La vita di Adele (La vie d'Adèle - 2013)
- genere: Drammatico
- regia: Abdellatif Kechiche
- interpreti: Léa Seydoux, Adèle Exarchopoulos, Salim Kechiouche
- produzione: Quat'sous Films - Wild Bunch - France 2 Cinéma
GIUDIZIO: Siamo probabilmente gli unici a non consigliarlo
In due parole
Recensione
Il sottotitolo del blog che state leggendo è: “Folli visioni o, recensioni, di un anticritico cinedipendente.” E mai come in questa occasione ci sentiamo di fare un'anticritica rispetto a tutto ciò che abbiamo letto su questo film osannato sia dalla critica intellettuale ed elitaria che dal pubblico più grossolano (basta vedere i commenti al dvd su amazon).
Vincitore della palma d'oro a Cannes, leggendo per la rete è un coro di: “non si comprendono le critiche piovute su questo film”. Ma noi, in tutta onestà, di critiche negative non ne abbiamo trovate, non in modo rilevante almeno; come abbiamo detto, dalla giuria di Cannes, alla critica elitaria e giù giù fino al pubblico tutto è un tripudio di “osanna” e incensi, basta vedere le votazioni in un sito che raccoglie diversi critici di professione spesso in disaccordo tra loro per verificare in questo caso l'unità di intenti (Recensione dal sito: Spietati).
Vogliamo crogiolarci forse in uno spirito contraddittorio per il puro piacere di apparire controcorrente? No, non ce ne frega niente e lo diciamo con la massima onestà possibile chiamando in aiuto una storica frase di Fantozziana memoria: Questo film è una cagata pazzesca!
Un film inutile, fatto male, malissimo dove vengono incensate le brutture e le forzature di una regia non certo illuminata. Unica nota positiva le due attrici, certamente brave e impegnate a dare il massimo, anche, inutile negarlo, nella interminabile scena di sesso che dovrebbe dare scandalo per alcuni, essere ammirata per altri, ma che risulta tutto sommato noiosa e dilatata fino all'esaurimento nervoso come tutte le altre sequenze della pellicola.
Si perché il pregio, anzi la genialità di questo regista, starebbe nella sua sistematica distruzione e destrutturazione dell'impianto narrativo, nella ossessiva lungaggine delle sequenze; ci fa assistere a intere lezioni scolastiche che non aggiungono nulla alla narrazione e hanno come unico effetto la triturazione delle basse sfere con conseguente senso di frustrazione quando si realizza che quella interminabile sequenza effettivamente non serviva a nulla nel contesto della storia (come mostrare in tre ore di film ciò che poteva essere mostrato in 30 minuti), ma tutto questo viene considerato “genio”. Il regista ci mostra la vita più vera della vita stessa; un critico afferma: “...La grande forza di uno dei più grandi autori francesi viventi risiede in un paradosso apparente: “soffocare” il profilmico (persone, cose, ambienti) per far respirare la vita...” (http://www.spietati.it/z_scheda_dett_film.asp?idFilm=4924). No ci spiace, non è sufficiente “soffocare il profilmico” per far respirare la vita. Il regista non possiede manco un occhio visionario in grado di dare forza all'immagine in sé stessa, cosa che soltanto per portare l'esempio più banale sapeva fare Kubrick riuscendo a far vivere un film con tre righe di dialogo. In questa pellicola invece, “soffocamento” è l'unico termine che emerge, non c'è spazio per argute riflessioni, non si comprende il senso dell'operazione se non, alla fine, come l'ennesimo spot (stavolta malriuscito) alla propaganda “gender”. Il nonsense (non la vita) ci attende ad ogni angolo come ad esempio la stupida, inverosimile e finta aggressione delle amiche di Adele sul sospetto che la ragazza sia lesbica. Scena talmente fasulla, malfatta ed ennesima sequenza che non porta da nessuna parte nel corso della non-storia di questo non-film, da provocare quasi ilarità.
Per quanto riguarda la propaganda gender il sospetto c'è visto l'entusiasmo quasi totale suscitato, ma qui si aprirebbe un capitolo che esula dalla semplice recensione filmica.
Possiamo dire alla fine, che parlando di tematiche gay questo film fa rimpiangere “I segreti di Brokeback Mountain”, film non strepitoso ma un capolavoro se paragonato a questo. Curiosamente però in quel film, i tempi dilatati (mai a questo livello) vengono criticati. Il punteggio finale risulta sensibilmente inferiore (prendendo come metro di confronto lo stesso sito: http://www.spietati.it/z_scheda_dett_film.asp?idFilm=337 ). Ma se in quel caso possiamo essere daccordo con alcune annotazioni critiche “oggettive”, l'urlo “Al capolavoro” di questo non ci sembra semplicemente immotivato e fuori da ogni possibile analisi razionale, ma il frutto di una dose troppo forte di rincoglionimento ambientale (o di propaganda mirata).
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Colto
... colto da sconforto, che dire? .. già che mettano Spielberg a inzio Trailer, è il sigillo della propaganda; per il resto, se vi vogliono vedere film intellettuali veri, magari noiosi, petulanti, assurdi, stranianti, ma intellettuali per davvero, allora che questi pirla si anddassero a vedere Bresson, magari con "Il diavolo probabilmente"....
La cosa interessante semmai è
La cosa interessante semmai è constatare come la propaganda messa in piedi per lanciare e sostenere questo film abbia attecchito anche tra gli encefalogramma piatti che solitamente reagiscono soltanto davanti a un film di Chuck Norris...