Volete il progresso? Lasciate stare i lavori coi cucchiai
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/volete-il-progresso-lasciate-stare)
I politici vogliono creare posti di lavoro, “posti di lavoro sindacalizzati e ben pagati”, nelle industrie esistenti. Ma non è questo che fanno i mercati: la parte “distruttiva” nel processo di distruzione creativa elimina posti di lavoro nelle industrie esistenti. In un'economia dinamica, le innovazioni nella divisione del lavoro possono creare posti di lavoro ben pagati in nuove industrie, ma queste ultime richiedono imprenditori, non politici.
Frederic Bastiat scrisse due saggi su come le linee di politica concepite per “creare posti di lavoro” in realtà causano disastri economici. Il primo era la “Petizione dei fabbricanti di candele”, il quale chiedeva allo stato di imporre ai cittadini l'uso di tende pesanti e finestre oscurate in modo da creare posti di lavoro per chi fabbricasse candele. Il secondo era “Ciò che si vede e ciò che non si vede”, dove rompere le finestre avrebbe creato posti di lavoro per vetrai e falegnami.
In entrambi i casi, il problema deriva dall'ignorare “ciò che non si vede”: le persone che producono candele o riparano finestre rotte farebbero qualcos'altro in assenza di una linea di politica sbagliata. E le risorse spese per candele non necessarie e vetri sprecati sarebbero state spese per qualcos'altro. Vediamo i posti di lavoro, ma non vediamo i costi delle alternative perse per “creare” tali posti di lavoro.
Di recente stavo pensando a un'altra famosa storia riguardo la “creazione di posti di lavoro”, una che viene spesso raccontata quando si parla dell'economista di Chicago e premio Nobel Milton Friedman. Stephen Moore ha raccontato una versione di questa storia sul Wall Street Journal:
Durante una delle nostre cene, Milton ricordò di aver viaggiato in un Paese asiatico negli anni '60 e di aver visitato un cantiere dove si stava costruendo un nuovo canale. Rimase scioccato nel vedere che, invece di trattori e pale gommate moderne, gli operai erano attrezzati di semplici pale. Chiese perché ci fossero così pochi macchinari. Il burocrate gli rispose: “Non capisce. Questo è un programma per creare lavoro”. Al che Milton ribattè: "Oh, pensavo che steste cercando di costruire un canale. Se sono i lavori che volete, allora dovreste dare a questi operai cucchiai, non pale”.Se scaviamo un po' (ahah!) scopriamo che la stessa battuta viene detta anche da altre persone famose, e la presunta posizione dell'accaduto spazia dalla Cina e dall'India al Canada o al Regno Unito. Ma si scopre che nessuna di queste è la vera origine del racconto, pubblicato per la prima volta a Philadelphia nel 1901:
Un accadimento che in quel momento mi era sembrato piuttosto divertente è avvenuto non molto tempo fa in North Broad Street. Una pala a vapore aveva attirato un gran numero di spettatori, tra cui due irlandesi che, a giudicare dal loro aspetto, erano lavoratori temporaneamente disoccupati.
Mentre la grande pala in un colpo solo sollevava un intero carro di terra e lo scaricava su una gondola, uno degli irlandesi commenta: “Che peccato pensare che possano scavare la terra in quel modo!” “Cosa ne pensi?” chiede il suo compagno. “Beh”, dice l'altro, “questa macchina sta togliendo il pane dalla bocca di un centinaio di lavoratori che potrebbero fare lo stesso lavoro con i loro picconi e le loro pale”. “Hai ragione, Barney”, dice l'altro.
Proprio in quel momento un uomo che stava osservando e che aveva sentito la conversazione commenta: “Ragazzi, se quello scavo darebbe lavoro a cento uomini con pale e picconi, perché non prendere un migliaio di uomini e dare loro cucchiaini con cui scavare la terra?”
Gli irlandesi, a loro merito, avevano capito la forza dell'osservazione e l'umorismo della situazione e si sarebbero uniti calorosamente alla risata chesarebbe seguita, e uno di loro aggiunge: “Immagino che abbia ragione, Capitano. Dopotutto, ciò che conta è scavare”.
— Philadelphia Public Ledger
L'esempio è divertente, e il fatto che i lavoratori disoccupati abbiano compreso “la forza dell'osservazione” è una bella chiusura del cerchio. Ma non hanno ragione? E non è forse questa ragione particolarmente forte quando si tratta di competere con altri Paesi che usano “manodopera a basso costo”, e non pale a vapore, per rubare “i nostri” posti di lavoro?
Questo è certamente l'argomento che molti politici hanno utilizzato per giustificare dazi, quote e altri tipi di barriere commerciali: dobbiamo proteggere i posti di lavoro americani! Basta con i posti di lavoro trasferiti all'estero!
Per capire perché questa logica non sia migliore di quella del “date loro i cucchiai!”, bisogna prendere in considerazione la natura del commercio internazionale di beni manifatturieri.
L'unico modo per guadagnare posti di lavoro è perderli
Un buon modo per affrontare il problema della “perdita del lavoro” è porsi una domanda semplice: Quale Paese al mondo ha perso il maggior numero di posti di lavoro nel settore manifatturiero tra il 1990 e il 2010?
La risposta (e non è così scontata) è la Cina.
Nel 1990 la “produzione” cinese consisteva, in molti casi, in un grande capannone, pieno di tavoli e contenente centinaia, forse migliaia, di uomini o donne che lavoravano con aghi e filo, telai, o un martello e alcuni pezzi di cuoio, o una piccola pressa metallica azionata a mano.
La portata dell'occupazione era enorme, forse 100 milioni o più, ma la produttività di questi lavoratori, nel 1990, era terribile. Una persona che lavorava il più duramente possibile, con un martello, una forma per scarpe e qualche pezzo di cuoio tagliato, non riusciva a produrre più di 2 o 3 paia di scarpe al giorno. Mille lavoratori, che lavoravano duramente (e non lo facevano sempre, perché queste erano fabbriche gestite dallo stato, dove dominavano le quote piuttosto che gli incentivi) potevano produrre 5.000 paia di scarpe al giorno, e la qualità era decisamente inferiore.
A metà e fine anni Novanta, la Cina ha iniziato a fare due cose: in primo luogo ha tagliato le fabbriche statali, milioni di lavoratori hanno perso il lavoro, intere città sono rimaste senza lavoro; in secondo luogo il settore privato cinese ha iniziato a sfruttare la divisione del lavoro sviluppando fabbriche altamente specializzate che producevano giocattoli, vestiti e dispositivi elettronici semplici. Queste fabbriche, poiché erano sostanzialmente automatizzate, erano molto più produttive del vecchio sistema di sfruttamento della manodopera a basso costo. La Cina ha iniziato a sfruttare la produttività. Passare da centinaia di uomini con le pale a una manciata di essi che guidano bulldozer e camion aumenta effettivamente la quantità di lavoro svolto, con meno manodopera. Tutti quei lavori che producono e pagano poco vengono spazzati via da lavori che producono e pagano di più.
A essere onesti, questo è successo anche negli Stati Uniti. La nostra produzione totale è aumentata in modo esponenziale, senza sosta, durante tutto quel periodo. Ma il numero di posti di lavoro nel settore manifatturiero in molti settori è diminuito, poiché i lavoratori sono diventati più produttivi. Tuttavia, nel complesso, c'è stata una forte ripresa nella produzione statunitense, poiché molte aziende hanno intrapreso il cosiddetto “on-shoring”.
In breve, gli USA non hanno “spedito i propri posti di lavoro” in Cina; in realtà la Cina ha perso più posti di lavoro nel settore manifatturiero di noi. Il mondo intero ha perso posti di lavoro a causa dell’aumento della produttività. Di conseguenza i prezzi di molti prodotti sono scesi, in alcuni casi in modo sostanziale, se ci atteniamo all’inflazione.
Perché? La Cina ha iniziato a usare un sistema di mercato per premiare gli investimenti in una maggiore produttività. Quando una fabbrica è passata da mille persone con macchine da cucire a venti persone che gestivano una linea di produzione automatizzata, le 980 persone che avevano “perso” il lavoro ne hanno trovato un altro altrove, e con uno stipendio più alto, perché anche quelle industrie si stavano automatizzando. In molti casi questo è risultato vero anche negli Stati Uniti, nonostante ci siano alcune industrie in cui la transizione verso nuovi lavori è stata più lenta.
Ma avere un adattamento più lento negli Stati Uniti non sorprende, perché la Cina ha iniziato con un livello di ricchezza e prosperità molto più basso. Il PIL pro capite della Cina è di quasi $13.000; negli Stati Uniti è di quasi $70.000. Gli Stati Uniti non hanno più la possibilità di distribuire cucchiai, o se non altro pale, per “creare” posti di lavoro, perché nessuno è disposto a lavorare al salario che pagano i lavori con i cucchiai. La maggior parte dei lavoratori americani trascorre il proprio tempo usando una qualche versione di un bulldozer, che si tratti di scrivere codice o di usare macchine fisiche che aumentano la produttività.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Ingegnerizzare la realtà, parte #1
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/ingegnerizzare-la-realta-parte-1)
Per anni ho pensato che la pubblicità fosse progettata per manipolare il comportamento delle persone. Come qualcuno che ha studiato i meccanismi del marketing, mi consideravo un consumatore istruito in grado di orientarsi tra scelte di mercato razionali; ciò che non avevo capito era come questa stessa architettura psicologica modellasse ogni aspetto del nostro panorama culturale. Questa indagine è iniziata come curiosità sui legami dell'industria musicale con le agenzie di intelligence; si è evoluta in un esame completo di come le strutture di potere plasmano sistematicamente la coscienza pubblica.
Ciò che ho scoperto mi ha mostrato che persino le mie più ciniche supposizioni sulla cultura artificiale hanno appena scalfito la superficie. Questa rivelazione ha fondamentalmente alterato non solo la mia visione del mondo, ma anche i miei rapporti con coloro che non possono, o scelgono di non esaminare questi meccanismi di controllo. Questo saggio mira a rendere visibile ciò che molti percepiscono ma non riescono ad articolare appieno: aiutare gli altri a vedere questi sistemi nascosti di influenza. Riconoscere la manipolazione è il primo passo per resisterle.
Questa indagine si sviluppa in tre parti: in primo luogo, esamineremo i sistemi di controllo fondamentali stabiliti all'inizio del XX secolo; in secondo luogo, esploreremo come questi metodi si sono evoluti attraverso la cultura popolare e i movimenti di controcultura; infine vedremo come queste tecniche sono state automatizzate e perfezionate attraverso sistemi digitali.
Introduzione: l'architettura del controllo
Nel 2012 Facebook ha condotto un esperimento segreto su 689.000 utenti, manipolando i loro feed di notizie per studiare come i cambiamenti nei contenuti influenzassero le loro emozioni. Questo test era solo un assaggio di ciò che sarebbe successo. Entro il 2024 gli algoritmi non sarebbero stati utilizzati semplicemente per modellare ciò che sentiamo, ma anche ciò che crediamo sia possibile pensare.
I social media sono ora in grado di prevedere e modificare il comportamento in tempo reale, mentre i servizi di streaming curano automaticamente e continuamente il nostro consumo culturale e i sistemi di pagamento digitale tracciano ogni singola transazione. Ciò che è iniziato come una semplice manipolazione emotiva è diventato un controllo completo della coscienza.
Questo potere di plasmare la percezione umana non è emerso dall'oggi al domani. I meccanismi di controllo culturale che vediamo oggi sono stati costruiti in più di un secolo, evolvendosi dai monopoli fisici di Edison alle invisibili catene digitali di oggi. Per capire come siamo arrivati a questo punto di controllo algoritmico della coscienza — e, cosa più importante, come resistergli — dobbiamo prima tracciare le fondamenta storiche di questi sistemi e l'architettura del controllo che li ha plasmati.
La manipolazione psicologica rivelata dall'esperimento di Facebook può sembrare un fenomeno moderno, ma le sue radici risalgono ai primi giorni della comunicazione di massa. Uno dei primi architetti del controllo culturale fu Thomas Edison, la cui fondazione della Motion Picture Patents Company nel 1908 gettò le basi per un secolo di influenza sistematica.
Parte prima: gettare le fondamenta
Quando Thomas Edison fondò la Motion Picture Patents Company nel 1908, creò più di un monopolio: dimostrò come cinque meccanismi chiave potessero controllare sistematicamente le informazioni e plasmare la coscienza: controllo dell'infrastruttura (attrezzature per la produzione cinematografica), controllo della distribuzione (sale cinematografiche), quadro giuridico (brevetti), pressione finanziaria (liste nere) e definizione di legittimità (contenuto “autorizzato” & “non autorizzato”). Questi stessi meccanismi si sarebbero evoluti e riapparsi in vari settori ed epoche, diventando strumenti sempre più sofisticati per progettare la coscienza pubblica e controllare i confini del possibile, tra pensiero ed espressione.
L’ascesa del controllo istituzionale
Mentre Edison stava stabilendo il controllo sui media visivi, un sistema più ampio di potere istituzionale stava rapidamente prendendo forma. L'inizio del XX secolo avrebbe visto una convergenza senza precedenti di controllo concentrato su più domini.
Quando l'azione antitrust sciolse l'Edison Trust nel 1915, il controllo passò dal monopolio dei brevetti a un piccolo gruppo di studi. Sebbene presentata come una creazione di concorrenza, questa “disgregazione” in realtà consolidò il potere in un'oligarchia di studi che potevano coordinare in modo più efficace e sovversivo il controllo dei contenuti e la messaggistica, uno schema che si sarebbe ripetuto in future azioni antitrust.
Mentre la rottura del sopraccitato Trust sembrava creare competizione, emersero rapidamente nuove forme di controllo. Il Motion Picture Production Code (Codice Hays) stabilito nel 1934 dimostrò come il panico morale potesse giustificare un controllo sistematico dei contenuti. Proprio come Edison aveva controllato la distribuzione dei film, il Codice Hays controllava ciò che poteva essere rappresentato sullo schermo, stabilendo modelli per la manipolazione narrativa che sarebbero persistiti nell'era digitale.
Il modello di Edison per il controllo dei media visivi sarebbe stato presto replicato in altri domini. Rockefeller implementò un modello identico in medicina: controllo delle infrastrutture (scuole di medicina), controllo della distribuzione (ospedali e cliniche), quadro legale (licenze), pressione finanziaria (finanziamenti strategici) e definizione di legittimità (medicina “scientifica” & “alternativa”). Non si trattava solo di eliminare la concorrenza, ma di controllare ciò che costituiva la conoscenza legittima stessa.
Non fu una coincidenza. L'inizio del XX secolo ha assistito a una convergenza burocratica senza precedenti, poiché domini precedentemente separati (medicina, media, istruzione, finanza, intrattenimento e ricerca scientifica) hanno iniziato a operare con una coordinazione notevole. I muri tra istituzioni pubbliche, industria privata e agenzie governative sono diventati sempre più permeabili. Le principali fondazioni hanno svolto un ruolo cruciale in questa convergenza. Le fondazioni Rockefeller e Ford, pur presentandosi come organizzazioni filantropiche, hanno plasmato le priorità della ricerca accademica e le metodologie delle scienze sociali. Attraverso sovvenzioni strategiche e supporto istituzionale, hanno contribuito a stabilire e mantenere quadri approvati per comprendere la società stessa. Determinando quale ricerca sarebbe stata finanziata e quali idee avrebbero ricevuto il sostegno istituzionale, queste fondazioni sono diventate potenti custodi della conoscenza accettabile, estendendo il modello di Rockefeller nella sfera medica a quella intellettuale più ampia.
Questo allineamento senza precedenti rappresentava più di un semplice coordinamento: stabiliva sistemi interconnessi per controllare sia la realtà fisica che la coscienza pubblica. Dal controllo dei media visivi di Edison alla definizione di conoscenza medica di Rockefeller fino al controllo monetario della Federal Reserve, ogni elemento contribuiva a un'architettura completa riguardo il controllo sociale. Ciò che rendeva questo sistema talmente pervasivo era il suo magistrale confezionamento: ogni erosione dell'autonomia veniva presentata come progresso, ogni restrizione come protezione, ogni forma di controllo come convenienza. Il pubblico non solo accettava, ma abbracciava con entusiasmo questi cambiamenti, senza mai riconoscere che le sue scelte, convinzioni e la sua stessa comprensione della realtà venivano attentamente progettate attraverso istituzioni di cui si fidava.
Il potere di questo sistema convergente è stato dimostrato per la prima volta nel rimodellamento profondo del ruolo globale dell'America. La narrativa dell'“isolazionismo” americano è emersa come uno dei più influenti modellatori della coscienza pubblica. Mentre l'America aveva a lungo proiettato il potere attraverso reti bancarie, espansione aziendale e diplomazia delle cannoniere, questa realtà è stata gradualmente riformulata e astutamente commercializzata a un pubblico ignaro. Stabilendo una storia di ritiro americano dagli affari mondiali, i sostenitori dell'intervento militare potevano posizionarsi come modernizzatori che guidavano una nazione esitante verso la responsabilità globale. L'acquisizione simultanea da parte di J.P. Morgan dei principali quotidiani, che controllava il 25% dei giornali americani nel 1917, ha contribuito a stabilire questo quadro narrativo. Non si trattava solo di profitto, ma di stabilire il meccanismo di gestione della coscienza pubblica in preparazione dei conflitti imminenti desiderati dalla classe dirigente.
Entro gli anni '50 l'Operazione Mockingbird formalizzò questa influenza quando la CIA infiltrò sistematicamente le principali organizzazioni mediatiche. Il programma dimostrò quanto le agenzie di intelligence comprendessero a fondo la necessità di plasmare la percezione pubblica attraverso canali apparentemente indipendenti. Basandosi su metodi perfezionati durante gli sforzi di propaganda in tempo di guerra, le tecniche dell'Operazione Mockingbird avrebbero influenzato tutto, dalla copertura delle notizie alla programmazione dell'intrattenimento, stabilendo modelli per la manipolazione delle informazioni che continuano a evolversi ancora oggi.
Ciò che l'Operazione Mockingbird ha ottenuto tramite editori umani e storie costruite ad hoc, le piattaforme odierne lo realizzano automaticamente tramite algoritmi di moderazione dei contenuti e sistemi di raccomandazione. Gli stessi principi di controllo narrativo persistono ancora adesso, ma gli intermediari umani sono stati sostituiti da sistemi automatizzati che operano a velocità mozzafiato su scala globale.
Questo nesso media-intelligence è stato esemplificato da William S. Paley, il quale ha trasformato la CBS da una piccola rete radiofonica in un impero radiofonico. Durante la seconda guerra mondiale, Paley lavorò come supervisore dell'Office of War Information nel teatro del Mediterraneo prima di diventare capo della radio nella Psychological Warfare Division dello stesso Office of War Information. La sua esperienza di guerra nelle operazioni psicologiche influenzò direttamente la strategia di programmazione postbellica della CBS, dove l'intrattenimento iniziò a fungere da veicolo per l'ingegneria sociale. Sotto la guida di Paley, la CBS è diventata nota come “Tiffany Network”, mescolando magistralmente l'intrattenimento con sottili tecniche di manipolazione perfezionate durante il suo servizio di guerra psicologica. Questa fusione di intrattenimento e controllo sociale sarebbe diventata il modello per le moderne operazioni mediatiche.
Questo meccanismo di influenza di massa si sarebbe adattato alle tecnologie emergenti. Negli anni '50 lo scandalo Payola rivelò come le case discografiche plasmassero la coscienza pubblica attraverso un'esposizione controllata. Presentata come una controversia sulle tangenti dei DJ, il Payola in realtà rappresentava un sistema evoluto per plasmare il gusto popolare. Le aziende che controllavano questi canali culturali mantenevano profondi legami istituzionali: la CBS Records di Paley continuò i suoi rapporti con gli appaltatori della difesa, mentre il ruolo della RCA nel plasmare la cultura di massa risaliva alla sua costituzione nel 1919 come monopolio delle comunicazioni coordinato dalla Marina. Creata per mantenere il controllo interno delle comunicazioni strategiche, l'espansione della RCA nel settore della radiodiffusione, dei dischi e dell'elettronica di consumo ha preservato queste connessioni con le reti militari e di intelligence. Questi metodi di controllo culturale non si sono sviluppati in modo isolato: facevano parte di un sistema più ampio di ingegneria sociale che si è espanso notevolmente durante i periodi di conflitto globale.
Mentre gli storici in genere trattano le guerre mondiali come conflitti distinti, sono meglio comprese come fasi di una continua espansione dei meccanismi di controllo sociale. L'infrastruttura e i metodi sviluppati tra questi conflitti rivelano questa continuità: le guerre hanno fornito sia la giustificazione che i campi di prova per sistemi sempre più sofisticati di manipolazione psicologica di massa. Installazioni militari come la Lookout Mountain Air Force Station a Laurel Canyon non erano solo basi, erano centri per operazioni di guerra psicologica, perfettamente posizionati vicino al cuore dell'industria dell'intrattenimento. La sola Lookout Mountain ha prodotto oltre 19.000 film classificati, mantenendo al contempo collegamenti di alto livello con la produzione di Hollywood.
Nel 1943 questo sistema era talmente consolidato che l'Office of Strategic Services (OSS) delineò esplicitamente la sua strategia in un documento ora declassificato. La loro valutazione era inequivocabile: i film rappresentavano “un mezzo didattico senza pari” e “una forza potente nella formazione degli atteggiamenti” che poteva “stimolare o inibire l'azione”. Il documento affermava inoltre che gli Stati Uniti dovevano “sfruttare le potenzialità dei film come arma di guerra psicologica”. Non si trattava solo di controllare le informazioni, ma di alterare radicalmente il modo in cui le persone comprendevano e sperimentavano la realtà stessa.
Mentre Edison e Rockefeller stavano istituendo sistemi di controllo fisico in America, l'industria dell'intrattenimento era già integrata nelle operazioni di intelligence. Questo schema risale ai primi giorni di tale industria: si dice che Harry Houdini avesse collaborato con l'intelligence britannica durante la prima guerra mondiale, usando le sue performance come copertura per raccogliere informazioni nelle enclave tedesche. Dai film di Charlie Chaplin analizzati per il potenziale propagandistico alle campagne mediatiche di Mary Pickford per vendere le obbligazioni di guerra, che crearono il precedente per i messaggi “impegnati” delle celebrità, la prima guerra mondiale segnò la nascita di un coordinamento sistematico tra Hollywood e le agenzie di intelligence. Durante la seconda guerra mondiale queste connessioni vennero formalizzate tramite l'OSS, evolvendosi nell'odierno Entertainment Liaison Office, attraverso il quale agenzie come il Dipartimento della Difesa danno forma alle narrazioni cinematografiche a tema militare.
Scolpire la coscienza delle masse
Mentre le industrie americane perfezionavano il controllo delle infrastrutture fisiche e dell'intrattenimento, l'intelligence britannica stava sviluppando qualcosa di ancora più profondo: metodi per controllare la coscienza stessa. Comprendendo che il controllo territoriale era temporaneo ma il potere di plasmare credenze, desideri e visioni del mondo poteva essere permanente, le loro innovazioni avrebbero trasformato l'ingegneria sociale per sempre. Nel 1914 fondarono quella che iniziò come un'entità innocua chiamata “Wellington House”, la quale si sarebbe evoluta in iterazioni burocratiche sempre più audaci: il “Dipartimento dell'informazione” e infine il “Ministero dell'informazione” dal senso esplicitamente orwelliano. Attraverso questa organizzazione, sistematizzarono la manipolazione psicologica di massa basata su nuovi principi: che l'influenza indiretta attraverso voci fidate funziona meglio della propaganda diretta, che la risonanza emotiva conta più dei fatti, che le persone si fidano della condivisione tra pari rispetto all'autorità. Questi principi psicologici sarebbero diventati gli algoritmi fondamentali dei social media un secolo dopo. Queste intuizioni non svanirono con il tempo: si sarebbero evolute. Quando Facebook esegue test A/B sul contagio emotivo o gli algoritmi dei social media promuovono la condivisione peer-to-peer su fonti istituzionali, stanno applicando i principi psicologici della Tavistock Clinic in tempo reale.
Questo lavoro si è evoluto attraverso il trattamento di soldati traumatizzati presso suddetta Tavistock Clinic (in seguito Tavistock Institute), dove il dott. John Rawlings Rees e i suoi colleghi scoprirono come il trauma psicologico potesse essere utilizzato per rimodellare non solo la coscienza individuale, ma interi sistemi sociali. Attraverso lo studio sistematico del trauma e della psicologia di gruppo, svilupparono metodi per modellare non solo ciò che le persone potevano vedere, ma anche il modo in cui avrebbero interpretato la realtà stessa. Il lavoro dell'istituto rivelò come la vulnerabilità psicologica potesse essere utilizzata per rimodellare sia il comportamento individuale che quello di gruppo, intuizioni che si sarebbero rivelate inestimabili man mano che i meccanismi di influenza si sarebbero evoluti dalla censura palese alla manipolazione sottile della percezione.
Sebbene ampiamente sconosciuta al pubblico, la Tavistock sarebbe diventata una delle organizzazioni più influenti nel dare forma ai moderni metodi di controllo sociale. Mentre la maggior parte delle persone oggi conosce la Tavistock solo attraverso le recenti controversie sulle cure per l'affermazione di genere, la sua influenza si estende indietro di generazioni, avendo plasmato narrative culturali e trasformazioni sociali sin dal suo inizio. Il suo lavoro attuale non rappresenta un'anomalia, ma una continuazione della sua missione di lunga data nel voler rimodellare la coscienza umana.
L'opera dell'ex-agente dell'MI6 John Coleman, The Tavistock Institute of Human Relations, ha fornito una visione dall'interno delle sue operazioni. Più di recente ricercatori come Daniel Estulin, Courtenay Turner e Jay Dyer hanno ulteriormente esaminato il suo profondo impatto.
Il risultato più raffinato dell'istituto è stato trasformare le teorie psicologiche in strumenti pratici per l'ingegneria culturale, in particolare attraverso la musica popolare e la cultura giovanile. Incorporando i loro principi in tendenze culturali apparentemente spontanee, hanno creato un modello per la programmazione sociale invisibile ai suoi soggetti.
Questi metodi sarebbero stati testati prima attraverso la musica. Negli anni '50-'60 il programma Ambasciatori del jazz del Dipartimento di Stato rivelò come i centri di potere comprendessero il potenziale della musica per la progettazione culturale. Mentre Louis Armstrong e Dizzy Gillespie andavano in tournée come “ambasciatori del jazz”, un'altra potente influenza stava plasmando la scena jazz dall'interno. La baronessa Pannonica de Koenigswarter, nata nella dinastia bancaria dei Rothschild, divenne una mecenate di artisti bebop come Thelonious Monk e Charlie Parker, entrambi morti nelle sue case a distanza di anni. Mentre la sua passione per il jazz poteva essere genuina, il suo profondo coinvolgimento nella scena coincise con l'epoca in cui il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti e la CIA stavano attivamente utilizzando il jazz come strumento di diplomazia culturale. Questo mecenatismo, intenzionale o meno, prefigurava un modello di coinvolgimento dell'aristocrazia bancaria europea in movimenti musicali presumibilmente rivoluzionari.
Nella seconda parte esploreremo la fase successiva del controllo della coscienza che avrebbe operato attraverso la cultura stessa. I primi esperimenti nel jazz si sarebbero evoluti in un programma invisibile e sistematico di ingegneria culturale. Le istituzioni avrebbero progettato e acceso movimenti culturali che apparivano organici e, così facendo, gli organi di governo avrebbero plasmato non solo ciò che la gente pensava, ma l'intero quadro per comprendere qualsiasi cosa.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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???? Qui il link alla Seconda Parte:
???? Qui il link alla Terza Parte:
Perché una riserva strategica di Bitcoin negli Stati Uniti è fondamentale per difendersi dalla Cina
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/perche-una-riserva-strategica-di)
La finanza è sempre più un'arma di guerra. I policymaker negli Stati Uniti e i nostri alleati si concentrano troppo su strumenti macroeconomici come le sanzioni e la promozione del dollaro, quando invece il fronte moderno si sta evolvendo: oggi le vere battaglie si combattono sugli smartphone e sui mercati valutari globali.
La Cina sta portando avanti un piano pluridecennale per sostituire la più grande risorsa degli Stati Uniti: il dollaro. Esso è essenziale per il potere economico e geopolitico degli Stati Uniti in quanto valuta di riserva mondiale; senza, la nostra influenza si indebolirebbe e il nostro debito diventerebbe un problema ingestibile. Questo è esattamente ciò che vogliono il Partito Comunista Cinese e il Cremlino.
La Cina e la Russia hanno perso miliardi di dollari in titoli del Tesoro americani, mentre aumentavano le loro riserve di oro. Le nostre sanzioni, concepite per separare i Paesi dal sistema economico “occidentale”, non sono più un deterrente sufficiente per coloro che possono controllare l'attività finanziaria all'interno dei loro confini e proiettare il loro potere all'esterno.
Gli avversari autoritari, tra cui Cina, Iran e Russia, stanno attivamente costruendo sistemi economici transfrontalieri paralleli che attireranno nella loro orbita non solo i Paesi vicini, ma anche i nostri alleati che commerciano molto con loro.
Ad esempio, oltre la metà delle aziende in Giappone accetta Alipay, mentre più di un terzo accetta WeChat Pay. Questa distribuzione offre a due aziende cinesi una visibilità senza precedenti sulle singole transazioni di mercato dei consumatori e delle aziende giapponesi. Potrebbe consentire alla Cina di sconvolgere l'economia giapponese se le tensioni dovessero aumentare, come in un potenziale conflitto su Taiwan.
Come possono rispondere gli Stati Uniti
La Cina vede la tecnologia finanziaria e le criptovalute come strumenti per estendere il proprio potere finanziario e la propria sorveglianza a livello globale. Gli Stati Uniti devono rispondere in due modi: esportare la loro tecnologia e i loro sistemi finanziari in tutto il mondo e abbracciare Bitcoin come asset di riserva strategica invece di soffocarne l'innovazione.
Legislatori e politici di entrambe le fazioni, in particolare il presidente Donald Trump, riconoscono il potere di detenere Bitcoin nel bilancio della nazione come copertura contro l'inflazione. Questa direzione rafforzerebbe anche la resilienza degli Stati Uniti contro le sfide economiche poste dalle strategie finanziarie della Cina.
La Federal Reserve, come molte banche centrali, detiene un portafoglio diversificato di asset di riserva. A partire dal 2024 questo ha incluso circa $35 miliardi in valute estere e $11 miliardi in azioni aurifere. Tali partecipazioni dimostrano la forza economica dell'America e forniscono liquidità durante le tensioni finanziarie. Tuttavia, nel nostro mondo in rapida digitalizzazione, l'assenza di un asset digitale nativo in questo portafoglio sta diventando sempre più evidente.
Con la sua portata globale e la crescente adozione, Bitcoin è il candidato ideale per colmare questa lacuna. Spesso chiamato “oro digitale”, Bitcoin è una merce rara. Gli Stati Uniti sono il più grande stato a detenerlo, avendone sequestrati 210.000 dai criminali. Ciò conferisce agli Stati Uniti un vantaggio da pionieri e potrebbe garantire il loro futuro economico.
I critici potrebbero sostenere che la volatilità di Bitcoin lo rende inadatto come asset di riserva. Tuttavia questa volatilità diminuirà con la crescita dell'adozione e la maturazione del mercato. Nel 2021 El Salvador ha riconosciuto Bitcoin come moneta a corso legale e ha iniziato ad acquistarlo come asset di riserva; ha visto un aumento del 100% del proprio valore e non ha intenzione di venderli.
Una guerra su più fronti
Gli Stati Uniti devono riconoscere che siamo già in una guerra su più fronti contro la Cina. Uno di questi fronti sono i servizi finanziari e le criptovalute sono un'arma nel nostro arsenale. Perdere questa battaglia significa che i servizi finanziari globali e l'attività finanziaria individuale sarebbero dominati da stati avversari concentrati sul controllo capillare, la sorveglianza e il predominio, nonché un continuo attacco alla nostra valuta.
Trump lo ha capito e lo scorso luglio ha dichiarato a Bloomberg: “Se non lo facciamo, la Cina passerà in vantaggio [su Bitcoin]”.
Per proiettare il potere finanziario americano è anche necessario che il governo federale dia potere, consenta e incoraggi il nostro settore economico privato a interagire con le economie contese in tutto l'Indo-Pacifico e oltre. È essenziale espandere l'uso dei nostri sistemi di pagamento, banche e dollari, anche laddove è controverso.
In questo momento i nostri avversari stanno vincendo, perché non stiamo nemmeno giocando. Stanno esportando i loro sistemi, istituzioni e strumenti di sorveglianza in tutto il mondo. Nel frattempo abbiamo fatto poco, perché TikTok, una seria minaccia alla nostra sicurezza nazionale, affascina un'intera generazione di americani. Dobbiamo fare lo stesso con la tecnologia finanziaria, perché nessun'altra stoccata sarebbe più grande per i nostri nemici.
Gli Stati Uniti dovrebbero usare più esplicitamente la tecnologia finanziaria e le criptovalute come armi. Ad esempio, dovremmo sostenere la tecnologia finanziaria decentralizzata che consente ai cittadini di governi ostili, come l'Iran, di usare gli smartphone per accedere a stablecoin e servizi di pagamento basati sui dollari, al fine di iniziare a separare la loro attività economica dal controllo del loro governo. In sostanza, il potere riguarda il controllo, non solo della polizia o della sicurezza nazionale, ma anche delle risorse e delle economie.
Il mondo è a un bivio finanziario. La domanda non è se le valute digitali plasmeranno il futuro, ma come ci adatteremo a questa nuova realtà. Gli Stati Uniti possono plasmare questo futuro adottando Bitcoin come asset di riserva. Il momento per un'azione coraggiosa è adesso e i benefici per la stabilità finanziaria globale, e l'innovazione, potrebbero essere profondi.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Trump eredita un’economia profondamente danneggiata
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/trump-eredita-uneconomia-profondamente)
C'è finalmente un po' di ottimismo nel Paese. Sfortunatamente le buone vibrazioni non sono sufficienti a risolvere i profondi problemi strutturali che ora affliggono l'economia statunitense, dall'inflazione a un mercato del lavoro debole a un settore delle piccole imprese che sta a malapena sopravvivendo, oltre a un consumatore allo stremo e a gravi problemi finanziari nel governo stesso.
Di sicuro l'economia statunitense brilla ancora sulla scena mondiale, ma questo semplicemente perché quasi tutti gli altri sono in condizioni peggiori. I problemi strutturali sono globali, dovuti all'esplosione del debito pubblico, all'eccesso burocratico e alle imposizioni normative degli ultimi cinque anni. Gli Stati Uniti potrebbero essere i meno peggio, ma questa osservazione da sola non fa scomparire i problemi.
In tale contesto, un economista di spicco e brillante in Cina, il dott. Gao Shanwen, ha ammesso in un forum di Washington DC che il tasso di crescita del 5% probabilmente non è reale e che la crescita effettiva in Cina è più vicina al 2%. È stato prontamente disciplinato dal Partito Comunista Cinese al suo ritorno e non gli è più consentito parlare in pubblico.
Questo è diventato un modello mondiale: il silenzio degli economisti che osano contestare numeri palesemente falsi. Negli Stati Uniti, tuttavia, c'è almeno la libertà di parola. Dove sono i problemi e qual è la realtà?
Tanto per cominciare, l'inflazione statunitense è in accelerazione da settembre 2021. Ora è al 3%, ovvero il 50% in più rispetto all'obiettivo ufficiale. Questo dolore continuo segue quattro anni della peggiore inflazione degli ultimi 40 anni e probabilmente molto di più. Secondo alcuni parametri, ciò che abbiamo attraversato equivale o supera il dolore economico degli anni '70. L'unica differenza questa volta è che i contabili del governo sono diventati più bravi a nasconderlo.
Quanto potere d'acquisto del dollaro è stato perso? Secondo le misure ufficiali, il totale di questa ondata inflazionistica è di 22 centesimi, ma i numeri del settore alimentare, automobilistico, immobiliare e dei servizi come assicurazioni e trasporti generano numeri quasi del doppio. Nessuno lo sa per certo e il calcolo di grandi indici dipende dalla metodologia di ponderazione e dal calcolo dei fattori attenuanti. Aggiungete nuove tasse e la cosiddetta shrinkflation e i numeri saranno ben peggiori.
Anche se l'inflazione finisse oggi, i danni degli ultimi quattro anni ci accompagneranno per molti anni a venire. Purtroppo non sta finendo oggi e questo lo sappiamo semplicemente quando uno fa shopping o guarda attentamente le bollette. Tutto continua a salire di prezzo.
Perché? La FED e il Congresso non hanno forse avviato una campagna anti-inflazione a partire da due o tre anni fa? Sì, ma il Congresso ha fatto quello che fa sempre: ha speso più soldi, il che crea più debito, che la FED poi monetizza e quindi crea più soldi. Inizialmente la FED ha lavorato per assorbire l'eccesso con tassi d'interesse più alti, ma l'anno scorso ha fatto marcia indietro con una nuova campagna di quantitative easing.
Il punto più basso nella massa monetaria è stato raggiunto a novembre 2023. Poi si è invertita la tendenza verso un allentamento. Ad oggi ci sono più di $1.000 miliardi in nuovi dollari che sguazzano nel Paese e nel mondo rispetto a 14 mesi fa; unito alla crescente velocità (ritmo di spesa), tutto ciò spinge l'inflazione nella direzione opposta.
In altre parole, i nostri problemi sono una conseguenza diretta della pressione politica esercitata sul Congresso e sulla FED mentre ci avvicinavamo alle elezioni del 2024. Come al solito, il partito al potere ha scelto la stampa di denaro e la spesa come metodo di manipolazione elettorale attraverso la creazione dell'illusione di prosperità. L'amministrazione entrante ora si ritrova con questo guaio per le mani. Per invertire il danno il presidente entrante e il Congresso possono solo sperare di generare un proverbiale effetto ricchezza tramite una forte deregolamentazione e tagli alle tasse in modo da mitigare l'inflazione. Anche nelle migliori condizioni, il problema ci accompagnerà per almeno un altro anno.
Un altro problema riguarda il mercato del lavoro, che è più in crisi di quanto si dica. Sia il rapporto occupazione-popolazione che il tasso di partecipazione al lavoro sono in calo da sei mesi. Questo dopo non essere riusciti a riprendersi completamente dai lockdown di marzo 2020. Ora si attestano ai livelli visti nei primi anni '80, prima che diventasse comune che donne con bambini piccoli e in età scolare fossero nella forza lavoro.
Qualcosa di importante è cambiato. Ci sono senza dubbio molti fattori in gioco, ma tra questi c'è che molte persone hanno visto le loro vite talmente sconvolte da non essersi adattate alla graduale riapertura del 2022 e oltre. Molte persone disabili sono senza lavoro e vivono di sussidi governativi, mentre molti anziani hanno semplicemente gettato la spugna.
Dati: Federal Reserve Economic Data (FRED), St. Louis FedÈ difficile dire se tali cambiamenti strutturali siano permanenti. Alcuni di essi sembrano essere dovuti alla mancanza di assistenza all'infanzia per le donne in età fertile. C'è anche un cambiamento culturale in atto, con le famiglie con due redditi che tornano a essere famiglie con un solo reddito e istruiscono i figli a casa. Non c'è dubbio che il sistema educativo statunitense sia profondamente stressato e che genitori e insegnanti si stiano tirando indietro a ritmi mai visti prima. Ciò indubbiamente influisce sul mercato del lavoro.
I dati effettivi sulla creazione di posti di lavoro in quattro anni sembrano in un continuo stato di revisione, poiché continuano ad arrivare nuovi dati che sgonfiano e correggono le esagerazioni degli ultimi quattro anni. Anche la natività nella componente demografia solleva interrogativi, poiché quasi tutta la creazione di posti di lavoro non è ad appannaggio dei lavoratori nativi, ma di quelli nati all'estero. Se e in quale misura le espulsioni di lavoratori clandestini influenzeranno tutti questi numeri è una questione aperta.
Indipendentemente da ciò, il mercato del lavoro dei colletti bianchi è diventato estremamente ristretto. Il Wall Street Journal scrive: “Ci sono ancora molti lavori per quelli che lo cercano nei servizi, compresi i settori sanitario e alberghiero. È più arduo trovarlo nei lavori d'ufficio, dove i capi mirano a essere più dinamici e in alcuni casi a sostituire i lavoratori con l'intelligenza artificiale. [...] Ad oggi il mercato del lavoro si è indebolito principalmente a causa di minori assunzioni, non di licenziamenti. Ma una volta che le aziende decidono di ridurre gli stipendi, i tagli di posti di lavoro spesso si trasformano rapidamente in una valanga, il che potrebbe innescare un aumento molto più rapido del tasso di disoccupazione”.
Per quanto riguarda altri dati, come le vendite al dettaglio e gli ordini di fabbrica, sono stati sovrastimati per molti anni solamente perché non è di routine che vengano aggiustati all'inflazione. Una volta eseguito tale calcolo, osserviamo un'attività economica piatta o in calo per tutti gli anni dell'amministrazione Biden. La propaganda potrebbe aver funzionato nel mantenere alto il morale, ma la realtà emergerà nei prossimi mesi, poiché i media generalisti e i raccoglitori di dati nelle agenzie governative saranno più disponibili a rivelare cosa sta realmente accadendo.
Poi c'è il problema delle finanze pubbliche. Il debito federale lordo in percentuale del prodotto interno lordo rimane a livelli mai visti dalla seconda guerra mondiale. Questa è una situazione pericolosa che mette tutto a rischio, spiazza gli investimenti privati e spinge la banca centrale a occuparsi di questo problema con una maggiore stampa di denaro.
Dati: Federal Reserve Economic Data (FRED), St. Louis FedTutto questo non può durare. Elon Musk ha creato, con la benedizione di Trump, il Department of Government Efficiency (DOGE) per occuparsene, offrendo la possibilità di tagliare $2.000 miliardi dalla spesa federale immediatamente, senza toccare i diritti sociali.
Non c'è alcuna possibilità di un riavvio importante della produttività americana senza affrontare la crisi di bilancio. Il business as usual non può funzionare. E tuttavia tutto ciò che riguarda Washington è progettato per prevenire azioni così drastiche. È molto più facile per chiunque prenda il potere guardare dall'altra parte, persino inventando nuovi modi di spendere denaro, che affrontare la crisi come farebbe qualsiasi famiglia.
Il problema normativo è lampante: l'amministrazione Biden ha aggrovigliato più settori in una pletora di obblighi e imposizioni al punto che molti sono malfunzionanti per progettazione. Questo è qualcosa a cui l'amministrazione Trump può effettivamente porre rimedio, e si spera che gli sforzi di districare i nodi saranno immediati e drastici.
Questi sono tutti problemi gravi che l'amministrazione Trump deve affrontare. Un altro fattore: i media generalisti saranno molto più propensi a chiamare le cose con il loro nome di quanto invece non lo fossero con Biden. Forse è una cosa positiva, ma non promette nulla di buono. Dopo sei mesi l'amministrazione Trump potrebbe ritrovarsi a dover affrontare una recessione retroattiva che potrebbe vanificare molti dei suoi tentativi di consolidare i tagli fiscali.
Si tratta di un problema difficile, ereditato da un'amministrazione nei confronti della quale le aspettative pubbliche non potrebbero che essere più elevate.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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C'è speranza nella politica?
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/ce-speranza-nella-politica)
Mentre gli osservatori della Beltway dibattono intensamente sulle scelte del gabinetto della nuova amministrazione e sulle nomine alla Casa Bianca, gli osservatori più disillusi della nostra condizione economica hanno buone ragioni per chiedersi: che differenza fa? L'ordine politico è dominato da lobbisti con interessi particolari e burocrati assetati di potere, e non ha gli incentivi per ridurre l'interventismo e restituire le decisioni al popolo. La burocrazia può essere resa utile da burocrati migliori, o può essere frenata solo dalla rinascita della scelta individuale?
In che modo Robert Kennedy Jr., se confermato nel suo ruolo proposto di Segretario della Salute e dei Servizi Umani, ridurrà l'obesità in America? Promuoverà nuove normative e tasse, che invariabilmente si prenderanno cura di interessi radicati, a scapito di soluzioni individuali e sperimentali? Si rivolgerà, come hanno fatto altri, ai regolatori per vietare questo o quell'ingrediente, senza conoscere i costi economici o sanitari della sua sostituzione? Ridurrà le barriere alle opzioni alimentari sane e fermerà i sussidi che contribuiscono all'obesità? Ridurrà le conseguenze indesiderate generate dalle precedenti “soluzioni” alla salute pubblica? In breve, combatterà la sclerosi politica esattamente con gli strumenti che ci hanno portato fino a qui, chiedendo consiglio a coloro che traggono vantaggio dallo status quo? O sfiderà la collusione burocratica-aziendale e risveglierà un mercato competitivo?
Se perseguirà quest'ultima strada, dovrà affrontare una dura lotta. I mattoni del cibo ultra-processato, mais, grano, soia e zucchero, sono sovvenzionati dal Dipartimento dell'agricoltura degli Stati Uniti per circa $6 miliardi all'anno. Il cibo ad alto contenuto calorico, pieno di olio di soia e dolcificanti, è più economico rispetto ad alimenti più nutrienti e meno densi di calorie. L'impatto sulla scelta del consumatore non è chiaro, ma ecco una cosa su cui possiamo contare: se Kennedy, con il sostegno dell'amministrazione Trump, cercherà di abbattere la rete dei sussidi, i lobbisti per mais, grano, soia e zucchero metteranno a soqquadro il Congresso per ostacolarlo.
Il candidato di Trump per il Segretario all'energia è Chris Wright. Riuscirà a ridurre la spesa pubblica eliminando i sussidi per l'energia solare ed eolica? Non ci scommetterei senza una battaglia epica al Congresso.
Molti potrebbero desiderare che fosse diverso, ma in realtà le aziende clientelari continueranno a esistere durante la presidenza di Trump. La porta girevole tra industria e regolatori continuerà a girare. Gli errori politici dei programmi passati continueranno a essere sostenuti, spesso con budget più grandi. Il successo della presidenza Trump dipenderà, in parte, dalla sua capacità di rompere le alleanze governative di lunga data con le aziende clientelari e resistere a nuove richieste di corruzione.
Poniamoci la grande domanda, quindi: è possibile ottenere un vero cambiamento attraverso mezzi politici?
Nel suo libro, The State, il defunto sociologo tedesco Franz Oppenheimer osservò che ci sono due modi per ottenere ricchezza: i pacifici “mezzi economici” e i coercitivi “mezzi politici”. La creazione di ricchezza non coercitiva è un processo economico in cui le aziende e le persone soddisfano i bisogni dei consumatori. La ricchezza attraverso manovre politiche coinvolge aziende e individui che usano il potere dello stato per ottenere ricchezze immeritate. Secondo Oppenheimer i mezzi economici richiedono “lavoro”, a differenza dei mezzi politici, che invece richiedono “rapina”.
In Profit and Loss, Ludwig von Mises rifletteva su come la grande “urna elettorale del mercato” costringesse gli imprenditori a un processo infinito di lavoro per servire i consumatori: “L'urna elettorale rappresentata dal mercato eleva coloro che nell'immediato passato hanno servito meglio i consumatori”.
A differenza della politica, in un processo di mercato le persone cambiano liberamente e facilmente idea. Mises aggiunse: “La scelta non è inalterabile e può essere corretta quotidianamente. L'eletto che delude l'elettorato viene rapidamente ridotto ai ranghi inferiori”.
Alcune aziende, incapaci o non disposte ad adattarsi e servire, contano sullo stato per limitare le scelte dei consumatori come mezzo per ottenere profitti che non avrebbero potuto ottenere altrimenti. Invece di competere per vincere le “elezioni” nella cosiddetta “urna elettorale del mercato”, cercano di eleggere politici che sosterranno i loro schemi per appropriarsi forzatamente della ricchezza altrui, e questo è un furto.
La scelta di Oppenheimer della parola rapina non avrebbe sorpreso Ralph Waldo Emerson.
Nel suo saggio, Politics, Emerson scrisse: “Ogni stato è corrotto”. Poi aggiunse: “Quale satira sullo stato può eguagliare la severità della censura espressa nella parola politica, che ormai da secoli significa sotterfugio, lasciando intendere che lo stato è un mezzo astuto per ottenere altro?”
Emerson lo scrisse nel 1844, quando lo stato era una frazione minuscola rispetto alle dimensioni attuali. L'esatta dimensione del bilancio federale nel 1844 era difficile da reperire, ma nel 1837 era di circa $39 milioni (o circa $1,6 miliardi in dollari del 2024, poiché il biglietto verde ha perso il 98% del suo valore dal 1844). La spesa federale nell'anno fiscale 2024 è di circa $6.750 miliardi.
In breve, la spesa federale nel 1844 era circa lo 0,024% di quella odierna. Ma, se Emerson ha ragione, la politica era già diventata irredimibile.
Emerson osservò: “Di tutti i debiti, gli esseri umani sono i meno disposti a pagare le tasse. Che ironia questa per quanto riguarda lo stato! Ovunque pensa di ottenere il valore dei loro soldi, tranne che per queste”. Ricordate, non c'era nessuna imposta federale sul reddito nel 1844.
Emerson si scagliò contro le tasse: “Una persona che non può conoscermi, mi tassa; guardandomi da lontano, ordina che una parte del mio lavoro venga destinata a questo o a quello scopo capriccioso. Meno stato abbiamo, meglio è: meno leggi e meno potere delegato”.
Similmente ad altri liberali classici, Emerson sosteneva la cooperazione volontaria per risolvere problemi comuni:
Finché faccio ciò che è adatto a me e mi astengo da ciò che non è adatto, il mio vicino e io spesso concorderemo sui nostri mezzi e lavoreremo insieme per un certo periodo di tempo per un fine. Ma ogni volta che trovo che il mio dominio su me stesso non mi è sufficiente e mi assumo anche la direzione della sua sfera d'azione, oltrepasso la verità e entro in false relazioni con lui.Coloro che usavano la coercizione incontravano la disapprovazione di Emerson. Egli consigliava sempre di impegnarsi per raggiungere un “autocontrollo”. È sbagliato “far agire qualcun altro secondo [le nostre] opinioni”. Quando gli altri “mi dicono cosa devo fare”, i loro ordini sono assurdi, pertanto “tutti gli scopi pubblici sembrano vaghi e donchisciotteschi accanto a quelli privati”.
Kennedy dovrebbe prendere in considerazione queste parole, porre fine ai sussidi preservando al contempo la scelta del consumatore. Ma rimuovere l'interesse egoistico dal potere dello stato potrebbe essere tra gli obiettivi più donchisciotteschi che potremmo intraprendere. Il Leviatano può trattenersi?
Invece di chiedere soluzioni governative, Emerson si aspettava che ci occupassimo della nostra crescita spirituale: “L'antidoto a questo abuso dello stato è l'influenza del carattere privato, la crescita dell'individuo”.
Non si può cambiare un effetto senza cambiare la sua causa. La coscienza degli americani è la causa; il furto e la spesa eccessiva dello stato sono gli effetti.
Emerson scrisse: “Causa ed effetto, mezzi e fini, seme e frutto, non possono essere separati”. Sosteneva che abbiamo bisogno di “un affidamento sul sentimento morale e una fede sufficiente nell’unità delle cose per convincere [le persone] che la società può essere mantenuta senza restrizioni artificiali”.
Ci arrabbiamo per il comportamento dei politici? Non è saggio arrabbiarsi per ciò che è prevedibile: “Potremmo rimproverare il vento dell'est, o il gelo, così come un partito politico, i cui membri, per la maggior parte, non saprebbero dare conto della loro posizione, ma difenderebbero gli interessi che li hanno messi lì”.
Emerson sarebbe d'accordo con il vecchio detto, otteniamo il governo che meritiamo: “Lo stato deve seguire, e non guidare il carattere e il progresso del cittadino [...] la forma di governo che prevale è l'espressione di quella cultura nella popolazione che lo plasma”.
L'evoluzione spirituale e individuale è un prerequisito per il cambiamento politico. Emerson scrisse: “Sotto il dominio di un'idea, che possiede le menti di moltitudini [...] i poteri delle persone non sono più oggetto di calcolo. Una nazione di persone unanimemente inclini alla libertà [...] può facilmente confondere l'aritmetica degli statalisti”.
Nel 1837 Emerson tenne un discorso alla Phi Beta Kappa Society di Harvard. In seguito fu pubblicato come The American Scholar. Concluse il suo discorso con un appello a sostenere i principi e a non cedere alla convenienza: “Si sospetta già che lo spirito dell'essere umano libero americano sia timido, imitativo, mansueto. L'avarizia pubblica e privata rende l'aria che respiriamo densa e grassa”.
Emerson, naturalmente, non poteva immaginare quanta avarizia avrebbe gonfiato lo stato e reso il nostro discorso politico “denso e grasso”. Le conseguenze sono gravi quando gli interessi privati sfruttano i processi politici per rubare.
Alcune persone, disse Emerson, “cercano denaro o potere; e quest'ultimo in particolar modo perché è buono quanto il denaro, il cosiddetto bottino rappresentato dalla carica ricoperta”. Tali persone sono “sonnambuli”. Emerson continuò: “Svegliateli, e abbandoneranno il falso bene e salteranno verso il vero, e lasceranno i governi agli impiegati e alle scrivanie”.
Emerson sapeva che la scelta di risvegliarsi è una scelta fatta da un individuo.
Il cambiamento politico è una speranza realistica? Cominciamo a cambiare noi stessi; la prosperità sociale non deriva dalla politica. Il momento di iniziare è adesso. Perché, come diceva anche Emerson, “questo momento, come tutti i momenti, è un momento buono, se solo sapessimo cosa farne”.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Nosferatu e il suo monito per l'esperienza Covid
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/nosferatu-e-il-suo-monito-per-lesperienza)
Il classico di Bram Stoker, Dracula (1892), fu scritto come un racconto moralizzatore sul peccato e le sue conseguenze. L'autore, un conservatore politico e religioso dei suoi tempi, non avrebbe mai potuto immaginare che il suo romanzo sarebbe diventato un best-seller, in gran parte grazie alle sue immagini lascive e alla trama terrificante che alimentava ogni ansia per la moralità, la scienza e la salute pubblica, per non parlare del fatto che avrebbe dato il via a un secolo e un quarto di film sui vampiri.
Fungeva anche da allegoria per un'altra preoccupazione dell'epoca: il problema delle malattie infettive, allora considerato riconducibile a un avvelenamento esogeno del sangue. La sanità pubblica nacque come istituzione nel mezzo secolo precedente quando venne identificato e poi risolto il problema del colera a Londra, che il famoso epidemiologo John Snow ricondusse all'acqua contaminata di una pompa su Broad Street.
Mantenere la pulizia nella mente, nel corpo e nello spirito: questa era la lezione di Dracula. Sicuramente ha funzionato. E fino a oggi quella stessa soluzione guida le misure di purificazione del XXI secolo. C'è una paura persistente di un pianeta microbico, come spiega Steve Templeton nel suo libro brillante.
Il panico della popolazione per il Covid ha dimostrato che nulla è cambiato. Le persone hanno spruzzato la posta e le borse della spesa per proteggersi da un virus che non vive sulle superfici, hanno indossato mascherine come simbolo di protezione e penitenza, e hanno fatto ricorso a una nuova iniezione non testata nonostante la consapevolezza diffusa che una cosa del genere non avrebbe potuto funzionare per sterilizzare nulla, tanto meno porre fine a una pandemia.
L'idea di un patogeno in libertà è stata anche proposta come un giudizio morale, come se gli dei stessero emettendo un verdetto di colpevolezza sull'ascesa del nazionalismo populista negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Bisognava disinfettare le superfici e filtrare l'aria, letteralmente e metaforicamente, per ripulire sia il regno microbico che quello politico. Lo sforzo di ripulire la piazza pubblica dai deplorevoli ha portato a una distruzione insondabile.
Questo periodo ha anche rivelato enormi differenze di classe nel modo in cui le persone hanno risposto alle malattie infettive. Coloro che potevano lavorare da casa l'hanno fatto senza indugi e alimentavano anche la narrativa terrorista (finché i flussi di denaro continuavano a scorrere), spingendo tutti gli altri a lavorare come se niente stesse accadendo (es. supermercati) e usandoli come cavie per costruire l'immunità di gregge. In seguito sono stati costretti a essere i primi della fila a provare la presunta cura tramite iniezione.
Tutto ciò ci porta all'incredibile brillantezza del nuovo film Nosferatu di Robert Eggers, un remake del film di Murnau del 1922. La trama è molto simile al Dracula originale di Bram Stoker, modificato solo per gestire possibili rivendicazioni di copyright che in ogni caso sarebbero arrivate più tardi. Ma sono stati aggiunti anche alcuni colpi di scena, tra cui l'esistenza della peste portata dalla figura del demone stesso. La piccola città tedesca viene invasa da una morte sinistra e gli scienziati di quell'epoca escludono una spiegazione che si confronti con l'occulto.
In questo modo il nuovo film può essere visto come una critica implicita dello scientismo che ha dominato dal 2020 al 2023, e anche di gran parte dell'era moderna e postmoderna. Nel libro e in tutti i film la disperazione di dover affrontare il problema spinge le persone a contattare un famoso scienziato che ha perso il suo posto universitario per il suo interesse in tradizioni spirituali apparentemente primitive. Nel libro è il dottor Abraham Van Helsing; nei film associati a Nosferatu, è il dottor Albin Eberhart Von Franz. Erano la stessa persona, il saggio dissidente istruito secondo i vecchi metodi che ha la risposta ma che deve essere portato fuori dal suo esilio.
Le battute migliori nel nuovo film sono attribuite al dottor Von Franz, come sottolineato dallo storico Alexander Burns.
Just saw Robert Eggers' Nosferatu.
As a historian, more than any other director, I trust Eggers to capture the "vibes" of a historical setting, even a fantasy one like this.
From the standpoint of capturing the 1830s in Germany, this film is great.
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“Ho visto cose in questo mondo che avrebbero fatto sì che Isaac Newton tornasse strisciando nel grembo di sua madre!”
“Non siamo stati illuminati bensì ACCECATI dalla luce gassosa della SCIENZA!”
“Ho lottato contro il diavolo come Giacobbe lottò contro l’angelo, e vi dico che se vogliamo domare l’oscurità dobbiamo prima accettare che essa esiste!”
Nel frattempo gli illuminati stregoni continuano a drogare la povera protagonista con l'etere, a costringerla a indossare il corsetto a letto, a legarla al letto e a praticarle salassi incessantemente, come se a un certo punto quel veleno che la affligge dovesse gocciolarle fuori. La cura non è solo peggiore della malattia; allora come oggi la cura diventa la malattia.
Nel frattempo i contadini della Transilvania sanno bene come affrontare il mostro nel castello sulla collina: dispensano preghiere, crocifissi, aglio e periodiche cacce con paletti di legno per allontanare e uccidere il male, al fine di proteggere sé stessi e le loro comunità.
Solo Von Franz capisce il senso di tutta questa superstizione ed è consapevole che in ultima analisi è più efficace di qualsiasi panacea inventata in nome della scienza.
L'importanza religiosa e le tematiche del panico da malattia infettiva sono impossibili da evitare. Possono assumere forme diverse, com'è successo di recente con i rituali assurdi riguardanti la distanza di sei piedi, l'indossare la mascherina mentre si camminava e l'indossarla quando si era seduti, il divieto di cantare e andare sullo skateboard e il fingere di sapere esattamente dove si trovasse il cattivo patogeno (a volte dentro e a volte fuori; solo gli esperti lo sapevano per certo).
Questi rituali inventati ci sono stati rifilati in nome della scienza, ma c'era anche una distinta casta parascientifica nella sociologia di questa pandemia. Persone vestite con larghi abiti di lana e stracci trasandati in ricreazioni simboliche dei flagellanti, come ho sottolineato molte volte. Tutto ciò che era considerato divertente o celebrativo era ovviamente vietato, poiché la baldoria è esteticamente incoerente con il bisogno della comunità di espiare il peccato.
Coloro che si rifiutavano di seguire la mania della massa, evitando di mascherarsi e di iniettarsi pozioni, venivano additati come capri espiatori e causa della sofferenza altrui. Praticamente s'era dato forma al neologismo “freedumb”. Perfino il presidente degli Stati Uniti ha augurato loro del male, prevedendo con entusiasmo un inverno di sofferenza e morte.
Tra le persone, i più laici erano quelli più favorevoli ai controlli anti-Covid, mentre i primi a dissentire come comunità appartenevano a sette di credenti non tradizionali, tra cui ebrei ortodossi, cattolici, mormoni, Amish e mennoniti, mentre le sezioni del Paese dominate dagli evangelici erano le successive a dubitare.
Le classi d'élite laiche altamente istruite hanno continuato ad aggrapparsi alla religione del dispotismo sanitario, ben oltre la sua attuale rilevanza, arrivando persino a sacrificare i propri figli al dio Fauci e al suo magico olio di serpente.
La fede dei secoli s'è dimostrata una guida migliore della classe degli esperti, la cui cecità ha prolungato e peggiorato il problema. Dopo tutto, i dottori nelle storie di fantasia di Dracula e Nosferatu usano lo stesso metodo del mostro: prosciugare il sangue degli afflitti. Lo studioso mistico sa e fa il contrario: “E ora, facciamo il nostro lavoro. Dobbiamo piantargli un paletto nel cuore. Questo è l'unico modo”.
Il terrore dell'infezione e l'impiego della scienza per scongiurarla sono ancora con noi, così come il percorso psicologico attraverso cui l'essere umano moderno affronta la sua paura della morte. Né Dracula, né Nosferatu sono stati creati in un laboratorio e quest'ultimo non ha aiutato nessuno nella loro sconfitta finale. Le sovrapposizioni e i parallelismi della storia di fantasia servono come un potente modello metaforico per comprendere la mania che si può sviluppare intorno alle malattie infettive, cosa che abbiamo vissuto tutti di recente.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Illusione monetaria e la chimera della ricchezza reale: due fenomeni che nascondono la bancarotta dell'Italia
(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/illusione-monetaria-e-la-chimera)
Supponiamo che un imprenditore (o un falsario!) apra una banca e presti a tutti un sacco di soldi a condizioni irresistibili. All'improvviso la città si anima, le auto escono dai parcheggi, le mance nei bar aumentano, gli showroom di mobili vengono svuotati e, naturalmente, i prezzi salgono. Tutti si sentono più ricchi: il PIL locale aumenta, la città viene citata dai giornali, sulla bocca di tutti c'è “rinascita della classe media” e il sindaco pensa di candidarsi a primo ministro della nazione.
I guai iniziano in sordina, ma poi diventano un'onda che travolge presto la città e le cose vanno a rotoli. I soldi spariscono, i prestiti devono essere rimborsati, le vendite diminuiscono, le auto e i mobili vengono pignorati.
Che fine ha fatto il boom? Che fine ha fatto tutta quella precedente ricchezza?
Era fittizia, irreale, transitoria, effimera, una chimera, un miraggio, una vana e folle fantasia. Com'è possibile? Le BMW e gli arredi erano cose reali e tangibili. Il boom era autentico, ma la scintilla è stata il credito, non il risparmio. I risparmi possono essere spesi e goduti. Fine della storia. Il credito, però, è accompagnato dalle “richieste del futuro”. Investito con successo potrebbe creare nuova ricchezza, ma se viene semplicemente consumato non crea nuovo flusso di reddito per estinguere il debito. Le persone si limitano solamente a spendere soldi che non hanno e diventano più povere.
È stata notizia recente che il debito pubblico italiano ha superato i €3000 miliardi, mentre il PIL (per quanto non sia una misura affidabile della ricchezza reale) langue indietro sin dalla crisi del debito sovrano del 2010. Supponendo che fossero andati di pari passo, non esisterebbero quegli ~€800 miliardi in più. Questi ultimi rappresentano “le richieste di domani” che difficilmente saranno soddisfatte. Si trattava di credito immesso nel sistema ma senza un corrispondente aumento della ricchezza reale. Gran parte della “ricchezza” dell'economia è solo metà di una transazione incompleta. È la parte divertente del ciclo del credito: il debito aumenta da una parte del libro mastro e la “ricchezza” dall'altra. E poi, quando il ciclo del credito completa la sua oscillazione, entrambi scompaiono: i debiti vengono pagati, cancellati o gonfiati; gli attivi vengono svalutati. Come ho scritto nel Capitolo 2 del mio ultimo libro, Il Grande Default, esistono risparmi reali e risparmi fasulli. Per quanto una linea di credito facile possa facilitare la vita ad aziende neonate con un'idea buona in mente, l'azzardo morale che ne consegue cresce di ordini di grandezza superiori. Detto in modo semplice, la probabilità di incappare in errori economici diventa sempre più grande. Nel momento in cui, poi, determinate aziende arrivano al vertice e possono esercitare potere di lobby, piuttosto che andarsene nel sereno abbraccio della bancarotta quando diventano improduttive, esercitano la loro influenza per restare a galla.
Al giorno d'oggi esistono molte aziende “zombi” in Italia, incapaci di pagare persino gli interessi sul loro debito. A livello di facciata potrebbero anche valere tanto, ma qual è il valore reale di un'azienda che può rimanere in attività solo prendendo in prestito sempre più denaro? Il libro mastro non dovrebbe elencarle come passività piuttosto che come attivi? Inutile dire che tale cancrena fagocita anche la fiducia del sistema bancario commerciale a elargire prestiti.
Nonostante tutta la magniloquenza che i media generalisti usano per descrivere l'economia italiana, fatta di lavori che vanno a ruba e titoli sovrani la cui vendita a frotte è l'invidia del resto del mondo, la sostenibilità di un Paese si basa su una semplice dicotomia: ricchezza fasulla contro ricchezza reale. Per quanto possa sembrare insolente da parte mia nei confronti della narrativa ufficiale, la “ricchezza fittizia” spiega perché il nostro Paese, presumibilmente sulla buona strada, in realtà continua a sprofondare in un baratro senza fondo. In parole povere il denaro fasullo ha portato a un'economia con ricchezza fasulla. Gran parte dell'economia italiana (se misurata dal PIL) è fittizia, fraudolenta o fantasiosa. Il denaro fasullo crea un'economia fasulla, la quale cresce prendendo in prestito denaro che non esiste. Il denaro reale deve rappresentare beni, servizi e asset reali, ma il denaro fiat non rappresenta nulla. È credito vuoto e concesso a tassi artificialmente bassi. Certo, fa aumentare il PIL, le azioni, le obbligazioni e il settore immobiliare dandoci l'impressione di una grande ricchezza, ma il rovescio della medaglia del credito è il debito e quello totale dell'Italia è arrivato a circa il 255% del PIL. E man mano che aumenta, aumenta anche la spesa per interessi.
Gran parte del denaro fasullo è stato preso in prestito dai burocrati. La parte dell'economia direttamente controllata (spesa pubblica) o resa torbida (regolamenti statali o locali) dallo stato è aumentata nel corso del tempo. La spesa pubblica è inclusa nelle cifre del PIL, il 100% di essa, ma pochissima produce il tipo di ricchezza reale di cui c'è bisogno per pagare i debiti passati e contribuire alla prosperità attuale. Per vederlo coi vostri occhi, da un punto di vista prettamente finanziario, vi basta aggiustare i rendimenti attuali delle obbligazioni sovrane italiane all'inflazione (quella reale ovviamente, come misurata dall'oro, e non dall'IPC).
LA RICCHEZZA DI UNA NAZIONE, ORA, È UN'ILLUSIONE
Il valore “nominale” è molto diverso dal valore reale. Ma non sono solo i titoli sovrani a fingere di avere un valore che in realtà non hanno. In tutto il mondo a rendimento fisso ci sono perdite non riconosciute e ricchezza immaginaria. In termini ancora più specifici: davvero credete che ciò che possedete oggi, in termini di ricchezza personale, è davvero vostro? La risposta è “No, non è vostra” dato che può essere sequestrata in qualsiasi momento e in modo nascosto/sordido. Il Capitolo 13 del mio ultimo libro, Il Grande Default, descrive esattamente questa dinamica, ovvero che l'Europa, non avendo risorse di capitale energetico e non avendo mercati finanziari affidabili, per sopravvivere alla tempesta economica incalzante può solo parassitare il bacino di asset che dispone la popolazione. O si illude di possedere...
Leggiamo da un meandro di Wikipedia:
L'illusione monetaria è un errore di valutazione compiuto da chi ragiona in termini di valore nominale della moneta, tenendo conto in modo inadeguato della variazione del suo valore reale e rischio.
Ad esempio una riduzione del livello dei salari reali, a seguito della riduzione del potere d'acquisto della moneta, non viene percepita nel breve periodo.
L'illusione monetaria spiega in parte il comportamento dei risparmiatori che in condizioni di inflazione elevata accettano di impiegare le loro ricchezze a tassi di rendimento reali che, ex post, risultano negativi.
Altrettanto l'illusione monetaria spiega il comportamento dei consumatori che non aggiustano il proprio tenore di vita nel breve periodo a seguito di un generalizzato decremento del potere di acquisto dei salari.
L'illusione monetaria è uno di quei termini economici che si spiega da sé, ma ecco un altro esempio. La maggior parte delle persone sa che cento euro non comprano oggi quello che compravano dieci anni fa, ma pensa ancora in termini di prezzi passati (gli anziani di più, per ovvie ragioni). Un lavoratore potrebbe sentirsi bene con un aumento del 5%, ma se l'inflazione è al 7%, in realtà sta guadagnando meno di prima. Questo è un processo in corso da decenni con il risultato che, in termini reali, i salari sono più bassi. Se gli stati iniziassero a stampare denaro e ad acquistare asset, molti inizierebbero a mettere in discussione il denaro stesso e la fiducia nella moneta fiat potrebbe scomparire rapidamente.
Il denaro moderno ha un valore nominale, ma non un valore intrinseco. Si basa sull'illusione (e sulla legge) per funzionare. Più lo si svaluta, meno è probabile che l'illusione regga. Ovviamente il sostegno della legge fa una grande differenza, così come il fatto che le tasse debbano essere riscosse in questo denaro, ma il sistema è vulnerabile. Le illusioni possono durare a lungo, ma quando si infrangono lo fanno molto rapidamente, e poi non c'è più niente.
Ecco perché oro e Bitcoin sono asset a parte. Entrambi sono denaro in sé e per sé: uno è il prodotto della natura, l'altro il prodotto di quantità straordinarie della potenza di calcolo. Nessuno dei due dipende da nessun altro.
ANDARE IN BANCAROTTA... COME CI SI È SEMPRE ANDATI
I tagli dei tassi da parte della BCE non creano ricchezza come per magia. La ricchezza è creata da aumenti di produttività con più output per unità di lavoro e input di risorse. È il risultato di duro lavoro e pazienza. I piaceri immediati devono essere rimandati e le lezioni devono essere apprese. Il capitale non può essere semplicemente consumato; deve essere risparmiato e investito saggiamente, abilmente. Tutto il resto è distrazione, frode e fantasia. Abbassare il costo del credito rende più facile acquistare cose, ma non rende necessariamente più facile pagarle. Come abbiamo visto, più credito crea ricchezza “fittizia” a breve termine, non ricchezza reale a lungo termine. I venditori registrano l'aumento delle vendite come un surplus; i burocrati registrano le vendite extra come un aumento del PIL. Ma finché il conto non viene saldato, la transazione è incompleta.
Man mano che aumenta il debito, aumenta anche il costo del servizio del debito (interessi) e il numero di debitori che non saranno in grado di pagare, incluso il più grande debitore al mondo, ovvero lo stato. E così aumenta la quantità di ricchezza che probabilmente scomparirà nella prossima crisi. Ciò è particolarmente vero quando il prestito è stato fatto con falsi pretesti, ovvero a tassi d'interesse irrealistici o artificialmente bassi. Ed ecco che... il debito aumenta.
Sono uscite le cifre riguardanti le prestazioni dell'economia italiana nell'ultimo anno. Si riconferma un Paese in cui la qualità dell'occupazione continua a declinare: questo dato può esse estrapolato dall'aumento dell'attività turistica e di conseguenza l'aumento dell'impiego nel settore terziario. Ma un Paese non può reggersi esclusivamente su questo settore, dato che i lavori creati non sono in grado di sostenere un'economia complessa; infatti il comparto industriale continua la sua caduta libera. Questo a sua volta significa che i numeri degli occupati, sulla scia della contrazione delle prestazioni welfaristiche (es. reddito di cittadinanza), sono anche gonfiati da persone che svolgono più di un lavoro per sbarcare il lunario. Non solo, ma se davvero il boom dell'occupazione di cui blatera l'informazione mainstream fosse vera e aggiungesse ricchezza alla nazione, allora i numeri del PIL non sarebbero così anemici. Questo perché la Legge dei rendimenti decrescenti è scesa in territorio talmente negativo che gli accordi “lose-lose” (vicendevolmente svantaggiosi) erodono unità di PIL aggiuntivo, anche se tali numeri vengono tenuti artificialmente su da stampa di denaro e deficit pubblico persistente.
E infine arriviamo a un punto cruciale che pochi ancora afferrano: l'inflazione dei prezzi. I media generalisti ci tengono a far sapere che “tutto è tornato sotto controllo”, facendo festa per i delta che cambiano di mese in mese. Ma se allarghiamo il quadro, le cose stanno diversamente: i prezzi cavalcano in alto, senza sosta, sin dal 2000. L'aumento composto di questo indice, e il furto conseguente, è apprezzabile nel grafico qui sotto.
Un tasso di variazione più lento non significa che un'inflazione dei prezzi in diminuzione! Significa, ammesso che sia accurato, che l'inflazione dei prezzi sta crescendo meno rapidamente. È questo cambiamento che sta uccidendo la qualità della vita per la classe media italiana. In secondo luogo la velocità del denaro è in aumento. Il prossimo grafico mostra la variazione dell'offerta di denaro M2: i dati più recenti mostrano che sta di nuovo espandendosi. In sintesi, si sta formando una “seconda ondata” di inflazione.
Questa è una nazione che sta andando in rovina nel modo tradizionale: aggiungendo ricchezza fasulla e debito reale. Sì, cari lettori, c'è “ampio spazio” per tagliare la spesa, ma la frode è più gradita della verità e aumentare il debito è molto più allettante che saldarlo.
LA MEGAPOLITICA
La “megapolitica” è una delle mie metodologie d'analisi non così segreta. Fornisce un vantaggio aiutandomi a comprendere le correnti più profonde della politica e dell'economia; solo su queste pagine potete leggere i risultati di tali analisi, o ascoltare se volete risparmiare tempo. Ad esempio, uno potrebbe osservare il meteo: cambia giorno dopo giorno, un giorno è più caldo e il giorno dopo piove. Potrebbe indovinare cosa succederà con il passare dei giorni, ma è molto utile sapere che ci sono stagioni, schemi che si ripetono, mai esattamente gli stessi, ma sempre presenti. La megapolitica non è altro che un'intuizione, ma una importante: ci sono stagioni anche nei mercati e nella politica. Potreste pensare, ad esempio, che “lo stato non permetterebbe mai che [una cosa] accadesse”... o che non accadrà perché “nessuno lo vuole”. Ma poi... accade comunque.
Le persone, soprattutto quelle intelligenti, si auto-ingannano: sopravvalutano regolarmente la loro capacità di capire cosa sta succedendo e la loro competenza nel controllare il futuro e sbrogliare i nodi dalla storia. Intraprendono programmi e progetti per rendere il mondo un posto migliore: le Crociate, la Prima guerra mondiale, la Rivoluzione russa, il Grande balzo in avanti, e finiscono per rendere la storia più perversa che mai. Il problema nasce dalla natura stessa della vita. Ci sono un numero infinito di cose che accadono e un numero infinito di modi per guardarle. Noi esseri umani, tuttavia, non abbiamo una quantità infinita di tempo o una capacità cerebrale infinita, quindi mettiamo le cose in categorie (un processo che Kant descrisse come “imperativo categorico”) per semplificarle.
I proto-umani dovevano prendere decisioni rapide per sopravvivere. Se vedevano una cosa grande e pelosa che caricava nella loro direzione, ad esempio, non avevano il tempo di chiedersi a quale genere o specie potesse appartenere, o se non fosse un'illusione ottica causata dal sole al tramonto o uno scherzo fatto da uno dei membri della sua tribù. Dovevano correre, il più velocemente possibile, per sopravvivere. I nostri antenati, i sopravvissuti, erano quelli che correvano non quelli che si fermavano a ponderare. Oggi riceviamo migliaia di “messaggi” (es. pubblicità, avvisi, dati, opinioni e osservazioni) e li scorriamo sui nostri schermi dei computer, il più velocemente possibile, scegliendo quelli che meritano la nostra attenzione. La maggior parte viene ignorata immediatamente, alcuni vengono notati e studiati attentamente; altri cambiano effettivamente le nostre idee o il nostro comportamento.
La maggior parte delle persone è impegnata; classifica le cose in categorie molto semplici: buono o cattivo, rosso o blu, amico o nemico. I nemici sono persone “cattive”; questo è tutto ciò che pare si debba sapere. Anche il mondo della finanza può essere ridotto alla più semplice dicotomia. I prezzi salgono o scendono; perché complicarlo? Ma semplificare troppo può causare grandi errori. I “nemici” non sono sempre veri nemici e alcune guerre vale la pena di essere combattute. Per avere un'idea di cosa sta realmente accadendo, dobbiamo capire le stagioni. Possiamo guardare fuori dalla finestra e vedere il sole che fa capolino tra le nuvole, ma aiuta anche sapere che è primavera.
Nel senso più semplicistico e superficiale, le persone fanno le loro scelte e cercano di ottenere ciò che vogliono, ma nel mondo più profondo e megapolitico, ciò che vogliono non ha nulla a che fare con questo. La megapolitica descrive le profonde correnti della storia, un po' come la Corrente del Golfo, un immenso fiume sottomarino. In superficie non è nemmeno visibile, ma sotto l'oceano trasporta acqua calda attraverso l'Atlantico e rende abitabile l'Europa settentrionale. È un modello naturale. Ci influenza; ma noi non abbiamo alcuna influenza su di esso. La megapolitica riconosce che “le cose accadono” che lo vogliate o meno. Chi vuole morire, per esempio? Ma a tutti capiterà. E chi poteva immaginare che la cricca di Davos sarebbe stata messa in ginocchio? Ma è accaduto anche questo.
Povera Lagarde, adesso rimarrà sola a stampare con la scusa di dover proteggere alberi e scoiattoli https://t.co/7u35xiutqc
— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) January 17, 2025La megapolitica ci incoraggia a guardare oltre gli slogan e le banalità che diamo per scontate. Il Titanic era considerato inaffondabile, finché non è affondato. E ora, molte persone pensano che la BCE “non permetterebbe” una recessione, un'inflazione incontrollata o un mercato ribassista di lunga durata. Ma la BCE può davvero impedire queste correzioni naturali? Probabilmente no, in particolar modo ora che il mercato degli eurodollari è sotto contrazione della leva per esplicito volere della FED che ha messo ordine nella sua equazione monetaria. Niente più pasti gratis a danno degli Stati Uniti.
Esiste la massima “tutti gli esseri umani sono creati uguali”, per esempio, o che dovremmo “fare agli altri ciò che vorremmo che facessero a noi”. Esse valgono anche per le nazioni... o per meglio dire, le fazioni. Quando il potere cambia drasticamente, i diritti di uguaglianza svaniscono. Immaginate un'invasione di alieni con una tecnologia di gran lunga superiore. Potrebbero trattare gli esseri umani come noi trattiamo il bestiame. Anche tra gli esseri umani enormi disparità di potere portano a relazioni che non sono in alcun modo “uguali”. Questa era la storia di fondo del XVIII e XIX secolo, quando gli europei avevano un tale vantaggio in termini di potenza di fuoco rispetto ai popoli indigeni dell'Africa, del Sud-est asiatico, dell'Australia e delle Americhe da riuscire a colonizzare enormi distese di territorio. La gente del posto potrebbe aver avuto dei “diritti”, ma solo quelli che i conquistatori avevano scelto di dare loro.
La megapolitica espone modelli e realtà a cui poche persone vogliono pensare. Ci rende sospettosi su “ciò che tutti sanno” e scettici su “ciò che tutti credono”. La guerra in Ucraina ha davvero senso? Le banche centrali possono davvero sapere di quali tassi d'interesse ha bisogno una nazione? La democrazia funziona davvero nel modo in cui credono gli elettori? È davvero caduto l'impero britannico? Quanto ancora gli eurodollari influenzano i mercati mondiali? Se la FED non avesse cercato l'indipendenza dal resto del caravanserraglio delle banche centrali, in che mondo vivremmo adesso? Ci sono più domande che risposte, ma il solo fatto di porsele fornisce un vantaggio sulla maggior parte degli investitori.
Poche persone vorranno approfondire queste questioni. I buoni contro i cattivi, noi contro loro, il rosso contro il blu: per la maggior parte di noi è sufficiente. Ma negli anni difficili che ci aspettano, un'analisi superficiale potrebbe rivelarsi disastrosa.
CONCLUSIONE
L'analisi megapolitica ci aiuta a mettere nel giusto contesto il fallimento dell'Italia e quello più ampio dell'UE. Con l'addio della Yellen e, adesso, un bilanciamento del budget insieme a un Dipartimento del Tesoro che non fa più un QE mascherato tramite sovraemissione di titoli sovrani, Bailey e la Lagarde vedranno aumentare i loro guai. Nell'ultimo anno in particolare hanno usato le grasse emissioni della Yellen per tenere soppressi i differenziali di rendimento tra i titoli sovrani delle loro giurisdizioni e quelli americani. In questo modo hanno influenzato pesantamente il lato destro della curva dei rendimenti americani, sacrificando, però, le loro valute nel frattempo. Sterlina ed euro infatti si sono schiantati rispetto al dollaro. Con l'insediamento di Trump, però, lo zio Sam tornerà ad avere un potere contrattuale reale sulle altre divise. Stavolta per davvero, dato che tutti quei meccanismi che svilivano silenziosamente il dollaro vengono smantellati. L'illusione monetaria e l'illusione della ricchezza fasulla, alimentate da Bruxelles e City di Londra per spacciare la menzogna di un'economia solida, affidabile e degna di fiducia, alternative a quella americana, verrà infranta.
Prima gli eurodollari, poi il LIBOR, adesso salta fuori anche il meccanismo di clearing dei titoli sovrani americani a Londra. È a dir poco assurda la profondità con cui i tentacoli della City e della BoE affondassero nell'economia USA e la sfruttassero.https://t.co/mird7PYEfn
— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) January 19, 2025Supponendo, adesso, un piano di contingentamento della spesa pubblica americana, la salita dei rendimenti dei titoli sovrani europei è dietro l'angolo. E guarda caso adesso i BTP italiani vengono esclusi dal calcolo dell'ISEE...
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Una tesi progressista per una riserva strategica di Bitcoin: rafforzare la rete di sicurezza sociale degli Stati Uniti
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/una-tesi-progressista-per-una-riserva)
Inizierò dicendo che ho le mie riserve sul fatto che gli Stati Uniti perseguano una riserva strategica di Bitcoin, dati i piani principali che ho osservato tra cui la proposta di legge del senatore Lummis e una bozza di ordine esecutivo del Bitcoin Policy Institute (questo non include quelli proposti stato per stato che hanno un approccio diverso e più diretto, dato che detengono effettivamente i bitcoin per diversificare i loro asset).
Le mie riserve riguardano i tempi, le implicazioni politiche, i meccanismi/costi per ottenere i bitcoin, un maggiore coinvolgimento del governo in Bitcoin potrebbe portare a un maggiore coinvolgimento/influenza nel suo sviluppo e le implicazioni su Bitcoin come denaro per i cittadini statunitensi (la privacy, il mezzo di scambio e l'auto-custodia sarebbero maggiormente a rischio?).
Sebbene abbia visto sostegno da parte dei sostenitori di Bitcoin, per lo più politici del Partito repubblicano e Trump (per correttezza, credo che il rappresentante democratico Ro Khanna abbia detto di essere favorevole, in teoria), non c'è ancora stata alcuna attenzione in modo positivo da parte dei progressisti. In realtà, solo critiche. Sebbene abbia le mie riserve, vorrei concentrarmi su alcuni modi in cui una riserva strategica di Bitcoin negli Stati Uniti potrebbe essere una cosa positiva per gli americani, da una prospettiva progressista e con un'enfasi sulla spesa per la rete di sicurezza sociale. Vorrei offrire alcune riflessioni su come una scelta del genere possa andare oltre rispetto al semplice “rafforzamento degli Stati Uniti come potenza globale e rafforzamento del dollaro”. Cosa potrebbe fare per le persone reali, di tutti i giorni, in America? Questo è ciò che mi interessa, e probabilmente anche a voi.
Questa immagine è stata presa oggi dal sito web https://www.usdebtclock.org/. Ciò per cui gli Stati Uniti non hanno una risposta convincente è come pagheremo per i servizi necessari e attesi dai cittadini quando ci troviamo ad affrontare una crisi del debito. A seconda di chi chiedete e a quali teorie economiche credete, ci sono diversi modi per gestire la situazione, ma il problema rimane: gli Stati Uniti stanno rinviando la questione del debito e della spesa pubblica, rifiutandosi di aumentare le tasse o di tagliare la spesa in modo drastico. Prima preparerò il terreno e poi offrirò alcuni casi di utilizzo in ambito sociale di un riserva strategica di Bitcoin.
1. Protezione contro l’inflazione per proteggere i programmi pubblici
• Stabilità per la spesa sociale: l'inflazione e la svalutazione della moneta erodono il potere d'acquisto dei bilanci governativi, riducendo l'efficacia dei programmi di sicurezza sociale. Una riserva di Bitcoin, come asset deflazionistico, potrebbe fungere da copertura contro tali rischi economici, garantendo finanziamenti stabili per programmi come Medicare, Medicaid e previdenza sociale. Man mano che le cose diventano più costose in termini di denaro fiat (es. stipendi, spese sanitarie, tecnologia ospedaliera essenziale, farmaci, trattamenti, ecc.) diventano più economiche in termini di Bitcoin.
• Vantaggi a prova di futuro: l'offerta limitata di Bitcoin potrebbe proteggere dalla svalutazione a lungo termine della valuta fiat, garantendo che, nei decenni a venire, i programmi di welfare mantengano il loro valore e preservino i beneficiari delle relative prestazioni.
2. Generazione di entrate per le reti di sicurezza sociale
• Apprezzamento degli asset: Bitcoin ha mostrato un apprezzamento significativo del prezzo nel lungo termine. Una riserva di Bitcoin detenuta dal governo federale potrebbe essere sfruttata in periodi di necessità finanziaria per generare entrate aggiuntive e finanziare i programmi sociali. La chiave qui è una visione a lungo termine, non un trading a breve termine.
• Liquidazione controllata: nell'ambito di un quadro progressivo, il governo federale potrebbe elaborare rigidi protocolli per la vendita di parti della riserva durante periodi di crisi o recessione economica, in modo da evitare di compromettere il valore a lungo termine della riserva, sostenendo nel contempo il benessere pubblico.
3. Alternativa all'onere fiscale per i contribuenti
• Riduzione della dipendenza dai contribuenti: tradizionalmente i finanziamenti per le reti di sicurezza sociale provengono dalle tasse, che possono avere un impatto sproporzionato sulle famiglie a medio e basso reddito. Una riserva di Bitcoin potrebbe fornire una fonte di finanziamento alternativa, riducendo la dipendenza dalla tassazione diretta per i programmi sociali.
• Riduzione della spesa in deficit: uno dei principali casi di inflazione è la spesa in deficit tramite meccanismi di stampa di denaro da parte della banca centrale, del Dipartimento del Tesoro e del Congresso che approva leggi ben oltre i nostri asset e le nostre entrate fiscali. Una riserva strategica di Bitcoin potrebbe essere utilizzata per aiutarci a fare meno affidamento sulla stampa di denaro che è responsabile dell'inflazione schiacciante sulla classe media/bassa e che viene spesso utilizzata per finanziare i programmi di spesa governativi. Includendo Bitcoin insieme alle riserve tradizionali come l'oro, il governo federale potrebbe migliorare la sua capacità fiscale di sostenere i programmi di welfare senza fare affidamento sulla spesa in deficit.
4. Assistenza finanziaria di emergenza
• Un fondo per la mitigazione delle crisi: durante le crisi finanziarie il governo federale spesso fatica a mobilitare rapidamente risorse per espansioni delle reti di sicurezza sociale. Bitcoin, essendo altamente liquido e accessibile a livello globale, potrebbe fungere da riserva di emergenza per trasferimenti diretti di denaro o per finanziare sussidi di disoccupazione in periodi di difficoltà economica.
• Efficienza delle rimesse globali: la natura senza confini di Bitcoin potrebbe semplificare la distribuzione di aiuti internazionali, o rimesse, a sostegno delle comunità della diaspora o delle popolazioni vulnerabili all'estero, in linea con i valori progressisti dell'equità globale.
5. Promuovere l’inclusione finanziaria per le popolazioni vulnerabili
• Colmare il divario di ricchezza: una riserva strategica di Bitcoin potrebbe essere abbinata a linee di politica che incoraggiano la proprietà pubblica di Bitcoin, offrendo a individui e comunità la possibilità di partecipare a un sistema finanziario meno dipendente dalle strutture bancarie tradizionali. Guardate a programmi come l'Alaska Permanent Fund che paga dividendi in base alle riserve e alla produzione di petrolio dell'Alaska.
• Meccanismi di ridistribuzione diretta: il governo federale potrebbe usare i guadagni dalle riserve di Bitcoin per finanziare programmi di reddito universale di base o assistenza mirata per le famiglie a basso reddito. Margot e io abbiamo discusso di questa possibilità con Scott Santens, uno dei massimi esperti di reddito universale di base nel nostro podcast.
Sebbene non sia direttamente collegata alla riserva strategica, l'accettazione di Bitcoin in questa fase potrebbe aprire le porte a maggiori possibilità per quanto riguarda il mining e la comunità.
6. Incentivare il mining di Bitcoin per la creazione di posti di lavoro
• Posti di lavoro per le comunità a rischio: le attività di mining di Bitcoin, se incentivate all'uso di energie rinnovabili, potrebbero creare posti di lavoro in regioni svantaggiate, offrendo un duplice vantaggio: rivitalizzazione economica e progresso ambientale.
• Entrate per gli enti locali: le entrate fiscali generate da operazioni di mining sostenibili potrebbero essere reindirizzate per rafforzare le reti di sicurezza locali, come alloggi a prezzi accessibili o iniziative di assistenza sanitaria comunitaria.
7. Resilienza economica per finanziare programmi a lungo termine
• Tampone contro le crisi economiche: in periodi di crisi economica o instabilità geopolitica, l'indipendenza di Bitcoin dai sistemi di valuta fiat potrebbe fornire un cuscinetto finanziario. Ciò potrebbe garantire che i programmi di sicurezza essenziali continuino a funzionare senza interruzioni.
• Rafforzare il contratto sociale: mantenendo una riserva che salvaguardi la sicurezza economica nazionale, il governo federale rafforza il suo impegno a proteggere le popolazioni vulnerabili, un principio progressista fondamentale.
8. Rafforzare la fiducia della popolazione nei programmi sociali
• Meccanismo di finanziamento trasparente: la tecnologia blockchain di Bitcoin garantisce un registro trasparente. Utilizzare una riserva di Bitcoin per finanziare parzialmente programmi sociali potrebbe aumentare la fiducia della popolazione nel modo in cui le risorse vengono allocate e gestite, riducendo lo scetticismo sullo spreco o la corruzione del governo federale. Gli indirizzi bitcoin nella riserva strategica verrebbero resi pubblici (come fa El Salvador).
• Proprietà pubblica: i progressisti potrebbero proporre di assegnare una piccola parte dei guadagni di Bitcoin direttamente ai cittadini tramite rimborsi o crediti legati a programmi sociali, creando una connessione tangibile tra riserve nazionali e beneficio pubblico. Di nuovo, torniamo a un approccio basato su dividendi o reddito universale di base.
Questa è solo la punta dell'iceberg di come i progressisti potrebbero teoricamente approcciarsi a una riserva strategica di Bitcoin. Sebbene questo sia più un esercizio intellettuale a questo punto, e il mio focus continua a essere l'adozione di base di Bitcoin e come questo possa trasformare le vite degli individui e delle comunità in tutto il mondo, solleva un punto importante: quale bene sociale potremmo immaginare che Bitcoin fornisca nel nostro mondo in continua evoluzione? Oltre al semplice aumento dei numeri, quale ruolo può svolgere Bitcoin nel migliorare la vita delle persone comuni a un livello profondo e strutturale?
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Un commento breve su una proposta storica del presidente argentino Javier Milei
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/un-commento-breve-su-una-proposta)
Il Presidente della Repubblica Argentina, Javier Milei, ha dichiarato che presenterà una proposta di legge per dichiarare un crimine, per lo stato e la banca centrale, monetizzare il deficit pubblico e creare inflazione. Di conseguenza i capi di stato e di governo, i ministri, i funzionari della banca centrale e i rappresentanti pubblici che, in un modo o nell'altro, decidono, promuovono o partecipano alla creazione di denaro e al finanziamento inflazionistico del deficit pubblico, saranno processati e condannati come criminali.
Inoltre questi atti saranno dichiarati reati imprescrittibili e quindi, anche se — a causa di possibili cambiamenti politici futuri — questa legge dovesse essere abrogata, il suo successivo ripristino significherebbe, ipso facto, l'incriminazione e la condanna delle persone coinvolte in politiche inflazionistiche. In breve, l'intenzione è di scoraggiare, ex ante, l'azione di qualsiasi autorità, funzionario pubblico o politico che potrebbe, in futuro, decidere di ricorrere all'inflazione per finanziare e raggiungere obiettivi politici, economici, sociali o di altro tipo.
La ratio legis di questa nuova legge è chiara: si fonda sul danno grave causato dalle politiche inflazionistiche in generale. Nel caso particolare dell'Argentina, tali linee di politica sono state sul punto di causare una furiosa iperinflazione, che solo gli sforzi del nuovo Presidente, Javier Milei, e i sacrifici sopportati dalla nazione argentina sin dalla caduta dell'ex-governo peronista, sono riusciti a invertire. Suddetto ex-governo e quelli che lo hanno preceduto sono i principali responsabili della grave prostrazione, povertà e crisi economica e sociale che oggi hanno posto l'Argentina, un tempo uno dei Paesi più ricchi del mondo, tra le nazioni relativamente più povere e meno prospere, nonostante il suo enorme potenziale in termini di risorse umane e naturali.
Di seguito daremo un'occhiata al danno causato dalla creazione di denaro e dal finanziamento inflazionistico del deficit pubblico. Questo danno giustifica la criminalizzazione e la dura punizione di tutti coloro che, direttamente o indirettamente, diventano promotori, collaboratori o principali partecipanti a misure inflazionistiche.
Prenderemo in considerazione gli effetti della monetizzazione del deficit pubblico, dal meno severo al più severo. In primo luogo, essa costituisce un attacco diretto alle fondamenta stesse del sistema democratico. Infatti l'essenza della democrazia si basa sul controllo democratico, con completa trasparenza sia del bilancio di spesa che delle diverse fonti di entrate pubbliche, le quali devono essere note e votate dai cittadini. La monetizzazione della spesa pubblica, ovvero il finanziamento tramite la mera emissione di qualsiasi importo di nuova moneta, è profondamente antidemocratica. Rompe il legame tra spesa pubblica trasparente ed entrate, in modo nascosto e diluito, ponendo il costo della quota di spesa pubblica non finanziata con le tasse sulle spalle di chi usa le unità monetarie.
A poco a poco, e senza accorgersene all'inizio, o conoscerne la causa, queste persone ne sono colpite, poiché i loro saldi monetari subiscono un drastico calo del potere d'acquisto. Questo fenomeno si verifica sia quando il deficit viene monetizzato direttamente, come di fatto accade da anni in Argentina, sia quando, per salvare le apparenze, il deficit viene finanziato con nuovo debito pubblico che la banca centrale acquista immediatamente nel mercato secondario con denaro creato ex novo. La Banca centrale europea, la Federal Reserve e altre banche centrali, con il falso pretesto e “l'ombrello legale” di portare avanti solo la politica monetaria, hanno proceduto in questo modo e hanno acquisito fino a un terzo di tutto il debito pubblico emesso finora dai rispettivi governi.
In secondo luogo, la monetizzazione del deficit pubblico equivale a rimuovere la restrizione essenziale imposta ai politici dal controllo trasparente e democratico del bilancio e della sua attuazione. Infatti se la spesa pubblica può essere finanziata con l'inflazione, praticamente “di nascosto” e in un modo apparentemente indolore (almeno nel breve termine), gli incentivi politici saranno ovviamente e inevitabilmente orientati verso lo spreco: una “abbuffata di spesa pubblica” e un sfacciato e indiscriminato acquisto di voti che distrugge le fondamenta stesse della democrazia, oltre a demoralizzare e corrompere l'elettorato e la cittadinanza.
L'Argentina è un esempio lampante di questo fenomeno perverso. La Federal Reserve e la Banca centrale europea hanno adottato politiche di monetizzazione del deficit pubblico che hanno dato origine a tal fenomeno (anche se su scala minore). Ad esempio, nel momento in cui la BCE ha avviato le sue politiche “monetarie” ultra-lassiste di “quantitative easing” e di abbassamento del tasso d'interesse a zero, i diversi governi dell'Eurozona hanno immediatamente bloccato le necessarie misure di austerità e le riforme che avevano iniziato a implementare. Nessun governo è disposto a sostenere il costo politico dell'adozione di linee di politica tanto dolorose, quanto necessarie, se il deficit che deriva dall'evitarle non costerà nulla, non avrà alcun impatto su chi è al potere e sarà persino finanziato, direttamente o indirettamente, da denaro creato ex novo dalla banca centrale e a tassi d'interesse praticamente inesistenti.
In terzo luogo, dobbiamo sottolineare che il denaro creato ex novo non raggiunge mai tutti i cittadini in egual modo. Invece viene iniettato, nel migliore dei casi, per pagare i conti della spesa pubblica, e quindi, i prezzi dei primi beni e servizi così finanziati aumentano. I primi destinatari del denaro creato ex novo ne escono vincitori, a spese di tutti gli altri cittadini. Nel peggiore dei casi, che sono peraltro i più comuni, le banche centrali mascherano la loro monetizzazione diretta del deficit pubblico sotto la cappa apparentemente più ortodossa dell'acquisto di titoli sovrani (e persino altri titoli, a reddito fisso e variabile) nei mercati secondari (azionari e obbligazionari). In questo caso la ridistribuzione del reddito a favore dei pochi è addirittura maggiore: può raggiungere l'estremo osceno di arricchire notevolmente coloro che detengono gli asset finanziari corrispondenti, sia perché vendono i titoli nel loro portafoglio alla banca centrale a un prezzo artificialmente esorbitante, sia perché il calo generalizzato dei tassi d'interesse (a zero o addirittura a meno di zero) fa schizzare alle stelle il valore di mercato dei titoli a reddito fisso, di altri asset e dei beni strumentali.
Per non parlare poi dell'enorme impatto negativo che una manipolazione così drastica e grossolana del tasso d'interesse esercita sulla struttura produttiva. Il tasso d'interesse è il prezzo più importante in un libero mercato e, quando viene manipolato in questo modo, cessa di funzionare in modo efficiente come guida per le decisioni imprenditoriali sull'allocazione intertemporale tra la produzione di beni di consumo e beni capitali.
Le banche centrali usano due processi per creare e iniettare denaro nell'economia:
- Espansione del credito generata dal sistema bancario a riserva frazionaria sotto la direzione della banca centrale;
- “Operazioni di mercato aperto”, o monetizzazione del deficit pubblico.
In entrambi i casi, un tasso d'interesse manipolato e artificialmente basso innesca ondate di investimenti errati e insostenibili che danno origine a cicli economici e crisi di instabilità finanziaria. Il fatto è che la manipolazione e l'abbassamento dei tassi d'interesse danno l'apparenza di redditività a processi di investimento che sono in realtà insostenibili, perché non corrispondono ai desideri reali dei cittadini, come consumatori e risparmiatori.
In quarto luogo, una volta che gli effetti sopra descritti hanno fatto il loro corso, ogni processo inflazionistico alla fine si traduce inevitabilmente nel graduale declino del potere d'acquisto delle unità monetarie utilizzate da tutti gli attori di mercato. Questa diminuzione del potere d'acquisto equivale a una tassa che danneggia tutti, in particolare i più vulnerabili e bisognosi, e quindi l'inflazione diventa invariabilmente una tassa particolarmente odiosa e regressiva.
In conclusione, la monetizzazione del deficit pubblico causa danni molto gravi che in realtà superano di gran lunga, sia quantitativamente che qualitativamente, quelli causati dai falsari, la cui attività è considerata un reato in tutti i codici penali del mondo (in Spagna, ad esempio, è punibile con una pena detentiva da otto a dodici anni negli articoli da 386 a 389 del codice penale spagnolo). Pertanto esiste una piena giustificazione per la proposta storica del presidente Javier Milei di criminalizzare e persino di non porre alcuna prescrizione sulla monetizzazione del deficit pubblico e di punirla con la reclusione e persino con multe pecuniarie più elevate; l'elemento storico è che varrà per tutti i capi di stato e di governo, i ministri delle finanze, i membri del parlamento e i governatori, e i membri dei consigli di amministrazione delle banche centrali che, per atto o omissione, sono responsabili della creazione di denaro. E, ancora una volta, la ragione di ciò è il danno grave, sia a livello individuale che sociale, che tale creazione di denaro causa sempre.
Pertanto ci auguriamo che il Presidente Javier Milei possa far passare questo cambiamento epocale il prima possibile. Soprattutto ci auguriamo che il suo esempio, insieme alla consapevolezza popolare degli effetti perversi e dei gravi danni che derivano dalla monetizzazione del deficit pubblico, si diffonda in tutto il mondo e raggiunga in particolar modo le aree economiche come quella del Nord America e dell'Eurozona; queste nazioni, sebbene non abbiano raggiunto la quasi iperinflazione dell'Argentina, hanno però espropriato i propri cittadini tramite la svalutazione delle unità monetarie. Ad esempio, in pochissimi anni il 20% del potere d'acquisto di tutto il loro denaro è stato espropriato. Ci auguriamo, quindi, che tutto ciò avvenga e che, in un futuro non troppo lontano, sarà anche possibile perseguire penalmente e ritenere personalmente responsabili i governatori delle banche centrali del resto del mondo e i membri dei rispettivi consigli di amministrazione per non aver raggiunto i loro obiettivi e per il danno sociale ed economico che hanno inflitto ai cittadini.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Conto alla rovescia per il crollo europeo
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/conto-alla-rovescia-per-il-crollo)
Con il divieto al flusso del gas russo verso l'Europa attraverso il territorio ucraino, manca relativamente poco al crollo economico e sociale del continente europeo...
Infine la cooperazione energetica tra Russia ed Europa è (quasi) completamente finita. Dopo quasi tre anni di sanzioni e sabotaggi, la partnership energetica bilaterale Mosca-UE ha subito il suo più grande colpo storico. Kiev ha mantenuto la promessa di non rinnovare il contratto con Gazprom, che consentiva l'arrivo del gas russo in Europa, creando quindi una situazione di insicurezza energetica estremamente scomoda per i suoi stessi “partner” nell'Unione Europea.
La mattina del primo giorno del 2025, la Federazione Russa ha smesso di fornire gas agli acquirenti europei tramite l'Ucraina. Anche nel bel mezzo del conflitto, la russa Gazprom e l'ucraina Naftogaz avevano mantenuto in vigore un accordo di transito energetico firmato nel 2020, scaduto l'ultimo giorno del 2024. In precedenza Kiev aveva già annunciato di non essere disposta a rinnovare il contratto con Gazprom, sebbene alcuni Paesi europei avessero ripetutamente chiesto all'Ucraina di farlo per davvero.
Nonostante le sanzioni imposte alla Russia sin dal 2022, alcuni Paesi europei hanno continuato a trarre vantaggio dall'importazione di gas russo, in particolare Slovacchia e Ungheria, nazioni che si sono rifiutate di partecipare al boicottaggio anti-russo sponsorizzato dall'Occidente, così come l'Austria, un Paese storicamente neutrale nelle controversie geopolitiche e militari dell'Europa. Altre nazioni, pur aderendo alle sanzioni, hanno continuato a ricevere ipocritamente gas russo, come Italia, Polonia, Romania e Moldavia. Ci sono stati anche casi di rivendita di gas, con le nazioni riceventi che hanno riesportato la merce verso Paesi che cercavano di aggirare le sanzioni.
Con la fine della rotta ucraina, tutti questi stati hanno perso ogni garanzia di una fonte energetica sicura, proprio durante l'inverno, il periodo dell'anno in cui il consumo di gas in Europa è al massimo. Attualmente ci sono riserve energetiche che potrebbero essere sufficienti per far fronte alle sfide della stagione in corso, ma la situazione diventerà progressivamente più critica nel tempo. Le nazioni europee dovranno trovare nuove fonti di gas o espandere l'uso delle uniche due rotte rimanenti per il gas russo (attraverso la Turchia e il Mar Nero). Gli indicatori recenti mostrano un aumento sostanziale dei prezzi del gas tra gli esportatori asiatici; si prevede anche che Ankara coglierà l'opportunità per ottenere maggiori profitti dal suo gasdotto.
Attualmente c'è speranza tra gli europei per una fornitura di gas a basso costo attraverso il tanto atteso progetto di gasdotto Qatar-Turchia attraverso la Siria. Con la caduta del governo di Bashar al Assad, i giganti dell'energia della Turchia e del Golfo hanno ripreso in mano la proposta, sebbene stiano aspettando la pacificazione interna in Siria da parte della giunta di Al-Qaeda per iniziare la costruzione. Alcuni analisti ottimisti in Europa ritengono che questo sarebbe l'antidoto alla dipendenza dell'Europa dal gas russo, o asiatico e americano, come nelle circostanze attuali.
Il problema principale di questa speranza è credere nella buona volontà dei falchi occidentali di “pacificare la Siria”. Senza Assad, Damasco è diventata uno “stato fallito”, con un territorio diviso tra diverse fazioni in costante ostilità. È improbabile che ciò cambi, perché nonostante gli operatori tattici della crisi siriana (Turchia e Qatar) desiderino la pacificazione, i mentori strategici (Israele e USA) non sono interessati. Tel Aviv preferisce una Siria polarizzata e dilaniata dalla guerra, incapace di fare alcunché per impedire il suo progresso territoriale nel Golan e oltre. Washington, che è subordinata agli interessi israeliani attraverso la lobby sionista, è interessata allo stesso, oltre a promuovere terroristi curdi per peggiorare ulteriormente la situazione interna siriana.
In altre parole, gli analisti occidentali non capiscono ancora che i decisori dell'asse unipolare non vogliono risolvere i problemi dell'Europa. Non è nell'interesse degli Stati Uniti che i suoi “partner” in Europa riacquistino energia a basso costo e una solida base industriale. Per Washington il crollo dell'Europa non è una tragedia, ma un obiettivo strategico, le cui radici affondano nella scienza della geopolitica stessa. Secondo i fondamenti della geopolitica occidentale, l'integrazione russo-europea sarebbe disastrosa per l'asse atlantico USA-Regno Unito. Pertanto di fronte all'imminente vittoria militare della Russia e alla riabilitazione di Mosca come potenza geopolitica eurasiatica, americani e britannici hanno adottato una strategia di “terra bruciata” in Europa.
Le sanzioni, l'attacco terroristico al Nord Stream e la chiusura della rotta ucraina verso l'Europa sono eventi che si inseriscono nello stesso contesto strategico: in tutti questi casi, gli strateghi anglo-americani vogliono provocare un crollo energetico in Europa per consentire la deindustrializzazione e la successiva crisi economica e sociale. L'obiettivo finale è un'Europa in rovina, non solo non disposta ma anche incapace di stabilire futuri legami strategici con Mosca.
Con la caduta della rotta del gas ucraina, si può dire che gli USA hanno vinto un'importante battaglia nella loro guerra economica contro l'Europa. Il crollo totale di quest'ultima è solo questione di tempo.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Incendi e la bufala del pianeta in fiamme
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/incendi-e-la-bufala-del-pianeta-in)
Ecco che ci risiamo: dare la colpa degli incendi di Los Angeles al cambiamento climatico, quando i veri colpevoli sono proprio i politici che non smettono mai di ululare per quella che è una bufala monumentale.
In primo luogo, gli attuali incendi in California, come quelli che si sono verificati periodicamente in passato, sono in gran parte una conseguenza di linee di politica sbagliate. I funzionari governativi hanno sostanzialmente ridotto la fornitura di acqua disponibile per i vigili del fuoco di Los Angeles e aumentato drasticamente la fornitura di legna da ardere e vegetazione combustibili che alimentano questi incendi. Questi ultimi, a loro volta, vengono amplificati dai venti stagionali di Santa Ana, che da sempre soffiano sulla costa della California.
La legna da ardere in questione deriva da una gestione forestale che impedisce la rimozione del combustibile in eccesso tramite incendi controllati, ovvero incendi appiccati intenzionalmente dai gestori forestali per ridurre l'accumulo di combustibili pericolosi. Come approfondiamo di seguito, la burocrazia e gli ostacoli burocratici hanno spesso ritardato o impedito questi incendi controllati, consentendo di accumularsi a sterpaglie, alberi morti e altri materiali infiammabili.
In questo caso i politici hanno anche ridotto la fornitura di acqua disponibile per i vigili del fuoco di Los Angeles al fine di proteggere le cosiddette specie in via di estinzione. In particolare, la California meridionale è tenuta in ostaggio da una forte riduzione della portata di pompaggio dell'acqua dal delta del fiume Sacramento-San Joaquin al fine di proteggere il latterino del Delta e il salmone Chinook.
Questi ultimi sono dei piccoli bastardi luccicanti, come si vede nella prima foto qui sotto, ma a quanto pare se vengono protetti, pescati e poi fritti, diventano una specie di prelibatezza.
Inutile dire che la California ha il diritto di cuocere a fuoco lento nella follia delle sue stesse politiche, se è questo che vogliono davvero i suoi elettori. Ma la sua miseria autoimposta non dovrebbe essere un'occasione per ulteriori ululati a favore delle politiche di Washington per combattere il cambiamento climatico.
Per quanto riguarda quest'ultimo, Trump ha la testa sulle spalle e non esita a esprimere la sua opinione sulla questione, il che va a beneficio di un ribilanciamento di quella che altrimenti è stata una narrazione della crisi climatica del tutto unilaterale e totalmente fuorviante. Quest'ultima è stata promulgata e spacciata dagli statalisti perché fornisce un'altra grande, spaventosa e urgente ragione per una campagna “più stato”: maggiore spesa, prestiti, regolamentazione e riduzione dell'imprenditoria e della libertà personale.
Quindi rivediamo ancora una volta la tesi fasulla del riscaldamento globale antropogenico. E per forza deve iniziare con prove geologiche e paleontologiche che affermano in modo schiacciante che l'attuale temperatura media globale di circa 15 °C e le concentrazioni di CO₂ di 420 ppm non sono nulla di cui preoccuparsi. E anche se entro la fine del secolo dovessero rispettivamente salire a circa 17-18 °C e 500-600 ppm, principalmente a causa di un ciclo di riscaldamento naturale in atto dalla fine della Piccola era glaciale nel 1850, ciò potrebbe nel complesso migliorare la sorte dell'umanità.
Dopotutto l'esplosione della civiltà negli ultimi 10.000 anni s'è verificata uniformemente durante la parte rossa del grafico qui sotto: le civiltà fluviali, l'era minoica, l'era greco-romana, la prosperità medievale e le rivoluzioni industriali/tecnologiche dell'era attuale. Allo stesso tempo, quando il clima diventava più freddo (zona azzurra), si sono verificati i vari salti nei secoli bui.
Ed è solo una questione di logica: quando è più caldo e umido, le stagioni di crescita sono più lunghe e i raccolti sono migliori, indipendentemente dalla tecnologia e dalle pratiche agricole del momento. Ed è anche meglio per la salute umana e della società: la maggior parte delle piaghe mortali della storia si sono verificate in climi più freddi, come la peste nera del 1344-1350.
Eppure la narrativa sulla crisi climatica stronca queste prove “scientifiche” per mezzo di due tesi ingannevoli e senza di esse l'intera storia del riscaldamento globale antropogenico non starebbe in piedi.
In primo luogo, viene ignorata l'intera storia del pianeta nel periodo pre-Olocene (ultimi 10.000 anni), nonostante la scienza dimostri che per oltre il 90% degli ultimi 600 milioni di anni le temperature globali (linea blu) e i livelli di CO₂ (linea nera) sono stati più alti di quelli attuali; viene ignorato anche che entrambi suddetti elementi sono stati molto più alti per il 50% del tempo, con temperature nell'intervallo dei 22 °C o il 50% più alte dei livelli attuali.
Ciò va ben oltre qualsiasi cosa prevista dai più squilibrati modelli climatici odierni. Ma, cosa fondamentale, i sistemi climatici planetari non sono entrati in un ciclo apocalittico di temperature in continuo aumento che si sono concluse con un crollo rovente. Al contrario, le epoche di riscaldamento sono sempre state controllate e invertite da potenti forze di contrasto.
Anche la storia che gli allarmisti corroborano è stata grottescamente falsificata. Come abbiamo dimostrato altrove, gli ultimi 1.000 anni in cui le temperature sono state presumibilmente piatte fino al 1850 e ora stanno salendo a livelli presumibilmente pericolosi è una bufala. È stata fabbricata dall'IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) per “cancellare” il fatto che le temperature nel mondo pre-industriale del periodo caldo medievale (1000-1200 d.C.) erano in realtà significativamente più alte di quelle attuali.
In secondo luogo, viene erroneamente affermato che il riscaldamento globale è una strada a senso unico in cui l'aumento delle concentrazioni di gas serra, e in particolare di CO₂, sta causando un continuo aumento del bilancio termico terrestre. La verità, tuttavia, è che concentrazioni di CO₂ più elevate sono una conseguenza e un sottoprodotto, non un elemento motore e una causa, dell'attuale aumento naturale delle temperature.
Durante il periodo Cretaceo, tra 145 e 66 milioni di anni fa, un esperimento naturale ha fornito la completa assoluzione alla molecola di CO₂ così tanto diffamata oggi. Durante quel periodo, le temperature globali salirono da 17 °C a 25 °C, un livello molto al di sopra di qualsiasi cosa i Fanatici del Clima di oggi abbiano mai previsto.
Purtroppo la CO₂ non era il colpevole. Secondo la scienza, le concentrazioni di CO₂ nell'ambiente erano crollate durante quell'arco di 80 milioni di anni, scendendo da 2.000 ppm a 900 ppm alla vigilia dell'estinzione dei dinosauri 66 milioni di anni fa.
Potreste pensare che questi fatti possano arginare i cacciatori di streghe della CO₂, ma ciò significherebbe ignorare la base su cui poggia tutta la storiella del cambiamento climatico. Cioè, non si tratta di scienza, salute e benessere umani o sopravvivenza del pianeta Terra; è una mera questione di politica e della ricerca incessante della classe politica e dei burocrati dell'ennesima scusa per esaltare il potere statale. Il conseguente ingrandimento del potere statale, a sua volta, è ampiamente supportato dalla classe politica di Washington, dai burocrati e dai criminali che ottengono potere e denaro dalla campagna contro i combustibili fossili.
Infatti la narrativa sui cambiamenti climatici è il tipo di mantra politico ritualizzato che viene invocato più e più volte dalla classe politica e dalla nomenklatura dello stato moderno – professori universitari, think tank, lobbisti, burocrati – al fine di raccogliere ed esercitare potere statale.
Per parafrasare il grande Randolph Bourne, inventare presunti fallimenti del capitalismo, come la propensione a bruciare troppi idrocarburi, è la salute dello stato. Infatti la fabbricazione di falsi problemi e minacce che presumibilmente possono essere risolti solo con un intervento dello stato è diventato il modus operandi di una classe politica che ha usurpato il controllo alla democrazia moderna.
Così facendo la classe dirigente è diventata sciatta, superficiale, negligente e, soprattutto, disonesta. Ad esempio, nel momento in cui sperimentiamo una normale ondata di caldo estivo del tipo che ha invaso Los Angeles, questi eventi meteorologici naturali vengono sequestrati nella narrativa del riscaldamento globale senza pensarci due volte e ripetuti a pappagallo dai giornalisti.
Eppure non c'è assolutamente alcuna base scientifica per tutto questo tam tam mediatico. Infatti la NOAA pubblica un indice di ondate di caldo basato su picchi di temperatura estesi che durano più di 4 giorni e che dovrebbero verificarsi una volta ogni dieci anni sulla base dei dati storici.
Come è evidente dal grafico qui sotto, gli unici veri picchi di caldo che abbiamo avuto negli ultimi 125 anni sono stati durante le ondate degli anni '30. La frequenza dei picchi di mini ondate di caldo dal 1960 non è maggiore di quella del periodo 1895-1935.
Allo stesso modo, tutto ciò che serve è un buon uragano Cat 3 e presto sentirete le urla di chi grida a gran voce “riscaldamento globale antropogenico”. Naturalmente tutto questo ignora completamente i dati della NOAA riassunti in quello che è noto come indice ACE (energia ciclonica accumulata).
Questo indice è stato sviluppato per la prima volta dal famoso esperto di uragani e professore della Colorado State University, William Gray. Utilizza un calcolo dei venti massimi di un ciclone tropicale ogni sei ore e quest'ultimo viene quindi moltiplicato per sé stesso in modo da ottenere il valore dell'indice accumulato per tutte le tempeste di tutte le regioni ogni anno. Questo grafico copre gli ultimi 170 anni, dove la linea rossa è la cifra annuale e la linea blu rappresenta la media mobile a sette anni.
Il sottoscritto ha un occhio di riguardo per l'esperienza di William Gray. Ai tempi del mio private equity abbiamo investito in una società, Property-Cat, che si occupava di un'attività super pericolosa: assicurazioni contro i danni estremi causati da uragani e terremoti molto violenti. Quindi impostare correttamente i premi non era un affare da poco e quegli assicuratori dipendevano dalle analisi, dalle banche dati a lungo termine e dalle previsioni dell'anno in corso del professor Gray.
Vale a dire, centinaia di miliardi di coperture assicurative erano allora e vengono tuttora redatte con l'ACE come input cruciale. Tuttavia se si esamina la media mobile a 7 anni (linea blu) nel grafico, è evidente che l'ACE era alto o superiore negli anni '50 e '60 come lo è oggi, e che lo stesso vale per la fine degli anni '30 e il periodo 1880-1900.
La linea blu non è piatta come una tavola perché ci sono cicli naturali a breve termine che guidano le fluttuazioni mostrate nel grafico. Ma non c'è “scienza” deducibile dal grafico che supporti il presunto collegamento tra l'attuale ciclo di riscaldamento naturale e il peggioramento degli uragani.
Quanto sopra è un indice aggregato di tutte le tempeste ed è quindi una misura completa. Ma per fugare qualsiasi altro dubbio, i prossimi tre grafici esaminano i dati degli uragani a livello di conteggio delle tempeste individuali. La parte rosa delle barre rappresenta il numero di grandi tempeste Cat 3-5, mentre la parte rossa riflette il numero di tempeste Cat 1-2 e quella blu il numero di tempeste tropicali che non hanno raggiunto l'intensità Cat 1.
Le barre accumulano il numero di tempeste a intervalli di 5 anni e riflettono l'attività registrata fin dal 1851. Il motivo per cui presentiamo tre grafici, rispettivamente per i Caraibi orientali, i Caraibi occidentali e le Bahamas/Turks & Caicos, è che le tendenze in queste tre sottoregioni sono nettamente divergenti. E questa è la pistola fumante!
Se il riscaldamento globale generasse più uragani, come sostiene costantemente la narrativa mainstream, l'aumento sarebbe uniforme in tutte queste sottoregioni, ma chiaramente non lo è. Dal 2000, ad esempio:
• I Caraibi orientali hanno avuto un modesto aumento sia delle tempeste tropicali che delle Cat di grado più elevato rispetto alla maggior parte degli ultimi 170 anni;
• I Caraibi occidentali non hanno fatto registrare alcuna anomalia e sono stati ben al di sotto dei conteggi registrati durante il periodo 1880-1920;
• Sin dal 2000 la regione Bahamas/Turks & Caicos è stata in realtà molto più debole rispetto al periodo 1930-1960 e 1880-1900.
La verità è che l'attività degli uragani atlantici è generata dalle condizioni della temperatura atmosferica e oceanica nell'Atlantico orientale e nel Nord Africa. Queste forze, a loro volta, sono fortemente influenzate dalla presenza di un El Niño o La Niña nell'Oceano Pacifico. Gli eventi di El Niño aumentano il gradiente del vento sull'Atlantico, producendo un ambiente meno favorevole per la formazione di uragani e diminuendo l'attività delle tempeste tropicali nel bacino atlantico. Al contrario, La Niña provoca un aumento dell'attività degli uragani a causa della diminuzione del gradiente del vento.
Questi eventi nell'Oceano Pacifico, ovviamente, non sono mai stati correlati al basso livello dell'attuale riscaldamento globale naturale.
Il numero e la forza degli uragani atlantici possono anche subire un ciclo di 50-70 anni noto come oscillazione multidecennale atlantica. Ancora una volta, questi cicli non sono correlati alle tendenze di un riscaldamento globale sin dal 1850.
Tuttavia gli scienziati hanno ricostruito l'attività dei principali uragani dell'Atlantico all'inizio del diciottesimo secolo (≈1700) e hanno trovato cinque periodi con una media di 3-5 grandi uragani all'anno e della durata di 40-60 anni ciascuno; e altri sei periodi con una media di 1,5–2,5 grandi uragani all'anno e della durata di 10–20 anni ciascuno. Questi periodi sono associati a un'oscillazione decennale correlata all'irraggiamento solare, responsabile dell'aumento/smorzamento del numero di grandi uragani di 1–2 all'anno e chiaramente non è un prodotto del riscaldamento globale antropogenico.
Inoltre, come in tutto il resto, anche le registrazioni a lunghissimo termine dell'attività temporalesca escludono il riscaldamento globale antropogenico, perché per la maggior parte degli ultimi 3.000 anni, ad esempio, l'essere umano non può esserne stato responsabile. Secondo un proxy da un lago costiero a Cape Cod, l'attività degli uragani è aumentata in modo significativo negli ultimi 500-1.000 anni, molto prima dell'industrializzazione e della combustione di combustibili fossili, rispetto ai periodi precedenti.
In breve, non c'è motivo di credere che queste condizioni ben note e le tendenze a lungo termine siano state influenzate dal modesto aumento delle temperature medie globali dalla fine della Piccola era glaciale nel 1850.
Guarda caso, la stessa storia è vera per quanto riguarda gli incendi, la terza categoria di disastri naturali su cui si sono concentrati i Fanatici del Cilma, ma in questo caso è stata una cattiva gestione forestale, non il riscaldamento globale provocato dall'uomo, che ha trasformato gran parte della California in una discarica di legna secca.
E non credetemi sulla parola. Il seguente estratto viene da Pro Publica finanziata da George Soros, che non è esattamente un covo di complottisti di destra. Sottolinea che gli ambientalisti hanno talmente incatenato le agenzie federali e statali per quanto riguarda la gestione forestale che i piccoli “incendi controllati” di oggi non sono che una frazione infinitesimale di ciò che Madre Natura stessa realizzava prima che la mano delle autorità politiche arrivasse sulla scena:
Gli accademici ritengono che c'erano tra i 4,4 milioni e gli 11,8 milioni di acri bruciati ogni anno nella California preistorica. Tra il 1982 e il 1998 i gestori del territorio dell'agenzia della California hanno bruciato, in media, circa 30.000 acri all'anno; tra il 1999 e il 2017 quel numero è sceso a 13.000 acri all'anno. Lo stato ha approvato nuove leggi nel 2018, progettate per facilitare incendio intenzionali, ma pochi sono ottimisti che questo, da solo, porterà a cambiamenti significativi.
Ci portiamo dietro un arretrato mortale. Nel febbraio 2020 Nature Sustainability ha pubblicato questa terrificante conclusione: la California avrebbe bisogno di bruciare 20 milioni di acri – un'area delle dimensioni del Maine – per ristabilirsi in termini di incendi.
In breve, se non pulite e bruciate il legno morto, si accumula propellente naturale che poi richiede solo un fulmine, una scintilla da una linea elettrica non riparata, o la semplice negligenza umana, per scatenare un inferno di fiamme. Come ha riassunto un ambientalista con un'esperienza quarantennale nel settore: “[...] C'è solo una soluzione, quella che conosciamo ma che ancora evitiamo. Dobbiamo fare un bel falò e ridurre parte di quel carico di carburante naturale”.
L'incapacità di effettuare incendi controllati è esattamente ciò che sta dietro all'incendio di Los Angeles di oggi. Infatti un'impronta umana notevolmente più grande nelle aree arbustive soggette a incendi e nelle aree chaparral (alberi nani) lungo le coste, aumenta il rischio che i residenti possano appiccare incendi. La popolazione della California è quasi raddoppiata dal 1970 al 2020, da circa 20 milioni di persone a 39,5 milioni di persone, e quasi tutti nelle zone costiere.
In queste condizioni, i forti venti naturali della California, che si alzano periodicamente, sono i principali colpevoli che alimentano e diffondono le fiamme nelle terre arbustive. I venti di Diablo a nord e quelli di Santa Ana a sud possono raggiungere la forza di un uragano, come è stato anche il caso questa settimana. Quando il vento si sposta a ovest sulle montagne della California e scende verso la costa, si comprime, si riscalda e s'intensifica.
I venti alimentano le fiamme e trasportano braci, diffondendo rapidamente i fuochi prima che possano essere contenuti. E, per giunta, i venti di Santa Ana fungono anche da asciugacapelli di Madre Natura: mentre scendono dalle montagne verso il mare, i venti caldi seccano rapidamente e con forza la vegetazione superficiale e il legno morto, aprendo la strada alle braci che soffiano per alimentare la diffusione degli incendi lungo i pendii.
Tra le altre prove che l'industrializzazione e i combustibili fossili non sono i colpevoli c'è il fatto che i ricercatori hanno dimostrato che quando la California fu occupata dalle comunità indigene, gli incendi avrebbero bruciato circa 4,5 milioni di acri all'anno. È quasi 6 volte il periodo 2010-2019, quando gli incendi hanno bruciato una media di soli 775.000 acri all'anno in California.
Al di là dello scontro indesiderato di tutte queste forze naturali del clima con le politiche governative scellerate sull'ambiente, c'è in realtà una pistola ancora più fumante, per così dire.
I Fanatici del Clima non hanno ancora abbracciato l'assurdità che le temperature presumibilmente in aumento del pianeta abbiano preso di mira specificamente la California per punirla. Tuttavia, quando esaminiamo i dati da inizio anno fino ad agosto riguardo gli incendi, scopriamo che a differenza della California e dell'Oregon, gli Stati Uniti nel loro insieme stanno ora vivendo gli anni di incendio più deboli sin dal 2010.
Proprio così. Al 24 agosto di ogni anno, la proporzione decennale media degli incendi era di 5,114 milioni di acri negli Stati Uniti, ma nel 2020 era inferiore del 28% a 3,714 milioni di acri.
Dati nazionali sugli incendi dall'inizio di ogni annoInfatti ciò che mostra la tabella qui sopra è che su base nazionale non c'è stato alcun peggioramento durante l'ultimo decennio, solo enormi oscillazioni di anno in anno alimentate non da qualche grande vettore di calore planetario ma dal cambiamento delle condizioni meteorologiche ed ecologiche locali.
Non si può semplicemente passare da 2,7 milioni di acri bruciati nel 2010 a 7,2 milioni di acri bruciati nel 2012 e poi tornare a 3,9 milioni di acri bruciati nel 2019 e 3,7 milioni di acri nel 2020 e sostenere, insieme ai Fanatici del Clima, che il pianeta è arrabbiato.
Al contrario, l'unica vera tendenza evidente è che su base decennale negli ultimi tempi la superficie media degli incendi in California è aumentata lentamente, a causa del triste fallimento sopra descritto delle politiche governative di gestione forestale.
Ma anche la tendenza media della superficie incendiata in lieve aumento sin dal 1950 è un errore di arrotondamento rispetto alle medie annuali della preistoria: quasi 6 volte maggiori rispetto al decennio più recente.
Inoltre la tendenza in lieve aumento sin dal 1950, come mostrato di seguito, non deve essere confusa con l'affermazione fasulla dei Fanatici del Clima secondo cui gli incendi della California “sono diventati più apocalittici ogni anno”, come riportato dal New York Times.
Infatti significa mettere a confronto gli incendi sopra la media del 2020 con il 2019, anno che ha visto una quantità insolitamente piccola di superficie bruciata: appena 280.000 acri rispetto ai 1,3 milioni e 1,6 milioni nel 2017 e nel 2018, rispettivamente, e 775.000 in media nell'ultimo decennio.
Né questa mancanza di correlazione con il riscaldamento globale è solo un fenomeno della California e degli Stati Uniti. Come mostrato nel grafico qui sotto, l'entità globale della siccità, misurata da cinque livelli di gravità di cui il marrone è il più estremo, non ha mostrato alcuna tendenza al peggioramento negli ultimi 40 anni.
Questo ci porta al cuore del problema. Non c'è alcuna crisi climatica, ma la bufala del riscaldamento globale ha contaminato così tanto la narrativa mainstream e l'apparato politico a Washington, e nelle capitali di tutto il mondo, che la società contemporanea si sta preparando a commettere un seppuku economico... beh, finché non è arrivato Trump giurando di cacciare l'America dal campo di gioco di questa assurdità green.
In contraddizione con la tesi fasulla secondo cui l'aumento dell'uso dei combustibili fossili dopo il 1850 ha causato lo scollamento del sistema climatico planetario, c'è stata invece una massiccia accelerazione della crescita economica globale e del benessere umano. E un elemento essenziale dietro questo salutare sviluppo è stato il massiccio aumento dell'uso dei combustibili fossili a basso costo per alimentare la vita economica.
Il grafico qui sotto non potrebbe essere più chiarificatore. Durante l'era preindustriale tra il 1500 e il 1870, il PIL reale mondiale aumentava ad appena lo 0,41% annuo. Al contrario, negli ultimi 150 anni dell'era dei combustibili fossili la crescita del PIL globale è accelerata al 2,82% annuo, o quasi 7 volte più velocemente.
Questa maggiore crescita, ovviamente, è in parte il risultato di una popolazione mondiale più grande e molto più sana resa possibile dall'aumento del tenore di vita. Non sono stati solo i muscoli umani a far diventare parabolico il livello del PIL, ma soprattutto la fantastica mobilitazione del capitale intellettuale e della tecnologia.
E uno dei vettori più importanti di quest'ultima è stata l'ingegnosità dell'industria dei combustibili fossili nello sbloccare l'enorme tesoro immagazzinato che Madre Natura aveva condensato durante i lunghi eoni più caldi e umidi dei precedenti 600 milioni di anni.
Inutile dire che la curva del consumo energetico mondiale corrisponde strettamente all'aumento del PIL mondiale mostrato sopra. Nel 1860 il consumo mondiale di energia ammontava a 30 exajoule all'anno e praticamente il 100% era rappresentato dallo strato blu etichettato come “biocarburanti”, che è solo un sostantivo educato per il legno e la decimazione delle foreste che esso comportava.
Da allora il consumo energetico annuo è aumentato di 18 volte a 550 exajoule (≈100 miliardi di barili di petrolio equivalenti), ma il 90% di tale aumento è stato dovuto a gas naturale, carbone e petrolio. Il mondo moderno e la prospera economia mondiale non esisterebbero senza il massiccio aumento dell'uso di questi combustibili efficienti, il che significa che il reddito pro capite e il tenore di vita sarebbero altrimenti solo una piccola frazione dei livelli attuali.
Sì, quell'aumento della prosperità che genera il consumo di combustibili fossili ha dato origine a un aumento proporzionato delle emissioni di CO₂. Ma contrariamente alla narrativa sui cambiamenti climatici, la CO₂ non è affatto un inquinante!
Come abbiamo visto, l'aumento correlato delle concentrazioni di CO₂, da circa 290 ppm a 415 ppm sin dal 1850, equivale a un errore di arrotondamento sia nel lungo trend storico che in termini di carichi atmosferici da fonti naturali.
Per quanto riguarda il primo, le concentrazioni inferiori a 1000 ppm sono solo sviluppi recenti dell'ultima era glaciale, mentre durante le precedenti ere geologiche le concentrazioni raggiungevano fino a 2400 ppm.
Allo stesso modo, gli oceani contengono circa 37.400 miliardi di tonnellate di anidride carbonica sospesa, la biomassa terrestre ne ha 2.000-3.000 miliardi di tonnellate e l'atmosfera contiene 720 miliardi di tonnellate di CO₂, o 20 volte più delle attuali emissioni fossili mostrate di seguito. Naturalmente il lato opposto dell'equazione è che gli oceani, la terra e l'atmosfera si scambiano continuamente CO₂, quindi i carichi incrementali dalle fonti umane sono molto piccoli.
Ancora più importante, anche un piccolo cambiamento nell'equilibrio tra oceani e aria causerebbe un aumento/riduzione delle concentrazioni di CO₂ molto più grave di qualsiasi altra cosa attribuibile all'attività umana. Ma dal momento che i Fanatici del Clima postulano falsamente che il livello preindustriale di 290 parti per milione esistesse sin dal Big Bang e che il modesto aumento sin dal 1850 sia un biglietto di sola andata per far bollire vivo il pianeta, sono ossessionati dall'equilibrio nel ciclo dell'anidride carbonica senza alcun motivo valido a supporto.
In realtà il bilanciamento dinamico dell'anidride carbonica da parte del pianeta, in qualsiasi periodo di tempo ragionevole, equivale a un gigantesco dito medio nei confronti dei Fanatici del Cilma.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Perché il progetto “America First” di Trump non richiede un budget per la sicurezza nazionale da $1.000 miliardi
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/perche-il-progetto-america-first)
Se la politica estera incentrata sul cosiddetto “America First” di Donald Trump ha un significato, allora l'attuale bilancio per la sicurezza nazionale da $1.000 miliardi è il doppio di quanto effettivamente richieda uno scudo di difesa nazionale. Infatti non è esagerato dire che, nella ricerca incessante del proprio egoistico ingrandimento, il complesso militare/industriale ha gonfiato enormemente lo Stato militare americano quando ciò di cui c'è realmente bisogno nel mondo è qualcosa di più “piccolo”.
La base di questa sorprendente disconnessione risale alla storia della guerra fredda e alle sue conseguenze. La linea di politica sulla sicurezza collettiva del dopoguerra, le estese alleanze attraverso la NATO e i suoi cloni regionali, le capacità di proiezione di potenza militare a livello globale e una rete di 750 basi straniere sono state un errore storico epico. Hanno promosso l'opposto del cosiddetto “America First” e hanno definitivamente infranto la fiducia nella saggia ammonizione di Thomas Jefferson, il quale esortava a “[...] pace, commercio e onesta amicizia con tutte le nazioni, senza stringere alleanze con nessuna”.
Alla fine Washington è diventata la capitale mondiale della guerra e la sede di un regime politico improntato invece all'“Empire First”, abbracciato sia dai funzionari eletti che dalla numerosa nomenklatura del Deep State. Infatti il regime politico “Empire First” è diventato così profondamente radicato che persino 33 anni dopo che l'Unione Sovietica è scomparsa nel cestino della storia, si rifiuta di andare tranquillamente in pensione.
La ragione, ovviamente, è che l'elefantico stato militare americano non è mai stato fondato su una minaccia esterna oggettiva. Anche durante l'epoca sovietica, la circonferenza esagerata della macchina militare americana si basava su minacce provenienti da una burocrazia militare che cercava di assicurarsi i propri finanziamenti futuri e di espandere incessantemente le proprie missioni e competenze.
Che lo stato militare da mille miliardi di dollari di Washington sia radicato nell'autoperpetuazione interna piuttosto che in minacce esterne è evidente dal cane post-guerra fredda che non abbaiava. Vale a dire, gli archivi sovietici sono ora aperti, ma non c'è assolutamente nulla che convalidi l'assioma della guerra fredda secondo cui l'Unione Sovietica, insieme alla minaccia affiliata della Cina maoista, fosse determinata a dominare il mondo, a partire dall'Europa occidentale, dal Giappone e poi alle terre minori tutt'intorno.
Infatti gli archivi sovietici chiariscono che Mosca non ha mai avuto un piano, o anche solo una vaga aspirazione, a fortificare e scatenare offensivamente l'Armata Rossa verso Bonn, Parigi e Londra. La cosa più vicina a un piano per la mobilitazione militare verso ovest era il progetto “Sette giorni sul Reno”, ma quello era un piano di azione difensiva esplicitamente formulato per rispondere a un teorico primo attacco della NATO.
Secondo quel piano se la NATO avesse lanciato un attacco nucleare sulla Polonia, il Patto di Varsavia avrebbe risposto con un massiccio contrattacco mirato a sopraffare rapidamente le forze NATO nell'Europa occidentale. L'obiettivo era raggiungere il fiume Reno entro sette giorni, dividendo di fatto l'Europa e impedendo ai rinforzi NATO di raggiungere le linee del fronte nell'Europa orientale e potenzialmente imbarcarsi in una quarta invasione post-1800 della Madre Russia.
Infatti ciò che gli archivi sovietici mostrano in realtà non sono le deliberazioni di un minaccioso colosso, ma la cronaca di una lotta cronica per tenere insieme, con filo spinato e gomma da masticare, uno stato comunista ingombrante che non funzionava e non poteva durare.
Tuttavia fu la falsa paura di una marea rossa che scendeva sull'Europa, e in ultima analisi anche sull'emisfero occidentale, che consentì all'“Empire First” di superare la naturale e corretta tendenza dei politici di Washington a ritirarsi dietro i fossati oceanici sicuri dell'America dopo la seconda guerra mondiale. Infatti per un breve intermezzo si verificò una radicale smobilitazione militare, quando il picco di $83 miliardi del budget della difesa nel 1945 crollò a soli $9 miliardi nel 1948.
Ma quel tentativo sensato per la seconda volta nel XX secolo di smobilitazione postbellica e ritorno alla normalità in tempo di pace fu annullato nel 1949, quando l'Unione Sovietica ottenne la bomba atomica e Mao vinse la guerra civile in Cina. Da allora in poi la diffusione di basi, truppe, alleanze, interventi e guerre eterne procedette inesorabilmente sulla base del fatto che gli stati comunisti con sede a Mosca e Pechino rappresentavano una minaccia esistenziale per la sopravvivenza dell'America.
Non lo erano, nemmeno lontanamente. Come sostenne all'epoca il grande senatore Robert Taft, la modesta minaccia alla sicurezza nazionale rappresentata dal corpo devastato dalla guerra dell'Unione Sovietica e dal disastro collettivista imposto alla Cina da Mao avrebbe potuto essere facilmente gestita con:
• Una schiacciante capacità di ritorsione nucleare strategica che avrebbe scoraggiato qualsiasi possibilità di attacco o ricatto nucleare;
• Una difesa convenzionale delle coste continentali e dello spazio aereo che sarebbe stata estremamente facile da realizzare, dato che l'Unione Sovietica non aveva una Marina degna di nota e la Cina era sprofondata nell'anarchia industriale e agricola a causa dei catastrofici esperimenti di collettivizzazione di Mao.
Questo quadro taftiano non è mai cambiato fino alla fine della Guerra Fredda nel 1991, anche se la tecnologia della guerra nucleare e convenzionale si è evoluta rapidamente. Con una modesta spesa militare Washington avrebbe potuto mantenere il suo deterrente nucleare pienamente efficace e mantenere una formidabile difesa della patria, senza nessuno degli apparati dell'Impero e senza stivali americani su suolo straniero. E dopo il 1991, il requisito sarebbe stato ancora meno esigente.
Infatti la necessità di una vera politica “America First”, ovvero il ritorno allo status quo pre-1948 e a una corretta postura militare da “Fortress America”, si è notevolmente rafforzata negli ultimi tre decenni. Questo perché nel mondo odierno l'unica minaccia militare teorica alla sicurezza nazionale americana è la possibilità di un ricatto nucleare. Vale a dire, la minaccia di un avversario con una capacità di First Strike così schiacciante, letale ed efficace da poter gridare “scacco matto” e chiedere la resa di Washington.
Fortunatamente non c'è nazione sulla Terra che abbia qualcosa di simile e quindi evitare un annientamento per rappresaglia del proprio Paese se tentasse di colpire per primo. Dopo tutto, gli Stati Uniti hanno 3.700 testate nucleari attive, di cui circa 1.800 sono operative in qualsiasi momento. A loro volta queste sono sparse sotto i sette mari, in silos rinforzati e protette tra una flotta di bombardieri costituita da 66 B-2 e B-52, tutti fuori dal rilevamento o dalla portata di qualsiasi altra potenza nucleare.
Ad esempio, i sottomarini nucleari di classe Ohio hanno ciascuno 20 tubi missilistici, con ogni missile che trasporta una media di quattro o cinque testate: si tratta di 90 testate indipendenti per imbarcazione. In qualsiasi momento 12 dei 14 sottomarini nucleari di classe Ohio possono essere schierati e sparsi negli oceani del pianeta entro un raggio di tiro di 4.000 miglia.
Quindi, al momento di un eventuale attacco, si tratta di 1.080 testate nucleari in acque profonde che navigano lungo i fondali oceanici e che dovrebbero essere identificate, localizzate e neutralizzate prima ancora che un potenziale aggressore nucleare, o ricattatore, possa iniziare il suo spettacolo. Infatti la sola forza nucleare basata in mare è un potente garante della sicurezza nazionale americana. Nemmeno i tanto decantati missili ipersonici della Russia sono riusciti a trovare, o a eliminare di sorpresa, il deterrente statunitense in mare.
E poi ci sono le circa 300 testate nucleari a bordo dei 66 bombardieri strategici, che non sono nemmeno seduti su un singolo aeroporto (in stile Pearl Harbor) in attesa di essere annientati, ma girano costantemente in aria e sono in movimento. Allo stesso modo i 400 missili Minutemen III sono distribuiti in silos estremamente rinforzati nel sottosuolo, in una vasta fascia del Midwest superiore. Ogni missile trasporta attualmente una testata nucleare in conformità con il Trattato Start, ma potrebbe essere MIRV in risposta a una grave minaccia, aggravando e complicando ulteriormente il calcolo del First Strike di un avversario.
Inutile dire che non c'è modo, forma o aspetto in cui il deterrente nucleare americano possa essere neutralizzato da un ricattatore. E questo ci porta al cuore della nostra tesi: secondo le più recenti stime del CBO, la triade nucleare americana costerà solo circa $75 miliardi all'anno per il suo mantenimento nel prossimo decennio, comprese le quote per gli aggiornamenti periodici delle armi.
Proprio così. La componente fondamentale della sicurezza militare americana richiede solo il 7% dell'enorme budget militare odierno, come dettagliato nella tabella qui sotto. Nel 2023 la triade nucleare americana stessa è costata solo $28 miliardi, più altri $24 miliardi per le scorte correlate e l'infrastruttura di comando, controllo e allerta.
Inoltre si stima che la componente chiave di questo deterrente nucleare, la forza missilistica balistica basata sul mare, costerà solo $188 miliardi nell'intero prossimo decennio. Ciò rappresenta solo l'1,9% della base calcolata dal CBO ($10.000 miliardi) per suddetto periodo.
Dopo aver accantonato i $75 miliardi per la triade nucleare strategica, quanto dei restanti $900 miliardi sarebbero effettivamente necessari per una difesa convenzionale delle coste continentali e dello spazio aereo?
Nell'attuale ordine mondiale non ci sono potenze industriali tecnologicamente avanzate che abbiano la capacità o l'intenzione di attaccare la patria americana con forze convenzionali. Per farlo avrebbero bisogno di un'enorme armata militare che includa una Marina e un'Aeronautica molte volte più grandi delle attuali forze armate statunitensi, enormi risorse di trasporto aereo e marittimo, e gigantesche linee di rifornimento e capacità logistiche che nessun'altra nazione sul pianeta s'è mai lontanamente sognata.
Avrebbe anche bisogno di un PIL iniziale di $50.000 miliardi per sostenere quella che sarebbe la più colossale mobilitazione di armamenti e materiali nella storia dell'umanità. E questo per non parlare della necessità di essere governati da leader talmente desiderosi di suicidarsi da essere disposti a rischiare la distruzione nucleare dei loro stessi Paesi, alleati e commercio economico per realizzare... cosa?
L'idea stessa che ci sia una minaccia esistenziale post-guerra fredda per la sicurezza americana è semplicemente folle. Per prima cosa, nessuno ha il PIL o il peso militare necessari. Il PIL della Russia è di appena $2.000 miliardi, non i $50.000 miliardi che sarebbero necessari per mettere le forze di invasione sulle coste del New Jersey. E il suo bilancio della difesa è di $75 miliardi, che ammontano a circa quattro settimane del mostro da $900 miliardi di Washington.
Quanto alla Cina, non ha il peso del PIL per pensare di sbarcare sulle coste della California, nonostante l'infinita sottomissione di Wall Street al boom cinese. Il fatto è che la Cina ha accumulato più di $50.000 miliardi di debito in appena due decenni!
Pertanto non è cresciuta organicamente secondo il modello capitalista storico; ha stampato, preso in prestito, speso e costruito come se non ci fosse un domani. Il simulacro di prosperità risultante non durerebbe un anno se il suo mercato dell'export da $3.600 miliardi, la fonte che mantiene in piedi il suo schema Ponzi, dovesse crollare ed è esattamente ciò che accadrebbe se cercasse di invadere l'America.
Di sicuro i leader totalitari della Cina sono immensamente malvagi nei confronti della loro popolazione oppressa, ma non sono stupidi. Restano al potere mantenendo la gente relativamente grassa e felice e non rischierebbero mai di far crollare quello che equivale a un castello di carte economico.
Infatti quando si tratta della minaccia di un'invasione militare convenzionale, i vasti fossati dell'Atlantico e del Pacifico sono le barriere definitive all'assalto militare straniero nel XXI secolo, molto più di quanto abbiano già dimostrato di essere nel XIX secolo. Questo perché l'attuale tecnologia di sorveglianza avanzata e i missili antinave farebbero fare compagnia allo scrigno di Davy Jones a una qualsiasi armata navale nemica non appena uscisse dalle proprie acque territoriali.
Il fatto è che, in un'epoca in cui il cielo è pieno di risorse di sorveglianza ad alta tecnologia, una massiccia armata di forze convenzionali non potrebbe essere segretamente costruita, testata e radunata per un attacco a sorpresa senza essere subito notata da Washington. Non può esserci una ripetizione della forza d'attacco giapponese (Akagi, Kaga, Soryu, Hiryu, Shokaku e Zuikaku) che attraversa il Pacifico verso Pearl Harbor senza essere avvistata con largo anticipo.
Infatti i presunti “nemici” americani in realtà non hanno alcuna capacità offensiva o di invasione. La Russia ha solo una portaerei, una reliquia degli anni '80 e che è in bacino di carenaggio per riparazioni dal 2017; non è equipaggiata né con una falange di navi di scorta, né con una serie di aerei da attacco e da combattimento, e al momento nemmeno con un equipaggio attivo.
Allo stesso modo la Cina ha solo tre portaerei, due delle quali sono vecchie navi arrugginite e ricondizionate, acquistate tra i resti della vecchia Unione Sovietica, e non hanno nemmeno catapulte moderne per lanciare i loro aerei d'attacco.
In breve, né la Cina né la Russia spingeranno i loro minuscoli gruppi di battaglia di 3 e 1 portaerei verso le coste della California o del New Jersey. Una forza d'invasione che avesse una minima possibilità di sopravvivere a una difesa statunitense fatta di missili da crociera, droni, caccia a reazione, sottomarini d'attacco e guerra elettronica dovrebbe essere 100 volte più grande.
Ancora una volta, non esiste alcun PIL al mondo ($2.000 miliardi per la Russia o $18.000 miliardi per la Cina) che si avvicini anche lontanamente ai $50.000 miliardi, o persino ai $100.000 miliardi, necessari per sostenere una forza d'invasione senza far crollare l'economia nazionale.
Eppure Washington mantiene ancora una capacità di guerra convenzionale che abbraccia tutto il mondo, di cui non ha mai avuto realmente bisogno nemmeno durante la guerra fredda. Ma ora, a un terzo di secolo dal crollo dell'impero sovietico e dalla scelta della Cina di seguire la strada di una profonda integrazione economica globale, si riduce a una forza muscolare del tutto non necessaria.
Ci riferiamo, ovviamente, ai 173.000 soldati americani in 159 Paesi e alla rete di 750 basi in 80 Paesi. Washington equipaggia, addestra e schiera una forza armata di 2,86 milioni non per scopi di difesa della patria, ma per missioni di offesa, invasione e occupazione all'estero in tutto il pianeta.
Come illustrato nel grafico qui sotto, questa obsoleta postura militare dell'“Empire First” include, tra le altre cose:
• 119 basi e circa 34.000 soldati in Germania;
• 44 basi e 12.250 soldati in Italia;
• 25 basi e 9.275 soldati nel Regno Unito;
• 120 basi e 53.700 soldati in Giappone;
• 73 basi e 26.400 soldati in Corea del Sud.
Tutta questa inutile forza militare si erge come costoso monumento alla vecchia teoria della sicurezza collettiva, la quale portò alla fondazione della NATO nel 1949 e dei suoi cloni regionali successivi. E sì, c'erano considerevoli partiti comunisti locali in Italia e Francia alla fine degli anni '40, e il partito laburista in Inghilterra aveva una sfumatura rossastra. Ma, ancora una volta, gli archivi ora aperti della vecchia Unione Sovietica dimostrano in modo conclusivo che Stalin non aveva né i mezzi né l'intenzione di invadere l'Europa occidentale.
La capacità militare che l'Unione Sovietica resuscitò dopo il massacro con gli eserciti di Hitler era di natura fortemente difensiva, quindi la minaccia comunista in Europa avrebbe potuto essere sgominata da queste nazioni alle urne, non sul campo di battaglia. Non avevano bisogno della NATO per fermare un'imminente invasione sovietica.
Naturalmente ciò che la NATO ha realizzato è stato ridurre drasticamente il peso della spesa per la difesa nell'Europa occidentale, anche se la maggior parte di queste nazioni ha optato per uno stato sociale espansivo e costoso. Vale a dire, lo stato militare di cui l'America non aveva bisogno dal 1950 al 1990 ha alla fine reso possibili gli stati sociali che l'Europa non poteva permettersi, né allora né adesso.
Inutile dire che, una volta fondato l'Impero di basi, alleanze, sicurezza collettiva e incessante ingerenza della CIA negli affari interni dei Paesi stranieri, con sede a Washington, esso vi è rimasto attaccato come la colla, anche se i fatti della vita internazionale hanno dimostrato più e più volte che l'Impero non era necessario.
Vale a dire che le presunte “lezioni” del periodo tra le due guerre mondiali sono state manipolate. L'ascesa aberrante di Hitler e Stalin non è avvenuta perché la brava gente di Inghilterra, Francia e America ha dormito durante gli anni '20 e '30.
Invece sono sorti dalle ceneri dell'intervento di Woodrow Wilson in una disputa del vecchio mondo che non era affare dell'America. Infatti l'arrivo di due milioni di americani e massicci flussi di armamenti e prestiti da Washington hanno permesso una pace vendicativa dei vincitori a Versailles piuttosto che la fine di una guerra mondiale inutile che avrebbe lasciato tutte le parti esauste, in bancarotta e demoralizzate, e i rispettivi partiti di guerra interna soggetti a un massiccio ripudio alle urne.
L'intervento di Wilson sui campi di battaglia in stallo del fronte occidentale diede vita a Lenin e Stalin, e le sue macchinazioni con i vincitori a Versailles favorirono l'ascesa di Hitler.
Fortunatamente i primi portarono alla fine del secondo a Stalingrado. Ma quella avrebbe dovuto essere la fine della questione nel 1945 e, infatti, il mondo c'era quasi arrivato. Dopo le parate della vittoria, la smobilitazione e la normalizzazione della vita civile procedettero a passo spedito in tutto il mondo.
Ahimè, l'incipiente Partito della Guerra di Washington, composto da appaltatori militari, agenti e burocrati giramondo, cresciuto nel calore della seconda guerra mondiale, non era intenzionato a dare la buonanotte e andarsene. Invece la guerra fredda fu partorita sulle rive del Potomac quando il presidente Truman cadde sotto l'incantesimo dei falchi di guerra come il segretario James Byrnes, Dean Acheson, James Forrestal e i fratelli Dulles, tutti restii a tornare alle loro vite banali di banchieri civili, politici o diplomatici in tempo di pace.
Quindi nel periodo postbellico il comunismo mondiale non era realmente in marcia e le nazioni del mondo non erano implicate nella caduta di tessere del domino o nella gestazione di nuovi Hitler e Stalin. Ma i nuovi sostenitori dell'Impero insistevano che erano esattamente la stessa cosa e che la sicurezza nazionale richiedeva un impero esteso che è ancora con noi oggi.
Quindi non c'è mistero perché si tratti di Guerre Infinite, o perché in un momento in cui lo Zio Sam sta perdendo inchiostro rosso come mai prima, una larga maggioranza bipartisan ritiene opportuno autorizzare $1.100 miliardi all'anno per una forza militare enormemente eccessiva e sprechi in aiuti esteri che non fanno assolutamente nulla per la sicurezza interna dell'America.
Infatti Washington si è trasformata in un fenomeno della storia mondiale, una capitale di guerra planetaria dominata da un complesso panoptico di mercanti d'armi, paladini dell'intervento estero e nomenklatura bellica. Mai prima d'ora si era radunata e concentrata sotto un'unica autorità statale una forza egemonica che possedeva così tante risorse fiscali e mezzi militari.
Non sorprende che la Capitale della Guerra sul Potomac sia orwelliana fino al midollo. La guerra è sempre e ovunque descritta come la promozione della pace. Il suo stivale egemonico globale è abbellito nella forma apparentemente benefica di alleanze e trattati, progettati apparentemente per promuovere un “ordine basato su regole” e sicurezza collettiva a beneficio dell'umanità.
Come abbiamo visto, però, il fondamento intellettuale di questa impresa è falso. Il pianeta non è pieno di potenziali aggressori e costruttori di imperi onnipotenti che devono essere fermati di colpo ai loro confini per timore che divorino la libertà di tutti i loro vicini.
Né il DNA delle nazioni è perennemente infettato da macellai e tiranni incipienti come Hitler e Stalin. Sono stati incidenti irripetibili della storia e completamente distinguibili dalla serie standard di piccole cose quotidiane che in realtà nascono periodicamente. Ma queste ultime disturbano principalmente l'equilibrio dei loro immediati vicini, non la pace del pianeta.
Quindi la sicurezza nazionale americana non dipende da una vasta gamma di alleanze, trattati, basi militari e operazioni di influenza straniera. Nel mondo odierno non ci sono Hitler, reali o latenti, da fermare. L'intero quadro della Pax Americana e la promozione/applicazione di un ordine internazionale “basato su regole” con sede a Washington sono un errore epico.
A questo proposito, i padri fondatori ci hanno visto giusto più di 200 anni fa, durante l'infanzia della Repubblica. Come sosteneva John Quincy Adams: “[L'America] si è astenuta dall'interferire nelle questioni degli altri, anche quando il conflitto è stato per principi a cui si aggrappa [...]. È la benefattrice della libertà e dell'indipendenza di tutti. È la paladina e la vendicatrice solo della sua stessa libertà”.
Inutile dire che il commercio pacifico è invariabilmente molto più vantaggioso per le nazioni grandi e piccole rispetto all'ingerenza, all'interventismo e all'impegno militare. Nel mondo odierno sarebbe il gioco predefinito sulla scacchiera internazionale, fatta eccezione per il Grande Egemone sulle rive del Potomac. Vale a dire, il principale disturbo della pace oggi è invariabilmente promosso dal pacificatore autoproclamato, che, ironicamente, è la nazione meno minacciata dell'intero pianeta.
Il punto di partenza per una postura militare “America First”, quindi, è il drastico ridimensionamento dell'esercito statunitense, composto da quasi un milione di uomini. Quest'ultimo non avrebbe alcuna utilità all'estero perché non ci sarebbe motivo per guerre di invasione e occupazione straniere, mentre le probabilità che battaglioni e divisioni straniere raggiungano l'America sono praticamente inesistenti. Con una guarnigione costiera adeguata di missili, sottomarini d'attacco e caccia a reazione, qualsiasi esercito invasore diventerebbe un'esca per squali molto prima di vedere le coste della California o del New Jersey.
Eppure i 462.000 soldati in servizio attivo dell'esercito a $112.000 ciascuno hanno un costo di bilancio annuale di $55 miliardi, mentre le 506.000 forze di riserva dell'esercito a $32.000 ciascuna costano più di $16 miliardi. E in cima a questa struttura di forza, ovviamente, ci sono i $77 miliardi per operazioni e manutenzione, $27 miliardi per approvvigionamento, $22 miliardi per RDT&E e $4 miliardi per tutto il resto (in base alla richiesta di bilancio per l'anno fiscale 2025).
In totale, l'attuale bilancio dell'esercito ammonta a quasi $200 miliardi e praticamente tutta questa enorme spesa, quasi 3 volte il bilancio totale della difesa della Russia, è impiegata al servizio dell'Impero, non della difesa della patria. Potrebbe essere facilmente tagliata del 70% o di $140 miliardi, il che significa che la componente dell'esercito degli Stati Uniti assorbirebbe solo $60 miliardi all'anno in base a un quadro di bilancio esclusivamente improntato alla difesa.
Allo stesso modo la Marina e il Corpo dei Marine degli Stati Uniti spendono $55 miliardi all'anno per 515.000 militari in servizio attivo e altri $3,7 miliardi per 88.000 riservisti. Tuttavia, se si considerano i requisiti fondamentali di una postura di difesa, anche queste forze e spese sono decisamente esagerate.
Per missioni principali si faceva riferimento alla componente della Marina della triade nucleare strategica e alla grande forza di sottomarini d'attacco e missili da crociera della Marina. Ecco, di seguito, gli attuali requisiti di manodopera per queste forze chiave:
• 14 sottomarini nucleari strategici classe Ohio: ogni imbarcazione è composta da due equipaggi da 155 ufficiali e soldati semplici, per un fabbisogno di forza diretta di 4.400 unità e un totale complessivo di 10.000 militari, includendo (o meno) ammiragli, personale di bordo e personale vigile.
• 50 sottomarini con missili da crociera: ci sono due equipaggi di 132 ufficiali e soldati semplici per ogni imbarcazione, per un fabbisogno diretto di 13.000 persone e un totale complessivo di 20.000 persone, inclusi ammiragli e personale di bordo.
In breve, le missioni principali della Marina in base a un quadro prettametne difensivo coinvolgerebbero circa 30.000 ufficiali e soldati semplici, ovvero meno del 6% dell'attuale forza in servizio attivo della Marina/Corpo dei Marine. D'altro canto i gruppi di battaglia delle portaerei totalmente inutili, che operano esclusivamente al servizio dell'Impero, hanno equipaggi di 8.000 uomini ciascuno, se si contano le navi di scorta e le suite di aerei.
Quindi gli 11 gruppi di battaglia delle portaerei e la loro infrastruttura richiedono 88.000 militari diretti e 140.000 in totale se si includono il solito supporto e le spese generali. Allo stesso modo, la forza in servizio attivo del Corpo dei Marine è di 175.000 unità, e questo è interamente uno strumento di invasione e occupazione. È totalmente inutile per una difesa della patria.
In breve, ben 315.000 unità o il 60% dell'attuale forza in servizio attivo della Marina/Corpo dei Marine funziona al servizio dell'Impero. Quindi, se si ridefiniscono le missioni della Marina per concentrarsi sulla deterrenza nucleare strategica e sulla difesa costiera, è evidente che più della metà della sua struttura di forza non è necessaria per la sicurezza della patria. Invece funziona al servizio della proiezione di potere a livello mondiale, funziona come controllo delle rotte marittime dal Mar Rosso al Mar Cinese Orientale e funziona come piattaforma per guerre di invasione e occupazione.
Nel complesso, l'attuale bilancio della Marina/Corpo dei Marine ammonta a circa $236 miliardi, se si includono $59 miliardi per il personale militare, $81 miliardi per O&M, $67 miliardi per gli appalti, $26 miliardi per RDT&E e $4 miliardi per tutte le altre voci. Un taglio di $96 miliardi o del 40%, quindi, lascerebbe comunque $140 miliardi per le missioni principali... di difesa.
Tra i servizi, i $246 miliardi contenuti nel bilancio dell'Aeronautica sono considerevolmente più orientati a una postura di sicurezza nazionale rispetto a quanto avviene con l'Esercito e la Marina. Sia la branca terrestre Minuteman della triade strategica che le forze dei bombardieri B-52 e B-2 sono finanziate in questa sezione del bilancio della difesa.
E mentre una parte significativa del bilancio per l'equipaggio, le operazioni e l'approvvigionamento di aerei convenzionali e di forze missilistiche è attualmente destinata a missioni all'estero, solo la componente di trasporto aereo e di basi estere di tali spese è al servizio dell'Impero.
Seguendo una linea d'approccio prettamente difensiva, quindi, una parte sostanziale della potenza aerea convenzionale, che comprende più di 4.000 velivoli ad ala fissa e rotativi, verrebbe riconvertita in missioni di difesa della patria. Di conseguenza più del 75%, o $180 miliardi, dell'attuale bilancio dell'aeronautica rimarrebbe in vigore, limitando i risparmi a soli $65 miliardi.
Infine un coltello particolarmente affilato dovrebbe essere fatto calare sulla componente da $181 miliardi del bilancio della difesa destinato alle operazioni generali del Pentagono e del Dipartimento della Difesa. Ben $110 miliardi, ovvero il 61% della somma sopraccitata (più di 2 volte il bilancio militare totale della Russia), sono in realtà destinati alla schiera di dipendenti civili nel Dipartimento della Difesa e ai contractor con sede a DC/Virginia che si nutrono dello stato militare.
In termini di sicurezza nazionale, molte di queste spese non sono solo inutili e controproducenti, ma costituiscono la forza di lobby e di traffico di influenze finanziata dai contribuenti che mantiene l'Impero in vita. Anche in questo caso un'indennità del 38%, o $70 miliardi, per le funzioni del Dipartimento della Difesa soddisferebbero ampiamente le vere esigenze di una struttura burocratica dedicata alla difesa della nazione.
Nel complesso, quindi, ridimensionare la forza del Dipartimento della Difesa genererebbe $410 miliardi di risparmi per l'anno fiscale 2025. Altri $50 miliardi di risparmi potrebbero essere ottenuti eliminando la maggior parte dei finanziamenti per l'ONU, altre agenzie internazionali, assistenza alla sicurezza e aiuti economici. Aggiustato all'inflazione fino al 2029, il risparmio totale ammonterebbe a $500 miliardi.
Risparmi sul budget in base a una strategia prettamente difensiva:
• Esercito: $140 miliardi
• Marina/Corpo dei Marine: $96 miliardi
• Aeronautica militare: $65 miliardi
• Dipartimento della Difesa: $111 miliardi
• Contributi delle Nazioni Unite e aiuti economici/umanitari esteri: $35 miliardi
• Assistenza alla sicurezza internazionale: $15 miliardi
• Risparmio totale, base anno fiscale 2025: $462 miliardi
• Aggiustamento all'inflazione, 8% all'anno fino al 2029: +$38 miliardi
• Risparmi totali sul bilancio per l'anno fiscale 2029: $500 miliardi
Le indennità risultanti (per l'anno fiscale 2025) di $60 miliardi per l'esercito, $140 miliardi per la marina, $180 miliardi per l'aeronautica e $70 miliardi per le operazioni del Dipartimento della Difesa ridurrebbero la componente dello stato militare a $450 miliardi all'anno. In potere d'acquisto attuale questo è esattamente ciò che Eisenhower riteneva più che adeguato per la sicurezza nazionale, quando mise in guardia gli americani dal complesso militare-industriale durante il suo discorso di addio 63 anni fa.
In fin dei conti, il momento di riportare a casa l'Impero è arrivato da tempo. Il costo annuale di $1.300 miliardi dello stato militare (incluse le operazioni internazionali e i veterani) non è più sostenibile, ed è stato inutile per la sicurezza della patria per tutto il tempo che è rimasto in vigore.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Esploriamo 6 indicatori on-chain per comprendere meglio i cicli di Bitcoin
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/esploriamo-6-indicatori-on-chain)
Con Bitcoin che ora fa sembrare normale il territorio a sei cifre e prezzi più alti una inevitabilità, l'analisi dei dati chiave on-chain fornisce preziose informazioni sulla salute di base del mercato. Comprendendo queste metriche, gli investitori possono anticipare meglio i movimenti dei prezzi e prepararsi per potenziali picchi di mercato o persino per eventuali imminenti ritracciamenti.
PREZZO TERMINALE
La metrica del Prezzo terminale, che incorpora i Coin Days Destroyed (CDD) e tiene conto dell'offerta di Bitcoin, è stata un indicatore affidabile per prevedere i picchi dei cicli di mercato. Coin Days Destroyed misura la velocità delle coin trasferite, considerando sia la durata di detenzione che la quantità spostata.
Grafico 1: il Prezzo terminale di Bitcoin ha superato i $185.000
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Attualmente il Prezzo terminale ha superato i $185.000 ed è probabile che salirà verso i $200.000 con l'avanzare del ciclo. Con Bitcoin che ha già superato i $100.000, questo suggerisce che potremmo avere ancora diversi mesi di movimento di prezzo positivo davanti a noi.
MULTIPLO PUELL
Il Multiplo Puell valuta i ricavi giornalieri dei miner (in dollari) in relazione alla sua media mobile a 365 giorni. Dopo l'halving, i miner hanno subito un forte calo dei ricavi, creando un periodo di consolidamento.
Grafico 2: Il Multiplo Puell è salito sopra 1,00
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Ora il Multiplo Puell è risalito sopra 1, segnalando un ritorno alla redditività per i miner. Storicamente il superamento di questa soglia ha indicato le fasi successive di un ciclo rialzista, spesso caratterizzato da rally esponenziali dei prezzi. Un modello simile è stato osservato durante tutte le precedenti corse rialziste.
MVRV-Z
L'MVRV-Z misura il valore di mercato in relazione al valore realizzato (base di costo medio dei possessori di Bitcoin). Standardizzato per tenere conto della volatilità dell'asset, è stato estremamente accurato nell'identificare picchi e minimi dei cicli.
Grafico 3: l'MVRV-Z è ancora notevolmente al di sotto dei picchi precedenti
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Attualmente l'MVRV-Z di Bitcoin rimane al di sotto della zona rossa surriscaldata con un valore di circa 3,00, a indicare che c'è ancora spazio per salire. Mentre i picchi decrescenti sono stati una tendenza nei cicli recenti, suddetto indicatore suggerisce che il mercato è ben lungi dal raggiungere un picco di euforia.
SENTIMENT DEGLI INDIRIZZI ATTIVI
Questa metrica traccia la variazione percentuale a 28 giorni degli indirizzi di rete attivi insieme alla variazione di prezzo nello stesso periodo. Quando la crescita dei prezzi supera l'attività della rete, suggerisce che il mercato potrebbe essere ipercomprato a breve termine, poiché l'azione positiva dei prezzi potrebbe non essere sostenibile dato l'utilizzo della rete.
Grafico 4: il Sentiment degli indirizzi attivi ha indicato condizioni di surriscaldamento sopra i $100.000
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I dati recenti mostrano un leggero raffreddamento dopo la rapida salita di Bitcoin da $50.000 a $100.000, indicando un sano periodo di consolidamento. Questa pausa sta preparando il terreno per una crescita sostenuta a lungo termine e non indica che dovremmo essere ribassisti nel medio-lungo termine.
RAPPORTO TRA OUTPUT SPESO E PROFITTO
Il Rapporto tra output speso e profitto misura i profitti realizzati dalle transazioni Bitcoin. I dati recenti mostrano un aumento delle prese di profitto, il che indica potenzialmente che stiamo entrando nelle ultime fasi del ciclo.
Grafico 5: grandi cluster di rapporto tra output speso e profitto segnalano player che incassano
Visualizza il grafico in tempo reale ????
Un avvertimento da prendere in considerazione è il crescente utilizzo degli ETF su Bitcoin e prodotti derivati. Gli investitori potrebbero passare dall'autocustodia agli ETF per facilità d'uso e vantaggi fiscali, il che potrebbe influenzare i valori del Rapporto tra output speso e profitto.
VALUE DAYS DESTROYED
Il multiplo Value Days Destroyed (VDD) si espande sui CDD ponderando i detentori più grandi e a lungo termine. Quando questa metrica entra nella zona rossa surriscaldata, spesso segnala importanti picchi di prezzo poiché i player più grandi ed esperti iniziano a incassare.
Grafico 6: il VDD è surriscaldato, ma non troppo
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Mentre gli attuali livelli di VDD di Bitcoin indicano un mercato leggermente surriscaldato, la storia suggerisce che potrebbe mantenere questo intervallo per mesi prima di un picco. Ad esempio, nel 2017 il VDD indicò condizioni di ipercomprato quasi un anno prima del picco del ciclo.
CONCLUSIONE
Nel complesso queste metriche suggeriscono che Bitcoin sta entrando nelle ultime fasi del suo mercato rialzista. Mentre alcuni indicatori puntano a un raffreddamento a breve termine, o a una leggera sovraestensione, la maggior parte evidenzia un sostanziale rialzo residuo per tutto il 2025. I livelli di resistenza chiave per questo ciclo potrebbero emergere tra $150.000 e $200.000, con metriche come il Rapporto tra output speso e profitto e il VDD che forniranno segnali più chiari man mano che ci avvicineremo al picco.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Perché in Europa non ci sono aziende da mille miliardi di dollari?
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/perche-in-europa-non-ci-sono-aziende)
L'Europa è un continente diversificato, con 44 Paesi, ognuno con la sua ricca (e lunga) storia e una costellazione unica di linee di politica. Nonostante questo, però, non ci sono aziende da mille miliardi di dollari in tutta Europa. Infatti delle undici aziende in tutto il mondo che hanno raggiunto questo livello, nove sono negli Stati Uniti, mentre le altre due sono a Taiwan e in Arabia Saudita. Se guardiamo alle prime undici aziende in Europa, la loro capitalizzazione di mercato combinata ammonta a soli $2.200 miliardi, ovvero $1.000 miliardi in meno rispetto alla capitalizzazione di mercato della sola Apple.
Allora cosa succede? Perché non ci sono aziende da mille miliardi di dollari in tutta Europa?
Una risposta: la maggior parte delle aziende da mille miliardi di dollari che esistono oggi sono quelle che consideriamo “giganti della tecnologia”: Apple, Microsoft, Nvidia, Alphabet, Amazon e Meta. L'economista Harold Hotelling fornì spunti sul perché queste aziende hanno tutte sede negli Stati Uniti, già nel lontano 1929. Prima di applicare i suoi spunti ai giganti della tecnologia, facciamo una breve deviazione per capire perché tendono a esserci molte stazioni di servizio agli angoli dello stesso incrocio. Non avrebbe più senso che fossero sparse in tutta una città o area?
La spiegazione è la competizione. Supponiamo di avere persone sparse per tutta una città, a cui non importa molto di quale marca di benzina acquistare, vogliono solo andare alla stazione di servizio più facile da raggiungere. Se le stazioni di servizio fossero distribuite in tutta la città (e se ignoriamo i costi di spostamento delle stazioni di servizio), ognuna di esse vorrebbe spostarsi sempre più vicino a dove vive la maggior parte dei clienti per assicurarsene il maggior numero. Finiranno con il trovarsi l'una di fronte all'altra, o addirittura l'una accanto all'altra.
Lo stesso si può dire dei giganti della tecnologia. Vorranno stabilirsi dove vive la maggior parte dei loro clienti e, con una base di clienti enorme con uno dei più alti tassi di adozione della tecnologia al mondo, stabilirsi negli Stati Uniti ha senso dal punto di vista commerciale.
Ma anche questa spiegazione è carente, visto che presuppone che essi debbano solo decidere dove stabilirsi. La verità è che queste aziende non sono scese sul mondo come manna dal cielo; dovevano essere create e costruite da zero. Le vere domande che dobbiamo porci, quindi, sono:
- Cosa rende gli Stati Uniti così fertili per la crescita economica?
- Cosa rende l'Europa così reticente alla crescita?
America & Europa: una prospettiva economica
Non è un segreto che gli USA rimangano “la terra delle opportunità”. Anche solo dal punto di vista logico possiamo dire che si basano sui modelli di immigrazione, infatti gli USA rimangono uno dei Paesi con più immigrati al mondo. L'ONU segnala che il 20% del totale degli immigrati nel mondo intero si trova negli Stati Uniti. Ma questo solleva ancora una domanda: perché così tante persone vogliono vivere negli Stati Uniti quando potrebbero vivere altrove?
Ci sono molti fattori, ma il principale è di natura economica. Innanzitutto possiamo guardare ai salari medi nei vari Paesi. Gli Stati Uniti restano uno dei Paesi con i guadagni più alti al mondo. Per evitare di pensare che si tratti di un caso fortuito o di un incidente storico, studi transnazionali confermano che il semplice fatto di vivere negli Stati Uniti fa aumentare i salari dei lavoratori.
Gli economisti neo-premiati con il Nobel, Daron Acemoglu e James Robinson, lo hanno dimostrato osservando la città di Nogales, una città al confine tra Messico e Arizona. Ciò che rende unica questa situazione è che la gente della città condivide un'eredità e una cultura comuni; infatti ci sono famiglie che sono state divise in due quando il muro è stato eretto per la prima volta. A causa della loro eredità comune, l'unica vera differenza sta nel lato della recinzione che attraversa proprio il centro della città. Il lato statunitense è molto, molto più ricco di quello messicano. Infatti, nel 2012, i vigili del fuoco del lato statunitense hanno aiutato il lato messicano a spegnere incendi “esportando” acqua oltre la recinzione. Hanno potuto farlo solo grazie alla loro ricchezza notevolmente più elevata.
Poi possiamo prendere in considerazione anche la facilità con cui si può avviare un'attività. Gli Stati Uniti sono tra le nazioni in cui è più facile avviare un'attività, con soli 4,2 giorni come tempo medio necessario per farlo, rispetto alla media dell'Unione Europea di 12,17 giorni. Questa misura, sebbene imperfetta, fornisce la prova di quanto velocemente si possa passare dall'avere un'idea per un'attività all'iniziare a gestirla. Più basso è questo numero, più facile e veloce può essere realizzarla. Il tempo necessario per farlo dipende da molti fattori, come il processo di approvazione e se una persona o un gruppo di persone deve approvare la domanda dal vivo o deve compilare una serie di moduli online e poi rivisti periodicamente durante, ad esempio, la stagione delle tasse. Indipendentemente da ciò, più velocemente tutto questo può essere fatto, più velocemente un aspirante imprenditore può avviare la propria attività, iniziare a servire la propria comunità e iniziare a guadagnare.
Infine possiamo guardare alle tasse. Nonostante le chiacchiere sulla pressione fiscale, gli Stati Uniti rimangono uno dei Paesi con le tasse più basse al mondo. Ciò è molto importante per i lavoratori, poiché tasse più basse significa che possono trattenere una parte maggiore del valore che creano per sé stessi invece di rimetterla allo stato, il quale la utilizzerà invece per scopi collettivi. Significa anche che è più economico assumere lavoratori e quindi espandere la forza lavoro di un'azienda.
Nel complesso possiamo vedere che gli USA rimangono un posto di prim'ordine per lavoratori e aziende. Il nostro sistema promuove l'imprenditoria e la creazione di opportunità di lavoro in un modo che è l'invidia del resto del mondo. Questo è qualcosa che deve essere protetto.
Come disse Ronald Reagan: “La libertà non è mai a più di una generazione di distanza dall'estinzione”.
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Il capitalismo degli stakeholder e il culto degli indicatori chiave di prestazione
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-capitalismo-degli-stakeholder)
Nelle imprese private “non c’è bisogno di limitare la discrezionalità dei subordinati con regole o regolamenti diversi da quelli che stanno alla base di tutte le attività commerciali, vale a dire, rendere le loro operazioni redditizie”.
In questa citazione dal suo libro del 1944, Bureaucracy, Mises spiega perché le aziende private a scopo di lucro non hanno bisogno della burocrazia e non dovrebbero essere invischiate in regole e regolamenti imposti dall'alto di una gerarchia amministrativa. Invece dovrebbero fare il miglior uso della “conoscenza del tempo e del luogo” decentralizzata per svolgere il loro lavoro. L'ammonimento di Mises, secondo cui l'obiettivo delle imprese capitaliste è e dovrebbe essere “fare profitti”, divenne in seguito, nelle mani degli economisti della Scuola di Chicago, “massimizzare il valore per gli azionisti”. Questo punto di vista è associato a Milton Friedman ed è stato accettato dalla gran parte delle aziende americane per molti anni.
Poi, nel 2018, l'amministratore delegato di Blackrock, Larry Fink, che all'epoca gestiva $6.000 miliardi in asset aziendali, ha insistito pubblicamente sul fatto che i dirigenti d'azienda avrebbero dovuto concentrarsi sugli “stakeholder” (ovvero tutti coloro che sono in qualche modo collegati a una società) invece che sugli azionisti. A ciò fece seguito, nell'agosto del 2019, una dichiarazione di 200 amministratori delegati di grandi società secondo cui massimizzare il valore per gli azionisti non era più il loro obiettivo principale; lo era, invece, aggiungere valore per tutti gli “stakeholder”.
All'epoca George Reisman scrisse che questo dimostrava che “molti amministratori delegati sanno talmente poco di economia da ignorare che in un libero mercato produrre per il profitto dei propri azionisti implica di per sé produrre per il beneficio di tutti”. Un'attività di successo e redditizia in un libero mercato concorrenziale avrà clienti che traggono benefici più di quanto spendono; i lavoratori saranno pagati più di quanto potrebbero guadagnare altrove; ci saranno città e paesi prosperi; e ne trarranno beneficio tutti gli “stakeholder” in generale.
Ciò che era significativo nella dichiarazione degli amministratori delegati, scrisse Reisman, era che “mostra fino a che punto l'eredità intellettuale americana del diritto a perseguire la felicità (il che include la ricerca del profitto) sia marcita e sia stata sostituita da una mentalità improntata al socialismo”. Inoltre dobbiamo tenere a mente che “man mano che cresce il potere arbitrario dello stato, gli uomini d'affari vengono messi in una posizione sempre più simile a quella degli ostaggi sequestrati dai terroristi”.
Ciò che intendeva dire è che i poteri normativi dello stato sono cresciuti talmente tanto (si veda la pubblicazione annuale del Competitive Enterprise Institute intitolata “Diecimila comandamenti”) che gli imprenditori sono costretti a trascorrere gran parte di ogni giornata lavorativa a seguire le regole e i regolamenti governativi invece di essere produttivi, proprio come Mises aveva messo in guardia. I regolatori sono “i terroristi” e gli imprenditori sono “gli ostaggi”. Inoltre, scrisse Reisman, “sono arrivati al punto in cui tentano di anticipare i desideri dei loro padroni e cercano di gratificarli senza prima ricevere gli 'ordini' normativi”. Ecco perché gli amministratori delegati hanno rilasciato quella dichiarazione: annunciare allo stato che avrebbero adottato volontariamente tutti i controlli e i regolamenti socialisti che esso avrebbe voluto imporre loro. È di fatto socialismo.
Ecco perché vediamo banchieri imporre quote razziali sui loro prestiti ipotecari per paura di essere perseguiti ai sensi del Community Reinvestment Act e bollati come razzisti; o case automobilistiche che si impongono normative più severe sul chilometraggio rispetto a quelle attualmente in vigore per paura di essere viste in futuro ed etichettate come “ostruzioniste”; e la più predominante in assoluto, l'imposizione di quote di razza e genere per assunzioni e promozioni sotto le mentite spoglie di “diversità, equità e inclusione”. Tutte queste cose vi faranno guadagnare punti KPI (indicatori chiave di prestazione) in qualsiasi azienda americana.
Prima del 2019 molte aziende avevano ignorato l'ammonimento di Mises sull'istruire i subordinati a “fare profitto”, o addirittura “massimizzare il valore per gli azionisti”, e li avevano valutati con un guazzabuglio di “indicatori chiave di prestazione” (per l'appunto KPI). Questi “indicatori” hanno rapidamente incluso una miriade di obiettivi nebulosi per gli “stakeholder” e annunci di pubbliche relazioni. Scrivendo su Forbes un articolo intitolato, “Perché i KPI non funzionano”, il consulente aziendale e autore Steve Denning ha scritto di come le aziende avessero adottato un “labirinto di offuscamenti in chiave pubbliche relazioni solo per far contento il pubblico [...]”.
Un problema persistente con i KPI è, come sottolinea Denning, che molti degli indicatori “portano a incentivi perversi e conseguenze indesiderate come risultato del fatto che i dipendenti lavorano in base a misurazioni specifiche a spese della qualità o del valore effettivo per i clienti”. Il risultato è che i dipendenti stessi tendono a sviluppare KPI che mostrano semplicemente che si sta facendo più lavoro di facciata, ma non dimostrano che le prestazioni o il servizio clienti siano migliorati. I KPI, afferma Denning, “misurano la velocità della burocrazia”, ma “sono inversamente proporzionali alla produttività effettiva”. Mises sarebbe d'accordo.
“Come criceti in una ruota, il personale lavora di più ma non riesce a fare granché dal punto di vista produttivo”. Ciò riporta alla mente le storie di come l'Unione Sovietica cercò di giocare al capitalismo con vari obblighi, come l'ordine di produrre tante tonnellate di chiodi all'anno per soddisfare il successivo piano quinquennale di costruzione di case. I direttori di fabbrica stabilirono che il modo più semplice per farlo era produrre chiodi molto pesanti, abbastanza pesanti da spaccare assi di legno da due per quattro!
Peggio ancora, la mancanza di performance causata dai KPI in genere porta i dirigenti a rispondere “offrendo una valanga di nuovi KPI nel tentativo di dimostrare quanto siano produttivi”. Essi sono quindi “un dono di Dio alla burocrazia”, secondo Denning: “Aiutano a perpetuarla e a creare infinite giustificazioni per essa. È lavoro, si nutre di lavoro e crea altro lavoro, senza servire a uno scopo esterno”.
Denning conclude suggerendo che le aziende dovrebbero concentrarsi sulla “creazione di valore per i clienti”, che è un altro modo di dire “fare solo profitti” invece di creare una gigantesca mostruosità burocratica. Ci si chiede se abbia letto Bureaucracy di Mises, come ha di recente ammesso di aver fatto il senatore Ted Cruz.
In un altro articolo intitolato, “Non aggiustate la burocrazia, uccidetela”, Denning ricorda la Genentech Corporation che ha oltre 100.000 dipendenti, ognuno dei quali è tenuto a elaborare un elenco KPI. Pochissimi degli elementi negli elenchi, scrive Denning, “avevano a che fare con la fornitura di valore ai clienti”.
Anche le organizzazioni non profit e le agenzie governative hanno adottato i KPI, ma questi problemi sono destinati a essere ancora più gravi in tali settori. Come per le aziende, è probabile che vengano utilizzati per dimostrare che è stato svolto molto lavoro di routine, anche se quest'ultimo non contribuisce in alcun modo a realizzare la missione dell'organizzazione.
Esistono metriche facili da usare per tutti i tipi di organizzazioni che rientrano nella definizione di KPI e possono essere utili se non essenziali. Ma ciò che è successo nelle aziende americane è la “mentalità improntata al socialismo” descritta da Reisman: la folle anticipazione di obblighi, controlli e regolamenti governativi con l'autoimposizione degli stessi. Sembra tutto una pianificazione centrale socialista di fatto, non è vero?
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Il costo della censura di Facebook
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-costo-della-censura-di-facebook)
La storia ricorderà quest'epoca come il momento in cui i principi più sacri dell'America si sono scontrati con un potere istituzionale senza precedenti, e hanno perso. Lo smantellamento sistematico dei diritti fondamentali non è avvenuto tramite la forza militare o un decreto esecutivo, ma tramite la silenziosa cooperazione di piattaforme tecnologiche, gatekeeper nei media generalisti e agenzie governative, tutti pronti a ripetere di sostenere una protezione contro la “disinformazione”.
L'improvviso smantellamento del programma di fact-checking da parte di Meta — annunciato da Zuckerberg come un “punto di svolta culturale verso la priorità della libertà di parola” — si legge come una nota a piè di pagina silenziosa a quella che la storia potrebbe registrare come una delle più sconvolgenti violazioni dei diritti fondamentali nella memoria recente. Dopo otto anni di moderazione dei contenuti sempre più aggressiva, che ha coinvolto quasi 100 organizzazioni di fact-checking che operano in oltre 60 lingue, Meta sta ora virando verso un sistema guidato dalla comunità simile al modello di X.
Nel suo annuncio, Zuckerberg ci tiene a far sapere che la censura è stata un errore puramente tecnico, poi cambia tono verso la fine e ammette ciò che è stato a lungo contestato: “L'unico modo in cui possiamo contrastare questa tendenza globale è con il supporto del governo degli Stati Uniti. Ed è per questo che è stato difficile negli ultimi 4 anni, quando persino il governo degli Stati Uniti ha spinto per la censura. Prendendo di mira noi e altre aziende americane, ha incoraggiato altri governi ad andare oltre”.
In molti casi giudiziari costati milioni di dollari, che hanno comportato ingenti richieste FOIA, deposizioni e rivelazioni, la verità è stata documentata in 100,000 pagine di prove. Il caso giudiziario Murthy v. Missouri da solo ha scoperto la profondità del coordinamento del governo federale con i social media. La Corte Suprema ha preso in considerazione tutto, ma diversi giudici non sono riusciti a comprenderne la sostanza e la portata, e quindi hanno annullato un'ingiunzione di un tribunale inferiore per fermare tutto. Ora abbiamo Zuckerberg che ammette apertamente ciò che era in discussione: il coinvolgimento del governo degli Stati Uniti in violazione del Primo Emendamento.
Questo dovrebbe come minimo rendere più facile ottenere un risarcimento man mano che i casi giudiziari vanno avanti. Ciononostante è lo stesso frustrante. Sono stati spesi decine di milioni per dimostrare ciò che avrebbe potuto ammettere anni fa, ma a quei tempi i censori erano ancora al comando e Facebook stava proteggendo il suo rapporto con i poteri forti.
La tempistica del cambiamento è significativa: un alleato di Trump entra nel consiglio di amministrazione, il presidente degli affari esteri di Meta è stato sostituito da un importante repubblicano, e una nuova amministrazione si prepara a prendere le redini del governo. Ma mentre Zuckerberg inquadra questo come un ritorno ai principi della libertà di parola, il danno del loro esperimento di censura di massa non può essere annullato con un semplice cambiamento di politica.
L'ironia è profonda: aziende private che rivendicano l'indipendenza mentre agiscono come estensioni del potere statale. Prendiamo in considerazione la nostra esperienza: pubblicata la definizione di fascismo di Mussolini, come “fusione del potere statale e aziendale”, abbiamo vista rimuoverla in quanto “disinformazione”. Non si trattava semplicemente di censura; si trattava di meta-censura: mettere a tacere il dibattito sui meccanismi stessi di controllo impiegati.
Mentre le piattaforme tecnologiche mantenevano la facciata dell'impresa privata, le loro azioni sincronizzate con le agenzie governative hanno rilevato una realtà più preoccupante: l'emergere di quel tipo di fusione tra stato e aziende di cui volevano di impedirci di discutere.
Come abbiamo visto in precedenza, non abbiamo semplicemente oltrepassato i limiti: abbiamo attraversato i sacri Rubiconi creati dopo i capitoli più oscuri dell'umanità. Il Primo Emendamento, nato dalla rivoluzione contro la tirannia, e il Codice di Norimberga, istituito dopo gli orrori della Seconda Guerra Mondiale, avrebbero dovuto essere indistruttibili guardiani dei diritti umani. Entrambi sono stati sistematicamente smantellati in nome della “sicurezza”. Le stesse tattiche di disinformazione, paura ed ingerenza governativa contro cui i nostri antenati avevano messo in guardia sono state impiegate con spaventosa efficienza.
Questo smantellamento sistematico non ha lasciato indietro alcun tema: dalle discussioni sugli effetti dei vaccini ai dibattiti sulle origini dei virus alle domande sulle linee di politica riguardo gli obblighi. Il discorso scientifico è stato sostituito con narrazioni approvate. I ricercatori non potevano condividere risultati che divergevano dalle posizioni istituzionali, come si è visto nella rimozione di discussioni credibili sui dati Covid-19. Anche le esperienze personali sono state etichettate come “disinformazione” se non si allineavano con il messaggio ufficiale, un modello che ha raggiunto livelli assurdi quando anche discutendo la natura stessa della censura ciò è diventato motivo di censura.
Il danno si è propagato a ogni strato della società. A livello individuale, le carriere sono state distrutte e le licenze professionali revocate solo perché si condivideva esperienze genuine. Scienziati e dottori che hanno messo in discussione le narrazioni ufficiali si sono ritrovati ostracizzati a livello professionale. Molti sono stati fatti sentire isolati o irrazionali per essersi fidati dei propri occhi e delle proprie esperienze quando le piattaforme hanno etichettato i loro resoconti di prima mano come “disinformazione”.
La distruzione dei legami familiari potrebbe rivelarsi ancora più duratura. Le tavole delle feste si sono svuotate. I nonni si sono persi momenti insostituibili con i nipoti. Fratelli che erano stati vicini per decenni hanno smesso di parlarsi. Anni di legami familiari si sono infranti non per disaccordi sui fatti, ma per il diritto stesso di discuterne.
Forse il danno più insidioso è stato quello a livello di comunità. I gruppi locali si sono frammentati, i vicini si sono rivoltati contro i vicini, le piccole imprese sono finite nelle liste nere, le chiese si sono divise, le riunioni dei consigli scolastici si sono trasformate in campi di battaglia. Il tessuto sociale che consente la società civile ha iniziato a sgretolarsi, non perché le persone avessero opinioni diverse, ma perché la possibilità stessa di dialogo era considerata pericolosa.
I censori hanno vinto. Hanno dimostrato che con sufficiente potere istituzionale, potevano fare a pezzi il tessuto sociale che rende possibile il libero discorso. Ora che questa infrastruttura per la soppressione esiste, è pronta a essere dispiegata di nuovo per qualsiasi causa possa sembrare urgente. L'assenza di una resa dei conti pubblica invia un messaggio agghiacciante: non c'è linea che non possa essere oltrepassata, nessun principio che non possa essere ignorato.
Una vera riconciliazione richiede più di un'inversione di tendenza della linea di politica di Meta. Abbiamo bisogno di un'indagine completa e trasparente che documenti ogni istanza di censura, dai report soppressi sui danni dei vaccini ai dibattiti scientifici bloccati sulle origini del virus, alle voci messe a tacere che mettevano in discussione i vari obblighi. Non si tratta di rivendicare chissà cosa, si tratta di creare un archivio pubblico inattaccabile che garantisca che queste tattiche non possano mai più essere utilizzate.
Il Primo Emendamento della nostra Costituzione non era un suggerimento, è un patto sacro scritto nel sangue di coloro che hanno combattuto la tirannia. I suoi principi non sono reliquie obsolete, ma protezioni vitali contro l'eccesso di potere a cui abbiamo appena assistito. Quando le istituzioni trattano questi diritti fondamentali come linee guida flessibili, anziché come confini inviolabili, il danno si estende ben oltre qualsiasi singola piattaforma o linea di politica.
Come molti nei nostri circoli, abbiamo assistito a tutto questo in prima persona, ma farci dire che avevamo ragione sin dall'inizio non è l'obiettivo. Ogni voce messa a tacere, ogni dibattito soppresso, ogni relazione fratturata al servizio di “narrazioni approvate” rappresenta uno strappo nel nostro tessuto sociale che ci rende tutti più poveri. Senza una contabilità completa e garanzie concrete contro futuri eccessi, stiamo lasciando le generazioni future vulnerabili agli stessi impulsi autocratici che in futuro avranno maschere diverse ma stessa essenza.
La questione non è se possiamo ripristinare ciò che è stato perso: non possiamo. La questione è se finalmente riconosceremo questi diritti come veramente inviolabili, o se continueremo a trattarli come ostacoli scomodi da spazzare via ogni volta che la paura e l'urgenza lo richiederanno. Benjamin Franklin ci avvertì riguardo coloro che rinunciano alla libertà per acquistare un po' di sicurezza temporanea: essi non meritano né libertà né sicurezza. La nostra risposta a questa sfida determinerà se lasceremo ai nostri figli una società che difende le libertà fondamentali o una che le scarta in nome della sicurezza.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Per chi suona la campana... del default
(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/per-chi-suona-la-campana-del-default)
Ci sono punti da collegare, tra politica e mercati. E sebbene l'obiettivo di questo blog sia il denaro, viviamo in un'epoca politica. Non possiamo ignorarla. Il meglio che possiamo fare è cercare di vedere il quadro generale e questo è ciò che faccio nei miei articoli, cercando di indirizzare i lettori lungo quella strada per evitare la cosiddetta “Grande perdita”. Così come le storie e le favole alla fine hanno una “morale” — distillate da generazioni di esperienza — che si trovano nei detti popolari, nei romanzi, nella Bibbia e nei “racconti delle vecchie”, anche i mercati hanno una sorta di Trend primario rispetto al rumore quotidiano che segna la direzione di base dei prezzi, spesso per un intero decennio. Pensate, ad esempio, alla Corrente del Golfo: prende acqua calda dal Golfo del Messico, la trasporta attraverso l'Atlantico settentrionale e rende abitabile l'Europa settentrionale. Ma guardando solo le onde superficiali, non la vedreste.
La ricchezza è creata da persone che producono beni e servizi l'una per l'altra. Tutto ciò che la burocrazia fa per interferire con questo commercio riduce la soddisfazione materiale totale delle persone. Da una prospettiva economica lo stato e la sua burocrazia sono fondamentalmente un'impresa coercitiva, in cui si vince e si perde. Le sue numerose regole, normative, tasse, debiti, spese e guerre inutili riducono la produzione di beni e servizi che consideriamo “prosperità”. Ecco perché sono incompatibili col capitalismo dinamico e produttivo. Ci vuole, come minimo, uno stato minimo per produrre grandi guadagni economici. Curiosamente, però, l'interferenza statale tende anche a esagerare il Trend primario, anche se non intenzionalmente. Ad esempio, manipola i tassi d'interesse verso il basso e rende l'aumento dei prezzi degli asset finanziari più potente che mai (1980-2021) e/o ostacola gli aggiustamenti di mercato necessari peggiorando così la flessione (es. Grande Depressione).
Una parte fondamentale della mia analisi è che il mondo del denaro non funziona come si pensa comunemente. le banche centrali non sanno di quali tassi d'interesse hanno bisogno i rispettivi Paesi, ad esempio, né possono sapere cosa siano la “piena occupazione” o la “piena capacità” per l'economia. Inoltre il passaggio a un sistema monetario scoperto ha reso molto più facile manipolare il valore delle valute e quindi ha permesso e promosso grandi distorsioni in tutto il sistema finanziario globale. In breve, la maggior parte di ciò che sentite dagli economisti mainstream o dal megafono della burocrazia è probabilmente una sciocchezza. E in genere più economisti, o politici, sono coinvolti, meno produttiva è l'economia. Ad esempio, l'Unione Sovietica aveva così tanto controllo statale che la sua economia era estremamente inefficiente, il che portò la sua élite ad abbandonarla completamente.
Il trucco per creare ricchezza con successo è mettersi dalla parte giusta del Trend primario e rimanerci. Se ho ragione sul nuovo Trend primario, la cosa più semplice da fare per un investitore ora è semplicemente mettersi al riparo. “Modalità massima sicurezza", con enfasi su denaro liquido e oro rispetto ad azioni e obbligazioni. La maggior parte di coloro che hanno usufruito e usufruiscono del mio servizio di consulenze, ha circa 50 anni. A quell'età perdere denaro è una minaccia più grande rispetto a non riuscire a guadagnarne di più. Una persona più giovane può subire una perdita, imparare da essa e poi recuperare, ma oltre i 50 anni diventa sempre più difficile: non c'è il tempo di recuperare una perdita importante. Un modo semplice e chiaro per evitare la Grande Perdita pur continuando a partecipare attivamente ai mercati, in modo sicuro e prudente, è acquistare azioni quando costano poco e venderle quando costano tanto. Come si fa a saperlo? Basta utilizzare un modello molto semplice basato sull'oro: prezzare le azioni in termini di metallo giallo per sapere quando costano troppo o troppo poco.
In breve, quando si possono acquistare tutte le 30 azioni del Dow per 5 once d'oro, o meno, è il momento di vendere oro e acquistare azioni; quando il prezzo supera le 15 once d'oro è il momento di andare nella direzione opposta. Attualmente la raccomandazione è di mantenere una certa percentuale della propria ricchezza in contanti od oro, mentre tenere solo alcune azioni che hanno un “fair value” o si sono distaccata dal Trend Primario.
Il mio intuito mi dice che quest'ultimo verrà amplificato, verso prezzi degli asset finanziari più bassi e tassi d'interesse e inflazione più elevati, creando grandi deficit di bilancio, cercando di coinvolgere gli Stati Uniti in guerre inutili, indebolendo il dollaro con sanzioni e sequestri e drenando sempre più capitale dagli investimenti reali e sperperandolo in sciocchezze burocratiche. L'effetto della linea di politica dei tassi d'interesse ultra bassi prima del 2022 è stato quello di creare una montagna di debiti. In tutto il mondo hanno superato i $300.000 miliardi. Questo è più debito di quanto si possa sostenere o gestire in un contesto di tassi d'interesse alti. Ma ci sono solo due scelte: inflazionare o morire, o si continua a inflazionare (con tassi reali bassi e deficit elevati), oppure si taglia radicalmente la spesa, innescando grandi fallimenti, inadempienze e una depressione... uccidendo di fatto l'economia della bolla creata dai suoi tassi ultra-bassi.
Nel 1992 gli Stati Uniti hanno avuto l'occasione della vita: l'Unione Sovietica si era sciolta e gli oligarchi persero il potere e iniziarono a vendere materie prime, all'ingrosso, a prezzi bassi. I cinesi, nel frattempo, avevano già deciso di intraprendere la “strada capitalista”: negli anni '90 stavano abbassando i costi sui prodotti finiti. Tolti di mezzo i nemici e con i costi per i consumatori in calo, gli Stati Uniti avrebbero potuto tagliare il budget militare e usare il denaro per sostenere le proprie industrie e infrastrutture nazionali. Invece “sono stati spinti” a invadere l'Iraq e sono andati in guerra in Afghanistan. E poi hanno sostenuto le guerre in Ucraina e Gaza. Il budget militare è esploso al rialzo e la loro reputazione è scivolata al ribasso. A livello di Trend primario da seguire, questo significa che gli investitori vedranno occasioni nell'economia delle commodity piuttosto che in quella squisitamente finanziaria. Questo cambiamento, unito al caos sociale e politico che porta con sé, rischia di creare un disastro importante. A livello di microeconomia, quindi, bisogna mettersi dalla parte giusta del Trend primario: imparare a guardare i prezzi di mercato in termini reali, non in termini fasulli. E circondati di amici che vedranno il mondo per quello che è e scopriranno come navigarlo insieme.
UN DEFAULT INCOMBENTE
Lo stato — insieme alla stampa, ai politici, agli economisti accademici, ai think tank, al Deep State — ha risolto ogni problema che ci si è presentato: dai domino che cadono nel Sud-est asiatico alla povertà e alla discriminazione. Ma tutta questa risoluzione dei problemi ci ha lasciato con un problema molto più grande: un debito pubblico impagabile. Come verrà risolto? In gioco c'è l'intera economia mondiale, le valute fiat, la prosperità e il Trend primario, insomma l'intera baracca. All'inizio del secolo scorso l'economia dei vari Paesi occidentali era “capitalista”: le persone si occupavano dei propri affari, come meglio potevano, offrendo beni e servizi l'una all'altra. Poi lo stato (inclusi gli enti locali e di regolamentazione) è cresciuto così tanto che solo circa metà dell'economia è ancora libera di fare ciò che vuole, il resto è dettato dai bilanci e dalle normative. Quasi tutta questa spesa viene sprecata in bombe, salvataggi e raggiri. Oltre a ciò, l'intera economia viene distorta in forme grottesche da un altro ramo dello stato, la banca centrale.
La tanto criticata “era dello stato minimo” dei repubblicani del Tea Party e la “deregulation” seguita a Ronald Reagan non sono mai accadute. La spesa pubblica e la regolamentazione sono aumentate costantemente. La spesa militare e la spesa sociale sono aumentate. Chi pagherà? È così che funziona la politica. Il capitalismo non avvantaggia nessuno in particolare e tutti in generale. Nel complesso, le cose migliorano. La politica avvantaggia gruppi specifici, le élite, a spese di tutti gli altri. Nel complesso, le cose peggiorano. Più capitalismo si ha, più le persone sono libere di ottenere onestamente ciò che vogliono; più politica si ha, più le persone “distorcono il sistema” elaborando accordi con i politici e usando il potere statale per la loro ricchezza personale o per il loro ingrandimento.
O l'uno o l'altro. Capitalismo o politica. L'idea che ci sia un felice equilibrio tra i due, o che il tungsteno possa essere fatto passare per oro, è semplicemente una sciocchezza. Le grandi imprese con lobbisti che traggono vantaggio dai numerosi salvataggi statali, sussidi e altre opportunità sono cresciute. Ma esse rappresentano la crescita passata, le piccole aziende, invece, sono la speranza del futuro. E con il peso dello stato sulle spalle, riescono a malapena a strisciare, figuriamoci a correre. Il tasso di crescita della produttività è stato dimezzato sin dagli anni '60. Al vertice le grandi aziende dominano le principali industrie, in fondo ci sono gli “zombi”, aziende che non riescono nemmeno a pagare gli interessi sul loro debito. Deboli e improduttive, come lo stato stesso, sprecano risorse preziose. Nel mezzo c'è un bacino stagnante di aziende di medie dimensioni che lotta per innovare e sopravvivere in un ambiente ostile di leggi, regolamenti, tasse, inflazione e debito.
Come scrive anche il Financial Times:
[...] La sorgente da cui fluiva il capitale erano stati e banche centrali. Con debito e capitale a tassi ridicoli, le dimensioni dei mercati finanziari sono cresciute da poco più grandi dell'economia globale [PIL mondiale] nel 1980 a quasi quattro volte più grandi oggi. [...] La forza trainante dietro la finanziarizzazione incontrollata del capitalismo era il denaro facile che scorreva dallo stato.Sì, è stato il denaro marcio ad aver rovinato le cose. Ma quale? Presto ci arriveremo, ma prima aggiungiamo un altro tassello a questo mosaico.
Il fatto che siano stati pubblicati “nuovi” coefficienti di trasformazione nel sistema pensionistico è una tacita e indiretta ammissione di bancarotta da parte di chi eroga una prestazione promessa. Ovviamente non è un'esclusiva italiana, ma si tratta solo dell'ultima notizia riguardo questo tema. Ogni Paese soffre dello stesso problema. Il pensionamento è una di quelle promesse più insostenibili che sono state fatte dalla classe dirigente. È un gioco in cui entrambi gli attori partecipanti non vogliono vedere l'ovvio: entrambi continuano a fingere che esiste un barlume di solvibilità. Ma come ogni schema Ponzi la Legge dei rendimenti decrescenti è un duro e severo maestro che costringe a guardare, e ogni volta le bacchettate sono più forti di prima: il dolore (economico) infine diventa troppo insopportabile da ignorare. Tra prezzi galoppanti, tasse invasive, burocrazia ingessante, le pensioni sono l'ultimo pilastro a reggere la fiducia nello stato... nella sua capacità e avallo di legiferazione ed estorsione di risorse. Non è un caso, infatti, che io abbia dedicato il primo capitolo del mio ultimo libro, Il Grande Default, a questo argomento e al modo in cui l'Europa intende trattare questi obbligazionisti “speciali”: haircut e default selettivo.
CHI?
Alla fine della fiera, tutto si riduce a una semplice domanda: chi decide? O siete voi a decidere cosa fare con il vostro tempo e denaro... o qualcun altro deciderà per voi. E quando sono gli altri a decidere, i soldi tendono ad andare nella loro direzione, non nella vostra. Nel precedente articolo ci eravamo lasciati con una domanda: per chi sarà il default? È ora di aggiungere ulteriore contesto alla domanda e dare una risposta. Prima, però, sappiate che a quanto scriverò adesso fornirò prove (storiche) pubblicando alcuni saggi di Richard Poe che saranno le fonti alla base dei ragionamenti “più maturi” che leggerete qui. Se c'è una cosa che da più fastidio ai colonizzatori è quella di perdere il controllo sulle proprie colonie. Questa è stata una caratteristica peculiare degli inglesi, ad esempio: per quanto possano essere diventati “indipendenti” gli USA dopo la rivoluzione americana, hanno sempre subito l'ascendente inglese. Perché è così che il colonialismo ha trasformato la sua essenza: da nemico delle popolazioni colonizzate ad alleato. “Investire” in un determinato posto ha significato immettere ingenti capitali nel sistema socioeconomico di quel Paese e farlo sviluppare a passi da gigante facendogli saltare step evolutivi fondamentali. Ogni cambiamento non aveva il giusto tempo per sedimentarsi. Questo è un punto cruciale che ho dettagliato meglio nel Capitolo 6 del mio primo libro, L'economia è un gioco da ragazzi, in cui porto all'attenzione del lettore l'importanza della teoria Austriaca del capitale. La formazione di quest'ultimo, infatti, è la chiave di volta per la sostenibilità e la prosperità a lungo termine.
Immettere dall'esterno ingenti quantità dello stesso ha lo scopo di velocizzare l'evoluzione di un Paese, affinché il colonizzatore abbia la rapida facoltà di sfruttare le risorse del luogo in cui “investe”. Poi, come uno sciame di locuste, consuma tutto e tutti. Gli Stati Uniti erano indirizzati lungo questa traiettoria, soprattutto dopo che la terza rivoluzione americana è stata persa: sedicesimo emendamento. Da quel momento in poi gli Stati Uniti sono stati ostaggio della politica europea, soprattutto se si considera la loro partecipazione nelle due grandi guerre e la sudditanza della FED nei confronti della BoE che ha piantato i semi della Grande Depressione. Gli USA continuavano a essere una colonia inglese e attraverso di essi hanno continuato a modellare il mondo a loro piacimento. Attraverso il soft power e le relazioni con l'aristocrazia gli inglesi si sono da sempre garantiti, in tutte le loro colonie, l'ultima parola nelle questioni dirimenti; l'assalto agli Stati Uniti, sin dalla Brexit, aveva come unico scopo il rimpatrio dei soldi “investiti”.
L'ultimo giro di giostra dell'eurodollaro ha come data il 2008 e sin da allora è diventato chiaro che quel famoso qualcosa che non poteva più andare avanti s'era fermato. Il sistema monetario e commerciale è rotto, i bilanci nazionali sono saturi di debiti impagabili e sopravvalutati, e il tutto è sull'orlo del collasso. L'unica via che Londra vede è quella del ripudio, parziale, di tutto questo ammontare di debiti e la classe dirigente intende rimanere in carica anche dopo questo evento di proporzioni epiche. Non fraintendetemi, non è la prima volta che accade una cosa del genere: il Consol britannico nacque proprio per questo motivo. Ciò che bisogna salvaguardare nella fase di transizione è il collaterale per poi impiegarlo nella iterazione successiva affinché i vecchi obbligazionisti sottoscrivano i nuovi bond. A questo giro, però, la giostra non può ripartire se prima gli Stati Uniti non vanno in bancarotta... perché? Perché rappresentano ancora un punto nel mondo in cui il capitale viene trattato meglio, sia quello umano che quello finanziario. Di conseguenza devono essere divisi e ridotti sul lastrico, così come la Russia, affinché Europa e Inghilterra possano apparire come i luoghi “più stabili” in cui investire e mettere al riparo i risparmi. In questo modo sarebbe più facile vendere la soluzione haircut: assenza di alternative.
Infatti gli Stati Uniti sono stati protagonisti di afflussi simili già in passato, in particolar modo nei Ruggenti anni '20, che poi la FED ha trasformato in Grande Depressione per spalleggiare il ritorno alla parità aurea pre-bellica da parte della Banca d'Inghilterra. E nonostante quest'ultima i capitali dall'Europa continuarono lo stesso a valore negli USA, contribuendo a costruire quella macchina da guerra che avrebbe riparato i danni causati da inglesi e francesi contro i tedeschi. Accade la stessa cosa oggi con la guerra in Europa orientale, dove sono stati impegnati ingenti capitali e promesse sui flussi di cassa futuri, a fronte di una guerra che Londra e Bruxelles stanno perdendo e da cui Washington vuole staccarsi. Per i russi non c'è niente di nuovo visto che combattono da tempo immemore contro gli inglesi. La classe dirigente europea, la quale è a corto di qualsiasi potere contrattuale dato che non ha capitali finanziari, know-how indsutriale rappresentato da industrie tecnologiche chiave e nemmeno materie prime, presuppone di avere ancora un potere di monopsonio e sventola questa percezione (fasulla) per ottenere credibilità. La cricca di Davos ha un unico incentivo: vuole sopravvivere, così come è sopravvissuta a tutte le altre iterazioni precedenti creando e poi facendo crollare i sistemi a cui si è posta al vertice. Questa storia non è affatto diversa oggi.
L'arbitraggio monetario è stato il mezzo, la manipolazione della valuta di riserva mondiale. Che si trattasse della sterlina, del gold standard o del sistema bimetallico, ogni volta bastava sottoporre a leva il sistema monetario di riferimento e guadagnare clientes. Questa è gente che ha scoperto questo “trucco” e nel corso del tempo l'ha reso più sofisticato, diffondendo la religione del globalismo. Il problema con questo punto di vista è che da questo treno sono scesi tutti gli altri: i russi, i cinesi e soprattutto gli americani. Questi ultimi hanno detto “No” sin da quando Trump è stato eletto la prima volta; addirittura la popolazione inglese ha detto “No” sin da quando è stata votata la Brexit e per questo affronto continuano a essere puniti ancora oggi (a tal proposito, si veda la serie La fattoria Clarkson).
In parole povere, sebbene gli Stati Uniti abbiano il miglior esercito del mondo e il miglior motore economico del mondo, la loro linea di politica estera è stata dettata a Londra e a Bruxelles. Persone come Lindsey Graham o John McCain sono esempi perfetti di personaggi allineati coi neoconservatori inglesi; Obama e i suoi accoliti, invece, fanno riferimento a Bruxelles e più propriamente alla cricca di Davos. Queste due fazioni vogliono le stesse cose e combattono per gli stessi obiettivi, oligarchie entrambe che non disdegnerebbero una lotta fratricida pur di essere quella al vertice. A questo giro se gli inglesi non risulteranno vincitori, se non metteranno a ferro e fuoco il mondo, verranno scaraventati nell'irrilevanza geopolitica per i prossimi 50-100 anni. Per quanto riguarda l'Europa, invece, dipende da quale parte si stia parlando: quella orientale graviterà nell'orbita russa, mentre quella centrale e occidentale si spezzetterà in spazi a sé stanti. Per quanto magro, questo è un risultato che continuerebbe a favorire gli inglesi dato che il gioco del divide et impera è sempre stato il loro tratto caratterizzante.
In questo contesto la FED è stato un attore principale, il vero asso nella manica degli Stati Uniti per emanciparsi da tale gioco di potere e ottenere una vera indipendenza dai suoi storici colonizzatori. Il ciclo di rialzo dei tassi di Powell sin dal 2022, anno in cui è stato inaugurato l'SOFR e dopo la sofferta rielezione dello stesso Powell a capo della FED durata 6 mesi, ha rappresentato la nemesi dell'amministrazione Biden. Detto in altro modo: “Volete una guerra in cui gli USA non vogliono avere niente a che fare? La pagherete a tassi più alti. Volete la rivoluzione green? La pagherete a tassi più alti”. Lo scandalo sull'insider trading di fine 2021 era stato studiato per far fuori politicamente Kaplan, Rosengren e lo stesso Powell, i tre più determinati a mettere un freno al lassismo monetario sfrenato. Quest'ultimo è stato risparmiato perché la fazione cui fa riferimento gli ha coperto le spalle. L'inversione di marcia più recente, così come il taglio dei tassi a settembre, non era affatto mirato a facilitare la vita alla Harris (se così fosse stato Powell avrebbe iniziato a tagliare i tassi a gennaio dell'anno scorso, come minimo) bensì a spianare la strada a Trump e a coloro che lo rappresentano per davvero. Li chiameremo New York Boys, o in termini più profani quel conglomerato di grande banche commerciali situate nella costa orientale degli Stati Uniti.
Il “dovere” della FED è quello di proteggere le banche commerciali degli USA, in particolar modo quelle grandi. Le banche centrali, alla fine della fiera, sono solo uno strumento per costringere le banche capitalizzate a fornire liquidità a quelle meno capitalizzate. Non hanno alcun potere sui tassi reali. Il loro gioco è tutto sulle percezioni, ma così come il mondo è costruito al giorno d'oggi esse sono fondamentali e dirimenti. Gli azionisti della FED sono le 12 banche regionali Federal Reserve e gli azionisti di queste ultime sono le grandi banche in quelle giurisdizioni. In un mondo che viene direzionato verso una CBDC e un sistema di credito basato su di essa, il sistema bancario commerciale è destinato a scomparire. Quello americano ha detto “No” e l'ha fatto sapere tramite la FED che, negli ultimi 7 anni, ha lavorato per cambiare la politica monetaria per la prima volta sin da Bretton Woods: piuttosto che mettere toppe all'economia mondiale mandando fuori i dollari, ricostruire quella interna rimpatriandoli. E questo lo si fa cambiando il modo in cui i dollari vengono prezzati nel mercato aperto: dal LIBOR al SOFR, un punto spiegato nel mio ultimo libro Il Grande Default. Questa svolta epocale ha permesso al dollaro di essere prezzato a livello globale in base alla salute reale degli Stati Uniti, delle sue istituzioni creditizie e dei suoi mercati monetari. Per quanto possa essere auspicabile un sistema monetario basato sull'hard money, l'attuale periodo di transizione è un passo nella giusta direzione. Per quanto si possa concordare, filosoficamente, sull'abolizione del sistema bancario centrale, a livello pratico, oggi, la Federal Reserve è quanto di più concreto per smantellare i piani per un futuro distopico.
Infatti è impensabile e suicida svoltare nettamente verso una soluzione hard money mentre nel resto del mondo esistono ancora le banche centrali. Voglio dire, come si crede abbia fatto l'Inghilterra a mandare avanti il suo impero colonialista negli ultimi 150 anni? Certo, l'avanzo commerciale nei confronti degli Stati Uniti è stato utile per controllare/influenzare la politica estera/interna americana e minarla dall'interno. Ma come l'hanno finanziato? Ovviamente non tramite i dazi, non sarebbero stati sufficienti, ma principalmente tramite la Banca d'Inghilterra che stampava sterline, svuotava la propria economia e la posizionava come collaterale, e colonizzava il resto del mondo facendo girare questa ruota per criceti attraverso il flusso di cassa proveniente dai Paesi colonizzati. Questo è quello che succederebbe domani se venisse abolita di colpo la FED. In un mondo fatto di banche centrali c'è bisogno di un esercito adeguato per difendersi.
Quindi l'obiettivo dell'amministrazione Trump e delle grandi banche commerciali americane è quello di regionalizzare il dollaro. Se altri Paesi vogliono usarlo come mezzo per saldare i loro commerci, ottimo, ma non potrà più essere usato come arma contro gli USA stessi. Questa linea d'azione è diventata chiara nel 2019 e successivamente nel 2021: impossibilità di apporre garanzie europee nel mercato pronti contro termine americano, rialzo dei tassi in quest'ultimo mercato e creazione di una finestra particolare nella Federal Reserve dedicata esclusivamente ai player esteri che vogliono entrare in tale mercato. Powell creò nell'effettivo un muro tra il sistema bancario americano e quello del resto del mondo: la Federal Reserve avrebbe funto da banca centrale degli Stati Uniti, non più del mondo attraverso il “ricatto” degli eurodollari. Questo risanamento monetario è stato contrastato in ogni modo dall'amministrazione Biden, infiltrata da player ostili, che ha cercato di costringere la FED a monetizzare ogni ridicolo piano di spesa partorito dalla loro mente contorta: leggi contro l'inflazione, aiuti esteri, ampliamento della burocrazia, leggi contro il cambiamento climatico, ecc. Il contingentamento dei flussi in entrata/uscita dei dollari ha reso necessario appoggiarsi esclusivamente sul lato fiscale dell'equazione da parte di coloro che avevano urgente necessità di dollari all'estero: Bruxelles, Londra, Pechino, spiccano di più. Meno efficace della “stampa” diretta di denaro, l'ulteriore saturazione dei bilanci pubblici americani ha dato l'idea di quanto fosse gonfio e profondo il mercato degli eurodollari.
Infatti non è mai stato un problema del mercato degli eurodollari stesso, bensì di riserva frazionaria applicata a esso in tempi di ZIRP. Il ruolo della FED nel porre ordine, guardrail se volete, tra i dollari in patria e quelli all'estero è stato cruciale per iniziare a drenare e ridurre l'ipertrofia della leva finanziaria cui è stato sottoposto il mercato degli eurodollari. Con Bernanke e la Yellen si potevano comprare dollari a costo praticamente zero e poi prestarli nel sistema bancario ombra affinché venissero creati tutta una serie di prodotti finanziari over the counter con cui tirare su ulteriori quantità di denaro da usare poi per comprare elezioni, finanziare operazioni d'intelligence, rivoluzioni colorate, finanziare le ONG, ecc. Era il Paese dei balocchi per tutti, tranne per il bilancio degli Stati Uniti stessi che veniva saturato progressivamente. Per l'appunto, oltre al Dilemma di Triffin, il problema reale era la saturazione dei bilanci e la valutazione del rischio fuori controllo. Se davvero Wall Street avrebbe potuto fare i soldi con la MMT a quest'ora sarebbe la linea di politica ufficiale e tutti conoscerebbero i nomi degli squinternati che la vanno decantando sui social media. Invece chi ha dato voce a tale marmaglia erano gli stessi che volevano semplicemente continuare ad avere una giustificazione per scalare ostilmente gli Stati Uniti. La crisi definitiva del sistema eurodollaro nel 2008, innescata sostanzialmente dalla Legge dei rendimenti decrescenti, ha aperto gli occhi allo zio Sam e le contromosse sono arrivate solo 8 anni più tardi: l'elezione di Trump e l'inizio dei lavori per l'SOFR un anno dopo.
Questo lasso di tempo vi da un'idea di quanto fosse intricato sbrogliare una matassa del genere, senza contare che l'SOFR è entrato in vigore ufficialmente nel 2022 e il pulsante dell'“armageddon monetario” contro i globalisti è stato spinto solo nel 2019. Ora la questione è tutta fiscale e il taglio preannunciato di circa $2.000 miliardi dal budget federale dovrà essere solo l'inizio. I prossimi 6 mesi saranno cruciali da questo punto di vista, perché poi bisognerà farsi trovare pronti per le elezioni di medio termine e mi aspetto, quindi, che Powell taglierà i tassi anche questo mese. Diversamente da quello che la maggior parte dei commentatori crede, ci sarà inflazione dei prezzi, sì, ma non nei settori finanziari. Non inizialmente almeno. Ci sarà inflazione dei prezzi nei settori delle commodity: i tagli alle tasse e un ambiente di credito più rilassato permetteranno di soddisfare una domanda latente per far ripartire la macchina economica americana. Costruire cose, efficientare il settore energetico, ottimizzare le catene di approvvigionamento, sono elementi questi che spingeranno in su i prezzi delle materie prime e spingeranno giù quegli degli asset finanziari. Solo dopo questa fase accadrà il contrario. Il ciclo di rialzo dei tassi serviva sostanzialmente a creare la famosa “onda rossa”.
Il controllo del Congresso da parte dei NY Boys serve innanzitutto a invalidare la yield curve control implementata dalla Yellen (come minimo) sin da aprile dello scorso anno, dando l'idea che gli USA fossero in grossi guai dal punto di vista squisitamente tecnico: inversione della curva dei rendimenti. Ripeto: mettere ordine sul lato fiscale dell'equazione è fondamentale per far riguadagnare credibilità allo zio Sam. La FED ha enorme influenza sul lato sinistro della curva (front-end) e, dato che esiste ancora una forte domanda per la parte destra (back-end) in virtù dell'alto livello qualitativo dei titoli sovrani americani, una volta che Trump implementerà i tagli alla spesa insieme a un abbattimento dell'imposta sul reddito, il mondo intero percepirà serietà e concretezza nella volontà di mettere a posto le cose. Al di là di quello che possono dire Moody's o Ficht. Una domanda reale e solida sosterrà la parte destra della curva in modo che Powell possa tagliare quella sinistra e avere una curva “normale”: rendimenti da 3 a 5 piuttosto che da 5 a 7. Questo a sua volta significa che le banche potranno tornare a prestare in base a un differenziale di rendimento 2/10 che permetterà loro di staccare un margine netto d'interesse decente. E questo fenomeno chi andrà a ricapitalizzare? Non le GSIB, bensì le banche locali, il credito cooperativo... insomma le banche di piccole e medie dimensioni che più hanno sofferto durante il ciclo di rialzo dei tassi da parte di Powell.
Lo sforzo più grande è quello di far riguadagnare fiducia nel sistema attuale, nel modo di fare americano. Per farlo il bilancio della Federal Reserve dovrà essere ricapitalizzato e, soprattutto, abbassato. Secondo me un obiettivo plausibile sarebbe quello di un bilancio della FED da circa $3.000 miliardi. E sì, è possibile abbassare i tassi e al tempo stesso restringere il bilancio. Inutile dire che questo processo dovrà essere puntellato. Come? Entrano in scena la riserva strategica di Bitcoin e l'oro. Entrambi gli asset rappresentano un barometro per la misurazione del rischio, il secondo più del primo data la sua storia. Malgrado ciò entrambi sono asset in grado di ripristinare credibilità e fiducia a qualsiasi bilancio percepito come compromesso. Questo significa che se i loro prezzi vengono lasciati correre, ciò servirà a schermare il bilancio dell'entità che li possiede dal rischio di controparte. Cedole dei titoli sovrani americani parzialmente redimibili in oro e prodotti finanziari emessi su Bitcoin, permetterebbero allo zio Sam di puntellare la propria strategia e prendere più piccioni con una fava: collateralizzare le passività non finanziate future, arginare l'aumento del debito pubblico, rendere felici gli investitori (flusso di cassa in dollari + hard asset che si apprezzano), attirare capitali esteri e ammorbidire la nuova ondata di inflazione dei prezzi delle commodity.
L'oro a Fort Knox, per quanto possa essere stato sottoposto a leasing multipli, rimane sempre lì; ciò che è cambiato sono le cambiali emesse su di esso. Alla fine della fiera vince chi ha l'asset fisico, che sia l'oro o Bitcoin. E non è un caso, quindi, che Blackrock ormai possegga lo stesso ammontare di BTC posseduti da Satoshi. Tutto questo, comunque, non sarebbe possibile senza il controllo politico/fiscale, ovvero senza il controllo del Dipartimento del Tesoro. Ora che la Yellen è andata e non può più fornire titoli sovrani americani a profusione a Bruxelles e a Londra, permettendo a queste ultime di usarli per tenere un tetto sui rendimenti sovrani delle rispettive giurisdizioni, il cappio al collo dell'euro si stringe ulteriormente. L'Europa è spacciata sotto ogni punto di vista, non ultimo il settore delle comunicazioni. E questo vale ancor di più per Londra.
Vedere gli inglesi contorcersi perché la loro colonia preferita gli sta sfuggendo di mano, e con essa la possibilità di finanziare a costo zero lobby e ONG con cui influenzano il mondo, non ha prezzo. https://t.co/76WfTQ3cgz
— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) January 7, 2025CONCLUSIONE
In questo saggio ci siamo spostati progressivamente dal livello micro a quello macro. Abbiamo visto come dovrebbero comportarsi gli investitori nell'attuale contesto socioeconomico per proteggere i propri risparmi dalla guerra più ampia in corso tra cricca di Davos e NY Boys. Quest'ultimo è il livello macro, invece.
Nel fuoco incrociato finiranno tutti coloro che non si prepareranno: essere consapevoli di questa belligeranza permette di sapere altresì come togliere rumore di sottofondo dal quadro generale. Ad esempio, che fine ha fatto tutto il FUD di fine anno scorso nei confronti di Tether? Sparito.
Tanti bot sui social che ci tenevano ad ammorbarci coi loro sproloqui sul fatto che la nuova regolamentazione europea avrebbe depeggato irreversibilmente il dollaro col Tether dollaro. Forse non è chiara una cosa: senza il leveraging nel mercato dell'eurodollaro, Bruxelles e Londra non hanno potere contrattuale. Forse non è chiaro che è il crosspair EUR/USD che si sta schiantando. È una questione di consapevolezza: chi è preparato e ha capito chi sono le parti in guerra, e quindi si posiziona di conseguenza, e chi non ha idea di cosa stia succedendo e reagisce in base al vento che tira. Il massacro finanziario è garantito e le perdite anche. Chi invece ha letto il mio libro, Il Grande Default, o ha usufruito e usufruisce regolarmente del mio servizio di consulenze, ha chiaro in mente il quadro generale e si posiziona di conseguenza riuscendo altresì a rimuovere tutto il rumore di fondo, dannoso e inutile.
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L'ascesa di Bitcoin è un trionfo per la verità e la realtà economica
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/lascesa-di-bitcoin-e-un-trionfo-per)
È successo: Bitcoin ha superato la cifra tonda dei $100.000. Con la continua espansione monetaria del dollaro, questo era, prima o poi, l'unico risultato logico per una qualsiasi valuta fiat scoperta.
Forse non l'avete notato, ma il mondo di Bitcoin sembra straordinariamente calmo anche a sei cifre. Non ci sono Max Keiser che urlano “F*ck Elon” a folle estatiche, nessun giocatore degenerato che compra bitcoin con una leva finanziaria del 100X.
Una sensazione simile si è verificata all'inizio dell'anno scorso quando Bitcoin aveva superato per la prima volta il suo precedente massimo storico pochi mesi dopo l'approvazione degli ETF, e poi di nuovo la notte delle elezioni, quando il prezzo è stato il primo a indicare che la vittoria di Trump era imminente.
Rispetto al 2021 e al 2022, quando i bitcoiner erano tutti ubriachi e confusi dalla velocità con cui tutto questo era accaduto e inondati da truffe di sh*tcoin e vari disastri Ponzi (es. FTX, BlockFi, Three Arrows Capital), ora tutto è piuttosto calmo. Allora quelli di noi immersi fino al collo nello spazio Bitcoin erano stati presi d'assalto da commenti e messaggi di amici e familiari: “Come funziona? È una bolla? Ora sei in pensione? Wen Lambo?”.
Questa volta Bitcoin non si basa sulla bassa liquidità di mercato e su una discutibile ingegneria finanziaria, ma su ingenti afflussi dagli ETF, dai risparmiatori che vogliono sfuggire alla trappola del debito e da quello che sembra essere un continuo aumento di acquisizioni da parte di diversi fondi sovrani.
Ora è tutto “stranamente normale”. Lo scopo di Bitcoin non è un rapido ritorno finanziario in un classico schema pump-and-dump; è qui per riparare il mondo monetario a pezzi. Il numero di aziende che costruiscono usi critici (assicurazione, wallet hardware e app che anche vostra nonna potrebbe usare, rilevamento delle frodi, riscaldamento domestico, verifica dei risultati elettorali) corrisponde davvero alle aspirazioni di questa tecnologia rivoluzionaria.
Ha scritto Pete Earle il 5 dicembre, quando il tasso di cambio di Bitcoin rispetto al dollaro ha superato per la prima volta quota $100.000: “La sua ascesa a $100.000 dimostra come l'innovazione decentralizzata e senza autorizzazioni possa sfidare, migliorare e superare i sistemi legacy, compresi quelli in ambito monetario”.
Ciononostante la situazione è incredibilmente tranquilla: tutti continuano a lavorare, un passo alla volta.
Tutti abbiamo fatto i compiti a casa leggendo, imparando, facendo podcasting, pubblicando libri e articoli e riflettendo sulla natura del denaro nella società. Durante i nostri spostamenti, durante le pause pranzo, prima di andare a letto, durante le pause per andare in bagno, abbiamo riflettuto sulle conseguenze di una moneta a offerta fissa con cui non si poteva scherzare. Abbiamo trascinato le nostre dolci metà alle conferenze di Miami, Praga, Lugano e Madeira invece di andare in vacanza a Yosemite, Cape Cod, Londra, o Marsiglia.
Abbiamo imparato di più sui nostri sistemi politici, economici e monetari disfunzionali. Dopo un decennio o più di politiche fiscali e monetarie folli e irresponsabili, abbiamo visto i nostri governanti cedere alla disperazione e il sistema politico corrotto mostrare senza sosta i suoi difetti come se fossero virtù. Li abbiamo visti stampare, spendere, inflazionare, censurare, bloccare i pagamenti, sequestrare beni e cacciare dalle piattaforme la gente “non allineata”.
In quel mondo è ovvio e inevitabile che Bitcoin (e la sua controparte informativa, Nostr) abbia successo: Bitcoin, in quanto denaro apolitico, è stato creato per questo. Nessuno dovrebbe sorprendersi che un sacco di gente abbia votato con i propri dollari prima sui mercati Bitcoin e poi il 5 novembre. È chiaro che gli americani ne hanno avuto abbastanza.
Bitcoin è un voto di sfiducia nel caos fiscale e monetario che i nostri funzionari hanno creato. Vogliamo regole, non governanti.
Se consumate troppo i media generalisti e leggete troppo i titoli di giornale, per loro Bitcoin era morto e sepolto. Noioso. Irrilevante. Una truffa sofisticata, nata da un sistema monetario a buon mercato. Infatti è morto centinaia di volte; quelli di noi che hanno trascorso abbastanza ore per studiare veramente Bitcoin hanno sentito roba del genere così tante volte da esserne esausti.
Quando Bitcoin ha toccato brevemente massimi più alti durante la scorsa primavera, Peter Schiff l'ha definito la “bolla definitiva” e ha etichettato “folle” Michael Saylor. La cosa più divertente è che Bitcoin era morto a febbraio dell'anno scorso a detta di due economisti della BCE, i quali lo hanno dichiarato inutile e pericoloso. Quegli stessi tizi erano tornati in autunno, preoccupati delle “conseguenze distributive” per la società se Bitcoin avesse continuato ad apprezzarsi per sempre (cosa sarebbe successo?). Persino gli autori di Alphaville del Financial Times, che non sono amici di Bitcoin, hanno ridicolizzato l'ipocrisia della BCE che ha più da perdere nel caso in cui Bitcoin avesse successo: “Ovviamente a nessuno nell'anno del Signore 2024 importa davvero cosa dice la BCE su Bitcoin”.
Il modo in cui Bitcoin risorge è trattato meno di frequente. Come uno scarafaggio, l'epiteto che The Economist gli ha dato a dicembre dell'anno scorso, torna, ancora e ancora, ogni volta più forte e rumoroso di prima. Con più utenti, più persone che lo usano e lo accettano negli scambi, con più hash rate che lo protegge e più prodotti che lo integrano.
Ormai è integrato nell'infrastruttura elettrica della nazione e nei suoi mercati finanziari. È un potenziale nuovo mezzo di scambio, regolarmente disprezzato dagli economisti dell'establishment e invece abbracciato da outsider e personaggi politici non convenzionali come Nayib Bukele e Javier Milei (e apparentemente persino da Vladimir Putin), oltre alla “plebe” e ai cosiddetti deplorevoli.
L'ascesa di Bitcoin non è un semplice trionfo circostanziale, ma un riflesso della capacità delle persone di discernere la verità tra condizioni economiche difettose. Il prezzo è importante, ciononostante la sua crescita è una testimonianza del desiderio popolare di asset decentralizzati, affidabili e resistenti all'inflazione.
Qualunque sia la vostra opinione su Bitcoin, che l'abbiate ignorato o studiato attentamente, che lo riteniate un gioco d'azzardo illegale, un rumore irrilevante o la cosa migliore per l'umanità, mentre il sistema monetario tradizionale peggiora sensibilmente, Bitcoin migliora relativamente.
Il massimo storico di Bitcoin non è solo una pietra miliare per questa nuova valuta; significa un cambiamento più ampio nel modo in cui gli individui percepiscono e interagiscono con il denaro. Il sistema finanziario e le condizioni monetarie in cui viviamo hanno un disperato bisogno di rampe di uscita e la rivoluzione è qui per questo.
Mantenete la calma e continuate a costruire, amici miei.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Siria: un caso di follia a palate del cosiddetto “Empire First”
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/siria-un-caso-di-follia-a-palate)
Se mai c'è stato un momento che ha messo a nudo l'assoluta stupidità e futilità della politica “Empire First” di Washington, è sicuramente quello delle rovine fumanti della Siria. Quest'ultima è stata il culmine inconcludente dei 13 anni di sforzi di Washington nel voler distruggere il suo legittimo governo, sostenendo che Assad era un brutale tiranno e un saccheggiatore della misera ricchezza del Paese.
Il fatto è che probabilmente era proprio questo, e potrebbe benissimo essere stato tra i peggiori delle decine di tiranni che opprimono i loro cittadini in nazioni grandi e piccole in tutto il mondo, ma forse Dio Onnipotente ha consacrato Washington come una specie di Buon Pastore planetario incaricato di portare un governo giusto e gentile a tutti i popoli del pianeta?
Penso proprio di no. Infatti il mantenimento di una Repubblica costituzionale sostenibile, prospera e libera richiede fedeltà all'opposto: un sistema di governo piccolo e solvente, anche lato Pentagono. Di conseguenza l'unico scopo della politica estera dovrebbe essere la salvaguardia della sicurezza e della libertà della patria, non il controllo dell'etichetta di governanti dall'altra parte del globo che non rappresentano alcuna minaccia militare alla sicurezza della nostra patria.
Eppure Washington ha ritenuto opportuno, nell'ultimo decennio e mezzo, di pompare più di $40 miliardi in aiuti militari palesi e segreti, sostegno economico e assistenza umanitaria a una pletora di forze di opposizione siriane senza alcuno scopo evidente in merito a sicurezza nazionale. Al contrario, la spesa di tutto questo capitale politico è stata progettata solo per effettuare un cambio di regime a Damasco ed espellere il governo di Assad dal suo controllo su quelle che, fino a poche settimane fa, erano le restanti aree bianche della mappa qui sotto.
Eppure le regioni colorate che circondano quello che ora è il vuoto della caduta di Assad vi dicono tutto quello che c'è da sapere sulla follia di questa impresa e sul perché in verità Washington ha dato alla luce un altro stato fallito; e lo ha fatto ancora una volta con il pretesto di combattere il terrorismo, questa volta la banda di jihadisti dell'ISIS che hanno piantato le loro bandiere nere nelle polverose città dell'Alto Eufrate con al centro Raqqah (area viola).
La verità è che le aree bianche, tra cui la regione di Damasco precedentemente controllata dal governo di Assad, erano il vero baluardo contro una rinascita dei tagliagole dell'ISIS, emersi nel 2014 dalle ceneri del fallito intervento di Washington per il cambio di regime in Iraq. Quindi anche se la scelta fosse stata tra il male minore, chiunque avesse avuto la testa sulle spalle avrebbe potuto vedere che rafforzare, o almeno tollerare tacitamente, il regime laico e pluralista alawita di Damasco era di gran lunga preferibile ai fanatici del Califfato dell'ISIS.
Detto in altri termini, una debacle in Iraq avrebbe sicuramente dovuto giustificare un ripensamento sul continuare a perseguire un secondo tentativo di cambio di regime nella vicina Siria. Dopo tutto, la minaccia dell'ISIS che aveva afflitto la Siria orientale era stata la progenie del disastroso intervento di Washington contro Saddam Hussein. Infatti, come nel caso di Assad, Hussein non aveva rappresentato alcuna minaccia per la sicurezza nazionale americana, ma era stato comunque trattato con la terapia “shock and awe” di un massiccio attacco militare e la forca perché era stato accusato di essere un tiranno saccheggiatore degli avidi emiri che governavano i giacimenti petroliferi della porta accanto.
Ahimè, i geni del cosiddetto “Empire First” sulle rive del Potomac non hanno capito niente di tutto questo. Il loro piano geniale era di sbarazzarsi sia dei jihadisti dell'ISIS che del regime di Assad allo stesso tempo. Ma nel tentativo di farlo hanno finito per creare due nuovi mostri militarizzati dalle dislocazioni economiche e dagli scontri tribali che sono derivati dalla stessa guerra civile che avevano scatenato.
Il precedente territorio controllato dall'ISIS in viola è ora controllato dalle milizie curde SDF (Syrian Democratic Forces) finanziate dagli Stati Uniti. Queste ultime sono il nemico mortale del presunto alleato NATO di Washington, la vicina Turchia, la quale combatte i curdi da decenni.
Infatti, a causa di questa minaccia, la Turchia ha sostenuto e finanziato l'SNA (Esercito Nazionale Siriano) anti-curdo, il quale occupa le terre di confine in giallo. Qualche anno fa l'SNA si chiamava FSA (Esercito Siriano Libero), un'idea sostenuta e gestita dalla CIA e del defunto senatore John McCain, il quale non ha mai incontrato un Paese in Medio Oriente che non desiderasse invadere e occupare.
Nel frattempo neanche i jihadisti erano stati eliminati, come aveva trionfalmente affermato Trump quando Washington aveva bombardato Raqqa e le aree circostanti nel 2017, e aveva anche finito il suo leader terrorista, Abu Bakr al-Baghdadi, nel 2019. Come l'SNA il contingente jihadista si era semplicemente trasformato. Due volte.
Quello che oggi è HTS (Hay'at Tahrir al-Sham), che apparentemente controlla il corridoio rosso da Aleppo fino a Damasco, era precedentemente noto come Fronte Nusra. Questo quando il suo attuale leader, Abu Mohammad al-Julani, era un jihadista. Nel 2011 era stato inviato nella Siria orientale per fomentare una rivolta dal suo mentore e terrorista, il già citato al-Baghdadi. Entrambi erano laureati in quella scuola di formazione carceraria per jihadisti sunniti a Camp Bucca in Iraq, in seguito soprannominata “Washington's Jihadi University”. Questa mostruosità da 20.000 prigionieri era stata fondata dai proconsoli di Washington dopo la caduta di Saddam come parte della folle campagna di de-batificazione nel 2003.
Alla fine del decennio scorso Washington aveva inasprito la sua campagna di liberazione dell'Iraq e stava tentando di liberarsi dalla sua fallita disavventura militare multimiliardaria. Di conseguenza si impegnò a svuotare suddetta prigione sovraffollata in quella che è diventata nota come la “Grande liberazione carceraria del 2009”, rimettendo in libertà 5.700 detenuti di massima sicurezza dalla prigione di Bucca. Tra questi c'erano Baghdadi e Julani.
Mentre il primo organizzava e guidava la rivolta sunnita a Mosul e nella provincia di Anbar nell'Iraq occidentale, il Fronte al-Nusra fu fondato come entità separata in Siria da al-Julani. Inizialmente era una propaggine di al-Qaeda in Iraq, ma nell'aprile 2013 al-Baghdadi annunciò che il Fronte al-Nusra si era fuso con l'ISIS per formare lo Stato islamico dell'Iraq e del Levante (ISIL).
Tuttavia al-Julani e il Fronte al-Nusra rifiutarono questa fusione e presero strade separate, assumendo il ruolo di forza jihadista indipendente con base nella Siria occidentale e roccaforti a Idlib e Aleppo. In seguito il suo Fronte al-Nusra guidò la conquista di questa regione nel 2015 sotto la bandiera di Jaish al-Fatah (l'Esercito della Conquista). Quest'ultimo fu, a sua volta, descritto all'epoca dalla rivista Foreign Policy come una “sinergia” di jihadisti e armi occidentali.
Anni dopo il funzionario statunitense Brett McGurk non esitò a definire la base di Idlib di al-Julani come “il più grande rifugio sicuro di Al-Qaeda sin dall'11 settembre”. Naturalmente il ruolo cruciale delle armi e degli aiuti strategici statunitensi nel favorire questo successo jihadista non venne menzionato.
Allora perché gli USA hanno fornito armamenti al Fronte al-Nusra? Un rapporto della Defense Intelligence Agency (DIA) dell'agosto 2012, scritto sotto gli auspici del generale Michael Flynn, fece uscire la verità: i neoconservatori e gli egemonisti di Washington avevano deciso di sostenere l'istituzione di un “principato salafita” nella Siria orientale e nell'Iraq occidentale come parte dello sforzo per deporre il presidente Bashar al-Assad e dividere il Paese.
Il rapporto della DIA affermava che l'obiettivo degli Stati Uniti era un mini-stato religioso del tipo istituito in seguito dall'ISIS come suo “califfato”, pur ammettendo che la cosiddetta rivoluzione siriana che cercava di rovesciare il governo di Assad era guidata da “salafiti, Fratelli Musulmani e al-Qaeda”.
Infatti, come indicato sopra, i semi di questo principato salafita erano stati piantati quando l'allora leader dell'ISIS, Abu Bakr al-Baghdadi, aveva inviato Julani in Siria nell'agosto 2011. Il famoso giornalista libanese, Radwan Mortada, che era incorporato con i combattenti di Al-Qaeda dal Libano in Siria, incontrò Julani nella città centrale siriana di Homs in quel periodo. Mortada informò i suoi lettori che Julani era ospitato dalle Brigate Farouq, una fazione dell'FSA con sede nella città, e che era un gruppo salafita settario che includeva combattenti che avevano combattuto per al-Qaeda in Iraq dopo l'invasione statunitense del 2003.
Pochi mesi dopo Julani e i suoi combattenti entrarono in guerra contro il governo siriano eseguendo molteplici attacchi terroristici. A Damasco, nel dicembre 2011, Julani inviò attentatori suicidi per colpire la Direzione generale della sicurezza del governo siriano, uccidendo 44 persone, tra cui civili e personale di sicurezza. Due settimane dopo, nel gennaio 2012, Julani inviò un altro attentatore suicida per far esplodere degli esplosivi vicino a un autobus nel distretto di Midan a Damasco, uccidendo circa 26 persone.
Questi fatti sanguinosi, che coincidono con la fondazione del “Fronte di supporto al popolo del Levante”, o Fronte al-Nusra, furono rivelati dopo che al giornalista Mortada fu fornito un video in cui Julani e altri uomini mascherati annunciavano l’esistenza del gruppo e rivendicavano la responsabilità degli attacchi. Questa è quindi la discendenza del leader e del gruppo che presumibilmente ha “liberato” la Siria dalle grinfie della famiglia Assad.
In ogni caso, quando l'epicentro dell'ISIL con sede a Raqqah fu demolito dopo il 2017, il Fronte al-Nusra resistette, cambiando il suo nome in Hayat Tahrir al-Sham (HTS) nell'ottobre 2017. Questo rebranding faceva parte di uno sforzo per prendere le distanze da al-Qaeda e ristrutturare il gruppo fondendosi con diverse altre fazioni jihadiste.
Per diversi anni HTS è rimasta confinata nella sua ristretta base territoriale di Idlib, anche se assalita da continui attacchi da parte delle forze di Assad e dei suoi alleati russi nella zona.
Tuttavia al-Julani ha resistito, reinventando sé stesso di recente come Ahmed al-Sharaa, che è il suo vero nome. Ora porta una barba ancora più corta rispetto alla seconda foto qui sotto e a volte indossa persino una cravatta, mentre afferma di essere un “amico della diversità” di tutti i siriani: cristiani, alawiti, drusi ecc. Vale a dire, gli stessi ex-nemici infedeli del Califfato che in precedenza al-Julani aveva decretato di dover mandare a morte per antico ordine dello stesso Profeta.
In breve, la Siria è ora destinata a diventare un caos ben peggiore di quello della Libia dopo la sua liberazione da parte di Hillary Clinton nel 2011. Come è evidente da quanto sopra, è necessario un elenco di giocatori per iniziare a comprendere la follia che si sta svolgendo lì, ma la sempre astuta Moon of Alabama ha riassunto lo stato delle cose nel miglior modo possibile:
Ora è altamente probabile che il Paese crollerà. Attori esterni e interni cercheranno di catturare e/o controllare quante più parti del cadavere possibile.
Ne seguiranno anni di caos e conflitti.
Israele sta prendendo un'altra grande quantità di terra siriana. Ha preso il controllo della città siriana di Quneitra, insieme alle città di Al-Qahtaniyah e Al-Hamidiyah nella regione di Quneitra. È anche avanzato nel monte Hermon siriano e ora è posizionato a soli 30 chilometri dalla capitale siriana.
Sta inoltre smilitarizzando la Siria bombardando ogni sito di stoccaggio militare nel suo raggio d'azione. Le posizioni di difesa aerea e le attrezzature di sollevamento sono i suoi obiettivi principali. Per anni a venire la Siria, o qualsiasi cosa possa evolversi da essa, sarà completamente indifesa contro gli attacchi esterni.
Israele è per ora il grande vincitore in Siria, ma con gli inquieti jihadisti ora proprio sul suo confine, resta da vedere per quanto tempo durerà.
Gli USA stanno bombardando il deserto centrale della Siria. Sostengono di colpire l'ISIS, ma il vero obiettivo è qualsiasi resistenza locale (araba) che potrebbe impedire una connessione tra l'Est della Siria controllato dagli USA e il Sud-ovest controllato da Israele. Potrebbero esserci dei piani per costruire ulteriormente questa connessione in un Eretz Israel, uno stato controllato dai sionisti “dal fiume al mare”.
La Turchia ha avuto e ha un ruolo importante nell'attacco alla Siria. Sta finanziando e controllando l'Esercito nazionale siriano (in precedenza Esercito siriano libero) e che sta principalmente usando per combattere i separatisti curdi in Siria.
Ci sono circa 3-5 milioni di rifugiati siriani in Turchia che l'aspirante sultano Erdogan vuole, per ragioni di politica interna, far tornare in Siria. Il caos in evoluzione non lo permetterà.
La Turchia aveva nutrito e spinto Hayat Tahrir al-Sham, derivato da al-Qaeda, a prendere Aleppo. Non si aspettava che andasse oltre. La caduta della Siria sta diventando un problema per la Turchia, poiché gli Stati Uniti ne stanno prendendo il controllo. Washington cercherà di usare HTS per i propri interessi che, detto con moderazione, non sono necessariamente compatibili con qualsiasi cosa la Turchia voglia fare.
Un obiettivo primario per la Turchia sono gli insorti curdi in Turchia e il loro sostegno da parte dei curdi in Siria. Organizzati come SDF, i curdi sono sponsorizzati e controllati dagli Stati Uniti. SDF sta già combattendo SNA di Erdogan e qualsiasi ulteriore intrusione turca in Siria sarà affrontata da loro.
SDF, supportato dall'occupazione statunitense della Siria orientale, ha il controllo dei principali giacimenti di petrolio, gas e grano nell'Est del Paese. Chiunque voglia governare a Damasco avrà bisogno di accedere a quelle risorse per poter finanziare lo stato.
Nonostante abbia una taglia da $10 milioni sulla sua testa, il leader di HTS, Abu Mohammad al-Golani, è attualmente descritto dai media occidentali come il nuovo leader unificante e tollerante della Siria. Ma HTS è di per sé una coalizione di jihadisti intransigenti provenienti da vari Paesi. C'è poco da saccheggiare in Siria e non appena quelle risorse saranno esaurite, inizieranno i combattimenti all'interno di HTS. Al-Golani riuscirà a controllare gli impulsi settari dei suoi compagni quando questi inizieranno a saccheggiare i santuari sciiti e cristiani di Damasco?
Negli ultimi anni la Russia ha investito meno nel governo di Assad di quanto sembrasse. Sapeva che Assad era diventato un partner per lo più inutile. La base russa nel Mediterraneo a Khmeimim nella provincia di Latakia è il suo trampolino di lancio verso l'Africa. Ci saranno pressioni da parte degli Stati Uniti su qualsiasi nuova leadership in Siria per cacciare i russi. Tuttavia, qualsiasi nuova leadership in Siria, se intelligente, vorrà tenere i russi dentro. Non è mai male avere una scelta alternativa se alla fine ce ne fosse bisogno. La Russia potrebbe benissimo rimanere a Latakia per anni a venire.
Con la caduta della Siria, l'Iran ha perso il principale anello del suo asse di resistenza contro Israele. Le sue difese avanzate, fornite da Hezbollah in Libano, sono ora in rovina.
Ma ecco la domanda cruciale: qual era esattamente il punto nel voler distruggere un piccolo Paese in gran parte senza sbocchi sul mare in Medio Oriente, con una popolazione di appena 20 milioni di persone, un PIL di soli $40 miliardi, un reddito pro capite di appena $2.000, nessuna risorsa naturale significativa oltre una miseria di 2,5 miliardi di barili di riserve di petrolio (pari a circa 30 giorni di produzione globale di petrolio), nessuna capacità siderurgica o industriale, nessun settore tecnologico, nessuna capacità di proiettare alcun potere militare oltre i propri confini e un settore dei consumatori così devastato dalle guerre civili istigate da Washington che le vendite totali di auto nel 2022 sono state di 478 unità?
Esatto. Nessuno!
In fin dei conti, nemmeno Washington è così stupido da sprecare $40 miliardi in questo fazzoletto di terra. Quello che è realmente successo qui è che, secondo i fanatici della dottrina “Empire First”, Assad doveva essere rimosso perché aveva gli alleati sbagliati e i vicini sbagliati. La demonizzazione della sua tirannia era solo una storia di copertura per il vero obiettivo: indebolire il suo alleato iraniano.
In quanto minoranza alawita, che è una branca dell'Islam sciita, Assad si era allineato con i suoi parenti sciiti a Teheran e aveva permesso che il territorio siriano venisse utilizzato da questi ultimi per trasportare armi e materiali agli alleati iraniani di Hezbollah nel Libano meridionale, il che rientrava pienamente nei suoi diritti sovrani, soprattutto perché Hezbollah aveva svolto un ruolo di primo piano nel governo di coalizione del Libano. Quindi distruggere quel nesso sciita è stata la vera ragione della guerra implacabile di Washington contro Assad e del suo incessante abbraccio e finanziamento di tutti i detriti e i rottami sgradevoli che filtravano dalla devastante guerra civile siriana.
Non esiste che la sicurezza interna dell'America fosse stata messa in pericolo dall'alleanza sciita Iran-Siria-Hezbollah, o dal fatto che uno stato sovrano membro di quell'alleanza (la Siria) abbia permesso che il suo territorio fosse utilizzato per trasportare armi e materiale. L'unica possibile ragione per la follia ventennale di Washington in Siria, quindi, è la proposizione che l'Iran sia una minaccia esistenziale per la libertà e la sicurezza della patria americana... a 6.400 miglia da Teheran.
È una barzelletta assurda, tanto per usare un eufemismo. Il PIL iraniano di $400 miliardi equivale a solo l'1,5% o cinque giorni di PIL degli Stati Uniti. Allo stesso modo, il suo budget militare di $25 miliardi è solo il 2,5% del mostro da $1.000 miliardi domiciliato al Pentagono.
La piccola Marina iraniana è composta per lo più da 67 motovedette costiere e imbarcazioni d'attacco veloci, nessuna delle quali può operare molto al di fuori del Golfo Persico. Inoltre non ha aerei a lungo raggio e il suo missile a più lungo raggio, il missile da crociera Soumar, non è nucleare e ha una gittata massima di 1850 miglia. Vale a dire, riesce a malapena a raggiungere il bacino del Mediterraneo e non riesce nemmeno a raggiungere città europee come Parigi, Berlino, Copenaghen, Londra, Stoccolma o Oslo, per non parlare di quelle che si trovano dalla nostra parte del fossato atlantico.
Infine l'Iran non è una potenza nucleare canaglia o una minaccia nucleare intenzionale, nemmeno secondo le 17 agenzie di intelligence dello Stato profondo che scrivono i cosiddetti NIE o National Intelligence Estimates. Questi hanno detto più e più volte che l'Iran ha abbandonato persino il suo programma di ricerca nucleare nel 2003, ha rispettato alla lettera l'accordo nucleare di Obama prima che Trump lo abbandonasse unilateralmente nel 2018, e anche ora sta solo arricchendo modeste quantità di uranio a livelli legali, come è sua prerogativa in quanto firmatario del Trattato di non proliferazione nucleare.
In breve, l'Iran è la pignatta politica di Bibi Netanyahu, non un nemico della libertà e della sicurezza dell'America.
Se Washington non si fosse occupata dell'Impero al primo posto e, soprattutto, non si fosse lasciata trascinare, da alleati e clienti, in conflitti che non hanno alcuna attinenza diretta con la sicurezza della sua patria, Washington avrebbe sempre seguito il consiglio di Thomas Jefferson: perseguire un commercio pacifico con l'Iran e la Siria, anziché punirli con sanzioni paralizzanti e infiniti attacchi alla loro sovranità e al loro diritto di perseguire accordi di politica estera secondo i loro principi.
Cosa farebbe oggi una legittima politica estera improntata al principio “America First”?
Semplice: chiuderebbe le basi in Medio Oriente, rimanderebbe la Quinta Flotta al porto di origine in America, toglierebbe le sanzioni all'Iran e alla Siria, e riprenderebbe il commercio pacifico con tutte le nazioni disponibili nella regione.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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La vera democrazia può essere solo la libertà
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://fsimoncelli.substack.com/p/la-vera-democrazia-puo-essere-solo)
Con l'avvento della democrazia rappresentativa più di un secolo fa nella maggior parte dell'Occidente, la credenza popolare era che il “governo dei pochi” sarebbe stato relegato nella pattumiera della storia. Ciò non è mai accaduto, ovviamente, come è diventato più chiaro ai “molti” nel corso dei decenni. Infatti l'oligarchia occidentale al potere è diventata più visibile di prima, troppo sfacciata nei suoi tentativi d'imporre la sua agenda globalista al mondo.
L'illusione della democrazia rappresentativa è svanita anche con il peggioramento delle condizioni sociali ed economiche in Occidente. Da un lato, le politiche monetarie e di immigrazione che sono state implementate a lungo termine e senza legittimità democratica stanno influenzando il tessuto stesso delle società occidentali. Dall'altro, il processo democratico stesso ha contribuito alla crescita dell'interventismo statale per oltre un secolo, con effetti disastrosi.
Per queste ragioni la democrazia rappresentativa non può certamente essere associata alla libertà, nonostante quanto si possa credere a livello popolare. Farlo significherebbe che l'essenza della libertà, vale a dire la protezione dei diritti di proprietà, viene spinta in secondo piano. La democrazia non è un baluardo contro la violazione della proprietà privata, è l'esatto contrario. Come scrisse Ludwig von Mises in Nation, State and Economy (1919): “La democrazia è il mezzo migliore per realizzare il socialismo”.
La realtà è che il sistema politico noto come democrazia rappresentativa non è “democratico” nel senso etimologico di “governo del popolo”. Un autentico governo del popolo non potrà mai essere raggiunto da un sistema politico. L'unico modo in cui il popolo può governare è quando ogni sua singola unità è libera politicamente ed economicamente. Questa dovrebbe essere la vera definizione di “democrazia”.
La vera democrazia è il diritto all'autodeterminazione
Dal punto di vista politico il governo del popolo può significare solo il diritto all'autodeterminazione. Mises lo definì in questo modo: “La democrazia è autodeterminazione e autogoverno [...]. Non è il diritto all'autodeterminazione di un'unità nazionale delimitata, ma il diritto degli abitanti di ogni territorio a decidere circa lo stato a cui desiderano appartenere”.
In altre parole, gli individui dovrebbero avere il diritto di secedere da uno stato, politicamente e legalmente, se lo desiderano. Quindi la vera “democrazia” significa anche il diritto alla secessione; la libertà politica aumenta per qualsiasi minoranza, regione o città a cui è consentito decidere di non essere governata da un particolare stato-nazione.
La secessione potrebbe portare all'indipendenza dell'unità secessionista. Tale e completa autodeterminazione, in particolare a livello regionale o comunale, rappresenterebbe un passo importante verso la libertà per gli interessati, perché gli stati più piccoli sono generalmente più liberi e più ricchi di quelli più grandi, come dimostra il caso del Liechtenstein.
La transizione verso tale autodeterminazione da società controllate centralmente non è, ovviamente, semplice. Un primo passo potrebbe essere un aumento del sostegno al principio di sussidiarietà e decentramento fiscale.
La secessione effettiva porterebbe probabilmente a questioni spinose tipo la risoluzione delle rivendicazioni legate alla proprietà privata e al possibile trasferimento volontario di individui che rifiutano la secessione. Un grande ostacolo è quello politico poiché, anche se le secessioni accadono, tali iniziative sono solitamente respinte dallo stato di controllo, anche nelle “democrazie” rappresentative. E quando hanno successo, è spesso con il sostegno egoistico di forze politiche esterne.
La vera democrazia è il libero mercato
Dal punto di vista economico il governo del popolo può esistere solo nel libero mercato, dove gli scambi avvengono senza alcuna interferenza da parte dello stato. Questo è ciò che Mises chiamava, in Human Action (1949), la “democrazia del mercato”.
È l'intervento dello stato nel mercato che conferisce potere politico alla minoranza dominante e limita in innumerevoli modi lo sviluppo e il progresso della società, non da ultimo a livello individuale. La maggioranza può quindi avere più influenza sulla direzione della società solo attraverso una limitazione di questo potere politico. Un aumento della libertà (vale a dire uno scambio più volontario e non forzato) richiede quindi la riduzione del potere dello stato sulla società.
Il libero mercato è l'unico ordine sociale basato sulla sovranità popolare intesa come diritto di scelta. Solo l'economia di libero mercato consente che le scelte di milioni di individui siano prese in considerazione, non una volta ogni pochi anni alle urne, ma ogni giorno, innumerevoli volte al giorno per ogni individuo. Come scrisse Mises: “Il capitalismo è il compimento dell'autodeterminazione dei consumatori”. La vera democrazia può quindi esistere solo nel libero mercato.
Conclusione
Queste due descrizioni della vera democrazia, vale a dire, come diritto alla secessione e come libero mercato, rappresentano due facce della stessa medaglia: l'autodeterminazione dell'individuo a livello politico ed economico. La vera democrazia può, quindi, essere solo libertà, nel senso di assenza di intervento statale nella società.
È chiaro che la realizzazione di una democrazia reale di questo tipo, in qualsiasi luogo oggi, sarebbe a dir poco difficile. Infatti potrebbe non realizzarsi nelle forme pure descritte sopra. Tuttavia, anche da un punto di vista pragmatico, un più ampio riconoscimento dei principi e dei benefici dell'autodeterminazione è diventato assolutamente necessario.
L'impasse statalista e il malessere sociale in cui si trovano attualmente le società occidentali rendono urgente una tale comprensione, in virtù soprattutto della restrizione della circolazione delle idee di libertà a causa della propaganda statalista prevalente.
Con il peggioramento delle condizioni economiche e politiche, diventerà quindi più probabile che una crisi importante o una violenza politica (o entrambe) rendano popolare l'idea che la vera democrazia possa essere solo libertà. I tempi attuali, fatti di incertezza, rappresentano un rischio di controllo dall'alto ancora più stretto, ma anche un'opportunità di libertà che dovrebbe essere colta.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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