in deficit degli stati fu utilizzata per “creare” posti di lavoro inutili. Da ciò Mises concluse:
Se si fa tutto il possibile per impedire al mercato di svolgere la sua funzione di bilanciare domanda e offerta, non dovrebbe sorprenderci se persiste una grave sproporzione tra domanda e offerta, se le merci restano invendute, le fabbriche restano inattive, ci sono milioni di disoccupati, la miseria e l'indigenza crescono e se, sulla scia di tutto ciò, il radicalismo distruttivo dilaga nella politica [...]. Con la crisi economica la politica economica interventista, la linea di politica seguita oggi da tutti gli stati indipendentemente dal fatto che siano responsabili nei confronti dei parlamenti o che abbiano aperto le porte alle dittature, diventa evidente.L'influenza corruttrice dello stato interventista
L'effetto corrosivo che tali linee di politica interventiste ebbero sul funzionamento del mercato e sugli incentivi antisociali nel settore privato venne spiegato da Mises un anno dopo, nel 1932, in un saggio intitolato “Il mito del fallimento del capitalismo”:
Nello stato interventista non è più di fondamentale importanza per il successo di un'impresa che l'attività venga gestita in modo da soddisfare le richieste dei consumatori nel modo migliore e meno costoso. È molto più importante avere “buoni rapporti” con le autorità in modo che gli interventi vadano a vantaggio e non a svantaggio dell'impresa. Qualche protezione commerciale in più per i prodotti dell'impresa e qualcuna in meno per le materie prime utilizzate nel processo di produzione possono essere di gran lunga più vantaggiosi per l'impresa rispetto alla massima cura nella gestione dell'attività. Non importa quanto bene essa possa essere gestita, fallirà se non sa come proteggere i propri interessi nella stesura dei dazi e nelle negoziazioni davanti ai collegi arbitrali e con le autorità dei cartelli. Avere “collegamenti” diventa più importante che produrre bene e a basso costo.
Quindi le posizioni di comando all'interno delle imprese non sono più ottenute da persone che sanno come organizzare le aziende e dirigere la produzione nel modo in cui la situazione di mercato richiede, ma da persone che sono considerate “in alto”, che sanno come andare d'accordo con la stampa e tutti i partiti politici, in modo che loro e la loro azienda non diano fastidio. È questa classe dirigente che negozia molto di più con funzionari statali e leader di partito che con coloro da cui comprano e a cui vendono.
Poiché si tratta di ottenere favori politici per le loro imprese, i direttori devono ripagare i politici con favori. Negli ultimi anni ci sono state poche grandi imprese che non hanno dovuto spendere somme molto considerevoli [...] in contributi per le campagne elettorali, organizzazioni di assistenza pubblica e simili [...]. La crisi di cui soffre oggi il mondo è la crisi dell'interventismo e del socialismo nazionale e municipale; in breve, è la crisi delle linee di politica anticapitaliste.
L'ambiente economico tedesco era uno in cui una relazione simbiotica collegava coloro che erano in politica e nella burocrazia con gruppi d'interessi particolari che desideravano favori e privilegi a spese degli altri. Non sorprende poi se un anno dopo, nel 1933, lo stato interventista, corrotto e corruttore, si trasformò nell'economia di comando/controllo nazionalsocialista, e che nel Paese di Mises, l'Austria, il fascismo e l'economia pianificata vennero implementati un anno dopo, nel 1934.
La teoria del ciclo economico di Mises
Anche se una ragnatela crescente di politiche interventiste spiega come e perché la Grande depressione degli anni '30 divenne così profonda e prolungata, rimaneva ancora la questione di come e perché si fosse verificata. In altre parole, quali erano le politiche monetarie e bancarie che precedettero la Grande depressione e che la resero inevitabile? Mises, nel libro The Theory of Money and Credit e poi nella sua monografia Monetary Stabilization and Cyclical Policy (1928), aveva presentato quella che in seguito divenne nota come teoria Austriaca del ciclo economico.
La teoria di Mises su denaro, sistema bancario e ciclo economico era una sintesi della teoria del denaro di Carl Menger, della teoria del capitale di Eugen von Böhm-Bawerk e della teoria dei tassi d'interesse e dei prezzi di Knut Wicksell. Basandosi su Menger, Mises sviluppò un'analisi della non neutralità del denaro, ovvero come i cambiamenti nell'offerta di denaro si fanno strada nel mercato in modelli sequenziali temporali e che influenzano la struttura dei prezzi e dei salari, nonché le allocazioni di risorse e capitale tra i settori dell'economia.
Mises adattò la teoria di Böhm-Bawerk, su una struttura temporale di investimento e produzione, concentrandosi sui processi di coordinamento dei prezzi mediante i quali risorse e lavoro vengono combinati nelle fasi di produzione sia per produrre beni capitali sia per fabbricare i beni finiti desiderati dai consumatori. Ognuna di queste fasi di produzione deve essere coordinata con successo con le altre. La “lunghezza” delle rispettive strutture temporali deve anche essere coerente con la quantità di risparmi complessivi nell'economia in modo che le risorse, il lavoro e i beni capitali necessari possano essere disponibili per completare e mantenere i processi di produzione complessi attraverso un periodo di tempo dopo l'altro.
Come abbiamo visto, il tasso d'interesse che emerge dal mercato assicura che gli investimenti intrapresi possano essere mantenuti entro i limiti dei risparmi accantonati dai percettori di reddito. In un mondo di scarsità, gli usi delle risorse di qualsiasi società sono in competizione tra diverse applicazioni di esse sia nel presente che tra gli orizzonti temporali presenti e futuri. Una maggiore utilizzazione in una direzione significa che ce n'è meno disponibile per l'utilizzo in modi alternativi.
Knut Wicksell sui tassi d'interesse e il processo inflazionistico
L'economista svedese, Knut Wicksell (1851-1926), sosteneva in Interest and Prices (1898) che se i beni nel presente fossero scambiati direttamente con beni nel futuro, cioè come nelle transazioni di baratto, il prezzo determinato in modo competitivo tra beni nel presente e nel futuro tenderebbe ad assicurare che l'investimento fosse mantenuto in equilibrio con i risparmi. Il prezzo intertemporale dei beni presenti per beni futuri è il “tasso d'interesse naturale” di equilibrio. Tuttavia, nei mercati reali, tutti gli scambi, compresi quelli nel tempo, vengono effettuati tramite il mezzo del denaro. Quest'ultimo nel presente (e il potere d'acquisto su vari beni che quella somma di denaro rappresenta) viene scambiato per una somma di denaro nel futuro (e il potere d'acquisto su vari beni che quella somma di denaro dovrebbe rappresentare).
Se il tasso d'interesse monetario coincide con l'ipotetico tasso d'interesse “naturale” di equilibrio, allora risparmi e investimenti vengono mantenuti in un equilibrio coordinato anche in un'economia che usa il denaro. Il problema, sottolineò Wicksell, è che la quantità di denaro offerta tramite il sistema bancario per scopi d'investimento può superare la quantità di denaro che i percettori di reddito avevano originariamente depositato nel sistema bancario come risparmi; oppure le banche potrebbero prestare meno di quanto era stato depositato presso di esse. Quindi potrebbero esserci investimenti di denaro totali maggiori dei risparmi di denaro, o più risparmi di denaro rispetto ai prestiti emessi all'interno del sistema bancario; investimenti totali maggiori dei risparmi disponibili, o investimenti totali inferiori ai risparmi disponibili.
Le banche potrebbero provare a estendere prestiti superiori ai risparmi depositati fissando il tasso d'interesse al di sotto del tasso naturale attraverso la creazione di banconote, o maggiori depositi a vista. Ma poiché la scarsità continua a limitare il totale reale delle attività economiche che possono essere intraprese, la maggiore quantità di denaro finisce solo per generare un aumento cumulativo dei prezzi (inflazione dei prezzi) finché il tasso d'interesse monetario viene mantenuto al di sotto di quello naturale. Analogamente se il tasso d'interesse monetario dovesse essere fissato al di sopra del tasso naturale, i prestiti totali sarebbero inferiori ai risparmi disponibili, con conseguente calo cumulativo dei prezzi (deflazione dei prezzi) finché il tasso d'interesse monetario viene mantenuto più alto di quello naturale.
Il sistema free banking e i limiti delle valute scoperte
Questo era lo sfondo della teoria del ciclo economico di Mises. Mentre la sviluppava negli anni '20 e '30, sosteneva che se fosse prevalso prevalso un sistema free banking competitivo, ci sarebbero stati controlli ed equilibri basati sul mercato che avrebbero impedito agli squilibri tra risparmi e investimenti di verificarsi in misura significativa. Se una o più banche avessero deciso di aumentare la rispettiva quantità di banconote, o depositi a vista, abbassando il tasso d'interesse monetario a cui stavano estendendo prestiti a potenziali mutuatari, le somme prese in prestito sarebbero state presto spese in vari beni e servizi che essi volevano acquistare.
Coloro che ricevevano le banconote emesse in questo modo, ad esempio, dalla Adam Smith Bank le avrebbero depositate nelle loro banche, ad esempio la Thomas Malthus Bank e la David Ricardo Bank. Le Thomas Malthus e David Ricardo Bank, ricevendo depositi delle banconote dai clienti della Adam Smith Bank, li avrebbero scambiati tramite quella che viene chiamata “stanza di compensazione”, chiedendo oro o argento che quelle banconote dovevano coprire. Le banche che avevano emesso banconote in eccesso rispetto ad altre banche avrebbero subito un deflusso netto delle loro riserve di oro e argento. Se avessero continuato la loro espansione monetaria in questo modo, sarebbero finite per incappare, col tempo, nell'insolvenza o addirittura nella bancarotta poiché il numero totale di banconote rivendicate nei loro confronti avrebbe significato una perdita di tutte le loro riserve in oro e argento.
Allo stesso tempo se i loro depositanti si fossero preoccupati della solvibilità della banca, questa avrebbe rischiato di affrontare una corsa agli sportelli, ovvero molti dei depositanti che, più o meno simultaneamente, richiedono indietro il loro denaro in oro e argento. Nel loro stesso interesse personale, sotto le pressioni del processo della stanza di compensazione e per mantenere alta la fiducia dei loro clienti, le banche private, in un sistema di free banking competitivo, avrebbero incentivi a resistere alla creazione eccessiva di mezzi fiduciari (banconote e depositi non completamente coperti da riserve in oro e argento).
Le creazioni ingiustificate di banconote e di depositi a vista (vale a dire, in eccesso rispetto all'oro e all'argento depositati presso quell'istituto finanziario) verrebbero mantenuti entro limiti ristretti nell'ambito di un sistema free banking competitivo. Considerando il mercato nel suo complesso, quindi, gli investimenti verrebbero mantenuti entro i limiti di scarsità dei risparmi effettivi accantonati dai percettori di reddito. Come Mises spiegò in Monetary Stabilization and Cyclical Policy, in un ambiente free baking potrebbero ancora esserci mezzi fiduciari emessi dalle banche:
Tuttavia le banche dovrebbero essere particolarmente caute a causa della sensibilità alla perdita di reputazione dei loro mezzi fiduciari, dato che nessuno sarebbe costretto ad accettare. Nel corso del tempo gli abitanti dei Paesi capitalistici imparerebbero a distinguere tra banche buone e cattive [...]. La gestione di banche solventi e altamente rispettate, le uniche banche i cui mezzi fiduciari godrebbero della fiducia generale, incarnerebbe un esercizio di apprendimento dalle esperienze passate.
Una linea di politica fatta di moderazione e prudenza da parte di banche rispettate e affermate costringerebbe i dirigenti più irresponsabili di altre banche a fare lo stesso [...] perché l'espansione del credito circolante non può mai essere l'atto di una singola banca, né di un gruppo di singole banche [...]. Se esistessero fianco a fianco diverse banche capaci di emettere denaro, ciascuna con uguali diritti, e se alcune di esse cercassero di espandere il volume del credito circolante mentre altre non modificassero la loro condotta, allora a ogni compensazione bancaria i saldi a vista apparirebbero regolarmente a favore delle banche conservatrici. Di fronte al rimborso delle cambiali e al ritiro dei saldi di cassa, le banche sconsiderate sarebbero costrette a limitare la portata delle loro emissioni [...]. Può darsi che una soluzione definitiva al problema [dell'ingiustificata espansione monetaria] possa essere raggiunta solo attraverso l'istituzione di un sistema bancario completamente libero.
Banche centrali ed espansione monetaria
Tuttavia non era così che si erano sviluppati i sistemi bancari in Europa o in Nord America. È vero che nel diciannovesimo secolo, dopo le precedenti esperienze con le inflazioni causate dagli stati o dalle loro banche centrali, furono stabilite nuove regole in base alle quali molte delle principali banche centrali avrebbero gestito i loro sistemi secondo le regole del gold standard, ciononostante rimasero sistemi monetari monopolistici controllati centralmente.
Gli stati e le loro banche centrali avrebbero periodicamente supervisionato le espansioni dei mezzi fiduciari e l'abbassamento artificiale dei tassi d'interesse attraverso i sistemi bancari sotto il loro controllo. Ciò avrebbe preparato il terreno per i tipi di boom e bust che Wicksell aveva delineato in Interest and Prices. Questa situazione fu esacerbata nel ventesimo secolo quando le banche centrali vennero sollevate dal gold standard dai rispettivi governi, senza più il controllo e la paura di perdere le riserve auree alla base del sistema monetario di un Paese.
L'aspetto aggiuntivo del processo wickselliano, fatto poi evolvere da Mises, era un focus sul modo non neutrale in cui le espansioni monetarie e creditizie distorcevano la struttura dei prezzi e le allocazioni/uso di capitale e lavoro. Un abbassamento artificiale del tasso d'interesse monetario al di sotto del tasso “naturale” fa sì che il denaro e il credito passino prima nelle mani dei mutuatari che utilizzano il nuovo denaro a loro disposizione per intraprendere progetti d'investimento per i quali le quantità di risorse reali per completarli e sostenerli si riveleranno insufficienti nel lungo periodo.
Essi effettuano ordini ai fornitori di beni strumentali e alle imprese di costruzione per avviare o espandere progetti d'investimento e assumono lavoratori per assisterli. Le risorse, il lavoro e il capitale per queste iniziative sono attratti attraverso l'offerta di salari più elevati.
Se questi fattori di produzione venissero, invece, reindirizzati verso quei settori che richiedono più tempo a causa di aumenti nelle preferenze di risparmio delle persone (e quindi una diminuzione implicita delle preferenze per i beni di consumo), l'aumento della domanda di input nella produzione di beni d'investimento sarebbe controbilanciato da una diminuzione della domanda di beni di consumo. Le variazioni nei prezzi relativi e nei salari e le riallocazioni di input da alcune aree del mercato ad altre porterebbero al necessario equilibrio: nel tempo i maggiori risparmi e le attività d'investimento completate porterebbero a un miglioramento e a un aumento delle forniture di beni di consumo che rappresenterebbero la “ricompensa” futura per il consumo posticipato nel presente.
Espansione monetaria e cattiva allocazione delle risorse
Invece le autorità monetarie nel sistema bancario centrale aumentano le riserve di prestito delle banche (acquistando titoli di stato che il governo del Paese emette per coprire la spesa in deficit), il che espande la loro capacità di estendere ulteriori prestiti a mutuatari interessati a tassi d'interesse più bassi.
I mutuatari competono per sottrarre risorse, manodopera e capitale, offrendo prezzi più elevati, dai loro impieghi nei settori dei beni di consumo. Malgrado ciò non ci sono corrispondenti diminuzioni nei prezzi dei beni di consumo o nei prezzi degli input in queste parti del mercato, poiché non c'è stata alcuna diminuzione nella domanda dei consumatori. Si può presumere che coloro che vengono attratti nei settori dei beni d'investimento abbiano le stesse preferenze di consumo-risparmio che avevano prima dei loro nuovi impieghi. Utilizzano i loro redditi più elevati per richiedere le stesse proporzioni di beni di consumo di prima, pertanto i prezzi nei mercati dei beni di consumo e dei fattori complementari aumentano. Questi prezzi e salari più alti nei settori dei beni di consumo dell'economia agiscono come una “calamita” per attrarre lavoratori e risorse dai mercati dei beni d'investimento e riportarli alla produzione di beni di consumo.
Se l'espansione monetaria, con i conseguenti tassi d'interesse più bassi e un maggiore indebitamento per gli investimenti, fosse un atto “una tantum” della banca centrale, i prezzi e i salari nonché gli usi di risorse, lavoro e capitale si ristabilirebbero dopo un breve periodo di tempo in quel modello che riflette le preferenze di base dei percettori di reddito. Dal punto di vista storico, però, le autorità nelle banche centrali, una volta avviata un'espansione monetaria e un abbassamento artificiale dei tassi d'interesse, li portano avanti nel tempo iniettando nuovi fondi nel sistema bancario commerciale.
I prezzi continuano a salire seguendo la sequenza temporale in cui viene introdotto il denaro creato ex novo, speso prima in attività d'investimento, seguito dall'aumento dei redditi degli input e poi dall'aumento della domanda di denaro per beni e servizi di consumo. Si verifica un tiro alla fune con i produttori di beni d'investimento e i produttori di beni di consumo che competono tra loro nel tentativo di tirare i fattori di produzione in una direzione e poi nell'altra.
Se il castello di carte “contorto” deve essere mantenuto indefinitamente, le autorità nelle banche centrali accelereranno il ritmo di espansione monetaria; nella sequenza temporale dell'aumento dei prezzi, le “iniezioni” saranno abbastanza grandi da mantenere i prezzi dei beni di produzione al di sopra dei prezzi dei beni di consumo. Altrimenti se i prezzi dei beni di consumo inizieranno a salire a un ritmo più veloce rispetto ai prezzi dei beni di produzione, i modelli d'investimento indotti dal denaro creato ex novo si riveleranno insostenibili e s'innescherà la fase di recessione del ciclo economico. A meno che le autorità monetarie non consentano all'inflazione di andare completamente fuori controllo, con una conseguente iperinflazione, essa deve essere interrotta o rallentata, punto in cui la recessione non può più essere evitata.
La stabilizzazione del livello dei prezzi ha destabilizzato il processo di mercato
Negli anni '20 la Federal Reserve tentò di mantenere un “livello dei prezzi” stabilizzato in un'economia in crescita, con aumenti di produttività ed efficienze dei costi che altrimenti avrebbero portato a una diminuzione dei prezzi al consumo (avvantaggiando la popolazione con prezzi dei beni inferiori e miglioramenti degli standard di vita). Invece aumentò l'offerta di denaro nel tentativo di contrastare questa benigna deflazione dei prezzi e, di conseguenza, creò un'inflazione dei prezzi mantenendoli più alti di quanto sarebbero stati altrimenti.
Sotto la superficie di un “livello dei prezzi” relativamente stabile, la politica monetaria della banca centrale aveva messo in moto una distorsione e uno squilibrio tra risparmi e investimenti che inevitabilmente dovevano concludersi con una recessione. Ma quest'ultima divenne la Grande depressione solo perché interventi statali di vario genere impedirono al processo di mercato di realizzare un sano riequilibrio tra domanda/offerta e prezzi che avrebbe riportato la piena occupazione senza il disastro economico degli anni '30.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.
???? Qui il link alla Prima Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2024/08/ludwig-von-mises-e-la-teoria-austriaca.html
???? Qui il link alla Seconda Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2024/08/ludwig-von-mises-e-la-teoria-austriaca_01824675579.html
L'incontro tra le idee economiche e Bitcoin
Nel tentativo di comprendere meglio le fondamenta intellettuali di ciò che alla fine è diventato noto come Bitcoin, abbiamo finora esplorato la competizione tra valute proposta dall'economista F. A. Hayek e l'idea di costruire un “mondo alla John Galt nel cyberspazio”. Abbiamo poi esplorato le radici anarchiche tramite David D. Friedman, con importanti contributi degli autori di fantascienza Robert Heinlein e Vernor Vinge. Ognuno di questi individui è stato esplicitamente citato almeno una volta da Timothy C. May, il quale gestiva la mailing list Cypherpunk per tutti gli anni '90 e ha costruito la tesi per mercati online supportati da una crittografia avanzata, un pubblico interconnesso a livello mondiale, una sorta di valuta su Internet che avrebbe facilitato il commercio e l'avvento di uno stato di anarchia.
Ma per fare un ulteriore passo in avanti, dobbiamo esplorare le influenze intellettuali che gli economisti Lawrence H. White e George Selgin hanno avuto su almeno due dei più importanti cypherpunk: Nick Szabo e Hal Finney.
Nick Szabo è il responsabile dell'ingegnerizzazione di un paio di tentativi di una valuta nativa su Internet prima di Bitcoin: “The God Protocols” (1999) e “bit gold” (2005, ora considerato un precursore diretto di Bitcoin). Hal Finney ci provò col suo tentativo nel 2004 chiamato “Reusable Proofs of Work” (RPOW). Nessuno di questi tentativi fu effettivamente programmato fino a un prodotto finito; furono semplicemente concettualizzati per iscritto e (nel caso di RPOW) con quantità minime di codice. Nonostante né Szabo, né Finney siano stati citati nel whitepaper di Bitcoin, Satoshi ha successivamente affermato che Bitcoin era un'implementazione del “bit gold” di Szabo (insieme al “b-money” di Wei Dai). Quanto a Finney, fu il primo destinatario di una transazione bitcoin da Satoshi stesso e twittò il famoso “Running bitcoin” l'11 gennaio 2009, appena otto giorni dopo che Bitcoin era venuto alla luce. In sintesi, sia Szabo che Finney hanno dato contributi significativi all'evoluzione di idee che hanno inevitabilmente portato a ciò che ora chiamiamo Bitcoin.
Ma per costruire una valuta digitale solida e scalabile, non bisogna solo possedere competenze in programmazione e crittografia, bisogna anche capire cosa rende buona una forma di denaro. Il blog di Szabo, “Unenumerated”, si tuffa nella storia del denaro (tra molti altri argomenti) e un suo pezzo molto letto (da bitcoiner e simili), “Shelling Out”, contiene riferimenti all'economista del XIX secolo Carl Menger, il quale scrisse dell'emergere spontaneo del denaro. Ma è interessante notare che Szabo e Finney avevano anche studiato il lavoro di Lawrence H. White e George Selgin.
Le influenze di White e Selgin sui principali cypherpunk
Un tema di ricerca comune nelle carriere di White e Selgin è la concorrenza tra valute, un tema affrontato per la prima volta da F. A. Hayek durante gli anni '70 con il suo importante libro The Denationalisation of Money.
Negli anni Novanta White e Finney ebbero uno scambio amichevole di idee tramite tre articoli pubblicati sulla rivista Extropy. Finney, in un articolo del 1993, sosteneva che Internet avrebbe reso possibile una valuta nativa su di esso (non supportata da denaro fiat o beni nel mondo reale); White, nel 1995, rispose di essere scettico, tirando fuori la difficoltà di allontanarsi dall'effetto di rete delle valute fiat; Finney rispose per le rime nel 1996.
Nel 2010 Finney fece riferimento al libro di Selgin del 1988, The Theory of Free Banking, come una delle sue principali influenze. “George Selgin ha elaborato in dettaglio la teoria del free banking competitivo”, scrisse Finney, “e sostiene che un tale sistema sarebbe stabile, resistente all'inflazione e autoregolante”.
In un'apparizione nel podcast What Bitcoin Did di Peter McCormack datata 2019, Szabo attribuisce sia a White che a Selgin il merito di aver plasmato il suo pensiero:
Stavo facendo ricerche sulla storia del denaro e stavo andando a ritroso, parte di essa riguardava il private banking, dove le banche emettevano denaro, cambiali, banconote e George Selgin e Larry White erano le figure principali che si sono occupate di questi temi. È stato stimolante, ma poi ho letto anche come sia fallito il tutto e usurpato dalle banche centrali. Poi più tardi, forse 100, 200 anni dopo, le banche centrali hanno inaugurato il denaro fiat.Oltre alla mailing list cypherpunk, alla fine degli anni '90 White e Selgin erano partecipanti di una mailing list privata e separata con alcuni dei più importanti cypherpunk chiamata “Libtech”. Szabo racconta che “io, Wei Dai, Hal Finney, Larry White, George Selgin e pochi altri eravamo in una mailing list che ho creato chiamata Libtech ed è lì che ho inventato Bitgold [sic], e Wei Dai ha inventato b-money, e abbiamo avuto grandi discussioni”.
In un thread su Twitter del 2019, Szabo ha anche attribuito a White e Selgin il merito sia del pensiero di Finney che del suo su come un sistema free banking potesse funzionare con uno standard Bitcoin, suggerendo che le tecnologie Layer 2, come Lightning Network, forniscono un modo più trustless per realizzarlo.
White e Selgin su Bitcoin
Sia White che Selgin criticano Bitcoin da angolazioni diverse. Per White la moneta ideale è quella con un potere d'acquisto stabile (un punto ripetutamente sottolineato anche da Hayek), mentre la moneta ideale di Selgin “stabilizzerebbe la spesa nominale” (mi dice via email) “pur consentendo al livello dei prezzi di variare in accordo coi cambiamenti nella produttività totale”.
Nel nuovo libro di White, Better Money: Gold, Fiat, or Bitcoin?, egli scrive che “[poiché la curva di offerta di Bitcoin] è verticale, l'impatto degli spostamenti della domanda è interamente sul prezzo e per niente sulla quantità. In questo senso la volatilità del potere d'acquisto è insita nel design di Bitcoin. Il mio punto di vista è che la volatilità del suo potere d'acquisto ne rende molto improbabile l'uso diffuso come mezzo di scambio [...] ma solo il tempo ce lo dirà”.
Selgin definisce Bitcoin una “moneta merce sintetica”, il che significa che, come la moneta fiat, qualsiasi uso non monetario è meno ovvio, ma come una merce “è naturalmente o inevitabilmente scarso” (secondo lui “il semplice uso come investimento” è non monetario). Sostiene inoltre che il vantaggio di una moneta merce sintetica “è proprio che ricorrendo ad essa si può evitare di lasciare la gestione del denaro alle banche centrali, o alle forze cieche della natura. Invece l'offerta è determinata una volta per tutte da vincoli organizzati artificialmente. Un sistema monetario di merce sintetica potrebbe funzionare meglio dei sistemi monetari fiat, o delle potenziali alternative alla moneta merce classica”, ma sottolinea l'improbabilità che uno stato adotti un tale sistema.
Nel 1989 White suggerì la possibilità di una politica monetaria con un programma di offerta predeterminato, proponendo una soluzione al “problema della garanzia” di Ronald Coase. Come spiegato nel nuovo libro di White, per comprendere tale problema possiamo pensare a potenziali acquirenti che potrebbero essere titubanti nell'acquistare, ad esempio, un'opera d'arte di un artista nel presente, sapendo che egli potrebbe comunque riprodurre copie dell'opera d'arte e venderla a un prezzo inferiore (seppur superiore al suo costo marginale di produzione). Una soluzione per calmare i potenziali acquirenti sarebbe che l'artista numerasse ogni opera d'arte (#7 di 100, ecc.). Satoshi ha costruito qualcosa di simile nella politica monetaria di Bitcoin. White scrive che “nonostante abbia riconosciuto, molti anni prima dell'introduzione di Bitcoin, che un impegno sulla quantità avrebbe potuto, in linea di principio, risolvere il problema di Coase per una moneta irredimibile e di libero mercato, [...] non avevo previsto che un tale dispositivo potesse o sarebbe stato utilizzato per creare effettivamente un mezzo di scambio”.
In una presentazione tenuta al Center for Market Education in Malesia, White ammette che la volatilità del potere d'acquisto di Bitcoin potrebbe smorzarsi se il suo utilizzo come mezzo di scambio aumentasse sostanzialmente, poiché tale utilizzo significherebbe una domanda meno volatile. Sottolinea inoltre che puntare su uno standard Bitcoin aiuterebbe molto.
Conclusione
Gli sforzi compiuti nel corso della loro carriera da Lawrence H. White e George Selgin per comprendere meglio il denaro hanno contribuito in ultima analisi al clima di idee che ha plasmato il pensiero di almeno due dei più importanti cypherpunk (Nick Szabo e Hal Finney), i quali hanno lavorato per rendere realtà Bitcoin.
Resta da vedere se la sua volatilità rimarrà un ostacolo all'eventuale adozione diffusa come mezzo di scambio. Poiché Bitcoin è un sistema altamente decentralizzato e antifragile, senza asset dal mondo reale che possono essere sequestrati per chiuderlo, e poiché ha già raggiunto una discreta scala a livello mondiale, (a me) sembra essere l'unico candidato realistico (“in modo furbescamente indiretto”, come proponeva Hayek) a introdurre qualcosa che lo stato non può fermare. Pertanto la volatilità potrebbe essere il prezzo che dobbiamo pagare per vincere la partita nel lungo termine.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.
Questo non è capitalismo
La parola capitalismo non ha una definizione incontrovertibile e dovrebbe essere ritirata definitivamente dai vocabolari. Ovviamente ciò non accadrà, perché troppe persone hanno investito nel suo uso e abuso.
Ho smesso da tempo di cercare di imporre le mie definizioni sulla comprensione di qualcun altro, considerando le dispute sui termini e sulle definizioni dei dizionari come una distrazione dal vero dibattito su concetti e ideali.
Lo scopo di quanto segue non è definire con precisione cosa sia il capitalismo (il mio amico C. J. Hopkins non è il solo a descriverlo come liberatorio, un tempo, ma ora divenuto rapace), ma evidenziare i modi in cui i sistemi economici del mondo industrializzato hanno imboccato una svolta contro l'etica del volontarismo.
Facciamo finta di concordare su una descrizione unica di un'economia capitalista: sistema di scambio volontario e contrattuale di titoli di proprietà che consente l'accumulo di capitale, evita la pianificazione dall'alto verso il basso e rimanda ai processi sociali rispetto alla pianificazione statale.
Si tratta, idealmente, del sistema economico di una società basata sul consenso.
Si tratta ovviamente di un sistema ideale. Così descritto è inseparabile dalla libertà e proibisce la pianificazione statale, l'espropriazione e i privilegi legali per alcuni rispetto ad altri. Come si confronta lo status quo con questa descrizione? In innumerevoli modi i nostri sistemi economici non sono all'altezza.
Quello che segue è un breve elenco di tutti i modi in cui il sistema attuale non si concilia con un modello ideale di mercato capitalistico.
- I governi sono diventati i principali clienti delle piattaforme tecnologiche e mediatiche, instillando un'etica di deferenza politica e cooperazione che ha portato a sorveglianza, propaganda e censura. Ciò è avvenuto gradualmente, tanto che molti osservatori non hanno notato la svolta. Hanno mantenuto la loro reputazione di aziende capitaliste intraprendenti, anche se una piattaforma dopo l'altra è caduta per diventare serva del potere statale. È iniziato tutto con Microsoft, si è esteso a Google, è arrivato ad Amazon con il suo servizio web in particolare, e si è fatto strada su Facebook e Twitter; normative e barriere all'ingresso hanno consolidato l'intero settore della tecnologia digitale. Nel corso del tempo queste aziende hanno mantenuto la loro reputazione di disruptor con un ethos libertario, anche se sono state sempre più impiegate al servizio delle priorità del sistema. Quando Trump è entrato in carica nel 2016, e il brasiliano Jair Bolsonaro e il britannico Boris Johnson sembravano formare una forza di resistenza populista, è iniziata la repressione. Con i lockdown tutte queste piattaforme sono entrate in azione per alimentare il panico, mettere a tacere il dissenso e fare propaganda per iniezioni non testate e inutili. Il fatto era compiuto: tutte queste istituzioni sono diventate fedeli servitori di un impero corporativo. Ora sono collaboratori a pieno titolo del complesso censura-industriale, mentre i pochi emarginati come X e Rumble stanno subendo un'enorme pressione per conformarsi di nuovo. Il CEO di Telegram è stato arrestato per non aver fornito una backdoor ai governi Five-Eyes, mentre le nazioni della NATO stanno indagando e arrestando per il semplice atto di postare meme irrispettosi. La tecnologia digitale è l'innovazione più notevole ed entusiasmante dei nostri tempi, tuttavia è stata intimidita e ridotta a uno strumento nelle mani del potere statale.
- Gli Stati Uniti hanno un cartello medico che collabora con agenzie di regolamentazione e istituzioni ufficiali per imporre veleni al pubblico, prezzi esorbitanti, per collaborare con cartelli aziendali e bloccare alternative, e per promuovere dipendenza e cattiva salute. Gli interventi nel settore sono innumerevoli: dalle licenze agli obblighi dei datori di lavoro, ai pacchetti di benefit obbligatori, ai finanziamenti governativi, al sostegno finanziario di aziende farmaceutiche che finanziano e controllano le stesse agenzie che dovrebbero regolamentarle. I segni e i simboli dell'economia di mercato esistono ancora, ma in un modo altamente distorto che rende quasi impossibile la pratica medica indipendente. Non è socialismo e non è capitalismo, ma qualcos'altro, come un cartello medico privato che lavora a braccetto con il potere coercitivo pubblico. E la coercizione non riguarda la promozione della salute, ma la promozione della dipendenza dai prodotti farmaceutici.
- Gli Stati Uniti hanno un sistema educativo finanziato principalmente dal governo, il quale blocca la competizione, forza la partecipazione, fa perdere tempo agli studenti e spinge un programma politico di conformità e indottrinamento. La scuola pubblica negli Stati Uniti nasce a fine Ottocento, ma le caratteristiche obbligatorie sono arrivate molti decenni dopo, insieme al divieto di lavoro per gli adolescenti. Questo in seguito si è trasformato in università finanziate dallo stato che hanno arruolato quote sempre maggiori della popolazione nel sistema, gravandole con un fardello di debito enorme che non può essere ripagato. Le famiglie che cercano alternative finiscono per pagare più volte: attraverso tasse e mancati guadagni. L'intervento dello stato nei servizi educativi è massiccio, cancellando tutte le normali forze capitalistiche e lasciando una pianificazione statale pervasiva. L'intero sistema è talmente pessimo che quando sono stati introdotti i lockdown, insegnanti, dirigenti e anche molti studenti hanno accolto con favore l'opportunità di darsi una tregua da tutto questo. Molti insegnanti non sono tornati a lavoro e il sistema nel suo complesso è ora peggiore che mai, con alternative private che spuntano ovunque e l'istruzione parentale ora più comune che mai. Ciononostante regolamenti e obblighi impediscono la piena fioritura di un sistema basato sul mercato.
- Sussidi agricoli creano industrie che schiacciano le piccole aziende e sono al soldo dell'apparato normativo, imponendo cibo cattivo al pubblico. Chiunque lavori nell'agricoltura lo sa. Il mondo agricolo ha seguito la strada del settore tecnologico e sanitario, diventando pesantemente cartellizzato e lavorando a braccetto con i burocrati. Ogni giorno piccole aziende agricole vengono cacciate dal mercato con costi di conformità e indagini, al punto che persino i venditori di latte fresco temono di bussare alla porta delle persone. In nome della mitigazione delle malattie, milioni di polli vengono macellati e gli allevatori temono anche un solo test positivo di qualche malattia infettiva. Ciò ha ulteriormente consolidato la grande industria che è sempre più dipendente da prodotti farmaceutici brevettati, insetticidi e fertilizzanti. Quando Robert F. Kennedy Jr. e tanti altri parlano di una crisi di salute pubblica negli Stati Uniti, il sistema alimentare dalla produzione alla distribuzione gioca un ruolo importante, cosa che a sua volta alimenta il cartello sanitario sopra menzionato.
- Un sistema di tassazione complicato e confiscatorio che punisce l'accumulo di ricchezza e blocca la mobilità sociale in tutte le direzioni. Il governo federale da solo ha da sette a dieci principali forme di tassazione federale in categorie come reddito, salari, profitti, consumo, successioni e donazioni, dazi doganali, ecc. A seconda di come le si conta, ce ne sono 20 o più. È qualcosa di notevole dato che solo 115 anni fa c'era una sola fonte di finanziamento federale: i dazi. Una volta che il governo federale ha messo le mani sui redditi con il 16° emendamento, il resto è storia. E questo non conta i finanziamenti a livello statale e locali. Sono impiegati come metodi di pianificazione e controllo, senza che nessun settore sia immune dalla necessità di inchinarsi di fronte ai propri padroni fiscali affinché concedano sgravi o agevolazioni fiscali. Il risultato netto è una forma di servitù commerciale e industriale.
- I tassi di cambio fluttuanti (nati nel 1971) danno al governo federale fondi illimitati, creano inflazione e valute che non aumentano mai di valore, e forniscono capitale di investimento alle banche centrali estere garantendo che i conti internazionali non si stabilizzino mai. Questo nuovo sistema ha fatto esplodere il potere dello stato, espansosi senza limiti, e ha interrotto il normale funzionamento del commercio internazionale. Il debito pubblico elude tutte le normali forze di mercato e i premi di rischio, proprio perché è coperto dal potere di creare inflazione a scapito della popolazione. Ciò fornisce ai politici, ai guerrafondai e ai totalitari tra noi un assegno in bianco con cui effettuare infiniti salvataggi bancari, sussidi e altre buffonate finanziarie. È proprio questo cambio di paradigma, insieme alla manipolazione dei tassi d'interesse, che ha dato origine a quella che viene chiamata finanziarizzazione, tanto che la grande finanza ha divorato gran parte di quello che un tempo era un settore industriale sano negli Stati Uniti. Ai vecchi tempi il meccanismo del flusso prezzo-metallo (descritto da David Hume a Gottfried Haberler) bilanciava i conti per garantire che il commercio si traducesse in un beneficio reciproco. Ma con il sistema monetario fiat il debito è diventato una fonte infinita di finanziamenti a livello internazionale che ha distrutto innumerevoli industrie statunitensi che invece un tempo prosperavano. Nel 2000 $1.800 miliardi, ovvero il 17,9% del debito totale statunitense, erano di proprietà straniera. Nel 2014 quella cifra è cresciuta fino a $8.000 miliardi, ovvero il 33,9% del debito totale, la percentuale più alta nella storia degli Stati Uniti, e tale è rimasta negli ultimi dieci anni. Questo non è libero scambio, ma imperialismo e finisce per produrre una reazione come quella che vediamo oggi. La soluzione offerta è quella dei dazi, che si trasformano nell'ennesima forma di tassazione. La vera soluzione è un bilancio in pareggio e la chiusura del rubinetto monetario della Federal Reserve, ma tutto questo non entra nemmeno nel dibattito pubblico.
- Il sistema giudiziario invita a contenziosi estorsivi e può essere fronteggiato solo da chi ha tasche profonde. Al giorno d'oggi il contenzioso riguarda un gioco a lungo termine che può riguardare qualsiasi cosa, reale o immaginaria, basta solo che un potenziale querelante possa assemblare un caso giudiziario. Gli imprenditori, soprattutto quelli piccoli, vivono nella paura quotidiana di questa minaccia costante. E questo è diventato il mezzo con cui gli standard di assunzione DEI sono diventati la normalità; sono istituiti da manager avversi al rischio per paura di finire in bancarotta a causa di contenziosi giudiziari. L'ironia è che i veri malfattori, come i produttori farmaceutici, sono indennizzati contro le azioni legali, trasformando i tribunali in giocattoli per i rapaci.
- Un sistema di brevetti che garantisce cartelli e blocca la concorrenza per tutto, dai prodotti farmaceutici al software fino ai processi industriali. Questo è un argomento troppo vasto per questo saggio, ma sappiate che c'è una lunga storia di pensatori di libero mercato che consideravano il potere dei brevetti come uno strumento di cartellizzazione industriale, del tutto ingiustificato da qualsiasi standard di libertà commerciale. La “proprietà intellettuale” non è una proprietà in quanto tale, ma la creazione di una finta scarsità tramite regolamentazione. Basta leggere lo studio di Fritz Machlup del 1958 per comprendere la portata della falsificazione qui contenuta, o leggere ciò che Thomas Jefferson disse sulla mercificazione delle idee: “Che le idee si diffondano liberamente dall'uno all'altro in tutto il mondo, per l'istruzione morale e reciproca e per il miglioramento della nostra condizione, è un progetto peculiare e benevolo dalla natura; quando essa le ha create, come il fuoco, le ha rese espandibili in tutto lo spazio senza densità in alcun punto e, come l'aria che respiriamo, si muovono senza corpo fisico, impossibili da confinare”. La corruzione scaturita dalla proprietà delle idee non può essere sopravvalutata. Un settore dopo l'altro ne ha limitato la concorrenza, conferito privilegi a potenziali monopolisti, ostacolato l'innovazione e troncato apprendimento e innovazione. Questo è ovviamente un argomento difficile, ciononostante impossibile da evitare. A questo proposito consiglio vivamente la lettura di un monumentale trattato di N. Stephan Kinsella: Legal Foundations of a Free Society. La cattura dei pensatori pro-capitalisti da parte della teoria dei brevetti rappresenta una grave breccia nella storia e nei giorni nostri.
- Per quanto riguarda i diritti di proprietà autentici, sono più deboli che mai e possono essere ignorati o addirittura aboliti con un colpo di penna, tanto che nemmeno i proprietari di case possono sfrattare gli inquilini o le piccole imprese possono aprire i battenti. Ciò era la norma nei Paesi più poveri con governi dispotici, ma ora lo è anche nell'Occidente industrializzato, tanto che nessun imprenditore può essere certo dei propri diritti sulla propria impresa. Questa è la conseguenza devastante dei lockdown. È così grave che i vari indici di libertà economica devono ancora adattare le loro metriche alla nuova realtà. Ovviamente non esiste alcun capitalismo in quanto tale se milioni di aziende possono essere chiuse per capriccio delle autorità sanitarie pubbliche.
- Un bilancio federale sostiene più di 420 agenzie che dominano l'intera società commerciale, facendo lievitare i costi di conformità per gli imprenditori e creando enorme incertezza sulle regole del gioco. Piccoli tentativi di “deregolamentazione” non possono nemmeno iniziare a risolvere il problema principale. Non esiste prodotto o servizio realizzato negli Stati Uniti che non sia soggetto a una qualche forma di diktat normativo. Se ne capita uno, come le criptovalute, viene fatto a pezzi finché solo le aziende più conformi sopravvivono. E questo accade in tal settore sin dal 2013 e il risultato è stato quello di convertire uno strumento dirompente e senza stato in un settore ossessionato dalla conformità che serve principalmente l'industria finanziaria.
Dovete prendere in considerazione tutti questi fattori la prossima volta che qualcuno denuncia il sistema statunitense come il miglior esempio di capitalismo. Potrebbe trattarsi solo di marketing, una rivoluzione nell'uso delle risorse, ma anche questo è stato corrotto per servire gli interessi del potere. Solo perché qualcosa è disponibile sul mercato non significa necessariamente che sia un prodotto della matrice volontaria dello scambio.
Non sono qui per discutere del significato di una parola, ma per richiamare l'attenzione su quella che tutti possono definire un'imposizione egemonica sulla libertà commerciale da parte del potere statale, a volte anche con la cooperazione degli attori dominanti in ogni settore.
Non sono sicuro che un sistema del genere abbia un nome preciso nel XXI secolo, a meno che non vogliamo tornare al periodo tra le due guerre ed etichettarlo come corporativismo o semplicemente come fascismo. Ma nemmeno questi termini si adattano del tutto a questa nuova modalità di dispotismo basato sulla sorveglianza e digitalizzato, una che fornisce ricompense per le imprese private che si collegano al potere statale e punizioni brutali per quelle che invece non lo fanno.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.
Cosa si è ottenuto stampando $6.500 miliardi?
Prima che i poteri forti possano tornare al vechio copione monetario, la domanda è: cosa è stato realizzato sin dall'agosto 2008 con l'aumento di $6.500 miliardi nel bilancio della FED?
Quando si tratta di misurare la produzione reale nell'economia statunitense (beni manifatturieri, energia, estrazione mineraria e gas, elettricità e altre utenze) la risposta è: nulla. L'indice della produzione industriale oggi si attesta appena al di sopra del suo livello dell'agosto 2008; a essere precisi è salito solo dello 0,15% annuo negli ultimi 16 anni.
Si tratta di un brusco calo rispetto al trend precedente: tra il 1950 e il 2008 l'indice della produzione industriale è aumentato del 3,50% all'anno. Un pompaggio monetario senza precedenti e il conseguente abbassamento dei tassi d'interesse hanno generato un tasso di crescita della produzione industriale pari solo al 4% del suo livello storico, e non per un anno o due, ma per la maggior parte del primo quarto del XXI secolo.
Indice della produzione industriale, dal 1950 al 2024I pianificatori monetari keynesiani direbbero che la stagnazione della produzione industriale non ha importanza, perché sono riusciti a mantenere il PIL totale in espansione a un ritmo rispettabile. Tra il secondo trimestre del 2008 e il secondo trimestre del 2024 il PIL reale è salito da $16.900 miliardi a $22.900 miliardi, o dell'1,91% annuo, secondo le statistiche ufficiali. Ciò era ben al di sotto del ritmo di crescita del 3,41% annuo nello stesso intervallo dal 1950 al 2008, ma al 56% della sua media storica si trattava di un'inezia macroeconomica.
Poi, quando si guardano i dati interni, il PIL reale è pesantemente popolato da artifici statistici, soprattutto quando si tratta degli indici dell'inflazione utilizzati per sgonfiare i dati nominali di spesa e produzione. E, se si sottostima l'inflazione, si può facilmente trasformare qualcosa di brutto in qualcosa di apparentemente bello.
Ad esempio, la componente dei beni nel PIL reale è aumentata da $3.370 miliardi nel secondo trimestre del 2008 a $5.450 miliardi nel secondo trimestre del 2024. Tale aumento di $2.080 miliardi equivale a un ritmo di crescita complessivo del 3,05% annuo, andando ad aumentare notevolmente la cifra del PIL reale.
Ma, attenzione, perché i conti ufficiali del PIL affermano anche che il tasso d'inflazione per questa componente è stata in media solo del +0,73% annuo per l'intero periodo di 16 anni, inclusa l'enorme impennata sin dal 2021. Chiunque abbia trascorso gli ultimi dieci anni e mezzo nel mondo reale sa che non è così.
Con molta probabilità abbiamo avuto un tasso medio di inflazione dei beni pari almeno al 2,0% nel periodo 2008-2024, il che significa che la componente dei beni nel PIL reale è probabilmente cresciuta di $1.100 miliardi, non di $2.000 miliardi.
Allo stesso modo i conteggi ufficiali affermano che la componente sanitaria del PIL, pari a $2.740 miliardi (secondo trimestre 2024) è cresciuta del 2,68% in termini reali negli ultimi 16 anni da un livello di $1.790 miliardi nel secondo trimestre del 2008. Ciò potrebbe sembrare ragionevole, finché non si nota che la cifra nominale per la spesa sanitaria al consumo personale è stata sgonfiata all'1,95% annuo.
Il settore sanitario è un disastro inflazionistico dovuto al fatto che il massiccio sistema di rimborso governativo neutralizza totalmente i normali controlli e bilanciamenti del mercato. Quindi ci vuole davvero coraggio da parte del BLS quando afferma che l'inflazione dell'assistenza medica è stata inferiore al 2% annuo.
Ad esempio, le spese ospedaliere per giorno di degenza sono più che triplicate dall'inizio del secolo e hanno raggiunto una media del +3,4% all'anno tra il 2008 e il 2022. E questo aumento rappresenta pura inflazione, dato che è standardizzata per giorno di degenza e probabilmente non c'è stato alcun cosiddetto aumento edonistico nella “qualità” dei ricoveri ospedalieri e dei trattamenti negli ultimi anni. Anzi, molto probabilmente è stato il contrario.
Spese ospedaliere per paziente al giorno negli Stati Uniti, dal 1995 al 2022Supponiamo che l'inflazione sanitaria sia stata in media del 3,0% nel periodo 2008-2024. Anche questa cifra rappresenterebbe un rallentamento considerevole rispetto all'aumento del 4,2% annuo dell'indice dei prezzi al consumo per l'assistenza medica nei 16 anni precedenti (dal 1992 al 2008). Con l'ObamaCare e le enormi espansioni di Medicaid che hanno colpito il mercato dopo il 2009, non c'è alcuna ragione di credere che l'inflazione dell'assistenza medica si sia attenuata.
In ogni caso, un aumento del deflatore sanitario di appena il 3,0% annuo nel periodo di 16 anni ridurrebbe la cifra del PIL reale per la spesa sanitaria al consumo personale a $2.320 miliardi a partire dal secondo trimestre del 2024. A sua volta ciò ridurrebbe la crescita reale nel periodo dal secondo trimestre del 2008 al secondo trimestre del 2024 a soli $530 miliardi, o appena la metà della cifra ufficiale (+$950 miliardi).
Poi abbiamo la componente degli investimenti aziendali, dove i dati ufficiali del PIL reale mostrano un aumento da $2.060 miliardi nel secondo trimestre del 2008 a $3.390 miliardi nel secondo trimestre del 2024. Di nuovo, questo aumento di $1,330 miliardi non è da poco, rappresentando un robusto ritmo di crescita del 3,18% annuo.
Però bisogna credere che l'inflazione dei beni strumentali negli ultimi 16 anni sia stata in media, beh, solo dello 0,99% annuo. Come diavolo ha fatto un'economia che ha sperimentato un'inflazione generale di circa il 2,6% annuo dal 2008 al 2024, anche secondo il 16% trimmed mean CPI, a generare un'inflazione inferiore a due quinti di quella cifra (0,99%) nel settore dei beni strumentali?
Diciamo “edonica”? E anche delocalizzazione.
In altre parole, ritenete che i prezzi della componente principale della spesa in conto capitale delle aziende odierne, ovvero computer, periferiche e semiconduttori, siano crollati del 75% sin dal 1993?
Sì, la potenza, la velocità e le capacità dei computer sono aumentate enormemente sin dal 1993, ma nessuno compra più un IBM PS/2, un Compaq Deskpro, un Apple Macintosh LC III, o un Packard Bell Legend. Quindi bisogna acquistare le capacità avanzate dei marchi e dei modelli odierni, che vogliate tutti i fronzoli o meno.
In breve, per quanto ne sappiamo, i PC standard costavano circa $700-$1.000 all'epoca e oggi vanno da $1.000 a $1.500. Quindi i prezzi sono aumentati di circa il 75%, non diminuiti del 75%. La differenza è l'edonica, per la quale né i redditi aziendali né quelli dei consumatori possono permettersi una franchigia extra.
Indice dei prezzi all'importazione per computer, periferiche e semiconduttori, 1993-2024Infine abbiamo l'incremento perenne delle cifre del PIL grazie alla “produzione” governativa di beni e servizi. I pianificatori centrali keynesiani nella contabilità nazionale ritengono assiomatico che lo stato converta il reddito estratto dal settore privato in valore aggiunto tramite il settore pubblico.
Le tasse estratte dal settore privato hanno avuto origine nella produzione del settore privato, quindi i keynesiani nella contabilità nazionale accreditano al PIL del settore pubblico ciò che equivale a una sorta di produzione “rinata”. Un doppio conteggio praticamente.
Inoltre anche se si volesse dare credito al 22% del PIL governativo rappresentato dalla spesa per la difesa, o al 61% rappresentato dai servizi governativi statali e locali, questa “produzione” potrebbe non riflettere affatto un valore aggiunto reale. E lo stesso vale per i $10 miliardi di produzione annuale della TSA, i quali includono i 2 miliardi di scarpe esaminate ogni anno senza alcun risultato.
Il PIL reale attribuibile al settore pubblico nel secondo trimestre del 2024 ammontava a $3.940 miliardi, una cifra che è aumentata di $526 miliardi sin dal secondo trimestre del 2008. In senso lato, ciò ha costituito una “crescita”, se non si è troppo pignoli su cosa si conta.
Tuttavia la produzione governativa è composta in gran parte da stipendi e salari dei burocrati. Nel 2008 la retribuzione dei dipendenti pubblici ammontava a $1.130 miliardi, distribuiti a 22,483 milioni di dipendenti per $50.000 a testa. Entro il secondo trimestre del 2024, la retribuzione governativa è salita a $1.860 miliardi, pari a $80.000 a testa per i 23,29 milioni di dipendenti pubblici.
Quindi la retribuzione statale è aumentata negli ultimi 16 anni di almeno il 3,0% annuo. C'è una certa difficoltà a capire come la contabilità nazionale sia arrivata a un deflatore dell'1,94% annuo per la difesa e un deflatore per il settore pubblico, nel suo complesso, al 2,38% annuo. Infatti come diavolo si può misurare l'inflazione dello stato quando non ci sono prezzi sul 99% della sua produzione?
Tuttavia, anche alla luce della contabilità nazionale, il PIL reale nel settore pubblico è cresciuto solo dello 0,9% annuo dal 2008 al 2024. Quindi se si effettua un aggiustamento anche modesto all'inflazione sottostimata, si può facilmente arrivare a una cifra di $3.400 miliardi per la produzione del settore pubblico nel secondo trimestre del 2024. A sua volta ciò significherebbe una crescita reale pari a zero nel settore pubblico negli ultimi 16 anni, non l'aumento di 526 miliardi di dollari riportato dalle statistiche governative.
Naturalmente ci sono anche dubbi riguardo la provenienza di queste voci. Ad esempio, nel grande conto da $3.465 miliardi per l'edilizia abitativa e le utenze della spesa al consumo personale, ben il 58%, o $2.020 miliardi, è rappresentato dall'affitto imputato dei proprietari di case. Vale a dire, le ipotesi azzardate del BLS su quanto pagherebbero di affitto 50 milioni di proprietari di case negli Stati Uniti se loro si trasferissero in una tenda da qualche parte e affittassero il loro castello a prezzi di mercato.
Le prove sono schiaccianti sul fatto che il PIL reale non sia cresciuto da $16.943 miliardi nel secondo trimestre del 2008 a $22.919 miliardi nel secondo trimestre del 2024, o dell'1,91% annuo. Infatti se si effettuano le seguenti correzioni realistiche, il PIL reale è cresciuto a malapena negli ultimi 16 anni, registrando un ritmo di crescita di appena l'1,2% annuo.
Aggiustamento dei conti ufficiali del PIL reale per il periodo dal secondo trimestre del 2008 al secondo trimestre del 2024:
• Supponiamo un'inflazione dei beni del 2,0% annuo rispetto allo 0,73%: -$983 miliardi
• Supponiamo un'inflazione sanitaria del 3,0% rispetto all'1,95%: -$417 miliardi
• Supponiamo un deflatore degli investimenti fissi aziendali del 2,0% rispetto allo 0,99%: -$493 miliardi
• Supponiamo un'inflazione superiore a quella ufficiale e una crescita pari a zero del settore pubblico: -$526 miliardi
• Inflazione totale e altri aggiustamenti ai conti della contabilità nazionale: -$2.419 miliardi
• Livello del PIL reale aggiustato, secondo trimestre 2024: $20.500 miliardi
• Tasso di crescita del PIL reale aggiustato, 2008-2012: 1,20% annuo
In totale, dopo $6.500 miliardi di denaro stampato negli ultimi 16 anni, l'economia di Main Street non ha nulla di cui vantarsi. È cresciuta a un ritmo molto tiepido, dallo 0,15% (produzione industriale) all'1,2% (PIL reale aggiustato), nella migliore delle ipotesi. E questo solleva la questione sul dove sia effettivamente finita tutta la generosità monetaria.
L'avviso spoiler dovrebbe essere già abbastanza evidente. È finita in una speculazione dilagante, bolle finanziarie a Wall Street, investimenti sbagliati per Main Street e regali allo Schema Rosso di Ponzi e ad altri venditori esteri in cui è stata delocalizzata la produzione statunitense.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Abbiamo bisogno di un’inflazione al 3%? Crescita economica e deflazione
di Paul Cwik
“Finché è mantenuta entro certi limiti, l’inflazione è un ottimo supporto psicologico per una politica economica che vive del consumo di capitale”.
~ Ludwig von Mises, Socialism, pp. 448-9
Cosa causa la crescita economica? Una riduzione dei dazi? Un taglio delle tasse? Una riduzione della burocrazia? Sebbene ciascuna di essi possa stimolare o incoraggiare la crescita economica, nessuna la genera. La crescita economica è il risultato di un imprenditore che impiega un nuovo metodo che riduce i costi di produzione. I costi possono essere ridotti in diversi modi: risorse appena scoperte, una nuova tecnica che fa risparmiare tempo, nuove specializzazioni della manodopera. E, spesso trascurate, sono le riduzioni dei costi, che derivano dall’allocazione delle risorse secondo la Legge del vantaggio comparato.
Per chiarire, supponiamo che ci sia un imprenditore che possa produrre 1.000 unità di stoffa al giorno. Se questo imprenditore spende $5.000 al giorno in salari e manutenzione dei beni strumentali, il suo costo medio di produzione sarà di $5 per unità di stoffa. Supponiamo inoltre che il prezzo di mercato per ciascuna unità sia di $6, lasciando all'imprenditore un tasso di rendimento del 20% (escludendo altri costi e tasse). Supponiamo ora che si sviluppi un miglioramento dei beni strumentali (es. individuazione di una nuova fonte di cotone, un aumento delle competenze dei lavoratori, un aggiustamento della produzione per tenere conto della Legge del vantaggio comparato; il punto importante è che il costo di produzione diminuisce). Quando il costo di produzione diminuisce, l'imprenditore deve prendere una decisione: potrebbe provare a intascare il profitto aggiuntivo, ma se lo fa, perderà un guadagno molto maggiore; se, invece, abbassa il prezzo richiesto, attirerà i clienti lontano dai suoi concorrenti, le sue vendite aumenteranno e anche i suoi ricavi aumenteranno (quando si “rubano” clienti ad altri concorrenti la domanda è “elastica”, pertanto quando il prezzo si abbassa i ricavi dell’azienda aumenteranno).
L’azienda prospera e tutti gli stakeholder vincono. I lavoratori diventano più produttivi e, di conseguenza, i loro salari reali aumenteranno. I clienti possono acquistare più stoffa a prezzi più bassi e anche gli investitori e i fornitori migliorano le loro condizioni man mano che l’azienda prospera. Nel corso del tempo i concorrenti dovranno adottare miglioramenti simili (o superiori), o altrimenti andare incontro al fallimento. La società nel complesso migliora grazie alla riduzione dei costi da parte dell’imprenditore.
La crescita economica non è omogenea in tutta l’economia. La crescita è “disomogenea”, perché dipende dall’entità delle riduzioni dei costi e dai settori in cui si verificano. Di conseguenza i prezzi di alcuni beni diminuiranno drasticamente, mentre altri diminuiranno solo leggermente e alcuni potrebbero aumentare. L’aggregato complessivo mostrerà una deflazione dei prezzi, un altro modo per dire che il potere d’acquisto degli attori economici aumenterà. Questo risultato significa che più persone hanno di più da spendere: possono acquistare più beni e servizi oppure risparmiare il nuovo surplus. Man mano che i prezzi si adeguano a livello microeconomico, gli squilibri di mercato scompaiono rapidamente. Nel complesso quando l’economia cresce, assistiamo a una deflazione dei prezzi generale.
Questa conclusione è importante perché ci dice che non esiste alcuna ragione economica per espandere l’offerta di denaro. Qualsiasi ammontare di essa andrà bene. Sebbene la moneta sia soggetta alle stesse regole di domanda e offerta, come tutti gli altri beni economici, è diversa in un aspetto fondamentale: quando viene utilizzata, non scompare. Al contrario, quando uso (consumo) una mela, questa poi non esisterà più; si esaurirà. Quando guido la mia macchina, anche questa si consuma, sebbene a un ritmo molto più lento. Quando invece è il denaro a essere utilizzato, non si esaurisce nel processo: un dollaro è esattamente lo stesso prima e dopo il suo utilizzo. Mentre la forma fisica può subire una certa usura, il valore nominale dell’unità monetaria non soffre di questo degrado. In altre parole, il potere di spesa di un dollaro contante usurato nel mio portafogli e di un dollaro digitale nel mio conto corrente sono esattamente equivalenti tra loro.
Perché alcuni sostengono che sia necessario aumentare l’offerta di denaro? Sebbene non vi sia alcuna ragione economica per farlo, esiste una ragione politica. Ci si potrebbe altresì chiedere perché un criminale falsifica il denaro. La risposta è ovvia: vuole aumentare il suo potere d’acquisto a costi contenuti. La stessa logica valeva per l’antica ricerca alchemica di trasformare il piombo in oro. Indipendentemente da chi può creare nuova moneta, che si tratti di un falsario, di un mago, o della banca centrale, si applica lo stesso principio economico: chi ottiene per primo il nuovo denaro vince e chi lo ottiene per ultimo perde. Questo principio è chiamato Effetto Cantillon, descritto per la prima volta all'inizio degli anni '20 del Settecento. L'Effetto Cantillon dimostra che quando la nuova moneta viene spesa per la prima volta, viene scambiata ai prezzi correnti. Il nuovo acquirente reindirizza beni e servizi a suo vantaggio, sottraendoli a usi alternativi.
Nella seconda fase altre persone entrano in possesso della nuova quantità di denaro. Anch'esse lo spendono, sottraendo beni e servizi a usi alternativi, e queste azioni esercitano una pressione al rialzo sui prezzi. Non tutti i prezzi ne risentono nella stessa misura (è raro, ma alcuni prezzi potrebbero addirittura scendere). Hayek (1969) ci chiese di immaginare il miele che viene versato su un piatto, si accumula in un punto e poi si diffonde lentamente verso l’esterno. Man mano che la nuova moneta si diffonde in tutta l’economia, non lo fa in modo uniforme o allo stesso ritmo, ma in modo graduale dato che un’analisi aggregata macroeconomica non coglierà l’impatto di questi effetti microeconomici. Se il nuovo denaro venisse iniettato in un settore economico diverso, o anche in un momento diverso, i risultati sarebbero diversi. Il punto importante è che alcune persone si troveranno di fronte a prezzi più alti, senza aver avuto ancora accesso al nuovo denaro. Di conseguenza la loro ricchezza reale diminuisce. L’Effetto Cantillon mostra come coloro che ottengono per primi i nuovi soldi sono i vincitori e mostra anche come coloro che li ottengono per ultimi sono i perdenti. La ricchezza viene trasferita da coloro che ricevono i soldi per ultimi a coloro che li ricevono per primi.
Nella nostra economia chi è il primo a utilizzare la nuova moneta? Oggi il denaro che usiamo è scoperto. È creato dal nulla. Anche se non abbiamo bisogno di incantesimi magici per trasformare il piombo in oro, possiamo creare quantità illimitate di nuovo denaro premendo i tasti di un computer presso la banca centrale e il sistema bancario commerciale. La banca centrale provvede alla politica fiscale dei governi e al sistema finanziario e bancario commerciale. Sono queste le istituzioni a ricevere per prime i nuovi soldi. I loro guadagni sono a spese di tutti gli altri. Ogni nuovo dollaro diminuisce il potere d’acquisto di tutti gli altri dollari; la ricchezza di tutti gli altri si dissolve. Quindi, sì, c’è un motivo per espandere l’offerta di denaro e c’è una ragione per convincere la popolazione che un tasso di inflazione al 3% è migliore di uno al 2%. Sfortunatamente il motivo non è buono, a meno che, ovviamente, non facciate parte del piccolo gruppo che riceve per primo i nuovi soldi.
L’Effetto Cantillon dimostra l’impatto a breve termine dell’espansione monetaria. Se l’espansione monetaria persiste, essa porterà a un ciclo economico. La conseguenza a lungo termine delle politiche monetarie espansionistiche è una riduzione del risparmio, consumo di capitale, un tenore di vita futuro inferiore e possibilmente il crollo della valuta stessa.
L’inflazione è una linea di politica e in quanto tale può essere cambiata, pertanto non c’è motivo di cedere all’inflazione. Se la si considera un male, allora bisogna smetterla. Bisogna pareggiare il bilancio dello Stato. Naturalmente l’opinione pubblica deve appoggiare questo punto; gli intellettuali devono aiutare la gente a capirlo. Con il sostegno dell'opinione pubblica è certamente possibile che i rappresentanti eletti dal popolo abbandonino una linea di politica inflazionistica.[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Tutte le micce finanziarie conducono a...
Nel mio ultimo pezzo ho esaminato come le azioni siano diventate molto costose. Viviamo in un'era di bolle: 1999, 2008, 2021 e ora, solo tre anni dopo, una nuova bolla... questa volta concentrata nei “Magnifici 7”, le azioni delle grandi aziende tecnologiche. Ma alcune cose succedono sempre, infatti le bolle scoppiano sempre. E probabilmente non passerà molto tempo prima che scoppi anche la bolla dell'intelligenza artificiale, quindi le persone che speravano di arricchirsi rapidamente, grazie alla nuova tecnologia, diventeranno più povere, e in fretta, grazie al vecchissimo ciclo di espansione e contrazione. Ed ecco un'altra cosa che succede sempre: quando il costo del credito aumenta, aumentano anche i fallimenti. Quest'anno, con tassi di interesse sostanzialmente più alti rispetto a qualche anno fa, gli avvocati fallimentari sono tornati in azione. Per quanto possa essere scontata la digressione di questo pezzo, come immagineranno i lettori più stagionati, ecco il colpo di scena: non parleremo di Stati Uniti. Non principalmente. Oggi sul proverbiale “banco degli imputati” ci finiranno gli inglesi.
La maggior parte degli occhi del mondo, infatti, sono puntati sulla FED e le sue decisioni in termini di politica monetaria, soprattutto quando bisogna determinare (a livello ufficiale) la presenza di una recessione o meno. A livello mondiale, soprattutto dopo il 2022, Powell & Co. sono davvero l'ago della bilancia, in particolar modo perché gli USA hanno il mercato dei pronti contro termine più liquido del mondo e ciò è vitale per il rifinanziamento della pletora di derivati esistenti. Dopo il 2019 l'accesso è consentito solo tramite asset statunitensi: titoli del Tesoro statunitensi, per la precisione. Questo, di conseguenza, fa sì che i rischi di recessione (prima finanziaria, poi economica) gravino di più sulle spalle degli altri player. Infatti pochi parlano della situazione in Inghilterra.
La maggior parte del risparmio, ad esempio, è concentrato nella top 5 delle grandi banche inglesi (es. HSBC, Barclays, ecc.) e basta un evento insignificante affinché questi giganti dai piedi d'argilla colino a picco. Cosa diventata evidente con la recente crisi dei Gilt e dei fondi pensione inglesi. Bisogna rendersi conto che con l'arrivo del 30 settembre e la fine del LIBOR la City di Londra verrà prosciugata dal capitale finanziario. L'unica cosa che rimarrà sarà il flusso monetario basato sulle assicurazioni, ma anche quello ha subito un duro colpo con la storia della discriminazione nei confronti dei russi. Cosa rimane quindi? Un Paese con una grave crisi sociale il cui passo è dettato dalla disintegrazione a livello economico/finanziario e non è un caso che la Banca d'Inghilterra abbia fatto enorme incetta di titoli del Tesoro statunitensi (venduti soprattutto dalla Cina per stabilizzare lo yuan sul mercato dei cambi e forse anche per l'ancora presente sudditanza nei confronti degli inglesi sin dalle guerre dell'oppio). Chi fa fatica a capire cos'è il denaro, farà fatica a raccapezzarsi nelle vicende economiche odierne. Il balzo sin dal 2019 nei possedimenti inglesi di titoli di stato USA è sufficiente per capirlo. E non si tratta solo dei possedimenti della Banca d'Inghilterra, ma anche di quelli delle sue appendici: Lussemburgo, Isole Vergini, Isole Cayman, ecc. Il tutto funzionale a mantenere in piedi la facciata che la BCE può ancora difendere l'euro e i rendimenti obbligazionari europei. La FED e la BOJ hanno tutte le armi a loro disposizione per debellare la piaga dell'eurodollaro. Non solo, ma per quanto i media generalisti e indipendenti continuino a puntare sulla (presunta) debolezza dell'economia statunitense, ci sono poche parole su quella inglese. Cari lettori, qui chi ha tutto da perdere e ha i conti sballati è la City di Londra, destinata a diventare un deserto finanziario. Tutto il terrore per questo fato e per la devastazione economica incalzante sono incarnati nel sopraccitato balzo sin dal 2019.
Occhio, quindi, che il mercato dei cambi è sopravvalutato e la presunta forza delle altre divise (sterlina, euro) nei confronti del dollaro è un fuoco di paglia. I rischi di recessione sono molto più vicini all'Europa di quanto si dica sulla stampa generalista.
IL 1971 RIVISTO E LA FINE DELLA “BOJ PUT”
Facciamo un passo indietro. Bisogna sempre farlo, non solo perché il passato ci aiuta a capire il presente e direzionare meglio il futuro, ma anche perché fornisce maggiori tasselli a chi aveva il quadro generale chiaro ma necessitava di ulteriori dettagli per tirare coerentemente tutte le somme. Si cita spesso il 1971 come l'anno in cui gli Stati Uniti hanno abbandonato definitivamente le ultime vestigia del denaro coperto. I motivi addotti dalla maggior parte degli analisti indipendenti comprendono la stupidità, l'avidità e l'incompetenza. La storia finirebbe qui se analizzassimo le cose secondo un'ottica puramente teorica: la pianificazione centrale porta con sé i semi della propria distruzione. All'atto pratico, però, esistono due tipi di conseguenze: intenzionali e inintenzionali. Perché la vera domanda è questa: e se gli Stati Uniti, o per meglio dire una parte di essi, abbia lavorato per vandalizzare il Paese a vantaggio di qualcun altro?
Dalla finanziarizzazione violenta dell'economia statunitense sin dagli anni '80 fino allo scoppio della bolla immobiliare nel 2008, la discesa negli inferi economici è come se fosse stata perseguita in modo sconsiderato e, peggio ancora, volontario, senza alcun freno a tutte quelle azioni giudicate, fino a poco prima che venissero prese, assurde e prive di giustificazione accademica. Una di queste decisioni è il quantitative easing. Nella crisi finanziaria del 2009 la FED di Bernanke intervenne abbassando i tassi d'interesse, salvando molti grandi debitori, tra cui alcune delle più grandi banche di Wall Street, e riducendo la fila di coloro che sarebbero finiti in bancarotta. Ciò non doveva accadere, tutti lo giudicavano errore; Bernanke, si dice, cedette al panico e preparò il terreno per una crisi ancora più grande in seguito: i tassi d'interesse più bassi della storia hanno incoraggiato quasi tutti a indebitarsi ancora di più. Davvero ha ceduto al panico? Per 3 volte consecutive? E che dire della Yellen? Non ha imparato niente dall'esperienza del suo predecessore?
E nessuno è andato più in fondo nel buco del debito del governo degli Stati Uniti, aggiungendo $25.000 miliardi in nuovo debito sin dal 2009. E ora il governo federale stesso è sopraffatto e la FED non è né in grado di salvare i mutuatari o gli investitori del mercato azionario con più debito, né vuole farlo. Questa è una novità molto importante: nel 2000, e di nuovo nel 2008, la FED fornì supporto alle azioni abbassando il suo tasso di riferimento di 500 punti base e “stampando” denaro per coprire i deficit. Ma questo prima che l'uomo nero dell'inflazione si scatenasse. Infatti quando si hanno già $35.000 di debiti, e si conta di aggiungerne altri $16.000 nei prossimi 10 anni, tassi d'interesse più alti non sono ciò di cui si vorrebbe leggere nelle notizie del mattino. Anche al 5% il costo degli interessi potrebbe essere di $2.500 miliardi all'anno. E quando bisogna prendere in prestito sempre più soldi, solo per stare al passo con i pagamenti degli interessi sul debito precedente, quella è la strada sicura verso la bancarotta.
Anche agli occhi di un profano è chiaro che la FED impedirà a qualsiasi costo una cosa del genere. Non “stamperà” più soldi solo per impedire che i prezzi delle azioni colino a picco, o alcune aziende di alto profilo vadano fallite. Ecco un punto di riferimento facile per capire la tempistica di un eventuale nuovo intervento della FED: quando il mercato obbligazionario statunitense, non quello azionario (di cui a Powell non interessa nulla), diventerà “bidless”.
È quindi chiaro che da un lato abbiamo una fazione della ragione, dove la FED e Powell vedono all'orizzonte una crisi catastrofica per il dollaro e gli Stati Uniti, e dall'altro una fazione della distruzione, dove il Ministero del Tesoro e la Yellen sono intenzionati a prendere in prestito una cifra pari a più del 5% del PIL ogni anno per i prossimi 10 anni. E questi numeri dipendono da una navigazione serena, senza tempeste fastidiose. In caso di recessione (quasi garantita), il governo federale prenderà in prestito e spenderà di più. La cosa ovvia da fare è evitare il disastro abbassando il tasso di crescita del debito e il modo ovvio per farlo è pareggiare il bilancio federale. Cosa impedisce alla fazione della distruzione di farlo? Beh, a parte il nome stesso, il fatto che coloro che dipendono dalla scarnificazione economica degli USA finiranno loro nel tritacarne.
Se fino alla “Greenspan put” ci si interrogava ancora sulle ragioni per cui una nazione dominante come gli USA avessero continui e sempre più ravvicinati nel tempo guai economici sotto forma di crisi economiche/finanziarie, dopo di essa è stato chiaro che esisteva una parte dell'America che stava sabotando dall'interno la prosperità della nazione stessa. L'arma di questo delitto si chiama mercato dell'eurodollaro; il mandante è la City di Londra. Non è un caso, infatti, che con la finanziarizzazione del mercato statunitense la City sia diventata uno snodo fondamentale per il capitale finanziario. Per quanto possa sembrare paradossale questo fenomeno ha una spiegazione: l'indicizzazione dei debiti mondiali avveniva attraverso il LIBOR. Quindi se da un lato si possiede la capacità d'impostare i tassi mondiali e dall'altro si possiede anche la capacità di manipolare (esternamente) l'offerta della valuta di riserva mondiale, il risultato è la materializzazione di una serie di pasti gratis infiniti a scapito della nazione più potente del mondo.
Per quanto potesse essere gigantesca questa artificiosità, essa era destinata pur sempre a fallire. Infatti gli abusi di questi sistemi quasi mai vengono percepiti da coloro che li sfruttano; un po' come gli schemi Ponzi, coloro che li attuano difficilmente riescono a scappare col maltolto. Alla fine vengono sempre catturati. Perché? Perché finiscono per credere alle loro bugie. Lo stesso è accaduto con l'eurodollaro e i mercati finanziari: un'esplosione di derivati che ha intaccato i bilanci di ogni entità finanziaria esistente, dalla più piccola e (apparentemente) insignificante alla più grande. Questo, a sua volta, ha significato una marea crescente di liquidità ombra necessaria per tamponare le falle che man mano sono emerse nel sistema. Per gli Stati Uniti è diventata una questione di vita o di morte, ovviamente. L'Inghilterra non ha mai mollato la sua colonia e l'aveva riconquistata tramite la finanza. Il 2019 è stato un anno importante, perché ha segnato ufficialmente l'inizio del rimpatrio della politica monetaria statunitense: la crisi dei pronti contro termine ha conferito in tutto e per tutto la natura di denaro al collaterale, in particolare i titoli di stato americani. Quello era solo il primo passo, il secondo è arrivato nel 2022 col SOFR (indicizzazione dei debiti in accordo a un parametro nazionale) e il rialzo dei tassi, con relativo prosciugamento della liquidità ombra. Almeno è iniziata, dato che essa è immensa dopo tutte le manipolazioni accumulate. Il terzo passo è stata l'uccisione della “BOJ put”.
Le istituzioni europee e inglese si sono concentrate sul lato lungo della curva dei rendimenti dei titoli obbligazionari statunitensi, in questo modo, sopprimendo tale lato, hanno soppresso di riflesso il loro lato lungo che non potevano permettersi salisse. Una condizione particolarmente favorevole alla Lagarde che ha sempre fatto l'equilibrista affinché i rendimenti dei bond europei rimanessero in un certo range. Il tutto si teneva in piedi grazie a uno yen sottovalutato: prendere in prestito in yen, sottoporre a leva il trade e infine comprare altri titoli. Inutile dire che anche il carry trade dello yen andava a favorire gli esterni e metteva nei guai la nazione, così come l'eurodollaro usava la ricchezza interna degli USA e la trasferiva all'esterno affinché coloro che sfruttavano la riserva frazionaria in tale mercato credessero che l'azzardo morale non avesse costi reali. I prezzi dell'energia e l'approvazione ai minimi per il governo Kishida hanno materializzato le frustrazioni delle famiglie giapponesi che si sono dovute involontariamente sobbarcare il prezzo di tutta questa ingegneria finanziaria. Il rialzo dei tassi della BOJ è arrivato in un momento in cui la FED era bombardata mediaticamente affinché tornasse ad abbassare i tassi ed è servito ai suoi scopi: drenare liquidità senza rialzare essa stessa i tassi. Il cappio intorno al collo della BCE e della Banca d'Inghilterra si stringe sempre di più.
Infatti sin dallo scorso aprile, anche la BNS è servita allo scopo di far guadagnare tempo alla BCE e alla BOE. Tagliando i tassi due volte e svalutando il franco svizzero, ciò è servito ad allentare la pressione finanziaria sull'Europa. Ritengo che anche questo supporto è ormai saltato, vista l'evoluzione dei cambi, e l'unico supporto che rimane alla BCE adesso è solo quello della BOE.
Quale migliore occasione, quindi, di tumulti per le strade da usare come scusa per l'ennesima emergenza e permettere all'esecutivo di avere carta bianca su ogni aspetto della vita socioeconomica inglese? Magari una nuova tassa che vada a gravare sul patrimonio immobiliare. Già le finanze delle famiglie inglesi sono sotto pressione, ulteriore spinta significherebbe la perdita di un asset sopravvalutato (immobili) ma che rallenterebbe lo scoppio della bolla immobiliare inglese sulla valanga di immigrati che sono entrati nel Paese negli ultimi anni. L'Italia da questo punto di vista è l'avanguardia. In sintesi, l'unica carta rimasta da giocare alla BOE è quella di tener gonfia la bolla immobiliare per dare l'illusione che esista ancora collaterale nel Paese degno di essere usato per una politica monetaria espansiva. La FED, come avevo anticipato all'inizio di quest'anno, effettuerà un taglio dei tassi. Molto probabilmente di 25 bps. Giusto per scontentare tutti e seguire il mercato dei rendimenti obbligazionari. Ma non sarà Powell a contrastare il QE della Yellen, ora, bensì il QT della BOJ. E non dimentichiamoci che il Giappone è il primo al mondo a detenere titoli di stato americani in riserva.
DECLINO
Questo spazio divulgativo non fa altro che unire i puntini, come vedere le costellazioni nel cielo notturno: la Cintura di Orione, il Grande Carro, ecc. Alcune sono evidenti, altre sono più difficili da vedere, con stelle deboli e lontane. Ma ci sono sempre degli schemi: crescita e depressione, rialzo e ribasso, guerra e pace, declino e caduta. Alcuni di questi sono schemi molto lunghi. Quando una nazione/stato/impero invecchia, le sue élite si trovano al vertice del potere e della ricchezza. Non importa in quale direzione guardino, c'è solo la discesa. Diventano timorose, tutto è una minaccia: un virus, un mercato ribassista, la Russia, la Cina... il futuro stesso.
Una delle cose più assurde accadute all'inizio di questo mese è stata che i liberi pensatori nel parlamento inglese hanno proposto nuovi modi per censurare il dibattito sui social media. Una delle ragioni addotte è stata che i legislatori pensano che essi stiano “rimbecillendo i giovani”. Davvero? Non il New York Times, non Paul Krugman, non le scuole pubbliche, non i genitori che lasciano che i loro figli sprechino tempo con i gadget elettronici. Tipico di un impero degenerato in fase avanzata, i politici inglesi sono ansiosi di proteggersi da qualsiasi novità. Un altro schema: nel tempo le élite sono inclini a diventare corrotte e incompetenti (stupide e malvagie). Favoriscono la guerra e l'inflazione, in parte come un modo per impedire al futuro di arrivare e in parte come un modo per continuare a trasferire più ricchezza e potere a sé stessi. L'aumento dell'offerta di guerra e inflazione porta a un calo del loro valore. Alla fine le élite non possono vincere una guerra (ad esempio Vietnam, Iraq, Afghanistan, Ucraina), né controllare l'inflazione.
In teoria, una democrazia dovrebbe risolvere il problema del decadimento al vertice. Gli elettori dovrebbero “buttare fuori gli incompetenti” ed eleggere nuovi leader più vigorosi. Ma dove sono questi nuovi leader? Nelle comunità più piccole la democrazia sembra funzionare, ma, in pratica, in un governo di grandi dimensioni, i partiti politici, l'amministrazione pubblica, la stampa, la City di Londra, i potenti donatori, i lobbisti, gli interessi speciali organizzati e l'industria della potenza di fuoco, tutti si uniscono per bloccare il cambiamento. Si finisce con leader geriatrici e linee di politica disastrose.
Inflazione e guerra, guerra e inflazione, malvagio e stupido, sciocco e furfante. Anche questi sono degli schemi. La Spagna, parte dell'Impero asburgico, fu il primo impero su cui non sarebbe mai tramontato il sole. Aveva le Filippine a est, l'America centrale e meridionale a ovest e in Europa era l'egemone, la nazione indispensabile del suo tempo. Quando i terroristi inglesi iniziarono ad attaccare le navi spagnole, Filippo II decise di intraprendere un'azione energica e risoluta. Il suo era l'impero più grande dell'epoca, con il più grande budget militare del mondo e l'equivalente del XVI secolo di una valuta di riserva. La Spagna riceveva carichi di oro e argento dal Nuovo Mondo, stimolando così l'economia del Vecchio Mondo con denaro appena coniato. Tutto questo vi suona familiare? I lettori più attenti noteranno due temi importanti.
Innanzitutto, l'inflazione. O, più in generale, la malattia olandese... comunemente intesa come il paradosso che si verifica quando la fortuna, ovvero trovare miliardi in oro e argento, trasforma la vostra economia in un caos. Di solito pensiamo all'oro come a una protezione contro l'inflazione; in questo caso, invece, ne fu la causa. In genere l'oro protegge dall'inflazione perché è molto difficile da ottenere: bisogna trovarlo ed estrarlo, e poiché l'oro è quotato sul mercato come tutto il resto, la quantità disponibile come denaro tende ad aumentare in linea con tutto il resto e a un ritmo più o meno pari alla crescita del PIL. Se le scorte scarseggiano, il prezzo dell'oro aumenta e i minatori sono spinti a lavorare di più; se c'è “troppo” oro il suo prezzo tende a scendere e l'attività mineraria non è più redditizia.
Fu solo un furto e un colpo di fortuna che gli spagnoli trovarono tanto oro e argento in superficie nelle mani degli Aztechi e degli Inca e riuscirono a sequestrarlo e a spedirlo in Spagna. L'avventuriero Pizarro catturò il capo Inca, Atahualpa, per esempio. Il conquistador chiese una stanza piena d'oro per il suo rilascio. L'Inca riempì diligentemente la stanza, ma Pizarro lo uccise comunque. Questo aumento della massa monetaria spagnola ebbe un effetto immediato, rese la Spagna ricca, e un effetto secondario, causò un'inflazione che rese la Spagna povera. Essa era ancora ricca nel luglio del 1588, quando la sua grande flotta si radunò e salpò verso nord, verso la Manica. Con 137 navi era destinata a scortare chiatte piene di soldati, cavalli, cibo e armi dalle Fiandre attraverso la Manica per un'invasione dell'Inghilterra. Si trattava più o meno della stessa forza navale che aveva vinto la battaglia di Lepanto nel 1571, una battaglia cruciale dell'Europa cristiana contro gli infedeli del mondo musulmano. E fu combattuta alla vecchia maniera: con spade, coltelli, moschetti e pistole. Questa era la battaglia che l'Armada di Filippo II era pronta a combattere di nuovo.
Il che ci porta al nostro secondo tema: le sorprendenti, e in gran parte sgradite, svolte della guerra. La sorpresa per l'Invincibile Armada fu che gli inglesi non combatterono come gli ottomani, o i romani, o i greci prima di loro. La battaglia di Gravelines non fu solo l'ennesima battaglia di fanteria, basata su piattaforme galleggianti mosse da schiavi delle galee. Inosservati dalla maggior parte del resto del mondo, gli inglesi avevano fatto progressi tecnici: le loro navi erano più piccole, più veloci, ma con meno potenza di fuoco. Si erano già dimostrate efficaci nelle mani di corsari inglesi, come Sir Francis Drake: arrivavano al nemico da sopravvento e questo lasciava la loro preda sguarnita. Invece di lanciare rampini e cercare di abbordare la nave nemica, gli inglesi cercavano di affondarla (o, meglio ancora, abbatterne gli alberi e distruggerne il timone in modo che fosse indifesa). Per prima cosa dispersero la formazione spagnola al largo di Calais inviando brulotti tra le imbarcazioni ormeggiate; gli spagnoli andarono nel panico, tagliarono le ancore e dispersero la flotta. Poi, alla Battaglia di Gravelines, il giorno seguente, le due flotte si fronteggiarono. Gli spagnoli eseguirono la manovra che avevano usato con tanto successo a Lepanto: spararono una volta i loro cannoni e si prepararono ad abbordare le navi nemiche. Potevano sparare solo una volta perché i loro cannoni non erano stati predisposti per essere ricaricati, non nel vivo della battaglia. Gli inglesi, nel frattempo, mantennero le distanze e continuarono a sparare. Quando finirono le munizioni, avevano danneggiato e/o affondato così tante navi dell'Armada che la battaglia era stata effettivamente vinta.
Dopotutto l'Armada era vincibile. Il vento soffiava da sud e diede agli spagnoli una via di fuga verso nord. Le navi sopravvissute, molte in pessime condizioni, cercarono di navigare attorno alla Scozia e all'Irlanda per ricongiungersi alla penisola iberica senza incontrare navi da guerra inglesi. Molte invece si arenarono in Irlanda, dove furono depredate e i marinai uccisi senza pietà. Altri morirono di freddo, fame e malattia. Pochi riuscirono a tornare in Spagna. E mentre la guerra fece i suoi danni, il nuovo denaro ne fece ancora di più: innescò un modello di azioni e reazioni ormai familiare. I conquistadores si impossessarono di enormi nuove quantità di oro e argento e questo aumento della massa monetaria fece aumentare i prezzi in Spagna e Portogallo del 500% nei successivi 150 anni. L'aumento dei prezzi, insieme ai tassi d'interesse più alti, costrinse l'imperatore spagnolo a prendere in prestito sempre più denaro solo per mantenere in attività il suo costoso impero. Il denaro facile rappresentò anche un sostituto per la produzione reale nella penisola iberica: gli spagnoli e i portoghesi avevano denaro, potevano acquistare cose, non avevano bisogno di produrle. “Lascia che siano gli altri a faticare”, potrebbero essersi detti l'un l'altro. “Noi conquistiamo”.
Ma trascurando il proprio commercio e le proprie manifatture, gli spagnoli e i portoghesi esposero il fianco a una “Grande Perdita”. Quando l'Invincibile Armada salpò il flusso di nuovo denaro dalle colonie era già in declino. Dopo la battaglia di Gravelines anche il potere spagnolo affondò e non si riprese mai più. La guerra e l'inflazione li avrebbero condannati a 4 secoli di marginalità e di miseria.
CADUTA
Non crediate nemmeno per un momento che l'impero britannico si fosse disciolto all'indomani della fine della seconda guerra mondiale. Le mani si erano ritirate, ma i fili restavano ancora attaccati. Nemmeno gli USA stessi erano davvero liberi, ma ancora una colonia. La vera dichiarazione d'indipendenza è arrivata nel marzo 2022, guarda caso un paio di settimane prima scoppiò la guerra tra Russia e Ucraina. Come già detto, guerra e inflazione sono due dei principali protagonisti di un impero in disfacimento.e quello inglese non fa eccezione. Oltre a riciclare quantità enormi di denaro da usare per cercare di sopravvivere ai venti economici contrari (es. debito pubblico, rendimenti decrescenti, ecc.), la guerra serve anche ad abbattere un qualsiasi tipo di opposizione popolare alle decisioni dello stato. I giovani uomini vengono mandati al fronte, cosicché in patria rimangano solo donne e vecchi. Non solo, ma è una questione ormai anche di sopravvivenza finanziaria, si a per Londra che per Bruxelles.
Il paravento della guerra, per quanto costoso, serve anche a giustificare la cosiddetta economia delle emergenze: una situazione “temporanea” infinita in cui gli stati in bancarotta le tentano tutte per rimanere a galla. Uno di questi tentativi significa calpestare lo stato di diritto. Ecco perché, tra gli altri, furono gli inglesi a far saltare il banco dei negoziati di pace in Turchia. Spogliata della sua capacità di intermediare flussi finanziari significativi, la City di Londra si appresta a perdere quell'importanza che aveva avuto finora grazie a liquidità estorta con l'inganno ai danni degli Stati Uniti e del Giappone. Lo stesso vale per Bruxelles. La guerra è l'unico mezzo attraverso il quale i soldi fluiscono ancora in Europa ed ecco anche perché da quest'ultima si sono alzate le grida di maggior dolore quando Johnson, lo speaker della Camera negli Stati Uniti, s'è rifiutato di firmare l'ennesimo pacchetto di aiuti all'Ucraina. La guerra in Ucraina è una polizza di assicurazione contro il fallimento siglata da Londra, oltre a essere un modo per staccare l'Eurasia dall'Europa.
A tal proposito, pensate a cosa è successo due mesi fa, durante le trattative di rinnovo dei titoli di debito dell'Ucraina. Per evitare il default del Paese i maggiori investitori (Pimco, Amundi, Blackrock, fondi pensione inglesi, ecc.) hanno raggiunto un accordo per un haircut delle loro posizioni del 37%. Solo l'Inghilterra s'è esposta per $10 miliardi in aiuti militari, $7 miliardi in aiuti finanziari e s'è fatta garante per diversi prestiti all'Ucraina tramite la Banca Mondiale. Succede, poi, che due giorni dopo Fitch declassa il debito ucraino a “C”. Panico tra i bondholder sopra elencati! Al che, una settimana dopo, il presidente ucraino firma un ordine di sospensione “temporaneo” del pagamento dei debiti della nazione.
Val la pena di sottolineare un altro fatto accaduto a luglio. In un seminario sponsorizzato dalla stessa Banca d'Inghilterra s'è parlato esplicitamente che la stessa potesse ampliare la platea di titoli acquistabili o ammissibili nel mercato pronti contro termine. Non mi sorprenderebbe se tra questi nuovi titoli ammissibili ci fossero anche i bond ucraini. Come se il bilancio della BOE non fosse già sommerso a causa dell'aumento dei tassi dei titoli di stato inglesi (Gilt). Un assaggio di questo tracollo ce l'abbiamo avuto nell'autunno del 2022 quando l'allora governo Truss presentò il cosiddetto “mini budget”. Pollice verso da parte dei mercati e vendita di Gilt sui mercati. Inutile dire che le istituzioni più colpite sono risultati i fondi pensione, i quali hanno dovuto vendere ingenti posizioni obbligazionarie A LEVA per soddisfare le margin call che fioccavano. La BOE è stata costretta a intervenire per apporre una rete di sicurezza sotto la sterlina e sotto i Gilt.
Qui ci sono tutti i presupposti affinché la sterlina subisca un durissimo colpo, nonché il mercato obbligazionario inglese dato il livello di rischio a cui è esposta la Banca d'Inghilterra insieme alla pletora di investitori istituzionali al seguito. Naturalmente non saranno i protagonisti di questa ubriacatura di azzardo morale a pagare per le conseguenze. Sta di fatto, comunque, che con la fine della “FED put”, della “BOJ put” e del LIBOR Inghilterra ed Europa si contendono il primato nell'attuale race to the bottom.
CONCLUSIONE
La Gran Bretagna si sta giocando il tutto per tutto. L'economia è messa male, la situazione sociale interna è molto difficile. Il sistema dell'eurodollaro, che è controllato da Londra, è andato in crisi nel 2008 e non si è più ripreso; ora Washington, o almeno una parte facente capo alla FED, sta rimpatriando la politica monetaria sotto l'egida americana. Non solo, ma con l'indicizzazione dei debiti americani con un tasso di riferimento interno (SOFR), la City di Londra sta nell'effettivo perdendo molto potere finanziario. Nel frattempo i BRICS si stanno allontanando dai vincoli che avevano con l'eurodollaro. Non mi sorprenderebbe se vedessimo un'inversione della Brexit e un riavvicinamento con Bruxelles, soprattutto perché lo scontro con la Russia ormai è esistenziale.
Tutte le micce finanziarie conducono a... Londra.
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Decentralizzazione e Bitcoin
Dalla fine degli anni '80 fino all'inizio degli anni 2000, i cypherpunk, un gruppo di crittografi, matematici, informatici e attivisti, hanno lavorato per costruire quello che chiamavano un “cripto-mondo-anarchico alla John Galt nel cyberspazio”. Questo luogo virtuale sarebbe stato uno in cui individui da tutto il mondo avrebbero potuto comunicare e commerciare, con diritti di proprietà protetti, contratti rispettati e una propria valuta digitale nativa. A questi cypherpunk viene attribuito il merito di aver avuto un coinvolgimento significativo nello sviluppo di progetti come Tor, remailer anonimi, PGP per la crittografia delle e-mail, OTR per la crittografia delle chat, BitTorrent, Wikileaks, il mercato Silk Road e, naturalmente, Bitcoin, sia durante l'esistenza formale del gruppo che in seguito.
Poiché l'esistenza stessa di Bitcoin deriva dall'insieme di idee a cui hanno aderito questi cypherpunk, vale la pena esplorarne le radici anarchiche.
Secondo Timothy C. May, uno dei fondatori del movimento cypherpunk e uno dei membri più influenti, la cripto-anarchia era un concetto che traeva ispirazione dal lavoro dell'economista David D. Friedman, dello scrittore di fantascienza Vernor Vinge e della filosofa Ayn Rand.
Il libro di Friedman, The Machinery of Freedom, pubblicato per la prima volta nel 1973 e giunto ora alla terza edizione, sostiene l'anarco-capitalismo, esplorando il modo in cui varie società nel corso della storia, e a vari livelli, hanno protetto la proprietà, risolto le controversie, fatto rispettare i contratti e fornito difesa senza l'intervento dello stato.
Dall'opera di Vinge, May trasse ispirazione dal racconto True Names. E, a quanto pare, anche Friedman ebbe un impatto sul pensiero di Vinge. In un'intervista quest'ultimo citò The Machinery of Freedom di Friedman come una delle sue fonti di ispirazione, affermando che quel libro gli innescò una profonda “rivoluzione intellettuale interna”.
Le ispirazioni di Friedman per l'anarchia
Da dove veniva l'anarchia di David Friedman? I suoi genitori, Milton e Rose Friedman, non erano certamente anarchici.
In una e-mail a me indirizzata confermava che il romanzo di finzione di Robert Heinlein, The Moon is a Harsh Mistress, è stata un'influenza primaria. In un'intervista sul suo libro Friedman afferma che:
[...] forniva un quadro fittizio di una società in cui la legge e l'applicazione della stessa sono endogene [...] fatte all'interno del sistema [...]. Per quanto ne sapevo, era un quadro internamente coerente [...]. Questo è tutto quello che potevo capire [dalla] lettura, non c'è una ragione particolare per cui non avrebbe dovuto funzionare in quelle circostanze [...]. Una volta che mi sono convinto che era possibile avere una società in cui la legge e l'applicazione della stessa erano interne al sistema di mercato piuttosto che imposte dall'esterno, ciò mi ha portato a interessarmi alla questione di come si potesse avere l'equivalente nel mondo reale.Friedman sottolinea anche che se avesse avuto maggiori conoscenze di storia e antropologia all'epoca, forse non avrebbe avuto bisogno della narrativa di Heinlein per giungere a queste conclusioni, poiché in seguito scoprì che non mancavano esempi nel mondo reale.
F. A. Hayek è stata un'altra influenza. In una conversazione registrata Friedman sottolinea la “distinzione tra un'organizzazione e un ordine autogenerato”. Lui (Friedman) era incuriosito dall'idea che “un'economia di mercato non ha uno scopo” nel modo in cui lo hanno i club o le aziende. Questo per dire che molti individui, con i loro diversi scopi, potrebbero comunque coordinare i loro piani. Nelle parole di Friedman: “Un insieme di persone che hanno scopi diversi interagiscono e coordinano comunque le loro attività”.
In particolare Friedman dedicò The Machinery of Freedom sia a Heinlein che a Hayek (tra gli altri).
L'influenza di Friedman su May
Timothy May sostenne una società cripto-anarchica già nel 1988 nel suo Crypto Anarchist Manifesto e in seguito menzionò ripetutamente Friedman e The Machinery of Freedom nella mailing list cypherpunk e in altri scritti.
Ma oltre all'anarchia in generale, May avrebbe anche avuto l'opportunità di imbattersi negli scritti di Friedman sul denaro. La seconda edizione del libro di Friedman, The Machinery of Freedom, pubblicato nel 1989 e all'incirca nel periodo in cui i cypherpunk erano appena agli inizi, contiene un capitolo intitolato The Market for Money. Questo capitolo (che cita anche il lavoro dell'economista Lawrence H. White) sostiene che “invece di discutere se lo Stato debba tornare al gold standard, dovremmo invece riflettere se esso debba produrre denaro” e che il denaro lasciato alla sfera del settore privato potrebbe essere concepito in modo che “non si basi sulla saggezza o sulla benevolenza delle persone incaricate di gestirne l'offerta”. Qui vediamo l'idea di Hayek di competizione tra vari tipi di denaro integrata nelle più ampie idee anarchiche di Friedman, che furono rapidamente abbracciate dai cypherpunk.
La passione di May per la cripto-anarchia era condivisa anche da un altro cypherpunk e ingegnere informatico, Wei Dai, il cui saggio del 1998, “b-money”, descriveva come avrebbe potuto funzionare una criptovaluta (e, tra l'altro, era elencato nei riferimenti del whitepaper di Bitcoin di Satoshi Nakamoto). Dai scrisse nel suo saggio che “sono affascinato dalla cripto-anarchia di Tim May”.
Nota a margine: sebbene May si fosse imbattuto nelle idee di Murray Rothbard (un altro pioniere del pensiero anarco-capitalista), non trovo alcun accenno a lui in nessuno dei suoi scritti dell'era cypherpunk. Quindi gli scritti di May sull'anarco-capitalismo, che assumono un nuovo volto come “cripto-anarchia”, chiariscono che Friedman è stata l'influenza primaria.
L'influenza (successiva) di Timothy C. May su Friedman
May notò che Friedman stava iniziando a interessarsi all'accoppiamento di idee tra crittografia e anarchia. Scrisse nella mailing list cypherpunk di come Friedman “si fosse convertito” alla cripto-anarchia e tenne un discorso sull'argomento a Los Angeles.
Friedman dichiarò in una presentazione all'Independent Institute nel 2001 che “la storia di queste idee è che le ho rubate da un gruppo di persone chiamate 'cypherpunk', di cui il principale esponente è Tim May, che ne ha rubate alcune a me [...] e poi io le ho rubate di nuovo a lui”. Friedman ha persino dedicato il suo libro, Future Imperfect, a May (tra gli altri) e, infatti, esso tratta i contributi di Friedman a molte delle stesse idee di cui si occupavano i cypherpunk.
Conclusione
Timothy May immaginò — e alcuni cypherpunk chiave lavorarono per creare — una società digitale (a volte) nascosta (ispirata alle opere di fantasia di Ayn Rand e Vernor Vinge) che sarebbe essenzialmente esistita in uno stato di anarchia (ispirata da David Friedman). Nel contesto del cyberspazio ciò significava che individui da tutto il mondo, con scopi molto diversi, potevano coordinare i loro piani grazie all'interconnettività dei computer, al software open source e alle innovazioni tecnologiche nella crittografia.
Bitcoin stesso è una valuta che potrebbe essere considerata come uno stato di anarchia. È stato progettato, ma la sua governance decentralizzata opera in modo tale che nessuna singola parte (né i miner, né i nodi, né i programmatori, né gli utenti, né gli exchange, né i provider di wallet, né i processori di pagamento) lo possa controllare. Di conseguenza ha regole oggettive che ogni parte deve seguire, ma come protocollo è completamente senza stato.
La lettura di Heinlein permise a Friedman di immaginare una società “in cui la legge e l'applicazione della stessa erano interne al sistema di mercato piuttosto che imposte dall'esterno”, e quando cominciò a scavare, trovò molti esempi concreti nella vita reale.
Oltre alla finzione, ha anche portato l'idea di un “ordine autogenerato” alle sue logiche conclusioni: all'anarchia, più in là di quanto Hayek si sentisse a suo agio a spingerla. Il suo modo creativo di pensare a come gli individui con fini molto diversi potessero coordinare i loro piani è stato determinante nel pensiero dei cypherpunk, le cui idee e il cui lavoro alla fine hanno portato a ciò che ora chiamiamo Bitcoin.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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I mercati tremano mentre il capitale monopolista persegue un colpo di stato attraverso il settore tecnologico
Si nota una grave omissione nell’elenco dei sospetti responsabili del terremoto di inizio agosto nei mercati globali: il cosiddetto “capitale monopolistico” capace di stimolare un cambiamento tecnologico significativo ed eludere il potenziale controllo benevolo da parte della proverbiale mano invisibile del libero mercato.
Nel valutare l’accusa contro il capitale monopolistico, è importante il concetto di rivoluzione e la sua differenziazione da un colpo di stato. La rivoluzione inizia dal basso in mezzo a un’ondata di nuove idee e azioni individuali; il suo continuo progresso significa, ad un certo punto, un ribaltamento dello status quo. Un colpo di stato, al contrario, descrive un cambiamento di sistema determinato da un complotto da parte di un gruppo all’interno delle attuali élite.
La distinzione è forse più evidente nel caso della politica. Ryan McMaken ha sottolineato come la “Rivoluzione d’Ottobre del 1917 in Russia”, in cui i bolscevichi presero il potere, fu un colpo di stato e non una rivoluzione. Possiamo estendere il concetto anche al cambiamento tecnologico.
Le grandi rivoluzioni tecnologiche dei tempi moderni, forse già dalla stampa fino alla digitalizzazione, sono tutte iniziate dal basso. Nella fase iniziale hanno incluso una grande partecipazione di innovatori che erano in concorrenza in tutte le fasi, dalla progettazione di base alle applicazioni finali. Anche la concorrenza con la tecnologia pre-rivoluzionaria rimaneva feroce: una serie di concorrenti che utilizzavano le tecnologie precedenti dei beni strumentali esercitavano un freno all’adozione precipitosa e dispendiosa di nuove tecnologie ancora non sperimentate e sottosviluppate, operando audaci tagli dei prezzi in modo da salvare parte dei rendimenti nonostante l’obsolescenza.
Prendiamo in considerazione l’alternativa a tale rivoluzione dal basso: il cambiamento tecnologico guidato dall’alto, sebbene con innovazioni ancora spontanee in alcune aree di applicazione. I monopolisti, gli oligopolisti, o i governi sono quindi responsabili del processo di introduzione di nuove tecnologie, il che significa un colpo di stato piuttosto che una rivoluzione. Il processo presenta rischi particolari, come vedremo nel caso presente dell’Intelligenza Artificiale (IA).
Le grandi aziende tecnologiche esistenti che controllano già le piattaforme gateway per Internet stanno giocando un ruolo chiave sia nelle innovazioni tecniche (sviluppando i modelli linguistici), sia nell’impiego di ingenti capitali per implementarle. La spesa di sole 5 grandi aziende tecnologiche – Alphabet, Apple, Amazon, Meta e Microsoft – per l’intelligenza artificiale è stata pari a $60 miliardi nel secondo trimestre del 2024, in aumento del 65% rispetto all’anno precedente.
I commentatori sottolineano l’importanza della FOMO (paura di perdere qualcosa): gli attuali monopolisti temono l’erosione dei profitti da parte dei nuovi entranti nel settore tecnologico se non agiscono per primi, salvaguardando le “kill zone” attorno ai loro prodotti e servizi esistenti. Sì, ci sono molti unicorni tra le start-up che cercano di applicare l’intelligenza artificiale, ma questo è molto più a valle nel processo di cambiamento tecnologico e non rappresenta una minaccia per il profitto dei monopolisti tecnologici. Infatti è vero il contrario, data la probabile struttura delle tariffe di monopolio per l’accesso agli input chiave.
I commentatori e anche i grandi economisti si sono esposti all’accusa di ossequiosa acquiescenza di fronte al cambiamento tecnologico, qualunque sia la sua forma. Alcuni hanno lodato il ruolo del potere monopolistico nell’accelerare il processo. Possiamo risalire alla conversione di Schumpeter, a differenza dei suoi primi scritti, quando disse che il potere monopolistico temporaneo è benefico nell'intensificare il processo di distruzione creativa e il cambiamento tecnologico.
L’ossequiosità evidente negli atteggiamenti sociali nei confronti di coloro che guidano il cambiamento tecnologico, anche se brutto sotto tutti gli aspetti chiave, può essere spiegato dalla percezione che la rivoluzione tecnologica sia intrinseca al modo in cui il capitalismo costruisce la prosperità nel tempo. Conosciamo tutti quei grafici che mostrano l'esplosione della crescita economica negli ultimi duecento anni e che accompagnano il nuovo fenomeno delle ondate di cambiamento tecnologico.
Tuttavia tutto ciò non vuol dire che le rivoluzioni più grandi e rapide siano sempre una cosa buona. La mano invisibile del mercato influenza il ritmo e la portata del cambiamento tecnologico in modo da massimizzare il possibile tenore di vita nel tempo, ma questo non significa né addentrarsi troppo velocemente nella foresta dell’ignoto piuttosto che trarre vantaggio dal passare del tempo per conoscere gli aspetti negativi, né abbandonare le tecnologie precedenti che significano l’immediata obsolescenza del capitale sociale preesistente. Non vi è alcuna garanzia che in ogni occasione la mano invisibile riuscirà in questaa missione – ma per quanto riguarda la democrazia possiamo dire che rappresenta una proposta migliore rispetto alle alternative.
L’evidenza empirica a favore di condizioni non competitive che stimolano il cambiamento tecnologico è, nella migliore delle ipotesi, ambigua. Inoltre dovremmo diffidare degli economisti che affermano come una tautologia che un progresso tecnologico più rapido è sempre meglio di un progresso tecnologico più lento. La mano invisibile dovrebbe frenare oltre che incentivare, le forze di mercato determinano il ritmo del cambiamento tecnologico, inclusa l’applicazione in modo altamente decentralizzato (non tra una cabala di oligopolisti) di una vasta gamma di attività economiche a livello aziendale.
Anche in presenza di una moneta sana/onesta e mercati altamente competitivi è possibile che la mano invisibile prenda il sopravvento su gravi errori nel percorso del cambiamento tecnologico. Ovviamente all’inizio tutti potrebbero non riuscire a prevedere gli intoppi e i grandi costi che ne conseguirebbero. E i guardrail del capitalismo del libero mercato potrebbero cedere nel contesto della nuova tecnologia, consentendo la formazione di potenti monopoli e il verificarsi di molti illeciti, soprattutto per quanto riguarda il calpestio dei diritti di proprietà preesistenti (inclusa la proprietà di informazioni private).
Illustriamo queste preoccupazioni parlando della rivoluzione informatica, iniziata negli anni '90 e in condizioni inizialmente altamente competitive, ma quasi continuamente in condizioni di inflazione monetaria. Non è plausibile che la portata della vulnerabilità del nuovo software ai virus fosse evidente nei primi anni – o l’entità delle risorse che dovevano essere impiegate nella difesa e le possibili inadeguatezze. Tuttavia una volta che la reale entità dei costi diventa evidente, non si può tornare indietro.
L’inflazione monetaria ha paralizzato, o distorto seriamente, la mano invisibile. Una caratteristica dell’inflazione dei prezzi degli asset è la ricerca di rendite. Soprattutto in un contesto di tassi d'interesse molto bassi, gli investitori rimangono estasiati dalla possibilità che emerga un flusso di rendite monopolistiche a lungo termine; le aziende che promettono questo come parte della loro narrativa speculativa godono di un premio. La portata del monopolio nella rivoluzione informatica è nota: effetti di rete e creazione di piattaforme gateway. E la persistente inflazione dei prezzi degli asset ha favorito la crescita del capitale monopolistico. Gli investitori affamati di rendimenti hanno messo in palio grandi premi sul capitale delle imprese per raggiungere un flusso di rendite monopolistiche a lungo termine.
Negli ultimi anni, con l’avvento dell’intelligenza artificiale, i capitalisti monopolisti hanno acquisito nuove possibilità per pianificare un colpo di stato tecnologico. Una rivelazione sulla portata della malevolenza è ora evidente nella disputa legale tra Elon Musk, come co-fondatore e finanziatore chiave originale di Open AI, e il suo amministratore delegato Sam Altman. Musk accusa Altman di aver sostenuto ingannevolmente che Open AI fosse un istituto di ricerca senza scopo di lucro e non un'impresa che successivamente sarebbe stata ceduta a Microsoft.
Non è plausibile che i colpi di stato guidati dai monopoli portino a un ritmo ottimale di progresso tecnologico che invece potrebbe emergere con una moneta sana/onesta e un capitalismo competitivo. Sul mercato ha regnato un ottimismo estremo riguardo ai potenziali profitti di monopolio (in questo esempio tramite Chat GPT) derivanti da tali “complotti tra oligopolisti” – da qui tutto il brusio sui magnifici sette e sulla produttività che ci aspetta.
Il pessimismo però può scoppiare all’improvviso, come abbiamo visto all’inizio di agosto. Il bambino disinformato può gridare che l'imperatore è nudo. Quale sarà il ritorno di quelle decine di miliardi di investimenti effettuati dai monopolisti sull’intelligenza artificiale? Tali dubbi si moltiplicherebbero se l’inflazione monetaria stesse effettivamente perdendo forza, forse perché il ritmo dei prezzi degli asset non è più al ribasso dato che le condizioni di offerta si sono generalmente normalizzate a due o tre anni dalla pandemia. Le autorità monetarie dovranno lavorare di più (in termini di esercizio della restrizione monetaria) per raggiungere il loro obiettivo di inflazione al 2% rispetto a quanto avvenuto nel periodo 2023-2024.
In conclusione: il cambiamento tecnologico legato all’intelligenza artificiale si sta verificando sotto il controllo dei monopolisti che governano le grandi piattaforme gateway e ha le caratteristiche di un colpo di stato piuttosto che di una rivoluzione. Il colpo di stato è stato caratterizzato da un’ondata di enormi spese da parte delle Big Tech. Di recente è emersa la preoccupazione che ciò sia andato ben oltre ciò che può produrre buoni rendimenti in futuro, quindi si prospetta una notevole instabilità finanziaria e un brusco risveglio economico.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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