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Francesco Simoncellihttp://www.blogger.com/profile/[email protected]
Aggiornato: 6 ore 10 min fa

Sovranismo, parte #6: la strategia dello statalismo

Ven, 31/05/2024 - 10:04

 

 

di Robert Breedlove

Nella Parte 5 di questa serie ho dimostrato che la moderna ossessione per la politica, inclusa la sua presenza nell’identità individuale e di gruppo, è una psicosi di massa basata sulla violabilità della proprietà. Questa illusione è aggravata dalla corruzione del denaro – la (psico)tecnologia più importante dell’umanità – che non solo distorce il denominatore dello scambio economico, ma viene anche utilizzata per violare i diritti di proprietà dei cittadini di tutto il mondo attraverso l’inflazione sfrenata dell'offerta di valuta fiat. In quanto denaro incorruttibile e proprietà inviolabile, Bitcoin è un elisir contro la psicosi di massa della politica.

Oggi illustreremo la strategia commerciale generale dello statalismo e attraverseremo il crollo del comunismo sovietico alla fine del XX secolo, un episodio utile per comprendere l’imminente fallimento dello statalismo, definito in senso più ampio. Ciò determinerà un ritorno al rapporto tra psicosi di massa e monopolizzazione del denaro che invece verrà esplorato nella Parte 7. Per prima cosa, diamo uno sguardo alla strategia commerciale della più grande impresa del mondo moderno: lo statalismo.


Il business dello statalismo

“Lo Stato ha utilizzato le risorse estratte da una popolazione in gran parte disarmata per schiacciare i predatori su piccola scala. Lo Stato-nazione è diventato lo strumento di maggior successo della storia per impossessarsi delle risorse economiche. Il suo successo si è basato sulla sua capacità superiore di estrarre ricchezza dai suoi cittadini.”

~ The Sovereign Individual

Lo statalismo è una condizione in cui un governo – l’apparato di coercizione, costrizione e violenza – esercita un’influenza importante sull’attività economica. Come ogni altra attività, lo statalismo è guidato da considerazioni economiche come entrate e profitti: tutte le politiche dello statalismo sono a valle della sua economia. Secondo la legge economica, ci sono solo due modi per acquisire ricchezza: producendola e prendendola. Il sovranismo si basa esclusivamente sul fare, mentre lo statalismo (compresi i suoi “marchi” di comunismo, fascismo, capitalismo, ecc.) si basa strettamente sul prendere. In poche parole: il libero mercato crea, gli stati prendono.

Fare e prendere non è una dicotomia nuova nelle strategie di accumulo della ricchezza. Oppenheimer definì il metodo del libero mercato per la creazione di ricchezza come “il mezzo economico” e lo paragonò ai mezzi coercitivi, esercitati prevalentemente da statalisti, definendoli “il mezzo politico”. Oppenheimer definì lo Stato come l’organizzazione sistematica dei mezzi politici. Ecco perché Clausewitz aveva ragione nel definire la guerra un’estensione della politica: ciascuna implica l’imposizione della forza di volontà di alcune persone su altre. Quando i mezzi politici diventano più prevalenti di quelli economici – quando il prendere supera il fare – la torta economica si restringe e tende a verificarsi un conflitto armato per le fette rimanenti. Come ci ha insegnato il XX secolo, lo statalismo portato all’estremo è un’impresa potenzialmente catastrofica.

Ogni organismo, organizzazione e istituzione ha questo in comune: ognuno è una strategia per acquisire più territorio (espresso dagli esseri umani come ricchezza o proprietà) allo scopo di riprodursi. Questo “imperativo territoriale” è un impulso biologico fondamentale inerente alla maggior parte delle specie sociali: è la ragione per cui gli uccelli costruiscono nidi, i lupi cacciano in branco e gli esseri umani si sforzano di acquisire risorse. La ricchezza può essere generata solo attraverso consumi posticipati e investimenti, una realtà economica massimizzata da forti diritti di proprietà. Ma man mano che viene creata più ricchezza, l’incentivo a violare i diritti di proprietà e ad acquisire con la forza la ricchezza altrui aumenta di pari passo. La conclusione fondamentale è che tutti gli organismi, le organizzazioni e le istituzioni sono imprese: il loro obiettivo darwiniano comune è l’acquisizione e il controllo di una maggiore ricchezza, con le buone o con le cattive (o come afferma senza mezzi termini Michael Goldstein, “Tutti sono truffatori”).

Lo statalismo è una strategia di acquisizione della ricchezza che implica coercizione, costrizione e violenza. Gli Stati-nazione, come qualsiasi altra attività, condividono un obiettivo comune: crescita e massimizzazione del profitto. Sfruttando i loro monopoli naturali sulla violenza, gli Stati centralizzano sempre il controllo come minimo sul mercato del denaro (com’è ancora il caso del “capitalismo emarginato” di marca statunitense), o come massimo prendono il controllo sull’intera economia (com’è avvenuto nel comunismo del XX secolo). Qualunque sia la forma che assume uno Stato moderno, l’incremento dei suoi profitti dipende dalle standardizzazioni.


Standard applicati per far scalare la tassazione

“I conquistatori dei nostri giorni, popoli o principi, vogliono che il loro impero possieda una superficie unificata sulla quale l'occhio superbo del potere possa spaziare senza incontrare alcuna disuguaglianza che ne offenda o ne limiti la vista. Lo stesso codice di diritto, le stesse misure, le stesse regole e, se potessimo arrivarci gradualmente, lo stesso linguaggio: questo è ciò che viene proclamato come la perfezione dell’organizzazione sociale [...]. La parola d’ordine del giorno è uniformità”

~ Benjamin Constant, De l'esprit de conquête

Il fulcro della strategia aziendale dello statalismo è la standardizzazione. Organizzando e misurando le popolazioni in modi precisi, secondo standard comuni, gli Stati possono semplificare le funzioni classiche di tassazione, coscrizione e repressione della ribellione. In altre parole, uno degli obiettivi primari dello statalismo è quello di migliorare la “leggibilità” dei cittadini, allo scopo di razionalizzare i flussi delle entrate fiscali. Poiché le principali fonti di entrate degli Stati comportano l’applicazione di coercizione, costrizione o violenza, classificheremo collettivamente tutti questi tipi di entrate (non consensuali) come tasse. Tutte le tasse sono violazioni dell’autoproprietà individuale e dei diritti di proprietà che ne derivano. Pertanto quando sono disponibili opzioni per evitare d'incappare in passività fiscali, i cittadini le sfruttano. Gli Stati, a loro volta, si sforzano di rendere la tassazione quanto più invisibile e inevitabile possibile. Norme comuni sono fondamentali per la generazione e la riscossione di imposte economicamente efficienti.

Gli Stati pre-moderni erano inefficienti nelle loro richieste ai cittadini, proprio perché mancavano di sistemi informativi rapidi e accurati. Questi primi Stati sapevano poco del patrimonio netto, delle proprietà terriere totali, dei raccolti e persino dell’identità dei loro cittadini. Senza standard comuni per calcolare e comunicare, l’attività dello statalismo era in gran parte localizzata e priva di una visione sinottica dei suoi argomenti. In confronto ai moderni Stati-nazione, quelli pre-moderni erano operazioni a bassa tecnologia. I costi fissi gravavano sui primi monopolisti della violenza e inibivano la scalabilità efficiente dello statalismo. Adottando le lezioni degli operatori forestali privati e di altre imprese incentrate sulla manipolazione del mondo naturale, alla fine hanno imparato che potevano ottenere una maggiore leva operativa attraverso l’imposizione di determinati protocolli.

All’improvviso, nel grande arco della storia, gli Stati hanno iniziato a stabilire una gamma di pratiche di standardizzazione tra cui cognomi permanenti, pesi e misure uniformi, misurazioni catastali, coerenza del discorso legale, progettazione urbana e controllo sul trasporto delle merci. Tutti questi sforzi hanno reso le attività imponibili dei cittadini più facilmente misurabili. E qui viene da pensare a un vecchio detto: “Ciò che viene misurato, viene a galla”; attraverso una migliore leggibilità, le azioni coercitive dell’arte statale potevano essere eseguite con maggiore precisione. Dotati di una comprensione più approfondita delle attività commerciali dei cittadini, gli statalisti potevano ora ampliare le proprie attività riducendo i costi fissi di accertamento e riscossione delle imposte.

La mappatura catastale ha migliorato l’efficienza degli accertamenti e delle riscossioni fiscali

Mappe più chiare dei territori sotto il dominio statale si sono dimostrate uno strumento potente, utile per ridisegnarle con risoluzioni sempre più elevate. Questa riorganizzazione dei sistemi informativi è avvenuta in un momento in cui gli esseri umani stavano imponendo con successo standard organizzativi su altri aspetti della natura. L’agricoltura e la silvicoltura sono due esempi classici in cui gli esseri umani sistematizzano e standardizzano gli stanziamenti dalla natura in modi adatti ai loro bisogni. La silvicoltura scientifica, i sesti di piantagione e le fattorie collettive erano tutte attività di specializzazione amministrativa destinate a migliorare la resa dei raccolti.

Le risorse e i terreni mappati con una risoluzione più elevata mostravano una maggiore leggibilità agli occhi dei sorveglianti, offrendo loro una maggiore leva operativa. In breve, la leggibilità è direttamente proporzionale alla manipolabilità delle risorse. Il controllo centrale e dall’alto verso il basso è diventato molto più efficace nei sistemi informativi statali con costi di transazione molto più bassi. Nel libro, Seeing Like a State, l'autore James C. Scott ci fornisce un'eccellente analogia che collega questa tendenza degli esseri umani a imporre il controllo sui frutti della natura e gli uni sugli altri:

Un’analogia familiare con l’apicoltura può essere utile. In epoca pre-moderna la raccolta del miele era un’impresa difficile. Anche se le api venivano alloggiate in alveari di paglia, raccogliere il miele di solito significava scacciarle e spesso distruggere la colonia. La disposizione delle camere di covata e delle celle seguiva schemi complessi che variavano da alveare ad alveare, schemi che non consentivano estrazioni ordinate. L’arnia moderna, al contrario, è progettata per risolvere il problema dell’apicoltore. Con un dispositivo chiamato “escludiregina”, si separano le camere di covata inferiori dalle riserve di miele superiori, impedendo alla regina di deporre le uova al di sopra di un certo livello. Inoltre le celle di cera sono disposte ordinatamente in verticale, nove o dieci per scatola, che permettono di estrarre facilmente miele, cera e propoli. L’estrazione è resa possibile osservando lo “spazio delle api”, ovvero la distanza precisa tra le celle che le api lasceranno aperte come passaggi anziché colmarli costruendo favi intermedi. Dal punto di vista dell'apicoltore l'arnia moderna è ordinata e “leggibile”, la quale gli consente di verificare le condizioni della colonia e della regina, giudicarne la produzione (in peso), ingrandire o ridurre le dimensioni dell'arnia in base al peso. unità standard, spostarla in una nuova posizione e, soprattutto, estrarre il miele sufficiente (nei climi temperati) per garantire che la colonia sverni con successo.

L’efficienza operativa è chiaramente un aspetto vitale di ogni azienda, compresi gli Stati, dove le entrate consistono interamente in esazioni coercitive sui cittadini. Le tasse sono una forma di prelievo. In combinazione con il fatto che i politici non hanno alcun interesse a lungo termine sulla base imponibile, lo schema odierno degli incentivi degli statalisti, che sono a capo della forza marziale più potente del mondo – lo Stato-nazione – e che li influenza affinché abbiano un’elevata preferenza temporale, sono estrattive e non si preoccupano del benessere a lungo termine delle reti economiche sottostanti.

Nonostante la vuota retorica (un uso malizioso di una potente psicotecnologia intesa a nascondere la vera natura dello statalismo), i burocrati e i politici hanno poco o nessun incentivo ad agire verso un qualsiasi obiettivo diverso dall’aumento delle entrate fiscali. Ad esempio, un moderno policymaker in uno Stato-nazione attraversa comunemente la proverbiale “porta girevole” tra regolamentazione e industria. In primo luogo, agendo in qualità di legislatore, un funzionario pubblico elaborerà regolamenti sfumati, poi, alla scadenza del suo mandato, andrà a lavorare come consulente in quei settori di cui era stato precedentemente responsabile della regolamentazione. Ciò significa che sono perfettamente posizionati e che sfruttano (e addirittura creano preventivamente) le lacune nelle normative che stabiliscono.

Tali incentivi perversi sono solo esacerbati dal furto praticamente illimitato consentito dalla valuta fiat. Il risultato netto è più corruzione, uno Stato più grande, una nazionalizzazione costante delle principali industrie, più tasse, più inflazione dei prezzi e meno libertà per i cittadini. Ricordate: un cittadino tassato al 100% è uno schiavo. Gli incentivi associati allo statalismo spingono i cittadini lungo il continuum da un sovranista tassato allo 0% verso uno schiavo tassato al 100%. A tal fine la standardizzazione dei dati dei contribuenti (o dei potenziali schiavi) è della massima importanza per l’efficienza operativa dello statalismo come impresa.

Non sorprende che, dal momento che lo scopo originario dello Stato era quello di preservare i diritti di proprietà privata per proteggere le reti commerciali produttive, quei modelli di statalismo che soddisfacevano maggiormente tale funzione di libero mercato tendevano ad accumulare più ricchezza. Come vedremo, il capitalismo statalista ha avuto la meglio sul comunismo per ragioni correlate, una sequenza economica che, secondo la stima del sottoscritto, presagisce un collasso di tutti i modelli di business statalisti negli anni a venire. Da questo punto di vista la caduta del muro di Berlino è stata il simbolo di un cambiamento socioeconomico molto più significativo di quanto comunemente si intenda...


La caduta simbolica del muro di Berlino

Originariamente intesi a preservare i diritti di proprietà da minacce endogene ed esogene, gli Stati hanno indirizzato i loro sforzi verso la protezione-produzione e l’espansione territoriale. Tuttavia, in seguito all’abbondanza economica sbloccata dall’industrializzazione mondiale nel XX secolo, questi monopolisti della violenza hanno rivolto sempre più i loro sforzi verso crescenti prelievi dai loro cittadini. Il passaggio dalla preservazione alla violazione della proprietà privata è il percorso oscuro intrapreso storicamente dagli Stati: un cambiamento di tendenza che tipicamente porta a sconvolgimenti sociali e rivoluzioni. I muri, gli eserciti e le istituzioni, un tempo destinati a difendere gli interessi economici dei cittadini, diventano invariabilmente il mezzo per imprigionarli in fattorie fiscali. Nel XX secolo la caduta del muro di Berlino è stata significativa in quanto ha rappresentato la rottura della strategia comunista statale di raccolta delle tasse.

“Il muro di Berlino è stato costruito con uno scopo molto diverso rispetto alle mura di San Giovanni: impedire alle persone all’interno di scappare piuttosto che impedire ai predatori dall’esterno di entrare.”

~ The Sovereign Individual

Dopo il crollo del muro di Berlino il presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, propose un “muro di Berlino per il capitale”: una tassa di uscita che avrebbe imposto agli americani al di sopra di una certa soglia di patrimonio netto di rinunciare a una somma considerevole affinché potessero sfuggire al sistema fiscale predatorio statunitense. A differenza di molti altri Paesi il sistema fiscale americano era basato sul reddito e sul patrimonio a livello mondiale, invece di essere localizzato all’interno dello Stato che imponeva la tassazione. Questo riscatto draconiano ricordava le misure adottate dall’Impero Romano in declino quando la sua posizione fiscale stava subendo un rapido deterioramento. Questo passaggio, tratto da The Cambridge Ancient History, descrive in dettaglio le azioni di confisca dell’Impero Romano ormai al collasso:

Iniziò così il feroce tentativo dello Stato di spremere la popolazione fino all’ultima goccia. Poiché le risorse economiche erano insufficienti, i forti lottavano per assicurarsi la quota principale con violenza e spregiudicatezza ben consapevoli di chi detenesse cosa e con una soldataglia abituata a saccheggiare. Sulla popolazione si riversò tutto il rigore della legge. I soldati fungevano da ufficiali giudiziari, o vagavano come poliziotti segreti per il Paese. Coloro che soffrirono di più furono, ovviamente, la classe possidente. Era relativamente facile mettere le mani sulle loro proprietà e, in caso di emergenza, erano la classe a cui si poteva estorcere qualcosa più frequentemente e rapidamente.

Gli Stati occidentali – primi fra tutti gli Stati Uniti – dipendono dalla loro capacità di estrarre una parte significativa della produzione economica attraverso la tassazione per avere stabilità e, in ultima analisi, vitalità come modelli di business redditizi. Per soddisfare le attuali richieste di bilancio – che sono sovraccaricate da molti decenni di spesa per lo stato sociale, inefficienze burocratiche e altre dispendiose allocazioni errate del capitale – gli Stati occidentali oggi devono fissare i prezzi dei loro servizi a tassi di “supermonopolio”. Nell’era digitale delle popolazioni, delle informazioni e dei capitali ipermobili, il ricarico dei servizi governativi da parte del supermonopolio pari al 10.000% o più dei loro costi di produzione non sarà più tollerato dai cittadini dotati di nuovi livelli di opzionalità. Come spiegato nei pezzi precedenti di questa serie sul sovranismo, più i politici stringono forte, più velocemente Bitcoin avrà successo. Questa non è una teoria, questo gioco geopolitico è già in corso:

“When President Erdogan fired the central bank president in March, sending the Turkish lira plummeting against the dollar, Google searches for the term “bitcoin” soared across the country.”

The tighter politicians squeeze, the faster #Bitcoin succeeds.https://t.co/F9wmVfl06C

— Robert ₿reedlove (@Breedlove22) September 20, 2021

Infatti è proprio questa stretta che porterà i sovranisti a “salpare” nello spazio digitale e a spostarsi fisicamente verso giurisdizioni dove vengono trattati meglio. Gli Stati-nazione che resistono a questa realtà economica stanno “combattendo la marea” degli interessi personali individuali – uno sforzo inutile se visto attraverso il più lungo arco della storia. Questa mega-transizione politica è in atto da molti decenni e la caduta del Muro di Berlino è stato un primo momento spartiacque, simbolico dell’imminente fallimento dello statalismo:

“La caduta del muro di Berlino è stata più di un semplice simbolo della morte del comunismo. È stata una sconfitta per l’intero sistema mondiale degli Stati-nazione, un trionfo dell’efficienza e dei mercati. Il fulcro del potere era cambiato. Riteniamo che la caduta del muro di Berlino nel 1989 fosse il culmine dell’era dello Stato-nazione, una fase storica durata 200 anni e iniziata con la Rivoluzione francese. Gli Stati esistono da 6.000 anni, ma prima del XIX secolo rappresentavano solo una piccola frazione delle sovranità mondiali. La loro ascesa inizia e finisce con una rivoluzione. I grandi eventi del 1789 instradarono l’Europa verso governi nazionali; i grandi eventi del 1989 segnarono la morte del comunismo e l’affermazione del controllo delle forze di mercato.”

~ The Sovereign Individual

Il superamento delle barriere arbitrarie all’informazione e al capitale da parte delle forze di mercato si è manifestato fisicamente con la caduta del muro di Berlino. Dal punto di vista simbolico questo evento ha fatto presagire l’imminente resa dello statalismo al principio della proprietà inviolabile sancito dall’emergere di Bitcoin.


Lo statalismo si arrende

Le forze di mercato, un tempo sopprimibili, hanno iniziato a sfondare le dighe artificiali erette dagli Stati-nazione moderni. Gli impedimenti includevano controlli sui capitali, leggi sul corso legale e politiche fiscali ostili: tutti implementati per interrompere i flussi dell'azione umana volontaria. L’ascesa dello Stato-nazione è stata un evento indotto dal punto di vista megapolitico: non era dovuto alla realizzazione dei desideri di statalisti o teorici politici. In accordo con i temi cari al sovranismo, è stata la logica della violenza a spostare la storia nell’era delle strutture di potere statale più grandi e invadenti. Gli Stati del passato puntavano al controllo centralizzato sulle risorse critiche – come l’acqua – per far rispettare i loro monopoli sulla violenza e sui sistemi di riscossione delle tasse. Tuttavia la mancanza di concentrazione delle risorse rendeva insostenibile lo statalismo pre-moderno.

“Prima del periodo moderno la maggior parte degli Stati era ‘dispotismi orientali’, società agricole nei deserti e dipendenti dal controllo dei sistemi di irrigazione per la loro sopravvivenza. Anche l’Impero Romano, attraverso il controllo dell’Egitto e del Nord Africa, era indirettamente una società idraulica. Ma non era abbastanza affinché potesse sopravvivere. Roma, come la maggior parte degli Stati pre-moderni, alla fine non aveva la capacità di imporre l’adesione al monopolio della violenza fornito dalla capacità di affamare le persone. Lo Stato romano al di fuori dell’Africa non poteva tagliare l’acqua per la coltivazione negando alle persone non sottomesse l’accesso al sistema di irrigazione. Tali sistemi idraulici fornivano più leva alla violenza di qualsiasi altra configurazione megapolitica nell’economia antica. Chiunque controllasse l’acqua in queste società poteva estrarre bottino a un livello quasi paragonabile alla percentuale della produzione totale assorbita dagli Stati-nazione moderni.”

~ The Sovereign Individual

Monopolizzare l’acqua è stata una strategia proibitivamente costosa nella maggior parte dei casi, data la sua ampia distribuzione geografica. Gli Stati-nazione moderni hanno aggirato questa carenza indotta dallo spazio fisico monopolizzando invece l’acqua economica dell’umanità: il denaro. Modellata sul punto n. 5 del Manifesto al Partito Comunista del 1848, “Centralizzazione del credito nelle mani dello Stato per mezzo di una banca nazionale con capitale statale e monopolio esclusivo”, la banca centrale dà allo Stato-nazione il potere di estrazione di ricchezza necessario per crescere fino ai livelli esorbitanti di oggi. In altre parole, la valuta fiat viene utilizzata per pagare tutta la “burocrazia” che vincola i cittadini moderni.

Le banche centrali sottraggono ampie porzioni della ricchezza generata dagli attori di mercato (insonsapevoli) attraverso regolamentazione e tassazione. Da qui il motivo per cui Marx amava le banche centrali. La cosa più importante per gli Stati-nazione è che la banca centrale ha offerto l’accesso al forziere più illimitato mai concepito: il rubinetto della valuta fiat, la quale potrebbe essere stampata per confiscare i risparmi dei cittadini fino al punto del “crack-up boom”. A differenza delle antiche monarchie, costrette a fare la guerra entro i confini dei propri bilanci, gli Stati-nazione moderni sono relativamente sfrenati dal punto di vista monetario. La tassazione ombra tramite l’inflazione è stata storicamente importante per finanziare la violenza statale:

“La cosa più importante di tutte è che il successo in guerra dipende dall’avere abbastanza denaro affinché una tale impresa abbia tutto ciò di cui ha bisogno.”

~ Robert De Balsac, 1502

Le banche centrali e la moneta fiat hanno amplificato la portata e le conseguenze dei conflitti armati nel XX secolo. Similmente al combattimento territoriale a tutto campo tra due predatori apicali, tutto ciò che contava nella determinazione di quale Paese sarebbe stato la prossima superpotenza mondiale era la capacità di uno Stato-nazione di mobilitare la ricchezza e spenderla per proiettare la forza attraverso lo spazio-tempo. A differenza delle imprese oneste e competitive che aderiscono al principio della proprietà inviolabile – un principio antico almeno quanto la Magna Carta del XIII secolo – il dominio statale era storicamente più dipendente dalla forza di grandezza che poteva esercitare piuttosto che dalla sua efficienza. Detto in modo semplice: la proprietà violabile amplifica la violenza dello stato. Come scrisse lo storico Charles Tilly:

Quegli Stati che disponevano dei maggiori mezzi coercitivi tendevano a vincere le guerre; l’efficienza (il rapporto tra output e input) arrivava per seconda rispetto all’efficacia (output totale).

Secondo questo rapporto economico il modello di Stato-nazione in grado di massimizzare la tassazione della ricchezza era destinato a emergere vittorioso nella lotta per diventare la superpotenza all’interno della gerarchia geopolitica. La realtà economica, e non il patriottismo o l’ideologia, ha determinato l’esito della contesa del XX secolo tra le forme stataliste di capitalismo e comunismo.

Sebbene la saggezza convenzionale concepisca il comunismo come antitetico al capitalismo, quando sono coinvolti gli Stati suddetti concetti sono più simili che diversi: ciascuno diventa una strategia aziendale statalista per facilitare il controllo della ricchezza da parte di un governo centrale. La differenza fondamentale tra i due è che il capitalismo genera ricchezza poiché dipende da mercati liberi (anche se marginalizzati) piuttosto che dal controllo totale comunista. In altre parole, il capitalismo di Stato ha beneficiato della sua maggiore enfasi sull’economia “dal basso verso l’alto” rispetto all’approccio assoluto “dall’alto verso il basso” del comunismo. Di conseguenza gli Stati capitalisti sono diventati molto più ricchi degli Stati comunisti, fornendo loro le risorse necessarie per superare la concorrenza.

Visto attraverso la lente dello statalismo è chiaro che il capitalismo sponsorizzato dallo Stato e il comunismo hanno più in comune di quanto si creda tradizionalmente. La caduta del muro di Berlino ha simboleggiato molto più della morte del comunismo; questo evento storico fu il sussulto geopolitico che presagì l’imminente collasso del modello di organizzazione umana dello Stato-nazione.

Considerata come un modello di business concorrente, l’improvvisa scomparsa della Russia sovietica rappresentò il crollo di una strategia statalista inferiore. Pensate alla violabilità della proprietà come a un quadrante che lo Stato potrebbe “alzare” qualora avesse bisogno di aumentare le proprie entrate. Il problema, ovviamente, è che alzando questo livello, le garanzie di cui gli attori di mercato hanno bisogno per generare ricchezza vengono dissipate, causando un crollo nella divisione del lavoro e nella conseguente creazione di ricchezza. La strategia ottimale per lo statalismo, quindi, è quella di alzare gradualmente il “quadrante dei violatori della proprietà” – in particolare, a un ritmo più lento rispetto agli Stati concorrenti – in modo tale che il mercato possa continuare a generare ricchezza per un’ulteriore “raccolta” attraverso la tassazione.

Il capitalismo di Stato praticato negli Stati Uniti era semplicemente meno aggressivo nelle violazioni della proprietà rispetto alla strategia concorrente del comunismo sovietico. Offrendo un maggiore allineamento degli incentivi tra gli attori di mercato e i confiscatori statali, il capitalismo statunitense si è dimostrato un modello di business più redditizio in questa contesa statalista del XX secolo. Rivisitando la nostra precedente analogia con la silvicoltura, il capitalismo ha concesso alla foresta (il libero mercato) più tempo per maturare prima di raccoglierne il legname (la ricchezza dei cittadini). La democrazia, il meccanismo di governance che si sovrappone al capitalismo statunitense, è quindi diventata niente più che un “quadrante per violare la proprietà” e ottenere il controllo sui potenziali proventi che sarebbero stati successivamente rubati attraverso la tassazione.

“Lo stato sociale, al contrario, ha avanzato pretese più modeste, e quindi ha utilizzato incentivi superiori per mobilitare una maggiore produzione. Invece di rivendicare tutto all’inizio, i governi occidentali hanno permesso agli individui di possedere proprietà e accumulare ricchezza. Poi, dopo che la ricchezza è stata accumulata, gli Stati-nazione occidentali ne hanno tassato una grande parte [...]. Un'elezione è, come scrisse H. L. Mencken: "Un'asta anticipata sui beni rubati". Lo stato sociale moderno combina l'efficienza della proprietà privata e gli incentivi per la creazione di ricchezza con un meccanismo per facilitare un accesso sostanzialmente incontrollato a tale ricchezza. La democrazia non ha fatto altro che tenere aperte le tasche dei produttori di ricchezza.

~ The Sovereign Individual

Il saccheggio di massa da parte degli Stati continua ancora oggi ed è stato radicalmente accelerato dopo gli eventi del marzo 2020. Come indica chiaramente l’economia dello statalismo, il capitalismo statunitense sta ora seguendo rapidamente le orme del comunismo sovietico e accelerando verso l’insolvenza totale. Ancora una volta, gli obblighi finanziari accumulati dallo Stato sono inservibili rispetto agli attuali livelli di entrate, il che significa che la tassazione sarà necessariamente aumentata, creando incentivi affinché le persone possano sfuggire a questa predazione e proteggere il proprio capitale con ogni mezzo necessario. A tal fine esiste un solo asset al mondo totalmente immune da qualsiasi azione politica statale o sforzo di ridistribuzione della ricchezza: Bitcoin.

Nel 2021 il deterioramento dello Stato-nazione non è mai stato così evidente e il fulcro di questa transizione verso una nuova era è la neutralizzazione della confisca delle banche centrali resa possibile da Bitcoin. Le forze del libero mercato stanno ora, lentamente ma inesorabilmente, alimentando la resa dello statalismo di fronte all’antico principio della proprietà inviolabile. Gli strumenti digitali sono migliori quando si tratta di fornire molti di quei servizi che storicamente sono stati forniti dallo Stato; il risultato finale è l’irrilevanza dello Stato-nazione. In nessun luogo ciò è più evidente che nell’ascesa del denaro digitale ingovernabile: Bitcoin.


Il sovranismo sconvolge lo statalismo

Una realtà economica fondamentale è chiaramente dimostrata dalla bancarotta dell’Unione Sovietica e dal crollo megapolitico del Muro di Berlino: maggiori saranno le garanzie di inviolabilità dei diritti di proprietà che gli attori di mercato possiedono, maggiore sarà la ricchezza che creeranno. Usando la nostra analogia con la silvicoltura potremmo dire che il comunismo sovietico ha gestito in modo sconsiderato gli “alberi”, facendo sì che non producessero tanto “legname” quanto avrebbero potuto fare altrimenti. Dall’altra parte il capitalismo statunitense ha coinvolto fin dall’inizio uno Stato meno aggressivo nei suoi interventi, consentendo ai mercati liberi di auto-organizzarsi e produrre più “legname” per il successivo raccolto.

Ma cosa succede quando l’inviolabilità della proprietà diventa assoluta? Una cosa è certa: con l’eliminazione dell’inflazione come fonte di entrate e come meccanismo per “nascondere” i cattivi processi decisionali, gli Stati-nazione saranno sempre più ritenuti responsabili dai loro elettori, nello stesso modo in cui i clienti chiedono conto a tutti i fornitori di servizi.

Insediare una banca centrale in un’economia equivale a sottoporre il suo supervisore statale a steroidi anabolizzanti. Non solo la centralizzazione del controllo sul sistema finanziario aumenta radicalmente la “leggibilità” delle attività dei contribuenti, ma diminuisce esponenzialmente il costo della riscossione delle imposte, poiché l’inflazione diventa fin troppo facile. Un semplice aggiornamento al database del dollaro è tutto ciò che serve per aumentarne l’offerta e derubare coloro che dipendono da esso come riserva di valore. Mai prima d’ora è stata possibile una tale efficienza nel campo della tassazione; la tecnologia moderna offre agli Stati-nazione un meccanismo incredibilmente a basso costo per la predazione finanziaria di massa attraverso l’inflazione. Il sostituto d'imposta è un’altra forma di tassazione basata sulla tecnologia, ma la tecnologia è un’arma a doppio taglio e con Bitcoin (se usato massimizzando la privacy) i sovranisti acquisiscono la capacità di nascondersi dall’occhio onniveggente dello Stato-nazione. Anche i “normali” detentori di Bitcoin sono al riparo dalla tassa ombra dell’inflazione. Armati dell’opzione economicamente vantaggiosa di accettare un saldo finale in qualsiasi momento e ovunque, l’elevata portabilità di Bitcoin consente ai clienti di ritenere le controparti responsabili delle loro azioni, ricoprendo un ruolo che storicamente ricorda il gold standard.

Il sistema bancario centrale è stato implementato per interrompere il modulatore dell’oppressione statale dell’Era Analogica: l’oro. Senza la possibilità di convertire la valuta in oro o spostare capitali fuori da un Paese, i cittadini diventano economicamente immobilizzati, rendendoli sempre meno capaci di creare ricchezza e sempre più vulnerabili all’essere abbattuti dalla tassazione. Sequestrando l’oro – il controllo automatico del libero mercato sugli eccessi statali – le banche centrali innescano un’escalation a cascata di coercizione, costrizione e violenza statale. Lo statalismo senza vincoli è un’impresa autodistruttiva: l’accelerazione delle violazioni della proprietà spinge tutti gli attori di mercato ad adottare misure disperate. Ciò spiega perché la ricerca di rendite e la truffa sono così diffuse nelle economie di oggi. Come scrisse Ayn Rand in Atlas Shrugged nel 1957:

Quando vedete che per produrre è necessario ottenere il permesso da persone che non producono nulla; quando vedete che il denaro affluisce nelle tasche di coloro che commerciano non in beni, ma in favori; quando vedete che le persone si arricchiscono con il clientelismo piuttosto che con il lavoro, e le leggi non vi proteggono da loro, ma al contrario proteggono loro; quando vedete che la corruzione viene premiata e l'onestà punita, la vostra società è condannata.

Come via di fuga dalla tirannia economica, Bitcoin è il “porto sicuro” verso il quale salperanno gli intrepidi sovranisti che cercano di resistere alla confisca mentre la predazione da parte degli Stati-nazione aumenta inevitabilmente. Gli Stati che capiranno l’inarrestabile vortice di incentivi legato alla Legge di Gresham adotteranno Bitcoin a scapito dei ritardatari. Il risultato dell’ascesa di Bitcoin è l’interruzione di tutte le strategie di reddito statali basate su coercizione, costrizione, frode e violenza. Per le stesse inconfutabili ragioni economiche per cui un livello più graduale di violazioni dei diritti di proprietà ha portato il capitalismo statunitense a mandare in bancarotta il comunismo sovietico, l’assoluta inviolabilità di Bitcoin come proprietà porterà quelle “imprese” (organismi, organizzazioni e Stati) che si standardizzeranno a esso a sconfiggere tutti coloro che lo rifiutano.

Bitcoin incentiva gli attori antagonisti a comportarsi come alleati, almeno economicamente, poiché la strategia commerciale predatoria della confisca della ricchezza è in gran parte annullata da un diritto di proprietà che non può essere violato “manipolando un quadrante”. In questo senso Bitcoin rappresenta un grande disgregatore per tutti quei modelli di business basati sulle specializzazioni statali di coercizione, costrizione e violenza; Bitcoin potrebbe rivelarsi una delle più grandi forze di civiltà nella storia umana.

Gli Stati che sopravvivranno a questa trasformazione economica saranno necessariamente quelli che riconosceranno la prospettiva autodistruttiva dello statalismo tradizionale e sceglieranno di adottare la base della proprietà inviolabile di Bitcoin come nuovo paradigma. Il miracolo di Bitcoin è che allinea l’interesse personale economico con un’impresa non coercitiva. Nuovi “Stati” pro-Bitcoin potrebbero emergere come risultato di questa interruzione dei tradizionali modelli di business statalisti. Con nuovi sistemi di incentivi questi “Stati sovranisti” saranno praticamente irriconoscibili attraverso la lente dello statalismo dell’Era Analogica. Le tradizionali linee di servizio degli Stati – che dipendevano da cittadini sfortunati ed economicamente manipolabili – non avranno più a che fare con il “legname” di una volta, saranno invece costretti a negoziare con i cittadini per raggiungere condizioni reciprocamente favorevoli e competeranno tra loro per guadagnarsi il loro favore.

Gli Stati che offrono garanzie sull’inviolabilità della proprietà alla pari dello standard Bitcoin attireranno le persone migliori, più brillanti e più ricche. Questo principio di proprietà è il motivo per cui il comunismo è caduto ai piedi dl capitalismo di Stato e perché quest'ultimo sta cadendo ai piedi del sovranismo. Per paragonare ancora una volta lo statalismo alla silvicoltura, il comunismo ha rappresentato un disboscamento, mentre il capitalismo ha rappresentato un disboscamento più lento; il sovranismo è la coltivazione di “alberi” inattaccabili. Il cambiamento più importante negli Stati sovranisti sarà che gli “alberi” saranno liberi di negoziare la misura in cui il loro “legname” verrà raccolto. In cambio i contribuenti richiederanno servizi di qualità a un costo accessibile.

A ogni livello dell’interazione umana Bitcoin incentiva il comportamento onesto, proprio perché è la forma di proprietà più costosa da violare nella storia umana. Bitcoin rende la coercizione una strategia antieconomica e le ripercussioni di ciò ricadranno su tutti gli organismi, organizzazioni e Stati. La variabile mega-politica della tecnologia sta alterando in misura sufficiente la logica economica della violenza in un modo che trasformerà per sempre la civiltà umana.

La proprietà e l’autoproprietà costituiscono il substrato assiomatico della sostenibilità socioeconomica. Bitcoin sta aprendo gli occhi dell’umanità affinché veda questa “foresta per gli alberi”.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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I cypherpunk, John Galt e Bitcoin

Gio, 30/05/2024 - 10:05

 

 

di Emile Phaneuf III

Negli anni '90 e all'inizio degli anni 2000 i cypherpunk, un gruppo di crittografi, matematici, informatici e attivisti, molti dei quali avevano influenze libertarie, lavorarono per realizzare un mondo migliore con mezzi pacifici attraverso la matematica e il codice informatico. Sebbene l’identità del fondatore di Bitcoin rimanga sconosciuta al grande pubblico, è ampiamente riconosciuto che questa valuta digitale apolide è il risultato diretto del loro lavoro.

Nel 1992 Timothy C. May, un sedicente cripto-anarchico e membro fondatore dei cypherpunk, pubblicò un saggio intitolato “Libertaria in Cyberspace”. May scrisse che “sarà più facile formare certi tipi di società libertarie nel cyberspazio che nel mondo reale delle nazioni e dei luoghi fisici” e che “queste idee di 'cripto-anarchia' eroderanno ulteriormente il potere degli stati di tassare e costringere i contribuenti”.

May citò una serie di influenze chiave sui cypherpunk, tra cui gli economisti F. A. Hayek e David D. Friedman, nonché Ayn Rand. Ma la cripto-anarchia come ideologia politica era un tema ricorrente e Ayn Rand ne era, secondo May, “una delle principali promotrici”. Scrisse che "ciò che [Rand] voleva fare con la tecnologia dei materiali (tramite la soria di John Galt) è molto più facilmente realizzabile con la matematica”. Ma il cambiamento sociale che cercavano di realizzare non era solo un interesse passivo: “I cypherpunk scrivono codice informatico” disse Eric Hughes, un altro membro del gruppo, nel suo “Cypherpunk's Manifesto”.

L'idea di costruire un mondo cripto-anarchico nel cyberspazio era un'idea intrigante. Nel 1998 il cypherpunk e ingegnere informatico Wei Dai scrisse un saggio in cui spiegava come potesse funzionare una moneta crittografica che chiamò “b-money”. Nella primissima frase del saggio scrisse di essere “affascinato dalla cripto-anarchia di Tim May” e che in questa cyber-utopia crittografica lo stato era “permanentemente proibito e permanentemente non necessario” perché “i suoi partecipanti non possono essere collegati ai loro interessi, nomi o luoghi fisici”.

Nick Szabo, un altro cypherpunk e scienziato informatico, descrisse l'anarchia digitale come un luogo dove “si può formare la propria comunità indipendente e dichiarare indipendenza dalle istituzioni corrotte”, un luogo con il proprio denaro privato, dove la proprietà privata non è protetta attraverso mezzi violenti e dove viene applicata la legge dei contratti.

Dato che lo sviluppo di una valuta digitale emessa privatamente era uno degli obiettivi principali dei cypherpunk, e poiché furono ispirati in gran parte da Ayn Rand e quest'ultima aveva molto da dire sul denaro, vale la pena rivedere alcuni dei suoi scritti per saperne di più su cosa avrebbe potuto pensare di Bitcoin.


Anarchia

Come accennato in precedenza, la visione di Timothy May riguardo l'impresa di Galt nel cyberspazio era quella che descriveva come “cripto-anarchia”, ma la Rand liquidò del tutto l’anarchia come sistema politico definendola “un’ingenua astrazione”.

Mentre sia la Rand che alcuni dei cypherpunk più influenti immaginavano come poteva essere una società più libera – apprezzando entrambi il libero scambio e l’interazione volontaria – non sarebbero stati d’accordo sulla necessità di un livello minimo di coercizione per finanziare, ad esempio, i tribunali e le istituzioni militari. Pertanto se consideriamo una valuta digitale privata come una parte essenziale della visione cripto-anarchica, è difficile immaginare che la Rand avesse potuto sostenerla. Ma uno sguardo più attento alle sue opinioni sui diritti di proprietà e sul denaro stesso può fornirci una prospettiva più approfondita.


Diritti di proprietà

La Rand scrisse che solo attraverso i diritti di proprietà un qualsiasi altro diritto può esistere, e che senza diritti di proprietà “non c’è modo di risolvere o evitare un caos di opinioni, interessi, richieste, desideri e capricci contrastanti”.

Con Bitcoin conoscere qualcosa (la vostra chiave privata) significa essenzialmente possederla. Ovviamente è possibile affidare le proprie chiavi private a terzi (un exchange, ad esempio), ma questo è del tutto inutile e altamente scoraggiato tra i bitcoiner, come dichiara il motto “Not your keys, not your coins”. Mentre è possibile sequestrare Bitcoin costringendo qualcuno a rivelare le proprie chiavi private, la natura della sue funzionalità forza l'agente malevolo a fare di tutto (violenza) per espropriare. In quanto tale Bitcoin sposta radicalmente l’equilibrio di potere tra l’individuo e lo stato, poiché quest'ultimo non può andare di porta in porta usando violenza per estorcere le informazioni dalla testa delle persone senza falsificare l’immagine pubblica che promuove di se stesso come “fornitore benevolo di benessere sociale”.

Per fare un ulteriore passo in avanti, la portabilità di Bitcoin consente alla ricchezza di spostarsi da un angolo all’altro della Terra senza autorizzazioni. Consente inoltre ai proprietari di tale asset di attraversare fisicamente i confini e portare con sé la propria ricchezza, poiché i bitcoin non occupano spazio fisico e le chiavi private possono essere archiviate in testa.

In sintesi, Bitcoin rappresenta una forma radicale di diritto di proprietà e, come tale, è difficile immaginare che la Rand non ne avrebbe apprezzato questo aspetto.


Denaro

Quando la Rand scriveva del denaro, di solito si riferiva al valore di guadagnarlo creando valore per gli altri; distingueva tra denaro guadagnato con mezzi giusti e denaro guadagnato con mezzi ingiusti (ad esempio attraverso legami politici). Ci ha anche dato un'indicazione su quale tipo di denaro considerasse sano:

Il denaro è lo strumento degli esseri umani che hanno raggiunto un alto livello di produttività e un controllo a lungo termine sulla propria vita. La moneta non è semplicemente uno strumento di scambio: è, cosa ancora più importante, uno strumento di risparmio, il quale consente un consumo ritardato e fa guadagnare tempo per la produzione futura. Per soddisfare questo requisito, il denaro dev'essere un bene materiale che sia imperituro, raro, omogeneo, facilmente immagazzinabile, non soggetto ad ampie fluttuazioni di valore e sempre richiesto tra coloro con cui si commerca (enfasi mia).

Da ciò possiamo concludere che avrebbe apprezzato la scarsità di Bitcoin (con un limite massimo fisso a 21 milioni), il quale facilita la sua proposta di riserva di valore, ma probabilmente si sarebbe sentita a disagio per la sua volatilità nel potere d'acquisto.

In Atlas Shrugged il personaggio immaginario Francisco d'Anconia tiene un discorso appassionato sul denaro, sostenendo che “il denaro è guadagnato – prima che possa essere saccheggiato o scroccato – grazie allo sforzo di ogni essere umano onesto, ciascuno nella misura delle sue capacità. Un essere umano onesto è colui che sa che non può consumare più di quanto ha prodotto”. Anche in questo caso riflettiamo sulla reale scarsità di Bitcoin, dato che nessuno è in grado di produrne dal nulla per pagare favori politici (una pratica standard per la valuta fiat).

L'oro è un tema ricorrente nel lavoro della Rand sul denaro. Nel suo libro, Capitalism: The Unknown Ideal, Alan Greenspan fu autore di un capitolo intitolato “Oro e libertà economica”, dove scrisse: “L'oro e la libertà economica sono inseparabili [...]” e “la spesa in deficit è uno schema per la confisca 'nascosta' della ricchezza. L’oro ostacola questo processo insidioso. Si pone come protettore dei diritti di proprietà”.


Conclusione

Alla Rand sarebbe piaciuto Bitcoin? È difficile saperlo con esattezza. Morì nel 1982, molto prima che la maggior parte di noi avesse mai sentito parlare di Internet. Qualunque sia la vostra opinione sulla Rand, non si può negare la sua forte influenza sui primi cypherpunk che “scrivevano codice informatico” in un tentativo decennale di realizzare una versione cyberspaziale del capitalismo laissez-faire che lei coraggiosamente sosteneva nello spazio reale.

La Rand aveva cose importanti da dire sul denaro e, in primo luogo, sul modo moralmente giustificabile di guadagnarlo. Infatti le sue opinioni sul denaro erano così salde che indossava un orgoglio con il simbolo del dollaro ($) come dichiarazione d'intenti. Forse se fosse viva oggi e sapesse fino a che punto Bitcoin funge da soluzione tecnica al problema politico di una classe privilegiata di persone che vive sulle spalle di coloro che producono, avrebbe invece indossato un orologio con il simbolo ₿ di Bitcoin. Le sue idee hanno ispirato proprio le persone che hanno deciso di trasformare qualcosa come Bitcoin in realtà, mi piace quindi pensare che ne sarebbe stata orgogliosa.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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L'elefante nella stanza da $1.300 miliardi

Mer, 29/05/2024 - 10:05

 

 

 

di David Stockman

Per più di due decenni i banchieri centrali hanno inondato il proverbiale 1% con migliaia di miliardi in guadagni artificiali, ma il loro crimine è stato quello di aver trascinato le generazioni future a pagare il costo insormontabile del servizio del debito pubblico per gli anni a venire. Infatti hanno portato l’intera curva dei rendimenti dei titoli di stato americani al minimo e il debito pubblico è schizzato alle stelle. In questo contesto la fetta più grande del debito del Tesoro americano si trova nei bond sovrani a 90 giorni, ma tra dicembre 2007 e giugno 2023 il rendimento aggiustato all’inflazione su questo titolo è stato negativo nel 95% dei casi.

Proprio così. Durante tale arco di 187 mesi, il tasso d'interesse ha superato il tasso d'inflazione per soli nove mesi, come illustrato dall’area viola nel grafico qui sotto, e anche in quel caso solo di poco. Per il resto del tempo lo Zio Sam tassava allegramente l’aumento inflazionistico dei redditi nominali, anche se il servizio del debito era drammaticamente in ritardo rispetto all’aumento del 78% dell’indice dei prezzi al consumo durante suddetto periodo.

Rendimento aggiustato all'inflazione dei titoli del Tesoro USA a 90 giorni, dal 2007 al 2022

Quanto sopra era l'equivalente fiscale della Novocaina: ha consentito ai politici di andare su e giù per Pennsylvania Avenue e di passeggiare per i corridoi di K-Street distribuendo abbondanti prebende a destra e a manca, senza provare nemmeno un momento di dolore per l’enorme fardello del debito che stavano accumulando sulle spalle dell’economia di Main Street.

Di conseguenza durante il quarto di secolo compreso tra il quarto trimestre del 1997 e il primo trimestre del 2022, il debito pubblico è salito da $5.500 miliardi a $30.400 miliardi, ovvero del 453%. In qualsiasi mondo razionale un aumento proporzionato della spesa per interessi federali avrebbe sicuramente risvegliato parte di coloro oltraggiati.

Ma non in questo mondo, infatti le spese per interessi dello Zio Sam sono aumentate solo del 73%, passando da $368 miliardi a $635 miliardi all'anno nello stesso periodo. Al contrario, se i tassi d'interesse fossero rimasti ai livelli non irragionevoli registrati fino alla fine del 1997, il livello di spesa per interessi entro il primo trimestre del 2022, quando la FED si è finalmente risvegliata di fronte al mostro inflazionistico che aveva alimentato, sarebbe stato di $2.030 miliardi all’anno.

In breve, la repressione sconsiderata e implacabile dei tassi d'interesse da parte della FED durante quel quarto di secolo ha alimentato un elefante nella stanza che è rimasto tale per secoli. La spesa per interessi federali annua è stata inferiore di $1.300 miliardi rispetto a quella che sarebbe stata la curva dei rendimenti in vigore nel quarto trimestre del 1997.

Le spese per interessi mancanti ammontano all'equivalente dell'intero budget della previdenza sociale!

I politici avrebbero potuto risvegliarsi dal loro torpore se la spesa per interessi avesse riflesso i tassi di mercato; invece hanno ricevuto segnali di prezzo terribilmente sbagliati e l’attuale catastrofe fiscale ne è la conseguenza.

Indice del debito pubblico rispetto alla spesa per interessi, quarto trimestre 1997 e primo trimestre 2022

Inutile dire che l’economia statunitense non stava crogiolandosi nel fallimento o nella sottoperformance ai tassi prevalenti nel 1997. Infatti durante quell’anno la crescita del PIL reale era del +4,5%, l’inflazione si attestava ad appena l’1,7%, il reddito familiare medio reale aumentava del 3,2%, la crescita dell'occupazione era del 2,8% e i tassi d'interesse reali sul decennale erano del +4,0%.

In breve, il 1997 ha generato una delle performance macroeconomiche più forti degli ultimi decenni, anche con rendimenti aggiustati all’inflazione sul decennale americano del +4,0%. Quindi non c’era alcuna ragione per una massiccia compressione dei tassi d'interesse, ma questo è esattamente ciò che la FED ha architettato nei due decenni successivi. Come mostrato nel grafico qui sotto, i tassi sono stati sistematicamente spinti più in basso di 300-500 punti base lungo la curva fino al punto più basso nel periodo 2020-2021.

I rendimenti attuali sono più alti di 300-400 punti base rispetto al recente minimo, ma il punto è questo: sono tornati solo ai livelli nominali prevalenti all'inizio del 1997, anche se l'inflazione è al 3-4% annuo, il doppio rispetto ai livelli del 1997.

Rendimenti dei titoli del Tesoro statunitensi, dal 1997 al 2024

Sfortunatamente anche se la FED si è lentamente mossa verso la normalizzazione dei rendimenti, come mostrato nel grafico sopra, Wall Street sta esercitando una pressione incessante per una nuova tornata di tagli dei tassi, i quali si tradurrebbero in un’altra ondata di profonda repressione e distorsione dei tassi d'interesse che ha alimentato l’abbuffata fiscale di Washington dall’inizio del secolo.

Allo stato attuale il debito pubblico sta già crescendo a un ritmo accelerato, ancor prima che l’economia americana soccomba alla recessione che sta ora prendendo forza. Il debito pubblico è aumentato di $1.000 miliardi ogni 100 giorni; sono $10 miliardi al giorno, $416 milioni all'ora.

Infatti il debito dello Zio Sam è aumentato di $470 miliardi nei primi due mesi di quest’anno raggiungendo i $34.500 miliardi e si appresta a superare i $35.000 miliardi in poco più di un mese, i $37.000 miliardi ben prima della fine dell’anno e i $40.000 miliardi l'anno prossimo. Si tratta di circa due anni in anticipo rispetto alle attuali previsioni del Congressional Budget Office.

Stando al percorso attuale, inoltre, il debito pubblico raggiungerà i $60.000 miliardi entro la fine del periodo di bilancio decennale. Ma anche questo dipende dall’ultima versione dello Scenario Roseo del CBO, che non prevede alcuna recessione, solo un’inflazione del 2% a perdita d’occhio e tassi d'interesse reali di appena l’1%. E questo per non parlare delle migliaia di miliardi in falsi tagli alla spesa e di aumenti fiscali che sono incorporati nella linea di base del CBO, ma che il Congresso non permetterà mai che si materializzino.

Ciò che è peggio, anche con la parziale normalizzazione dei tassi, è un vero e proprio tsunami di spesa per interessi federali che ora sta prendendo piede. Questo perché i rendimenti estremamente bassi del periodo dal 2007 al 2022 si stanno ora spostando verso gli attuali tassi di mercato mostrati sopra, nello stesso momento in cui l’ammontare del debito pubblico sta schizzando alle stelle. Di conseguenza il tasso annuale di spesa per interessi ha toccato $1.100 miliardi a febbraio e si dirigerà verso i $1.600 miliardi entro la fine dell’anno fiscale a settembre.

Infine, anche se il tasso di interesse passivo è salito alle stelle, i burocrati del Tesoro americano hanno drasticamente ridotto la scadenza del debito in sospeso, man mano che si rinnova. Di conseguenza più di $21.000 miliardi in titoli del Tesoro americano sono stati rifinanziati nel mercato obbligazionario con durata inferiore a un anno, abbassando così la scadenza media ponderata del debito pubblico a meno di cinque anni.

La scommessa è che la FED taglierà presto i tassi. Come sta diventando sempre più evidente di giorno in giorno, questo non è proprio nei piani: non importa come lo si considera, il livello corrente dell'inflazione è rimasto estremamente vischioso e non mostra segni di scendere al di sotto dell'attuale range del 3-4% tanto presto.

Ecco l'unico “beneficio” derivante dalle politiche pro-inflazione della FED sin dall'arrivo di Greenspan all'Eccles Building: hanno inondato i vertici della scala economica con giganteschi guadagni di ricchezza grazie all’implacabile inflazione dei prezzi degli asset finanziari. Nel corso dei 34 anni successivi al 1989, quindi, il patrimonio netto è aumentato come segue:

Guadagno netto aggregato, dal quarto trimestre del 1989 al terzo trimestre del 2023

• Lo 0,1%, o 131.000 famiglie (area viola): +$18.200 miliardi, o l'11,4X

• L'1,0% più ricco, o 1,34 milioni di famiglie (area nera): +$40.000 miliardi, o il 9,5X

• Il 50% più povero, o 65,7 milioni di famiglie (area blu): +$3.700 miliardi, o il 5,1X

I corrispondenti guadagni patrimoniali netti su base familiare sono i seguenti:

Guadagno netto per famiglia, dal quarto trimestre del 1989 al terzo trimestre del 2023

• Lo 0,1%: +$139 milioni ciascuna

• L'1,0%: + $30 milioni ciascuna

• Il 50% più basso: +$55.000 ciascuna

• Rapporto tra lo 0,1% superiore e il 50% inferiore:  2.500X

Patrimonio netto aggregato per classe economica, dal quarto trimestre del 1989 al terzo trimestre del 2023

Inutile dire che l’unico gruppo che ha sperimentato guadagni di ricchezza netta più o meno in linea con la crescita del PIL nominale durante suddetto periodo di 34 anni sono stati i 65,7 milioni di famiglie più povere. Il loro guadagno del 5,1X è stato solo leggermente maggiore all'aumento del 4,9X del PIL nominale, il quale è passato da $5.700 miliardi a $27.600 miliardi.

La vera esplosione del patrimonio netto in cima alla scala economica con più del doppio del guadagno del PIL, quindi, non dovrebbe essere confusa con una virtù superiore, una maggiore capacità di investimento, o qualsiasi altro fattore meritorio.

Al contrario, si è trattato di una manna sulla scia della massiccia e artificiale inflazione dei prezzi degli asset finanziari. In termini approssimativi, questi guadagni inaspettati favoriti dalla FED ammontano a circa la metà del guadagno riportato sopra, ovvero circa $20.000 miliardi per l’1% più ricco e $9.000 miliardi, ovvero circa $70 milioni per famiglia, per lo 0,1% più ricco.

C'è da meravigliarsi se i concierge finanziari a Wall Street, e che si rivolgono alla piccola popolazione nazionale di detentori di asset finanziari, stiano attualmente battendo i piedi per un altro giro di tagli dei tassi?

I loro clienti non solo vogliono un'altra gigantesca manna, ma a loro giudizio ne hanno diritto. È solo questa la sostanza delle ragioni a favore dei tagli dei tassi nel contesto della massiccia saturazione dei mercati finanziari con credito a basso costo, non ne esiste nessun altra.

Ciò che questa gente ignora è che il tasso d'inflazione corrente è essenzialmente privo di significato. Ciò che conta è la variazione cumulativa in un periodo di tempo ragionevole, nonché il contesto macroeconomico più ampio in cui è incorporata la variabile dell’inflazione.

In tal senso ciò che è rilevante è che il livello generale dei prezzi misurato dall’IPC è salito del 28% sin da gennaio 2017. Vale a dire, le politiche di spesa/prestito/stampa dell’Unipartito al governo hanno distrutto quasi un terzo del potere d’acquisto attribuibile a un dollaro di risparmi o salari sin da allora.

Ci si potrebbe chiedere, quindi, se non siano già state inflitte sufficienti sanzioni in materia di inflazione alle famiglie di Main Street... Non esiste una nozione economica di buon senso che suggerisca che la massiccia ondata inflazionistica, soprattutto nel 2021 e nel 2022, meriti un periodo correttivo con un’inflazione scarsa, nulla, o addirittura negativa?

Le chiacchiere attuali a Wall Street vanno nella direzione opposta. Secondo il giudizio dei giocatori d'azzardo e degli speculatori che operano lì, la FED dovrebbe ricominciare a schiacciare i tassi d'interesse nel momento in cui, torturando adeguatamente il parametro che misura l'inflazione dei prezzi, esso si ritrova temporaneamente nell'area del 2,00%. Ovviamente stiamo parlando di pura e semplice manipolazione statistica della realtà, soprattutto quando si tratta dei ridicoli sforzi per ridurre arbitrariamente e artificialmente il parametro dell’inflazione dei prezzi.

Ad esempio, di recente è stata spacciata la misura dell’inflazione “supercore”, la quale esclude cibo, energia, materie prime, manufatti e protezione dall'IPC!

Proprio così. Queste voci rappresentano il 62% del peso nell’indice dei prezzi al consumo e oltre l’85% del peso in un tipico bilancio familiare a reddito medio-basso, ma vengono scartate perché per un certo periodo sembrava stessero tornando al 2,00% più velocemente dell'indice nella sua interezza.

Ma questo tipo di manipolazione non è nemmeno intelligente, per non parlare dell'essere lontanamente onesta. È solo una scusa per capitolare di fronte alle incessanti richieste di Wall Street e dell'1% per  un'altra dose di liquidità a basso costo e per la spinta che essa fornisce ai prezzi degli asset finanziari.

Inutile dire che il massiccio pompaggio monetario negli ultimi decenni ha causato innumerevoli danni all’economia di Main Street e alle classi salariate. E questo danno risiede nel fatto che l’inflazione è sempre e comunque cumulativa, non mensile, trimestrale o addirittura annuale. Si tratta di un livello dei prezzi in costante aumento, non di un tasso di variazione a breve termine.

Pertanto quando un danno cumulativo è stato causato da un'ondata inflazionistica nel corso del tempo, le macchinazioni keynesiane di guardare ai numeri in base ai cosiddetti “dati in entrata” sono a dir poco perverse.

Il grafico seguente fornisce uno straordinario esempio calzante. Dall’agosto del 1971 l’indice del costo unitario del lavoro negli Stati Uniti è aumentato del 350%, mentre i sindacati e i lavoratori hanno inseguito l’ondata infinita di aumento del costo della vita. Non tutto il resto del mondo ha seguito l’esempio, lasciando intatta inizialmente la posizione competitiva dell’America.

L’inflazione monetaria della FED è diventata universale, poiché le banche centrali estere hanno stampato in stretta collaborazione con essa. Ciò ha significato che enormi quantità di debito a buon mercato hanno inondato le economie in via di sviluppo e a basso costo di manodopera, mettendo così strumenti moderni e tecnologie di produzione nelle mani di lavoratori che fino a quel momento erano stati agricoltori di sussistenza o lavoratori che guadagnavano salari solo una frazione dei livelli statunitensi.

Inutile dire che, 50 anni dopo e con un prezzo più alto del 350% in termini di dollari, i lavoratori dell’industria statunitense non avevano più alcuna possibilità di rimanere competitivi. La FED ha sostanzialmente inondato il mercato mondiale con manodopera a basso costo, resa possibile da capitale e tecnologia a buon mercato ma all’avanguardia.

Variazione dei costi unitari del lavoro, dal secondo trimestre del 1971 al quarto trimestre del 2023

Inutile dire che, almeno dall’inizio del secolo, i nodi sono venuti al pettine. Quasi tutta la “crescita” dell’economia statunitense è avvenuta nel settore dei servizi a salari bassi, comprese le strutture di vendita all’ingrosso, di magazzinaggio e di consegna al dettaglio che distribuiscono beni fabbricati all’estero.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Una gioventù illiberale è una minaccia per la libertà

Mar, 28/05/2024 - 10:05

 

 

di Barry Brownstein

Nel suo libro The Road to Serfdom F. A. Hayek definì lo storico culturale e filosofo Moeller van den Bruck “il santo patrono del nazionalsocialismo”. Hayek lo citò descrivendo la feroce opposizione della gioventù tedesca al liberalismo: “Il liberalismo è una filosofia di vita dalla quale la gioventù tedesca ora si allontana nauseata, con ira, con un disprezzo del tutto peculiare, perché non esiste nulla di più estraniante, di più ripugnante, di più contrario alla filosofia del liberalismo. La gioventù tedesca oggi riconosce nei liberali il proprio acerrimo nemico”.

Van den Bruck si riferiva al liberalismo classico e i giovani di oggi sono di nuovo in rivolta contro il liberalismo classico.

Nel City Journal il professor Eric Kaufmann scrive: “Mentre una parte della popolazione americana si appoggia al liberalismo in quanto a cultura, la maggioranza degli americani sotto i 30 anni è incline al socialismo. Ha ispirato pedagogie basate sulla razza e dure punizioni per discorsi controversi” e promuove “risultati paritari e prevenzione dei danni per i gruppi identitari rispetto ai diritti individuali”.

Interpretando i dati di un sondaggio, Kauffman sostiene che “l’illiberalismo progressista” non è solo una fase che i giovani stanno attraversando.

La repressione della libertà di pensiero e di parola non è mai finita bene e lo stesso copione di allora può produrre nuovamente conseguenze tragiche. Sarebbe saggio utilizzare prove storiche per vedere dove può portare la svolta dei giovani contro il liberalismo classico.

Joachim Fest ha scritto Hitler, una biografia e un ritratto storico della Germania. Nel periodo precedente all’ascesa al potere di Hitler in Germania, osserva Fest, il partito nazista “divenne per un certo periodo un nuovo tipo di movimento giovanile”.

Thomas Childers, nel suo resoconto storico della Germania nazista, cita una dichiarazione di Hitler del 1933 in cui vengono stabiliti gli obiettivi del suo programma d'indottrinamento dei giovani: “Il mio programma per educare i giovani è duro. La debolezza deve essere eliminata. Voglio una gioventù davanti alla quale il mondo tremerà [...] una gioventù brutale, prepotente, impavida e crudele”.

Nel 1935, osserva Childers, “il partito era riuscito a inserirsi nella famiglia, creando un cuneo tra genitore e figlio, insegnante e studente, prete e giovane parrocchiano”. I “diritti dei genitori e la libertà personale” vennero erosi; quando i bambini denunciavano i loro genitori, questi ultimi perdevano il lavoro.

Childers descrive una retata di ebrei nel 1936: “In testa al corteo c'erano giovani che cantavano 'Gli ebrei periscano'”. Tali giovani si sentirebbero i benvenuti in alcuni campus universitari di oggi.

Heinrich Mann era il fratello maggiore del premio Nobel per la letteratura Thomas Mann. Heinrich, egli stesso scrittore, era un ardente critico dei nazisti e fuggì dalla Germania nel 1933.

In un articolo del 1934 per Foreign Affairs, “La dittatura della mente”, Heinrich Mann spiegò che i giovani nazisti “sono stati i primi ad applaudire” le dottrine naziste: “La minima resistenza a tutto questo [le politiche naziste] viene dai giovani. Sempre sensibili all’entusiasmo irrazionale e agli appelli all’azione collettiva, i giovani tedeschi sono la base stessa della dittatura”.

Mann esplorò il modo in cui i nazisti si spinsero più in là rispetto le dittature precedenti, ben oltre il controllo dell’economia per controllare in tal modo il pensiero della gente: “La dittatura tedesca è forse unica nel rivendicare niente di meno che il controllo completo sulla vita intellettuale e spirituale della nazione”, non tollerando “né l’opposizione né la neutralità”. Mann non era a conoscenza degli sviluppi nella Russia stalinista, dove i comunisti stavano sviluppando il proprio sistema terroristico per il controllo delle menti.

Mann scrisse che i giovani tedeschi furono i principali sostenitori della dittatura del pensiero: “Se il pensiero in Germania è ora controllato, invece di essere libero, è soprattutto colpa delle giovani generazioni. Cantano 'Noi siamo i soldati del futuro'”.

Descrisse la portata di questa dittatura del pensiero: “Sono ammesse solo le verità ufficiali e solo il lavoro creativo che serve agli scopi delle autorità”. Per i nazisti “tutto ciò che nelle arti e nelle scienze contraddice o va oltre la dottrina nazionalsocialista è considerato inesistente, a causa del fatto che gli artisti e i pensatori interessati hanno lasciato la Germania”.

Oggi se non siete d’accordo con l’ortodossia progressista sul cambiamento climatico o sulle questioni trans, i giovani vi considereranno “inesistenti”.

In un sondaggio è stato chiesto agli intervistati in che misura fossero d’accordo o in disaccordo con questa affermazione: “La mia paura di perdere il lavoro o la reputazione a causa di qualcosa che ho detto o pubblicato online è un prezzo giusto da pagare per proteggere i gruppi storicamente svantaggiati”. Kaufmann riferisce che solo il 27% degli intervistati di età inferiore ai 30 anni è in disaccordo.

“Le fasce di età più giovani sono più timorose della cancel culture e più favorevoli a essa rispetto alle fasce di età più anziane”. In breve, come per i giovani nazionalsocialisti, i diritti individuali non significano nulla per i giovani di oggi.

La perdita di persone di talento con opinioni diverse fu un vantaggio per i nazisti. Mann scrisse: “Dopo aver eliminato ogni opposizione, lo stato è lungi dal rammaricarsi della perdita di personalità eminenti che hanno contribuito alla gloria del Paese. È una gioia avere a che fare solo con menti timide, con talenti talmente mediocri da poter essere facilmente indirizzati”.

Vi ricordate quando Hillary Clinton considerava alcuni elettori “deplorevoli” e altri “irrecuperabili”? Nella Germania nazista esistevano invece gli “inconciliabili”. Mann scrisse: “Gli inconciliabili sono stati eliminati in anticipo; restano da affrontare solo i deboli e i mediocri, per non parlare degli astuti che, dopo essersi fatti strada in un sistema liberale, sono ben disposti a trarre profitto dai metodi di una dittatura”.

Eliminate tutte le opinioni dissenzienti, ciò che restava era la propaganda “subordinata alla volontà di un unico capo di nome Goebbels”. Nel 2021 l'amministratore delegato di NPR, Katherine Maher, si è lamentata del fatto che “la nostra riverenza per la verità potrebbe essere una distrazione che ci impedisce di trovare un terreno comune e di portare a termine le cose”.

Nella Germania nazista la capacità di leggere, pensare e riflettere era scomparsa:

La Germania ha subito perso l’abitudine alla lettura. In parte ciò è dovuto al fatto che le persone hanno poco tempo per farlo, essendo costantemente occupate in manifestazioni a favore del governo, marce militari notturne e lavori forzati per conto di poche persone benestanti. Ogni tedesco è arruolato a vita. Non essendo mai solo per un minuto, come può pensare?

Mann osservò: “Il pensiero controllato [...] ha distorto le menti di intere generazioni di giovani, e non lascia loro tempo per imparare”.

Il sistema nazista, osservò ulteriormente Mann, “non funzionerebbe senza una pressione violenta sui riluttanti”. E proprio come nei campus universitari di oggi, la gioventù nazista puniva coloro che non godevano del favore dell'ortodossia nazista:

Né il senso critico né il buon senso ha impedito agli studenti di cacciare professori che fossero ebrei, democratici o semplicemente onesti. Né ha impedito loro d'intraprendere ritorsioni sanguinose contro i loro compagni di classe che avevano idee diverse dalle loro. Fin dall'inizio il movimento ha sfruttato i giovani con meno di vent'anni.

Gli avvertimenti preveggenti di Mann del 1934 sono applicabili oggi. Le valvole di sicurezza della critica vengono meno quando il pensiero è controllato: “Le catastrofi possono avvicinarsi senza preavviso. La storia ha registrato innumerevoli volte i pericoli e il degrado causati dalla soppressione della libertà di coscienza”.

Ai tempi di Mann, e ai nostri, “è triste vedere una generazione di uomini tornare indietro rispetto alle conquiste morali fatte dai propri predecessori”. Mann scrisse che la “verità” era diventata “una mera questione di convenzione”.

Ciononostante aveva un messaggio ottimistico per i paladini della libertà in difficoltà. Coloro che dirottano la verità e sopprimono la libertà “sono fortemente radicati e la loro capacità di nuocere è lungi dall’esaurirsi. Dureranno e sfrutteranno al meglio le loro opportunità prima di scomparire, ma scompariranno e il libero pensiero sopravviverà anche a loro. E su questo punto la storia non lascia dubbi”.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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La Banca d'Inghilterra guida l'avanscoperta: i contribuenti devono salvare le banche centrali

Lun, 27/05/2024 - 10:07

 

 

di Bob Lyddon

La Banca d'Inghilterra ha preso l'iniziativa rispetto alle altre banche centrali e ha pubblicato un documento di lavoro su come le banche centrali possano ricostituire il proprio capitale, soprattutto ora che stanno incappando in enormi perdite: il documento analizza le attuali disposizioni di settanta banche centrali.

Questa volta non sono le banche commerciali ad aver bisogno di essere salvate, ma le banche centrali. La Banca d’Inghilterra ha aperto la strada alle perdite; ora è all’avanguardia nel dire ai ministeri delle finanze che devono pagare. Per “Ministeri delle finanze”, si legga “contribuenti”. E tanti saluti alla promessa fatta dopo la crisi finanziaria mondiale secondo cui i contribuenti non sarebbero mai più stati costretti a pagare per le perdite nel sistema finanziario.


Perdite del sistema bancario centrale per l’acquisto di obbligazioni sovrane

Il grande esperimento delle banche centrali dopo la crisi finanziaria mondiale si è infine frantumato. Acquistando grandi quantità di obbligazioni a tasso fisso sotto la bandiera del “Quantitative Easing”, o “QE”, e abbassando artificialmente i tassi d'interesse, hanno aiutato i debitori a pagare i loro interessi, hanno fatto salire i prezzi degli asset e hanno fatto realizzare profitti ai loro controllori – i Ministeri delle finanze dei rispettivi Paesi:

• profitti di negoziazione sulle obbligazioni, i cui prezzi sono aumentati con il calo dei tassi d'interesse;

• un margine d'interesse tra ciò che la banca centrale ha ricevuto sulle obbligazioni e il tasso d'interesse inferiore pagato alle banche sui loro depositi obbligatori sotto forma di riserve minime.

Poi l’inflazione e i tassi d'interesse sono aumentati, il prezzo delle obbligazioni è crollato e le banche centrali hanno un grosso problema:

  1. la vendita delle obbligazioni – nota come “Quantitative Tightening” o “QT” – produce una grave perdita una tantum;
  2. detenerle produce una perdita annuale, poiché il tasso d'interesse pagato alle banche sulle loro riserve minime è ora superiore a quello ricevuto sulle obbligazioni.


Perdite nel Regno Unito e in Svezia

La Banca d’Inghilterra, ora con circa £700 miliardi in obbligazioni sovrane, potrebbe perdere £132 miliardi in una volta secondo il punto (1) di cui sopra: £700 miliardi in obbligazioni decennali emesse nel 2021 con una cedola dell'1%, e che ora rendono il 4,05% alla scadenza, perdono il 19% del loro valore dato che 7 anni sono la scadenza media del debito nel Regno Unito. Oppure perdere £30 miliardi all’anno per 7 anni secondo il punto (2): la BoE riceve la cedola dell'1% su £700 miliardi ma paga il tasso base (5,25%) per 7 anni.

Il Wall Street Journal ha riferito che la Riksbank ha chiesto al parlamento svedese un'iniezione di nuovo capitale di circa $4,1 miliardi per aiutarla a coprire le perdite su $94 miliardi di vendite di obbligazioni.


Di solito i Ministeri delle finanze incassano, ma raramente pagano

I Ministeri delle Finanze, come scritto a pagina 10 del documento di lavoro della Banca d'Inghilterra, hanno ricevuto i profitti del QE ma non possono essere costretti a sostenere automaticamente le perdite del QT: “Mentre la legislazione spesso richiede il trasferimento automatico dei profitti dalla banca centrale al governo, poche banche centrali godono di accordi statutari per le ricapitalizzazioni automatiche”. Su questo punto il Regno Unito è l'avanguardia: la Banca d'Inghilterra è completamente indennizzata per le sue perdite dal Ministero del Tesoro inglese.

In mancanza di un tale sostegno, il documento esamina come coprire le perdite, ma nel frattempo rivela un punto cieco sull’euro: a pagina 4 si afferma che “in quanto uniche istituzioni che emettono la valuta nazionale, le banche centrali possono sempre far fronte agli obblighi derivanti dalle passività denominate nella loro valuta nazionale (FMI, 2015)”. Questo non è vero per l’Eurozona, però, dato che alle banche centrali nazionali dell’Eurozona è esplicitamente vietato farlo e la Banca Centrale Europea non può farlo per loro conto.

Per quanto riguarda la Banca d'Inghilterra, il suo documento di lavoro allude a due danni, ma senza menzionare il proprio ruolo in essi. A pagina 4 ci informa che esistono “limiti alla creazione di moneta, stamparla in eccesso rispetto alla domanda risulterà, prima o poi, in un effetto inflazionistico e sarà in conflitto con l'obiettivo di stabilità monetaria della banca centrale stessa”. Sì, il QE ha avuto un effetto inflazionistico nel Regno Unito e ha spinto l’inflazione ben oltre l’obiettivo al 2% della BoE.

A pagina 10 si afferma che la copertura delle perdite QT ha un impatto diretto sulla tassazione e sulla spesa pubblica: “Poiché le risorse della banca centrale rappresentano una reale richiesta del settore pubblico all'economia, le perdite sono in ultima analisi a carico dei contribuenti (BRI, 2012)”. Sì, le perdite derivanti dal QT della Banca d'Inghilterra stanno influenzando la tassazione nel Regno Unito e le decisioni riguardo la spesa pubblica.


Da dove arriveranno i nuovi capitali?

Una banca centrale potrebbe “cercare di ricapitalizzare il proprio bilancio attraverso un’iniezione di capitale esterno, solitamente da parte del proprio governo”. Sì, lo stato è l’unica fonte possibile, ma poi “i governi che hanno un deficit fiscale significativo sono probabilmente mal visti dai fondi esterni”. Ovviamente lo stato dovrebbe prendere in prestito di più per raccogliere tali fondi.

La BoE offre altre opzioni sgradevoli, oscurando il fatto che un tale versamento sarebbe obbligatorio:

  1. “il Ministero delle finanze potrebbe utilizzare il suo bilancio esistente” – un bilancio che è già in deficit;
  2. “identificare tagli ai finanziamenti o ridestinare fondi che altrimenti sarebbero stati assegnati altrove” – tagli di bilancio alla difesa, alla sanità, ai benefici sociali, alle pensioni, ecc.;
  3. “il Ministero delle finanze potrebbe emettere nuovo debito direttamente alla banca centrale” – un nuovo ciclo di QE o creazione diretta di denaro, aggravando la malattia originale e spacciandola come presunta cura.


Conclusione

Il documento di lavoro della Banca d'Inghilterra tenta di offuscare la verità e di prendere le distanze da essa: le banche centrali – con la Banca d'Inghilterra in avanguardia – hanno commesso errori colossali e ora le loro linee di politica sono esplose loro in faccia (o meglio in faccia ai contribuenti). Il documento di lavoro portato all'attenzione in questo pezzo è il capitale intellettuale con cui le banche centrali del mondo spingeranno i loro Ministeri delle finanze a fornirle nuovo capitale monetario. Il denaro dovrà essere reperito presso i contribuenti, contrariamente alla promessa fatta dopo la crisi finanziaria mondiale.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Le varie sfaccettature del furto tramite l'inflazione (dei prezzi)

Ven, 24/05/2024 - 10:10

 

 

di Francesco Simoncelli

Siamo sommersi da chiacchiere e chiacchiere riguardo la necessità di “investire” e stimolare la “crescita”, salvo poi vedere che la realtà dei fatti va da tutt'altra parte. Non si contano più ormai tutti quegli articoli sui media generalisti, come questo ad esempio, che vogliono individuare la causa del malessere economico europeo, e più in particolare quello italiano, salvo poi perdersi alla fine in un gorgo di qualunquismo e pressapochismo riguardo le soluzioni. Debito e deficit continuano a essere dei problemi e a peggiorare la loro incidenza, nonostante tutte le belle parole che vengono spese a riguardo: aumentano le normative europee onerose così come le tasse. Non c'è via d'uscita da questo impasse nonostante tutta la retorica vomitata dal mainstream: il ripagamento o passa da un aumento delle tasse, o da una svalutazione monetaria. Una terza via potrebbe essere quella di spingere gli investitori interni a fungere da “forzieri”, ma oltre ai rischi annessi nello spalleggiare uno stato fiscalmente irresponsabile, c'è il fattore banca centrale che tiene in bilancio i titoli di stato e non è considerato un “agente estero”. Infatti secondo gli ultimi dati la percentuale di “attori interni” come famiglie e investitori italiani è del 13,5% per quanto riguarda la ripartizione dei titoli di stato italiani posseduti. Quindi questa terza via è un'illusione, in realtà, visto che tecnicamente si ricadrebbe nella seconda possibilità rimarcata sopra.

Da un lato l'inflazione monetaria, e conseguentemente quella dei prezzi, aiuta lo stato a rendere più gestibile il proprio debito pubblico, dall'altro danneggia progressivamente il tessuto sociale sottostante. E questo a sua volta pianta i semi di un'insostenibilità futura dello steso, compresa la necessità di spingere sull'acceleratore del deficit, data la dottrina keynesiana imperante, raddoppiando il peso totale del debito stesso malgrado l'apparente gestibilità precedente. Se poi prendiamo il caso opposto, ovvero quello di un ambiente deflazionistico, o per essere più precisi disinflazionistico in base ai sistemi economici esistenti, gli attori di mercato riescono ad arrivare a una parvenza di crescita economica mentre invece l'apparato statale soffre per la gestione del suo carico d'indebitamento e viene messo di fronte al vicolo cieco del taglio, anzi ridimensionamento, della spesa pubblica. Quest'ultimo percorso significa perdere consensi e restringere la sfera d'influenza della burocrazia dell'ecosistema economico... impensabile. Dato che essa si espande in accordo con la Legge di Parkinson, la resistenza a suddetto ridimensionamento sarà sempre più marcata man mano che verranno intaccati sempre più interessi costituiti. E l'Italia è uno dei coacervi più gonfi di interessi parastatali costituiti, ecco perché è diventato arduo riuscire a tagliare la spesa pubblica e permettere la possibilità alle risorse di essere liberate e sfruttate al meglio da capitali esteri e dal settore privato.

Da questo punto di vista lo statalismo è destinato a implodere sotto il peso delle sue stesse contraddizioni. Il gigantesco apparato dello stato sociale che si è venuto a creare come meccanismo per generare consensi rappresenterà il macigno sotto il quale verranno schiacciati tutti quei bei propositi che vogliono trovare una soluzione all'annoso problema del debito pubblico. Non si può, proprio perché il clientelismo è permeato talmente tanto nel tessuto sociale d'aver distorto a tal punto gli incentivi economici che adesso premiano i pasti gratis... a qualunque costo. Che questo assetto poi sia influenzato dalla Legge dei rendimenti crescenti è un fatto: tasse e inflazione dei prezzi stanno chiedendo il loro tributo in assenza di sostenibilità economica organica. Il bacino della ricchezza reale si restringe, la torta economica si restringe, e il tutto diventa una lotta sulle briciole visto che non si riesce più a espanderla.

Una crisi del debito è una “crisi più prevedibile”, tutti la vedono arrivare ma nessuno pare preoccuparsene. Ma come ha fatto a diventare così grande? E perché sta diventando ancora più grande? È il pericolo più evidente, quindi perché stiamo andando dritti verso di essa? Diamo un’occhiata più da vicino all’inflazione e potremmo trovare una risposta. Come già accennato, c'è più di una causa. L’inflazione monetaria è semplice: i pianificatori centrali “stampano” denaro per finanziare i loro sprechi e premiare i loro amici. Il denaro e il credito extra aumentano l’offerta di denaro e aumentano i prezzi, ma lo stato non li distribuisce per la strade bensì prende in prestito aumentando così il debito della nazione. L’inflazione fiscale è un altro modo per aumentare i prezzi. I politici spendono più di quanto raccolgono in tasse. L’idea è quella di ridistribuire la ricchezza, dalle persone che l’hanno guadagnata ai gruppi favoriti dalla casta politica; la spesa extra dà alle persone denaro da spendere, i prezzi aumentano, lo stato prende in prestito denaro per coprire la spesa e il debito sale.

Molti economisti sostengono che l’indebitamento pubblico in realtà non provochi inflazione, perché si prende “liquidità” dai risparmiatori e la si trasferisce a chi spende. La quantità di “liquidità” rimane la stessa. Ma ciò che realmente accade è che mentre la quantità di denaro può rimanere costante, il volume di beni e servizi utili diminuisce. I risparmiatori potrebbero altrimenti sostenere nuove fabbriche e nuove imprese, aumentando così la produzione. Invece il denaro va a finanziare le fantasie e gli sprechi dei pianificatori centrali, riducendo la produzione reale. I prezzi aumentano. E questo è un buon momento per introdurre un nuovo concetto: “inflazione delle regolamentazioni”. Ci sono “norme”, regolamenti promulgati da chi decide a Bruxelles (sede della burocrazia dell’Unione Europea), anno dopo anno, avvantaggiando gruppi specifici, a scapito di tutti gli altri. Alcuni privilegiati e interessi speciali ottengono più di ciò che vogliono, il resto della popolazione è infastidita e ostacolata da regole meschine e alla fine paga di più per i beni e i servizi che desidera. L’inflazione delle regolamentazioni rende la vita non solo più costosa, ma quasi impossibile.

Il rispetto delle “norme” – come la stessa spesa pubblica – viene conteggiato nel PIL e le persone che le applicano e le fanno rispettare vengono conteggiate come occupate.

Si alzano le stime per il PIL italiano quest'anno... poi vedi che le amministrazioni pubbliche italiane hanno aumentato i loro debiti di circa €23 miliardi. Ah, le meraviglie di "G"! ????https://t.co/QH236ahANT

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) May 15, 2024

Ma “l’inflazione delle regolamentazioni” ci fornisce un quadro fasullo delle cose: la produzione reale diminuisce e il debito diventa più difficile che mai da ripagare.


IL COSTO DELLO STATO

Come indicato, quindi, l’inflazione dei prezzi assume diverse forme: c’è l’inflazione monetaria, l’inflazione fiscale e l’inflazione normativa. In ogni caso si tratta di un costo alimentato dallo stato: i prezzi sono più alti di quanto sarebbero altrimenti a causa delle politiche governative. Più linee di politica statali ci sono, più alti saranno i prezzi. Frank Chodorov nella sua opera più famosa, L'ascesa e la caduta della società, suggerisce che l’ascesa e la caduta delle civiltà tracciano un arco caratterizzato proprio dall'inflazione dei prezzi. Una società deve affrontare delle sfide e le sue élite trovano soluzioni che inevitabilmente portano a maggiore ricchezza e potere per esse stesse. Ogni “soluzione” impone una qualche forma di costo, ovvero l’inflazione, attraverso tasse, regolamenti, controlli, spesa pubblica o stampa di denaro. Alla fine i costi diventano così grandi che la società sprofonda nella “palude”.

Ciò implica che il costo dello stato sia in realtà molto più alto di quanto si pensi – e, alla fine, fatale. E non si può misurarlo solo sommando i prezzi al consumo e le tasse. Pensate, ad esempio, a quei Paesi che hanno avuto governi grandi e ambiziosi: l’Unione Sovietica, la Corea del Nord, o la Germania hitleriana (nel 1945 quasi la metà dell’intero PIL tedesco era destinato alle industrie militari). Le persone in questi posti non soffrivano necessariamente per l’aumento dei prezzi al consumo, infatti erano generalmente controllati insieme a tutto il resto; ciononostante soffrivano lo stesso, di solito da una forma di cosiddetta shrinkflation imposta dallo stato, in cui la disponibilità e la qualità di beni e servizi si riducono fino a quando ne rimane poco. E poi diventa solo una questione di tempo (forse anche molto tempo) prima che il sistema si accartocci su sé stesso e vada a gambe all'aria.

In Unione Sovietica la gente diceva “noi facciamo finta di lavorare e loro fingono di pagarci”. Il “lavoro” – diretto com’era da chi decideva – era in gran parte inutile. I tassisti, ad esempio, venivano pagati in base al numero di chilometri percorsi ogni giorno. Ben presto escogitarono una truffa: sollevando la parte posteriore del taxi e tenendo il motore al minimo, facevano girare le ruote a vuoto così da far correre il contachilometri. Poi prendevano la razione di benzina che non avevano utilizzato per portare in giro i passeggeri, e la vendevano sul mercato nero. Quando venivano pagati, però, scoprivano che altri settori dell’economia erano stati corrotti in modo simile; non c'era molto da comprare.

Per ridurre tutto questo a un assioma facile da memorizzare: più grande diventa lo stato, più povera diventa la popolazione.


ATTENZIONE ALLA “GRANDE PERDITA”

Il pericolo più grande che la maggior parte degli investitori deve affrontare è il rischio di una “Grande perdita”, una così profonda da cui non si riprenderanno mai. E la fonte più probabile ora è la bolla dei “Magnifici 7”. Si ritiene che Nvidia, ad esempio, valga più dell’intero settore energetico e che i Magnifici 7 valgano più dell’intera produzione della Cina, la seconda economia più grande del mondo. Quando questi fatti cambieranno, molte persone si ritroveranno invischiati nella Grande Perdita. Ma anche le economie nazionali sono dirette verso una grande perdita. Come visto sopra, la “crisi più prevedibile di sempre” è l’esplosione del debito pubblico. Mettiamola in prospettiva.

Una società deve inevitabilmente affrontare delle sfide e deve proteggersi dalle altre società. Esaurisce i parcheggi, i suoi agricoltori sono sconvolti dai prezzi bassi che ottengono dal mais e dal grano, ecc. Una cosa dopo l'altra. Le élite cercano di risolvere questi problemi e li risolvono in un modo che va ad aumentare la loro ricchezza e il loro potere, gettando i semi del problema successivo. Dispiegano truppe in tutto il mondo, ad esempio, e poi devono “proteggere quelle truppe” e mostrare al mondo che non bisogna scherzare con esse. Oppure vedendo il mondo confrontato con una crisi climatica, inviano denaro ai loro amici con soluzioni “verdi”, limitando al tempo stesso la capacità dei produttori onesti di energia di fornire quella cosa che i loro clienti desiderano per davvero. Tutte le correzioni impongono dei costi e alcuni costi si manifestano sotto forma di prezzi più alti (e anche di tasse più elevate). Altri costi sono in gran parte invisibili: una shrinkflation su scala nazionale. La qualità e la quantità di beni e servizi diminuiscono; le persone ottengono meno per il loro tempo e il loro denaro.

Economisti attenti si sono chiesti per anni perché la classe operaia non ha avuto alcun aumento salariale reale in mezzo secolo. Com'è stato possibile? L’economia italiana, ad esempio, aveva tutti i vantaggi in epoche passate: capitale, manodopera qualificata, numerosi ingegneri e imprenditori. Perché i tassi di lavoro/ora hanno smesso di aumentare dopo gli anni '70? La risposta è davanti ai vostri occhi, letteralmente. Nella “-flazione” finora descritta: costi più alti (le banche centrali hanno cercato di mantenere i prezzi intorno al 2% all’anno) e un’economia reale ristretta dove sempre più produzione è stata indirizzata, dai pianificatori centrali, verso attività che in realtà non fruttavano niente. La produzione diminuisce insieme alla qualità.

La più costosa di tutte le soluzioni in tempo di pace della storia ha avuto luogo nel 2020-2021. In risposta alla sfida posta da un virus (che si è rivelata inconsistente), i governi di tutto il mondo hanno chiuso gran parte dell’economia e poi hanno distribuito a pioggia migliaia di miliardi di denaro fasullo. In Italia, ad esempio, l'economia dei bonus e delle “mancette” è diventata talmente endemica da aver gonfiato in modo spropositato lo stato sociale, rendendolo una spesa non più discriminatoria nel bilancio pubblico. Il costo del superbonus 100%, poi, che si aggira a oggi intorno ai €130 miliardi per le casse statali italiane, non è altro che il figlio delle aberrazioni fiscali post-pandemia; per quanto adesso i politici all'opposizione allora si straccino le vesti per il costo che sta rappresentando, avrebbero fatto lo stesso anche loro. Per decenni il settore immobiliare è stato considerato anti-ciclico nei momenti di crisi economica, quindi non sorprende affatto che anche a questo giro sia stato utilizzato come volano per trasmettere una politica fiscale/monetaria stimolante al resto dell'ambiente economico. Per quanto la stampa generalista voglia farci credere che questi siano effetti visibili solo ex-post, in realtà chi conosce la Scuola Austriaca sa benissimo che invece sono prevedibili e determinabili ex-ante.

Tutte queste spese imposte all’economia sono risultate inutili. E una parte di esse è stata trasmessa sotto forma di prezzi al consumo più alti che i consumatori pagheranno per molti anni a venire; gran parte del resto è ora incorporato nel debito pubblico. In altre parole, quest'ultimo rappresenta i tentativi delle élite di risolvere problemi – reali e immaginari – trasferendo a loro vantaggio denaro e potere nel presente e scaricando i costi reali sulle generazioni future. Ogni giurisdizione ha il suo modo di etichettare queste élite: in generale “la Palude”, o Deep State in America, “il Blob” in Inghilterra, Milei in Argentina li chiama la “casta politica”. In qualunque modo li si voglia chiamare sono quei decisori che “risolvono i problemi”, non importa se ce n'è uno o no.

E ora, nella maggior parte dei Paesi dell’Occidente, hanno risolto così tante crisi che l’intero sistema vacilla sotto il peso delle loro soluzioni. La Grande Perdita ha fatto passi da gigante.


MISURARE L'IMMISURABILE

Nel frattempo l'inflazione dei prezzi corre senza freni. Per quanto i media generalisti si sbraccino per dire che si sta “raffreddando”, la disinflazione misurata mensilmente non è affatto sinonimo di un calo dei prezzi. L'inflazione dei prezzi è un fenomeno economico che si cumula nel tempo: può rallentare, ma non smette di crescere visto che una deflazione dei prezzi è considerata l'anatema per eccellenza dei tempi moderni.

Senza contare, poi, che esistono aggiustamenti interni agli indici che monitorano l'andamento dei prezzi e che servono a smorzarne l'impatto reale sui consumatori. Tra indici armonizzati, normali e core si tratta di informazioni utili solo per persone stilizzate che non mangiano, non comprano carburante e che, in sintesi, agiscono in un quadro programmatico che hanno in testa solo gli statistici. Ma le statistiche mentono sempre, soprattutto quelle con punti decimali. Una cosa è dire che “i prezzi al consumo sono più alti di circa il 20% rispetto al 2020”, c’è un fondo di verità in questo, ma un IPC al 4,8% annuo, ad esempio, è un’informazione negativa. Avete come l'impressione di sapere qualcosa grazie alla presenza della virgola, in realtà non sapete proprio nulla.Quello che si vuole mostrare qui è il modo in cui l’”inflazione” è molto più di un semplice fenomeno monetario ed è molto difficile da misurare. Molti economisti, ad esempio, ritengono che l’aumento dei prezzi del 2022 sia dovuto esclusivamente alla stampa di denaro nel 2020-2021. Chiaro e semplice: i banchieri centrali stampano denaro, i prezzi salgono. Ma c’è di più in questa storia, gli aumenti dei prezzi a cui stiamo assistendo ora rappresentano un tipo di inflazione molto più insidiosa, persistente, inesorabile e per nulla soggetta ai decimali.

Sappiamo che i pianificatori centrali alimentano l’inflazione dei prezzi spendendo più soldi, infatti i deficit pubblici intaccano i risparmi e la spesa dell’economia reale; lo stato cresce, ma la produzione reale diminuisce. I prezzi salgono perché ci sono meno beni e servizi da acquistare. Allo stesso modo la palude in continua espansione di regolamenti e controlli centralizzati lascia poco spazio all’economia di Main Street, portando a prezzi più alti per la produzione rimanente. Le regolamentazioni hanno un effetto simile a una maggiore spesa pubblica, visto che costringono le persone a fare cose che non vogliono fare, premiando gruppi privilegiati di clientes e lobbisti a scapito di tutti gli altri. Leggi, regolamenti, direttive anno dopo anno si sommano: pensate solamente alle ultime novità in merito alle leggi europee sulla concorrenza, le leggi sulla pesca, ecc. Il Federal register negli Stati Uniti, poi, registra un tasso di modifica di circa 86.000 nuove pagine ogni anno. Ognuna di queste nuove regole è come la proverbiale ed ennesima goccia sul dorso del cammello, solo che, diversamente da come lo disegnava Heath Robinson, le ginocchia del povero animale alla fine cedono e stramazza al suolo. Le case automobilistiche, ad esempio, stanno passando alla produzione di auto elettriche per raggiungere obiettivi politici (salvo poi lamentarsi contro i fantomatici “altri” quando in precedenza si sono aperte le porte alle “invasioni esterne”). Il risultato è una minore produzione delle automobili che le persone realmente desiderano – e prezzi più alti.

In un’economia sana e onesta i prezzi dovrebbero scendere man mano che i produttori migliorano in quello che fanno. Ma in un'economia stagnante e degenerata, corrotta da denaro fasullo e prestato a tassi fasulli, essi aumentano poiché lo stato riduce l’offerta di beni e servizi mentre aumenta l’offerta di denaro.

Quanto costano le normative? Secondo l'AGI navighiamo intorno ai €225 miliardi all'anno. E, badate bene, si tratta di una cifra superiore rispetto a un anno fa che invece era di circa €150 miliardi. Ma gran parte del costo non può essere calcolato affatto. Nessun 6, nessun 7, nessun 8 ci racconterà mai tutta la storia. C’è la frustrazione di cercare di rispettare regole insensate, pratiche burocratiche e ritardi; ci sono espedienti e soluzioni alternative a cui le persone si rivolgono per cercare di evitarli; ci sono attività che non vengono mai avviate, carriere che non vengono mai intraprese, innovazioni che non vengono mai tentate.


CONCLUSIONE

Gli stati e tutte le loro macchinazioni sono la causa dell’aumento dei prezzi. Sebbene le banche possano creare denaro – credito – attraverso i prestiti, fanno affidamento su progetti e investimenti per sostenerli; non possono creare credito per salvarsi, altrimenti nessuna entità finanziaria fallirebbe. Infatti lo squilibrio patrimoniale delle banche commerciali deriva dai prestiti a tassi inferiori rispetto al rischio e dall’avere obbligazioni governative come investimenti, due cose imposte dalla regolamentazione e dalla pianificazione del sistema bancario centrale. Nel frattempo lo stato mette in circolazione più valuta per mascherare i propri squilibri fiscali e salvarsi, utilizzando regolamentazione, legislazione e coercizione per imporre l’uso della propria forma di denaro.

I monopoli non possono aumentare i prezzi a meno che non siano in grado di costringere i consumatori a utilizzare i loro prodotti senza alcun calo della domanda. Dobbiamo anche capire che monopoli distruttivi e inefficienti possono esistere solo se lo stato li impone, in qualsiasi altra situazione scomparirebbero a causa della concorrenza, della tecnologia e delle importazioni più economiche da altre nazioni. Qual è allora l’unico monopolio che può costringere i consumatori a utilizzare il loro prodotto indipendentemente dalla reale domanda? Il denaro fiat.

Lo stato è il più grande agente economico e quindi il motore più importante della domanda aggregata. Esso può porre fine alla piaga dell'inflazione dei prezzi in qualsiasi momento eliminando le spese non necessarie che alimentano il deficit pubblico; tassare il settore privato per “contrastare” l’inflazione dei prezzi è come affamare i figli per far perdere peso al genitore grasso.

In questo modo s'indebolisce ulteriormente il settore produttivo, peggiorando la situazione economica e le prospettive economiche future. Perché? Perché ad oggi i governi europei e l'UE stessa, per sopravvivere alle pèroprie contraddizioni ed errori economici commessi in passato, deve erodere progressivamente il bacino della ricchezza reale. Quando gli stati si presentano come la soluzione all’inflazione dei prezzi con sfarzosi programmi di spesa e sussidi, stanno solamente gettando ulteriore benzina su un incendio già devastante.


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L’arresto degli sviluppatori di Samourai Wallet dimostra che l’attuale governo degli Stati Uniti odia la privacy e la libertà

Gio, 23/05/2024 - 10:10

 

 

di Andrea Togni

Il 24 aprile due sviluppatori di Samourai Wallet, il wallet più avanzato incentrato sulla privacy nell'ecosistema Bitcoin, sono stati arrestati e accusati di riciclaggio di denaro e altri reati affini per ordine del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti. Questo è solo l’ennesimo assalto di una guerra dichiarata dai regolatori statunitensi sulla privacy e la libertà finanziaria.

Altri esempi sono l'arresto degli sviluppatori di Tornado Cash, un protocollo sulla privacy sviluppato per Ethereum e altre blockchain, e la pressione esercitata da parte delle agenzie governative sugli exchange centralizzati affinché rimuovessero criptovalute incentrate sulla privacy come Monero. La regolamentazione tramite arresti e intimidazioni è la strategia adottata dal governo degli Stati Uniti per drenare liquidità da quelle forme di denaro che tutelano la privacy, percepite come una minaccia per il sistema monetario fiat ipersorvegliato.


Regolamentazione mediante l’arresto: il caso di Samourai Wallet

Bitcoin è un sistema monetario trasparente perché il mittente, il destinatario e l’importo di qualsiasi transazione sono visibili sulla catena di blocchi. La pseudoanonimità è la protezione della privacy più elementare a disposizione dei bitcoiner: indirizzi e transazioni sono stringhe di caratteri alfanumerici che non sono direttamente correlati a persone nel mondo reale. Le pratiche finanziarie tradizionali come i requisiti Know Your Customer (KYC) distruggono la privacy su Bitcoin perché collegano le informazioni on-chain pseudoanonime alle identità reali, rendendo tracciabili le attività on-chain. Non sorprende, quindi, se gli stati di tutto il mondo stiano esercitando pressioni sugli intermediari centralizzati affinché impongano queste pratiche ai propri clienti.

Per conservare il loro pseudoanonimato, gli utenti attenti alla privacy dovrebbero evitare di interagire con intermediari regolamentati e con chiunque applichi misure KYC. Inoltre sono state sviluppate numerose tecniche di privacy per aiutare le persone a mantenere privati ​​i propri asset. Una delle tecniche di privacy più efficaci è coinjoin, “un metodo trustless per combinare più pagamenti Bitcoin da parte di più mittenti in un'unica transazione e rendere più difficile per le parti esterne determinare quale mittente abbia pagato quale destinatario o destinatari”. Samourai Wallet ha sviluppato Whirlpool, “l’unica vera implementazione coinjoin zerolink esistente. Ogni mix Whirlpool è un coinjoin di 5 persone facilitato dal nostro coordinatore in cieco. Ogni transazione ha 1496 possibili interpretazioni e rompe tutti i collegamenti deterministici tra input e output, fornendo all’utente privacy massima a livello di transazione”. Il Dipartimento di giustizia americano vede lo sviluppo di Whirlpool e di altre tecniche incentrate sulla privacy come un attacco all'apparato di sorveglianza del sistema fiat: l'arresto degli sviluppatori di Samourai Wallet è un messaggio per chiunque osi minacciarlo.

Le tesi esposte nell'accusa sembrano solo sofismi. In primo luogo, gli sviluppatori di Samourai Wallet sono accusati di cospirazione per gestire un’attività di trasmissione di denaro senza licenza perché non hanno registrato il loro software presso la Financial Crimes Enforcement Network (FinCEN). Tuttavia le linee guida FinCEN FIN-2019-G001 affermano inequivocabilmente che “i fornitori di strumenti (di comunicazione, hardware o software) che possono essere utilizzati nella trasmissione di denaro, come il software di anonimizzazione, ricadono nel commercio e non nella trasmissione di denaro”.

Dato che tutti gli strumenti di Samourai Wallet non sono custoditi centralmente e che gli utenti non devono mai cedere il controllo sui propri fondi, questi strumenti sono solo software e non un servizio centralizzato a cui dev'essere concessa una licenza. È vero che gli utenti pagano commissioni a Samourai Wallet per effettuare il coinjoin con i propri fondi e che il suo coordinatore cieco costruisce transazioni di tale natura, tuttavia solo gli utenti, e non gli sviluppatori, controllano le proprie coin e le trasmettono.

In secondo luogo, l’accusa afferma che $100 milioni in denaro sporco sono stati riciclati attraverso gli strumenti per la privacy di Samourai Wallet, tuttavia sostiene anche che “incentiva gli utenti a mantenere le proprie criptovalute nel Whirlpool (e quindi a generare ulteriore liquidità nel pool) rendendo gratuiti i mix successivi”. Questo spiega perché i criminali usano raramente Whirlpool per riciclare fondi: di solito vogliono incassarli il prima possibile, ma Whirlpool incentiva gli utenti a fare esattamente il contrario per aumentare la loro privacy. Infatti se i numeri citati nell’accusa sono corretti, il 95% dei $2 miliardi passati attraverso gli strumenti per la privacy di Samourai Wallet sarebbero leciti. Eliminando Whirlpool, il Dipartimento di Giustizia sta vietando a un numero significativo di individui rispettosi della legge di proteggere la propria privacy finanziaria. Inoltre l'accusa non tiene conto del fatto ovvio che il riciclaggio di denaro è commesso da chi lo fa a tutti gli effetti e non da sviluppatori che scrivono codice informatico.

In terzo luogo, la posizione dell'attuale governo statunitense sulla natura di Bitcoin è oscura. Da un lato l’Agenzia delle Entrate sostiene che Bitcoin non è denaro ma un asset speculativo; questo è il motivo per cui i cittadini statunitensi devono pagare le tasse sulle plusvalenze sulle loro partecipazioni in criptovalute. Dall’altro lato il Dipartimento di Giustizia sostiene che il software coinjoin renda possibile il riciclaggio di denaro. È importante notare che Whirlpool consente agli individui di pseudoanonimizzare le proprie monete ma non di convertirle in dollari. Come possono i coinjoin costituire riciclaggio di denaro se Bitcoin non è denaro e non viene mai convertito in denaro fiat?

In quarto luogo, l’accusa menziona alcuni tweet e materiali di marketing degli sviluppatori di Samourai Wallet come prova di intenti criminali. La maggior parte delle “prove”, tuttavia, sono solo commenti provocatori o affermazioni di verità ovvie come l'assenza di KYC sul loro wallet. Il Dipartimento di Giustizia prende talmente sul serio il monopolio statale sul denaro che non riesce nemmeno a distinguere i discorsi provocatori dagli atti criminali.

In quinto luogo, il 25 aprile, il giorno dopo l'arresto degli sviluppatori di Samourai Wallet, l'FBI ha emesso un minaccioso annuncio pubblico: “Le persone che utilizzano servizi di trasmissione di denaro in criptovalute senza licenza potrebbero incappare in interruzioni finanziarie durante le azioni delle forze dell'ordine, soprattutto se la loro criptovaluta è mescolata con fondi ottenuti con mezzi illegali”. L'annuncio esorta inoltre i cittadini rispettosi della legge a evitare qualsiasi software o servizio esente da KYC che sfugga all'apparato di sorveglianza dello stato e del sistema bancario. Siamo in quella fase di discesa verso la tirannia in cui lo stato minaccia i cittadini rispettosi della legge di “perturbazioni finanziarie” se utilizzano software che non piace all’FBI.


La connessione tra l’arresto degli sviluppatori di Samourai Wallet e gli ETF su Bitcoin

Le azioni intimidatorie del governo degli Stati Uniti stanno creando un effetto agghiacciante nell’ecosistema delle criptovalute. Sparrow Wallet, un importante wallet Bitcoin che ha implementato Whirlpool, ha rimosso questa feature dalla sua ultima versione in seguito all'arresto degli sviluppatori di Samourai Wallet. Allo stesso modo Wasabi Wallet, che implementa un diverso protocollo coinjoin, ha annunciato che “impedirà ai residenti e ai cittadini statunitensi di utilizzare il suo servizio coinjoin”. Phoenix Wallet, uno dei wallet Bitcoin più popolari per Lightning Network, ha annunciato che la sua app verrà rimossa dagli app store statunitensi perché “recenti annunci delle autorità statunitensi mettono in dubbio se i fornitori di wallet auto-custodial, i fornitori di servizi Lightning, o anche i nodi Lightning potrebbero essere considerate attività di servizi monetari ed essere regolamentate come tali”. In linea di principio anche i miner e i wallet self-hosted possono essere visti come trasmettitori di denaro secondo l’interpretazione arbitraria della legge da parte delle autorità statunitensi, il che significa che nessuna azienda, sviluppatore, o utente è al sicuro dall'arbitrarietà della portata normativa.

Le azioni del Dipartimento di giustizia non sono casuali, ma pianificate: l'obiettivo non è combattere la criminalità ma drenare liquidità da quegli strumenti che consentono agli individui di sfuggire al sistema finanziario tradizionale. Gli eventi discussi in questo articolo non possono che essere collegati all’approvazione degli Exchange Traded Fund (ETF) su Bitcoin all’inizio di quest’anno. Gli ETF sono strumenti di custodia e regolamentati che consentono di portare quanti più bitcoin possibili sotto il controllo dello stato. Possedere ETF su Bitcoin non significa possedere bitcoin, ma una promessa di essere rimborsati in bitcoin. Gli ETF sono strumenti fiat tradizionali che danno potere agli intermediari regolamentati e disincentivano le pratiche di autocustodia e privacy. L’intermediazione e la sorveglianza fornite dagli ETF sono un netto vantaggio per lo stato; invece l’autotutela e la privacy rappresentano una minaccia alla capacità dello stesso di controllare l’economia e di estrarne risorse economiche scarse. L'arresto degli sviluppatori di Samourai Wallet e l'approvazione degli ETF su Bitcoin hanno lo scopo di drenare bitcoin detenuti privatamente e intrappolare le persone nel sistema fiat-KYC.

Da una prospettiva storica il comportamento irregolare del governo americano non dovrebbe sorprendere: quando l’economia è afflitta da debiti insopportabili e le guerre si espandono come il fuoco, le autorità tendono a rafforzare i controlli finanziari. Gli Stati Uniti non fanno eccezione. Nelle menti distorte dei tiranni, a nessuno deve essere consentito di preservare la propria ricchezza uscendo dal sistema finanziario e istituzionale in carica: la nave deve affondare con tutti a bordo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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L’anarchia non è né caos né difficile da trovare

Mer, 22/05/2024 - 10:09

Vorrei portare un ulteriore esempio a supporto di quelli che verranno presentati nell'articolo di oggi. In una società libera i problemi verrebbero risolti dal mercato, questo è il messaggio di base del libro “Against the State” di Lew Rockwell. Visto che a oggi, grazie a una subdola macchina di propaganda, il razzismo è sulla bocca di tutti, si sostiene comunemente che tale problema dilagherebbe in una società priva di regolamentazione statale. Tranne nei casi in cui la legge vieta alle persone di interagire tra loro, il mercato tende sempre a diffondere un sentimento di pace senza costringere né vietare gli scambi. Ciò non significa che non ci sarebbero razzisti in una società libera, ma che non avrebbero il potere di impedire ad altre persone di effettuare scambi tra loro. Un razzista può rifiutarsi di commerciare, ma non può costringere gli altri. Il fatto che il razzismo non sia in grado di proliferare senza la mano dello stato, spiega perché i sistemi di apartheid furono propagati non dall’odio ma da un sistema di leggi basato sulla razza spalleggiato dalla forza statale. La segregazione razziale in quei sistemi era un requisito legale, non un movimento organico diffuso dagli odiatori. L’idea che oggi anima i “crimini d’odio”, ovvero che la loro proliferazione è una minaccia dalla quale solo lo stato può proteggerci, è solamente l’ennesima strategia per massimizzare il potere statale. Come scrive lo stesso Rockwell: “Invece di affidare la nostra protezione a uno stato predatore, perché non fare affidamento sulla cooperazione pacifica in un libero mercato? [...] Lo Stato per sua natura non può essere giusto e se quindi è la giustizia quella che si va cercando bisogna fare a meno dello Stato e di tutte le istituzioni a esso collegate”.

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di Andreas Granath

Nel linguaggio comune, e forse in qualsiasi dizionario, anarchia è sinonimo di caos e disordine. Ciò potrebbe non sorprendere dal momento che gli anarchici di sinistra hanno lavorato duramente per distruggere la reputazione del concetto stesso.

In quanto ex-statalista condividevo questa visione dell’anarchia: una distopia caotica. Ma, come ho imparato nel corso degli anni, è l'esatto opposto. Tuttavia questa consapevolezza può essere raggiunta solo osservando le cose logicamente.


Definire l'anarchia

La parola anarchia deriva dal greco antico e significa “senza sovrano o autorità”. Nel definire l’anarchia è fondamentale definire il ruolo di un governante. Gli anarchici di sinistra si oppongono alle gerarchie naturali, alla proprietà privata e al governo. Secondo la loro logica, un governante è qualcuno che possiede proprietà privata, ricopre una posizione manageriale, o è un funzionario governativo.

Dall’altro lato, invece, chi obbliga qualcun altro a condividere i suoi mezzi di produzione non sarebbe considerato un governante. Quindi questa visione dell’anarchia è incoerente e contraddittoria. Detto questo, dobbiamo esaminare una filosofia politica più coerente: l’anarcocapitalismo, una filosofia politica anarchica di destra.

Essa definisce un governante in modo libertario, come qualcuno che usa la violenza o la minaccia di essa per controllare gli altri. Ciò si deduce dall’assioma libertario dell’autoproprietà come diritto naturale. Dal punto di vista logico questo diritto dev'essere esteso anche al possesso di beni.

Ora che abbiamo una visione logica e coerente di un sovrano, possiamo definire l’anarchia. È una relazione sociale tra persone basata sull'assenza di coercizione attraverso la violenza o la minaccia di essa. A rigor di termini, l’anarchia è la cooperazione sociale volontaria tra individui dotati di proprietà personale e i loro beni privati.


Trovare l'anarchia

Il tipico statalista chiederà quasi sempre a un anarchico di indicare un momento e un luogo specifici in cui l’anarchia abbia funzionato. A questo proposito il tipico anarchico (di destra) indicherà molto spesso il Commonwealth islandese, o la Repubblica di Cospaia. Sebbene questi siano ottimi esempi di società più grandi e ben funzionanti, vi mostrerò molti altri esempi.

L’anarchia, che è una relazione interpersonale tra individui senza violenza o minaccia di essa, può essere trovata ovunque. Osservando le cose in una microprospettiva, scopriamo che le relazioni anarchiche sono più comuni delle relazioni non anarchiche.

La maggior parte delle persone hanno relazioni anarchiche tra loro: si scambiano quotidianamente beni, servizi, idee, informazioni, amore e molte altre cose preziose. In altre parole, il valore viene scambiato con altro valore volontariamente.

Su questo principio di scambio di valore costruiamo famiglie, società, imprese e altri gruppi. Sebbene all’interno delle società più piccole vi sia anarchia, esiste ancora una relazione non anarchica con lo stato. La maggior parte delle persone non riesce a vederlo perché non può esserci una relazione interpersonale con un individuo e un collettivo assente. Questo perché solo gli individui agiscono e interagiscono.

Così lo stato si nasconde e si mimetizza attraverso i suoi dipendenti e le loro diverse professioni. Prendiamo ad esempio qualcuno che decide di non pagare le tasse. Sebbene sappia delle conseguenze che subirà, ci sono molte relazioni interpersonali da studiare in questo caso.

All'inizio potrebbe ricevere un avviso da qualcuno nell'Agenzia delle Entrate. Dopo averne ignorato diversi, a casa sua si presenteranno poliziotti armati. Durante la detenzione e in attesa del processo, sarà sorvegliato da guardie carcerarie. Alla fine avrà il suo processo e quando si troverà in tribunale sarà incriminato da giudici e pubblici ministeri.

Tenete presente che queste persone direttamente coinvolte rappresentano solo la punta dell'iceberg, sotto il livello del mare abbiamo politici che promulgano leggi, contribuenti ed elettori che alimentano lo stato insieme ai lobbisti.

Se scomponiamo il “rapporto tra stato e individui” in rapporti interpersonali, il quadro diventa più chiaro: lo stato funziona come una banda di ladri, ma in modo molto sofisticato e subdolo.

Inoltre dovremmo considerare che anche i dipendenti pubblici sono in una relazione anarchica tra loro, però, proprio come i privati ​​cittadini, hanno una relazione non anarchica con lo stato. Esiste anche, come sottolineato da Ludwig von Mises e Murray Rothbard, anarchia tra gli stati. Almeno fino allo scoppio della guerra.

In conclusione, anarchia significa assenza di un governante. In una microprospettiva è una relazione sociale tra due individui senza violenza o minaccia di essa. Questa microanarchia può essere ed è estesa per coinvolgere gruppi più ampi di persone, pertanto non vi è alcun limite a quanto la società possa diventare grande prima che l’anarchia diventi inefficiente e un governo debba prendere il controllo.

L’anarchia è ordine spontaneo, non caos. Tale ordine spontaneo può essere trovato ovunque ed essere anarchico non è così controverso come si pensa.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Il ban a TikTok è il prossimo Patriot Act

Mar, 21/05/2024 - 10:04

 

 

di Aaron Sobczak

HR 7521, chiamato Protecting Americans from Foreign Adversary Controlled Applications Act, è uno sviluppo recente nella politica americana. TikTok ha fatto notizia negli ultimi anni, dopo che il pubblico si è reso conto dei suoi legami con la Cina. La popolare app è attualmente di proprietà di ByteDance Ltd, una società cinese. La Cina e gli Stati Uniti hanno oggi una relazione difficile, che fa temere che il governo cinese possa potenzialmente utilizzare questa app per spiare i cittadini americani. Diversi stati e contee hanno votato per limitarne in qualche modo l’utilizzo, per lo più impedendo ai dipendenti pubblici di utilizzarla su telefoni di proprietà del governo. All'inizio di questo mese il Congresso degli Stati Uniti ha approvato un atto legislativo che limiterebbe la disponibilità dell'app qualora ByteDance non soddisfacesse determinati requisiti.

Mettendo da parte l’idea che i politici raramente hanno motivazioni oneste, questa legge ha il potenziale per essere pericolosa tanto quanto il Patriot Act. Con il presunto obiettivo di proteggere la sicurezza nazionale americana, il Patriot Act ha concesso ampi permessi al governo federale e alla National Security Agency di spiare i cittadini americani. Oltre ad avere il potenziale per violare il diritto alla privacy e il Quarto Emendamento, questa nuova legge è un palese attacco ai diritti di proprietà. I produttori e i proprietari di dispositivi mobili hanno tutto il diritto di installare qualsiasi software desiderino, poiché è di loro proprietà. Qualsiasi illusione di un diritto alla sicurezza nazionale è immediatamente contraddetta, poiché i diritti collettivi sono di natura positiva e quindi non sono affatto diritti.

Osservando questa legge, diverse parti puzzano. Viene impedito a qualsiasi entità di distribuire, mantenere o aggiornare qualsiasi applicazione controllata da un avversario straniero. Dovrebbe essere ovvio che non ci si può fidare del sistema della sicurezza nazionale americano per determinare quali Paesi o entità siano avversari. Un recente esempio potrebbe essere quando gli Stati Uniti erano determinati a dipingere l’Iraq, e Saddam Hussein, come una potenza malvagia che aveva contribuito agli eventi dell’11 settembre. Inoltre si può sottolineare come le amministrazioni Trump e Biden  abbiano sostenuto i lockdown, demonizzando agli occhi degli altri americani coloro che capivano la costituzione e i diritti di proprietà. Lo stato si è dimostrato incapace di dire agli americani chi o cosa dovrebbero temere.

La legge prosegue poi vietando addirittura l'hosting di servizi Internet che consentono l'uso di queste app, rafforzando il controllo dello stato su Internet. Oltre a questi timori di un'ulteriore censura da parte del governo, il senatore Rand Paul ha sottolineato che molti americani possiedono una partecipazione in ByteDance; questa restrizione significherebbe che il governo sottrae la proprietà americana in assenza di alcun crimine. La legge non limita solo le società direttamente controllate da un governo straniero, ma anche le società possedute da privati ​​cittadini di uno stato avversario. Quando si tratta di censura governativa, il governo cinese è l'esempio classico; il governo americano seguirebbe le orme del Partito comunista cinese se il presidente Joe Biden decidesse di firmare questo atto legislativo. La costituzione e i diritti basati sul diritto naturale su cui sono stati fondati gli Stati Uniti sono in forte conflitto con questo livello di censura.

Mettendo da parte ogni pretesa sulla sicurezza nazionale, questa legge limiterà la concorrenza nel mercato americano. Aziende come Alphabet e Meta trarranno grandi benefici da un’enorme diminuzione della concorrenza nel mercato dei social media. Inoltre la cooperazione estera nel mercato globale serve a diffondere i valori del capitalismo e della libera espressione. Il libero scambio riduce notevolmente il rischio di guerre tra stati, con conseguente maggiore concorrenza a livello mondiale; è infatti dimostrato che ulteriori stati considerati avversari diminuiscono la pace: dal modo in cui l’Iran ha reagito alla fine del Piano d’azione globale congiunto, da come la Corea del Nord ha reagito positivamente ai brevi tentativi del presidente Donald Trump di normalizzare le relazioni diplomatiche e da come la Russia ha reagito all’espansione della NATO.

Sebbene non sia così ampio come il Patriot Act, questa legge può essere pericolosa in molti modi. I diritti naturali alla libertà di espressione, alla proprietà e alla privacy sono ulteriormente a rischio con una legislazione come questa. È palese come essa andrà a vantaggio di aziende molto grandi come Alphabet e Meta nel mercato americano, aziende che hanno spiato i cittadini americani per conto del Federal Bureau of Investigation. Inoltre le nazioni già estraniate hanno meno probabilità di raggiungere qualsiasi tipo di accordo ragionevole, poiché sono continuamente messe all’angolo dalla comunità globale. Gli americani che conoscono la storia non dovrebbero fidarsi del sistema della sicurezza nazionale americano per determinare adeguatamente chi sono i loro nemici, o il modo migliore per essere al sicuro. Questa legge non farà altro che conferire maggiore potere allo stato, potere che si è dimostrato incapace di essere usato con giudizio.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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La legislazione dell'UE ha reso Internet meno libero

Lun, 20/05/2024 - 10:09

 

 

di Mustafa Ekin Turan

Se usate Internet da più di un paio d’anni potreste aver notato che prima era molto più “libero”. In questo contesto ciò significa che c'era meno censura e regole meno stringenti riguardo alle violazioni del diritto d'autore su social media come YouTube e Facebook (e di conseguenza una gamma più ampia di contenuti), i motori di ricerca erano soliti mostrare risultati da siti web più piccoli, c’erano meno “fact-checker” e c’erano (nel bene e nel male) linee guida meno rigorose per una condotta accettabile. Negli ultimi dieci anni la struttura e l'ambiente di Internet hanno subito cambiamenti radicali. Ciò è accaduto in molte aree, tuttavia questo articolo si concentrerà specificamente sui cambiamenti nei social media e nei motori di ricerca. Questo articolo sottolinea come i cambiamenti nelle normative dell’Unione Europea riguardanti le piattaforme online abbiano svolto un ruolo importante nel modellare la struttura di Internet per come è oggi e che potrebbero essere all'orizzonte ulteriori cambiamenti nella linea di politica dell’UE che faranno ancor più danni.

Ora che i lettori hanno un’idea di cosa si intende per “cambiamento”, dovremmo spiegare in dettaglio quali normative UE hanno avuto un ruolo nella sua realizzazione. Il primo importante atto normativo di cui ci occuperemo è la direttiva sul diritto d'autore nel mercato unico digitale, approvata nel 2019. L'articolo 17 di questa direttiva stabilisce che le piattaforme di servizi di condivisione di contenuti online sono responsabili per i contenuti protetti da copyright pubblicati sulle loro pagine web. Per essere esenti da responsabilità, i siti web devono dimostrare di aver fatto del loro meglio per garantire che i contenuti protetti da copyright non venissero pubblicati sui loro siti, di aver collaborato rapidamente per rimuovere i contenuti se pubblicati e di aver adottato misure per assicurarsi che tali contenuti non vengano pubblicati di nuovo. Se questi siti web venissero giudicati responsabili anche per una piccola porzione dei contenuti caricati su di essi, le conseguenze finanziarie sarebbero immense. A causa di questo regolamento YouTube e molti altri siti hanno rafforzato la loro linea di politica relativa ai  contenuti protetti da copyright e da allora, a volte giustamente e a volte ingiustamente, i creatori di contenuti si sono lamentati del fatto che i loro video venivano contrassegnati per violazioni del copyright.

Un altro regolamento UE degno di nota per il nostro argomento è il Digital Services Act diventato operativo nel 2023. Il Digital Services Act è un regolamento che definisce piattaforme online e motori di ricerca quelli con più di quarantacinque milioni di utenti mensili attivi e impone oneri specifici a questi siti. L'intero atto è troppo lungo per essere discusso in questo articolo, tuttavia alcuni dei punti più degni di nota sono i seguenti:

  1. La Commissione Europea (l’organo esecutivo dell’UE) lavorerà direttamente con piattaforme online molto grandi per garantire che i loro termini di servizio siano compatibili con i requisiti relativi all’incitamento all’odio e alla disinformazione, nonché con i requisiti aggiuntivi della legge sui servizi digitali. La Commissione Europea ha anche il potere d'influenzare direttamente i termini di comportamento di questi siti web.

  2. Le piattaforme online e i motori di ricerca molto grandi hanno l’obbligo di vietare, combattere preventivamente e modificare i loro sistemi di raccomandazione per discriminare tipi diversi di contenuti, che vanno dall’incitamento all’odio e alla discriminazione a tutto ciò che potrebbe essere considerato disinformazione.

Questi punti dovrebbero preoccupare chiunque utilizzi Internet. La vaghezza di termini come “incitamento all’odio” e “disinformazione” consente all’UE di influenzare gli algoritmi di raccomandazione e i termini di servizio di questi siti web e di tenere qualsiasi contenuto che vada contro i loro “ideali” lontano dai riflettori. Anche se le questioni discusse qui fossero del tutto teoriche, sarebbe comunque prudente preoccuparsi del fatto che un’istituzione sovragovernativa centralizzata come l’UE abbia così tanto potere su Internet e sui siti web che utilizziamo ogni giorno. Come nel caso del ban di Russia Today da YouTube, dovuto ad accuse di disinformazione e avvenuto nello stesso periodo in cui l'UE ha imposto sanzioni alla Russia, possiamo vedere che considerazioni politiche possono portare, e in effetti portano, al ban dei contenuti su questi siti. Attualmente viviamo in un mondo con una quantità quasi infinita di informazioni; a causa di ciò sarebbe impossibile per chiunque, o anche per qualsiasi istituzione, vagliare tutti i dati relativi a qualsiasi questione e pervenire a una “verità” definitiva sull’argomento, e ciò presuppone che suddetta persona o istituzione sia imparziale riguardo il problema e lo affronti in buona fede, cosa che raramente accade. Tutti noi abbiamo modi di vedere il mondo che filtrano la nostra comprensione dei problemi anche quando abbiamo le migliori intenzioni, per non parlare del fatto che organismi sovranazionali come l’UE e la Commissione europea hanno incentivi politici e sono influenzati da molte lobby, il che potrebbe rendere le loro decisioni su quale sia la “verità” e quale sia la “disinformazione” errate nella migliore delle ipotesi e deliberatamente dannose nella peggiore. Tutto questo per dire che in generale nessuno di noi – nemmeno i cosiddetti esperti – può pretendere di sapere tutto su una questione da potersi pronunciare in modo definitivo su cosa sia vero e cosa sia disinformazione, ed è una cosa molto pericolosa dare a un'istituzione centralizzata il potere di costituire ciò che sia la verità.

I sostenitori di queste normative UE affermano che gli attori in malafede potrebbero utilizzare la disinformazione per ingannare le persone. Ovviamente c'è del vero in questa affermazione, tuttavia si potrebbe anche sostenere che molti utenti che creano e sostengono la propria narrativa riguardo a ciò che sta accadendo nel mondo sia di gran lunga preferibile a un’istituzione centralizzata che controlla una narrazione unificata di ciò che deve essere considerata la “verità”. Nel mio scenario anche se alcune persone vengono “ingannate” (sebbene per accertare che le persone siano state ingannate dovremmo affermare di conoscere la verità definitiva su una questione complessa e sfaccettata che può essere vista da molti punti di vista), la popolazione potrà ascoltare molte narrazioni su ciò che è accaduto e potrà prendere una decisione. Se questo porta alcune persone a farsi ingannare da attori in malafede, non accadrà mai all’intera popolazione. Alcune persone verranno “ingannate” dalla narrativa A, altre dalla narrativa B, altre ancora dalla narrativa C e così via. Tuttavia, nel caso attuale, se l’UE è o diventerà mai un attore in malafede che usa il proprio potere per sostenere la propria narrativa per scopi politici, ha il potere di controllare e influenzare ciò che l’intera popolazione sente e crede riguardo a una questione, e si tratta di uno scenario molto più pericoloso di quello che si verificherebbe se lasciassimo che venissero intraprese le cosiddette guerre dell’informazione. La concentrazione del potere è qualcosa di cui dovremmo sempre preoccuparci, soprattutto quando si tratta di potere sull’informazione poiché essa modella ciò in cui le persone credono e ciò in cui le persone credono cambia tutto.

Un’altra cosa importante da notare: sebbene sia l’UE a emanare queste normative, non cambia il fatto che esse riguardino tutti nel mondo. Dopotutto anche se qualcuno pubblica un video su YouTube dagli Stati Uniti o dalla Turchia, dovrà comunque affrontare gli stessi termini di servizio. Quasi tutti nel mondo utilizzano Google o Bing e l’UE ha potere sugli algoritmi di raccomandazione di questi motori di ricerca. Ciò significa che l’UE ha il potere su quali informazioni la maggior parte delle persone vede quando vuole imparare qualcosa da Internet. A nessuna istituzione centralizzata dovrebbe essere garantito l'esercizio di tutto questo potere.

Un’ultima questione importante è il fatto che l’UE stia investendo in nuove tecnologie come i programmi di intelligenza artificiale per “contrastare la disinformazione” e verificare la veridicità dei contenuti pubblicati online. Un esempio importante di ciò è il progetto InVID, che, secondo le informazioni che troviamo sul suo sito, è “una piattaforma di verifica della conoscenza per rilevare storie emergenti e valutare l'affidabilità di file video e contenuti degni di nota diffusi tramite i social media”. Se siete preoccupati per lo stato di Internet come spiegato in questo articolo, sappiate che questo potenziale sviluppo potrebbe portare l’UE a fare tutte le cose qui descritte in un modo ancora più “efficace” in futuro.


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Israele, le proteste e l'Articolo 6 in due mosse

Ven, 17/05/2024 - 10:08

Uno degli aspetti più importanti dell'articolo di oggi è la parte riguardante le proteste in Georgia, le quali possono diventare facilmente e rapidamente un innesco a dir poco preoccupante per un conflitto più serio e ampio nella regione. Nel 2008, quando scoppiarono le tensioni anche a livello militare, tutto ebbe inizio dal vertice di Bucarest di quell'anno in cui si disse chiaramente che Ucraina e Georgia sarebbero entrate nella NATO (nonostante il parere contrario di Germania e Francia, che però non erano in grado di fermare i loro alleati, ovvero gli USA, nel caso in cui si dovesse perseguire un obiettivo specifico). I rapporti da lì in poi si sono letteralmente sgretolati. La Georgia venne “persuasa” dai russi a tornare in carreggiata, mentre la storia dell'Ucraiana la conosciamo bene: di rivoluzione colorata in rivoluzione colorata fino al colpo di stato del 2014 è stata trasformata in un'arma puntata contro Mosca. Ora che però Kiev è stata passata al tritacarne e la situazione della NATO è compromessa, in Georgia si stanno moltiplicando manifestazioni e proteste nella capitale. Per cosa? L'approvazione di una legge che vuole la registrazione su un particolare elenco di quelle attività che operano sul territorio e che ricevono un tot. del loro bilancio in finanziamenti esteri, detto in parole povere. C'è la mano dei russi? Se davvero fosse così facile la spiegazione allora si dovrebbe dire che ci fosse anche nel 1938 negli USA. Quest'ultima, però, non ha criteri oggettivi in base ai quali determinare la registrazione, bensì interpretabili, perché prevede che tutte quelle attività che sono sotto la direzione/controllo/istruzioni di agenti esteri devono registrarsi; invece la legge georgiana è più oggettiva: se l'attività riceve più del 20% del proprio bilancio in finanziamenti, deve registrarsi. Ora, oltre alle bandiere europee presenti in questi tafferugli, salta all'occhio la presenza di James O'Brien, sottosegretario di stato americano per gli affari europei ed euroasiatici, che è lì per far arrivare un messaggio (a dir poco mafioso) al parlamento georgiano: non approvare quella legge altrimenti scattano sanzioni. Questo ufficialmente... ufficiosamente ritengo che sia lì per fare quello che la Nuland fece nel 2014 in Ucraina. Ma non è finita qui, perché oltre a suddetto O'Brien a Tbilisi c'erano anche i ministri degli esteri di Islanda e Paesi baltici che hanno partecipato alle proteste. Dove avete già visto queste scene? Durante il colpo di stato in Ucraina nel 2014, allora c'erano Victoria Nuland per gli Stati Uniti e anche funzionari europei. Oggi si rischia di cadere nella stessa trama. Lo scettico potrebbe affermare che mi stia spingendo molto in là con la fantasia, salvo poi constatare la presenza di altre “briciole di pane” sparse lungo il percorso che vanno a supporto della mia tesi. Quindi, è davvero un caso che mentre l'Ucraina viene piegata come un fuscello d'erba, si stia tentando di aprire un nuovo focolaio in Georgia? Se le cose dovessero andare così, allora a questo giro la risposta russa sarà ben peggiore di quella di due anni fa, visto che, ad esempio, se dovesse esserci un eventuale altro giro la minaccia potrebbe arrivare da Nord.

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di Tom Luongo

Prima di approfondire ciò che penso stia realmente accadendo con le proteste anti-israeliane nei campus universitari, voglio che una cosa sia molto, molto chiara: Non sono affatto d'accordo con ciò che Israele ha fatto in risposta all'attacco del 7 ottobre. Non sono d'accordo con quello che ha fatto anche Hamas, il massacro di civili da parte di musulmani, ebrei, ucraini, russi, ecc. è moralmente ripugnante.

Nessun “Se...”, nessun “E...” e certamente nessun “Ma...”.

Allo stesso tempo voglio ricordare ciò che ho scritto sulla guerra in Ucraina a giugno dell'anno scorso:

Gli inglesi ne hanno bisogno perché la loro faida secolare contro la Russia non può finire con una sconfitta in Ucraina.

Gli Stati Uniti pensano di averne bisogno a causa del ridicolo pensiero delle Grandi Potenze sulle colonie e sul fatto che si sentono "migliori" degli altri.

La cricca di Davos ne ha bisogno perché non può portare il mondo sotto il suo controllo totale se esistono ancora grandi nazioni.

Visto attraverso la lente dei mercanti di potere che hanno scatenato questa guerra, vi lascio con un'ultima domanda: “Cosa sono centomila slavi morti che combattono per delle paludi?

Un buon inizio.

Tornando al 2017, abbiamo parlato all'infinito di come le ossessioni di Benjamin Netanyahu stessero facendo degli ebrei i capri espiatori di tutti i problemi del mondo. Faceva innervosire tutti comportandosi come se governasse il mondo e potesse far ballare tutti i principali leader mondiali al suo ritmo, perché aveva i grandi e cattivi Stati Uniti a coprirgli le spalle.

A proposito, avrete notato lo stesso comportamento in posti come Lituania, Polonia e Francia.

Tutto ciò che doveva accadere era che venisse rimossa la protezione dei sionisti e del sionismo da parte dei nostri media e che si potesse iniziare a cercare un capro espiatorio.

Persone come Nick Fuentes sarebbero passati dall'oggi al domani da persona non grata a coraggiosi rivelatori di verità; oppure abbiamo dimenticato che nemmeno tizi come Mike Enoch e Richard Spencer erano dei veri nazisti?

Ho avvertito tutti subito dopo il 7 ottobre che Netanyahu stava operando con falsi presupposti, ovvero che gli Stati Uniti si sarebbero sempre attenuti ai suoi comandi.

In caso contrario sarebbe ribollito di rabbia anche nei confronti dei nostri leader; i soldi dei contribuenti americani dovevano andare all’estero per difendere i suoi scoppi d’ira, mentre non c'era un centesimo in patria. Ed eccoci qui con il presidente Mike Johnson, ora l’uomo più odiato in America per la sua strenua difesa di Israele. Per mesi ho dovuto sopportare che i conservatori nel campo di Trump perseguitassero Ron DeSantis a causa del suo sostegno a Israele, eppure ecco lo stesso Trump in questo momento che chiede la pena di morte per coloro che protestano contro Israele.

Questa rabbia per il massacro di civili per ciniche ragioni geopolitiche è ciò che sta alimentando alcune di queste proteste, la parte organica; c'è poi anche una parte inorganica in questo movimento contro Israele.

A tal fine non userò la parola tanto di moda “genocidio”, perché 40.000 su 3 milioni NON sono un genocidio. È terribile, è barbaro, ma non è un genocidio. I genocidi sono meccanicistici, procedurali; ciò che sta accadendo a Gaza non è affatto questo.

Questa è un'iperbole intesa a suscitare una risposta emotiva e risucchiarci nell'orbita psicologica dei nostri oppressori. Ricordate gente, la propaganda è fitta su tutti i lati di questi conflitti e non è diverso da quanto accaduto durante i primi giorni della guerra tra Russia e Ucraina.

Vi ricordate quando tutti si stracciavano le vesti per i missili “ipersonici” della Russia? Notizia flash: tutti i missili sono ipersonici.

Non è diverso dall'istrionismo quando qualcuno in precedenza diceva qualcosa di lontanamente antiebraico. Allora uno avrebbe potuto aspettarsi una chiamata dagli avvocati dell'ADL; abbiamo convissuto con queste sciocchezze per decenni.

Ma, per favore, non pensate nemmeno per un secondo che quella fosse una sorta di prova di una Grande Cospirazione Ebraica. Ci sono molti altri gruppi che sono altrettanto protetti quanto Israele.

Notate come non li elenco qui per sottile questione retorica.

So che il ritornello comune è: “Guardare chi non si può criticare ed è quello che ti governa”, l'ho usato anch'io in passato. Ma poiché credo di essere diventato più bravo a vedere le cose con chiarezza, penso che l’osservazione migliore sia: “Guardare a chi ci è permesso di criticare e si capirà chi i nostri governanti vogliono che odiamo”.

A questo punto credo che il secondo sia il filtro molto più predittivo attraverso il quale visualizzare la finestra di Overton attuale rispetto al primo.

Questi due gruppi oggi sono gli Stati Uniti e Israele.

Torneremo a sentirci dire di odiare la Russia più avanti questo mese, dopo che Putin avrà fatto una mossa contro Zelensky.

Quando diamo uno sguardo attento alle divisioni su questo tema, emergono importanti distinzioni. I nostri campus universitari esistono in una realtà che è molto diversa dalla rabbia nel cuore del Paese, che per la maggior parte sostiene il diritto di Israele di difendersi dopo i fatti del 10/7. Le loro prospettive separate sono il perno che gli abusatori narcisistici usano per mettere i due gruppi l'uno contro l'altro e guadagnarci.

Nel momento in cui Soros e la cricca di Davos hanno trasformato le proteste universitarie nella versione aggiornata di quelle del Black Lives Matter nel 2020 o Occupy Wall Street nel 2008, abbiamo un classico gioco “divide et impera” da parte dei soliti sospetti, indipendentemente dalla giustezza della causa.

Ora gli americani, giustamente indignati per la violenza di Hamas, si contrappongono ai ragazzi dei college, giustamente indignati per l'inaccettabile risposta di Israele.

Il risultato sono più divisioni all’interno di una società che viene suddivisa quasi di ora in ora.

Ora ponetevi la domanda più importante: cui bono? Chi ci guadagna e perché?

Netanyahu o è un utile idiota oppure un complice. La maggioranza israeliana (e quella americana) che sostiene le sue azioni contro Hamas sono state assolutamente spinte nel ruolo di utili idioti.

I soldi di Soros vengono ancora spesi, immagino.

E credo che ciò sia stato fatto in modo tale che, alla fine, tutti gli ebrei sarebbero diventati poi le vittime del prossimo pogrom... o, più precisamente, “Il pogrom per porre fine a tutti i pogrom”, a meno che non venga fatto qualcosa per risvegliarli e capiscano dove si sta andando a parare.

Ecco perché mi ha fatto piacere vedere che l'attacco missilistico iraniano ha inviato il messaggio giusto alle persone giuste: agli israeliani che seguivano ciecamente l'aggressione di Netanyahu per motivi pseudo-religiosi e per il falso senso di sicurezza offerto dall'alleanza con gli Stati Uniti e con le difese aeree Iron Dome di Israele.

Allo stesso tempo l'Iran potrebbe aver ricevuto un campanello d'allarme su quanto possa essere surclassato dalla tecnologia missilistica statunitense/israeliana durante la presunta risposta israeliana.

Quindi su questo fronte è un po' una situazione di stallo, che credo sia una buona cosa.

Ancora una volta, la propaganda a cui credete in questo scambio dice più su di voi che sulle persone che si lanciano missili a vicenda.

Quei quattro missili balistici che sono riusciti a raggiungere il suolo potrebbero rappresentare i “missili” più efficaci della storia umana: hanno mandato in frantumi quell'illusione di sicurezza, visto che un sacco di israeliani sono corsi all'aeroporto più vicino per sfuggire al pericolo.

Allo stesso tempo anche gli iraniani hanno ricevuto il loro campanello d’allarme: se Israele iniziasse una guerra contro l’Iran quest'ultimo sarebbe in grossi, grossi guai. Non lasciatevi risucchiare dal vortice secondo cui nessuna delle nostre armi funziona: molte funzionano e bene anche.

Detto questo, è nostro compito, non responsabilità, eliminare la risposta emotiva alla violenza (così dannatamente difficile da fare, lo so!) per guardare fuori dal microcosmo della psicosi sul campo e guardare quel fastidioso quadro più ampio attraverso cui operano le persone che hanno fomentato questo conflitto.

È ovvio che se si gratta un po' la superficie di queste proteste si può vedere la mano dell'attore esterno con il pollice sulla bilancia. C’è davvero indignazione per ciò che Israele ha fatto a Gaza e per ciò che Netanyahu deve ancora fare.

Ci sono anche un sacco di forze esterne, però, che amplificano questo conflitto che risale a decenni prima della nascita dei ragazzi che protestano. Oppure abbiamo dimenticato che i sovietici appoggiavano l’OLP e Hamas è stato creato dall’Occidente (un po’ come l’ISIS) per essere il gruppo palestinese che Israele era pronto ad affrontare?

Queste proteste, nel complesso, sono organiche quanto le rivolte del Black Lives Matter nel 2020, la rivolta ucraina a Maidan nel 2014, le proteste di Occupy Wall Street nel 2008 e ogni altra “rivoluzione colorata” tentata e/o riuscita negli ultimi quarant'anni.

Ovvero, non lo sono affatto: sono, strategicamente, un’arma per arrivare a un risultato particolare. Le proteste di Occupy Wall Street riguardavano originariamente il razzismo e poi sono state dirottate (fonte Tim Pool) da forze organizzate per marciare altrove.

I cecchini erano sui tetti che sparavano a poliziotti e manifestanti in piazza Maidan per garantire il caos e il rovesciamento violento di Viktor Yanukovich. E sono morti (fonte Roger Zelazny).

Perché queste proteste legittime sono state dirottate? Conosciamo la risposta. Il mio interesse per questo tema è iniziato con questo tweet in cui ho citato una persona che rispetto profondamente ma che, secondo me, ha perso la testa.

I'm sorry I fundamentally disagree here. Nothing Gabbard said here is off-base.

These protests are part of another color revolution tactic to undermine the US politically. They are NOT organic anymore than the BLM riots were organic in 2016. Their cause is just, their… https://t.co/qY68vEeVdT

— Tom Luongo (Head Sneetch) (@TFL1728) May 4, 2024

Sapete perché conoscono bene i nostri inneschi? È perché li hanno installati proprio loro!

Perché coloro che hanno definito stronzate cose Occupy Wall Street, o hanno visto la mano della Nuland su Maidan, o l'organizzazione di Antifa durante le rivolte del Black Lives Matter, o che hanno coperto le rivolte della Primavera Araba, non riescono a vedere la mano pesante di quelle stesse persone adesso? Perché c'è Israele nel mirino?

Lascio a voi l'interpretazione. La mia opinione personale è che alle critiche a Israele, a lungo represse e in qualche modo giustificate, è stato ora permesso di scatenarsi per scopi geopolitici più ampi.

Questa è la prima ondata di frustrazione che si trasforma in rabbia giusta, se non ipocrita. Ancora una volta, ora, a quanto pare, è bello poter finalmente criticare Israele.

Ricordate quando abbiamo scoperto che gli stronzi anti-impero americano come Caitlin Johnstone e Bernard di Moon of Alabama desideravano che gli americani morissero durante il COVID affinché tutti ci potessimo accorgere del marcio nel nostro sistema sanitario privato?

NO? Io sì e ancora non li ho perdonati. Perché mi hanno mostrato chi erano veramente: ideologi impegnati nelle loro agende politiche piuttosto che campioni di pace e umanità.

Il mio amico e collaboratore, Dexter White, mi ha spinto a fare un podcast durante i primi giorni della guerra in Ucraina perché sentiva che mi stavo avvicinando troppo a giustificare l'inizio della violenza da parte della Russia lì. Ho dovuto elaborare un sacco di teoria cristiana sulla guerra giusta per superare tutto ciò e non credo di aver fatto il miglior lavoro, col senno di poi.

Il mio lavoro qui non è dirvi quello che volete sentire, ma a volte quello che avete bisogno di sentire.

I palestinesi morti sono una tragedia, ma lo stesso accadrà anche agli ebrei morti. E se Netanyahu si trovasse con le spalle al muro a causa delle forze esterne che ora stanno dilaniando Israele, creerà proprio lo spargimento di sangue che tutti noi vogliamo evitare.

Chi sono queste forze esterne? La cricca di Davos. Perché? Perché vogliono che gli Stati Uniti siano coinvolti in guerre che 1) li mandino in bancarotta sia economicamente che moralmente e 2) giustifichino la fine della politica degli Stati-nazione e il passaggio alla governance globale nelle loro mani attraverso le Nazioni Unite.

E se Israele e alcuni ebrei e arabi, che alla maggior parte delle persone è stato insegnato a odiare, devono essere vaporizzati nel processo, beh, c'è tutta quella storia delle frittate e delle uova rotte...

Oppure non abbiamo guardato il film Watchmen abbastanza volte per capire la battuta?

La frustrazione e la rabbia sono facili. Sono, come continuavamo a sentirci dire da quei fastidiosi film di Star Wars, la via verso il lato oscuro. Quindi il mio messaggio a tutti è semplice: fate attenzione a ciò che desiderate.

Oppure il prossimo scambio non riguarderà qualche migliaio di morti, ma qualche centinaio di milioni.

Ricordate la prima regola della geopolitica espressa dall’architetto del XX secolo, Winston Churchill: “Non ci sono alleanze, solo interessi”.

Quando mi guardo intorno e vedo l'enorme spinta all'interno delle Nazioni Unite per una soluzione a due stati in Medio Oriente, il mio “senso di ragno” formicola in un modo che ascolto sempre.

Detto questo, diamo un'occhiata un po' al quadro più ampio e vediamo cosa sta realmente succedendo nei nostri college e come il denaro affluisce in essi, perché è qui che potremmo trovare un filo conduttore.

Teniamo sempre presente che l’obiettivo è ed è sempre stato quello di indebolire gli Stati Uniti politicamente, socialmente ed economicamente. Quindi è mio compito essere scettico su ciò che vedo ora.

Mi sta diventando chiaro che il piano della cricca di Davos è quello di dividere il mondo su Israele/Palestina usando l'ONU come “voce della ragione” per quanto riguarda il “genocidio” a Gaza. L’Europa si è schierata pienamente a sostegno di questa idea, ma lo ha fatto per marginalizzare/neutralizzare l’influenza di Stati Uniti e Regno Unito sulle Nazioni Unite, ponendo le basi per una riforma di tale istituzione con Europa e Cina al timone.

La dipartita degli Stati Uniti sarebbe una buona cosa per loro, visto che porrebbe fine alla relativa influenza che hanno sulle Nazioni Unite. Ma questa è ora la parte apertamente dichiarata della strategia: Trump e il Congresso neoconservatore (Israele) contro Biden e gli europei/RoW (Palestina) sono solo pedine in questo gioco di potere.

Ovvero: fine degli Stati-nazione, default sul vecchio sistema, trasferimento del potere a istituzioni globaliste come l’ONU, controllo di tutte le rampe d'accesso alla civiltà con un passaporto digitale e denaro fasullo.

Non lasciatevi ingannare: a questa gente non gliene frega niente dei palestinesi. Sono un mezzo per raggiungere un fine e più Israele li uccide, più forte diventa la posizione della cricca di Davos.

E se non vi piace che lo sottolineo perché volete solo sentirvi bene mentre la vostra rabbia scorre, peggio per voi. È quello per cui mi pagate, anche se vi mette a disagio.

Detto questo, diamo un'occhiata a come la reazione istintiva del Congresso a queste proteste potrebbe essere stata una trappola tesa per questi idioti globalisti, che sono prevedibili quanto le 24 ore di una giornata.

Cos'è stato approvato dal Congresso con l'Antisemitism Awareness Act? In breve, una riformulazione dell’ordine esecutivo di Trump che vietava al governo federale di finanziare l’antisemitismo utilizzando come giustificazione l'Articolo VI del Civil Rights Act del 1965.

Se questa cosa è stata nei libri contabili per tutto questo tempo come ordine esecutivo, allora perché nessuno se n'è mai lamentato fino ad ora? Perché è stato resuscitato in questo momento per alimentare la folla indignata?

Per dare un po' di contesto, ecco la denuncia dell'ACLU:

In una lettera ai rappresentanti, l’ACLU ha scritto: “La legge federale proibisce già la discriminazione antisemita e le molestie da parte di entità finanziate dal governo federale. La HR 6090 non è quindi necessaria per proteggere dalla discriminazione antisemita; invece raffredderebbe la libertà di parola degli studenti nei campus universitari equiparando erroneamente all’antisemitismo le critiche al governo israeliano. Mentre sosteniamo pienamente gli sforzi per combattere la discriminazione e le molestie attraverso denunce e indagini dell'Articolo VI, ci opponiamo fermamente all'uso della definizione IHRA o a qualsiasi definizione di discriminazione che minacci di censurare o penalizzare il discorso politico protetto dal Primo Emendamento”.

Ciò che è in gioco qui non è il raffreddamento della libertà di parola, ma il sussidio di certi tipi di libertà di parola che poi travolge qualsiasi controargomentazione. In altre parole, il denaro delle tasse va a sovvenzionare il fiorire di questo virus mentale egualitario attraverso il Civil Rights Act che ora ha superato il limite della follia.

Quindi quello che l'ACLU sta effettivamente dicendo è che va bene che alcune persone ricevano soldi per parlare delle loro questioni ai sensi del Civil Rights Act, mentre altri devono semplicemente starsene buoni e accettarlo.

La libertà di parola nei campus universitari è stata un terreno di gioco dissestato sin dal 1965.

Se si vuole la libertà di parola nei campus, allora a tutti dovrebbe essere permesso di parlare liberamente senza essere sopraffatti da coloro che ottengono miliardi per avere una piattaforma più grande di altri.

E l’ACLU e altri ora vedono la trappola e stanno cercando di trasformarla in una questione ai sensi del Primo emendamento. Non che io giustifichi questa roba, ma dobbiamo smetterla di leggere i titoli dei giornali e reagire in modo spropositato a essi. Perché se il disegno di legge diventa legge, con tanto di svolta politica contro questo tipo di protesta, cosa che comprende sdraiarsi davanti al traffico, ecc., i soldi finiranno assolutamente. In effetti, sono già finiti.

In sostanza, questo disegno di legge non è tanto diverso dalle leggi anti-ONG approvate in Georgia sulla scia di quelle approvate precedentemente in Russia; sono un mezzo attraverso il quale il governo nazionale può tracciare il flusso di denaro esterno al Paese per scopi politici. Sono leggi letteralmente progettate per porre fine alle “rivoluzioni colorate”.

E non c’è nulla che possa portare la gente nelle strade a gridare “Diritti umani!” e fomentare la violenza sventolando come feticcio queste leggi. È così che Alexei Navalny, ad esempio, s'è costruito la sua fama in Russia.

Questi demoni della cricca di Davos vogliono un flusso di denaro illimitato e non rintracciabile per destabilizzare la società dalle fondamenta.

Nel caso di questa legge sull’antisemitismo l’obiettivo sono gli Stati Uniti, ma la traccia dei finanziamenti è ancora più perniciosa. Il Civil Rights Act è stato l’inizio di questo progetto, la spina dorsale della loro Lunga Marcia attraverso le Istituzioni; è stato un progetto lungo perché avevamo strutture legali e sociali talmente forti da resistere a queste sciocchezze.

Il Civil Rights Act è stato ciò che ha permesso al virus mentale marxista dell’egualitarismo di metastatizzarsi liberamente con i nostri soldi nei campus universitari per quasi 60 anni. Non c’è da stupirsi se stiano combattendo ogni tentativo d'indebolirlo.

Se si vuole provocare l’ira dei globalisti, vi basta semplicemente togliere loro le operazioni di riciclaggio di denaro.

Chiedete alla Cina chi c’era veramente dietro le rivolte di Hong Kong del 2018 e il trattato di estradizione. Si trattava di un’operazione britannica per proteggere gli asset dell’MI-6 nel sistema bancario di Hong Kong e l’ancoraggio del dollaro di Hong Kong al dollaro statunitense. I black bloc che vanno in giro disturbando il traffico, lanciando bombe?

Davvero pensavate che fossero spontanei?

O, meglio ancora, chiedete a Putin perché è un crimine in Russia registrare le ONG come agenti stranieri (FARA) come negli Stati Uniti. Vi ricordate che Obama invocò il Logan Act per convincere il consigliere di Trump, Paul Manafort? No? Giusto perché la storia è solo superficiale.

Quando lo facciamo noi è per la sicurezza nazionale, ma quando lo fa qualcun altro è una prova di delinquenza.

Sono tutte stronzate, gente.

Come sempre, la cricca di Davos ha visto un’opportunità per dividere e governare con l’ennesima crisi umanitaria e attivando il proprio popolo. Non si sarebbero mai aspettati che qualcuno avrebbe avuto il “coraggio” politico per difendere Israele, perché ci hanno detto che ora va bene avere i nostri Due Minuti di Odio nei confronti dei sionisti.

Se qualcuno tentasse di contestualizzare il conflitto in un modo diverso dalla narrativa dominante, otterrebbe l'etichetta di “complice di genocidio”.

Proprio come chiamavano tutti “Servo delle corporazioni (Occupy Wall Srett)”, “Pagato dai russi (Maidan)”, “Razzista! (Black Lives Matter)”, “Anti-Scienza (COVID)” e “Negazionista climatico”.

Hanno vissuto in un mondo in cui potevano gridare le loro insensate sciocchezze e nessuno al potere aveva il coraggio di alzarsi e dire loro di no: “State zitti e sedetevi”.

Potete essere arrabbiati e avere il vostro punto di vista, ma non sconvolgerete più il mondo per i vostri scoppi d'ira. Niente più soldi per questo. Le rivoluzioni colorate non saranno più gratuite negli Stati Uniti. Il Civil Rights Act può ora essere sfidato apertamente perché la cricca di Davos ha fatto il passo più lungo della gamba attaccando Israele negli Stati Uniti. Sebbene pensassero di poter interrompere il legame tra Stati Uniti e Israele, cosa che potrebbero finire per fare a lungo termine (una cosa assolutamente positiva), ciò metterà anche in moto lo smantellamento del Civil Rights Act come mezzo per finanziare il loro continuo controllo sulle nostre istituzioni.

Questa è la vera ironia di questa situazione e per molti americani programmati per credere alla Grande Cospirazione Ebraica, ciò di cui erano veramente arrabbiati era non essere in grado di parlare onestamente dei veri problemi. È davvero difficile credere che fosse stato fatto apposta?

Quindi è un momento di emozioni contrastanti, simile alla vecchia battuta di vostra suocera che precipita da un dirupo e finisce sulla vostra nuovissima Ferrari.

Detto questo, nutro immenso rispetto e simpatia per quei ragazzi là fuori sinceramente indignati per ciò che sta accadendo a Gaza. Parla dell’inizio del ritorno di una certa empatia negli Stati Uniti in un momento di vera crisi; mi dice che alcuni di loro ancora sono genuini.

Perché questa volta la cricca di Davos et.al. hanno morso la mano che nutriva la bestia egualitaria. Questa volta il flusso di denaro sta finendo perché gli ebrei, giustamente, ritirano il loro sostegno da tale infrastruttura.

Quando Bill Ackman smette di fare la sua donazione da $10 milioni all’anno ad Harvard a causa di questa storia, il gioco è cambiato.

Quando il MIT smetterà di utilizzare la diversità ai fini dell’ammissione, il gioco sarà cambiato.

Ora l’amministrazione Obama/Biden ha provato a prendere di mira gli ebrei e il risultato è stato un fallimento. Gli ebrei post-olocausto pagarono fior di quattrini al governo federale per il racket della protezione e quindi doveva essere garantita.

Fino a questo momento di vera crisi ovviamente, quindi ora quel sostegno è andato via.

Ed è per questo che finalmente si sono visti i college chiamare la polizia per sedare le proteste. Non perché stavano eseguendo gli “ordini dei padroni ebrei”, ma perché hanno visto i soldi prosciugarsi e hanno detto: “Oi vey!”

È davvero diverso da ciò che sta accadendo in altre aree del Paese riguardo ai criteri DEI, ESG e a tutte le altre stronzate marxiste con cui abbiamo avuto a che fare?

Ora sappiamo che l’intero controllo dell’intelligence negli Stati Uniti, il cosiddetto Quarto ramo del governo, è stato finanziato attraverso queste stronzate. Il denaro sempre più degradato fluiva attraverso il governo federale per sostenere ogni stupido progetto marxista di reclutamento attraverso l’Ivy League, basato sulla profilazione psicologica. È così, ad esempio, che hanno reclutato Jeffrey Epstein.

Le migliori scuole erano le migliori perché era lì che scorreva il denaro. Quei soldi si stanno esaurendo e stanno andando altrove. Adesso può iniziare l’opposizione politica ai costi reali del Civil Rights Act, perché può essere impugnato legalmente dato che non riceve più copertura politica dal Congresso.

Quel sistema di reclutamento di leader politici e servizi d'intelligence dovrà fare le valigie e trovare una nuova casa. E lo farà, perché queste persone sono locuste.

La parte migliore di tutto ciò è che i veri sionisti (che sono solo un’altra parte della massa di Davos) al Congresso sono caduti completamente in questa trappola. È un pantano politico. Biden è stato messo al potere per dare il via a questa spinta finale volta a distruggere gli Stati Uniti e la situazione si sta ribaltando a suo sfavore. In precedenza il Partito repubblicano non si sarebbe mai opposto alla “discriminazione anti-bianca” perché il costo politico sarebbe stato troppo alto. Come si separano gli ebrei dal resto dei “bianchi privilegiati”?

Nel linguaggio moderno di come dovremmo vedere lo status di vittima degli oppressi, il “potere ebraico” è al centro di tutto il razzismo “anti-bianco”. Quindi adesso odiate gli ebrei? Grande! Grazie per aver fatto davvero sapere a tutti qual è la vostra vera agenda.

Ora abbiamo le basi politiche per portare avanti le azioni legali attraverso i tribunali per smantellare il Civil Rrights Act. Piaccia o no, la chiave di tutto ciò è che la maggioranza degli americani che sostengono Israele è la chiave di tutto ciò e usarla per dire “Basta” è la trappola.

Soros et al. pensano che mettere il mondo contro Israele sia la vittoria. Forse. Va bene ora criticare Israele, ma che lo faccia il governo federale è contro l'Articolo 6 del Civil Rights Act. E ciò estende il gioco più importante, impedire agli Stati Uniti di cadere nella trappola della guerra civile e della dissoluzione, per un altro ciclo presidenziale.

Ora può essere una questione cruciale smettere di spendere i soldi dei contribuenti in programmi sociali progettati per distruggere il Paese. Questo è il primo passo concreto per riappropriarci delle nostre istituzioni.

Se non sprofondiamo nella guerra civile, si fermerà il crollo del mercato del debito statunitense, il che è un vantaggio sia per l’Europa che per la Cina. Questo è il motivo per cui c’è questo costante aumento dei conflitti esteri. È per questo che gli inglesi stanno dando il via libera all’Ucraina per usare i suoi missili all’interno della Russia. Gli Stati Uniti devono essere trasformati in un paria e l’attuale campagna contro Israele ne è l’avanguardia.

Per essere chiari, anche Netanyahu è caduto in questa trappola. Qui tutti usano tutti gli altri. Noi – americani, europei, palestinesi, russi, ucraini, africani, arabi e sì anche EBREI – siamo le vittime.

Quindi non incoraggiate nessuna delle due parti in questo conflitto. C’è violenza più che sufficiente nella storia del Medio Oriente per giustificare entrambe le posizioni. Il mio obiettivo con il pezzo di oggi è quello di farvi riflettere su come possiamo scendere dalla ruota dei criceti e smettere di giocare ai loro stupidi giochi, ribaltando la situazione geopolitica a nostro vantaggio.

Più spingiamo affinché questa guerra di logoramento psicologico finisca, più è probabile che potremo evitare il grosso degli spargimenti di sangue di cui hanno così disperatamente bisogno per giustificare un governo globale e la sofferenza universale.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.


La rinnovata pressione normativa su Bitcoin non è affatto una sorpresa

Gio, 16/05/2024 - 10:12

 

 

di Mark Jeftovic

Abbiamo sempre sostenuto che l’ascesa di Bitcoin e del mondo fintech decentralizzato avrebbero rappresentato un cambiamento nel sistema monetario e che sarebbe stato ingenuo aspettarsi che i “poteri costituiti” e l’establishment sarebbero crollati senza combattere.

Dopotutto coloro che traggono vantaggio dall'Effetto Cantillon hanno avuto il controllo monopolistico su un meccanismo che per oltre un secolo ha trasferito di nascosto la ricchezza di tutti gli altri nelle loro tasche.

Ora, all’improvviso, arriva Prometeo – sotto forma di Satoshi – e regala all’umanità un nuovo meccanismo, chiamato crittografia asimmetrica a chiave pubblica. In realtà è solo matematica, ma consente a ogni individuo sulla Terra di proteggersi dalla sopraccitata appropriazione indebita.

If you want to keep your #Bitcoin safe from the government, just make a seed phrase using Jeffrey Epstein’s clients’ names.

That way the FBI will never look for it.

— Walker⚡️ (@WalkerAmerica) April 26, 2024

Ancora peggio per le élite è che il loro meccanismo per sottrarre ricchezza alla società è denominato in unità di valuta fiat che perde il proprio valore nel tempo, mentre la plebe che fa uso di questo nuovo sistema sta scoprendo che il proprio potere d’acquisto aumenta nel tempo.

Coloro che traggono vantaggio dall'Effetto Cantillon stanno combattendo l’inesorabile cannibalizzazione del proprio potere d’acquisto a causa degli effetti perniciosi dell’uso del debito, mentre il nuovo sistema emergente è spinto da effetti di rete e buoni incentivi vecchio stile.

Per l’establishment, i banchieri centrali, i politici e i clientes probabilmente tutto sembra un po’... ingiusto.

Non sorprende, quindi, che chiunque tra loro che veda la proverbiale scritta sul muro si rifiuti di “ingoiare la pillola arancione”, e scaglierà tutto il potere, l’influenza e la corruzione istituzionalizzata a sua disposizione per cercare di prevenire la prospettiva di un’iper-Bitcoinizzazione.

Chokepoint 1.0 è stata un’iniziativa dell’era Obama, inaugurata nel 2013 ha posto le basi per escludere gli operatori finanziari non sanzionati dal sistema bancario preesistente: prestiti con anticipo sullo stipendio, reti di trasferimento di denaro – e, cosa più importante, ha messo fine da un giorno all’altro a un settore: il gioco d’azzardo online.

Chokepoint 2.0 è arrivato sulla scia del bear market crypto 2021-2022, le conseguenze del fallimento di FTX (insieme a Celsius, Terra/Luna e tutto il resto).

Abbiamo visto il presidente della SEC, Gary Gensler, combattere gli ETF su Bitcoin, la formazione dell'“esercito anti-criptovalute” di Liz Warren e un assalto coordinato contro le banche cripto-friendly – tra cui la stessa Silvergate Bank, che fino ad allora stava andando benissimo, ma alla fine ha ceduto.

Uno dei principali artefici di Chokepoint 2.0, Bharat Ramamurti, è ora a capo della CFTC.

Chokepoint 3.0 ha iniziato a essere riconoscibile a metà del 2023; la prima volta che ne ho sentito parlare è stato da Riot Blockchain a febbraio, in risposta al “sondaggio” pianificato dal governo degli Stati Uniti sull'utilizzo di elettricità da parte dei miner Bitcoin.

Da quando la SEC ha subito la sua umiliante perdita contro Bitcoin nell'approvazione degli ETF spot, sembra che il ritmo del FUD normativo negli Stati Uniti sia aumentato e ora provenga da tutte le parti:

• Abbiamo riportato in precedenza che la SEC ha preso di mira Uniswap;

• Da allora ha accusato Metamask di essere un broker di titoli senza licenza (Consensys, la società madre di Metamask, sta ora facendo causa alla SEC per “sequestro illegale”);

• I fondatori, l'Ad e il CTO di Samourai Wallet sono stati arrestati e accusati “di reati di riciclaggio di denaro e trasferimento di denaro senza licenza” secondo il comunicato rilasciato dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti.

• L'FBI ha lanciato un avvertimento ai consumatori affinché evitino di utilizzare exchange senza KYC:

“L'FBI mette in guardia gli americani dall'utilizzare servizi di trasmissione di denaro in criptovaluta che non sono registrati come Money Services Businesses (MSB) [...] evitate servizi di trasmissione di denaro in criptovaluta che non raccolgono informazioni Know Your Customer (KYC) dai clienti quando richiesto”.

Aggiungendo anche che:

“L'utilizzo di un servizio che non rispetta gli obblighi legali potrebbe comportare il rischio di perdere l'accesso ai fondi dopo che le operazioni delle forze dell'ordine hanno preso di mira tali imprese”.

Che parafrasando le parole dell'FBI significa “Not your keys = not your coins”.

• Il 26 aprile il Depository Trust and Clearing Corporation (DTCC) ha annunciato che avrebbe ridotto a zero il valore collaterale degli ETF con esposizione a Bitcoin o criptovalute a partire dal 30 aprile. Ha inoltre diminuito il valore delle obbligazioni spazzatura B1-B3 (spingendo il “valore dell’haircut” dal 50% al 70%).

L'elenco potrebbe continuare, ma ne approfondiremo un paio in più oltre l'elenco puntato.

Il vice segretario del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, Wally Adeyemo, ha avvertito che “i gruppi terroristici aumenteranno l'uso di valute virtuali e altri asset digitali”, anche se:

“Mentre continuiamo a valutare che i terroristi preferiscono utilizzare prodotti e servizi finanziari tradizionali, temiamo che senza un’azione del Congresso volta a fornirci gli strumenti necessari, l’uso di asset virtuali da parte di questi attori non potrà che aumentare [...]”.

Detto in modo diverso, e facendo eco a ciò che altre forze dell’ordine e ministeri governativi statunitensi hanno ripetutamente affermato nei loro studi, criminali e terroristi preferiscono ancora utilizzare il denaro fiat – vale a dire dollari statunitensi – per svolgere le loro attività.

Eppure nuovi poteri costituzionali sono in qualche modo necessari per risolvere un problema che non esiste.

A tal fine abbiamo ottenuto un'anteprima delle possibili informazioni fiscali relative agli asset digitali. Il nuovo modulo fiscale 1099-DA proposto per segnalare i “Proventi di asset digitali dalle transazioni” è stato pubblicato sul sito web dell'IRS:

Ben visibile per la sua presenza è l'opzione della casella “wallet unhosted” e possiamo vederla richiedere indirizzi per il trasferimento e persino ID delle transazioni.

Nulla di tutto ciò dovrebbe sorprendervi, infatti ci aspettavamo un aumento delle normative e della verifica dell’identità su tutte le strade che entrano o escono dalla criptoeconomia.

Adesso quando arriva il momento di togliere le fiches dal tavolo (se si sceglie di farlo) bisogna tenere conto dell'impatto fiscale e segnalarlo di conseguenza (qui in Canada il governo ha aumentato la tassa sulle plusvalenze dal 50% al 66,6% – portando l''impatto fiscale effettivo sui guadagni massimi dal 25% al ​​33%: entrerà in vigore il 27 giugno e copre Bitcoin e altre criptovalute).

Tenete inoltre presente che una delle nostre premesse principali è che la ricchezza è sempre più un viaggio di sola andata verso la criptoeconomia senza mai ritornare al sistema fiat, che riteniamo abbia una durata limitata. Ciò significa che il sistema finanziario mondiale si biforcherà inevitabilmente in due sistemi monetari separati.

Un sistema basato sulle CBDC in cui il denaro viene sostituito da punteggi di credito sociale; in cui i servi neo-feudali arrancano attraverso vite di silenziosa disperazione, dove la loro quotidianità è ottimizzati per obiettivi collettivisti e di “decrescita”. “Socialismo d'emergenza”, per usare il termine di George Gilder.

E una rete di cripto-anarchia – marmorizzata in questa utopia mondiale e neo-marxista, sarà costituita da numerose enclavi, micro-sovranità, città-stato e persino caste in cui la ricchezza reale è detenuta da individui che sono relativamente liberi di esercitare il libero arbitrio. È lo scenario “The Sovereign Invidividual”, scritto in grande.

Da che parte della Grande Biforcazione vi troverete è praticamente da vedere in questo momento. Le CBDC rivolte al commercio al dettaglio sono ancora lontane, misurate in termini di anni, di conseguenza c'è ancora tempo per schierarsi dalla parte giusta dell'imminente apartheid monetario.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Perché l’Occidente sta rinunciando ai diritti individuali

Mer, 15/05/2024 - 10:14

 

 

di Finn Andreen

Sebbene la classe politica occidentale critichi costantemente la natura “autoritaria” di alcune nazioni, bisognerebbe prima spazzare davanti alla propria porta tanto per parafrasare Johann von Goethe. Infatti gli stati-nazione occidentali e le istituzioni internazionali da anni intaccano la libertà e i diritti sia degli individui che delle imprese.

In primo luogo le pressioni fiscali e inflazionistiche esorbitanti sulle popolazioni occidentali non dovrebbero mai essere considerate “normali” o “accettabili”; sono gravi violazioni dei diritti di proprietà in sé e per sé. Queste pressioni da sole aiutano a spiegare la stagnazione economica e la decadenza politica delle società occidentali. Inoltre alla polizia e alle forze di sicurezza occidentali sono stati conferiti poteri precedentemente impensabili, molti dei quali ora permanenti. Wikileaks e altri hanno rivelato i programmi di sorveglianza di massa su intere popolazioni imbastiti dalle agenzie di intelligence occidentali.

La censura e la propaganda sono pratiche comuni da parte dei governi e dei media generalisti, soprattutto nelle democrazie occidentali dove il controllo dell’opinione pubblica è fondamentale. Ma la violazione dei diritti in Occidente ha preso una svolta drammatica con i confinamenti senza precedenti e ingiustificati di persone sane durante la pandemia Covid-19, con l'obbligatorietà della vaccinazione e con gli altri scandali politici che hanno riguardato questi vaccini.

All’ordine del giorno ci sono ulteriori restrizioni alla libertà di parola su alcune piattaforme social. Nuove leggi, come il RESTRICT Act (Restricting the Emergence of Security Threats that Risk Information and Communications Technology) negli Stati Uniti e il Digital Services Act in Europa, vengono approvate in modo antidemocratico. Sebbene all'apparenza vengono propagandate come protezione per le persone, consentono all’élite oligarchica occidentale di aumentare il proprio controllo sulla società, attuare la propria agenda globalista e proteggersi dal dissenso.

Nel futuro prossimo le cose probabilmente andranno molto peggio: dall’allarmante controllo capillare delle vite individuali attraverso i wallet digitali e le valute digitali delle banche centrali alle gravi  conseguenze economiche e sociali dei “Green Deal”, tutti i campanelli d’allarme suonano già da tempo.

Alla luce di queste gravi violazioni dei diritti e le minacce di ulteriori violazioni, ci si potrebbe aspettare una reazione da parte della maggioranza dei destinatari. È vero, ci sono sacche di disobbedienza politica, come le proteste degli agricoltori in Europa, ma si tratta di movimenti marginali di persone che stanno sperimentando in prima persona le linee di politica sopra menzionate.

Ci sono segnali positivi di disapprovazione tra la popolazione in generale, come una misurabile perdita di fiducia sia nei media generalisti occidentali che nei leader politici, ma non c’è una massiccia opposizione a queste evidenti violazioni dei diritti individuali. Quindi, prima di chiedersi quali siano le condizioni necessarie per un cambiamento politico radicale in Occidente, è necessario analizzare questa indifferenza.


L'abbandono dei diritti individuali

Il mondo occidentale è stato in grado di produrre testi importanti come la Dichiarazione francese dei diritti dell’uomo e del cittadino e la Carta dei diritti degli Stati Uniti, entrambi del 1789. Il loro scopo era quello di garantire la protezione dei diritti e delle libertà individuali contro la coercizione statale. Per più di due secoli questi due documenti hanno svolto un certo ruolo nel frenare le violazioni più eclatanti dei diritti individuali da parte dei governi occidentali contro i loro sudditi.

Va notato, tuttavia, che questi documenti non solo sono stati interpretati in modo abbastanza “arbitrario”, ma sono stati violati, anche apertamente, in molte occasioni (ad esempio, la coscrizione forzata e la tassazione, per citarne solo due). Ciò è inevitabile quando tali diritti sono tutelati solo dalla volontà dei legislatori e dei giudici di aderire a vecchie pergamene, per quanto “sacre” spesso si pretenda che siano. Considerando la protezione relativamente scarsa dei diritti individuali che questi documenti hanno di fatto fornito, non sorprende che tali diritti – in particolare quello più fondamentale, il diritto di proprietà – possano essere indeboliti tanto facilmente oggi.

Probabilmente l’attuale sfrontata violazione dei diritti può verificarsi per diverse ragioni. In primo luogo, nella cultura postmodernista prevalente, i significati delle parole sono soggettivi, positivisti e non devono essere presi sul serio. Ciò si riflette nell’attuale zeitgeist che considera l’intervento statalista non solo accettabile, ma anche un mezzo migliore per muovere la società rispetto ai “vecchi e pittoreschi principi”. Un buon esempio di ciò sono le misure draconiane che si prevede verranno imposte per combattere il “cambiamento climatico”.

In secondo luogo, i diritti individuali sono solitamente disattesi dalla maggioranza perché sono dati per scontati. Questa è l'ingenua convinzione della “fine della storia”, secondo la quale le “democrazie liberali” occidentali sono l'apice dello sviluppo morale e politico dell'umanità. È l’idea, comune tra le persone di buon cuore ma politicamente ignoranti, che i diritti individuali non necessitano più di attenzione perché sono già stati acquisiti, una volta per tutte.

Oggi in Occidente non si capisce che la lotta per la libertà non finisce mai. Come disse Benjamin Constant in un famoso discorso all’assemblea francese del 1819: “Per beneficiare della libertà che vorrebbe, il popolo deve esercitare una sorveglianza attiva e costante sui suoi rappresentanti”. Altrimenti, come scrisse George Santayana: “Se tutti gli interessati non manterranno un occhio vigile sul corso degli affari pubblici e non si pronunceranno frequentemente sulla loro condotta, presto si renderanno conto del fatto che sono stati ignorati e ridotti in schiavitù”. Tali parole di saggezza non sono mai state assorbite dalla popolazione occidentale.


L’attenzione ai diritti positivi

Il terzo modo in cui i diritti individuali vengono compromessi è quando vengono interpretati in modo troppo ampio e quindi diluiti. Ciò accade quando vengono ampliati per includere non solo i diritti negativi, ma anche quelli positivi, quelli che ci si aspetta che lo stato faccia rispettare. Ciò legittima sia la crescita di quest'ultimo sia la sua coercitiva e ingiusta redistribuzione della ricchezza al fine di garantire “uguaglianza di opportunità” o, peggio, “uguaglianza di risultati”.

Tale pensiero permea la società occidentale odierna, anche nella Dichiarazione dei diritti umani delle Nazioni Unite, la quale parla di “diritti” positivi come il diritto al lavoro, il diritto alla parità di retribuzione, o il diritto al riposo e al tempo libero. Questi ovviamente non sono “diritti” nello stesso senso del diritto naturale alla proprietà e la loro applicazione da parte dello stato viola necessariamente i diritti di proprietà altrui. Infatti, come scrisse Murray Rothbard nel suo libro L’etica della libertà: “Il concetto stesso di 'diritti' è 'negativo', poiché delimita le aree dell’azione di una persona nelle quali nessun essere umano può interferire”.


Come sempre, bisogna istruirsi sulla libertà

Può esserci un solo risultato da questo abbandono dei diritti individuali da parte della maggioranza in Occidente: la loro strisciante violazione evidente oggi. Se i principi dei diritti naturali fossero davvero insegnati, invece del vacuo mantra ripetuto fino alla nausea secondo cui “tutti gli uomini sono creati uguali”, il nefasto programma di controllo imposto dalla minoranza dominante potrebbe essere contrastato molto più facilmente.

Vale la pena ricordare che la prima frase della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino afferma: “L’ignoranza, l’oblio o il disprezzo dei diritti umani sono le uniche cause delle disgrazie pubbliche e della corruzione del governo”. Gli sforzi devono quindi continuare senza sosta per informare e istruire le persone sui principi di libertà e sull’importanza di proteggere i diritti negativi contro i continui tentativi di violarli.


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Javier Milei contro lo status quo

Mar, 14/05/2024 - 10:08

 

 

di Octavio Bermudez

L'amministrazione di Javier Milei sta suscitando meritati commenti, sia positivi che negativi. La discussione critica è vitale poiché è il primo presidente libertario, quindi mantenere una distanza tra il libertarismo stesso e le sue azioni di governo è un must se i libertari non vogliono cadere insieme a lui nel caso in cui i suoi piani di governo dovessero fallire.

Solo perché è un libertario e ha avuto accesso alla presidenza non significa che abbia il sostegno immanente del resto del movimento libertario, pertanto non sarebbe saggio salire sul suo carro dei vincitori nel breve termine. Mantenere un atteggiamento critico finché non verranno mostrati ulteriori risultati è la soluzione migliore.

Una grande domanda tra gli ambienti libertari e non si è diffusa da quando Milei ha iniziato come outsider e ha guadagnato una grande popolarità: sta provocando una rivoluzione all'insegna della libertà in Argentina? La popolazione argentina sta gravitando verso il libero mercato e si è allontanata dallo statalismo? Sicuramente sono domande difficili a cui rispondere, in questo articolo cercheremo di avvicinarci a una risposta.

Recenti sondaggi suggeriscono che, nonostante la recessione, Milei mantiene un'immagine altamente positiva tra la popolazione. Al Congresso non ha ancora avuto successo, ma con gli strumenti esecutivi a sua disposizione ha apportato cambiamenti sia reali che simbolici nella vita politica. Dall’assicurare che l’inflazione monetaria cessasse alla vendita di aerei e veicoli di proprietà statale (e molto altro ancora), sia i cambiamenti reali che quelli simbolici hanno avuto un impatto sull'opinione pubblica dato che ha mantenuto la promessa di ridurre la presenza dell'apparato statale nella vita delle persone.

È interessante notare che la migliore analisi del fenomeno Milei non è venuta dai suoi stessi sostenitori ma dai detrattori: una fatta dai sociologi Pablo Seman e Nicolás Welschinger. Gli autori sottolineano molte ragioni per cui il panorama pubblico è cambiato da quando Milei è entrato nell’arena politica. La loro analisi è anche autocritica, poiché ammettono molti fallimenti da parte dei politici e delle istituzioni progressiste.

L'elettore progressista sembrava disposto a sacrificare l'efficienza a favore della proprietà pubblica, nel senso che non importava se le istituzioni pubbliche fossero inefficienti, se si trattava di proprietà statale allora tutto andava bene. Questo tipo di dogmatismo sembrava indistruttibile, poiché resisteva a qualsiasi calamità prodotta dalle istituzioni statali tramite la loro inefficienza. Tuttavia tale e apparente dogmatismo non era così indistruttibile come sembrava, dato che il progressismo ha portato i suoi sostenitori a un livello così estremo di declino economico che il sostegno delle sue istituzioni non è stato più dogmatico ma basato sull’esperienza.

Questo crollo del discorso progressista ha generato frustrazioni e sogni infranti di cui Milei ha tratto vantaggio: ha identificato gli autori del disastro argentino, chiamandoli “casta”, e ha spiegato dettagliatamente come le istituzioni statali siano arrivate alla situazione attuale. Milei ha portato speranza agli elettori disillusi che non necessariamente si identificavano con lui ma vedevano coerenza e un bagno di realtà nel suo discorso. L’“estado presente” (la versione argentina dello stato sociale) si è trasformato da diritto positivo in circostanza di sofferenza; la sua difesa è ancora più difficile di prima. I progressisti si riducono sempre più ai loro circoli dogmatici.

I sostenitori di Milei, come spiegano Selman e Welschinger, sono riuniti in tre cerchi concentrici che alimentano le forze del malcontento nei confronti della “casta”. Il primo cerchio è quello dei “fondamentalisti del mercato”, gli ideologi, a conoscenza della dottrina di estrema destra e libertaria: essi creano la base che viene percepita dal secondo e terzo cerchio di elettori, i quali iniziano poi a sostenere Milei nelle diverse fasi della corsa elettorale.

L'ascesa di Milei avviene mentre la connessione tra le élite progressiste e il popolo si erode a un punto tale che il discorso statalista sembra provenire da un'altra dimensione. Le realtà egualitarie degenerano e finiscono per diventare parodie di sé stesse.

C’è la richiesta di un quadro che consenta agli sforzi individuali di portare prosperità e qui entra in gioco l'individualismo di gran parte della popolazione argentina, che finalmente intravede la strada verso la stabilità e il successo nel duro lavoro individuale. Il sacrificio è ciò che porta a risultati per questa parte della popolazione, la quale non richiede doni ma opportunità. Milei ha saputo rappresentare questi sentimenti facendo la differenza tra “la gente de bien”, la gente per bene, e “la casta”. La casta è descritta come attori pubblici parassiti che vivono come sanguisughe sulle spalle delle persone per bene; essa mira solo alla propria sopravvivenza, ovvero lo status quo. Milei è arrivato per smascherarli.

Alcuni analisti politici hanno espresso preoccupazione per il piano di Milei di ribaltare lo status quo: se il benessere della nazione dev'essere sacrificato per mantenere un sistema politico “ordinato”, allora è necessario sacrificarlo poiché i sistemi politici corrotti sono difficili da ricostruire. Questa tesi non solo è lontana dalle buone intenzioni e dalla preoccupazione per la sofferenza delle persone, ma non rappresenta affatto il piano di Milei. Non è arrivato per distruggere, ma per riorganizzare. Come lui stesso ha affermato, uno dei suoi obiettivi politici è riordinare il teatro politico in parti ideologiche, quindi gli elettori collettivisti votano per i partiti collettivisti e i sostenitori del libero mercato votano per i partiti del libero mercato. Questa la logica per ora sembra aver ottenuto qualche risultato.

I poteri dello status quo sono stati disconnessi dalla popolazione, non rappresentano più “il popolo” ma solo i propri interessi. Pertanto le voci esterne hanno adesso un tono più alto di quanto accadrebbe in circostanze normali e Milei è diventato una di queste voci esterne. Dà dignità ai suoi sostenitori riconoscendoli come individui che possono cambiare il loro futuro rispetto alla decadenza decretata dalla “casta”.

Al di sopra dei risultati ottenuti una volta in carica, Milei ha ottenuto una vittoria in termini di comunicazione: rendere il pensiero del libero mercato più popolare che mai. Ciò non significa che le persone siano improvvisamente libertarie, ma il cosiddetto “Zeitgeist” si è allontanato dal collettivismo. Questo cambiamento di direzione dev'essere sostenuto e capitalizzato se si vuole ottenere una vittoria a lungo termine. In caso contrario, il momento di Milei passerà alla storia come l'ennesima fantasia del “libero mercato”.


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Confutare la difesa neoconservatrice dell’Impero britannico

Lun, 13/05/2024 - 10:11

 

 

di Martin George Holmes

Uno dei peggiori romanzi del diciannovesimo secolo, sia dal punto di vista estetico che politico, è Anno Domini 2000 (1889) di Julius Vogel. Dal punto di vista dello stile è orrendo, perché l'autore era un burocrate senza abilità letterarie; dal punto di vista politico, poi, è spaventoso perché prevede un futuro in cui l’Impero britannico sarebbe sopravvissuto fino al secondo millennio. Rimane in stampa fino ancora oggi.

Il romanzo di Vogel è rilevante perché confuta i recenti tentativi degli studiosi di ritrarre l'Impero britannico come un esempio di libertà. Neoconservatori come Niall Ferguson e Nigel Biggar sostengono che l’Impero britannico incarnava i principi liberali e li diffondeva in tutto il mondo. Sostengono che il liberalismo viene assicurato attraverso il potere dell'impero e quindi si struggono per la sua fine. Dal loro punto di vista solo la volontà degli Stati Uniti dopo il 1945 ha impedito una crisi del liberalismo occidentale.

Una consapevolezza anche di base della teoria dei diritti naturali demolisce questa retorica “la forza è giusta”. Murray N. Rothbard una volta definì la Gran Bretagna come “l’impero più spietato sulla faccia della Terra”. Il suo ragionamento era basato sull'ampio e duraturo disprezzo dei diritti naturali da parte dell'Impero britannico.

Il liberalismo autentico difende, per principio, la dignità delle singole persone e delle comunità. L’Impero britannico, in netto contrasto, si diffuse calpestando i diritti delle popolazioni indigene di tutto il mondo (che furono brutalmente “civilizzate” attraverso la conquista) e dei suoi stessi cittadini (che furono tassati in modo aggressivo e arruolati per rendere possibile tale conquista). Questo progetto statalista, questa missione “civilizzatrice”, è un anatema per il liberalismo. C’erano elementi liberali nella politica britannica, ma gli imperialisti statalisti li avevano emarginati verso la fine del XIX secolo.

Le parole e le azioni dei leader dell'impero rafforzano questo punto, come illustra proprio Anno Domini 2000. Vogel fu un importante politico imperiale della fine del XIX secolo; per due volte fu premier della Nuova Zelanda, di cui abolì le province e distrusse l'economia attraverso costosi lavori pubblici. Poi andò in Gran Bretagna e lavorò con il partito conservatore dell'arcimperialista Benjamin Disraeli.

Vogel scrisse Anno Domini 2000 quando molti pensatori britannici erano preoccupati per la sicurezza del loro impero. Come difendersi dai rivali? Come poteva l’impero, essendo così disparato, rimanere compatto economicamente e politicamente? La risposta, secondo lui e molti altri, stava nella federazione. Dando alle colonie una maggiore partecipazione negli affari imperiali, i legami di lealtà sarebbero stati rafforzati. La missione “civilizzatrice” sarebbe potuta andare avanti senza sosta. Vogel scrisse Anno Domini 2000 per rendere popolare questa idea tra le masse. Infatti il romanzo ha una trama leggera (alcuni valorosi lealisti imperiali combattono una cospirazione per indebolire l'impero) e un'analisi politica pesante.

I federazionisti imperiali pretendevano di sostenere i principi liberali, ma in realtà li distruggevano per il bene dello stato. La futura federazione nel libro di Vogel collega i territori dell'impero attraverso la coercizione e lo sciovinismo. Le forze armate sono immense: la marina federale la più grande di tutte le altre flotte messe insieme, le varie forze di terra ammontano a oltre due milioni di soldati e una flotta di incrociatori aerei si libra sopra le nuvole pronta a proiettare potenza militare ovunque nel mondo nel giro di poche ore. Una rigida gerarchia sociale, intrecciata con quella militare, domina la vita pubblica. Per mantenere contente le classi inferiori, ci sono generosi programmi di assistenza sociale. Anche le persone normodotate che rifiutavano di lavorare possono vivere comodamente grazie allo stato sociale.

Per pagare questo apparato gonfio, l’impero tassa incessantemente i suoi cittadini e regola centralmente l’economia. Il commercio estero e l’impiego di stranieri all’interno dell’impero sono scoraggiati; esso funziona come un blocco protezionista, i suoi cittadini hanno il comando di commerciare tra loro e di vedere tutti gli altri come potenziali nemici.

L’apparato federale garantisce che le colonie siano ben rappresentate in Parlamento. La sede del governo cambia periodicamente posizione per indicare il suo impegno nelle relazioni inter-impero. Tuttavia questa federazione non è una libera unione di popoli: l'Impero britannico rifiuta la Rivoluzione americana di stati indipendenti che si uniscono volontariamente per una causa comune e rimangono uniti solo finché le loro popolazioni lo desiderano. La federazione imperiale britannica è dettata dall’alto e mantenuta con la forza.

Come affermava lo stesso Vogel: “Mettere in discussione anche la semplice volontà di far andare avanti l’Impero [...] o permettere la separazione di uno qualsiasi dei domini era ritenuto un grave tradimento; e non era mostrata alcuna misericordia al colpevole”. La trama conferma questa idea: quando un certo Lord Reginald Paramatta lancia un movimento separatista in Australia, le autorità lo perseguitano fino ai confini della Terra. Allo stesso modo l’ostilità al vero liberalismo provoca tensioni tra l’Impero britannico e la Repubblica americana, facendo scoppiare la guerra quando il presidente americano, riaffermando l'indipendenza dalla Gran Bretagna, offende l'imperatore britannico. In difesa dell’onore nazionale gli inglesi lanciano un’invasione su vasta scala delle coste americane. Gli incrociatori aerei neutralizzano la costa orientale, l'esercito americano viene sconfitto in battaglia e il New England viene annesso al Canada. Vogel celebra questa aggressione come “il 4 luglio recuperato”: una vendetta per la Dichiarazione d'Indipendenza dei coloni americani nel 1776.

Anno Domini 2000 dimostra che l’Impero britannico non era un bastione del liberalismo. Vogel non predisse il futuro in modo accurato sotto tutti gli aspetti e non rifletteva l'opinione di tutti, tuttavia manifesta la convinzione condivisa da tutti gli imperialisti britannici di tutte le epoche: che la collettività abbia la priorità sull'individuo e che la missione “civilizzatrice” dell'Impero britannico gli conferisce il diritto di opprimere altri popoli e costringere i propri cittadini.

La difesa neoconservatrice dell’Impero britannico, in altre parole, è fallace sotto ogni punto di vista, soprattutto quello morale. Per una vera comprensione della tradizione liberale, bisogna rivolgersi a eventi come la Rivoluzione americana e a pensatori come Murray N. Rothbard.


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La melodia dei pifferai, il vantaggio dei topi

Ven, 10/05/2024 - 10:03

 

 

di Francesco Simoncelli

Molte volte su queste pagine ho ricordato di come gli Stati Uniti siano attualmente in guerra con sé stessi, o per meglio dire con infiltrati che ne stanno minando le basi fiscali e prim'ancora monetarie, e contro il resto del mondo. La Cina, così come l'Europa, non ha fatto altro che approfittare del sistema monetario a riserva frazionaria che l'eurodollaro ha messo a loro disposizione negli anni antecedenti al 2022; a corto di finanziamenti a basso costo, l'unico modo per averne ancora era che il Congresso spendesse senza freni. Le spese di guerra, così come il deficit federale in peggioramento, sono tutti figli di quest'unica volontà. Ma se Cina e Giappone, ad esempio, hanno un cuscinetto di asset che possono dispiegare per difendere le proprie valute, non ultimi i titoli di stato americani accumulati forsennatamente negli ultimi anni, lo stesso non lo si può dire dell'Europa. Nell'attuale race to the botom è perdente sotto tutti i punti di vista. Capiamoci, tutti i player in questa corsa sono destinati a schiantarsi... ma alcuni prima degli altri. Quindi per quanto la BNS abbia di recente offerto una mano, obtorto collo, alla BCE con la sua decisione di operare un taglio dei tassi, i risultati sono stati comunque sfavorevoli all'euro.

Per quanto la BNS sia stata tirata per la giacchetta affinché fornisse spazio di manovra alla BCE, queste macchinazioni non sono sufficienti quando la tua valute perde credibilità su più fronti. pic.twitter.com/lULO169tFx

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) May 1, 2024

Perché? Perché i mercati hanno iniziato a credere alle parole di Powell, in special modo i mercati obbligazionari, e a chiamare il bluff della Lagarde. Ovvero, per quanto possa dirsi pronta a effettuare un taglio dei tassi a giugno, non può farlo da sola altrimenti sarà un chiaro segnale di short sull'euro. La posizione fiscale dei vari stati membri, Italia in primis, non offre credibilità alcuna alla narrativa secondo cui c'è una ripresa economica tale da giustificare un cambio di rotta nella politica monetaria. Per non parlare poi dell'inflazione dei prezzi.

1/ Il mondo che viene immaginato dalla cricca di Davos, e per estensione applicato all'Europa, è uno in cui esiste un divario netto tra chi ha e che non ha. Un mondo in cui le classi inferiori non hanno più la possibilità di scalare la scala sociale.https://t.co/QyynSY8RUX

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) April 29, 2024

Ecco perché Powell, avendo messo una pezza sul lato monetario dell'equazione, continua a pressare il Congresso affinché ne metta una anche sul lato fiscale. “Insostenibile” significa che non può andare avanti, ma è già andata avanti da molto, molto tempo. Infatti dal 1970 il PIL degli Stati Uniti è passato da $5.000 miliardi a $25.000 miliardi, un aumento di cinque volte; nel frattempo il debito pubblico è passato da $350 miliardi a $34.000 miliardi, ovvero un aumento di quasi 100 volte.

Un debito pubblico diventa insostenibile quando rappresenta un peso per la crescita e porta l’economia a un costante aumento delle tasse, a una crescita della produttività più debole e a una crescita dei salari reali più scarsa. L'accumulo può continuare perché lo stato stesso lo impone sui bilanci delle banche e costringe il settore finanziario a considerarlo come “asset a rischio più basso”, facendo altresì crescere la sua dimensione nell’economia ed erodendo il potenziale di crescita e produttività di quest'ultima. Un settore privato sempre più debole, salari reali deboli, crescita della produttività in calo e potere d’acquisto in diminuzione indicano tutti l’insostenibilità dei livelli di debito. Diventa sempre più difficile per le famiglie e le piccole imprese far quadrare i conti e pagare beni e servizi essenziali. Si inizia con un deficit di piccole dimensioni, il quale spinge a sua volta la spesa pubblica. Era solo nel 1982 che il debito americano superò i mille miliardi di dollari; ci sono voluti altri 27 anni, fino al 2009, affinché il debito pubblico raggiungesse i $10.000 miliardi.

A poco a poco i deficit sono aumentati e poi, all’improvviso, sono diventati giganteschi. Dal 2009 a oggi – in soli 15 anni – il debito pubblico americano è aumentato di $22.000 miliardi. E ora, sulla base dei primi 5 mesi di quest’anno fiscale, il deficit è diretto a circa $2.500 miliardi che verranno aggiunti al debito nazionale. Ciò che Powell intende non è un cambio di direzione, ma un cambio di velocità. La direzione fu stabilita nel 1971, quando gli Stati Uniti passarono al denaro fasullo e il “buon senso” economico venne sostituito con nuove abitudini insolite. Pareggiate il bilancio? Eliminare le spese inutili? Spegnere le luci quando si esce da una stanza? Chi lo fa più? In questo mondo nuovo e del tutto straordinario i deficit non avevano importanza. E finalmente qualcuno – oltre a me – sta suonando l’allarme.

Alan Greenspan, Ben Bernanke, Janet Yellen, stranamente nessuno di loro pensava che valesse la pena menzionare il debito. E così, anche se coloro al comando sono cambiati, non è stata apportata alcuna correzione di rotta. La nave si è semplicemente spinta sempre più verso il limite del mondo finanziario, dove le economie precipitano nel caos e nella catastrofe. E adesso? L'avvertimento di Powell è preso sul serio dai mercati obbligazionari, i quali hanno iniziato a credere alla sua strategia “higher for longer”, ma non dal Congresso il quale è popolato da politici che spacciano la credenza “la nave non è mai affondata prima e non affonderà neanche stavolta”. Infatti vanno avanti a tutta velocità: soldi per Israele, soldi per l'Ucraina, soldi per l'industria dei chip, soldi per l’industria della guerra, soldi per questo e per quello. Soldi per tutto, soldi per tutti. Ma non è finita qui, perché Trump dice che se verrà eletto una delle sue prime azioni sarà licenziare Jerome Powell. Tagliare i tassi è proprio ciò che Powell non ha fatto, invece ha ribadito più e più volte di voler vedere l’inflazione saldamente all'obiettivo del 2% prima di tagliare i tassi e ha avvertito il Congresso e l’opinione pubblica che prestiti, stampa di denaro e spesa scellerata dovranno essere tenuti sotto controllo.

Ma Trump ha ragione: se Powell mantiene le sue posizioni e vuole davvero tenere sotto controllo le spese scellerate, dovrà andarsene.


I PIFFERAI

Indipendentemente dalle motivazioni personali di Trump, per quanto possano far trasparire una volontà di cambiamento agli occhi del suo elettorato, dovrà sempre scontrarsi con la realtà dei fatti: deve rispondere a comandi che arrivano da più in alto. La maggior parte delle persone fatica ancora a venire a patti con un fatto cruciale: abbiamo di gran lunga superato il punto in cui l'attuale sistema poteva essere cambiato da un aggiustamento al centro, o da una singola persona, o da un singolo partito. Le ultime dichiarazioni di Trump sulla guerra, oltre a quelle su Powell, vanno in una direzione che si allinea alla narrativa dominante della realtà, non la realtà stessa. C'è da dire che la sua retorica è sempre stata accattivante agli occhi dell'elettorato americano, salvo poi vedersi circondato di personaggi di dubbia integrità morale e politica; la stessa cosa accade adesso. Gli equilibrismi geopolitici durante la sua presidenza nei confronti della Russia erano pensati per far fare due passi in avanti alla strategia americana e uno indietro: a tal proposito basti pensare all'uscita dal trattato sui missili balistici, alla propaganda pro-Ucraina e alle minacce di un'uscita dalla NATO. In questo modo le tensioni venivano ridotte al minimo affinché non ci fossero troppi scossoni; allo status quo non piace che le acque diventino troppo agitate.

Qual è il problema al giorno d'oggi? Lo spazio di manovra per quel singolo passo indietro è decisamente risicato, per non dire assente. L'uscita dalla NATO? Decisamente improbabile, per non dire impossibile. Allo stato attuale, e per come sono stati impantanati gli Stati Uniti nelle questioni ucraine, la credibilità stessa degli statunitensi verrebbe messa sul piatto andando a inficiare quanto di buono ha fatto Powell da solo negli ultimi 2 anni. Gli USA, purtroppo, sono stati instradati già su un percorso di guerra da cui sarà arduo tirarsene fuori. E questo grazie anche a membri del Congresso di cui non importa niente il benessere della nazione o degli americani, o a ricatti cui sono sottoposti altri come ad esempio la recente capitolazione alla Camera da parte di Johnson e del Partito repubblicano. Indebolire gli Stati Uniti è l'unico modo che hanno gli altri player affinché la loro situazione non appaia più drammatica. Tutte le grandi nazioni del mondo sono lanciate a velocità folle contro un muro di mattoni, la sola differenza tra di esse è chi ci arriverà prima e fungerà poi da cuscinetto che attenuerà l'impatto di chi arriverà dopo.

1/ Quattro anni fa ho scritto il pezzo "L'ultimo pilastro" (https://t.co/3VUn4bYSVX) in cui descrivevo la natura del sistema pensionistico e come esso fosse l'ultima colonna a reggere la credibilità/affidabilità dell'apparato statale agli della maggior parte delle persone.

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) April 13, 2024

Data la delicatezza della situazione l'establishment non vuole che le mine vaganti fungano da propellente a eventi imprevisti e che possano agitare le famose acque. Trump è una di queste mine vaganti e i processi a suo carico sono un promemoria affinché capisca che il ruolo di presidente prevede il rispetto di determinate regole del gioco. Il suo essersi allineato alla narrativa dominante della realtà, almeno per il momento, pare proprio un'ammissione del fatto che abbia capito l'antifona. Ciononostante essersi cucito addosso l'etichetta della vittima del Deep State gli ha permesso di poter veicolare l'idea di un “cammino del martirio” al suo elettorato, rendendolo adesso un messia ai loro occhi. La retorica non gli è mai mancata, perché ha semplicemente detto all'entroterra statunitense quello che voleva sentirsi dire e adesso, con questa aura di “salvatore”, può giocarsi una carta vincente per raggiungere la poltrona di presidente per la seconda volta. In verità non esistono politici disallineati, o in qualche modo capaci da soli di traghettare una nazione verso un futuro avveniristico contro tutte quelle forze che cospirano contro la gente comune. Come ripeto spesso, quelle figure pubbliche che vediamo costantemente non sono altro che figuranti al soldo di una cupola mafiosa composta da diverse cosche. Queste ultime a volte hanno obiettivi convergenti e vanno tutte in una direzione, altre volte invece hanno obiettivi divergenti e, come ogni cosca mafiosa che si rispetti, si fanno la guerra.

L'obiettivo in questo particolare momento storico è quello di risolvere il problema del debito pubblico, ma ogni cosca ha un suo piano. Un conflitto scoppia nel momento in cui una cosca o alcune di esse si coalizzano per fare le scarpe a un'altra mentre apparentemente dicono di andare tutte per la stessa strada. È stato il caso della cricca di Davos che ha cercato di scalare in modo ostile gli Stati Uniti per ridurre i contraccolpi di un continente che non è in grado più di creare valore aggiunto attraverso la sia industria. Il coacervo di normative e regolamenti che caratterizzano l'Europa la rendono un blocco solamente in grado di sottrarre valore, non di aggiungerlo. La desertificazione industriale in UE è figlia dell'allungamento delle catene di approvvigionamento unito allo sfruttamento del mercato dell'eurodollaro affinché i Paesi sviluppati godessero dell'Effetto Cantillon mondiale tramite la riserva frazionaria. Tutti tranne gli Stati Uniti stessi, diventati involontariamente la garanzia collaterale di qualsiasi sconsideratezza economica all'estero; il tutto col beneplacito del governo americano, infiltrato da una cosca mafiosa che non aveva la pur minima considerazione della nazione. Ricordate ancora una volta, non dovete ragionare per confini nazionali bensì per dichiarazioni e decisioni conseguenti, altrimenti ogni volta sembra che ci sia schizofrenia a livello di linee di politica.

La giravolta di Trump, alla luce di queste constatazioni, s'inserisce in un contesto logico che può spiegare come mai abbia improvvisamente cambiato direzionalità per quanto riguarda la sua volontà di ripristinare la grandezza dell'America. I politici, quindi, sono inaffidabili perché rispondono ad agende al di sopra di quelle presentate agli elettori, i quali devono essere solamente un condotto attraverso il quale devono fluire energie e finanziamenti fiscali quanto più volontariamente possibile. E quindi possibile che Trump possa aver cambiato cosca mafiosa che rappresenta, non solo in quanto a circostanze ma anche a convenienza personale. Poche sono le persone che una volta portate in alto dall'attuale sistema possono rimanere a galla da sole. Un esempio nostrano a tal proposito è stato Berlusconi, il quale, grazie al suo patrimonio, è riuscito a barcamenarsi in un marasma giudiziario scatenato contro di lui nel momento in cui non voleva farsi da parte e scegliere il declino. Oppure pensate all'industria dell'intrattenimento, fucina per eccellenza del consenso nei confronti dell'establishment: oggi non si fa che parlare di una Taylor Swift elevata a status symbol solo per cristallizzare quanti più consensi possibile; oppure pensate a una Chiara Ferragni la cui attività è stata drammaticamente politicizzata negli ultimi 4 anni e nel momento in cui non è servita più la tempesta giudiziaria è stata una tragica conseguenza nonché foglia di fico. Per nascondere cosa? I ricatti sono all'ordine del giorno per tenere in riga le presunte mine vaganti e gli addestratori di cani di Pavlov.

Allinearsi significa prosperare in questo sistema in cui il clientelismo è il meccanismo sovrastante l'attività socioeconomica. Non si cresce per merito, bensì per servilismo. Così come le startup vengono create solo per venire assorbite poi dalle grandi corporazioni attraverso l'ingegneria finanziaria, l'industria dell'intrattenimento è una concorrenza a chi è più allineato e quindi sfondare a livello di fama. L'assenza di merito e talenti, quindi, impedisce a questi personaggi di sopravvivere con le proprie gambe nel momento in cui diventano inutili a livello utilitaristico e vengono scartati; allo stesso modo le grandi corporazioni assorbono le startup per prosciugare la concorrenza e ciclicamente sono costrette a licenziare parte del personale per sgonfiare la grandezza ipertrofica che raggiungono. Come si tengono a galla? Diversamente dalle piccole/medie imprese a cui il credito è precluso in questo momento storico, le grandi corporazioni hanno accesso alla liquidità e quindi possono ricorrere all'ingegneria finanziaria per sopravvivere (es. riacquisto di azioni proprie, fusioni/acquisizioni, LBO, ecc.). Infatti il motivo per sfoltire la platea di piccole/medie imprese è quello di eliminare la diversificazione all'interno del panorama economico, così come tutti quei residui d'indipendenza che ancora la popolano; oltre a essere la spina dorsale di un'economia esse sono essenzialmente il motivo di emancipazione dei singoli individui. Nei piani dell'establishment questo assetto, oltre a essere un fattore destabilizzante per il comando/controllo con cui traghettare l'attuale sistema verso quello nuovo, è pressoché inutile quindi meritevole d'essere cestinato.

Oltre a essere una degenerazione della cosiddetta economia mista, come illustrato anche da Mises dal punto di vista teorico in Planned Chaos, il controllo capillare dell'economia è paragonabile a un esperimento di laboratorio controllato in cui si tenta di tenere in considerazione tutti i fattori possibili immaginabili. Il solo problema è che si tratta di variabili e, inevitabilmente, alcune di esse possono impazzire. L'iperregolamentazione e l'ipertrofia del governo europeo replicano esattamente questo stato di cose, soprattutto perché, come accade in tanti casi in cui la persona che ha la delega per amministrare il patrimonio di quell'anziano ricco le cui facoltà cognitive vacillano, il fine ultimo è arrivare a mettere le mani sui risparmi degli europei e in questo modo guadagnare tempo nella race to the bottom in atto. Il sistema attuale ha iniziato a declinare vistosamente dalla Brexit in poi e con la fine del LIBOR il prossimo settembre ci saranno le esequie, di conseguenza è in corso una transizione verso un nuovo sistema, ma i pianificatori centrali di questo faranno di tutto per di continuare ad avere un ruolo cardine nel processo decisionale del prossimo. I ricchi/ammanicati, i privilegiati artificiali, i clientes vogliono continuare ad avere lo status che hanno adesso e non ci riusciranno sequestrando le proprietà altrui. No, questo è solo un passaggio intermedio, dato che non è denaro o immobili quello che vogliono realmente. Ciò che vogliono davvero per portare a termine con relativo successo il traghettamento verso il nuovo sistema è una connessione stabile con i contribuenti attraverso le proprietà di questi ultimi. I perpetual bond, l'economia degli stakeholder, una società basato sul prendere in prestito le cose che le servono: sono tutti mezzi per rubare il tempo attraverso la proprietà privata. Il partenariato pubblico/privato che si profila all'orizzonte riguarda esclusivamente questo fine.

Ecco perché Bitcoin è particolarmente osteggiato in Europa. Diversamente dagli Stati Uniti, i quali hanno indipendenza finanziaria ed energetica con cui assicurarsi una posizione dominante nella race to the bottom, oltre al fatto che stanno veramente dando un senso al concetto di valuta di riserva mondiale per quanto riguarda il dollaro, l'Europa non possiede niente di tutto ciò credendo di poter sopravvivere alla prova del tempo sfruttando indefinitamente il sistema dell'eurodollaro. La fuga dei contribuenti dalla morsa predatrice della burocrazia europea significa non poter perorare in modo efficiente il furto del tempo e, a sua volta, esporsi significativamente alla disfatta. Le caratteristiche di Bitcoin, infatti, alimentano e potenziano l'indipendenza individuale, in particolar modo la trasparenza e la natura pubblica della sua rete P2P. Il clientelismo del sistema attuale è stato possibile cementificarlo grazie all'opacità che lo caratterizza. E questa opacità verrà altresì traghettata nel prossimo sistema, più precisamente nella cinghia di trasmissione del comando/controllo per eccellenza: le valute digitali delle banche centrali. Infatti per quanto si voglia forzare nel mondo moderno un'economia di guerra, quella preponderante è l'economia del welfare state, la quale è molto più pervasiva e assuefacente della prima. Questa è un'arma a doppio taglio perché è vero che la maggior parte delle persone diventa estremamente dipendente da questa manna dal cielo e di conseguenza altamente manipolabile, ma è altrettanto vero che vengono annientati creazione di valore aggiunto e risparmi reali/bacino della ricchezza reale. È vero che il potenziamento/sostegno del comparto pubblico e l'assunzione di una platea sempre più ampia di dipendenti pubblici giocoforza costringe il comparto privato ad adattarsi, ma è altrettanto vero che aumento la sclerosi dell'economia reale: piuttosto che tornare a produrre ricchezza reale chi continua a ricevere bonus li incassa e, ad esempio, preferisce giocare sui mercati.

I BRICS, e la Cina in particolar modo, hanno capito l'antifona e quindi continuano a commerciare in oro e a emanciparsi industrialmente.

1/ La storia ci ha insegnato che copiare gli altri, e acquisire il know-how facendolo, è un passaggio obbligato nella crescita potenziale di una nazione. È così che, ad esempio, l'Inghilterra ha superato dal punto di vista navale l'Olanda.https://t.co/bWyYhFwadI

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) April 30, 2024

Dopo TikTok aspettatevi che il prossimo a finire nel mirino sarà Huaweihttps://t.co/WuJfgEa4hs

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) April 29, 2024

Ecco perché, tra i tanti altri motivi, gli Stati Uniti possono continuare a logorare finanziariamente l'Europa visto che essa s'è scavata la fossa da sola, ma temono la Cina e le sue nuove sfere d'influenza.


CONCLUSIONE

Quando la posizione fiscale è insostenibile, l’unico modo affinché lo stato possa forzare l’accettazione del suo debito è attraverso la coercizione e la repressione. Il debito di uno stato è un asset solo quando il settore privato valorizza la sua solvibilità e lo utilizza come riserva, quando invece impone la sua insolvenza al resto dell’economia, il suo fallimento si manifesta nella distruzione del potere d’acquisto della valuta attraverso l’inflazione e l’indebolimento della capacità di acquisto dei salari reali. Lo stato sostanzialmente conduce un processo di lento default dell’economia attraverso l’aumento delle tasse e l’indebolimento del potere d’acquisto della valuta, cosa che porta a una crescita più debole e all’erosione della classe media. Il deficit pubblico non crea risparmi per l’economia privata, anzi li distrugge. Quando lo stato trascura il funzionamento dell’economia produttiva, posizionandosi come fonte di ricchezza, mina le fondamenta stesse che pretende di proteggere: il tenore di vita del cittadino medio.

Il debito pubblico è una creazione artificiale di valuta perché lo stato non crea ricchezza reale, amministra solo il denaro che raccoglie dal settore privato che soffoca attraverso tasse e inflazione. Il debito degli Stati Uniti ha iniziato a diventare insostenibile quando la Federal Reserve ha smesso di difendere la valuta e di prestare attenzione agli aggregati monetari per attuare linee di politica volte a mascherare il costo dell’indebitamento derivante da una spesa in deficit sfrenata. Non solo, ma anche per trovare una soluzione al problema degli eurodollari che avevano cacciato nei guai l'economia americana fino a quel punto senza che gli economisti si spiegassero il motivo.

La creazione arbitraria di valuta fiat non è mai neutrale, avvantaggia in modo sproporzionato i primi che la ricevono, lo stato, e danneggia gravemente gli ultimi, i salari reali e i risparmi. Si tratta di un grande trasferimento di ricchezza dall’economia produttiva e dai risparmiatori alla burocrazia: la distruzione della classe media e il deterioramento del tessuto delle piccole/medie imprese a favore di una macchina burocratica che vive di tasse e genera ancora più debito e deficit. Il debito può continuare ad aumentare? Ovviamente. Il graduale processo d'impoverimento e schiavitù del debito passa sotto traccia quando lo stato può imporre l’uso della valuta e forzare il proprio debito nel sistema finanziario attraverso leggi e regolamenti. Pensare che durerà per sempre e che non accadrà nulla è solo l'ennesimo esempio di una mentalità sconsiderata “acceleriamo, non siamo ancora precipitati”.

Credete che a questa gente manchino i soldi? Non sanno che farsene in realtà. Sono uno strumento, così come dovrebbero essere, solo che li utilizzano come arma contro qualcun altro. Chi? Il resto della popolazione a cui sottraggono tempo ed energie. Ecco, queste sono le due componenti a cui si mira davvero.

Lo status quo non può sopravvivere, ma non è niente di nuovo sotto il solo visto che, dal punto di vista storico, ci sono stati altri momenti in cui è accaduta la stessa cosa. Tutte le volte che è successo è accaduto in concomitanza di guerre, rivoluzioni, o entrambe le cose. In sostanza, viene provocato uno strappo. E infatti oggi le tensioni sociali si moltiplicano, oltre alle guerre cinetiche che si diffondono territorialmente e a macchia di leopardo. Inutile dire che sono un ottimo catalizzatore di pressione sociale. Il vantaggio comparato non sta nel “denunciare lo status quo”, bensì di riconoscerlo per quello che è e sfruttare tale conoscenza a proprio vantaggio. L'attuale sistema deve sopravvivere finché non si passa a quello successivo e i pianificatori centrali, ovvero la cupola mafiosa composta da varie cosche, devono poter trovare il modo di riciclarsi nel nuovo sistema conservando status e influenza, oltre che ricchezza. Devono quindi organizzare il nuovo sistema ad hoc guadagnando tempo attraverso la sopravvivenza di quello attuale, allungandone la vita fino all'estremo. Infatti quello che viene prelevato è il tempo delle persone attraverso la capacità lavorativa: il sistema economico di oggi è talmente indebitato che richiederebbe oltre 100 anni per essere ripagato se la gente lavorasse a tempo pieno senza percepire uno stipendio.

Le cose devono quindi cambiare, ma per far sopravvivere l'attuale sistema fino al passaggio con quello nuovo c'è bisogno che la gente lavori e dovrà farlo sostanzialmente gratis, in cambio di denaro che perde progressivamente il proprio valore. Per emanciparsi da questa ruota temporale per criceti fiat è importante conoscere e saper usare quella forma di denaro che invece conserva il proprio valore, in modo da poter effettuare il passaggio nel nuovo sistema con relativa tranquillità personale. E, badate bene, non è qualcosa che avviene in automatico dato che non esiste alcun politico o “agitatore di folle” che lo farà al posto vostro. È una cosa che può essere fatta a livello individuale perché nel momento in cui si crea una rete indipendente, i pianificatori centrali non potranno far altro che accettarlo... con tutte le conseguenze del caso per i loro piani (presumibilmente) ben congegnati e gli istituti TBTF. Il “blat” è superiore a Stalin.


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Hayek e Bitcoin

Gio, 09/05/2024 - 10:10

 

 

di Emile Phaneuf III

Il defunto economista F. A. Hayek aveva molto da dire sul denaro privato, sull’inflazione e sulla preservazione delle libertà individuali contro uno stato tirannico. Mentre ci avviciniamo al 15° anniversario della pubblicazione del whitepaper di Bitcoin da parte di Satoshi Nakamoto, vale la pena riflettere su cosa avrebbe potuto pensare Hayek di questa svolta tecnologica.

Nell’ottobre 2008 Satoshi Nakamoto annunciò di aver pubblicato un documento in cui spiegava come un “sistema monetario elettronico” peer-to-peer potesse funzionare “senza terze parti fidate”. Nel gennaio dell’anno successivo lanciò Bitcoin citando un articolo del quotidiano britannico The Times: “The Times 03/Jan/2009 Chancellor on brink of second bailout for banks”. L'avvio di questo sistema di denaro elettronico peer-to-peer era una risposta al clientelismo che aveva visto nelle banche centrali durante la crisi finanziaria mondiale.

Sfortunatamente Hayek morì molto prima della nascita di Bitcoin, ma nel suo libro, The Denationalisation of Money, sostenne la sottrazione allo stato del suo potere monopolistico sul denaro. Oltre a ciò, Hayek immaginava un sistema economico in cui “diversi tipi di denaro distinti e concorrenti sono simultaneamente in uso nello stesso territorio”. Se Bitcoin fosse esistito durante la vita di Hayek, probabilmente egli non avrebbe sostenuto (come fanno molti bitcoiner) di “bitcoinizzare tutto”, proprio perché un'unica forma di denaro non era ciò che aveva in mente. Hayek voleva la competizione nel campo monetario.


Furbo e inarrestabile

Hayek avrebbe sicuramente apprezzato l'incrollabile resistenza di Bitcoin alle pressioni politiche, ma, soprattutto, mi piace pensare che avrebbe apprezzato Bitcoin per almeno altri due importanti motivi: furbizia e impossibile da fermare. In un'intervista del 1984 Hayek affermò che:

Non credo che avremo mai più una forma di denaro sano/onesto se prima non lo togliamo dalle mani dello stato. Se non ci riusciamo con la violenza, [allora] tutto ciò che possiamo fare è introdurre subdolamente qualcosa che non possa fermare.

La cosiddetta “via indiretta furba” che Satoshi ha ideato (prendendo in prestito da quelli prima di lui) voleva che Bitcoin fosse semplicemente un protocollo – una forma monetaria TCP/IP – altamente decentralizzato, il che significa che nessuna parte sarebbe stata in grado di controllarlo a proprio vantaggio. Ed essendo un asset digitale nativo di Internet, non ci sarebbe stato alcun punto di fallimento centralizzato nel mondo reale, con asset tangibili che avrebbero potuto essere sequestrati (come è successo invece ad almeno due valute digitali prima di Bitcoin).


Bitcoin e oro

Satoshi ha cercato di imitare l'oro nel mondo digitale. Nel white paper di Bitcoin ha scritto che: “L'aggiunta costante di una quantità costante di nuove monete è analoga ai minatori d'oro che spendono risorse per aggiungere nuovo oro in circolazione [...] [anche se nel] nostro caso, è il tempo della CPU e l'elettricità che vengono consumati”. Cosa pensava Hayek dell'oro?

Hayek scrisse che se l’oro fosse rimasto nelle mani dello stato, avrebbe considerato questo standard metallico “l’unico sistema tollerabilmente sicuro”. Ma l’oro rappresentava solo “un’ancora traballante” per proteggersi dai “rischi di frode da parte dello stato” e “non sarà mai una moneta valida come quella emessa da un’agenzia la cui intera attività si basa sul suo successo nel fornire una moneta sostenibile al pubblico”.

Hayek disse anche che l’oro ci ha dato una “regolazione semi-automatica della quantità di denaro” (qualcosa che vedeva favorevolmente), ma avrebbe potuto trovare interessante l’idea di una politica monetaria algoritmica impenetrabile, come quella di Bitcoin.

Ciò che Hayek considerava una forma monetaria migliore dell’oro era la sua proposta di una moneta emessa dalle banche in un ambiente di competizione monetaria e coperta da asset reali. L’economista Lawrence H. White fa giustamente distinzione tra “la proposta di Hayek – consentire la libera scelta e la concorrenza tra le valute – e la sua previsione su quale tipo di moneta avrebbe poi dominato il campo”.

Hayek credeva anche che la popolazione avrebbe probabilmente preferito una moneta “il cui potere d’acquisto è predittivamente stabile”. Un potere d’acquisto stabile, scrisse, avrebbe ridotto la tensione sui rapporti debitore-creditore (un argomento che Hayek tratta in dettaglio nel suo libro).

White sostiene, nel suo nuovo libro Better Money: Gold, Fiat or Bitcoin?, che un aumento del potere d’acquisto dell’oro stimola (attraverso la motivazione del profitto) una risposta a produrne di più “finché il potere d’acquisto non ritorna alla media”. Al contrario, poiché un aumento simile del potere d'acquisto di Bitcoin non può provocare un aumento nell'offerta oltre il programma di creazione di nuove coin fisso e codificato nel suo protocollo, non ci sono “aspettative di un ritorno [alla media] per smorzare la volatilità”.


Conclusione

Se il potere d’acquisto di Bitcoin si stabilizzerà nel tempo in modo sufficiente da diventare un mezzo di scambio comunemente utilizzato è un tema di acceso dibattito. Dal mio punto di vista ciò che Bitcoin sacrifica in termini di potere d’acquisto stabile essendo insensibile agli aumenti della domanda, viene ampiamente compensato altrove come sistema monetario superiore basato su regole ferree, non essendo soggetto né alla discrezione umana dei pianificatori centrali né ai miner che potrebbero voler creare più unità di quelle che il suo protocollo è programmato per creare. Questo è precisamente il motivo per cui le masse potrebbero inevitabilmente adottarlo (ogniqualvolta i loro stati si dimostrano incapaci o non interessati a dissuaderle dal farlo), non solo come riserva di valore ma anche come mezzo di scambio. E avendo un asset digitale nativo di Internet che non risponde a forze esterne per la sua offerta, otteniamo una moneta radicalmente decentralizzata, senza precedenti nella storia umana.

Inoltre molti utenti Bitcoin non sembrano preoccuparsi della volatilità e il suo utilizzo continua a crescere: sia sulla catena principale che sul cosiddetto strato secondario. E i tentativi di repressione nei suoi confronti – soprattutto negli Stati Uniti e in Europa – così come la fretta di implementare le CBDC in tutto il mondo, suggeriscono che i regolatori sono preoccupati per quanto sia potente.

Quindi ad Hayek piacerebbe Bitcoin? Non l'ho mai conosciuto, ma penso che gli sarebbe piaciuto ciò che rappresenta così come la misura in cui toglie il denaro dalle mani dello stato (poiché le persone in tutto il mondo effettuano transazioni peer-to-peer, senza autorizzazione, con questo asset digitale apolide). Bitcoin è quel modo subdolo e indiretto che potrebbe non fermarsi mai. Oh, e ricordate la menzione di Satoshi dell'articolo del The Times sui salvataggi bancari? Per una coincidenza enorme, egli/ella/loro (assumendo che non ne fosse/fossero a conoscenza in quel momento) sarebbe/sarebbero probabilmente felice/i di apprendere che nella stessa video intervista di Hayek quest'ultimo mostrò una copia del The Times e disse: “Lo leggo ogni giorno. Le grandi menti pensano allo stesso modo”.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Bisogna evitare il disastro fiscale all'orizzonte

Mer, 08/05/2024 - 10:07

 

 

di David Stockman

Quando si parla di sistema bancario centrale keynesiano, esso ha trasformato il suo obiettivo d'inflazione al 2,00% in un Santo Graal economico e quindi non osa rischiare un rimbalzo delle pressioni inflazionistiche che rimangono nello specchietto retrovisore.

È vero, gli indicatori dell’inflazione si sono notevolmente raffreddati dopo il picco dell’IPC (indice dei prezzi al consumo) al 9% a giugno 2022, ma la FED non è ancora fuori dai guai. Infatti quando l’ondata di inflazione viene vista attraverso la lente più stabile e affidabile dell’IPC 16% trimmed mean, che ha raggiunto il picco a un livello leggermente inferiore del 7,2% nel 2022, l'aumento su base annua è pari al 3,7% a gennaio, quindi appena a metà strada dal sacrosanto obiettivo del 2,00%.

Infatti il tasso di variazione annuo a tre mesi dell’IPC trimmed mean è già rimbalzato al 4,0%, mentre il tasso annuo per gennaio si è attestato a un rovente 5,7%.

Quindi per quanto i tizi a Wall Street insistano per un taglio dei tassi, l’Eccles Building non gliene darà alcuno.

Variazione annua dell'IPC 16% trimmed mean, da aprile 2020 a gennaio 2024

Basta ricordare gli orribili grafici dal 1967 al 1982. Allora le persone a capo della FED non erano esplicitamente coinvolte nel business della pianificazione monetaria centrale greenspaniana, ma dovevano comunque generare quattro recessioni durante quell’arco di tempo per tenere il genio dell’inflazione nella lampada.

I trader ventenni di Wall Street, che ragliano sempre più insistentemente per il prossimo ciclo di tagli dei tassi, senza dubbio confondono gli anni ’70 con gli anni ’90 del 1700. A quanto pare è tutta un'unica confusione.

Gli stagionati nell'Eccles Building, però, ricordano il triplo picco dell’inflazione di quell’epoca. Il fragoroso fallimento della linea di politica della banca centrale, implicito in tre ondate inflazionistiche (barre rosse) e quattro contrazioni recessive (aree bianche), in poco più di un decennio ha quasi distrutto il suo doppio mandato come politburo monetario non eletto della nazione, per non parlare della sua credibilità a New York e Washington, DC.

Variazione annua dell'indice dei prezzi al consumo, dal 1967 al 1984

Pertanto l’attuale gruppo al comando non ha intenzione di tirarsi indietro davanti al suo appello “higher for longer” finché non rivedrà chiaramente il 2,00%.

Non ci aspettiamo che questa condizione venga raggiunta tanto presto, questo perché il miraggio della “bassa inflazione” degli ultimi decenni non era altro che un'illusione.

Ci riferiamo, ovviamente, al fatto che c'è stata molta inflazione a causa della folle stampa di denaro da parte del sistema bancario centrale ancor prima che la arroventassero ulteriormente in risposta alla crisi sanitaria nel marzo 2020. La maggior parte di tale stampa di denaro è finita nei prezzi degli asset finanziari e nel settore immobiliare.

Il resto è stato temporaneamente esportato nel resto del mondo attraverso l’ondata di passività in dollari che sono state raccolte dalle banche centrali mercantiliste in Cina, dai petro-stati e da quei Paesi con catene di approvvigionamento a basso costo.

Il grafico seguente non è semplicemente una prova lampante del fatto che il tasso d'inflazione medio all’1,8% durante i primi due decenni di questo secolo fosse un’aberrazione; in realtà è la pistola fumante!

Indice dei costi unitari del lavoro negli Stati Uniti, dal 1970 al 2020

La FED aveva gonfiato in modo grottesco l’economia statunitense durante i cicli degli anni ’70 sopra indicati e si era semplicemente accontentata di rallentare l’ulteriore aumento del livello dei prezzi, più alti del suddetto 2,0% annuo, durante la fine degli anni ’80 e ’90. Ciò avvenne proprio mentre Deng stava convertendo l’economia comunista di Mao in una potenza manifatturiera grazie alla stampante monetaria presso la Banca Popolare Cinese e diverse centinaia di milioni di nuovi lavoratori cacciati dalle risaie e spediti nelle fabbriche.

L’industria americana e i lavoratori salariati non avevano alcuna possibilità. Grazie alle politiche pro-inflazione della FED, sia prima che dopo Greenspan – salvo il breve intervallo del salvataggio dell’economia americana dal baratro inflazionistico da parte di “Tall Paul” Volcker – i costi unitari del lavoro nel 2000 erano più alti del 235% rispetto al 1970 e alla vigilia della crisi sanitaria nel marzo 2020 erano aumentati del 310%.

Secondo gli economisti keynesiani che gestiscono la politica economica statunitense, la linea viola in ascesa nel grafico qui sopra non avrebbe dovuto avere tanta importanza. Se il deficit commerciale americano fosse diventato troppo ampio, a causa della massiccia delocalizzazione e del crescente deficit commerciale, i Paesi in surplus all’estero, come la Cina, avrebbero dovuto sperimentare un apprezzamento nel tasso di cambio e quindi una riduzione compensativa del loro vantaggio competitivo in termini di costi.

Purtroppo ciò presupponeva che il denaro stampato negli Stati Uniti sarebbe stato contrastato da una moneta sana/onesta all’estero. Ma neanche per sogno!

Le banche centrali estere hanno stampato passo dopo passo con la FED, in base a quella che poteva essere descritta come “sporca flottiglia”. Così facendo hanno acquistato migliaia di miliardi di dollari, hanno espanso la propria offerta di denaro, hanno mantenuti intatti i surplus commerciali e inondato le loro industrie dell'export con credito e capitale a basso costo.

Quindi la delocalizzazione non ha mai rallentato e le correzioni nel tasso di cambio, così come il riequilibrio dei conti commerciali, non sono mai avvenuti.

Non vi è alcun mistero sulla causa di questo grande arbitraggio nel mondo del lavoro e della conseguente delocalizzazione dell’economia industriale americana negli ultimi 40 anni: la condizione oggettiva dell’economia mondiale e i collegamenti Internet di produttori/consumatori in tutto il pianeta hanno fatto sì che gli Stati Uniti avessero bisogno di un periodo prolungato di deflazione dei costi per eliminare gli eccessi inflazionistici degli anni ’70 e successivi, e non della linea di politica pro-inflazione che la FED ha perseguito.

Il grafico qui sotto vi dice tutto ciò che dovete sapere. Poco dopo la fine del secolo scorso il divario salariale nel settore manifatturiero tra Stati Uniti e Cina era di 22 volte e nel 2015 era ancora nell’ordine di 5 volte. Ciononostante i keynesiani dell’Eccles Building hanno ritenuto opportuno sostenere che una maggiore inflazione fosse la chiave per la prosperità, come il loro obiettivo al 2,00%.

Tuttavia il grande arbitraggio nel mondo del lavoro si sta ora avvicinando rapidamente alla fine, in gran parte perché la Cina ha completamente prosciugato le sue risaie. Vale a dire, per una questione demografica e per l’eredità della linea di politica del figlio unico, la forza lavoro dello Schema Rosso di Ponzi ha raggiunto il picco nel 2015 e ora si sta riducendo e continuerà a ridursi nel futuro prossimo.

Di conseguenza i costi salariali stanno aumentando rapidamente in Cina, perché neanche quest'ultima è riuscito a trovare un modo per abrogare le leggi della domanda e dell’offerta. Di conseguenza il divario salariale si è ridotto a meno del 20% e probabilmente scomparirà del tutto prima della fine dell’attuale decennio.

Il grande arbitraggio sul costo del lavoro, dal 2000 al 2025

La verità è che il Grande Arbitraggio nel Mondo del Lavoro è stato un evento irripetibile, non una condizione permanente dell’economia mondiale. Non sono più rimasti cinesi sul pianeta Terra e nemmeno nel vicino sistema solare.

La FED è stata in grado di stampare con relativa impunità dal 1990 al 2020 perché l’esportazione una tantum dell’economia industriale statunitense ha causato una deformazione del tutto aberrante nel livello dei prezzi interni.

In altre parole, i prezzi delle merci che rientravano nell’economia statunitense dalla produzione offshore erano ben al di sotto del livello gonfiato dei costi di produzione nazionali. Di conseguenza il deflatore delle spese per consumi personali (PCE) per i beni durevoli (linea nera) è in realtà diminuito di quasi il 40% tra il 1995 e l’inizio del 2020. Ciò riflette non solo l’aumento della quota di importazioni di beni durevoli, ma il fatto che le spese a margine per le importazioni determinano anche il prezzo dei beni prodotti internamente.

Deflatore PCE: beni durevoli e servizi, dal 1995 al 2020

Non si è mai verificato nulla di simile a una deflazione così ampia nell’era economica moderna. Si è trattato letteralmente di uno scherzo della storia economica, al di là di ogni plausibile via di continuazione o replica.

Al contrario il deflatore PCE per i servizi, che sono in gran parte prodotti a livello nazionale e quindi nell'ambito d'influenza della FED, è aumentato di oltre l'85% nello stesso periodo.

In termini annui, quindi, l’indice dei beni durevoli è sceso del 2% annuo per un intero quarto di secolo, mentre l’indice dei servizi è aumentato del 2,5% annuo. È stata una pura anomalia statistica e un colpo di fortuna per l’Eccles Building che il risultante deflatore PCE complessivo sia aumentato, in termini matematici, all’1,85% annuo.

Ciononostante i keynesiani alla FED hanno dichiarato che questo episodio fortunato è stato un problema di “bassa inflazione”, cosa che ha richiesto operazioni aggressive e prolungate da parte della sua stampante monetaria.

Inutile dire che, con i salari e i costi cinesi in rapido aumento e il divario di arbitraggio quasi chiuso, non c’era alcuna possibilità che la linea nera nel grafico qui sopra scendesse di un altro 40%. Nemmeno tra un milione di anni.

E ciò significa, a sua volta, che il divario enorme nel grafico qui sopra tra la deflazione dei prezzi dei beni e l’inflazione dei prezzi dei servizi non si ripresenterà. In realtà l’inflazione dei servizi sottostanti è ancora nell’intervallo del +5% annuo e in futuro dominerà il livello principale dei prezzi in modo molto più pesante di quanto accaduto durante l’aberrante era della deflazione dei prezzi dei beni durevoli.

Di conseguenza la scusa della “bassa inflazione” per stampare denaro era, quindi, a dir poco fuori luogo.

Il fatto è che l'inflazione non è e non sarà mai contenuta tramite l'obiettivo del 2,00%. E gli ultimi due decenni hanno dimostrato senza ombra di dubbio che la stampa aggressiva di denaro non stimola gli investimenti e la produttività nazionali, e quindi nemmeno la crescita economica complessiva.

Ciò che fa è gonfiare bolle a Wall Street perché i tassi d'interesse estremamente bassi giustificano multipli prezzo/utili più elevati. E questa è stata la scusa per portare il bilancio della FED da $300 miliardi nell'ottobre 1987 a un picco di $9.000 miliardi  fino a qualche mese fa.

Purtroppo neanche le bolle degli asset finanziari sono sostenibili indefinitamente. Un monito è arrivato giovedì scorso quando NVIDIA ha sfiorato una capitalizzazione di mercato da $2.000 miliardi, 30 volte le vendite di chip che consentono all'intelligenza artificiale generativa di Google di riprodurre ritratti di persone di colore vestite da vichinghi.

Nemmeno la bolla dei tulipani del 1637 è stata così folle.

Cambiamento annuo nell'IPC dei servizi, dal 2011 al 2024

L’assurdità più incredibile è che l’America sta precipitando a capofitto in una crisi fiscale, ma nessuno dei due candidati alla presidenza menziona mai questo pericolo, per non parlare di proporre anche solo una parvenza di un piano correttivo.

Durante il suo recente discorso sullo stato dell’Unione (SOTU), ad esempio, Joe Biden ha avuto persino il coraggio di vantarsi di “aver già tagliato il deficit federale di oltre $1.000 miliardi”.

A parte i $6.000 miliardi di deficit dell'Unipartito accumulati sin dal 2020-2021, il deficit da $1.700 miliardi sostenuto nel 2023 è stato di gran lunga il più grande nella storia americana.

Deficit/avanzo federale, dal 1955 al 2023

Se ancora fosse necessario un bagno di realtà sulle rive del Potomac, ci viene in soccorso la pubblicazione di marzo delle ultime prospettive di bilancio a lungo termine del CBO. Si basa su una serie di ipotesi ottimiste in cui non ci sono recessioni, nessuna fiammata dell'inflazione dei prezzi, nessun picco dei tassi d'interesse, nessuna crisi finanziaria, nessuna grande guerra, nessuna crisi energetica mondiale: solo una buona navigazione economica per i prossimi 30 anni!

D’altra parte il luogo in cui si può finire è decisamente terrificante, anche se lo scenario roseo alla base della relazione è del tutto incompatibile con il disastro fiscale che prevede. Di conseguenza i numeri del debito reale saranno sicuramente molto peggiori con l’evolversi del futuro.

Le proiezioni ottimistiche del CBO mostrano che il debito pubblico raggiungerà il 166% del PIL entro il 2054, una percentuale ben superiore anche al picco del 106% nella Seconda guerra mondiale. E allora c’erano tanti acquirenti di titoli del Tesoro a causa del tasso di risparmio nazionale pari al 24% del PIL generato da un’economia completamente mobilitata per la guerra e soggetta a un razionamento talmente duro che c’erano pochi beni di consumo da acquistare.

Non sorprende, quindi, se i dipendenti del Congressional Budget Office siano stati abbastanza discreti da presentare questa triste storia nel sistema di misurazione della “percentuale del PIL”, perché i numeri effettivi espressi in biglietti verdi sono letteralmente da infarto. La linea blu qui sotto corrisponde a $140.000 miliardi in debito pubblico nel 2054.

I membri dello staff di Capitol Hill che hanno redatto la relazione non desiderano che qualche deputato del Kansas faccia i conti con una calcolatrice, questo perché al tasso d'interesse medio del 3,8% che si prevede pagherà il Tesoro americano alla fine di questo periodo di 30 anni, la spesa annuale per interessi federali ammonterà a $5.300 miliardi all'anno

Proprio così. E ciò presuppone anche che lo Zio Sam possa prendere in prestito $7.000 miliardi solo nel 2054 per coprire il deficit previsto di quell’anno e farlo a soli 180 punti base al di sopra del tasso d'inflazione ipotizzato (2,0%).

Inutile dire che la relazione sopraccitata incarna una fantasia che va ben oltre ogni limite. È evidente che ci sarà una crisi economica e finanziaria molto prima del 2054.

La spesa per interessi di cui sopra supererebbe di gran lunga ogni altra voce importante nel budget federale. Ancora una volta trasformare questi rapporti in dollari aggiunge un po’ di vivacità al messaggio che si vuole veicolare.

I repubblicani, ad esempio, hanno trascorso più di un decennio a denunciare l'ObamaCare, la relativa espansione del Medicaid e vari crediti d’imposta orientati ai redditi bassi. malgrado ciò tra un paio di decenni la spesa per interessi che hanno contribuito a sostenere con le massicce spese per la difesa e le guerre neocon, oltre a qualche bella spinta allo stato sociale, sarà più del doppio dei $2.400 miliardi previsti dai programmi dei democratici.

Ironia della sorte anche la spesa per interessi sarà pari a 2,5 volte la spesa per la difesa di base – presupponendo che non ci siano più Guerre Infinite – e supererà di gran lunga sia la previdenza sociale che l’assistenza sanitaria statale.

Inoltre la relazione mostra anche che ben il 61% del bottino dell’imposta federale sul reddito andrà agli interessi passivi e il 10,3% del PIL in questione non è esattamente poco. La riscossione delle imposte sul reddito ammonterebbe in realtà a $8.700 miliardi nel 2054 e la maggior parte andrebbe ai detentori di obbligazioni.

Tutto apparentemente bello per gli obbligazionisti, solo che acquistare $110.000 miliardi in nuove obbligazioni durante i prossimi 30 anni significherà un rendimento medio ponderato 120 punti base inferiore al rendimento medio sulla curva questa stessa settimana!

Infatti i rendimenti attuali vanno dal 5,4% al 4,6% in un ampio spettro che va dai bond a 30 giorni a quelli a 30 anni. Se i tassi d'interesse rimarranno nell’intervallo medio del 5,0% – per non parlare di un livello sostanzialmente più alto – la spesa per interessi nel 2054 salirebbe a $8.000 miliardi a causa del tasso più elevato e delle aggiunte al debito.

Vale a dire, gli interessi passivi consumerebbero il 92% del denaro proveniente dalla principale fonte di entrate dello Zio Sam.

Proiezioni di spesa del CBO per il 2054:

• Spesa per interessi: $5.300 miliardi

• Previdenza sociale: $5.000 miliardi

• Medicare: $4.600 miliardi

• Medicaid, ObamaCare e relativi crediti d’imposta: $2.400 miliardi

• Difesa: $2.100 miliardi

Prospettive a lungo termine per il bilancio federale in percentuale del PIL

Alla fine ci sono tre numeri che vi dicono tutto ciò che dovete sapere: la maggior parte degli ultimi 30 anni nella prima colonna della tabella, dal 1994 al 2023, è stata caratterizzata da una dilagante dissolutezza fiscale. Il deficit federale è stato in media pari al 3,8% del PIL, il cui flusso cumulativo di inchiostro rosso ha aumentato il debito pubblico da $3.500 miliardi a $27.000 miliardi durante tale arco di tre decenni.

Ma questo era solo un allenamento primaverile per ciò che ci aspetta. Sulla base della politica fiscale attualmente in vigore, il deficit strutturale di Washington peserà quest’anno al 5,6% del PIL, per poi salire oltre il 6,0% nel corso del prossimo decennio. Raggiungerà il 7,0% nella decade succesiva e il già citato 8,5% del PIL entro il 2054.

Inutile dire che quanto sopra smentisce tutti i principali principi fiscali che il Partito repubblicano offre ora agli elettori. Infatti esso dice che non ci saranno tagli alla previdenza sociale e all’assistenza sanitaria statale, ma questi programmi, che sono costati l’8,4% del PIL nel 2023, saliranno all’11,3% del PIL entro il 2054 a causa dell’aumento dei benefici.

Entro il 2054 tale rapporto ammonterà a $9.500 miliardi in spese annuali tra previdenza sociale/Medicare, con una crescita di $2.400 miliardi all’anno rispetto all’attuale rapporto (8,4%).

Infatti se si includono Medicaid e altri programmi sanitari, la cifra del costo annuale passa da $8.100 miliardi nel 2024 a $12.000 miliardi nel 2054. Come mostrato di seguito, l’impatto più elevato dei costi dei benefici pro capite è particolarmente pronunciato nei programmi di assistenza sanitaria.

Costo in percentuale del PIL dei principali programmi dello stato sociale, 2024 rispetto al 2054

D’altro canto lo scenario di base del CBO mostra che l’imposta sul reddito individuale aumenterà dall’8,1% del PIL nel 2023 al 10,3% entro il 2054, principalmente a causa della scadenza dei decantati (e non pagati) tagli fiscali di Trump del 2017 e di tre decenni di vero e proprio lassismo fiscale. Ciò significa che, nonostante l’indicizzazione in base agli aumenti nominali del reddito, la crescita del reddito reale nel tempo sposterà sempre più contribuenti verso fasce di aliquota più elevate. Tra il 2034 e il 2054, ad esempio, la quota di reddito tassata tra il 20% e il 39,6% aumenterà dal 37% al 44%.

Inutile dire che il Partito repubblicano e i sostenitori dello stato sociale insistono sull’estensione permanente dei tagli fiscali di Trump e sulla compensazione anche dello slittamento delle fasce. Ciononostante l’effetto di questi “tagli” sarebbe l’incredibile cifra di $1.900 miliardi in riduzione delle entrate federali entro il 2054.

Proprio così. Con l’attuale tasso dell’8,1%, l’imposta federale sul reddito genererebbe solo $6.843 miliardi all’anno di entrate annuali entro il 2054 rispetto agli $8.701 miliardi previsti dal CBO secondo le proiezioni attuali.

A dire il vero i democratici non fanno nemmeno finta di affrontare questo disastro fiscale, lo ignoreranno, mentieranno come fa Biden, o si aspetteranno che la FED stampi decine di migliaia di miliardi di dollari aggiuntivi nei decenni a venire.

In breve, Washington è bloccata in una morsa fiscale mortale. Nessuno dei candidati dell'Unipartito ha il minimo interesse ad affrontare la calamità che sicuramente si prospetta all'orizzonte.

Distribuzione del reddito imponibile per scaglioni di aliquota, 2034 & 2054

Alcuni decenni fa il principale consigliere economico di Nixon, Herb Stein, disse notoriamente che ciò che non è più sostenibile tenderà a finire! Ciò che intendiamo è che quella roba marrone arriverà al ventilatore molto prima del 2054. Questo perché c'è una bomba fiscale a orologeria incorporata nei fondi fiduciari della previdenza sociale e che è destinata a esplodere nel giro di uno o due mandati presidenziali, al massimo.

A causa della falsa contabilità dei fondi fiduciari in vigore sin dagli anni '30, essi vivono ora con tempi contabili presi in prestito e non da poco. Cioè, per decenni lo Zio Sam ha raccolto più tasse sui salari rispetto all'importo dei benefici pagati e ha utilizzato l'eccesso per finanziare portaerei, sprechi per il trasporto di massa, sussidi agli agricoltori benestanti, ecc. Ai fondi fiduciari sono stati poi accreditati “attivi” intergovernativi che ora possono essere utilizzati per coprire eventuali carenze tra le uscite per i benefici e la riscossione delle imposte sui salari.

Il problema è che tali saldi “patrimoniali” si stanno riducendo rapidamente, anche se il deficit di liquidità annuale nei fondi fiduciari aumenta inesorabilmente a causa dell’ondata di pensionamenti dei baby boomer e dell’alto livello di benefici attuarilmente non acquisiti e integrati nei programmi. Vale a dire, alla fine dell’anno fiscale 2024 il saldo “attivo” del fondo fiduciario OASDI sarà pari a $2.727 miliardi, mentre le uscite di cassa supereranno le riscossioni delle imposte sui salari di $373 miliardi durante l’anno a venire (anno fiscale 2025). A sua volta il deficit di cassa aumenterà costantemente, raggiungendo i $532 miliardi all’anno entro il 2034. Di conseguenza nei prossimi dieci anni il deficit di cassa dell’OASDI raggiungerà i $3.495 miliardi.

A quel punto gli anziani e i disabili finiranno sotto un ponte perché il falso saldo “attivo” nei fondi fiduciari sarà stato interamente consumato dai deficit di cassa temporanei. Nell’anno fiscale 2034 i benefici annuali in denaro e le spese amministrative ammonteranno a $2.479 miliardi, mentre gli incassi dalle imposte sui salari ammonteranno a soli $1.947 miliardi.

Secondo le normative attuali, se i fondi fiduciari AVS e AI vengono uniti le prestazioni si riducono come minimo del 21,5%, in caso contrario sul lato AVS (prestazioni per la vecchiaia) ancora di più. In realtà le prestazioni previdenziali medie previste per il 2034 ammonteranno a $28.000 all’anno, il che significa una riduzione di $6.000 per il beneficiario medio.

Naturalmente negli anni a venire diventerà evidente a più di 80 milioni di pensionati che i loro redditi verranno ridotti di $6.000 dollari all’anno. E molto di più tra coloro che ricevono il massimo beneficio; in quest’ultimo caso la perdita ammonterà a $15.000 all’anno.

È possibile evitare l’armageddon fiscale?

Non se l'Unipartito riuscirà a cavarsela anche stavolta. Bisogna impegnarsi per intraprendere un percorso onesto, giusto e fattibile per pareggiare il bilancio e salvare i fondi fiduciari entro il 2034, facendo perno su alcuni dei principali parametri fiscali, economici e politici esistenti nel 1998-2001, l’ultima volta che il bilancio è stato in pareggio.

Deficit/surplus federale in percentuale del PIL, 50 anni tra il 1974 e il 2023


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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L'eco-ansia è un lusso che non ci possiamo permettere e che danneggia la civiltà stessa

Mar, 07/05/2024 - 10:03

 

 

di Joakim Book

Vivo in un piccolo villaggio ai margini di terre circondate dalla natura selvaggia. Coloro che occupavano queste valli in epoche passate vivevano vite pericolose, dove la fame era una preoccupazione costante, il mare tanto spesso nutriva quanto portava via e gli inverni erano lunghi e rigidi. Al giorno d'oggi, mentre cammino sulle montagne desolate o ammiro le violente tempeste, nella mia testa echeggiano le descrizioni di Thomas Hobbes della vita pre-civilizzata dell'essere umano: “Solitaria, povera, cattiva, brutale e breve”.

Oggi qui viviamo una vita abbastanza confortevole, io e i miei compaesani. I nostri focolari sono caldi, il nostro controllo sui beni economici è eccellente. Viviamo vite lunghe e sicure, dove nessuno muore di fame e dove quasi nessuno muore a causa delle esplosioni d'ira della natura. Usiamo macchine — costruite molto, molto lontano utilizzando materiali che non abbiamo, che funzionano con combustibili fossili che queste terre non contengono — per rimuovere la neve che frequentemente cade sulle nostre porte e che altrimenti renderebbe le nostre strade impraticabili e le nostre case prigioni. Usiamo diverse macchine — costruite molto, molto lontano utilizzando materiali che non abbiamo, che funzionano con combustibili fossili che queste terre non contengono — per uscire dalla nostra valle e trasportare beni e servizi, compresi frutta e verdura esotiche che qui non crescono (non certo in inverno!).

È davvero affascinante osservare le cose sorprendenti che il commercio globalizzato e il capitalismo possono realizzare. Fare un passo indietro e pensare ai miracoli del commercio moderno, dell’innovazione e della divisione del lavoro è davvero umiliante.

Eppure noi moderni benestanti ci preoccupiamo della nostra esistenza collettiva al punto che i bambini hanno incubi e la maggior parte delle persone afferma che il cambiamento climatico metterà fine alla razza umana. Circa un terzo dei giovani afferma di non volere figli per paura di peggiorare le condizioni climatiche. “L’ansia per il clima è diffusa tra i giovani”, riferisce National Geographic. “Come possiamo aiutare i nostri figli ad affrontare l’eco-ansia?” si chiede la British Broadcasting Corporation. La stragrande maggioranza degli intervistati in uno studio condotto a livello mondiale su diecimila persone e pubblicato su Lancet nel 2021, ha ammesso di essere molto o estremamente preoccupata. Gli scrittori di Vox si preoccupano dell'etica dell'educazione dei figli. Un nuovo studio, pubblicato da  Phys.org, ha evidenziato quanti giovani non avranno figli a causa del cambiamento climatico: sarebbe ingiusto “mettere al mondo un bambino” che dovrebbe convivere con la costante “sensazione di rovina, ogni giorno, per tutta la vita”, dice un aspirante genitore intervistato.

Molti dei miei compaesani nutrono tutte queste stesse idee – scioglimento dei ghiacciai e parti per milione – numeri, inondazioni e dilemmi etici su noi esseri umani che rendono la Terra inospitale o inabitabile.

È una cosa strana di cui preoccuparsi ossessivamente, mentre la violenta tempesta che infuria fuori dalle finestre con doppi vetri non influisce in alcun modo sulle nostre forniture di cibo, sul consumo di elettricità, sul riscaldamento, o sulla capacità di partecipare alla divisione globale del lavoro, sia nei nostri uffici che a distanza tramite Internet ad alta velocità. È a dir poco contraddittorio manifestare contro il capitalismo dalle comodità di case, hotel e pub costruiti e mantenuti in modo molto capitalistico; o inveire contro l’uso dei combustibili fossili che letteralmente ci tengono in vita.

Tutto ciò mi fa pensare all'assioma dell'azione umana, punto di partenza della prasseologia di Ludwig von Mises e pilastro su cui poggia l'economia Austriaca. La versione colloquiale di questa massima è “fate parlare i soldi non le parole” o “le azioni parlano più delle parole”. Dimostriamo con le nostre azioni dove si trovano le nostre preferenze e i nostri valori; li riveliamo al mondo (li realizziamo, in realtà) quando facciamo una cosa invece di un'altra, quando acquistiamo un bene invece di un altro, quando lavoriamo invece di rilassarci. Tutto ciò è avvolto nell’incertezza, nelle speranze e nei desideri soggettivi che si contrappongono ad altri desideri simili; col senno di poi possiamo pentirci delle scelte che abbiamo fatto. Ciononostante, dice Murray Rothbard, le “preferenze di un essere umano sono deducibili da ciò che ha scelto con le sue azioni”.

Forse questo clima ansiogeno è semplicemente un becero sfoggio di moralismo, in un mondo in cui le emozioni contano più dei fatti. Il distacco dai processi fisici della vita di base – energia, materiali, trasporti e, nelle economie monetarie complesse, denaro – ha reso molte persone ignoranti, tanto da dare per scontati gli stili di vita e gli standard di vita che abbiamo. Ci ha permesso di iniziare a pensare che i sistemi fondamentali e portatori di civiltà come il denaro, i combustibili fossili o le istituzioni commerciali siano facoltativi, una mera questione di scelta ideologica tra persone buone e persone cattive. Non è così.

Mi vengono in mente anche quelle credenze che sono un lusso che non ci si può permettere, un concetto coniato da Rob Henderson, psicologo dell'Università di Cambridge e autore del libro Troubled. Henderson trasferisce il “consumo vistoso” di Thorstein Veblen – l'acquisto di beni costosi, spesso inutili ma con lo scopo di ostentare la propria ricchezza – al dominio morale e politico. Una convinzione come lusso che non ci si può permettere, al pari di un bene vistoso, viene acquisita per impressionare gli altri ed è progettata per “conferire status alla classe superiore e a un costo minimo, imponendo, però, costi alti alle classi inferiori”.

Tali convinzioni non hanno molto senso e periscono nel mondo reale degli atomi e della temperatura, della natura e della fame. Ma siamo così distaccati dal mondo reale che ci sostiene fisicamente – così ricchi, così illusi, così benestanti – da attaccare quegli stessi sistemi che sostengono la nostra esistenza: l'eco-ansia e l’anticapitalismo. Presi alla lettera, e mettendo in atto linee di politica basate su tali follie, siamo diretti verso l’orrore e la povertà.

La buona notizia è che questi sistemi sono straordinariamente resilienti e queste voci potrebbero ancora essere tutte “chiacchiere”, come direbbe Nassim Taleb.

L'analista finanziario Doomberg ha proposto un'osservazione simile lo scorso febbraio, elencando in due paragrafi i principali eventi accaduti a partire dal 1971: crisi petrolifera, Iran-Iraq, guerre in Kuwait, conflitti in Medio Oriente, crolli finanziari dell'Asia, del peso e del rublo, gli attacchi terroristici, Libia-Siria-Ucraina, la crisi finanziaria mondiale e la crisi sanitaria. Attraverso tutti questi fenomeni, per quanto tumultuosi potessero sembrare al momento della loro comparsa e per quanto rilevanti restino nella coscienza politica, il consumo energetico totale del mondo è una linea retta che li attraversa. Ecco  il grafico:

Revisione statistica del consumo energetico totale mondiale. Fonte: Doomberg

Eventi socioeconomici radicali come i diritti delle donne o l'uguaglianza razziale; leader di sinistra o di destra; crisi e recessioni, inflazioni e anni di boom; generazioni di studiosi e scienziati e movimenti politici... e non c'è alcun impatto sulla cosa fondamentale che alimenta la nostra civiltà.

L'85% del consumo energetico primario del pianeta proviene direttamente da combustibili fossili, lo stesso avveniva più di trent'anni fa, quando sono nato. Si possono esprimere le proprie convinzioni sul cambiamento climatico, su obiettivi politici non credibili, come le emissioni zero (sempre da raggiungere entro anni che finiscono sospettosamente con zero o cinque), sulla riduzione della dipendenza dai combustibili fossili, o su quanto sia “pulita” l’energia rinnovabile. I governi possono investire soldi, approvare leggi, o pontificare nelle sale dei bottoni, negli auditorium legislativi, o nella pubblica piazza, ma non cambieranno la situazione. Non possono cambiarla.

I cypherpunk usano il codice informatico; le persone intelligenti ignorano la politica. Dovreste uscire di casa, smettere di preoccuparvi dei pazzi che gestiscono questo manicomio e ammirare invece la natura per quello che è.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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L'amministrazione Biden continua a implementare linee di politica idiote riguardo l'acciaio

Lun, 06/05/2024 - 10:02

 

 

di James Bovard

L'amministrazione Biden sta cercando di rafforzare la sua campagna di rielezione silurando le importazioni cinesi. In un discorso del 17 aprile a Pittsburgh, il cuore dell’industria siderurgica americana, Biden ha annunciato di voler triplicare i dazi sulle importazioni cinesi di acciaio e alluminio. I dazi attualmente ammontano a circa il 7,5%. Un comunicato stampa della Casa Bianca affermava: “ Il presidente Biden sa che l’acciaio è la spina dorsale dell’economia americana e un fondamento della nostra sicurezza nazionale”. Questa è l’ennesima prova che, per quanto riguarda la politica commerciale, i politici americani non hanno imparato nulla e non hanno dimenticato nulla.

Biden non aveva promesso di lasciarsi alle spalle le linee di politica stupide? Ricordate l'affermazione di Donald Trump del 2018 secondo cui “le guerre commerciali sono positive e facili da vincere”? Quando Trump impose un dazio del 25% sulle importazioni di acciaio nel 2018 venne ampiamente criticato per aver sovvertito la salute del settore manifatturiero americano solo per tenere in piedi un’unica industria.

Adesso Biden ha raddoppiato la posta in gioco. Il Washington Post scrisse nel 2021: “Una delle iniziative commerciali più controverse di Trump, che ha fatto arrabbiare gli alleati degli Stati Uniti e ha attirato il disprezzo di molti economisti, è diventata un pilastro della politica commerciale 'incentrata sui lavoratori' di Biden”. Ci sono 135.000 lavoratori in questo settore negli Stati Uniti rispetto ai più di sei milioni nelle industrie che usano l'acciaio. Politici e burocrati fanno finta che quest'ultimo numero non esista. Il Post scrisse che “l’amministrazione Biden è determinata a mantenere il proprio sostegno agli United Steelworkers, una forza portante negli stati chiave del Midwest”. I dazi sono diventati sempre più distruttivi; il prezzo dell’acciaio laminato a caldo è aumentato di oltre il 300% e i produttori si sono lamentati della carenza di materiali, dell’aumento dei prezzi e dei ritardi nelle consegne.

I produttori di acciaio sono stati i più grandi piagnucoloni e criminali del mondo commerciale nella storia americana moderna. L’industria dell’acciaio è stata fortemente protetta sin dalla costruzione della prima acciaieria in America nel 1875. Grazie a dazi elevati, Andrew Carnegie progettò il trust dell’acciaio, diventato leggendario per la vendita di acciaio all’estero a un prezzo di gran lunga inferiore rispetto a quello negli Stati Uniti. La US Steel si fece un occhio nero quando il presidente Theodore Roosevelt acquistò acciaio prodotto negli Stati Uniti direttamente in America Centrale, al 40% in meno rispetto a Pittsburgh, per la costruzione del Canale di Panama.

Durante le amministrazioni Johnson, Nixon e Carter, le importazioni di acciaio dall’Europa e dal Giappone furono soffocate dalle cosiddette restrizioni volontarie, che gli stranieri accettarono a malincuore invece di essere totalmente banditi dal mercato statunitense. Ma vietare i prodotti stranieri fece emergere il peggio delle aziende statunitensi. L'allora vice ambasciatore commerciale statunitense, Linn Williams, ammise che nel 1984 gli Stati Uniti erano “uno dei produttori [di acciaio] meno efficienti al mondo”. Il capo della Nucor Minimill, Ken Iverson, osservò nel 1986:

Non appena i prezzi cominciarono a salire [grazie alle restrizioni all’importazione] e le aziende siderurgiche cominciarono ad essere redditizie, queste ultime smisero di modernizzarsi. È solo sotto l'intensa pressione competitiva – sia internamente da parte delle mini-acciaierie, sia esternamente da parte di giapponesi e coreani – che le grandi aziende siderurgiche sono costrette a modernizzarsi.

Ma queste realtà di base non impedirono all’amministrazione Reagan di limitare severamente le importazioni di acciaio dal 1982 in poi. Nel 1984 il Congresso approvò un disegno di legge che conteneva una disposizione sulla scarsità di offerta, intesa “a proteggere gli acquirenti nazionali di prodotti siderurgici da eccessive turbolenze dovute all’incapacità di ottenere forniture adeguate da fonti nazionali”. Ma il Dipartimento del Commercio decise che nessun onere era troppo grande, nessun prezzo troppo alto e nessuna qualità troppo bassa per costringere i produttori americani a finanziare i produttori di acciaio statunitensi.

Nel 1986 lo stesso Dipartimento del Commercio impiegò in media 236 giorni per approvare una richiesta di fornitura scarsa. Come testimoniò Allan Mendelowitz del General Accounting Office: “Uno dei motivi per cui le decisioni hanno richiesto così tanto tempo [...] era specificamente quello di creare ostacoli all’acquisizione di acciaio attraverso il nostro programma”. Il vice segretario aggiunto Gilbert Kaplan, che gestiva tale programma, dichiarò nel 1988 che una scarsità di scorte “non è una situazione negativa. [...] è una situazione positiva”, il che significa che il settore “sta andando molto bene”. La linea di politica federale sull’acciaio conferiva a un solo uomo l’autorità di giudicare se i produttori americani avessero davvero bisogno dell’acciaio che chiedevano. Bill Lane, un alto funzionario della Caterpillar, ci ha ricordato che: “I prezzi elevati dell’acciaio e le carenze indotte dalle quote stavano minando l’efficienza delle fabbriche poiché i processi just-in-time hanno lasciato il posto a soluzioni alternative just-in-case”.

Le quote sull'acciaio dell'amministrazione Reagan distrussero molti più posti di lavoro di quanti ne salvarono. Il professor Hans Mueller ha stimato che esse comportarono la perdita di tredici posti di lavoro nelle industrie che utilizzavano l'acciaio per ogni posto di lavoro salvato di un operaio siderurgico. L’Institute for International Economics ha stimato che le quote costavano l’equivalente di $750.000 all’anno per ogni lavoro siderurgico salvato. Uno studio della Federal Trade Commission del 1984 stimava che le quote sull’acciaio costavano all’economia statunitense $25 per ogni dollaro aggiuntivo di profitto netto dei produttori di acciaio americani.

Nonostante la devastazione economica, nel 1989 il presidente George H. W. Bush estese le quote di importazione dell’acciaio per altri due anni e mezzo. Bush definì l’estensione delle quote un “programma di liberalizzazione del commercio dell’acciaio”, come se la retorica del libero mercato potesse magicamente trasformare la natura di un sistema invece protezionistico. Le quote del 1989 furono ampliate per includere tubi per il petrolio, assali e ruote di locomotive ferroviarie, danneggiando così sia l'industria petrolifera statunitense che i produttori di treni. Con l'amministrazione Bush gli Stati Uniti imposero 231 quote separate che coprivano 500 diversi prodotti siderurgici sulle importazioni di acciaio da diverse nazioni.

La linea di politica siderurgica di Reagan e Bush mise in ginocchio la competitività degli Stati Uniti. L’ex-presidente della International Trade Commission (ITC), Paula Stern, ha osservato: “I prezzi gonfiati dell’acciaio negli Stati Uniti sono stati un fattore importante nell’erosione della preminenza manifatturiera e dell’occupazione degli Stati Uniti dagli anni ’60 alla metà degli anni ’80”. L’ITC ha concluso che le quote di importazione sull’acciaio fecero salire il deficit commerciale degli Stati Uniti, causando un aumento significativo delle importazioni di manufatti contenenti acciaio e una diminuzione delle esportazioni statunitensi di prodotti siderurgici.

I politici che sostenevano il blocco dei porti americani contro l’acciaio estero non hanno mai ammesso che l’acciaio americano fosse ampiamente percepito come di qualità inferiore rispetto a quello estero. Il rifiuto della Ford Motor Company per l'acciaio prodotto negli Stati Uniti durante gli anni '80 era cinque volte superiore a quello per l'acciaio estero. Un sondaggio ITC del 1990 mostrò che il 55% degli acquirenti americani di barre e tondini di acciaio inossidabile valutava la qualità dei prodotti e il servizio clienti giapponesi “eccellenti”, mentre solo il 2% valutava altrettanto positivamente la qualità dei prodotti e del servizio statunitensi.

Ma le follie protezionistiche della fine del XX secolo non impedirono a George W. Bush, il primo presidente del nuovo secolo, di imporre nuove restrizioni sulle importazioni di acciaio. Quando entrò in carica più della metà di tutte le importazioni di acciaio erano limitate dal controllo federale sui prezzi, attraverso sanzioni contro i sussidi esteri o sanzioni contro i prezzi bassi (il cosiddetto dumping). I lobbisti dell’acciaio ebbero un ruolo importante nella stesura delle leggi statunitensi sul “commercio equo”, le quali aiutavano a garantire che la concorrenza estera venisse giudicata colpevole nonostante l’assenza di illeciti.

Anche se all’inizio degli anni 2000 le importazioni complessive di acciaio erano in calo, l’ITC ha concluso che le acciaierie americane erano state danneggiate da una “impennata” delle stesse. L’unico prodotto con importazioni in forte aumento erano le bramme di acciaio: prodotti non finiti acquistati dalle acciaierie americane e trasformati in prodotti finiti di valore più elevato. L’ITC ha sottolineato che le acciaierie americane erano state gravemente danneggiate dalle lastre straniere che avevano volontariamente acquistato e da cui avevano tratto profitto. Non aveva alcun senso ma, poiché era la legge commerciale degli Stati Uniti, non doveva avere senso.

L'amministrazione Bush sapeva già prima d'imporre nuovi dazi che i problemi dell'industria siderurgica non erano dovuti al commercio sleale. All'inizio del 2001 il Dipartimento del Tesoro incaricò il Boston Consulting Group di analizzare l'industria siderurgica statunitense e la situazione mondiale dell'acciaio. L’American Metal Market riferì che lo studio “ha evidenziato le inefficienze nella produzione di acciaio statunitense rispetto ai concorrenti mondiali” e “ha misurato l’efficienza dell’industria siderurgica statunitense, posizionandola nell’ultimo terzo di un confronto globale”. Le aziende siderurgiche statunitensi furono indignate dallo studio, quindi il Dipartimento del Tesoro cancellò quella relazione.

Il 5 marzo 2002 il presidente Bush impose un nuovo dazio del 30% sulle importazioni di acciaio: “Il libero scambio è un importante motore della crescita economica e una pietra angolare della mia agenda economica”. Disse poi come avrebbe protetto i lavoratori americani da quella pietra angolare:

Parte integrante del nostro impegno per il libero scambio è far rispettare le leggi sul commercio e garantire che le industrie e i lavoratori americani possano competere in base a condizioni di parità [...]. Oggi annuncio la mia decisione d'imporre misure di salvaguardia temporanee per dare all’industria siderurgica americana e ai suoi lavoratori la possibilità di adattarsi al grande afflusso di acciaio estero.

Bush invocò le leggi statunitensi sul commercio equo e la “parità di condizioni” e poi annunciò che stava fornendo un sollievo speciale ai produttori di acciaio che non avevano nulla a che fare con le leggi sulle presunte importazioni sleali.

L’amministrazione Bush sapeva che i dazi sull’acciaio avrebbero distrutto posti di lavoro nel settore manifatturiero americano, ma li impose comunque. Il principale consigliere economico di Bush, Glenn Hubbard, “ha pubblicato analisi dettagliate contro i dazi, comprese le perdite di posti di lavoro stato per stato che ha previsto per il settore manifatturiero”, scrisse il Washington Post. Le perdite di posti di lavoro stimate non sono mai state rese pubbliche. Un’analisi economica della fine del 2001, condotta dalla società di consulenza Trade Partnership Worldwide, stimava che “i nuovi dazi sull’acciaio costeranno circa otto posti di lavoro americani per ogni lavoro siderurgico protetto”.

I prezzi dell’acciaio laminato a caldo raddoppiarono tra il momento in cui l’ITC raccomandò i dazi sulle importazioni, nel dicembre 2001, e l’estate del 2002. Anche i produttori statunitensi vennero devastati dalla carenza di prodotti siderurgici, poiché i dazi interruppero il commercio internazionale e scoraggiaribi le esportazioni verso gli Stati Uniti. In molti casi le acciaierie statunitensi infransero i contratti e costrinsero i clienti americani a pagare prezzi molto più alti. La Consuming Industries Trade Action Coalition ha stimato che “l’aumento dei prezzi dell’acciaio è costato 200.000 posti di lavoro americani e $4 miliardi in salari persi da febbraio a novembre 2002”. Un’analisi dell’ITC ha concluso che i nuovi dazi costarono alle industrie consumatrici di acciaio $9 per ogni dollaro di profitti aggiuntivi. Alla fine del 2003, di fronte alle minacce di ritorsioni commerciali europee dopo le sentenze del World Trade Center contro i dazi, Bush li sospese.

Trump ha fatto eco alle follie dei presidenti repubblicani pre-Depressione come Herbert Hoover.  I dazi sull’acciaio e sull’alluminio hanno scatenato ritorsioni estere che a loro volta hanno distrutto circa trecentomila posti di lavoro. Il 7 aprile 2021 la segretaria al Commercio Gina Raimondo ha dichiarato che tali dazi “hanno contribuito a salvare posti di lavoro americani nelle industrie dell’acciaio e dell’alluminio”. Li ha anche giustificati come un modo per “livellare il campo di gioco”. La Raimondo ha continuato la tradizione dei segretari del Commercio rifiutandosi di utilizzare la partita doppia, guardando invece esclusivamente al profitto delle industrie protette. Sfortunatamente l’amministrazione Biden ha considerato quei dazi un brillante successo.

Se il protezionismo producesse competitività, i produttori di acciaio americani sarebbero diventati leader mondiali già da tempo. I dazi sull’acciaio sono una delle linee di politica anti-industriali più sfacciate, un avvertimento eterno sull’incorreggibilità dei politici a caccia di voti e contributi elettorali. Il futuro della politica commerciale è cruciale per il futuro della libertà. Ogni restrizione su un venditore estero è un controllo su un acquirente americano. Non dovrebbe essere un crimine federale che i produttori americani possano acquistare acciaio a prezzi bassi.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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