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Francesco Simoncellihttp://www.blogger.com/profile/[email protected]
Aggiornato: 23 ore 7 min fa

Il mondo dietro di voi

Ven, 24/10/2025 - 10:01

 

 

di Francesco Simoncelli

(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-mondo-dietro-di-voi)

Come si suol dire, “a furor di popolo” quello di oggi sarà una sorta di pezzo riepilogativo di quanto successo finora nel panorama geopolitico ed economico. Andremo a vagliare il contesto reale, quello che a livello generalistico è contorno mentre invece è la vera sostanza di quanto accade sotto i nostri occhi. Capiremo soprattutto come l'incompetenza, in verità, è meno diffusa di quanto si possa credere nelle aule della politica, abilmente mascherata dalla malizia sottostante. La vendita alla popolazione osservante dell'incompetenza delle figure sotto i riflettori è un attenuante di gran lunga più digeribile rispetto alla piena consapevolezza delle loro azioni. In questo modo si scambiano anche “tenenti”, “colonnelli” e “generali” per i veri governanti. Ogni strato in piena vista compie azioni che fanno riferimento a uno strato superiore costituito da altri individui che conoscono le informazioni dello strato inferiore più le loro e così via fino a salire fino in cima a questa catena di comando dove la “cupola mafiosa” fatta di famiglie e interessi antichi, molto antichi, tirano le stringhe delle marionette. Ovviamente non hanno tutte le informazioni del mondo, impossibile per un semplice essere umano, ciò che hanno invece è l'esperienza della storia e la capacità di influenzare pesantemente l'ambiente al di sotto del loro raggio d'azione. E come in ogni cupola mafiosa che si rispetti, ci sono alleanze e tradimenti, interessi circostanziali ed esistenziali. Nessuno è amico di nessun altro, ma la coincidenza d'intenti quella sì che investe di una patina superficiale di amicizia la fugacità di una alleanza.

Se immaginate il caos, vi sbagliate. Esiste un “codice di condotta” e come in qualsiasi gioco esistono delle regole. Certo, possono essere stiracchiate fino alla quasi rottura, ma non possono essere infrante. Il sopraccitato codice è il Diritto marittimo, il quale regola e imposta le relazioni tra gli “uomini” sulla “terra”. Per quanto la Legge naturale dovrebbe essere il faro guida al di sotto del quale tutti dovrebbero sottostare, artifici semantici e capovolgimenti giuridico/religiosi hanno portato al di sopra della stessa il Diritto marittimo. In questo senso la cupola mafiosa risponde certamente a una sorta di “diritto” e regole, ma non sono le stesse cui è sottoposta la gente comune (la formula la “Legge è uguale per tutti” è la legge del più forte, coniata per la prima volta in quella che fu la Battaglia di Milo). La scena della riunione tra le varie bande criminali nel film, Il Padrino, è utile in questo senso per capire meglio quanto detto finora.

È qualcosa di nuovo? No. Vi basta osservare qualsiasi chiesa, ad esempio, e noterete che gli affreschi a sfondo religioso saranno caratterizzati anche da stemmi di casate nobiliari. La propaganda dell'epoca la potremmo definire, sostituita oggi dall'intrattenimento di massa, ciononostante la storia è una cronologia di battaglie, alleanze e tradimenti di famiglie che si sono godute il privilegio di poter “gestire” le persone (inconsapevoli) al di sotto di esse. L'Unione Europea, per fare un esempio contemporaneo, è una tecnocrazia oligarchica dove famiglie di potere (come quella della Von der Leyen) usano un impianto tecnocratico per governare. La guida occulta che sto descrivendo avviene tramite il cosiddetto “sottobosco statale”, lo Stato profondo, e questo si riverbera sugli apparati amministrativi “alla luce del sole” che subiscono pesantemente questa influenza. È una saldatura che permette a suddette famiglie di insinuare i propri sodali e, come in uno schema piramidale, così riesce a sostenersi nel tempo e proiettare maggiore potere.

L'epoca storica moderna non permette più l'imposizione del potere politico tramite quello economico, bensì tramite la tecnocrazia. “Lo dice la scienza” è l'eggregora per eccellenza che, come un grimaldello, apre le coscienze della maggior parte delle persone ed esse diventano disponibili (acconsentono) a sottostare alla direzionalità impostata dall'alto. In tutta Europa, al giorno d'oggi, la politica è stata sostituita dalla tecnica e la magistratura è un braccio armato di quest'ultima. In questo mondo fatto di famiglie/fazioni/bande mafiose e retto da tecnocrati facenti funzione, la popolazione è convinta che tutto sia fatto di tecnica e pensa altresì che le varie “macroaree” (economia, geopolitica, politica estera, ecc.) siano fatte di decisioni tecniche. Lasciare tutto nelle mani dei tecnici, affidarsi ai tecnici che applicano i principi studiati, delegare: la ricetta perfetta per l'assenza di contestazioni o indagini.

L'era moderna della geopolitica è indubbiamente iniziata con la Brexit. Ripensate al giugno del 2016: Trump stava correndo contro la Clinton per la presidenza degli USA e le piazze inglesi erano infervorate da gente come Farage che spingevano per un voto contro l'UE. Alla luce di quanto detto finora, è chiaro come il giorno che anche quest'ultimo non era affatto mosso da scopi individuali e questo a sua volta significa che il movimento di chi voleva lasciare l'UE non era affatto “populista”. Stiamo parlando di quegli oligarchi, quell'aristocrazia inglese, che gravitano intorno alla City di Londra e che hanno “tradito” la Thatcher e venduto l'Inghilterra all'Unione Europea (cfr. The Rotten Heart of Europe). C'è stata la Brexit perché Trump non era quello che doveva vincere la carica di presidente e, col senno di poi, essa s'è dimostrata una lotta su chi avrebbe dovuto controllare le istituzioni post-Seconda guerra mondiale dopo il sacco completo degli Stati Uniti.

La vittoria della Clinton avrebbe dovuto impantanare ancora di più il Paese e permettere alle fazioni globaliste all'estero di prenderne il controllo. Così sarebbe stata una faida su chi avrebbe esercitato il diritto di sedere a “capotavola” ed essere il decisore più influente: l'aristocrazia inglese, i vecchi neoconservatori inglesi, i vecchi membri dell'Impero inglese, o i globalisti continentali (olandesi/tedeschi/francesi). Tony Blair e Jacob Rees-Mogg non “giocano” nella stessa squadra; per quanto siano entrambi globalisti il primo fa riferimento all'UE, ad esempio. Così come Obama... e così come Farage fa riferimento al vecchio conglomerato dell'Impero inglese nella City di Londra. Quest'ultima gente è “l'eredità” di coloro che ci hanno dato la Dichiarazione di Balfour, tanto per far capire i legami. Detto in termini più sintetici, le fazioni e le famiglie che costellano il mondo della geopolitica, della politica e della finanza si preparavano a banchettare sul cadavere degli Stati Uniti e spolpare ciò che ne rimaneva. A quest'ora, infatti, l'UE, l'ONU, l'FMI e la BRI avrebbero dovuto essere i riferimenti cardine del “nuovo mondo”. A tal proposito, cosa pensate che sia la recente linea di swap in dollari con l'Argentina se non l'applicazione della Dottrina Monroe da parte degli Stati Uniti e lo sganciamento della nazione dai prestiti FMI/Banca mondiale?

The $20 billion swap line to Argentina is not a bailout—it's a currency swap with political motives. Washington doesn't want Argentina to look toward non-dollar (China). China provides more in loans to emerging economies than the World Bank.

— Martin A. Armstrong (@ArmstrongEcon) October 16, 2025

Quindi la Brexit era il classico “coltello nella schiena” piantato dagli inglesi nella schiena dell'UE. Si sarebbero alleati con la “nuova” America e avrebbero pienamente riconquistato la colonia fuggita. Sin da allora si è trattato di una lotta ai vertici della cupola mafiosa che governa le persone e chiunque prevalga alla fine non equivale alla “salvezza” della popolazione in generale. Nella migliore delle ipotesi si tratta di una qualità di vita lievemente migliore. La maggior parte delle persone cadrà vittima della divisione tra presunti buoni e cattivi, schierandosi con i primi. Non esistono né i primi, né i secondi; esistono solo opportunità per la gente comune di trarre vantaggio da lotte al vertice come questa, se non altro per non finire schiacciata come formiche da giganti che si prendono a randellate sulla testa. Schierarsi significa perire.

Cos'è successo nel novembre del 2016 poi? Donald Trump è stato eletto e non doveva accadere. Queste due cose hanno richiesto una revisione dei piani in corsa, dato che il tabellone di gioco non era più quello che si credeva dovesse essere. Inutile dire che l'errore è spesso il figlio dell'improvvisazione.

E qui facciamo un passo indietro introducendo nell'analisi la componente economica. Partiamo dal LIBOR.


LIBOR ED EURODOLLARI

Questo è un tema ancora oscuro per la maggior parte delle persone. Addirittura c'è chi crede erroneamente che l'eurodollaro sia il tasso di cambio tra euro e dollaro. Prima del mio ultimo libro, Il Grande Default, c'era scarsa narrativa in italiano a riguardo; dopo di esso, però, non ci sono scusanti. Il background storico di questo mercato l'ho dato in una recente serie che potete recuperare qui, quindi adesso mi limiterò ad affermare che gli eurodollari sono essenzialmente dollari offshore detenuti da banche estere. Come accaduto con l'oro, possedere una cosa passivamente non è redditizio quindi nel corso del tempo si sono studiati modi per rendere queste riserve “attive”. Il problema con i prestiti, ovviamente, era che non esisteva un tasso d'interesse di riferimento in grado di determinare l'ammontare che poteva essere richiesto all'atto di elargizione del credito. Non esistendo un tasso di riferimento che coordinasse il sistema bancario mondiale, permettendo alle singole banche in una nazione di prestare dollari a un'altra di un'altra nazione, emerse una necessità che non tardò a essere soddisfatta.

Così come venne creato il gold fix a Londra per intermediare a livello internazionale i contratti sintetici legati al metallo giallo, nel 1968 una banca greca fece sapere che avrebbe prestato le sue riserve in dollari a un tasso d'interesse tra il 4.5% e il 5%. Il precedente crea il caso e nel 1984 la storia arrivò a mostrare 18 banche della City di Londra che, alla fine della giornata, si riunivano in teleconferenza per determinare il prezzo a cui sarebbero stati concessi i prestiti in dollari tra di esse. A cascata questo avrebbe permesso di adottare un tale riferimento per mutui, titoli garantiti da ipoteca, ecc. Nel mondo di oggi, dove i computer imperversano e le comunicazioni digitali sono più veloci, sarebbe stato meno macchinoso il processo, allora, invece, ci si doveva accontentare di un “giro di telefonate”. E fu così che il LIBOR (London Interbank Offered Rate) sarebbe stato preso come modello mondiale per i dollari circolanti all'estero.

L'anno successivo, il 1985, gli Accordi del Plaza resetteranno le valute fiat dopo lo scisma dall'oro del 1971 e le collegarono alla determinazione del LIBOR. Per allora il sottobosco dei prestiti in dollari al di fuori degli Stati Uniti era andato già fuori controllo e fu esattamente ciò che portò alla crisi economica degli anni '70, la quale non fu risolta da Volcker ma dall'introduzione del LIBOR. La Francia di De Gaulle diede solo una spintarella al sistema finché venisse riformato lungo questi binari e il mio sospetto è che ci fosse un accordo sottobanco con gli inglesi per premere sull'acceleratore: nonostante l'odio tra i due Paesi, esso fu scavalcato dal desiderio di ottenere pasti gratis tramite finanziamenti in dollari offshore a riserva frazionaria e la possibilità di riconquistare la colonia sfuggita al loro controllo. Ricordiamoci che la Francia lavorò insieme all'Inghilterra per fomentare la guerra civile americana.

Il LIBOR, quindi, divenne il tasso d'interesse a cui sarebbero stati indicizzati tutti i debiti mondiali denominati in dollari, inclusi anche quelli negli Stati Uniti. Per esempio, quando una banca doveva impostare l'interesse da far pagare a un qualsiasi mutuatario, gli chiedeva il tasso del LIBOR + n (dove n era un qualsiasi numero che permetteva all'istituto di credito di guadagnare dal prestito). Lo stesso accadeva con le carte di credito. Quando si prendevano questi due fatti insieme, ovvero il LIBOR che indicizzava tutti i debiti del mondo e il mercato dei dollari offshore che era di ordini di grandezza più grande di quello interno, la Federal Reserve non era affatto l'istituto che determinava la politica monetaria americana.

Facciamo un altro passo avanti adesso. L'economia degli Stati Uniti è di gran lunga la più forte del mondo, dato che può mandare dollari fuori e far entrare beni (Dilemma di Triffin), di conseguenza può permettersi un costo del capitale più alto rispetto al resto del mondo. I mercati esteri, nonostante le loro riserve in dollari, sono molto più suscettibili a una variazione del tasso di riferimento americano (Federal fund rate). Per dirla in altro modo, l'economia americana è più dinamica e capace di assorbire un costo del capitale più elevato per la fabbricazione dello stesso prodotto che potrebbe essere fabbricato in Vietnam. Se, ad esempio, uno volesse costruire una casa in Vietnam ciò sarebbe accessibile a un tasso Fed Fund del 3%; se uno volesse fare la stessa cosa negli USA, ciò sarebbe ancora accessibile al 5,5%. Perché? Perché l'economia statunitense è migliore, più profittevole e più efficiente. Gli americani sono in grado di usare il capitale a loro disposizione in modo più efficiente rispetto ai vietnamiti. Questo è un vantaggio non indifferente quando, ad esempio, la FED, facendo ricorso al suo keynesismo, afferma di dover “rialzare” i tassi d'interesse per “raffreddare” la creazione di credito nell'economia.

Gli Austriaci hanno sempre avuto ragione a criticare la FED perché capitolava “troppo in fretta” nel suo ciclo di rialzo dei tassi e tornava a tagliarli. Con le informazioni che avete a disposizione adesso e la mia ricerca in tal direzione, cari lettori, adesso sapete il perché: non perché la FED fosse stupida o incapace, bensì a causa del LIBOR. Per 40 anni questa giostra ha continuato a girare: la FED vedeva “surriscaldarsi” l'economia americana a causa di un'enorme espansione dei mercati dell'eurodollaro, quei dollari tornavano in patria, svalutavano il biglietto verde ed essa rialzava i tassi d'interesse. Ma qui arrivavano i guai: il Vietnam, come nell'esempio precedente, non poteva gestire tassi d'interesse al 7%, solo al 3%, e i debiti iniziavano ad “andare a male”. Il LIBOR, di conseguenza, esplodeva al rialzo ben al di sopra del Fed fund rate americano, dato che c'era un fuggi-fuggi per accaparrarsi il denaro con cui servire il debito. In particolare esplodevano i tassi sul front-end della curva del LIBOR (la domanda di dollari era più impellente nel breve termine ovviamente) e, superando quelli sul back-end, essi segnalavano inversione e quindi pericolo di recessione.

Le economie meno efficienti, quindi, affrontavano lo spauracchio dell'inadempienza, cosa che accadde, ad esempio, con Long-Term Capital Management quando andò in default a causa della crisi che dapprima scoppiò in Thailandia e poi si diffuse in Russia. La leva finanziaria, infatti, è un'arma a doppio taglio; può dare soddisfazioni, ma piramidarci sopra progetti a lungo termine significa esporsi a un volo da un burrone assicurato. Il LIBOR e la riserva frazionaria nel mercato degli eurodollari alimentavano la sconsideratezza e l'azzardo morale perché si supponeva che sarebbe stato un sistema sempre a disposizione del resto del mondo. Certo, ci sarebbero stati agnelli sacrificali qua e là ogni tanto (es. crisi argentina, crisi asiatica, bolla dotcom, LTCM, ecc.), però poi si sarebbe acceduto alla stessa fonte che aveva causato la crisi per inondare la stessa di dollari e prenotarsi per il giro di giostra successivo.

Il meccanismo era sempre lo stesso: necessità di dollari, prestiti nei mercati pronti contro termine per raccattare qualsiasi finanziamento rapido possibile, esplosione al rialzo del LIBOR. Ma cosa succedeva negli Stati Uniti? Esplodevano al rialzo anche i tassi variabili dei mutui, ma non dell'ammontare equivalente al rialzo dei Fud fund (diciamo da 2% al 5%) bensì di quello del LIBOR (diciamo dal 2% al 9%). D'improvviso le carte di credito passavano da tassi al 12% a tassi al 21%, ad esempio, e così anche per i tassi per i prestiti automobilistici, i mutui immobiliari, il credito revolving, ecc. Cosa succedeva all'economia americana quindi? Iniziava a rallentare ben prima che gli investimenti improduttivi del precedente ciclo potessero essere eliminati, come recita correttamente la teoria Austriaca del ciclo economico, e la FED era costretta a tagliare i tassi ben prima che tale processo potesse concludersi efficacemente. In sintesi, era la City di Londra a controllare l'economia e il sistema bancario americani.

Mentre la stampa generalista veicolava l'idea che la FED fosse gestita da incompetenti, gli Austriaci fungevano da cassa di risonanza e amplificavano il messaggio fraudolento: “End the FED”! Obiettivo legittimo, ma perché non “End the BOE” la fonte primaria di tutti i mali economici? A causa del loro ego: il (presunto) riconoscimento a livello mainstream li ha accecati e ha gonfiato il loro orgoglio, facendoli trincerare nella teoria e abiurando la pratica di ciò accade nella realtà. La teoria è valida, e anche una guida per obiettivi di lungo termine, ma nel frattempo viviamo il presente e i fatti che lo costellano non andranno via chiudendo semplicemente gli occhi di fronte a essi.

Nel 2022, però, tutto questo è cambiato. Per capirlo, riprendiamo la storia dove l'avevamo lasciata quando Trump è stato eletto presidente nel 2017. La prima cosa che fa è nominare un nuovo presidente alla Federal Rserve: Jerome Powell. Janet Yellen stava per lasciare la carica e si rifiutava di rialzare i tassi quando ce n'era bisogno, Wall Street quindi consegna nelle mani di Trump il nome di Powell. Sì, Wall Street, perché non dimentichiamoci delle fazioni di cui abbiamo parlato all'inizio di questo saggio: una di queste negli USA è quella facente riferimento ai cosiddetti New York Boys, ovvero quel gruppo di pressione rappresentato dal sistema bancario commerciale americano la cui capillarizzazione sul territorio è ben radicata. Powell è stato per anni un membro del FOMC e uno di quelli che, sin dall'epoca Bernanke, è stato un fermo sostenitore della necessità di rialzare i tassi e fermo critico dell'obiettivo d'inflazione al 2%. Come seconda mossa, Trump sposta John Williams dalla FED di Atlanta alla FED di New York. Per chi non avesse contezza di come è strutturata la Federal Reserve, esiste la sede principale a Washington DC e poi le 12 Federal Reserve regionali. Quella di Atlanta non ha tanto potere, quella di New York invece organizza l'overnight repo desk (mercato dei prestiti rapidi, linee di swap in dollari, ecc.) e le altre strutture della branca principale.

Perché è importante Williams nella nostra storia? Perché è l'architetto del SOFR (Security Overnight Financing Rate), un tasso interbancario tra la Federal Reserve e le banche americane che comprano dollari nel mercato pronti contro termine americano. Quel che è importante assimilare è che la domanda di denaro nel breve termine viene gestita egregiamente e lo scompenso tra domanda/offerta di denaro viene gestito esclusivamente dal mercato pronti contro termine americano. Se, ad esempio, una banca deve pagare dividendi o stipendi domani, ma ha solo titoli del Tesoro americani e poca liquidità dato che avrebbe ricevuto una grossa somma due settimane dopo, essa può rivolgersi a una sua controparte e farsi prestare dollari ponendo come garanzia i titoli a sua disposizione. Il contratto pronti contro termine è il privilegio di usare dollari di altri, o liquidità di altri, per un breve lasso di tempo in cambio di un interesse pattuito tra le parti.

Quindi il SOFR è una tasso a cui vengono indicizzati i debiti interni degli Stati Uniti e nel momento in cui gli americani richiederanno un finanziamento o un mutuo verrà caricato loro come interesse SOFR + n, non più LIBOR + n. Ma ecco il punto: il SOFR non è dipendente dall'opinione di 18 banche nella City di Londra. Se in passato l'impostazione del LIBOR per i dollari offshore influenzava pesantemente i mercati americani, e quindi le condizioni economiche estere, soprattutto quelle di Europa e Inghilterra, influenzavano pesantemente i mercati americani, ora questi ultimi rispondono esclusivamente alle condizioni economiche interne tramite il SOFR. Sono le differenze più piccole a fare la vera differenza: ora i mercati del dollaro interni controllano il prezzo del dollaro a livello internazionale. Questo mi porta a concludere che gli USA hanno dichiarato la loro, vera e propria, indipendenza dall'Europa quando Powell è diventato presidente della Federal Reserve e John Williams ha avviato i lavori per implementare il SOFR al posto del LIBOR. A fronte di un periodo di test della durata di 4 anni, sarebbe diventato attivo il primo gennaio 2022.

Si capisce che Powell è un alfiere dei NY Boys, la fazione opposta a quella della cricca di Davos/inglese/olandese, quando nel 2021 l'amministrazione Biden ritarda/ostacola la sua rielezione a presidente per oltre 6 mesi e lui stesso viene accusato di insider trading. Quest'ultimo era un tentativo raffazzonato dell'UE di contrastare la stretta monetaria ombra della Federal Reserve che stava iniziando a prosciugare il mercato degli eurodollari: a giugno di quell'anno Powell aveva rialzato di 5 punti base il reverse repo facility della FED. L'obiettivo quindi era quello di liberarsi di Powell, visto che dal lato politico/fiscale l'amministrazione Biden era corrotta, e riguadagnare il controllo anche sulla politica monetaria insediando la Brainard. Infatti fu quest'ultima che fece trapelare ad Axios e Politico i trading sull'indice S&P 500 che apparentemente incriminavano la condotta di Powell e Clarida. Saltò fuori poi che addirittura tali trade passavano sotto la sua firma... a dir poco imbarazzante. La presidenza della FED fu promessa alla Brainard da Obama. L'attacco riuscì ad affondare tre dei membri più fedeli a Powell nell'FOMC (Clarida, Rosengren e Kaplan), ma non lui stesso. Alla fine, come ci si poteva aspettare, tutto si risolse in una bolla di sapone. Ciononostante l'FOMC dovette affrontare lo stesso l'attacco sferrato dalla cricca di Davos per mezzo dell'amministrazione Biden, e lo fece dichiarando Powell presidente fino a riconferma o scelta di un sostituto. Questa indecisione, riconferma o no, è durata 4 mesi, tempo in cui l'amministrazione Biden smosse mari e monti per impedire la continuazione di Powell a guida della FED... fino a quando il Senato non lo riconfermò (non sarebbe potuto passare nessun altro).

La prima cosa che fece una volta riconfermato fu rialzare i tassi a marzo 2022. Voleva farlo già a Jackson Hole l'anno precedente ma non poteva, dato che vennero votati il Build Back Better e l'Infrastructure Bill i quali avevano lo scopo di incatenare le mani della FED con $8.000 miliardi in nuova spesa da monetizzare; col favore del SOFR, entrato ufficialmente in vigore il primo gennaio 2022, il suo compito fu semplificato. Nell'esatto momento in cui Powell ha spinto sull'acceleratore nel drenaggio del mercato degli eurodollari, tutti i profeti di sventura sono stati smentiti... per loro anche solo l'arrivo all'1% avrebbe significato recessione automatica. Non avevano idea di cosa fosse stato architettato dai NY Boys per salvare i loro interessi: infatti i rialzi sono andati avanti, addirittura nel bel mezzo di una crisi bancaria quando nel 2023 sono saltate in aria 3 banche del circuito FED di San Francisco! Ulteriore conferma, questa, che la tesi finora descritta qui riguardo il LIBOR è corretta e che la FED, come pronosticato dal sottoscritto, poteva addirittura arrivare al 6% coi Fed Fund e non sarebbe stata scatenata alcuna recessione. In soli 4 mesi la FED è riuscita a drenare da M0 mondiale $2.000 miliardi!

E questo senza che il mercato dei titoli di stato americani diventasse bidless, come invece accaduto nel marzo 2020. All'epoca il SOFR era ancora in fase di test e praticamente illiquido, quindi un qualsiasi attacco nei suoi confronti sarebbe stato vittorioso. E così fu. Powell fu ricattato costretto a tornare a zero coi tassi di riferimento e inondare i mercati, interni ed esteri, di liquidità in dollari a basso costo.


CONCLUSIONE

Gli esseri umani hanno le stesse pulsioni ataviche alla fin fine: vivere al massimo col minimo sforzo quando si presenta l'opportunità. Ciò non è diverso quando si parla di fazioni e famiglie al vertice della piramide sociale. Anzi, vale ancora di più. I contribuenti sono il collaterale col quale avanzare le proprie richiesta al tavolo delle decisioni, ma potere e ricchezze nascono dalle spoglie dei pari che riescono a sottomettere. Gli inglesi, la City di Londra, s'è dimostrato l'Impero più longevo e influente nel corso della storia, usando come proxy gli Stati Uniti la cui indipendenza non è stata una realtà sino al 2022 quando è entrato in vigore il SOFR e il LIBOR, insieme all'influenza finanziaria proveniente da Londra, è stato sostituito. Infatti gli stessi USA sono stati vittime del sovvertimento dall'interno che ha caratterizzato da sempre il modus operandi degli inglesi:

  1. Ottenere l'accesso alle risorse naturali come garanzia;
  2. Trasformare tale garanzia in un asset 20 volte superiore attraverso la finanziarizzazione;
  3. Aumentare il valore degli asset e creare una crisi economica;
  4. Ottenere un salvataggio diventando troppo grandi per fallire, a livello sistemico;
  5. Impoverire e indebitare quattro generazioni di cittadini per ripagare un salvataggio che è 3-5 volte superiore al valore degli asset finanziarizzati.

Un caso eclatante di come scorrono i fiumi di dollari offshore e come si perda la loro traccia (leverage) nel momento in cui passano tramite il sistema bancario ombra, è la biblioteca di Obama di recente costruzione. È così che l'eurodollaro ha funzionato per decenni ed è così che Bruxelles e City di Londra si sono sostenuti a scapito degli USA. I soldi dei contribuenti americani venivano sottoposti a leva e gonfiati tramite l'eurodollaro. I finanziamenti alle ONG erano pressoché infiniti. La “golden power” e la Guarda nazionale applicati adesso da Trump sono propedeutici alla guerra contro la cricca di Davos. È così che ad esempio Putin ha messo in riga gli oligarchi e scacciato l'influenza delle ONG. La stessa cosa ha fatto la Georgia. La stessa cosa non ha potuto farla l'Ucraina dato che la politica estera degli USA, nel 2022, era ancora appaltata a Londra e Bruxelles. L'ascendente di Washington su Tbilisi, ad esempio, era una propaggine dell'impero inglese. Ecco perché i disordini recenti nella nazione sfoggiando bandiere europee e sfilate di politici europei. Con il prosciugamento del mercato degli eurodollari e la riorganizzazione di Washington lontano dalle influenze geopolitiche estere, nonché la pulizia di quelle aree nel mondo in cui gli inglesi avevano ascendente, viene smantellata una piovra sotterranea vecchia di decenni.

White House releases names funding Antifa, protests and violence in America

We paid for our own protests with over $100 million laundered by Democrats

"We found a network of NGOs”

- George Soros, the Open Society Network
- Arabella Funding Network
- The Tides FIShing Network
-… pic.twitter.com/93FZsh9qnv

— Wall Street Apes (@WallStreetApes) October 8, 2025

Inizia a bussare al proverbiale “dominio pubblico” la selva di ONG che nel corso del tempo ha funzionato da veicolo di riciclaggio di denaro nel sottobosco finanziario e finanziamento occulto di intere nazioni (principalmente UE e UK). Smantellare questa piovra tentacolare, che aveva come nutrimento il mercato degli eurodollari controllato a Londra e come cinghia di trasmissione il settore bancario ombra americano abilitato da traditori nel Congresso che hanno approvato leggi criminali come la Dodd-Frank, sarà arduo ma il processo sta andando avanti piuttosto bene. Per chi ha letto il mio libro, Il Grande Default, tutto questo non è niente di nuovo.


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Bitcoin affronta il suo 1913

Gio, 23/10/2025 - 10:08

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Kane McGukin

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/bitcoin-affronta-il-suo-1913)

La battaglia tra Bitcoin Core e Bitcoin Knots è un attacco alla sua rete, una lotta non diversa da quella per l'istituzione della Federal Reserve nel 1913.

Il Novecento, come accade anche oggi, iniziò con i banchieri in guerra per le regole che governavano il denaro. Due fazioni in competizione, il Piano Aldrich e il Piano Glass-Owen, lanciarono un attacco alla moneta sana/onesta perché alcune persone cercavano più potere e le nazioni chiedevano più controllo.

L'oro, come Bitcoin, è denaro per via delle sue origini fondamentali. Eppure, l'idea sbagliata, allora come oggi, è che la sopravvivenza richieda maggiore complessità.

La storia dimostra quanto possano essere fragili le convinzioni. Un'offerta di un posto al tavolo delle trattative è sufficiente a trasformare coloro che un tempo erano ferventi difensori del denaro sano/onesto in sostenitori del credito e del debito illimitato. I primi sostenitori dell'oro come Keynes negli anni '20 e Greenspan negli anni '80 si sono dimostrati incapaci di ignorare l'attrazione emotiva della notorietà, della valuta fiat e del controllo. Ogni volta si reintroducono tattiche inflazionistiche che corrodono i principi e il valore del denaro.

Spesso progetti furbi e piani corrotti si sono rivelati troppo grandi affinché il singolo essere umano potesse emanciparsene.


Mai un momento di noia

Non c'è mai un momento di noia in Bitcoin o nel mondo della finanza.

L'ultima divisione all'interno della comunità Bitcoin potrebbe sembrare l'ennesima diatriba su tecnicismi, ma indica qualcosa di più profondo? Sebbene sembri esserci un bisogno infinito di avere qualcosa di tecnico su cui discutere, sotto i commit di GitHub e i dibattiti nelle mailing list si nasconde un fantasma del passato: la lotta ideologica che ha dato vita alla Federal Reserve.

La creazione della FED è stata inquadrata nei termini della decentralizzazione e della rappresentanza regionale.

Ciononostante le sue fondamenta si basavano su due forze: filtri e controllo (qui e qui). Dietro le quinte i veri motori del 1913 erano gli stessi di oggi: desiderio di potere, profitto e capacità di produrre moneta partendo da una base con un sottostante reale. Un Bitcoin sintetico, se vogliamo.

Fonte: The Princes of Yen di Richard Werner

Chiedete a qualsiasi massimalista di Bitcoin cosa disprezza di più e le risposte più probabili saranno: la Federal Reserve, o l'innegabile svalutazione del dollaro.

Ecco cosa rende l'attuale scontro tra Bitcoin Core & Knots così affascinante: non si tratta solo di una guerra civile tra nerd all'interno dello sviluppo di Bitcoin. Osservato attraverso la lente della storia monetaria, i parallelismi emergono con chiarezza. Un promemoria del fatto che solo poco più di 100 anni fa si tracciarono i confini e si decise da che parte schierarsi tra due visioni contrastanti per un nuovo sistema finanziario: il Piano Aldrich (centralizzazione delle grandi banche e delle aziende) e il Piano Glass-Owen (ideologia populista e individualista). Col senno di poi, entrambi promuovevano la decentralizzazione solo di facciata.

Entrambi sostenevano di voler difendere il denaro sano/onesto, entrambi i piani avrebbero portato inevitabilmente alla centralizzazione dell'oro, il “denaro sano/onesto” originale.

Espandendo la dimensione di OP_RETURN (inflazione del protocollo), non stiamo forse reintroducendo la degradazione sradicata da Satoshi?

Offrendo un client Bitcoin più centralizzato, non stiamo forse centralizzando la fiducia?

Entrambe le opzioni non stanno forse seguendo un percorso simile, ovvero quello della “Federal Reserve”?

Indipendentemente da quale sia la vostra posizione, la domanda che dovremmo porci è: anche Bitcoin nasconderà la centralizzazione nel linguaggio della decentralizzazione?


Bitcoin è un asset che si fonda sui principi

Come ricordato sopra, nel 1913 una simile situazione di stallo nel settore bancario portò all'approvazione del Federal Reserve Act alla vigilia delle vacanze di Natale. Andare avanti a tutti i costi non era la risposta giusta. La storia ci ricorda che solo perché si può, non significa che si dovrebbe.

I dibattiti accesi tendono a consolidarsi in una mentalità “noi contro loro”, in cui l'emotività prevale sui principi. Il più delle volte la soluzione definitiva non ha risolto le controversie, ma ha aperto la strada al controllo politico e centralizzato del denaro.

«Le mucche intelligenti mostrano alle altre mucche come aggirare gli ostacoli. Sapete, come se aprissero un cancello. Quindi, sapete, è sempre stato così. Si potrebbero sempre aggirare queste cose, ma non credo saremmo d'accordo che se aggirassimo la commissione sul dust relay inizieremmo a vedere un'enorme quantità di dust intasare la rete.»

~ Samson Mow

Nel mondo bancario poliziotti e ladri sono sempre esistiti. Cumuli di asset e valore monetario hanno sempre allettato l'idea di una rapina in banca. Bitcoin e il denaro digitale non fanno eccezione. La fonte di archiviazione è cambiata, ma la mentalità rimane la stessa. È un promemoria di come si integra un piano della Banca Centrale Europea all'interno di un sistema finanziario americano. Dividi et impera.

«Se guardate agli ordinal, quello è un esempio. Sono un po' come una ICO, ma con le immagini. Sapete, vendono questi PFP, o qualsiasi altra immagine di maghi e gatti, e poi scatenano guerra, ma non gli importa. Possono semplicemente stampare più roba.»

~ Samson Mow

Che si tratti di stampare denaro tramite la FED, le ICO, i DAT, o le Bitcoin Treasury Companies, la mano invisibile è la riserva frazionaria.

Inoltre ciò che Samson descrive con ordinal e compressione delle commissioni fa rima con la storia. Modificare il costo di elaborazione di una transazione a $0,01 sat/vbytes comporterà conseguenze indesiderate a un certo punto. Proprio come il “trading a basso costo” ha alimentato speculazioni sconsiderate ad alta frequenza sui titoli azionari intorno al 2008. Blockspace a basso costo e incentivi a zero commissioni rischiano di ripetere lo stesso ciclo e diluire il valore della rete Bitcoin.

Ridurre gli attriti può sembrare un'innovazione, ma la storia dimostra che di solito finisce con la centralizzazione e la fragilità sistemica.

Le commissioni basse, in sostanza, eliminano la sicurezza di un fossato finanziario.


La tentazione e il richiamo dell'avidità

Al culmine della crisi del 1914, a John Maynard Keynes fu chiesto di informare il Cancelliere dello Scacchiere sull'opportunità di mantenere la sterlina legata all'oro. Keynes sostenne con enfasi che doveva farlo:

«[...] lui (Keynes) si era schierato con fermezza a favore del mantenimento del legame: “La posizione di Londra come centro monetario dipende dalla completa fiducia nella sua incrollabile disponibilità” a soddisfare i propri obblighi in oro e sarebbe stata gravemente danneggiata se “al primo segno di emergenza tale impegno fosse stato sospeso”.

[...] Ma mentre prima della guerra aveva pensato che il modo migliore per raggiungere questo obiettivo fosse garantire che valute come la sterlina fossero completamente convertibili in oro a un valore fisso, ora era giunto a credere che non ci fosse motivo per cui collegare l'offerta di moneta e il credito all'oro dovesse necessariamente comportare prezzi stabili.»

~ Lords of Finance

Se gli esempi di John Maynard Keynes e Alan Greenspan, insieme al parallelo tra il 1913 e l'attuale divario in Bitcoin, rivelano che le pressioni inflazionistiche, sebbene spesso nascoste, sono sempre presenti. La storia della moneta è una lunga serie di individui che alla fine si sono piegati all'erosione dei sistemi di valori.

Le loro parole difendevano i mercati e la moneta sana/onesta, ma le loro azioni si basavano sul controllo centralizzato.

Lo scontro tra Bitcoin Core & Knots sembra lo stesso che guidò Keynes e Greenspan e che definì i piani di Aldrich e Glass-Owen. È la stessa tentazione che si ripresenta oggi con Bitcoin.

Fonte: The Princes of Yen di Richard Werner

Ciò che è chiaro è questo: è facile elogiare la moneta sana/onesta in teoria, ma è molto più difficile difenderla una volta che la “gente in vista” vi offre un posto al tavolo delle decisioni.

Fonte: The Princes of Yen di Richard Werner

Il fascino dell'accettazione e la ricerca del rendimento sono droghe potenti. Entrambe hanno il potere di trasformare un appassionato d'oro in un drogato di credito senza lasciare traccia.


La lezione è semplice: è difficile vivere

I principi fondamentali non sono negoziabili. Sono come i colori primari nell'arte: toglietene uno e le fondamenta strutturali di ogni innovazione futura crollano. Offuscate la tavolozza con troppi colori e il valore fondamentale viene soffocato da un eccesso di abbondanza. Troppe funzionalità e ci si ritrova con i problemi che ha Ethereum. Infinite svolte a sinistra mascherate da innovazione, quando la missione potrebbe essere raggiunta con poche e semplici svolte a destra.

L'importante ruolo dell'oro come moneta sana/onesta è stato messo da parte, non perché abbia fallito, ma perché gli esseri umani non sono riusciti a resistere. Bitcoin si trova oggi ad affrontare la stessa prova.

Se Bitcoin Core & Bitcoin Knots, ordinal, o giochi sulle commissioni erodono i principi di Bitcoin, allora il fantasma del 1913 vincerà di nuovo, solo che questa volta in forma digitale. In un mondo futuro, il credito in Bitcoin sarà di gran moda.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Come la partecipazione del governo statunitense in Intel influenzerà la corsa tecnologica con la Cina

Mer, 22/10/2025 - 10:04

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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da The Epoch Times

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/come-la-partecipazione-del-governo)

La decisione del governo federale di acquisire una quota del 10% – diventandone il maggiore azionista – nell'azienda di chip Intel ad agosto ha suscitato qualche perplessità tra investitori e osservatori. Intel, con sede in California, un tempo leader nella produzione di microchip, ha faticato per anni a tenere il passo con i suoi concorrenti in un settore fondamentale per garantire il continuo predominio tecnologico e militare degli Stati Uniti.

Anche se la proprietà del governo federale è passiva, ovvero senza diritto di voto, avrà comunque una certa influenza sulla società.

Alcuni hanno ipotizzato che l'accordo equivalga a un'ingerenza statale nel settore privato, o addirittura segnali che il Paese si sta allontanando dal libero mercato e si sta orientando verso il capitalismo di stato.

I funzionari dell'amministrazione Trump hanno respinto le descrizioni che paragonano la mossa al socialismo, affermando che l'accordo rafforzerà la leadership degli Stati Uniti nel settore dei semiconduttori.

L'accordo rientra in una tendenza più ampia: Washington che intensifica i suoi sforzi per vincere la corsa tecnologica tra Stati Uniti e Cina, hanno dichiarato gli esperti a The Epoch Times.

Sebbene fossero divisi su come caratterizzare questa tendenza (capitalismo di stato o altro), gli esperti concordano sul fatto che si tratta di una mossa necessaria per competere con un'economia diretta da un regime che non rispetta le regole commerciali stabilite.

Washington non può vincere la corsa alla tecnologia limitandosi a controllare l'accesso di Pechino alle tecnologie avanzate statunitensi, affermano gli stessi esperti; deve anche esercitare pressione sul modello economico cinese.

Per anni il regime cinese ha inondato il mercato mondiale di prodotti a basso costo, mantenendo una capacità produttiva eccessiva. Questo, a sua volta, ha generato profitti per lo sviluppo tecnologico.

Mentre la Cina continua a fare affidamento su tecnologie rubate e finanziamenti attraverso le esportazioni, gli Stati Uniti hanno una breve finestra di opportunità per fare un passo avanti nella corsa alla tecnologia, affermano gli esperti.


Il valore strategico di Intel

In base all'accordo, il Dipartimento del Commercio converte la sovvenzione di $11,1 miliardi concessa a Intel ai sensi del CHIPS and Science Act del 2022 in azioni senza diritto di voto. Inoltre, entro cinque anni, il governo degli Stati Uniti avrà il diritto di acquisire un'ulteriore quota del 5% se l'azienda deciderà di ridurre la propria di quota al di sotto del 51%. Questa è la cosiddetta “clausola fonderia”.

Il governo federale ha già acquisito la proprietà di aziende private in passato. Tuttavia ciò è avvenuto in genere durante situazioni di emergenza, come la crisi finanziaria del 2008 o la pandemia di COVID-19.

Gli attuali problemi di Intel non sono dovuti alle condizioni generali del mercato, ma a cattive decisioni di gestione.

L'amministratore delegato di Intel, Pat Gelsinger, tiene in mano il chip di intelligenza artificiale “Gaudi 3” mentre parla al 54° incontro annuale del Semafor 2024 World Economy Summit a Washington, il 17 aprile 2024.

Intel ha perso l'opportunità di entrare nel mercato dei chip per dispositivi mobili puntando sui chip per personal computer, ed è arrivata in ritardo nel mercato dei chip per l'intelligenza artificiale (IA) avanzata. Di conseguenza a luglio l'azienda ha annunciato che avrebbe tagliato la sua forza lavoro di 24.000 unità entro la fine dell'anno, pari al 25% della sua base di dipendenti principali, e ha fatto registrare oneri di ristrutturazione da $2 miliardi, i quali hanno portato a una perdita di $3 miliardi nel secondo trimestre.

James Lewis, ex-diplomatico specializzato in tecnologia e illustre ricercatore presso il Center for European Policy Analysis, definisce il nuovo approccio di Washington “capitalismo di Stato”.

Intel non riceve nuovi finanziamenti, ha dichiarato a The Epoch Times, e acquisire una quota in esso senza un posto nel consiglio di amministrazione non aiuta a risolvere i problemi dell'azienda.

William Lee, economista capo del Milken Institute, ha tuttavia affermato che secondo lui è troppo presto per concludere che si tratti di capitalismo di stato, perché Intel è un caso unico e la proprietà governativa è passiva.

Lee descrive l'approccio come una “strategia di difesa nazionale che include risorse economiche”.

“L'attacco della Cina agli Stati Uniti sarà molto probabilmente di natura informatica, software e tecnologica”, ha dichiarato a The Epoch Times Lee, il quale dirige anche la società di consulenza Global Economic Advisors. “Ecco perché vogliamo avere una nostra industria tecnologica, perché è questo che sarà il campo di battaglia”.

Il Segretario al Tesoro Scott Bessent, in un'intervista del 27 agosto a Fox Business, ha affermato che il fatto che la stragrande maggioranza dei chip avanzati del mondo venga prodotta a Taiwan rappresenta un “rischio nazionale come non si vedeva dai tempi dell'embargo petrolifero arabo”. La crisi del 1973 causò gravi carenze energetiche negli Stati Uniti e innescò una recessione mondiale.

Dal punto di vista della sicurezza nazionale, Intel ha un valore unico perché è l'unica azienda americana a gestire la progettazione e la produzione di chip avanzati sotto lo stesso tetto.

La catena di approvvigionamento dei chip si compone di tre componenti principali: progettazione, produzione dei wafer, test e confezionamento. A differenza di Nvidia e AMD, che dipendono fortemente da Taiwan per la produzione dei chip, Intel possiede tutte le fasi e gestisce stabilimenti negli Stati Uniti. Dispone inoltre di siti di test e assemblaggio in Cina, Malesia e Vietnam.

La mossa di Washington è “preventiva” nell'utilizzare il capitale statale per impedire che il talento e la tecnologia di un'azienda high-tech vengano trasferiti in altri Paesi, ha dichiarato a The Epoch Times Ethan Tu, fondatore di Taiwan AI Labs con sede a Taipei e veterano nel campo dell'intelligenza artificiale.

Un membro dello staff lavora presso la fabbrica di assemblaggio e collaudo Intel a Chengdu, nella provincia del Sichuan, in Cina, il 24 agosto 2005. Intel possiede tutti i componenti della catena di fornitura dei chip con stabilimenti negli Stati Uniti, ma possiede anche siti di collaudo e assemblaggio in Cina, Malesia e Vietnam.

Tu ha affermato che l'azienda ospita ancora tecnologie chiave che alimentano le unità di elaborazione centrale, ovvero i cervelli, dei sistemi elettronici.

Allo stesso modo Lee vede il valore di Intel per il governo degli Stati Uniti come una “riserva di emergenza” o una “capacità di emergenza” dell'America. Nel caso in cui gli Stati Uniti perdessero l'accesso ai prodotti della Taiwan Semiconductor Manufacturing Company Limited, Intel potrebbe fungere da fonte alternativa di talenti e produzione, ha affermato.


Un'offerta unica

L'11 agosto, pochi giorni dopo che il presidente Donald Trump aveva chiesto le dimissioni dell'amministratore delegato di Intel, Lip-Bu Tan, per presunti legami con la Cina, i due si sono incontrati alla Casa Bianca. Hanno iniziato a circolare voci sull'acquisizione di una partecipazione azionaria da parte del governo statunitense nell'azienda; l'accordo è stato annunciato ufficialmente il 22 agosto.

Lo stesso giorno Trump ha dichiarato di aver discusso dell'idea di una quota del 10% con Tan durante il loro incontro.

“È arrivato volendo mantenere il suo posto di lavoro e ha finito per darci $10 miliardi per gli Stati Uniti”, ha detto Trump. “Così abbiamo preso $10 miliardi e facciamo un sacco di affari del genere. Ne farò altri”.

Gli investitori hanno reagito all'accordo con Intel con cauto ottimismo e al tempo stesso con inquietudine.
Nei giorni precedenti l'annuncio ufficiale le azioni della società avevano mostrato uno slancio al rialzo; il giorno in cui i termini specifici sono stati resi pubblici, il 25 agosto, hanno subito un calo, per poi riprendersi in seguito.

Intel sembra essere un caso specifico, ma l'accordo continua a “spaventare a morte tutti”, secondo Andrew King, socio di Bastille Ventures. È anche presidente di Future Union, un gruppo di pressione che incoraggia il settore privato a disimpegnarsi da Paesi avversari come Cina e Russia.

Intel aveva bisogno di soldi e il governo ha fornito un'iniezione di capitale che altrimenti l'azienda non avrebbe potuto avere, ha affermato King.

Ha inoltre affermato che per Wall Street è ancora “inquietante” perché se il governo federale vuole acquisire una quota di un'altra azienda che non ha bisogno di soldi, un'azienda può dire “no”?

Il 25 agosto Trump ha dichiarato ai giornalisti di voler concludere altri accordi simili a quello di Intel. Il giorno successivo il Segretario al Commercio, Howard Lutnick, ha dichiarato alla CNBC che l'amministrazione stava valutando la possibilità di detenere azioni di appaltatori della difesa; Bessent ha poi dichiarato in un'intervista a Fox Business che l'amministrazione non è interessata ad acquisire partecipazioni in aziende che non necessitano di supporto finanziario.

L'amministratore delegato di Intel, Lip-Bu Tan, interviene alla conferenza annuale sulla tecnologia di produzione dell'azienda a San Jose, in California, il 29 aprile 2025. Il governo degli Stati Uniti detiene una quota del 10% in Intel.

I funzionari dell'amministrazione Trump hanno difeso l'accordo con Intel.

Il portavoce della Casa Bianca, Kush Desai, ha dichiarato a The Epoch Times che convertendo le sovvenzioni federali in una partecipazione azionaria, l'amministrazione stava “garantendo che i contribuenti potessero trarre vantaggio dagli investimenti del governo federale nella salvaguardia della sicurezza nazionale ed economica”.

Kevin Hassett, direttore del National Economic Council, ha affermato che l'accordo con Intel è stata una “circostanza molto, molto speciale a causa dell'enorme quantità di spesa prevista dal CHIPS Act che stava per arrivare a Intel” e che le azioni della società potrebbero essere incluse nel futuro Sovereign Wealth Fund.

Per ora King considera l'accordo un approccio interessante. La clausola sulla fonderia funge da “pillola avvelenata” per impedire a Intel di cedere la sua attività di produzione di chip, ha aggiunto.


Combattere le azioni sleali della Cina

L'accordo con Intel non è il primo caso in cui un governo acquisisce una partecipazione nel settore privato statunitense.

A luglio MP Materials, un'azienda con sede in Nevada e proprietaria dell'unica miniera di terre rare attiva negli Stati Uniti, ha annunciato un accordo in cui il Dipartimento della Difesa sarebbe diventato il suo maggiore azionista, con diritto di voto. Il Pentagono ha inoltre garantito un prezzo minimo per le terre rare di MP Materials e un profitto minimo per la sua nuova fabbrica di magneti.

L'accordo sulle terre rare non ha destato molte perplessità. Dato il quasi monopolio cinese nel settore, le aziende private statunitensi non avrebbero potuto avere un'attività redditizia senza un simile sostegno da parte del governo federale.

Nel corso dei negoziati commerciali in corso, i magneti sono emersi come una vulnerabilità chiave per gli Stati Uniti e altri Paesi occidentali. I loro intensi campi magnetici, indipendenti dalle fonti di energia, sono un elemento cruciale nella produzione moderna e negli armamenti avanzati.

Ad aprile la Cina ha vietato l'esportazione di tali magneti, causando rallentamenti e blocchi nelle linee di assemblaggio delle case automobilistiche statunitensi. Da allora Pechino ha accettato di concedere licenze di esportazione, ma le ha rallentate.

Il 25 agosto Trump ha minacciato di imporre dazi del 200% alla Cina se questa avesse nuovamente limitato le esportazioni di magneti in terre rare verso gli Stati Uniti.

Sia i chip avanzati che i magneti sono componenti essenziali per determinare la leadership tecnica.

Poiché la corsa alla tecnologia sarà un aspetto determinante della competizione di potere tra Stati Uniti e Cina, questo nuovo approccio, che prevede l'acquisizione da parte del governo statunitense di quote di partecipazione in aziende private in settori strategici, è probabile che si estenda a più aziende e settori, secondo l'esperto Alexander Liao.

La corsa tra Stati Uniti e Cina si trova attualmente in una fase critica, ha affermato. A suo avviso la Cina ha sostenuto il suo sviluppo tecnologico principalmente acquisendo tecnologia tramite furto e svendendo prodotti derivanti dalla sua sovraccapacità produttiva per generare profitti, puntellando così le sue politiche industriali.

I dazi sulle esportazioni cinesi hanno esercitato una pressione significativa sull'economia cinese, riducendone l'accesso al mercato estero. Oltre ai controlli sulle esportazioni, ciò ha comportato anche corpose sfide per il settore tecnico.

Le ruspe raccolgono terreno contenente terre rare da caricare su una nave per l'esportazione nel porto di Lianyungang, nella provincia di Jiangsu, in Cina, il 5 settembre 2010. La Cina detiene un quasi monopolio sul settore delle terre rare.

I ricercatori cinesi hanno scoperto che la guerra commerciale durante il primo mandato dell'amministrazione Trump ha avuto un impatto negativo sull'innovazione delle aziende tecnologiche cinesi, aumentandone i costi operativi. L'attuale amministrazione ha intensificato i suoi sforzi questa volta.

Liao ha affermato che se il settore tecnologico cinese riuscisse a mantenere il suo ritmo di sviluppo per altri cinque o dieci anni, il settore privato statunitense potrebbe non essere in grado di competere, nemmeno con il sostegno dello Zio Sam.

Lewis concorda sul fatto che la Cina “dipende dal furto di tecnologia tanto quanto lo faceva in passato”.

La Cina è già un Paese alla pari in molti settori tecnologici, ha affermato, nonostante i problemi legati alle “cattive decisioni di investimento” e alla “capacità di creare lo spazio politico per l’innovazione”.

Lewis ha affermato di credere che Trump abbia individuato correttamente i problemi derivanti da Pechino, ma che non abbia risposto con le soluzioni appropriate.

King concorda sul fatto che il possedimento di aziende private da parte del governo federale non sia una soluzione ottimale.

“Si entra in una fase di svantaggio con aziende che non sono leader”, ha affermato.

Tuttavia egli la ritiene anche la migliore opzione disponibile.

“Il mio punto di vista è che quando i tuoi concorrenti e avversari giocano sporco, allora devi trovare tutti gli strumenti che hai a disposizione per competere e vincere”, ha aggiunto, “ed è quello che stiamo facendo adesso”.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Nessun salvataggio centrale: Milei fa sul serio con il federalismo

Mar, 21/10/2025 - 10:11

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Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Skot Sheller

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/nessun-salvataggio-centrale-milei)

Poche regioni in Argentina simboleggiano il crollo del modello peronista in modo così chiaro come La Rioja. Questa provincia remota e povera ha fatto affidamento per decenni sui sussidi distribuiti dal governo federale per mantenere in funzione un'economia fortemente statalista. A La Rioja due lavoratori su tre sono dipendenti pubblici, l'attività privata è scarsa e il settore produttivo è dominato da aziende controllate dallo stesso governo provinciale.

Fino all'elezione di Javier Milei, il governo centrale argentino trasferiva regolarmente fondi alle province attraverso i cosiddetti “trasferimenti discrezionali”, fondi non obbligatori assegnati per motivi politici, che a loro volta alimentavano reti clientelari.

Con l'elezione di Milei  questa dinamica si è interrotta bruscamente. La sua politica di aggiustamento fiscale, incentrata sull'eliminazione del deficit e sul ripristino dell'equilibrio di bilancio, ha portato a un taglio del 98% dei trasferimenti discrezionali alle province. Privata di fondi e senza accesso ai mercati del debito, La Rioja è diventata insolvente nel febbraio 2024.

In risposta, il governatore Ricardo Quintela, fedele al peronismo e acceso oppositore delle riforme liberali di Milei, ha lanciato una misura disperata: la creazione di una quasi-valuta locale, emessa con il nome tecnico di Bono de Cancelación de Deuda (BOCADE), comunemente nota come Chacho, in onore del caudillo locale Ángel Vicente “Chacho” Peñaloza. Con una parità ufficiale di 1:1 con il peso argentino, il Chacho doveva formalmente avere lo stesso valore di un peso.

A partire da agosto 2024 il Chacho è stato utilizzato per pagare circa il 30% degli stipendi dei dipendenti pubblici e poteva essere utilizzato nelle attività commerciali aderenti e per pagare le tasse locali. Il governo non ha obbligato i commercianti ad accettarlo, ma ha offerto loro degli incentivi.

Sebbene la misura abbia inizialmente innescato un picco nella domanda, con circa la metà degli acquisti in alcuni negozi effettuati in Chachos durante la prima settimana, la sua accettazione è rapidamente diminuita e il valore della valuta si è ulteriormente deteriorato al di fuori della provincia. Sono emerse restrizioni all'uso, insieme a mercati paralleli e negozi che accettavano Chachos solo per una percentuale dell'acquisto totale o che davano credito al negozio invece del resto. Entro la fine del 2024 la circolazione del Chacho è stata progressivamente ridotta, con il governatore Quintela che lamentava il fatto che la maggior parte dei commercianti non lo accettasse.

Pur considerando la moneta una misura “ingannevole e dannosa”, Javier Milei si è rifiutato di intervenire, poiché il presidente argentino crede fermamente nel federalismo competitivo. L'idea di Milei è che le province debbano essere libere di determinare le proprie politiche fiscali, di bilancio e persino monetarie, e allo stesso tempo farsi carico delle conseguenze di tali decisioni. Lo stato non dovrebbe essere paternalistico, anche se ciò significa lasciare che i comuni non paghino i propri debiti.

Milei immagina una struttura in cui le giurisdizioni subnazionali competano tra loro, adeguando tasse, normative e servizi pubblici per attrarre investimenti di capitale e talenti.

L'Argentina aveva già sperimentato un'ondata di quasi-valute negli anni '80 e nei primi anni 2000, quando più di una dozzina di province, tra cui La Rioja, fecero ricorso a emissioni locali di quasi-valute durante le crisi. All'epoca i titoli provinciali finirono per essere assorbiti dal governo federale e scambiati con pesos, una pratica che Milei ha giurato di non ripetere.

Si teme che il Chacho possa avere effetti inflazionistici, diretti o indiretti. Secondo l'economista Marcelo Capello della Fundación Mediterránea, se altre province seguissero l'esempio di La Rioja e queste quasi-valute venissero emesse in quantità superiori alla capacità di gettito fiscale della provincia, il rischio sarebbe critico.

Inoltre Capello mette in guardia dal rischio di una “guerra fiscale” tra le province e il governo nazionale se questo tipo di emissione dovesse diffondersi, andando a indebolire lo sforzo nazionale di contenere l’inflazione, consentendo alle province di aggirare l’aggiustamento fiscale ed emettere moneta.

Quintela sta portando fino all'ultimo respiro un modello sopravvissuto per decenni, mentre Milei si sta scontrando con la realtà: o le province effettuano riforme, o crollano senza una rete di sicurezza.

L'esperienza del Chacho riapre un dibattito ricorrente negli Stati Uniti sui salvataggi centrali. Come hanno avvertito nel corso degli anni gli economisti Thomas Sowell e Milton Friedman, il governo federale non dovrebbe salvare gli stati dai loro debiti, poiché ciò distorce il mercato e incoraggia l'irresponsabilità.

Nell'ultimo decennio gli stati americani con finanze cronicamente sbilanciate – in particolare Illinois, California e New York – hanno beneficiato dei meccanismi di sostegno federale impliciti o espliciti, soprattutto durante la pandemia. Tali interventi diluiscono gli incentivi per una sana governance attenuando l'impatto di una cattiva gestione locale.

Il caso di La Rioja ci ricorda che una federazione funzionale richiede la competizione tra giurisdizioni, non la mutualizzazione delle perdite.

I salvataggi federali per gli stati non salvano le economie. Non fanno altro che distruggere gli incentivi e addormentare il problema, offrendo una soluzione “tampone” pagata da tutti i contribuenti.

L'Argentina sta ora cercando di invertire questa logica, eliminando la rete di sicurezza federale per la scarsa pianificazione locale. Gli Stati Uniti dovrebbero seguire la stessa strada.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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L’alleanza tra Washington e Nuova Delhi è una tempesta perfetta contro la Cina

Lun, 20/10/2025 - 10:14

Gli accordi che sta siglando Trump in giro per il mondo, i trattati di pace che sta facendo firmare, sono passi in avanti nel ridimensionare l'ascendente inglese su quei Paesi mediorientali e Sud-est asiatici che possono rappresentare polveriere in grado di trascinare gli USA in una guerra cinetica. La visita più recente alla Corona inglese da parte di Trump ritengo fosse un modo per presentare al Re i termini della sua resa. Non credo abbia accettato (o perlomeno non chi si trova dietro di lui), soprattutto perché gli Stati Uniti continuano a essere protagonisti di instabilità interna e mancanza di unità a causa di violenze che eruttano sulla scia dell'emotività riguardo eventi geopolitici scatenati ad hoc. Conosciamo già l'origine di questi disordini. Così come possiamo affermare che la recente invasione di indiani nei posti di comando imprenditoriali americani è un chiaro disegno per inondare la nazione di soggetti lavorativi “unskilled” e impedire che chi è capace possa emergere. Questo ha richiesto all'amministrazione Trump di intervenire in merito ai visti H1B e andare direttamente alla fonte, come vedremo nell'articolo di oggi, per capire da che parte vuole stare l'India. Stiamo parlando di persone che non “vanno l'una contro le altre. Questa è gente che possiede le proverbiali “manila envelope” e fa circolare un assaggio del contenuto: “Sei un nostro asset adesso. Abbiamo altri che possono ricoprire il tuo ruolo, quindi decidi cosa fare”. Finché i soldi dei contribuenti americani venivano sottoposti a leva e gonfiati tramite l'eurodollaro, gli USA venivano usati come martello nel resto del mondo da UE e UK (tramite i finanziamenti alle loro ONG). Infatti sono sempre state le ONG il veicolo per eccellenza per riciclare gli eurodollari che scomparivano dai radar statistici ufficiali, finivano nel sistema bancario ombra (potenziato consapevolmente da leggi come la Dodd-Frank, ad esempio) e poi ricomparivano sotto forma di finanziamenti per entità alla luce del sole. Tanti sventolano il feticcio di Soros, giustamente, ma pochi quello di Obama. Da un lato abbiamo Londra e dall'altro Bruxelles, dato che Obama ha sempre fatto riferimento all'UE. La “golden power” e la Guarda nazionale applicati adesso da Trump sono propedeutici alla guerra contro la cricca di Davos. È così che ad esempio Putin ha messo in riga gli oligarchi e scacciato l'influenza delle ONG. La stessa cosa ha fatto la Georgia. La stessa cosa non ha potuto farla l'Ucraina dato che la politica estera degli USA, nel 2022, era ancora appaltata a Londra e Bruxelles. L'ascendente di Washington su Tbilisi, ad esempio, era una propaggine dell'impero inglese. Ecco perché i disordini recenti in Georgia sfoggiano bandiere europee e sfilate di politici europei. Con il prosciugamento del mercato degli eurodollari e la riorganizzazione di Washington lontano dalle influenze geopolitiche estere, nonché la pulizia di quelle aree nel mondo in cui gli inglesi avevano ascendente, viene smantellata una piovra sotterranea vecchia di decenni.

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da The Epoch Times

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/lalleanza-tra-washington-e-nuova)

Mentre gli scambi commerciali tra Cina e Stati Uniti continuano a diminuire, Pechino è ansiosa di stabilizzare le relazioni commerciali con Washington, e lo ha fatto, almeno per un po'. Ma quanto durerà un accordo commerciale se il regime cinese continua a violarlo?

La dura realtà è che il Partito Comunista Cinese (PCC) è consapevole della sua posizione precaria. Da un lato la Cina ha un disperato bisogno di stabilizzare le sue relazioni commerciali con gli Stati Uniti; dall'altro non può rispettare gli accordi perché è costretta a barare sulle condizioni commerciali, poiché  le debolezze strutturali prevalgono e spingono l'economia al ribasso. Di conseguenza il livello di fiducia tra Washington e Pechino è basso.

La mancanza di fiducia non è ovviamente l'unico fattore che sfavorisce la Cina. L'antipatia dell'amministrazione Trump nei confronti del regime cinese come rivale strategico è ben nota e difficilmente cambierà. Inoltre gli investimenti esteri diretti stanno diminuendo e le aziende straniere stanno abbandonando la Cina il più rapidamente possibile.

Molte di loro si stanno trasferendo in India. L'elenco delle aziende che scelgono l'India rispetto alla Cina è significativo e in costante crescita, anche prima che il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ottenesse un secondo mandato. Nel 2024 decine di grandi aziende, tra cui Dell, HP, Intel, Samsung, LG Electronics, Nike, Hasbro, Blizzard Entertainment, Stanley, Black & Decker e molte altre, hanno già trasferito i loro stabilimenti in India o prevedono di farlo nel prossimo futuro.

Anche questa tendenza non sembra destinata a cambiare. Secondo un sondaggio del 2024 della Camera di Commercio Americana in Cina, il 45% delle aziende statunitensi in Cina ha avviato piani per diversificare i propri fornitori al di fuori della Cina, mentre il 38% sta prendendo in considerazione questa possibilità. La proverbiale scritta sul muro è sulla Grande Muraglia cinese: il divario commerciale si sta ampliando, non riducendosi. I suoi giorni da leader mondiale nel settore manifatturiero e il peso strategico che ne deriva stanno per finire.


La grande opportunità dell'India con gli Stati Uniti

Nel frattempo, con grande preoccupazione di Pechino, l'India sta strategicamente cambiando rotta per colmare questo divario, espandendo le sue relazioni commerciali con gli Stati Uniti. Questi ultimi sono altrettanto decisi a deviare gli scambi commerciali dalla Cina verso l'India.

Le intenzioni dell'India sono allineate a quelle degli Stati Uniti. Ad aprile di quest'anno il vicepresidente statunitense, J. D. Vance, ha visitato l'India per stabilire un accordo commerciale bilaterale tra i due Paesi. L'obiettivo è aumentare l'attuale volume di scambi commerciali da $190 miliardi a $500 miliardi entro il 2030.

La crescente relazione tra Stati Uniti e India va oltre il commercio. Prima della visita di Vance, la direttrice dell'intelligence nazionale statunitense, Tulsi Gabbard, era in India per una conferenza geopolitica. Ancora più significativo è il fatto che il primo ministro indiano, Narendra Modi, sia stato tra i primi leader mondiali a incontrare Trump dopo il suo ritorno alla Casa Bianca. All'epoca Modi menzionò una “mega partnership” con gli Stati Uniti e avviò negoziati per affrontare i dazi imposti da Trump sui prodotti indiani.

In particolare, Modi aveva già ridotto i dazi su alcuni beni statunitensi prima di incontrare Trump. Questo potrebbe spiegare perché i funzionari indiani abbiano descritto i negoziati commerciali come “molto attivi” e “intensi”, avvalorando la percezione di un accordo commerciale in fase di elaborazione tra Stati Uniti e India.


Gli effetti strategici a catena

La Cina potrebbe non essere a conoscenza di questi sviluppi e può già vedere diversi effetti a catena in atto. Come notato, gli Stati Uniti sono interessati al “friend-shoring” o alla ristrutturazione delle catene di approvvigionamento globali dalla Cina all'India. Un ulteriore impatto potrebbe essere la riduzione della capacità di Pechino di supportare la Russia nella sua guerra contro l'Ucraina.

Sebbene tra Washington e Pechino sembri esserci una sorta di riorganizzazione degli scambi commerciali, la tendenza delle aziende ad abbandonare in massa la Cina rimane innegabile. Apple ha annunciato che trasferirà fino al 25% della sua produzione di iPhone dalla Cina all'India entro il 2025, e anche una parte significativa della sua produzione di telefoni negli Stati Uniti verrà trasferita fuori dalla Cina.

Ma si stanno verificando anche altri effetti.

Una questione strettamente correlata è il predominio della Cina sul mercato delle terre rare. Come gli Stati Uniti, l'India dipende dal monopolio cinese sulle terre rare. Uno dei cambiamenti politici di Modi è quello di concentrarsi sul potenziale dell'India di aumentare la sua capacità produttiva di terre rare e diventare un fornitore chiave per gli Stati Uniti. Ciò rappresenterebbe un duro colpo per la Cina e una grande vittoria sia per l'India che per gli Stati Uniti.

Un altro aspetto significativo è il crescente coinvolgimento dell'India nella pianificazione della difesa statunitense nella regione. L'India svolgerà un ruolo sempre più importante negli accordi di sicurezza statunitensi nella regione indo-pacifica.


La risposta a doppio taglio di Pechino

In risposta a questi sviluppi, il PCC sta diventando creativo. Ad esempio, in contrasto con le barriere commerciali erette dopo l'incidente di Galwan che ha coinvolto scambi militari, i media statali cinesi hanno lanciato l'idea di ridurre le restrizioni commerciali e incoraggiare l'interazione tra Cina e India. Questo è un risultato diretto della crescente visibilità dell'India nella regione e del dialogo con gli Stati Uniti.

Forse ancora più importante, l'ambasciatore cinese in India si è impegnato a fermare il dumping di prodotti cinesi nei mercati indiani, ad alleviare i deficit commerciali e persino a rimuovere le barriere tariffarie e non tariffarie sulle importazioni indiane. Questo annuncio si accompagna alla ripresa del dialogo diplomatico, al coinvolgimento ad alto livello, ai voli diretti e persino alla possibilità di un migliore accesso alle terre rare per l'India.

Nel tentativo di contrastare la tendenza al friend-shoring, però, la Cina sta limitando le esportazioni di macchinari e i trasferimenti di attrezzature verso l'India, al fine di ridurre al minimo la propria capacità di gestire la domanda manifatturiera in entrata. Pechino sta inoltre avvertendo Nuova Delhi che il suo impegno con Washington – sia nel commercio che in alleanze strategiche come il Quad, nonché la cooperazione nell'evoluzione delle posizioni di difesa a guida statunitense – potrebbero minacciare i suoi rapporti cordiali con la Cina.

Un'altra carta da giocare per il PCC sarebbe quella di aumentare il sostegno al Pakistan, il rivale regionale dell'India dotato di armi nucleari. Si tratta di una minaccia velata, ma improbabile che funzioni perché sia ​​il Pakistan che l'India sono nazioni dotate di armi nucleari. Il sostegno di Pechino non altera sostanzialmente lo status quo.

Una o tutte queste potenziali contromisure di Pechino saranno sufficienti a distogliere Nuova Delhi dalla sua inclinazione verso Washington? Il regime cinese riuscirà a ostacolare l'ascesa dell'India, nonostante il continuo collasso della sua economia?

Improbabile.

La Cina sta affrontando una tempesta su più fronti, principalmente provocata da essa stessa attraverso le politiche del PCC, e questa tempesta non fa che peggiorare. Per usare la metafora conosciuta da tutti, è una tempesta perfetta contro la Cina e a favore dell'India.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Spazio, simboli e sospetti

Ven, 17/10/2025 - 10:10

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Joshua Stylman

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/spazio-simboli-e-sospetti)

Di recente mi sono imbattuto nella stimolante serie di articoli di Fadi Lama intitolata, Mass Psychology in Geopolitics, in particolare nella sua analisi sull'allunaggio del 1969 e del suo legame con i cambiamenti geopolitici. L'introduzione di Meryl Nass al lavoro di Lama ha evidenziato diverse questioni chiave sull'allunaggio che hanno trovato riscontro nella mia ricerca. Mi ero reso conto che Fadi aveva già commentato il mio Substack in precedenza, sempre con domande e idee provocatorie. Questo mi ha ispirato a rivisitare una storia che avevo condiviso su Instagram circa un anno fa e a raccogliere i dati in un'analisi più completa della NASA e delle sue attività.

Il seguente saggio trae spunto da quegli appunti, ora ampliati con ulteriore contesto tratto dal lavoro di Lama. Sebbene il saggio di quest'ultimo sia in linea con gran parte di ciò che ho ricercato in modo indipendente, le mie osservazioni sono nate da una discussione online in cui mi sono imbattuto sulla regressione nei sistemi complessi. Qualcuno si è chiesto: “La NASA potrebbe far atterrare di nuovo gli astronauti sulla Luna in sicurezza?” L'ipotesi era che forse evitasse di provarci perché un potenziale fallimento potrebbe rivelare quanto la scienza e le agenzie governative siano regredite in cinque decenni.

Questa prospettiva, pur stimolante, scalfisce solo la superficie. Quando iniziamo a esaminare le origini e le peculiarità che circondano la NASA, emerge un quadro diverso, che suggerisce che la nostra comprensione dell'esplorazione spaziale potrebbe essere costruita su una narrazione attentamente costruita.


Le origini nazi-Disney

Pochi immaginerebbero che il celebre programma spaziale americano sia stato fondato da quello che sembra l'improbabile cast di un thriller storico: un ex-ingegnere missilistico delle SS naziste, un occultista che si definiva l'Anticristo e l'amato creatore di Topolino. Eppure sono proprio queste le figure intrecciate alle fondamenta della NASA. Werner von Braun, uno scienziato nazista giunto negli Stati Uniti tramite l'Operazione Paperclip subito dopo il processo di Norimberga, ebbe un ruolo determinante nella fondazione della NASA. Ancora più curioso, von Braun lavorò a stretto contatto con Walt Disney per contribuire a ottenere il sostegno pubblico per la neonata agenzia spaziale, come dimostrano le loro documentate collaborazioni e apparizioni televisive.

La NASA non fu solo fondata da von Braun, ma fu guidata da altri ufficiali nazisti delle SS, come Kurt Debus, che supervisionò i lanci di razzi dal Kennedy Space Center dopo aver sfruttato il lavoro forzato nella Germania nazista. Questa concentrazione di ex-scienziati nazisti e funzionari ai massimi livelli del programma spaziale americano solleva seri interrogativi sui suoi veri obiettivi e sulla sua lealtà.

Un'altra figura chiave in questa storia è Jack Parsons, un influente scienziato missilistico che ebbe un forte impatto sul lavoro di von Braun. Parsons, che contribuì a fondare il Jet Propulsion Laboratory, era anche noto per essere un devoto occultista e discepolo di Aleister Crowley. Molti credono che il personaggio della Marvel, Tony Stark, tragga ispirazione dal genio eccentrico di Parsons. Come Crowley, egli si concentrò sull'introduzione dell'“Eone di Horus” o dell'“Era dell'Acquario” – concetti occulti che sembrano fuori luogo nel contesto di un programma spaziale governativo.

Parsons non era solo interessato all'occulto: ne era profondamente immerso. Diresse la Loggia Agape, la branca californiana dell'Ordo Templi Orientis (OTO) di Crowley, e quest'ultimo lo nominò personalmente a capo di essa. Nel 1946 Parsons e L. Ron Hubbard (che in seguito fondò Scientology) condussero una serie di rituali noti come “Operazione Babalon”, i quali incorporavano la magia sessuale nel tentativo di manifestare un “Figlio della Luna”, un'incarnazione della dea thelemica Babalon. Parsons si dichiarò persino l'Anticristo nei suoi scritti: “Io, Anticristo Belarion, nell'anno 1949 del dominio della Fratellanza Nera chiamata Cristianesimo, dichiaro la mia fedeltà all'Amato Padre Lucifero”. L'FBI indagò su Parsons per queste attività, contribuendo infine alla sua perdita dell'autorizzazione di sicurezza, il tutto mentre stava sviluppando una tecnologia che sarebbe diventata fondamentale per il programma spaziale della NASA.

Queste insolite intersezioni tra scienziati nazisti, l'impero dell'intrattenimento Disney e pratiche occulte alla nascita del nostro programma spaziale sollevano interrogativi sulla vera natura e sullo scopo della NASA.


La questione del firmamento

È interessante notare che la lapide di Werner von Braun reca l'iscrizione del Salmo 19:1: “I cieli narrano la gloria di Dio e il firmamento annuncia l'opera delle sue mani”.

Il concetto di firmamento – una barriera cosmica che separa le acque celesti dalla Terra – compare in numerose culture antiche.

Mentre la scienza moderna rifiuta ufficialmente questa nozione, alcuni organi di informazione generalisti come Fox News hanno riportato la scoperta di uno “scudo invisibile terrestre in stile Star Trek” e pubblicazioni scientifiche hanno fatto riferimento a “barriere protettive invisibili che circondano la Terra”, facendo paragoni con i campi di forza della fantascienza.

La Reuters e altri fact-checker hanno negato categoricamente l'esistenza di una cupola o di un firmamento che copra la Terra. Ho sviluppato un'utile euristica negli ultimi anni: quando i fact-checker diventano particolarmente insistenti su qualcosa, di solito è un segnale che è necessario approfondire. Sebbene nulla sia conclusivo, queste operazioni tendono a essere messe in atto dalle stesse strutture di potere che affermano di voler esaminare i fatti, rendendo le loro presunte confutazioni ancora più interessanti.

Il concetto di Terra come sfera ha origini antiche, risalenti ai filosofi greci del VI-III secolo a.C. Pitagora e i suoi seguaci, che formarono una confraternita filosofica segreta con insegnamenti mistici, furono tra i primi sostenitori di una Terra sferica. Sebbene Pitagora non fosse un massone (poiché la Massoneria emerse millenni dopo), le moderne tradizioni massoniche onorano esplicitamente lui e altri antichi filosofi greci. I massoni sono stati storicamente determinanti nella diffusione della conoscenza scientifica, compresi i concetti astronomici. Questa relazione tra antiche società segrete e la Massoneria moderna ha portato alcuni ricercatori a individuare conoscenze riservate sulle verità cosmologiche.

Il rapporto tra la NASA e la Disney si estendeva oltre la mera pubblicità. Il “Club 33” di Walt Disney a Disneyland – l'unico luogo del parco in cui si servono alcolici – avrebbe ospitato von Braun e altri funzionari della NASA come ospiti abituali. Questo club esclusivo, con i suoi presunti legami massonici, offriva un luogo discreto in cui queste figure si incontravano, mentre Tomorrowland della Disney veniva progettato in collaborazione con la NASA, forse come una forma di programmazione predittiva per i concetti di viaggio spaziale.

In una coincidenza particolarmente strana, von Braun scrisse Project Mars: A Technical Tale, un libro del 1949 sulla colonizzazione di Marte da parte di un leader chiamato “Elon”.

Questo è un dettaglio singolare considerando che l'attuale imprenditore dello spazio condivide questo nome e sembra favorire approcci tecnocratici, allineandosi con suo nonno, una figura chiave del partito della Tecnocrazia in Canada quasi un secolo fa. La sua difesa delle tasse sull'anidride carbonica e l'idea di una “Tecnocrazia di Marte” alludono a un filo conduttore ideologico persistente, sollevando interrogativi sull'influenza della filosofia tecnocratica sugli sforzi di colonizzazione spaziale.

In alcune culture Marte era chiamato “Horus dell'Orizzonte” o “Horus il Rosso”, collegandolo alla divinità egizia associata al cielo e alla guerra, aggiungendo un ulteriore strato di significato mitologico alla nostra narrativa sull'esplorazione spaziale.


La coincidenza della CGI

Anche la tempistica della fondazione della NASA desta perplessità. L'agenzia fu fondata nel 1958, lo stesso anno in cui le immagini generate al computer (CGI) apparvero per la prima volta sullo schermo in La donna che visse due volte di Hitchcock, quando Alfred Hitchcock assunse il pioniere dell'animazione al computer John Whitney per creare la sequenza iniziale. Questo parallelismo tecnologico continua ancora oggi, con la NASA che riconosce apertamente che molte immagini che vediamo dallo spazio sono create o migliorate utilizzando strumenti digitali.

Robert Simmon, noto come “Mr. Blue Marble” alla NASA, ha spiegato pubblicamente sul sito web ufficiale della NASA cosa comporta il suo ruolo: “Trasformo i dati in immagini. Cerco nuovi e interessanti eventi che i satelliti della NASA hanno visto o che sono nascosti nei dati più recenti”. Questa ammissione non è solo suggestiva: è un riconoscimento esplicito che ciò che percepiamo come fotografie dallo spazio sono in realtà visualizzazioni di dati. La NASA ha persino affermato di affidarsi a “ingegneri e scienziati per produrre i dati”, sollevando seri dubbi sull'autenticità di ciò che stiamo vedendo. Perché avrebbero bisogno di “trasformare i dati in immagini” se hanno delle fotografie vere e proprie?

In un altro curioso sviluppo, l'anno scorso la NASA ha firmato un accordo con Nikon per sviluppare la fotocamera Lunar Artemis. Stranamente il giorno successivo all'annuncio di questa partnership, Nikon ha ritirato dal mercato la sua unica fotocamera con mega-zoom, portando alcuni a mettere in discussione i tempi e lo scopo di questo accordo.


Le domande sul Challenger

Forse l'aspetto più sconcertante della storia della NASA riguarda il disastro del Challenger e quella che è una straordinaria anomalia statistica. Non la presento come una conclusione, ma come un vero e proprio enigma che merita seria considerazione. Ciò che segue è una prova che mi ha lasciato sinceramente confuso e alla ricerca di spiegazioni che possano conciliare queste osservazioni con la comprensione convenzionale.

I ricercatori hanno documentato uno schema straordinario: sette astronauti che sarebbero morti sul Challenger avevano dei sosia di età simile con lo stesso nome, un'improbabilità statistica che sfida ogni spiegazione. Il comandante Francis Richard Scobee era identico all'amministratore delegato Richard Scobee di Cows in Trees, Ltd.; la specialista di missione Judith Resnik aveva una sorprendente somiglianza con la professoressa Judith Resnik della Yale Law School; la somiglianza di Sharon Christa McAuliffe con la professoressa di giurisprudenza di Syracuse Sharon A. McAuliffe era meno pronunciata rispetto alle altre (è interessante notare che era l'insegnante che la maggior parte degli americani ricorda dalla missione); lo specialista di missione Ronald McNair sembrava un gemello di Carl McNair (identificato come “fratello di Ronald McNair”); persino lo specialista del carico utile Ellison Onizuka aveva una controparte quasi identica in Claude Onizuka (anch'esso dichiarato fratello); lo specialista di missione Michael J. Smith aveva un sosia con lo stesso nome che lavorava come professore.

Sebbene queste affermazioni rimangano indimostrate, le straordinarie somiglianze facciali e di nome tra gli astronauti del Challenger e i loro presunti sosia mettono in discussione ogni probabilità di base. Anche se liquidiamo le somiglianze facciali come soggettive, dobbiamo comunque affrontare una straordinaria questione statistica: quali sono le probabilità che più astronauti del Challenger avessero dei sosia con gli stessi identici nomi, in posizioni di influenza, ancora in vita decenni dopo? Se si trattasse semplicemente di persone che per caso assomigliavano agli astronauti del Challenger, le probabilità che condividessero anche nomi identici sarebbero infinitesimali.

Non presento queste prove per dimostrare una teoria specifica, piuttosto le offro come una sincera sfida intellettuale: quale spiegazione rende meglio conto di queste notevoli somiglianze, pur rimanendo coerente con la nostra comprensione della probabilità e del comportamento umano? L'improbabilità statistica sembra richiedere una qualche forma di spiegazione che vada oltre la mera coincidenza.

Coloro che sono inclini a mettere in discussione i resoconti ufficiali – i critici potrebbero chiamarli “complottisti”, anche se io preferisco “ricercatori della verità” – potrebbero chiedersi: il disastro del Challenger potrebbe aver contribuito a far apparire i viaggi spaziali pericolosi agli occhi della popolazione? Un simile spettacolo potrebbe spiegare perché la NASA non abbia potuto continuare le missioni lunari o consentire l'osservazione civile dello spazio, chiudendo di fatto la porta al controllo pubblico delle proprie attività.

Avendo assistito personalmente all'esplosione del Challenger da bambino in televisione, ho riflettuto su come questo evento abbia creato un trauma collettivo per un'intera generazione di studenti. Se considerato insieme ad altri eventi traumatici nazionali come l'assassinio di JFK, l'11 settembre e la pandemia di COVID-19, emerge un modello di impatti psicologici a livello sociale che rimodella la coscienza e le priorità pubbliche. In ogni caso il trauma collettivo apre a importanti cambiamenti nelle politiche, nelle strutture di potere e nell'accettazione pubblica di cambiamenti precedentemente impensabili, il tutto verso un maggiore controllo e una minore trasparenza.

Queste sorprendenti somiglianze sono state presentate in una convincente testimonianza pubblica presso il tribunale della contea di Brevard (sede di Cape Canaveral) da Justin Harvey, che ha esposto metodicamente le prove con notevole chiarezza e coraggio. La sua presentazione è stata così approfondita e ben documentata che la reazione della corte è stata significativa: l'hanno subito interrotta, sostenendo di non avere giurisdizione sulla questione. Consiglio vivamente di guardare l'intera testimonianza di sei minuti, poiché presenta le prove in modo molto più convincente di quanto possa riassumere qui.

Il frettoloso silenziamento di questa linea di indagine la dice lunga: se gli ultimi anni mi hanno insegnato qualcosa, è di prestare molta attenzione alle persone censurate. Per chi fosse interessato ad approfondire questa ricerca, Harvey ha elaborato in dettaglio le sue scoperte durante un'apparizione al podcast di Sam Tripoli, dove presenta ulteriori prove e collega queste osservazioni a modelli più ampi.

Quando le è stata contestata la sua somiglianza e il suo identico nome con l'astronauta del Challenger alla Yale University, Judith Resnik è andata nel panico ed è scappata via dalle telecamere (guardate il segmento che inizia da questo minutaggio). Questa reazione è molto più rivelatrice di una semplice negazione, sollevando ulteriori interrogativi su cosa ci fosse esattamente da nascondere.

A peggiorare i sospetti, Robert F. Overmyer, il capo investigatore dell'esplosione del Challenger, morì in un incidente aereo il 22 marzo 1996, una data associata alla misteriosa società Skull and Bones. Che sia una coincidenza o meno, questi schemi di silenzio e morti inaspettate hanno alimentato ulteriori speculazioni su cosa sia realmente accaduto al Challenger e al suo equipaggio.


Le peculiarità dell'allunaggio

L'allunaggio, il massimo successo della NASA, porta con sé una serie di curiosità. Buzz Aldrin, il secondo uomo sulla Luna, ha un background insolito: il cognome da nubile di sua madre era Marion Moon, la quale si tolse tragicamente la vita un anno prima che Buzz camminasse sulla superficie lunare. Suo padre era un dirigente della Standard Oil e, sorprendentemente, vendette tutte le sue azioni appena due mesi prima del crollo di Wall Street del 1929.

Ancora più significativo, il padre di Buzz Aldrin, Edwin Eugene “Gene” Aldrin Sr., fondò la scuola di ingegneria a McCook Field, Ohio, che in seguito divenne l'Air Force Institute of Technology (AFIT) presso la base aeronautica di Wright-Patterson. Ciò crea un legame familiare diretto con una delle installazioni militari più segrete d'America: la base aerea di Wright-Patterson fu il sito principale degli scienziati dell'Operazione Paperclip, del Progetto Bluebird (precursore degli esperimenti di controllo mentale MK Ultra) e di un'ampia ricerca sugli UFO (che le valse il soprannome di “vera Area 51” tra i ricercatori). La base ospitò anche Winfried Otto Schumann, il fisico che scoprì la risonanza di Schumann, la frequenza elettromagnetica terrestre spesso associata agli studi sulla coscienza e alle tecnologie avanzate. In uno strano colpo di scena che esemplifica le bizzarre direzioni di ricerca della base, il Laboratorio Wright (precursore del centro di ricerca di Wright-Patterson) propose persino un'arma chimica, la “bomba gay”, nel 1994, che avrebbe suscitato l'attrazione sessuale tra le truppe nemiche. Questo legame diretto tra la famiglia di Buzz Aldrin e il fulcro dell'integrazione scientifica nazista e della ricerca non convenzionale aggiunge un'ulteriore dimensione alla storia della NASA.

Aldrin è un massone del 33° Rito Scozzese e uno Shriner. Portò una bandiera massonica sulla Luna e la Gran Loggia del Texas gli consegnò un diploma ufficiale che lo dichiarava “il primo Massone sulla Luna” e rivendicava la giurisdizione territoriale massonica sulla Luna.

Questa affiliazione massonica non era esclusiva di Aldrin: un numero sproporzionato di primi astronauti della NASA, in particolare quelli coinvolti nei programmi Mercury, Gemini e Apollo, erano Massoni di alto rango. John Glenn, Gordon Cooper, James Irwin, Thomas Stafford e molti altri erano tutti Massoni confermati, spesso provenienti da logge importanti.

Molti astronauti sono stati fotografati mentre facevano distintivi segni massonici con le mani e diversi altri hanno celebrato rituali massonici durante le missioni spaziali. L'astronauta e Massone di 33° grado, Leroy Gordon Cooper, portò persino una bandiera massonica nello spazio durante la missione Gemini 5, percorrendo una distanza stimata di 3.300.000 miglia – il numero 33 appare ripetutamente nella numerologia della NASA.

Perché così tanti astronauti che presumibilmente sono stati “nello spazio” erano massoni? Perché hanno piantato una bandiera massonica sulla Luna? E perché Buzz Aldrin ha un diploma massonico che lo dichiara “il primo massone sulla Luna”? Queste non sono solo strane coincidenze: suggeriscono un modello che collega l'esplorazione spaziale a questa società segreta.

Se l'allunaggio è stato un risultato puramente scientifico per tutta l'umanità, come ha affermato la NASA, perché è stato commemorato con rituali e simboli massonici invece che con onorificenze puramente scientifiche, nazionali, o umanitarie? L'importanza del simbolismo massonico suggerisce che la missione sulla Luna aveva un significato diverso per gli iniziati rispetto al grande pubblico. Questo solleva una domanda scomoda: il programma Apollo serviva contemporaneamente a due narrazioni diverse: una scientifica rivolta al pubblico e una esoterica compresa solo da chi apparteneva a certi ambienti?

Buzz ha rilasciato diverse dichiarazioni sconcertanti sullo sbarco sulla Luna che sollevano seri interrogativi. In un'intervista con una bambina che gli chiedeva perché non fossimo tornati sulla Luna, ha risposto: “Non ci siamo andati [...]. È successo e non è successo”.

In un'altra intervista, quando gli è stato chiesto del momento più spaventoso del suo viaggio sulla Luna, Buzz ha stranamente risposto: “Non è successo. Avrebbe potuto essere spaventoso”. Questo schema di strane risposte sulla missione lunare appare costantemente in tutte le sue apparizioni pubbliche.

Forse l'ammissione più sorprendente proviene da un ingegnere della NASA che ha dichiarato in un'intervista: “Avevamo la tecnologia per andare sulla Luna, ma l'abbiamo distrutta, ed è un processo complesso ricostruirla”.

Quando mai l'umanità ha “dimenticato” una tecnologia di questa portata? Sappiamo ancora come costruire acquedotti romani, cattedrali gotiche e macchine a vapore. Persino tecnologie antiche come il fuoco greco, o l'acciaio di Damasco, sebbene difficili da replicare perfettamente, hanno lasciato tracce sufficienti per comprenderne i principi di base. Immaginate se gli ingegneri di oggi affermassero di aver “perso” la tecnologia per costruire grattacieli, o aerei di linea, e di dover ricominciare da zero. L'idea che la NASA abbia in qualche modo perso i mezzi per ricreare il suo più grande trionfo è più improbabile che mettere in discussione aspetti dell'allunaggio stesso. Nessun'altra civiltà ha mai raggiunto un apice tecnologico solo per poi perdere completamente quella conoscenza, tranne, a quanto pare, in questa occasione.

Quando è apparso nel programma di Conan O'Brien, Buzz ha fatto un altro commento interessante sulle persone che guardavano “ l'animazione” dell'allunaggio piuttosto che il filmato vero e proprio. Per usare le sue parole: “Avete guardato l'animazione [...] avete associato ciò che avete visto a [...]”.

Quando ho condiviso la clip non modificata sui social media l'anno scorso, è stata rapidamente segnalata e rimossa come “disinformazione”, nonostante non contenesse alcun mio commento, solo le parole inalterate di Buzz. A quanto pare far sentire alla gente ciò che un astronauta ha effettivamente detto senza un'interpretazione ufficiale in sovraimpressione costituisce “disinformazione”. Pensate alle implicazioni: le dichiarazioni di un astronauta sull'allunaggio sono ora considerate troppo pericolose per essere lette dal pubblico. Se non c'è nulla da nascondere, perché è necessario un controllo così aggressivo? Questo non è fact-checking, è controllo del pensiero.

Quando un giornalista gli chiese di giurare sulla Bibbia di aver camminato sulla Luna, Buzz reagì in modo decisamente difensivo. In un'altra occasione, quando un altro giornalista insistette con domande simili, Buzz gli diede un pugno in faccia: una reazione estrema per qualcuno che si supponeva sicuro dei suoi successi storici.

Neil Armstrong, il primo uomo sulla Luna, mostrò un disagio simile quando gli venne posta la stessa domanda. In una rara intervista, quando gli fu chiesto della sopraccitata esperienza, Armstrong apparve visibilmente a disagio, evitando il contatto visivo e dando risposte vaghe e incerte, stranamente disconnesse da quello che avrebbe dovuto essere il coronamento della sua vita. Il suo linguaggio del corpo durante le apparizioni pubbliche dopo l'allunaggio contrastava nettamente con il pilota sicuro e composto che era noto per essere prima della missione Apollo.


La dimensione cinematografica

Il rapporto tra la NASA e Hollywood merita un'analisi approfondita. Fin dalla sua nascita la NASA ha collaborato a stretto contatto con l'industria dell'intrattenimento, radicandosi nell'immaginario collettivo attraverso film, televisione e parchi a tema. Questo va ben oltre le tipiche relazioni pubbliche: rappresenta un'integrazione sistematica dei concetti spaziali nei media di intrattenimento. Gli astronauti dell'Apollo 11 hanno una stella sulla Hollywood Walk of Fame, un onore insolito per gli esploratori scientifici piuttosto che per gli artisti. Questo ci spinge a porre una domanda chiave: la NASA ha plasmato le nostre convinzioni sullo spazio attraverso la narrazione e le immagini tanto quanto attraverso la scienza? Questo spiegherebbe i continui e stretti rapporti della NASA con i registi e perché l'intrattenimento a tema spaziale rafforza costantemente narrazioni specifiche sulle nostre capacità e limitazioni cosmiche.

Una delle prove più strane proviene dalla conferenza stampa post-allunaggio. Al loro ritorno sulla Terra gli astronauti dell'Apollo 11 – Armstrong, Aldrin e Collins – parteciparono a quella che avrebbe dovuto essere una celebrazione trionfale del più grande successo esplorativo dell'umanità. Eppure il loro comportamento racconta una storia diversa. Gli astronauti appaiono stranamente cupi, quasi abbattuti, senza mostrare la naturale euforia che ci si aspetterebbe da uomini che hanno appena compiuto l'impossibile. Siedono rigidi, rispondendo alle domande con parole esitanti e attentamente misurate, spesso evitando il contatto visivo.

Questo comportamento diventa ancora più sorprendente se confrontato con quello di altri esploratori storici. Si pensi a Sir Edmund Hillary e Tenzing Norgay dopo la loro storica scalata dell'Everest. Nonostante la stanchezza fisica, i loro volti irradiano autentico orgoglio e gioia. Gli astronauti dell'Apollo, al contrario, si comportano come se fossero a un funerale piuttosto che a una celebrazione, sollevando interrogativi su quale peso psicologico potessero portare.

Alcuni ipotizzano che Stanley Kubrick abbia diretto le riprese dell'allunaggio. Il suo film, Shining, contiene numerosi e presunti riferimenti al programma Apollo, tra cui il ragazzino che indossa un maglione dell'Apollo 11, motivi dei tappeti che richiamano la disposizione della rampa di lancio dell'Apollo e le gemelle che rappresentano il programma spaziale Gemini.

Questa teoria sul coinvolgimento di Kubrick non è solo una speculazione su internet. In quella che pare proprio la testimonianza di un informatore, una fonte interna spiega con notevole nonchalance: “Stanley e gli altri hanno creato un filmato di backup dello sbarco sulla Luna, nel caso in cui avessimo fallito; così avremmo potuto dimostrare di esserci arrivati e di esserci riusciti”. La fonte prosegue riconoscendo che “molte delle immagini del nostro atterraggio sono state realizzate in studio” e che “abbiamo molte immagini false”. Forse la cosa più significativa è il riferimento al documentario Room 237, il quale analizza il film di Kubrick, Shining, come la sua confessione in codice sulle riprese dell'allunaggio, osservando che “le prove sono pressoché innegabili sul coinvolgimento di Kubrick”.

Il rapporto tra Kubrick e le immagini spaziali è più profondo di una semplice speculazione. Il suo capolavoro del 1968, 2001: Odissea nello spazio, ampiamente considerato la rappresentazione più realistica dei viaggi spaziali dell'epoca, è stato sviluppato con un ampio contributo di esperti aerospaziali e affiliati alla NASA. Solo un anno dopo, nel 1969, il mondo assistette all'allunaggio dell'Apollo 11, con immagini che alcuni osservatori hanno ritenuto sorprendentemente simili alle tecniche cinematografiche di Kubrick. Questa tempistica è particolarmente interessante se si considera che l'ultimo film di Kubrick, Eyes Wide Shut – un'opera che smaschera le società segrete d'élite – uscì il 16 luglio 1999, esattamente 30 anni dopo il lancio dell'Apollo 11. Kubrick morì improvvisamente prima dell'uscita del film, il che ha alimentato speculazioni sul fatto che la sua morte potesse essere collegata all'eccessiva rivelazione di interessi potenti attraverso la sua narrazione simbolica.

In particolare, il 16 luglio 1999 fu anche il giorno della morte di JFK Jr. – un'altra strana coincidenza che collega l'esplorazione spaziale, l'eredità presidenziale e le morti inaspettate.

Altri film hanno fatto esplicito riferimento alle cospirazioni sugli allunaggi, come il film di James Bond, Una cascata di diamanti, dove c'è una scena in cui Bond corre attraverso quello che sembra essere un set di allunaggio.

Più di recente Hollywood ha prodotto film sulla creazione di falsi allunaggi, suggerendo una forma di “soft disclosure” su ciò che è realmente accaduto. Il film del 2023, Fly Me to the Moon, con Scarlett Johansson e Channing Tatum, mostra la NASA che assume un direttore di marketing per inscenare un finto allunaggio come piano di riserva. La cosa notevole è che questa premessa fittizia si allinea perfettamente con le reali testimonianze di informatori provenienti dalla NASA, i quali hanno affermato di aver ricevuto istruzioni di creare filmati di riserva “nel caso in cui avessimo fallito” o “non fossimo mai andati sulla Luna”. Ancora una volta, Hollywood confeziona la verità come intrattenimento, permettendo al pubblico di digerire vere cospirazioni sotto la confortante etichetta di finzione.

Persino il personaggio per bambini, Buzz Lightyear, nel film Toy Story, sembra contenere un messaggio segreto. La battuta ricorrente secondo cui Buzz non è un vero space ranger, non sa volare e non è mai stato nello spazio assume un nuovo significato se vista attraverso la lente della cosiddetta “rivelazione del metodo”, un concetto che suggerisce che le verità nascoste vengono rivelate attraverso l'intrattenimento. L'immagine di Buzz Aldrin in persona con in mano un giocattolo di Buzz Lightyear aggiunge un ulteriore livello a questa rivelazione simbolica.

Anche le domande tecniche persistono: chi ha filmato i primi passi degli astronauti sulla Luna dall'esterno del modulo lunare? Come ha fatto una foglia d'acero ad apparire così vicina alla Luna?

Come ha potuto Richard Nixon chiamare gli astronauti da un telefono fisso nel 1969, quando ancora oggi perdiamo il segnale cellulare nelle aree remote?


Curiosità linguistiche

A volte il linguaggio offre spunti inaspettati. Cercando etimologia e significati in diverse lingue, ho scoperto che la parola ebraica “nasa” (נָשָׂא - Strong's Hebrew 5377) significa “ingannare” o “sviare”. La definizione completa tratta dal Lessico Ebraico di Strong recita: “Una radice primitiva; sviare, cioè ingannare (mentalmente), o sedurre (moralmente): ingannare, sedurre”. Si potrebbe liquidare questa affermazione come una coincidenza, ma il parallelismo linguistico è sorprendente.

Allo stesso modo il mio amico che cerca schemi nelle parole ha sottolineato che “NASA” contiene le stesse lettere di “Satan” meno la “T”, il che è reso ancora più intrigante dal fatto che la NASA abbia coniato il termine “T-meno” per i conti alla rovescia. Come prevedibile, i fact-checker si sono affrettati a smentire questa osservazione, insistendo sul fatto che non ci sia alcuna relazione – una risposta che, date le mie precedenti osservazioni sull'affidabilità dei fact-checker, non fa che stuzzicare ulteriormente la mia curiosità. Sebbene non affermi che questo gioco di parole dimostri qualcosa di definitivo, date le associazioni occulte già stabilite con i personaggi fondatori della NASA, questi parallelismi linguistici assumono un significato potenziale che va oltre la mera coincidenza.

Al di là di parole e simboli, dovremmo esaminare le prove visive effettive che la NASA ha presentato nel corso della sua storia. Si consideri, ad esempio, il filmato presumibilmente proveniente dallo “spazio” trasmesso al telegiornale della sera nel 1966. Per gli standard odierni, è comicamente poco convincente – sembra più qualcosa che uno studente di cinema potrebbe creare per un film di serie B con un budget di $50. Se la NASA presentasse lo stesso filmato oggi, la maggior parte degli spettatori lo deriderebbe ed etichetterebbe come un falso palese. La qualità primitiva e l'aspetto chiaramente inscenato sollevano una domanda che fa riflettere: se oggi possiamo facilmente riconoscere che tutto ciò è discutibile, cosa suggerisce questo riguardo al filmato che accettavamo senza riserve allora? E cosa potremmo accettare acriticamente oggi che le generazioni future troveranno altrettanto assurdo?

Sebbene le prove visive sollevino interrogativi su ciò che stessimo vedendo, la tempistica di quelle conquiste spaziali suggerisce che dovremmo anche considerare il motivo per cui le stavamo vedendo e a quali obiettivi più ampi potevano servire.


La correlazione con il denaro fiat

La tempistica dell'allunaggio assume un nuovo significato se vista attraverso la lente della politica monetaria. Solo due anni dopo la missione Apollo 11, nel 1971, gli Stati Uniti abbandonarono completamente il gold standard, inaugurando l'era della moneta fiat. Come sottolinea ICE-9 (a cui Lama attribuisce il merito del suo lavoro), questa transizione richiese un'operazione psicologica senza precedenti: “Se l'America può fare l'impossibile, allora tutti possono accettare denaro garantito dalla ‘piena fiducia e credito’ nell'America”.

Esaminando più da vicino questa cronologia, emerge una sequenza strategica di eventi:

• 1958: la NASA viene fondata, lo stesso anno in cui la CGI appare per la prima volta nei film;

• 1961: il Presidente Kennedy annuncia l'obiettivo di raggiungere la Luna;

• 1968: l'Apollo 8 testa con successo il razzo Saturn V (che Lama nota essere essenzialmente un sistema di lancio di un carico nucleare intercontinentale);

• Luglio 1969: l'allunaggio dell'Apollo 11 crea un impatto psicologico mondiale;

• Agosto 1971: il Presidente Nixon pone fine alla convertibilità del dollaro in oro.

Questa sequenza suggerisce una transizione attentamente orchestrata. Come osserva ICE-9 in una ricerca a cui Lama fa riferimento: “Mai nella storia umana il denaro è stato privo di valore intrinseco o non convertibile in denaro di valore intrinseco: un'impresa che fino a quel momento era considerata impossibile nella storia umana”. L'allunaggio ha fornito quella base psicologica, rendendo la popolazione ricettiva a un sistema economico che altrimenti sarebbe sembrato inverosimile.

Le conseguenze di questo cambiamento sarebbero state profonde: globalizzazione, finanziarizzazione dell'economia, inflazione e quello che Lama descrive come “impoverimento delle masse e guerre senza fine”. La possibilità di stampare moneta senza il vincolo della copertura in oro permise una spesa pubblica senza precedenti, in particolare per le operazioni militari, dando origine al moderno panorama geopolitico.

L'impatto psicologico dell'allunaggio potrebbe essere stato deliberatamente calcolato per affermare la supremazia tecnologica americana e, per estensione, giustificare la fiducia nel suo sistema finanziario, proprio mentre quel sistema subiva una trasformazione radicale che sarebbe stata altrimenti difficile da accettare per la popolazione.

Meryl Nass pone domande pertinenti: come hanno potuto i funzionari della NASA affermare di aver perso i piani per raggiungere la Luna? Perché gli astronauti erano così visibilmente a disagio durante la conferenza stampa? Perché non si vedevano stelle nelle fotografie? Queste domande evidenziano potenziali incongruenze che meritano una seria considerazione.


Conclusione

Come scrisse Shakespeare: “Tutto il mondo è un palcoscenico, e tutti gli uomini e le donne sono solo attori”. Se si considerino queste osservazioni come prove convincenti, o semplici coincidenze, dipende in gran parte dalla propria disponibilità a mettere in discussione le narrazioni consolidate.

I Beatles (con il direttore d'orchestra immaginario Billy Shears della Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band, che ammicca scherzosamente al Bardo stesso) forse lo hanno espresso meglio: “Vivere è facile ad occhi chiusi, fraintendendo tutto ciò che si vede”. Nell'esplorare queste domande, non pretendo di fornire risposte definitive, ma invito gli altri a esaminare le prove disponibili e a trarre le proprie conclusioni.

Per coloro che sono inclini a respingere queste osservazioni in toto, chiedo solo questo: cosa potremmo imparare se fossimo aperti a mettere in discussione anche le nostre convinzioni più care su scienza, spazio e conquiste umane? Come suggerisce la ricerca di Lama, le implicazioni si estendono ben oltre l'esplorazione spaziale, influenzando il nostro sistema economico, le strutture di potere globali e la realtà collettiva.

Se queste affermazioni vi sembrano eccessive, vi incoraggio a esaminare personalmente le immagini e i filmati. Ho raccolto le prove in un unico luogo non per convincervi di una particolare prospettiva, ma per invitarvi a mettere in discussione quella che vi è stata fornita. La vera domanda non è se la NASA occasionalmente inganni la popolazione, ma se la nostra intera concezione dell'esplorazione spaziale sia stata costruita su un fondamento di deliberato inganno.

Siamo stati addestrati a classificare determinati argomenti come “scienza consolidata” e “storia consolidata”, escludendoli dall'ambito della legittima indagine. Ma se la NASA, una delle nostre istituzioni più affidabili, è stata fondata da nazisti, occultisti e Walt Disney, ha falsificato il suo massimo successo e continua a fabbricare ad hoc immagini dello spazio, allora quali altre questioni “risolte” meritano un nuovo esame?

Questo schema di costruzione della realtà, in cui le narrazioni sostituiscono le verità osservabili, si estende ben oltre la NASA. Come ho documentato nella serie, Ingegnerizzare la realtà, gli stessi meccanismi che possono inventare un allunaggio possono manipolare le nostre percezioni in scienza, medicina, economia e storia.

Forse è ora di riaprire libri che pensavamo chiusi, riesaminare verità che credevamo consolidate e riconsiderare possibilità che ci erano state dette impossibili. Dopotutto, come ci ricorda la lapide di Werner von Braun, “i cieli” potrebbero essere più di quanto ci è stato fatto credere.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Il ritorno del denaro privato: il sogno americano & l'incubo europeo

Gio, 16/10/2025 - 10:10
Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Thomas Kolbe

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-ritorno-del-denaro-privato-il)

L'Europa, l'Unione Europea e gli Stati Uniti si stanno allontanando sempre di più. All'ombra della guerra in Ucraina e delle politiche di censura di Bruxelles, si sta aprendo una frattura anche a livello di politica monetaria.

Quest'ultima è spesso trattata come una sorta di figliastro dai media generalisti. Tranne durante le crisi del debito sovrano, quando le banche centrali intervengono come soccorritori, la politica e i media si concentrano principalmente sulle decisioni riguardo i tassi d'interesse. Queste vengono presentate come momenti salienti per aiutare la politica ad ancorare le aspettative di inflazione e influenzare l'attività di mercato.

In breve: questa resta una visione superficiale che non rende giustizia alla complessità della politica monetaria.

È deplorevole – e forse non è una coincidenza – che la politica monetaria venga affrontata con tanta frettolosità. Il denaro è il bene centrale dell'economia. Il suo sviluppo di valore, la sua diluizione e la sua manipolazione da parte degli attori politici sono una patata bollente che rimane in gran parte insondabile. Ciononostante da quando le banche statunitensi si sono ritirate dal LIBOR di Londra e da quando è stato introdotto il tasso di riferimento nazionale (il SOFR), la politica monetaria si è evoluta in una questione geopolitica chiave che merita un dibattito approfondito.


Dietro la cortina fumogena dei media

Dietro il rumore di fondo monetario rappresentato dai tassi di interesse e dal controllo dell'inflazione, si sta verificando una deriva strategica che ridefinirà il futuro economico. L'Unione Europea, l'Europa e gli Stati Uniti stanno intraprendendo percorsi di politica monetaria separati.

Censura dei media, socialismo climatico e ora il dibattito sull'euro digitale: si potrebbe dire che Bruxelles e i banchieri della BCE non risparmiano alcuno sforzo per trasformare l'UE in una fortezza di potere.

Con l'euro digitale compirebbero un passo importante verso il suo consolidamento: una moneta programmabile e completamente trasparente basata su una blockchain centralizzata che trasformerebbe il denaro in una merce con una forte valenza morale e politica. Obiettivi climatici, consumo individuale di CO2, consumo di carne e viaggi: l'associazione del comportamento individuale al complesso di controllo basato sulle emissioni è tangibile. E sanzionare cittadini e aziende in caso di comportamenti dissidenti potrebbe diventare un'attività burocratica di routine.

Seguendo il ragionamento della presidente della BCE, Christine Lagarde, è chiaro cosa attende gli europei: sorveglianza algoritmica dell'attività economica e controllo moralistico del comportamento individuale.


Il denaro è un bene pubblico?

Per la Lagarde il denaro è un bene pubblico, naturalmente sotto il controllo dello stato o di surrogati parastatali come la BCE. Il progetto dell'euro digitale partirà in piccolo, con wallet limitati gestiti dalla BCE, commercializzati dalle banche commerciali in sordina (le quali diventerebbero obsolete in caso di conversione completa).

Secondo la Lagarde un euro digitale dovrebbe offrire nuove possibilità di scelta, integrare il denaro contante e promuovere l'inclusione. Ma anche qui, solo slogan politici: “inclusione” rimane una frase vuota, priva di qualsiasi contenuto. In realtà la BCE mira a garantire il controllo sui flussi di capitali e, nella prossima crisi del debito dell'Eurozona, a impedire la loro fuga per evitare il collasso e l'esaurimento dei flussi finanziari. Tutto il resto è un'operazione di copertura scritta per il lettore disinteressato della sezione economica.

L'Europa si sta dirigendo inesorabilmente verso il centralismo. La domanda rimane: il colpo di stato monetario avrà successo o l'Eurozona crollerà prima? Il quadro giuridico dovrebbe essere pronto all'inizio del 2026, prima che inizi l'implementazione vera e propria.

Realisticamente si prevede un avvio nel 2028, forse solo nel 2029. C'è la speranza che progetti così grandi falliscano a causa dell'inerzia burocratica, quindi restiamo ottimisti.


Il ritorno del denaro privato

Nel frattempo, dall'altra parte dell'Atlantico, si sta verificando una sorprendente inversione di tendenza. L'orientamento della politica monetaria dell'amministrazione Trump mira alla parziale riattivazione del sistema monetario privato. Il quadro giuridico attualmente in fase di definizione (GENIUS Act) offre alle banche commerciali la possibilità di emettere le proprie stablecoin, ovvero dollari digitali, espandendo così il mercato attualmente dominato da Tether. In tutto il mondo oltre 500 milioni di persone utilizzano già questa nuova forma di denaro: un movimento inarrestabile, a prescindere da come la vedono gli europei.

Ogni unità di una stablecoin è sostenuta da una quantità equivalente di titoli del Tesoro USA a breve termine, nonché da oro e Bitcoin, il che fornisce al Dipartimento del Tesoro americano un argomento convincente per partecipare attivamente alla diffusione di questa tecnologia: il debito pubblico americano viene letteralmente venduto al settore privato.

Questo sviluppo ricorda il periodo precedente alla fondazione della Federal Reserve. A quel tempo il ruolo della banca centrale si trasformò lentamente da “prestatore di ultima istanza” per le banche commerciali a strumento di stampa di moneta per il finanziamento del debito pubblico, il tutto combinato con la manipolazione degli asset. Gradualmente gli Stati Uniti poterono tornare all'era del free banking del XIX secolo quando le banche di credito private avrebbero emesso le proprie banconote coperte da oro o argento. La solvibilità delle istituzioni era supervisionata dalle stanze di compensazione, non da una banca centrale vera e propria.

Errori di valutazione portavano a fallimenti e non esistevano salvataggi centrali: il volume del credito era limitato in base alle valutazioni del rischio basate sul mercato.

Potrebbe tornare a essere più o meno così: valute parallele coperte dal Dipartimento del Tesoro americano, reti di compensazione private e concorrenza tra denaro pubblico e privato; ciò significherebbe la fine delle garanzie delle banche centrali, che distorcono il mercato, per chi si assume dei rischi.


Il sogno americano & l'incubo europeo

Il free banking negli Stati Uniti fu uno dei pilastri dell'era industriale che diede avvio a un boom economico senza precedenti. Le banche private crearono moneta in modo responsabile e indirizzarono i capitali scarsi specificamente verso progetti innovativi. La competizione tra le diverse banconote promosse disciplina e fiducia: chi perdeva fiducia era fuori gara. Senza una banca centrale e salvataggi governativi, il rischio era una vera e propria valuta che frenava il sovraindebitamento e alimentava il dinamismo economico.

È questo l'obiettivo dell'amministrazione Trump? Un ritorno allo spirito tipicamente americano dei mercati assolutamente liberi, che naturalmente porta anche situazioni di maggiore volatilità?

Nel frattempo gli europei sembrano aver scelto la strada opposta, cercando di arginare la volatilità centralizzando i poteri politici essenziali. Resta da vedere se riusciranno a introdurre l'euro digitale, mentre il loro principale concorrente oltreoceano abbraccia il principio di libertà e responsabilità personale. La fuga di capitali dall'UE verso gli Stati Uniti è un segnale significativo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Lo smantellamento sistematico dello Stato amministrativo

Mer, 15/10/2025 - 10:07

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Jeffrey Tucker

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/lo-smantellamento-sistematico-dello)

Nel 1883 quando fu approvato il Pendleton Act, il quale istituiva la pubblica amministrazione statunitense, non doveva sembrare un granché. Il presidente era il dimenticato Chester A. Arthur. La paura di essere assassinato come il suo predecessore, James Garfield, lo convinse a sostenere quella legge. Le ragioni per l'approvazione: lo stato ha bisogno di professionisti con competenze istituzionali. I tecnici stavano cambiando il mondo, quindi perché non anche lo stato?

Scienza e ingegneria andavano di moda – elettricità, ponti d'acciaio, comunicazioni telegrafiche, combustione interna, fotografia – quindi sicuramente gli affari pubblici necessitavano dello stesso livello di competenza. Chi poteva negare che la pubblica amministrazione potesse fare un lavoro migliore dei cugini e soci in affari dei politici di professione?

È così che tutto è iniziato. Quello che un tempo veniva chiamato governo del popolo, dal popolo e per il popolo, fu deriso come uno “spoil system” irrimediabilmente corrotto, un'espressione che rifletteva una linea di marketing geniale. Così fu rovesciato a favore di assunzioni “meritevoli” nell'esecutivo, uno staff non ancora permanente o numeroso, ma il proverbiale cammello ora aveva infilato il naso nella tenda.

Attraverso due guerre mondiali, la Grande depressione e poi la Guerra fredda, ciò che accadde fu qualcosa che i Padri Fondatori della Costituzione non avrebbero mai immaginato: enormi sistemi di governo, costituiti da gigantesche burocrazie gestite da dipendenti che non potevano essere licenziati. Spettava a loro applicarle le cose, ma in realtà hanno creato il quadro operativo per l'intera società civile.

Uno stato nello stato, con molti livelli, incluso ciò che era ed è classificato.

L'industria e i media da tempo si sono resi conto che la pubblica amministrazione è una fonte di informazione e di continuità istituzionale più affidabile rispetto ai rami eletti, o nominati, di un governo. Servire in essa è diventato un segno di credibilità nell'industria e quindi la porta girevole tra di loro ha continuato a girare. I ​​media e lo Stato profondo, compresi i suoi settori militare e di intelligence, hanno sviluppato un rapporto reciprocamente vantaggioso che ha aperto alla manipolazione dell'opinione pubblica.

L'aspetto migliore del nuovo sistema era che quasi nessuno nella vita pubblica lo capiva veramente. Agli studenti veniva insegnato che ci sono tre rami del governo, con pesi e contrappesi tra di essi. La vita pubblica è stata a lungo dominata dalle elezioni, con feroci battaglie ideologiche che alla fine sono diventate più simili a una facciata, i cui risultati non avevano molta importanza per gli affari pratici dello stato. Era l'illusione della democrazia.

Una volta svelato il meccanismo, e posta un'attenzione critica alla sua legittimità, il disfacimento era inevitabile. Il motivo è piuttosto ovvio: l'intera faccenda è incoerente con l'idea di un governo del popolo. I Padri Fondatori combatterono una guerra per rovesciare la burocrazia, non per istituirne un'altra. La Dichiarazione d'Indipendenza affermava chiaramente: è diritto di un popolo rovesciare qualsiasi governo e istituirne uno nuovo.

Quest'idea è il postulato più radicato nell'intera vita civica americana. Ha molta più legittimità nell'opinione pubblica delle rivendicazioni della pubblica amministrazione, o delle richieste che i suoi complotti e macchinazioni rimangano segreti al popolo.

Durante tutto il periodo delle conquiste amministrative dello stato, la Corte Suprema non è mai stata chiamata a pronunciarsi chiaramente sulla sua legittimità. Ci sono state piccole decisioni lungo il percorso che ne hanno consolidato il funzionamento, ma nulla che dicesse chiaramente: questo è o non è coerente con la legge che governa un popolo libero.

Quest'anno, e soprattutto perché l'amministrazione Trump ha deciso di mettere in discussione l'intero modello, il meccanismo ha iniziato a funzionare male e a sgretolarsi. C'è ancora molta strada da fare, ma finalmente abbiamo la risposta alla domanda sulla legittimità di questo quarto potere: non è legittimo, non lo è mai stato.

Il libro, Is the Administrative State Unlawful? (2014), di Phillip Hamburger ha gradualmente innescato un enorme dibattito letterario a favore e contro, oltre a un crescente esercito di podcaster che lo hanno capito nel corso degli eventi successivi. È stato un classico caso di presa di coscienza: una volta che si vede una cosa, non si può più non vederla.

Il confronto attivo è iniziato durante il primo mandato di Trump. Arrivò a Washington aspettandosi di essere il capo del potere esecutivo, probabilmente perché questo è ciò che la Costituzione stabilisce all'Articolo 2, Sezione 1. Scoprì rapidamente il contrario. Tutto ciò che voleva cambiare era stato dichiarato off-limits. Per quanto ne sapeva, l'intera città concordava sul fatto che l'incarico fosse puramente cerimoniale.

Questo non gli andava giù. La tradizione, tipica dello Stato profondo, di ignorare il presidente a meno che non lo infastidisse, irritava non poco Trump. Alla fine si stancò dei complotti, degli intrighi e dei tentativi di indebolire l'autorità presidenziale – che considerava simili a quelli di un amministratore delegato, ma nessun altro era d'accordo – e decise di fare un test: licenziò James Comey da capo dell'FBI. Washington andò fuori di testa.

La persona a cui toccò il compito di licenziarlo fu il giudice Rod Rosenstein, la cui sorella lavorava al CDC. Si trattava di Nancy Messionier, la quale convocò la prima conferenza stampa sulla questione di un nuovo virus proveniente dalla Cina che, a suo dire, avrebbe richiesto cambiamenti radicali nella vita americana. Il suo ruolo fu rivelato per la prima volta dal giornalista del New York Times, che in seguito affermò di essere stato ingannato.

Nessuno al CDC si prese la briga di verificare con Trump. Quando gli fu chiesto di firmare per i lockdown, un mese dopo l'annuncio iniziale del CDC, l'impresa era stata praticamente compiuta. Scelse di prendere il toro per le corna piuttosto che essere divorato vivo dai media generalisti, pronti a incolparlo di ogni morte. Trascorse gli otto mesi successivi a emanare proclami sui social media – inizialmente pessimi, poi sempre migliori – ma fu quasi completamente ignorato dallo Stato amministrativo che aveva scatenato.

Poco prima di lasciare l'incarico nel 2020, Trump emise un ordine esecutivo che avrebbe riclassificato una parte del personale pubblico come dipendente con mansioni soggette a licenziamento. Ogni sede che si occupava di affari federali fu colta da un'ondata di panico per le conseguenze che questo avrebbe avuto sul futuro del racket centenario che avevano gestito. L'ordine fu rapidamente revocato dal nuovo presidente al momento del giuramento, un'azione che ha dato il via alla grande battaglia del futuro: Washington contro il popolo.

Dopo quattro anni di esilio Trump e il suo team hanno pianificato la loro vendetta. Era chiaro a tutti che la questione era fondamentale. Avrebbe dovuto rischiare tutto sottoponendo la questione alla Corte Suprema. Lo ha fatto emanando un numero record di ordini esecutivi riguardanti il ​​ramo esecutivo, tutti presupponendo che potesse agire come un presidente.

Il team di Trump aveva previsto una raffica di cause legali seguite da ingiunzioni, molto simile a quanto accaduto nel 2019-2020. Questa volta avrebbe dato battaglia a livello giudiziario e avrebbe portato la questione in cima alla sua lista. È stata una scommessa rischiosa, ma ha pagato. Sapeva che la struttura dello status quo era completamente indifendibile da un punto di vista costituzionale.

Il colpo più recente allo Stato amministrativo tocca il cuore della questione. Nel caso Trump contro l'American Federation of Government Employees (8 luglio 2025), la Corte Suprema ha sostenuto il diritto del presidente di procedere a licenziamenti di massa di dipendenti federali. C'è stato un solo voto contrario da parte della giudice Ketanji Brown Jackson, la quale aveva annullato altri ordini di Trump quando era giudice distrettuale di Washington.

Il dissenso della Jackson cerca di dare un senso al quarto ramo del governo. “Secondo la nostra Costituzione, il Congresso ha il potere di istituire agenzie amministrative e di specificarne le funzioni”, ha scritto, “pertanto, nel corso dell'ultimo secolo, i presidenti che hanno tentato di riorganizzare il governo federale hanno prima ottenuto l'autorizzazione dal Congresso”. In mancanza di tale autorizzazione, ha affermato, la Corte dovrebbe abbracciare il “mantenimento dello status quo per ridurre i danni”.

“Questa azione esecutiva promette licenziamenti di massa, cancellazione diffusa di programmi sociali e servizi federali, e lo smantellamento di gran parte del governo federale così come lo ha creato il Congresso. Ciò che una persona (o un Presidente) potrebbe definire ingombrante burocrazia è la prospettiva di un agricoltore di ottenere un raccolto sano, la possibilità di un minatore di carbone di respirare senza problemi di polmonite, o l'opportunità di un bambino in età prescolare di apprendere in un ambiente sicuro”.

Eccoci qui: il cuore stesso della bestia della pianificazione centralizzata è a rischio. Almeno lei capisce la posta in gioco.

Quest'ultima sentenza – a cui probabilmente seguiranno molte altre – arriva sulla scia di una serie di decisioni simili, tra cui: Loper Bright Enterprises contro Raimondo (28 giugno 2024), che ha annullato la Deferenza Chevron (1986) riducendo l'autorità interpretativa delle agenzie governative e trasferendo il potere da queste ultime ad altri rami (rispettivamente giudiziario ed esecutivo); SEC contro Jarkesy (27 giugno 2024), che ha limitato l'uso di decisioni interne da parte delle agenzie governative rafforzando il controllo giudiziario; Corner Post, Inc. contro Federal Reserve (1° luglio 2024), che ha ampliato le possibilità di contestare vecchie normative; Ohio contro EPA (27 giugno 2024), che ha imposto una rigorosa conformità all'APA limitando l'eccesso di potere normativo; Garland contro Cargill (14 giugno 2024), che ha limitato le interpretazioni statutarie delle agenzie governative; Trump contro CASA (27 giugno 2025), che ha limitato le ingiunzioni a livello nazionale rafforzando l'azione esecutiva; City and County of San Francisco contro EPA (4 marzo 2025), che ha ridotto l'ambito normativo della stessa EPA.

Tutto questo è accaduto con una rapidità sorprendente: nel giro di un solo anno. Il regime durato cento anni è improvvisamente cambiato radicalmente per adattarsi a quanto progettato dai Padri Fondatori. Si tratta di un contro-colpo di stato contro la tirannia degli esperti e i sistemi di coercizione/controllo da loro attentamente costruiti. Anche se non ne sentiamo ancora gli effetti, il terreno ci è crollato sotto i piedi.

È un mito che i tribunali si limitino a esaminare la legge e a giudicare i casi in base al merito. Sono soggetti alle pressioni dell'opinione pubblica e si sono inchinati di fronte all'ethos del tempo. Quest'ultimo è cambiato, improvvisamente e drasticamente... perché?

Dal 2020 al 2023, con le ricadute che continuano ancora oggi, lo Stato amministrativo, che si era a lungo tenuto lontano dagli occhi della gente comune, ha insinuato profonde intrusioni negli affari privati ​​di ogni americano. Ha chiuso scuole, chiese e aziende; ha emesso ordini di restare a casa; ha sequestrato persone in strutture sanitarie, impedendo qualsiasi contatto con i familiari; ha poi imposto l'iniezione a moltitudini di persone con un vaccino sperimentale che non ha fatto altro che causare feriti e morti.

È una misura dell'arroganza e dell'egemonia di questa macchina burocratica – che si estende dalle agenzie governative alle aziende, dal mondo accademico al settore non-profit – il fatto che così tanti al suo interno credano di poterla fare franca con tutti questi oltraggi senza conseguenze. La rabbia pubblica è scoppiata, esprimendosi in ogni modo possibile e chiedendo un cambiamento. Quel cambiamento è iniziato: e ci sono le condizioni anche per uno molto più radicale, che potrebbe avvenire più in là nel tempo o forse prima.

Le intricate reti di influenza, corruzione, do ut des e furtivo saccheggio delle risorse e del potere del popolo si credevano invulnerabili, un po' come i governanti del vecchio impero sovietico nei mesi precedenti al suo crollo. Ogni vecchio regime si è creduto al sicuro fino al momento in cui i suoi leader hanno cercato rifugio e i suoi tirapiedi sono fuggiti sulle colline.

Con la risposta al Covid lo Stato amministrativo ha superato il limite, ha fatto il passo più lungo della gamba, ha tirato fuori il mattoncino Jenga sbagliato, o qualsiasi altro cliché si voglia scegliere. È stato l'evento scatenante, l'evento che ha smascherato il tutto. Viene in mente la guerra alla vodka di Mikhail Gorbaciov, che fece più della Glasnost o della Perestrojka per porre fine al regime e minare l'ultimo brandello di credibilità del governo del partito.

Per molti anni ci siamo chiesti come sarebbe stata la rivoluzione una volta tornati a casa. Ne abbiamo avuto un assaggio la scorsa settimana, quando le fotocamere degli iPhone hanno ripreso migliaia di dipendenti del Dipartimento di Stato mentre portavano i loro averi in scatole fuori dalle porte d'ingresso del palazzo che era stato a lungo la loro casa. Vivi secondo gli editti amministrativi; muori secondo gli stessi editti.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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I newyorkesi flirtano con il programma socialista nei supermercati

Mar, 14/10/2025 - 10:11

New York, come tutte le altre roccaforti democratiche sono un inferno dal punto di vista della quotidianità. Chi ci vive lo sa bene. La recente decisione di Trump di invaire la Guardia nazionale a Chicago e Portland, ennesime due grandi città americane che vengono attenzioante da tale provedimento, è una rispsota a una situazione che rischia di andare fuori controllo. Come a Detroit. I sindaci di tutte queste città democratiche hanno reso i posti da loro amministrati delle zone di guerra... letteralmente. Le ragioni sono sempre le stesse, le conosciamo bene: qualunque cosa toccano i democratici si trasforma in un girone infernale. Non c'è più nemmeno il beneficio del dubbio di pensare che siano degli incapaci, a questo punto anche i più scettici devono cedere all'unica idea possibile rimanente: c'è un disegno nel distruggere il tessuto sociale americano, distruggere la tenuta del patto sociale stesso. Mandare la Guardia nazionale era il minimo che Trump potesse fare visto che sono diventati, a tutti gli effetti, enclavi criminali. Tutte le grandi città che finiscono nelle grinfie di questa gente sperimentano un degreado verticale della qualità della vita; poi ci sono anche interi stati, come ad esempio la California, roccaforte della cricca di Davos. Non si può non concludere, quindi, che questo è qualcosa di voluto, un risultato ricercato, figlio di quelle contromosse avviate da suddetta cricca di Davos per mettere i bastoni tra le ruote all'amministrazione Trump e minimizzare, quanto più possibile, i danni che sta subendo dalla riorganizzazione del Paese. Il caos sociale, i venti di secessione e la spada di Damocle della guerra civile sono tutti strumenti nella “cassetta degli attrezzi” della cricca di Davos.

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di Barry Brownstein

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/i-newyorkesi-flirtano-con-il-programma)

Vivere a New York City non è facile. Il Cato Institute classifica lo Stato di New York come quello meno libero degli Stati Uniti. Oltre alle elevate imposte statali sul reddito, i residenti di New York City pagano un'imposta aggiuntiva del 3,876% sui redditi superiori a $50.000. L'imposta sulle vendite totale di New York City è dell'8,875%.

Oltre al carico fiscale, i residenti di New York City e dello Stato devono sopportare pesanti oneri normativi. Burocrazia imponente e corruzione vanno di pari passo, e New York non è certo priva di entrambe.

A New York, burocrazia e corruzione si traducono in un costo scolastico per studente sbalorditivo, pari a $36.293, il più alto del Paese. Sarebbe sbagliato credere che una spesa talmente ingente si possa tradurre in eccellenza educativa.

E ora, il candidato democratico a sindaco, Zohran Mamdani, afferma di voler “abbassare i costi e semplificare la vita” ai residenti di New York spendendo ancora di più. Promette il congelamento degli affitti, autobus gratuiti, asili nido gratuiti e negozi di alimentari gestiti dall'amministrazione pubblica.

Mamdani ci dice che i suoi negozi di alimentari si concentreranno “sul mantenimento dei prezzi bassi, non sul profitto”. Questi negozi pubblici non pagheranno l'affitto, o le tasse sulla proprietà, e “trasferiranno i risparmi ai clienti”. Mamdani promette di ricreare magicamente il miracolo della distribuzione alimentare in chiave moderna: “Acquisteranno e venderanno a prezzi all'ingrosso, centralizzeranno lo stoccaggio e la distribuzione, e collaboreranno con i quartieri locali per prodotti e approvvigionamento”. Nel suo spot su TikTok ci dice che i prezzi dei negozi di alimentari privati ​​sono “fuori controllo” e che i suoi negozi non aumenteranno i prezzi.

Alle primarie democratiche Mamdani ha ottenuto i voti dei laureati. Uno dei sostenitori di Mamdani, analfabeti economicamente ma “colti”, proveniente da una “famiglia conservatrice del nord dello stato di New York”, ha scritto un messaggio alla madre dopo le elezioni: “È stato bello sentire che il mio voto contava e che stava contribuendo ad aprire la strada al mondo in cui voglio vivere”.

Il mondo che questo elettore immagina non sarà quello in cui vorrebbe vivere.

Invece di una riforma fiscale e normativa, i piani socialisti di Mamdani risolveranno tutto con regali, spese folli e una generosa dose di “globalizzazione dell'Intifada”, antisemitismo e sentimenti anticapitalisti.

F. A. Hayek spiegò perché molte persone sostengono i politici che promuovono progetti socialisti. Nel suo libro, The Road to Serfdom, scrisse che le persone vogliono essere “sollevate dalla necessità di risolvere i [propri] problemi economici e [...] dalle scelte difficili che questo spesso comporta”.

Mamdani attribuisce al capitalismo la responsabilità delle scelte economiche che tutti dobbiamo affrontare. Per usare le parole di Hayek, gli elettori “sono fin troppo propensi a credere che la scelta non sia realmente necessaria, che sia loro imposta dal sistema economico in cui viviamo”.

Con queste mentalità Hayek ci avvertì di aspettarci “discorsi irresponsabili su una ‘abbondanza potenziale’”.

Il politico che fa campagna elettorale con un piano, per quanto ridicolo, ha un vantaggio quasi insormontabile rispetto al politico che cerca di spiegare come il processo di mercato risolva i problemi senza l'intervento dei pianificatori centrali. Quando le persone sono astoriche e analfabete in materia economica, desiderano ardentemente un piano.

Ciò che gli elettori non vedono è che una tassazione e una regolamentazione eccessive compromettono il funzionamento del mercato. Più il mercato è debole, più il governo interviene per dirigerlo, e per condizionare noi.

Hayek è stato chiaro sul dove tutto questo porta: “Dato che nelle condizioni moderne dipendiamo per quasi ogni cosa dai mezzi che i nostri simili ci forniscono, la pianificazione economica implicherebbe la direzione di quasi tutta la nostra vita”.

Oggi l'attuazione dei piani di Mamdani per i negozi alimentari non porterà a diffuse privazioni e carestie. Perché? Mamdani non può mettere fine a tutte le alternative dei negozi alimentari privati. Chi desidera l'esperienza del DMV quando fa la spesa può fare acquisti nei negozi di Mamdani. A seconda di quanti soldi dei contribuenti intende sprecare, Mamdani potrebbe indebolire i negozi tradizionali, soprattutto per quanto riguarda i prodotti di prima necessità come latte, uova e carne. I negozi statali metterebbero fuori mercato alcuni negozi tradizionali. Le più a rischio saranno le piccole botteghe a conduzione familiare.

Nonostante le accuse di Mamdani di speculazione sui prezzi, il supermercato medio opera con un margine di profitto di circa l'1,6%. I supermercati sono spinti a operare in modo efficiente con il minimo spreco a causa della forte concorrenza. I burocrati non sanno nulla di efficienza, né hanno la conoscenza per gestire i supermercati. Con una contabilità onesta, i supermercati di Mamdani opererebbero con perdite enormi.

I capitalisti contro cui si scaglia Mamdani non sempre si comportano virtuosamente, ma come sottolinea John Mueller nel suo libro, Capitalism, Democracy and Ralph's Pretty Good Grocery, il processo di mercato nel capitalismo tende a “premiare comportamenti imprenditoriali onesti, equi, civili e compassionevoli, e ispira una forma di assunzione di rischi che può essere definita eroica”.

Nel suo libro, Conscious Capitalism, il fondatore di Whole Foods, John Mackey, osserva: “La fiducia è fondamentale per avere un buon rapporto con i clienti”.

Market Basket è una catena di supermercati del New England. Qualche anno fa clienti, dipendenti e venditori hanno scioperato durante un'acquisizione ostile, costringendo a un'inversione di tendenza. Market Basket, insieme a Wegmans, è nota per la forte fedeltà dei suoi clienti e anche dei suoi dipendenti. L'amministratore delegato di questa catena di supermercati ritiene che “Market Basket abbia un obbligo morale nei confronti delle comunità che serviamo”. Sostiene le sue parole offrendo prezzi bassi ai clienti e avanzamenti di carriera per i dipendenti. Market Basket promuove i dipendenti in base al merito, non all'anzianità. Al contrario, l'anzianità fa avanzare i dipendenti pubblici, che sono molto difficili da licenziare. Nei negozi di Mamdani dovreste aspettarvi che i dipendenti si comportino come i negozianti dell'era sovietica.

Wegmans figura costantemente nella lista delle “100 migliori aziende in cui lavorare” della rivista Fortune. Il suo ex-presidente, Robert Wegman, ha affermato, riferendosi al suo trattamento dei dipendenti: “Non ho mai dato più di quanto ho ricevuto”. In questa dichiarazione di principio, si percepisce la convinzione che il mondo degli affari sia un'impresa “win-win”, non “win-lose”.

Le persone attratte dal socialismo vogliono ricevere prima di dare. I loro eroi, come Mamdani, credono che ai miliardari non dovrebbe essere permesso di accumulare tanta ricchezza. Se Mamdani venisse eletto, aspettatevi che i ricchi newyorkesi fuggano dalla città.

Oggi i supermercati offrono fino a 60.000 articoli diversi. Supponiamo che i punti vendita di Mamdani funzionino più come un Trader Joe's, con solo 4.000 articoli. Su quali basi tali punti vendita decideranno cosa tenere in magazzino? Nel suo libro, Dismantling Utopia: How Information Ended the Soviet Union, Scott Shane ci aiuta a rispondere a questa domanda.

Shane era curioso di sapere perché “alcune delle file più lunghe a Mosca fossero per le scarpe”. Naturalmente dava per scontato che “l'inefficiente economia sovietica non producesse abbastanza scarpe”.

Con sua sorpresa, Shane scoprì che per ogni adulto e bambino, l'Unione Sovietica produceva “più di tre scarpe all'anno”. Come poteva esserci una carenza di scarpe?

Shane ce lo spiega: “La comodità, la vestibilità, il design e la combinazione di taglie delle scarpe sovietiche erano così fuori sintonia con ciò di cui la gente aveva bisogno e desiderava che essa era disposta a fare la fila per ore pur di acquistare ogni tanto un paio di scarpe, solitamente importate”. I pianificatori sovietici avevano scelto una scarpa di consenso, ed era una che soddisfaceva poche esigenze.

Persone come me che vivono in campagna non penserebbero mai che i consumatori pagherebbero due o tre volte il prezzo per uova biologiche certificate, allevate al pascolo, rispetto a quelle “normali”. Eppure la quotidianità ci dice che sono disposti a pagare un sovrapprezzo, e i supermercati dedicano un notevole spazio sugli scaffali a marche diverse di uova.

Lo stesso tipo di decisione viene presa in ogni corsia di un supermercato. Fermatevi un attimo nel reparto yogurt per dare un'occhiata all'incredibile varietà di scelta: greco, bulgaro, islandese, biologico, non biologico, latte intero, parzialmente scremato, senza grassi, zuccherato, non zuccherato e un numero sorprendente di gusti.

Mamdani condanna il capitalismo e i profitti, ma non comprende il meccanismo del mercato. Prezzi e profitti aiutano gli imprenditori a individuare il mix di prodotti ottimale per i loro clienti. Nel socialismo le decisioni vengono prese in base ai capricci dei burocrati.

Hayek nel suo saggio, The Use of Knowledge in Society, scrisse:

Sono convinto che se [il sistema dei prezzi] fosse il risultato di un deliberato progetto umano, e se le persone guidate dalle variazioni dei prezzi capissero che le loro decisioni hanno un significato che va ben oltre il loro obiettivo immediato, questo meccanismo sarebbe acclamato come uno dei più grandi trionfi della mente umana.

Mamdani non è impressionato dal miracoloso processo di mercato; è impressionato dalle invettive della sua mente presumibilmente superiore.

Vivevo a Baltimora quando, negli anni '80, arrivò una nuova ondata di emigrati sovietici. Le famiglie ospitanti, che aiutavano questi nuovi arrivati ad adattarsi alla vita americana, mi raccontavano dei primi incontri degli emigrati con la cornucopia del nostro Paese. Raccontavano di emigrati sbalorditi dall'abbondanza nei supermercati. Alcuni rimasero paralizzati, sopraffatti dalla vastità della scelta; altri riempirono freneticamente i carrelli, temendo che gli scaffali sarebbero rimasti vuoti il ​​giorno dopo.

Rimasero stupiti nello scoprire che nessun funzionario governativo dettava l'ubicazione dei supermercati, o gli orari di apertura dei negozi; nessun funzionario dettava cosa vendevano, o chi erano i loro fornitori.

Non molti anni dopo, nel 1989, Boris Eltsin, allora membro del Parlamento sovietico, visitò un supermercato in un sobborgo di Houston. Nemmeno le élite sovietiche avevano accesso a una tale abbondanza. Sbalordito e perplesso, Eltsin chiese: “Quanto costa? Serve un'istruzione speciale per gestire un supermercato? Sono tutti così i negozi americani?” Jon Miltimore sottolinea: “L'esperienza di Eltsin quel giorno era in contrasto con tutto ciò che sapeva”.

Mamdani ha sperimentato la cornucopia generata dal processo di mercato; non ha le scuse di Eltsin. Per promuovere il suo programma socialista, Mamdani indossa intenzionalmente dei paraocchi e induce gli elettori a credere di non dover assumersi la responsabilità delle proprie scelte economiche.

Alcuni ignorano la sua ascesa, sostenendo che l'adesione dei Democratici a candidati così radicali sia autodistruttiva per il loro partito. Ciò che mi preoccupa è la probabilità che una crisi economica pre-2028 possa creare sostegno per candidati presidenziali in stile Mamdani. Se gli elettori di New York City non lo sconfiggeranno alle urne a novembre, potremmo avere nuovi casi di devastazione dei mercati.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Cosa impedisce a Trump di accendere la “motosega” come Milei?

Lun, 13/10/2025 - 10:10

Il vero “nemico” dietro le quinte non è la Cina, non è la Russia, non è nemmeno Israele... è l'Europa. Ogni mossa di Trump è stata combattuta con unghie e denti proprio dall'UE, ogni voce discordante s'è levata dall'UE. Alla fine della fiera, per quanto una crisi possa essere ingegnerizzata o meno, c'è bisogno di collaterale fisico per dimostrare di poter resistere a essa. L'UE non ce l'ha, per giunta nemmeno quello energetico. Trump ha rispedito al mittente la strategia europea di prosciugare di capitale gli USA: ha tagliato fuori l'UE da qualunque fonte di approvvigionamento energetico a basso costo, costringendola ad andare all-in sulla narrativa fraudolenta riguardo la Russia. Ha fatto saltare gli accordi di ricostruzione dell'Ucraina precedentemente ad appannaggio di UE e UK e ha stretto accordi con gli stati del Golfo tagliando fuori, ancora una volta, UE e UK. Trump ha altresì capito che gli accordi di pace senza sviluppo commerciale sono inutili: ecco perché la pace tra azeri e armeni prevede un corridoio per i trasporti tra i Paesi fino al Mar Caspio; ecco perché la pace con la Russia e la Cina prevede la costruzione di un corridoio di trasporti da San Pietroburgo fino a Chabahar sull'Oceano indiano; ecco perché il piano di sviluppo immobiliare a Gaza. Il vero interesse dell'amministrazione Trump è spaccare in due l'Europa: dividere gli stati del Sud da quelli del Nord. Separare il grano dalla pula: creare un cuneo tra Francia, Germania, Inghilterra e tra Italia, Spagna, Portogallo, Grecia. Ecco perché spagnoli e portoghesi stanno raggiungendo accordi per spostare la produzione di alcune imprese negli Stati Uniti; perché l'Italia continua a guadagnare fiducia nel mercato obbligazionario; perché la Grecia si vede arrivare sul suo territorio armamenti americani spostati dalla Germania. Il recente “gioco” del riconoscimento dello stato di Palestina è un test di lealtà dell'UE: essa sta pericolosamente perdendo il controllo sul Mediterraneo e qualunque accesso rimanente a una parvenza di collaterale decente.

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di Daniel Lacalle

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/cosa-impedisce-a-trump-di-accendere)

Negli ultimi mesi molti libertari hanno criticato le politiche economiche di Donald Trump, sostenendo che non sta attuando drastici tagli alla spesa pubblica come ha fatto Javier Milei in Argentina.

Tuttavia questo confronto ignora le principali differenze strutturali e contestuali tra i due Paesi e i loro governi. Di seguito una spiegazione dettagliata del perché la situazione negli Stati Uniti è diversa da quella in Argentina e del perché le critiche alla strategia di Trump sono infondate.


1. Il bilancio ostruito: l'eredità di Biden

È difficile capire perché i libertari europei non riescano a comprendere un concetto così basilare come quello di “anno fiscale”. L'anno fiscale statunitense inizia il 1° ottobre e l'amministrazione Biden ne ha approfittato per aumentare la spesa.

Quando Trump ha assunto la carica nel gennaio 2025, il 97% del bilancio federale per tale anno era già stato impegnato o speso. Ciò era dovuto all'approvazione da parte dell'amministrazione Biden di diverse “Risoluzioni di continuità per l'intero anno” che bloccavano la maggior parte dei fondi e delle spese per l'anno fiscale 2025. Pertanto Trump non aveva margine per effettuare tagli immediati e drastici, poiché la maggior parte del bilancio era intoccabile fino al successivo ciclo fiscale.

Nonostante ciò nel 2025 sono state effettuate riduzioni della spesa discrezionale pari a $541 miliardi e il deficit accumulato tra aprile e maggio 2025 è stato inferiore del 97% rispetto allo stesso periodo del 2024.


2. Spesa non discrezionale e discrezionale

La spesa non discrezionale (che include programmi come la previdenza sociale e Medicare) era già stata aumentata dall'amministrazione Biden e tale aumento è entrato in vigore tra febbraio e dicembre 2024. L'anno fiscale statunitense inizia a ottobre e Biden ha implementato la maggior parte di questi aumenti attraverso risoluzioni continue e l'estensione dei programmi esistenti, consolidando e, in molti casi, aumentando la spesa federale in settori chiave.

Tali risoluzioni prevedevano oltre $100 miliardi in fondi per programmi federali di assistenza in caso di calamità, $29 miliardi per il Fondo di soccorso in caso di calamità della FEMA e $10 miliardi in assistenza economica per i produttori agricoli.

Alla fine del 2024 Biden ha approvato un aumento di $54 miliardi (8%) nei principali programmi di spesa obbligatoria come la previdenza sociale, Medicare e Medicaid, nonché l'estensione dell'Obamacare, tutti applicabili al 2025.

Il bilancio dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente (EPA) è cresciuto di $21 miliardi (700%) e l'amministrazione Trump è riuscita a stanziare solo $14 miliardi discrezionali.

È fondamentale ricordare che Biden ha fatto tutto questo senza una nuova legge di bilancio, semplicemente mantenendo ed estendendo gli stanziamenti esistenti.

Il bilancio proposto da Biden per il 2025 prevedeva ulteriori aumenti, ma questi sono stati bloccati perché non hanno ricevuto l'approvazione del Congresso.

Trump ha bisogno dell'approvazione del Congresso per annullare questi aumenti e ridurre la spesa. Questo è ciò che prevede la “Big Beautiful Bill”. D'altro canto sono state impegnate anche spese discrezionali, soprattutto per la difesa, limitando ulteriormente il margine di manovra immediato del nuovo governo.

La Big Beautiful Bill prevede la prima riduzione della spesa non discrezionale negli ultimi sessant'anni ($1.600 miliardi) e $2.400 miliardi per quella non discrezionale.


3. Risultati fiscali iniziali

Nonostante queste restrizioni, l'amministrazione Trump ha ottenuto alcuni progressi: ad aprile è stato registrato il secondo surplus fiscale più grande della storia e, sebbene a maggio sia ricomparso un deficit, il deficit tra marzo e maggio è stato contenuto rispetto al 2024. Ciò indica che erano già state adottate misure per migliorare la situazione fiscale, principalmente attraverso maggiori entrate derivanti da accordi commerciali e dalla crescita del settore privato.


4. La “Big Beautiful Bill” e la riduzione del deficit

È sorprendente che alcuni libertari e Austriaci critichino la Big Beautiful Bill, aderendo alla narrazione keynesiana secondo cui non ci saranno miglioramenti nelle entrate, nella crescita, nell'occupazione, o negli investimenti derivanti dalla deregolamentazione, dagli accordi commerciali e dai tagli fiscali.

Mi sorprende che alcuni libertari neghino la Curva di Laffer e l'impulso dato dalla deregolamentazione. La Big Beautiful Bill incorpora $7.000 miliardi in investimenti dai negoziati commerciali, che attrarranno anche $4.000 miliardi di entrate fiscali nel corso della legislatura e un effetto di stimolo sull'economia che si traduce in un aumento delle entrate fiscali nello scenario di base da $1.200 miliardi.

Contrariamente a quanto sostengono alcuni critici, la “Big Beautiful Bill” non aumenterà il deficit, ma lo ridurrà significativamente.

Tra il 2026 e il 2027 si prevede una riduzione di $1.600 miliardi nella spesa non discrezionale e $2.400 miliardi in quella discrezionale. Inoltre si prevede un aumento delle entrate fiscali grazie alla deregolamentazione, ai tagli fiscali e ai nuovi accordi commerciali, cose che rafforzeranno la crescita economica e l'occupazione.

Noi liberali, libertari e Austriaci dovremmo essere meno critici nei confronti del più grande sforzo di riduzione dello stato, liberalizzazione, deregolamentazione, tagli alla spesa e riduzione delle tasse dal 1990, ma soprattutto, alcuni non dovrebbero accettare la narrazione che nega l'effetto positivo sulle entrate e sulla crescita da parte della deregolamentazione, dei tagli alle tasse e dei negoziati commerciali.


5. Confronto con Milei: somiglianze e differenze

Milei è stato in grado di attuare tagli immediati perché ha ereditato un bilancio aperto e un'inflazione estremamente elevata, cose che gli hanno permesso di ridurre la spesa pubblica in termini reali senza doverla aggiustare all'inflazione. Il bilancio dell'Argentina non include le disposizioni introdotte dall'amministrazione Biden, quindi Milei è stato in grado di attuare una riduzione del 30% della spesa pubblica immediatamente e con indiscutibile successo, soprattutto eliminando sussidi, opere pubbliche e trasferimenti sociali non automatici.

Al contrario Trump ha ereditato un bilancio già impegnato e un'inflazione molto più bassa (meno del 2,5%), limitando l'impatto del mancato aggiustamento della spesa all'inflazione.

Confrontando le due amministrazioni, si nota uno sforzo molto simile. Trump ha ridotto la spesa pubblica del 5% nel primo trimestre, con risparmi superiori a $540 miliardi. Entro la fine del suo mandato, Trump avrà attuato una riduzione della spesa pubblica equivalente a quella di Milei.

Entrambi i leader hanno promosso politiche di riduzione delle tasse, deregolamentazione e incentivo degli investimenti e dell'occupazione. Tuttavia gli strumenti e il margine di manovra di Trump sono stati condizionati dalla struttura istituzionale statunitense e dalle decisioni della precedente amministrazione.


6. Conclusione

Le politiche di Trump e Milei condividono l'obiettivo di ridurre la spesa pubblica, promuovere la crescita e migliorare l'occupazione, ma le circostanze di partenza sono radicalmente diverse. Criticare Trump per non aver acceso immediatamente la “motosega” ignora i vincoli di bilancio e legali che deve affrontare negli Stati Uniti. Ciò che conta è riconoscere che, entro i suoi limiti, Trump sta attuando tagli storici e politiche pro-crescita che avranno un impatto positivo sull'economia statunitense nel medio termine.

Il mio messaggio a coloro che attaccano l'amministrazione Trump perché non è abbastanza liberale è il seguente:

• Indicate un'unica amministrazione statunitense che abbia implementato con successo un approccio analogo alla deregolamentazione, ai tagli fiscali e alla riduzione della spesa, approvando al contempo una significativa riduzione della spesa non discrezionale sia al Congresso che al Senato.

• È curioso accettare le stime keynesiane sull'impatto fiscale. È sorprendente negare l'impatto positivo della riduzione delle importazioni, dell'aumento delle esportazioni e di maggiori introiti derivanti dagli accordi commerciali. Negare la spinta economica e fiscale derivante dalla deregolamentazione e dai tagli fiscali è imperdonabile.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Un labirinto di aggiustamenti: interni ed esterni

Ven, 10/10/2025 - 10:00

 

 

di Francesco Simoncelli

(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/un-labirinto-di-aggiustamenti-interni)

Uno dei migliori insegnamenti che Hayek avrebbe lasciato in eredità era quello legato alla conoscenza di mercato. Quest'ultimo ha al suo interno una così grande mole di informazioni che è impossibile per un solo individuo, o un gruppo di essi, riuscire a padroneggiarla interamente. Nel bellissimo saggio, The Use of Knowledge in Society, questa lezione viene ribadita aggiungendo a corredo un altro aspetto: quello che gli individui possono fare è creare un filo coerente tra i pezzi di informazione che trovano sparsi e utilizzarli per fare impresa. Quando, poi, questi fili si intrecciano con quelli intessuti da altri, ecco che si viene a creare una rete che dà vita al famoso ordine spontaneo di cui lo stesso Hayek aveva approfondito l'esistenza aggiungendoci la teoria del capitale di Bawerk. Questa rete è replicabile e visibile in altri ambiti, non solo quello economico: Bitcoin, ad esempio. Anche in quello della divulgazione vale lo stesso principio e raccogliere informazioni intriganti/interessanti nel mare magnum delle idee è un compito alquanto arduo; i flutti presenti in questo oceano sono in gran parte confusionari e non permettono l'accesso a qualcosa di utile. La combinazione di idee, molto spesso, conduce a un vicolo cieco.

Occorre un lavoro di scandagliamento approfondito e un processo di trial/error altrettanto accurato. Quando avete letto nel mio ultimo libro, Il Grande Default, di come la cricca di Davos si fosse infiltrata a più livelli nelle stanze dei bottoni americane, avete avuto una chiave di lettura completa della situazione. Ne avete una parziale quando Trump parla in modo vago di “nemici interni”. Anche JP Morgan, ad esempio, aveva uffici in Europa, ma questo non impediva alle 17 banche europee di impostare il LIBOR e svuotare della ricchezza reale gli USA tramite il mercato dell'eurodollaro. Questo concetto è ancora sconosciuto ai più, anche a molti della Scuola Austriaca e seguaci della stessa, ed è grazie al mio manoscritto e al mio blog se in Italia è possibile approfondire questo tema. Non lo troverete trattato da nessun altra parte.

NOW - Trump: "We're under invasion from within." pic.twitter.com/HrY4tK43Ov

— Disclose.tv (@disclosetv) September 30, 2025

Fatto sta che una istituzione non è monolitica, così come non lo è uno stato. Entrambi sono costituiti da persone, che possono essere trasformati in asset... infiltrati. I confini nazionali servono solo a giustificare davanti agli occhi dei contribuenti il fatto che essi debbano essere spremuti per sostenere la nazione; esistono in realtà famiglie, interessi e gruppi di pressione che si spartiscono il diritto di governare un territorio. Negli USA sta prevalendo uno in particolare, che per amore di semplificazione chiameremo NY Boys, facendo valere le proprie ragioni anche all'estero avendo rimpatriato il controllo del dollaro offshore. Qui non esistono buoni o cattivi, ma solo interessi e alleanze/tradimenti. Per la gente comune, invece, solo occasioni per trarre vantaggio dalla corretta lettura di queste dinamiche.

Addirittura anche all'interno dell'FOMC esistono queste divisioni e sono state evidenti sin dal 2017, per chi sapeva dove guardare, quando Powell ha avviato il processo di riorganizzazione della nazione. Lui era uno di quelli contrari all'obiettivo del 2% d'inflazione come impostato da Bernanke e poi seguito dalla Yellen. Infatti è stato grazie a questo escamotage che entrambi sono stati in grado di applicare con relativa facilità la ZIRP e, quindi, permettere l'ipertrofia del mercato dei dollari offshore. Powell era dell'idea di seguire la linea di Singapore ad esempio: mirare alla banda di un tasso di cambio, non a quella dell'inflazione o del mercato del lavoro. A Jackson Hole, lo scorso agosto, ha praticamente cestinato la regola del “2% d'inflazione come obiettivo” (flexible targeting). Ciò avvalora ancora di più la tesi secondo cui la FED e l'amministrazione Trump, nonostante le scaramucce di facciata da dare in pasto alla stampa generalista per sviarla, stanno lavorando insieme per riformare la FED stessa. A tal proposito, a essere licenziata è stata Lisa Cook, non Powell.

Non è più una supposizione che, oltre alla rete tentacolare democratica che attraversa nazioni e raccoglie al suo interno movimenti violenti che possono essere "dosati" capillarmente, ne esiste una anche a livello finanziario. Scommettiamo a chi fa capo?https://t.co/sZOU3CaZ9G

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) October 1, 2025

L'obiettivo è cambiare il modo in cui la FED interagisce con l'economia e un primo passo in questa direzione è tornare a un'istituzione antecedente al 1935, anno i cui Roosevelt la trasformò nella realtà attivamente interventista di oggi. Non più un ente centralizzatore, ma uno con un ruolo sempre più marginale per ciò che concerne politica monetaria e fiscale. Mi spiego meglio. Con l'approvazione del GENIUS e STABLE Act gli Stati Uniti avranno un dollaro “interno” che avrà un certo prezzo e un dollaro “esterno” che ne avrà un altro di prezzo (superiore al primo, data la presenza di una commissione per il privilegio di usarlo). In questo modo l'economia interna sarà distaccata, o perlomeno di gran lunga meno influenzata, da ciò che accade esternamente. Il SOFR imposta i tassi d'interesse in base agli andamenti dei mercati del debito/credito statunitensi, non più internazionali. Lo stress finanziario, che in precedenza partiva dall'Europa e dal Regno Unito tramite il LIBOR, ha meno capacità di influenzare il resto del mondo e forzare una linea di politica coordinata a livello di banche centrali.

I salti mortali per conciliare l'economia interna con quella esterna possono essere abbandonati e concentrarsi sulla ricostruzione della classe media americana, fatta a pezzi dalla ZIRP e dalla progressiva finanziarizzazione dell'economia. La correzione di Wall Street sarà assorbita da Main Street ed ecco perché Trump ha solleticato i mercati con la retorica dell'abbassamento dei tassi: prima che potesse accadere questi ultimi dovevano essere convinti che ci fossero prove, che l'attuale amministrazione avesse davvero intenzione di rimettere a posto l'equazione fiscale della nazione. L'approvazione della Big Beautiful Bill è stato un passo in questa direzione, la politica commerciale un altro e la deregolamentazione/snellimento burocratico un altro ancora. I risultati non si sono fatti attendere, con buona pace di chi sventolava il feticcio della bancarotta.

Pessimo giorno per gli "smemorati". Dopo essersi strappati i capelli per la "catastrofe" del rollover del debito americano, si stracciavano le vesti per i deficit della BBB che avrebbero mandato in bancarotta il Paese. Indovinate un po'? La revisione del CBO segna un surplus. https://t.co/jSHk6JD1dM

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) September 18, 2025

Con tassi lievemente più bassi, ora, è possibile mettere una pezza a uno dei mercati più importanti per la classe media americana: quello immobiliare. “Aggiustare” i prezzi delle case in modo da rapportarli agli stipendi pagati, affinché i giovani possano uscire dalle case dei genitori, creare nuovi nuclei famigliari e infine ricostruire il “sogno americano”. Ecco perché sarà fondamentale la IPO riguardante Fannie Mae e Freddie Mac, questo li porterà entrambi fuori dalla conservatorship e li farà tornare entrambi in profitto rivitalizzando il mercato dei mutui trentennali americano. Fannie e Freddie sono la nona compagnia più profittevole al mondo, solo l'anno scorso hanno fatto registrare $29 miliardi in commissioni e Obama le usava per finanziare l'Obamacare: immaginate ora cosa potrebbero fare se portate fuori dall'alveo pubblico e liberalizzate, soprattutto se fondi pensione e agenzie di assicurazione possono investire e tirarci fuori rendimenti decenti. Se ci aggiungiamo anche la rimozione della Supplemental Leverage Ratio e la liberazione del capitale bancario immobilizzato (parliamo di circa $5.500 miliardi in riserve in eccesso) che doveva essere detenuto nei loro bilanci come ulteriore garanzia a supporto dei titoli di stato americani (l'asset più liquido e affidabile al mondo dal 2022), le banche americane ottengono un vantaggio non indifferente rispetto alle controparti europee e la concessione di prestiti diventerà più facile.

Per quanto JP Morgan e Solomon Bank siano state le voci più forti nel sostenere questa causa, non significa che vogliano tornare a giocare d'azzardo sui mercati e far perdere le tracce di un qualsiasi confine tra investment banking e reserve banking. Significa principalmente tornare ad avere un margine netto d'interesse attraverso la loro attività principale: concedere prestiti. Gli strati aggiuntivi di burocrazia applicati dal Dodd-Frank Act hanno costretto le banche americane a concentrarsi fondamentalmente sul settore finanziario, incapaci di fare soldi col margine netto d'interesse. È questo che le banche dovrebbero fare: prestare soldi al 6%, dare il 3% d'interesse ai depositanti e trattenere per loro il restante 3%. Invece di analizzare il gradiente di rischio di un'azienda a cui concedere un mutuo, sono state indirizzate lungo la strada dell'ingegneria finanziaria e della finanziarizzazione dei loro bilanci (e indirettamente a quella di Main Street). Senza contare che anche le regole di Basilea 3 hanno rappresentato dei legacci importati alla profittabilità delle banche americane, mantenendo competitive le loro controparti europee. La zombificazione degli istituti di credito americani ha rappresentato un costante drenaggio di risorse, tramite la burocrazia, oltreoceano. Così come la raffica di norme di conformità a livello commerciale ha costretto il resto del mondo ad adattarsi agli standard normativi europei (assurdi), allo stesso modo ha funzionato la normativa bancaria; e non scordiamoci i tentativi multipli di trascinare in una guerra cinetica gli USA in Medio Oriente o in Ucraina. Cos'è che non fa notizia sui media generalisti, però? La crescita dei salari, i quali rispetto all'anno precedente mostrano, sebbene timidi, segni di ripresa. Ma per avere un quadro completo della situazione bisogna aggiungere anche un grosso cambiamento che sta avvenendo a livello di movimenti nei posti di lavoro. In sintesi, i colletti bianchi, i cui lavori sono scoppiati grazie agli strati di burocrazia posti sulla nazione, hanno esercitato una sorta di effetto crowding out nei confronti dei colletti blu: spostare un foglio sarebbe diventato più profittevole di creare un bene di consumo. E carriere del genere hanno significato mutui, bonus e tutta una serie di agi garantiti da un lavoro che non aggiungeva niente alla ricchezza reale, anzi col tempo l'ha sottratta. Un processo del genere non poteva far altro che “appaltare” al resto del mondo la manifattura, il settore secondario, a fronte di un progressivo affogare nel debito. Dollari uscivano ed entrava ciarpame di qualità progressivamente inferiore, ma i debiti rimanevano. È così che l'ipertrofia del mercato dell'eurodollaro ha tenuto in piedi la City di Londra e, come sottoprodotto, anche Bruxelles a scapito di Washington.

L'inversione di questa tendenza deve avvenire con gradualità e in modo organico, nonostante Trump volesse (apparentemente) forzare la mano a Powell. I numeri della disoccupazione non sono allarmanti perché è in atto un mutamento delle condizioni professionali negli USA, coadiuvato dalla R&S nel campo dell'IA, il quale permetterà di ricreare una sostenibilità effettiva nel mondo del lavoro. Parallelamente a ciò corre il binario degli investimenti esteri, la cui barriera all'ingresso sarà il possesso di titoli del Tesoro americani: oltre a far pagare al resto del mondo gli eccessi che ha contribuito a creare negli USA in passato, l'acquisto di titoli sovrani americani rappresenterà il biglietto d'ingresso al mercato più liquido, affidabile e profittevole del mondo. La cosiddetta “idraulica” del sistema finanziario americano viene così resa un asset nel bilancio della nazione. Ma non finisce qui, perché la tokenizzazione di questa classe di asset permetterà agli investitori non solo di scommettere sulla riorganizzazione del Paese ma anche su singoli progetti (industriali, ad esempio) in modo da ottenere un doppio rendimento.

Di conseguenza anche se Powell è “lento” nell'abbassare i tassi di riferimento, la progressione di questi eventi puntellerà il settore immobiliare mentre la classe media cercherà di uscire dal pantano di stagnazione creato ad hoc da una classe dirigente del passato intenzionata a svuotare la nazione piuttosto che a farla prosperare. Pensateci: se il vostro scopo è quello di saccheggiare un posto per mandare i proventi altrove, ciò non riuscirà a conciliarsi con una crescita sostenibile, nel tempo, di suddetto posto. Perché? Legge dei rendimenti marginali decrescenti. Se invece il vostro scopo è quello di spartire il bottino della nazione tra gli “amici degli amici” in patria e voi stessi, sarà decisamente più facile lasciare qualcosa anche al resto della popolazione. La felicità, relativa, di quest'ultima la incentiverà a chiudere un occhio sul resto delle scorribande ai piani alti. Perché? Legge dei rendimenti marginali acceleranti. Se prima del 2022 i partner commerciali degli USA erano tali solo per prenderne un pezzo, adesso è finalmente un rapporto paritario. Infatti quello che non capiscono gran parte degli Austriaci è che una volta tolto di mezzo lo strato di normative scritto dai nemici degli Stati Uniti e applicato da un Congresso di traditori, il mondo cambia letteralmente e diventa irriconoscibile.


IL CENTRO DEL LABIRINTO

Aggiustamento interno e poi aggiustamento esterno. Nel primo caso si tratta di ridare “speranza” a un'intera generazione, forse due, di americani che durante l'amministrazione Biden sono stati letteralmente privati di una qualsiasi preferenza temporale orientata al futuro. Guerre all'estero, inflazione e disoccupazione sono stati gli elementi principali del declino della classe media; l'amministrazione Trump “è stata chiamata” a risolvere soprattutto questi temi riducendo gli sprechi all'estero e aumentando gli impegni d'investimento internamente. Qualsiasi correzione non avviene senza dolore economico: può essere attenuato, ma non può essere cancellato. Questo a sua volta significa che la riorganizzazione del mondo lavoro non ci sarà senza scossoni iniziali che dovranno trovare successivamente un nuovo equilibrio; i numeri grigi che abbiamo letto di recente sono influenzati non solo da questa tendenza, ma anche dalla regolazione dei flussi migratori. L'effetto di ciò si sta già sentendo a livello immobiliare, dove gli affitti hanno smesso di correre ad esempio. Secondo le ultime stime ce ne sono altri 18 milioni circa in circolazione entrati nel Paese illegalmente grazie alle politiche migratorie lasche dell'amministrazione Biden e, inutile dirlo, l'effetto deflazionistico che avrà questa tendenza (espulsioni o incentivi monetari per andarsene) andrà a contrastare quelli inflazionistici ancora derivanti dallo stimolo fiscale del Build Back Better della precedente amministrazione.

Parallelamente al mondo del lavoro corre la politica commerciale, dove i dazi non solo non stati inflazionistici mentre invece hanno portato vitalità nelle casse del Dipartimento del Tesoro. Infatti hanno un effetto temporaneo su prodotti specifici, sempre che non sia il produttore/distributore a volerne assorbire l'impatto, ma soprattutto generano un gettito interessante per il governo americano. Questo significa che se Trump dovesse essere avvicendato da una presidenza democratica nel 2028, difficilmente verrebbero aboliti (così come la precedente amministrazione Biden non ha abolito i dazi sui prodotti cinesi). Se ci aggiungiamo anche che la Big Beautiful Bill avrà un effetto positivo sul bilancio federale, allora abbiamo di fronte un sentimento popolare/elettorale tutto sommato positivo nei confronti dell'attuale amministrazione.

Pessimo giorno per gli "smemorati". Dopo essersi strappati i capelli per la "catastrofe" del rollover del debito americano, si stracciavano le vesti per i deficit della BBB che avrebbero mandato in bancarotta il Paese. Indovinate un po'? La revisione del CBO segna un surplus. https://t.co/jSHk6JD1dM

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) September 18, 2025

Gli aggiustamenti esterni sono quelli più problematici, invece. Gli europei non possono permettersi di perdere la guerra in Ucraina perché significherebbe una caduta libera per il progetto UE e l'euro, visto che verrebbe a mancare la disponibilità di materie prime/risorse finanziarie (es. asset finanziari congelati nelle banche europee) che sono attualmente in Russia e che sono estremamente importanti per sostenere la credibilità del sistema bancario dell'Eurozona. Devono per forza andare avanti, quindi, ma non hanno affatto i mezzi per farlo se non attraverso gli Stati Uniti che però non vogliono affatto essere coinvolti in una guerra cinetica. Uno degli ultimi messaggi dati da Trump a tal proposito è possibile parafrasarlo in questo modo: “Volete che questa guerra continui a tutti i costi? Bene, allora li pagherete VOI questi costi. Se la NATO si vuole muovere verso un conflitto diretto allora noi vi venderemo le armi, ma ce le pagherete in anticipo”.

La domanda è: con cosa le pagheranno? Dal punto di vista energetico l'UE è in grossi guai: il petrolio al largo della Gran Bretagna è praticamente impossibile da estrarre causa burocrazia e tasse, e la Norvegia è sostanzialmente un circuito a sé stante. Dal punto di vista finanziario l'UE è in grossi guai: la fonte da cui accedeva a finanziamenti facili, il mercato dell'eurodollaro, viene prosciugata dalla FED; dopo l'entrata a pieno regime del SOFR, o si comprano titoli del Tesoro americani per accedere alla liquidità in dollari oppure si chiede una linea di credito (swap) alla FED... ma solo se si è ritenuti “degni”, come l'Argentina ad esempio. Infatti le politiche commerciali servono anche a questo: determinare chi è “amico” e chi non lo è. In questo modo l'accesso alla liquidità in dollari non sarà negato, ma arriverà con clausole come ad esempio una commissione d'accesso per usare la valuta più affidabile, credibile e necessaria al mondo. Questo scenario per l'Europa significa doversi preparare a sostenere dei costi, sia per la difesa sia per il comparto bancario/monetario/economico, che sottoporranno a forti pressioni al ribasso la moneta unica e accentueranno ancora di più la fuga di capitali verso gli Stati Uniti da parte di risparmi europei destinati al macello se resteranno nell'UE.

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Tutto rimandato all'anno prossimo... forse. Fanno ridere poi queste inchieste della stampa generalista, proprio perché mancano consapevolmente il punto. Qual è? Non sanno come fare.https://t.co/TMq4btZssw

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) September 29, 2025

Prima di una crisi del debito sovrana, la valuta che successivamente imploderà sale nel mercato dei cambi. Infatti l'Europa ha bisogno di liquidità in euro sia per pagare i salari, sia di liquidità in dollari per tenere in piedi tutti i suoi carry trade. Come ricordato in tempi non sospetti, il mondo si ri-dollarizza quando il DXY scende dato che la pressione di acquisto/vendita del dollaro viene di poco superata da quella d'acquisto dell'euro ad esempio.

È una giostra che può andare avanti fin quando esistono riserve in dollari da cui attingere, fino a quando qualcosa si rompe come a Hong Kong o a Singapore. Questi due hub sono da sempre stati una fonte non indifferente di dollari offshore, ma difendere ancoraggi del genere è diventato arduo da quando non esiste più il LIBOR. L'Autorità monetaria di Hong Kong, ad esempio, mantiene un differenziale di 25 punti base sul suo tasso di riferimento rispetto a quello della FED, il che significa che è stato impostato un carry trade da sfruttare. A sua volta stiamo parlando di un differenziale di 50-60 punti base tra i T-bill americani a 30 giorni e i loro omologhi di Hong Kong. L'HIBOR, la versione di Hong Kong del LIBOR, è stato appiattito fino allo 0,5% a maggio e da allora è rimasto lì: qualcuno sta vendendo dollari a sconto a Hong Kong. E visto che stiamo parlando di una colonia inglese da tempo immemore, tutti i sospetti ricadono sulla City di Londra.


CONCLUSIONE

È passato un anno da quando ho pubblicato il mio ultimo libro, Il Grande Default, e uno dei temi trattati in esso era il motivo per cui Stati Uniti ed Europa sono ai ferri corti. Tutto ciò che avete trovato nel mio manoscritto ha rappresentato una narrazione prevalentemente in linea con quanto osservato finora. Lo studio del sistema dell'eurodollaro, le sue criticità nel passato e l'origine del suo controllo, mi hanno permesso di avere una proverbiale “finestra sul futuro”. Quest'ultima affaccia su un presente, adesso, in cui l'UE viene costantemente costretta ad accettare il ritiro sulle proprie sponde da parte degli USA; qualunque deviazione da questa linea di politica verrà accolta da un'azione uguale e contraria fatta di power politics.

La consensus politics era solamente una scusa per permettere all'UE di insinuarsi nell'ordine mondiale e diventarne il punto di riferimento, sacrificando nel contempo gli Stati Uniti. I New York Boys hanno preso in mano le redini della situazione americana e hanno fatto ricorso a tutta la loro influenza territoriale per arginare questo assalto e con l'elezione di Trump è partito il contrattacco.

Le principali pedine geopolitiche sono state schierate: Giappone in Asia, Israele/Arabia Saudita/Azerbaijan/Armenia in Medio Oriente, Polonia/Italia/Grecia/Turchia in Europa. Alla Gran Bretagna, invece, verrà dato l'onore delle armi in cambio del ritiro/neutralità dalle sue zone d'influenza attualmente caratterizzate da conflitti e la resa di qualsiasi pretesa sul Canada. Chi viene estromesso dal rimodellamento del mondo di fronte al gigantesco cambiamento di rotta di Washington è il “nucleo” dell'Europa: Francia, Germania e Belgio/Olanda principalmente. Ecco perché sono propenso a pensare che l'UE si frammenterà lungo questi confini e si verranno a creare 2 (o forse più) Eurosistemi. Già adesso la BCE è praticamente un pro-forma, dato che le singole banche centrali nazionali non hanno mai smesso realmente di impostare/influenzare la politica monetaria delle rispettive nazioni attraverso i pronti contro termine.

Alla fine della fiera sono 3 i centri di potere nel mondo: Washington, City di Londra e Vaticano. Bruxelles, Francoforte, Parigi, ecc. non sono pervenute.


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Rosso, bianco e Bitcoin

Gio, 09/10/2025 - 10:09

Tutto rimandato all'anno prossimo... forse. Fanno ridere poi queste inchieste della stampa generalista, proprio perché mancano consapevolmente il punto. Qual è? Non sanno come fare. Come ho già detto in tempi non sospetti, l'approvazione negli USA del GENIUS e STABLE Act hanno reso in un singolo istante obsoleto qualunque sogno autoritario europeo tramite la valuta unica digitale. Già adesso Tether raggiunge in modo capillare ogni angolo del mondo e lo fa a costi irrisori; un euro digitale non potrà mai competere (senza contare che la versione digitale dell'euro è stata offerta anche da Tether stesso, ma nessuno l'ha voluta/usata). I mercati dei capitali, soprattutto, hanno capito qual è il destino dell'UE: frammentazione. Il mio orizzonte temporale è da 2 a 5 anni. E questo lo sta capendo anche la classe dirigente europea, passo dopo passo, stretta mortale dopo stretta mortale da parte delle nuove linee di politica americane. Infatti le due leggi sopraccitate sono un veicolo perfetto non solo per internazionalizzare il dollaro sotto l'egida esclusiva degli USA (non più condivisa con l'estero come invece accadeva col LIBOR), ma per creare una domanda aggiuntiva di titoli di stato americani e stabilizzarne le finanze interne. Dove sono finiti i “profeti di sventura” che si flagellavano in pubblica piazza parlando di bancarotta degli USA a fronte dei $7000 miliardi di debiti americani da rinnovare? Scomparsi, così come le loro chiacchiere inutili... utili idioti della propaganda inglese/europea di queste sciocchezze. Per quanto l'UE abbia provato con un'unione fiscale e obbligazionaria tramite i bond SURE, rimarrà un'utopia ormai. L'inevitabile spaccatura in due tronconi (come minimo) segnerà la fine di questo esperimento “turbo-socialista”, ma questo non significa che nel frattempo non ci sarà ulteriore temporeggiare per ritardare suddetto esito. Infatti, per quanto il progetto dell'euro digitale sia stato sospeso per il momento (e chissà se davvero il test pilota verrà messo in atto l'anno prossimo), è in fase di gestazione l'idea di “tokenizzare” il risparmio europeo per creare “rivendicazioni digitali” e quindi emettere dal nulla garanzie collaterali con cui sostenere Stati sociali fuori controllo, spese militari sempre più asfissianti e costi energetici alle stelle. Collaterale sintetico ovviamente, proprio perché l'Europa manca di qualsiasi garanzia credibile sui mercati (talmente disperata da continuare a fare “ammuina” sugli asset russi congelati perché altrimenti creerebbero giganteschi e nuovi buchi di bilancio negli istituti finanziari europei). Di conseguenza, quando sentirete la grancassa della propaganda europea spingere di nuovo sull'acceleratore riguardo i “russi cattivi” e la necessità di “riarmarsi”, perché questa narrativa fraudolenta sarà intensificata, sappiate che sono gli eurocrati che vi vogliono mettere furbescamente le mani nel portafoglio. All'angolo, sempre più schiacciata, c'è l'URSSE.

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di Logan Beirne

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/rosso-bianco-e-bitcoin)

Bitcoin può sembrare futuristico, ma una volta rimossa la sua patina digitale, è solo l'ultimo capitolo di una lunga storia di 2.600 anni fatta di valore, fiducia e ingegno umano. Dopo aver raggiunto livelli record, Bitcoin ha fatto notizia mentre le nazioni dichiaravano di avere riserve strategiche e le aziende americane abbracciavano questa nuova classe di asset. Perché proprio ora?

La risposta risiede in un modello antico quanto la civiltà stessa: quando gli stati corrompono una valuta, le persone cercano di innovare per ottenere qualcosa di meglio.

Come dice il proverbio: “La storia non si ripete, ma spesso fa rima”. Quando la prima moneta apparve nel 600 a.C., non era semplicemente una lega d'oro e d'argento con impresso il volto del re lidio. Fu una rivoluzione finanziaria. Per la prima volta le persone potevano superare le inefficienze del baratto e utilizzare invece un mezzo di scambio per commerciare, ma questo valore non risiedeva nel luccichio bensì nella consapevolezza collettiva degli individui che queste monete avevano valore.

L'integrità di quel sistema ha avuto alti e bassi nel corso dei millenni successivi, tipicamente a causa delle politiche di spesa governative. I denari romani con il dorso in argento permisero all'impero di prosperare, ma quando i successivi imperatori ne diluirono il valore – riducendo il contenuto d'argento per finanziare guerre e costruire grandi palazzi – i cittadini persero fiducia nella loro moneta. Quando l'imperatore Nerone ridusse il contenuto d'argento dal 98% all'83% nel 64 d.C., i Romani iniziarono ad accumulare vecchie monete e a rifiutare quelle nuove. Nel 260 d.C. il denario conteneva solo il 5% d'argento. L'inflazione aumentò vertiginosamente e il commercio crollò, contribuendo alla caduta finale dell'impero.

Gli Stati Uniti hanno combattuto crisi monetarie fin dalla nascita della nazione, ma a differenza di Roma, l'America ha costantemente innovato e trovato soluzioni lungo il percorso. Dopo aver dichiarato l'indipendenza dalla Gran Bretagna, il Congresso Continentale stampò la prima moneta cartacea della nazione. Chiamata “Continental”, non era coperta né da oro né da argento, solo dalla fiducia nel suo valore. Mentre l'oro e l'argento sono metalli relativamente scarsi con l'offerta limitata, la carta può essere stampata ed è esattamente ciò che fece il primo governo degli Stati Uniti.

Nel disperato tentativo di pagare le truppe e acquistare i rifornimenti necessari per combattere la Guerra d'Indipendenza, il Congresso si dedicò alla produzione di altre banconote. Esse inondarono il mercato, facendone crollare il valore, mentre gli americani si chiedevano se la nuova nazione avrebbe potuto mantenere le sue promesse. Nel 1777 un patriota si lamentò con suo padre dell'aumento dell'inflazione stimato al 200%, scrivendo: “L'America ha molto più da temere dagli effetti di grandi quantità di cartamoneta che dalle operazioni dei generali britannici”.

I prezzi salirono così rapidamente che lo stesso George Washington finì per rifiutare i Continental come pagamento. Divenne infatti comune descrivere qualcosa di scarso valore come “non degno di un Continental”. La valuta divenne così ridicola che i marinai la cucivano sui vestiti e sfilavano per la città per schernirla. Ma anziché crollare come l'Impero Romano, gli Stati Uniti innovarono: questa crisi monetaria fu la forza trainante che spinse i Padri Fondatori ad abolire il governo americano con gli Articoli della Confederazione e a redigere l'attuale Costituzione.

Questo cambiamento rappresentò più di una semplice riforma politica: fu un progresso monetario, con il passaggio da una moneta discrezionale a una basata su regole. Il nuovo governo degli Stati Uniti adottò un sistema bimetallico nel 1792, che legava il valore del dollaro sia all'oro che all'argento. Il Paese alla fine semplificò il suo approccio passando di fatto a un gold standard nel 1834, il quale durò fino al 1971, quando il presidente Nixon lo abbandonò a favore della moneta fiat. Come i Paesi continentali prima di esso, il dollaro è stato da allora coperto dalla fiducia nel suo valore: “full faith and credit” del governo degli Stati Uniti.

E poi arrivò la crisi finanziaria del 2008. Lehman Brothers crollò, le banche vacillarono... e la popolazione? Cominciò a chiedersi: “Cos'è il denaro?” Fu allora, dalle ombre digitali, che una figura anonima – Satoshi Nakamoto – lasciò cadere un white paper come un patriota che lancia un volantino alla vigilia della Guerra d'Indipendenza: Bitcoin, un sistema di moneta elettronica peer-to-peer. Niente imperatori, niente banche; solo matematica, crittografia e un record indistruttibile chiamato blockchain. Nacque un nuovo tipo di fiducia: non in un sovrano, ma in un codice informatico.

Quella che inizialmente era considerata un'interessante idea è stata rapidamente messa in pratica nel mondo reale. Gli utenti generano altri utenti, la fiducia cresce, gli imprenditori sognano. È una vera e propria saga storica che si svolge in tempo reale.

Bitcoin si è distinto dalle altre crittovalute che ha ispirato, in gran parte grazie alla sua scarsità: un imperatore non potrebbe più aggiungere rame a basso costo a monete d'argento, o il Congresso stampare altra carta, perché è codificato che esisteranno solo 21 milioni di bitcoin. Inoltre tutte le transazioni Bitcoin sono verificate da una rete decentralizzata di circa 20.000 computer in tutto il mondo che si controllano a vicenda al di là del volere dei politici. In un'epoca di spesa pubblica incontrollata, gli investitori si sono rivolti a Bitcoin che nessun governo può diluire. Un sistema decentralizzato che protegge i cittadini dal dominio dello stato: quanto è americano!

Non è un caso che il Bitcoin sia schizzato a una valutazione di $2.000 miliardi proprio mentre il debito pubblico degli Stati Uniti ha raggiunto livelli record. I ricercatori dibattono sulla durata media delle valute fiat nel corso della storia, con alcuni che collocano il momento della loro morte tra i 27 e i 35 anni. Poiché gli Stati Uniti sono fuori dal gold standard da oltre 50 anni, la storia suggerisce che il dollaro è destinato alla sostituzione.

Le persone si pongono l'annosa domanda: cos'è davvero il denaro? Mentre la fiducia nella moneta cartacea viene scossa dall'inflazione e dall'aumento della spesa federale, molti si stanno rivolgendo all'innovazione. Persino le nazioni stesse hanno iniziato a costituire riserve strategiche. Di fatto gli Stati Uniti sono il maggiore detentore di Bitcoin, posizionando ancora una volta l'America all'avanguardia nell'evoluzione monetaria.

Come consigliò John Adams nel 1787: “Tutte le perplessità, la confusione e l'angoscia in America non derivano dai difetti della Costituzione, né dalla mancanza di onore o virtù, quanto piuttosto dalla totale ignoranza della natura della moneta, del credito e della loro circolazione”. È dovere degli americani armarsi di conoscenza e impegnarsi nell'antica tradizione americana di sfidare i sistemi corrotti con idee migliori nel perseguimento della libertà.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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La resa dei conti della Francia: il secondo gigante dell'Eurozona sarà il prossimo in linea?

Mer, 08/10/2025 - 10:06

Il cappio al collo dell'UE continua a essere stretto, soprattutto dal punto di vista energetico. È un ricatto mafioso quello degli USA quando la vogliono costringere, pena dazi, ad acquistare il loro GNL... ma questa è power politics. Tutti fanno parte di una cupola mafiosa, solo che adesso gli USA si sono stancati di essere fregati dagli intrallazzi europei/inglesi. O scendono a più miti consigli accettando le condizioni di un nuovo assetto mondiale in cui gli USA dettano per davvero le regole (senza infiltrati esteri... inglesi... nelle loro stanze dei bottoni), oppure pagano le conseguenze fino in fondo della loro narrativa (in questo caso essersi tagliati fuori da una fonte energetica a basso costo come quella russa per trascinare in guerra gli stessi USA). Le recenti ondate di “terrorismo mediatico” su sconfinamenti russi o potenziali attacchi degli stessi in territorio europeo servono principalmente a far ingoiare il boccone amaro ai contribuenti europei: “Siete voi la nostra garanzia collaterale e pagherete per la nostra testardaggine, perché altrimenti verremo spazzati via come classe dirigente”. Questa tesi è supportata anche dalle recenti dichiarazioni del Pentagono in ambito “assistenza militare” nei confronti dei Paesi Baltici. Nel frattempo, come ricordato anche altre volte, gli Stati Uniti si apprestano a spostare l'asse commerciale del mondo verso l'Artico, costituendo un polo di scambi tra Russia e Cina. La notizia del WSJ riguardo la Exxon è un ulteriore segnale in tale direzione.

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di Thomas Kolbe

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-resa-dei-conti-della-francia-il)

La Francia è intrappolata in una spirale di debito e ora il presidente della Corte dei conti francese mette in guardia dalle conseguenze dell'inazione politica.

Pierre Moscovici è presidente della Corte dei conti francese da cinque anni, la quale supervisiona le revisioni periodiche delle finanze pubbliche del Paese. Dal 2012 al 2014 è stato Ministro delle finanze francese e poi ha ricoperto per cinque anni la carica di Commissario europeo per gli Affari economici e finanziari, la fiscalità e le dogane. Un uomo che sa come gestire le casse vuote.

Di recente Moscovici ha invitato il Primo ministro, François Bayrou, ad adottare misure urgenti per consolidare le finanze pubbliche. La situazione di bilancio della Francia, ha affermato, è sfuggita di mano, soprattutto nel 2023 e nel 2024. Se non si raggiungerà presto un'inversione di tendenza, i mercati dei capitali la imporranno. “Possiamo ancora agire volontariamente”, ha avvertito il governo, “ma domani i mercati potrebbero imporre misure di austerità”.


Per ora regna la calma nei mercati obbligazionari

Una volta che le tessere del domino iniziano a cadere, la situazione precipita: gli investitori si liberano in massa dei titoli di stato francesi, i rendimenti aumentano, i prezzi crollano e rifinanziare l'enorme debito pubblico del Paese diventa ancora più costoso. Già oggi il pagamento degli interessi assorbe il 10,6% del bilancio statale francese, all'incirca la stessa cifra destinata all'istruzione. Con l'aumento del debito, il margine di manovra fiscale si riduce.

Con un debito sovrano al 114% del PIL, la trappola potrebbe scattare inaspettatamente. Per ora i funzionari europei continuano a puntare il dito contro gli Stati Uniti, i cui indici di indebitamento sono simili, ma nessuno può dire per quanto tempo questa tattica di sviamento funzionerà. Il rischio di credito si materializza all'improvviso, di solito senza preavviso.


Punto di non ritorno

Ciò che sappiamo è questo: un rapporto debito/PIL superiore al 100% è già considerato critico. A quel punto anche ambiziosi sforzi di riforma raramente bastano a uscire dalla situazione critica e a meno che il Paese indebitato non emetta la valuta di riserva mondiale, saranno i mercati dei capitali a emettere il loro verdetto, come abbiamo visto durante la crisi del debito dell'Eurozona quindici anni fa.

Ciò che segue è familiare: l'intervento della banca centrale per mantenere liquide le finanze pubbliche, azionando la stampante monetaria e trasferendo il conto ai cittadini attraverso l'inflazione.

La Francia non è mai stata nota per il suo conservatorismo fiscale. Anni di stallo politico, maggioranze mutevoli e coalizioni instabili hanno spinto i deficit annuali ben oltre la soglia del 3% di Maastricht. Nel 2024 il deficit ha raggiunto il 5,8% del PIL. Anche con le prime misure di risanamento, si prevede che quest'anno rimarrà al 5,5%, ben al di sopra dell'obiettivo.


Nessuna ripresa economica in vista

Se i policymaker francesi contano su una ripresa della crescita economica, potrebbero rimanere delusi. A maggio l'indice dei direttori degli acquisti (indice PMI) per il settore manifatturiero si è attestato a 48,1 e per i servizi a 49,6, entrambi in territorio di contrazione. I PMI riflettono il sentiment delle imprese, valori superiori a 50 indicano crescita e inferiori, invece, una contrazione. Sono considerati indicatori precoci delle tendenze economiche e industriali.

In altre parole: nonostante – o forse proprio a causa – dell’ingente spesa pubblica, l’economia francese è bloccata in recessione.


Rischio di contagio

La crisi fiscale che si sta profilando in Francia è più di una semplice tragedia nazionale. Insieme a Germania e Italia, la Francia è sottoposta a un attento esame da parte di analisti e investitori di tutto il mondo. Parigi riuscirà a portare a termine il consolidamento fiscale? La fiducia nell'affidabilità creditizia della Francia è instabile da anni. Nel 2023 Moody's è stata l'ultima grande agenzia di rating a declassare la Francia dal rating AAA, assegnandole un outlook negativo.

Se i mercati dei capitali dovessero ulteriormente declassare il debito francese, le conseguenze si estenderebbero all'intera Eurozona. Qui vale la vecchia regola: o si resta uniti, o si muore divisi. I mercati obbligazionari tendono a passare da un anello debole all'altro, rivalutando rigorosamente l'affidabilità creditizia in situazioni di crisi. Chi vacilla paga interessi più alti, o perde del tutto l'accesso al mercato. Moscovici lo sa bene.

La pressione sui governi nazionali sta aumentando: o si vara una riforma di bilancio drastica, o si aumenta il carico fiscale sui cittadini.


L'eccezione francese

La Francia è un caso speciale. Con un rapporto spesa pubblica/PIL pari al 57,3%, il suo Stato sociale si colloca tra quelli più pesanti al mondo. Di conseguenza la pressione fiscale complessiva è salita al 45,6%, ben al di sopra della media UE di circa il 40%. I cittadini stanno già rinunciando a quasi metà del loro reddito per mantenere le illusioni assistenziali di Parigi.

La pace sociale viene comprata con denaro che non esiste più, finanziata dal debito e sostenuta dall'illusione della sovranità fiscale. Quando persino il massimo revisore dei conti del Paese chiede un consolidamento, una cosa è chiara: la situazione sta per farsi seria. L'equilibrio sociale stesso, fondamento del patto politico ombra che tiene a bada i disordini nelle banlieue, è in gioco.

La storia ce lo insegna: quando i governi tagliano i programmi sociali in Francia, la pace sociale crolla e le periferie – da Parigi a Marsiglia a Lione – vanno a fuoco.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Lo smantellamento di un gruppo di lavoro segreto nello Stato profondo americano accresce le speranze di pace con la Russia

Mar, 07/10/2025 - 10:15

Come si ferma una guerra che rischia di diventare mondiale? Si impedisce che le tensioni arrivino al punto di attivazione dell' esplosione di energia. Dalla guerra in Ucraina sino alla carneficina del 7 ottobre in Israele, passando anche per altri conflitti settari in tutto il mondo, la pressione è montata progressivamente. Lo zampino degli inglesi è ovunque: dal fondamentalismo politico israeliano al fondamentalismo religioso islamico, la regione è stata caricata di così tanta “dinamite” sociale che basta una leggera pressione affinché scoppi (così come fecero nel primo novecento con l'Impero Ottomano per impedire che esso e Germania creassero legami commerciali tramite la ferrovia verso Baghdad). Non scordiamoci che è stata la falange qatarina di Hamas a innescare gli eventi che hanno portato ai fatti dell'ottobre 2023 e non senza aiuto dell'MI6 (il recente attacco a Doha da parte di Israele era un messaggio mafioso recapitato per conto USA). Israele, Palestina, Turchia, India, Pakistan, ecc. hanno tutti legami nel “sottobosco” statale che giungono fino a Londra. Le nazioni del mondo non sono monolitiche: al loro interno hanno correnti e fazioni, i confini statali servono solo come giustificazione affinché i contribuenti paghino le tasse. Ma come si disinnesca un conflitto religioso e dogmatico? Si cambia paradigma, soprattutto economico: ecco perché Trump parla di sviluppo immobiliare nella striscia di Gaza. Ecco perché ad esempio gli accordi di Camp David del '78 fallirono: non ebbe seguito un piano di sviluppo economico. Il primo viaggio di Trump in Medio Oriente è stato in Arabia Saudita, chiedendo loro di tagliare i ponti coi fondamentalisti islamici; l'attacco chirurgico in Iran è servito a mandare un messaggio che gli USA non si fanno impantanare in guerre altrui. Non fatevi fregare, quindi, non cedete alle divisioni e alla violenza. Chiedetevi sempre: “Cui prodest?” A chi giova inzeppare una regione con fondamentalisti di ogni risma? A chi ha come scopo il colonialismo, l'imperialismo, dominazione, guerra eterna. Agli inglesi non interessa niente di coloro con cui fanno accordi: sono solo asset in rapido deprezzamento da essere usati per i propri scopi.

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di Andrew Korybko

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/lo-smantellamento-di-un-gruppo-di)

A metà giugno la Reuters ha riferito che l'amministrazione Trump aveva sciolto un gruppo di lavoro segreto inter-agenzia supervisionato da membri del Consiglio di sicurezza nazionale, ora dimessi, incaricato di formulare strategie per costringere la Russia a fare concessioni all'Ucraina.

Secondo le tre fonti ufficiali statunitensi rimaste anonime, il rifiuto finora espresso da Trump di intensificare il coinvolgimento americano nel conflitto ha fatto sì che questa iniziativa perdesse slancio, anche se in futuro potrebbe ancora potenzialmente fare marcia indietro.

In ogni caso l'aspetto più significativo dell'articolo della Reuters è che conferma che un gruppo segreto di funzionari delle burocrazie militari, di intelligence e diplomatiche degli Stati Uniti (ovvero lo Stato profondo americano) è stato creato per manipolare Trump e spingerlo a fare pressione sulla Russia, il che avrebbe potuto peggiorare le tensioni se avesse avuto successo. Altrettanto significativo è stato il suo fallimento finora. Ciononostante i piani da loro ideati potrebbero ancora essere attuati da elementi sovversivi dello Stato profondo americano, e qui sta il problema.

Secondo la Reuters: “Le idee spaziavano da accordi economici mirati a isolare alcuni Paesi nell'orbita geopolitica russa a operazioni segrete”; il primo scenario includeva una proposta per “incentivare” il Kazakistan a reprimere l'evasione russa delle sanzioni occidentali. Quel Paese si sta già spostando verso ovest da un po' di tempo, il che potrebbe rappresentare una sfida per Russia e Cina, come spiegato nell'estate del 2023, ma non sembra che da questo schema sia emerso nulla.

Il secondo scenario potrebbe essere stato collegato agli attacchi strategici con droni dell'Ucraina contro la Russia all'inizio di giugno. Nessuno può dire con certezza se Trump ne fosse a conoscenza in anticipo, ma la rivelazione della Reuters sull'esistenza di questo gruppo di lavoro nello Stato profondo americano dà credito a coloro che sostenevano il contrario. Dopotutto è del tutto possibile che l'operazione sia stata orchestrata da loro a sua insaputa, cosa che potrebbe aver detto a Putin.

C'è anche la possibilità che questi “sforzi di operazioni speciali segrete” includessero i  due complotti nel Mar Baltico, di cui ha messo in guardia il Servizio di intelligence estero russo.

Sebbene abbiano affermato che si trattava di sforzi congiunti britannico-ucraini, non si può escludere che i suddetti elementi sovversivi dello Stato profondo americano possano aver avuto un ruolo nella loro pianificazione e/o possano aver avuto pronto un piano dettagliato per fare pressione su Trump affinché intensificasse gli attacchi contro la Russia.

Lo smantellamento di questo gruppo di lavoro inter-agenzia nello Stato profondo americano alimenta quindi speranze di pace con la Russia e potrebbe in parte spiegare il recente pragmatismo dell'amministrazione Trump nei suoi confronti.

Il Segretario alla Difesa ha di recente annunciato che gli aiuti all'Ucraina saranno tagliati nel prossimo bilancio, mentre il Segretario al Tesoro ha messo in guardia contro nuove sanzioni anti-russe. Trump si è poi opposto a ulteriori sanzioni di questo tipo al G7, ha bloccato i tentativi di abbassare il tetto massimo al prezzo del petrolio russo e ha attaccato Zelensky.

Sebbene sia prematuro celebrare, dato che Trump potrebbe sempre cambiare idea o essere manipolato per indurlo a intensificare la sua linea d'azione, si tratta comunque di sviluppi positivi per la pace.

Resta da vedere se manterrà la barra dritta, ma ciò che conta è che sia tornato al suo approccio pragmatico, che era stato brevemente interrotto da una serie di post arrabbiati su Putin.

Lo scenario migliore è che egli sfidi con orgoglio lo Stato profondo americano costringendo finalmente l'Ucraina ad accettare le concessioni di pace richieste dalla Russia.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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La BCE interrompe il ciclo di allentamento, ma la crisi dell'Eurozona è appena iniziata

Lun, 06/10/2025 - 10:10

Da 3 anni a questa parte il lavoro della FED è tornato a essere quello di proteggere il sistema bancario americano e il mercato dei titoli sovrani americani. Questo è il suo vero doppio mandato. L'agenda della cricca di Davos è quella di rimuovere dalla scacchiera le singole banche e avere un unico polo di riferimento a livello mondiale. In sintesi, la rimozione del settore bancario commerciale e, soprattutto, il suo interesse netto a livello commerciale. Non è un caso che sul suolo statunitense non ci sarà mai una CBDC del tipo immaginato dalla Lagarde: programmabile, a tempo, censurabile. In questo contesto, ricordate che la FED non è tra i “buoni”; bisogna vedere per chi lavora e cosa vogliono difendere. L'agenda del WEF è un anatema per Wall Street e il settore bancario commerciale. La prima amministrazione Trump, già allora, era la prima iterazione dei NY Boys che cercavano di mettere paletti alle infiltrazioni della cricca di Davos nelle stanze dei bottoni americane e limitare i danni. Cambiare il sistema monetario, il modo in cui il tasso di riferimento interconnette i vari mercati, non è qualcosa che si può fare dalla sera alla mattina, o in sei mesi. Passare dal LIBOR al SOFR in tal lasso di tempo sarebbe risultato in un fallimento, i mercati l'avrebbero rigettato. Doveva avvenire lentamente, nel modo appropriato per permettere al sistema finanziario ed economico americano di essere indicizzato al SOFR. Ci sono voluti 5 anni... e cosa è arrivato alla fine del primo mandato di Trump? La “pandemia”. Oltre a un attacco diretto al SOFR quando ancora era in fase di prova. La crisi dei pronti contro termine del 2019, trasformatasi poi nella crisi del marzo del 2020, costrinse la FED a intervenire e a inchiodarsi allo zero bound per togliere dai guai i titoli sovrani americani diventati bidless. La cricca di Davos ha riprovato lo stesso attacco nel 2023, ma la FED nel bel mezzo di una “crisi bancaria” rialzò i tassi di 25 punti base; c'ha riprovato anche ad aprile di quest'anno ma ha fallito. Il risultato è una base da cui imbastire, per la prima volta nella storia degli Stati Uniti, un'indipendenza monetaria visto che in passato sono sempre stati legati all'Europa a causa dei flussi commerciali e del sistema bancario centrale. Tutta la storia del deficit commerciale degli USA nei confronti dell'Europa e del singolo tasso di riferimento, usato per muovere capitali in California a scapito del resto della nazione, rappresenta uno sforzo politico, burocratico e monetario di risucchiare la ricchezza americana e trasferirla nelle casse della cricca di Davos. Fu questo, oltre alla prima crisi nel mercato degli eurodollari, che spinse la nazione nel 1971 ad abbandonare il gold standard. Il processo di riforma della FED è in atto e gli spasmi sono avvertiti principalmente da UE/UK, i principali benenficiari del sistema dell'eurodollaro.

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di Thomas Kolbe

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-bce-interrompe-il-ciclo-di-allentamento)

La Banca Centrale Europea ha raggiunto la fine del suo ciclo di tassi, intrappolandosi proprio in quei problemi che aveva contribuito a creare. A Sintra tutto questo era praticamente nascosto dietro una facciata di chiacchiere.

La conferenza annuale, appena a ovest di Lisbona, è utile alla BCE tanto quanto Jackson Hole lo è per la Federal Reserve. È un momento per fare il punto della situazione, guardare al futuro e collegare la politica monetaria dell'anno precedente a una narrazione più ampia. Per la presidente della BCE, Christine Lagarde, questa narrazione è facilmente riassumibile: dopo otto tagli i tassi ora si attestano al 2%, l'inflazione si aggira intorno all'obiettivo del 2%, l'occupazione nell'Eurozona rimane stabile e una nuova crisi del debito non è all'orizzonte.

Questa è stata l'essenza del discorso della Lagarde a Sintra, concepito per trasmettere un messaggio unico: tutto è sotto controllo. Persino incertezze come la volatilità commerciale dell'era Trump, gli sconvolgimenti geopolitici, o il crollo dell'industria tedesca non dovrebbero far deragliare la rotta prefissata dalla BCE. Dopo lo sconquasso durante i lockdown, la situazione è ora considerata normale: i mercati “oscillano” attorno al loro equilibrio. Nel gergo delle banche centrali: hanno trovato il “tasso neutrale”.


La chimera di un tasso neutrale

Il “tasso neutrale” è il Santo Graal del misticismo delle banche centrali. Quando i policymaker si sentono sicuri e le campagne mediatiche mascherano con successo l'erosione della moneta fiat, diventa un mantra. In questa visione del mondo, il tasso di riferimento della BCE e alcuni tassi di mercato teorici e consolidati si allineano, non per caso, ma intenzionalmente. Ancor prima delle osservazioni conclusive della Lagarde, i membri del Comitato esecutivo della BCE, Joachim Nagel e Philip Lane, avevano gettato le basi per tutto giugno trasmettendo ripetutamente il messaggio del “tasso neutrale”.

Il messaggio? Che avevano bilanciato le forze inflazionistiche e deflazionistiche e riportato l'Eurozona su una traiettoria di crescita. Tralasciamo i dibattiti sulle statistiche manipolate riguardo l'inflazione e sui dati sulla disoccupazione drasticamente sottostimati. Queste narrazioni sui tassi neutrali non sono altro che favole: comunicati stampa preconfezionati volti a evocare controllo. I ​​processi economici non si riducono a schemi così semplicistici, ma non è proprio questo il punto: la storia dei tassi neutrali è un sedativo, sia per gli stati che per i mercati.


Il peccato originale fiscale

La storia della BCE come custode della stabilità monetaria è una reliquia dei tempi della Bundesbank. Quell'epoca è ormai lontana. Le banche centrali di tutto il mondo, coinvolte in intricati intrecci politico-fiscali durante l'ultima crisi del debito di 15 anni fa, ne sono diventate dipendenti. Solo durante i lockdown, il PEPP della BCE ha assorbito €1.850 miliardi in debito sovrano dell'Eurozona e oggi detiene ancora circa un terzo di quella montagna di obbligazioni.

Oggi l'unico obiettivo della BCE è quello di mantenere liquidi questi debiti sovrani, acquistando obbligazioni scansate dal mercato per mantenere l'illusione che debito pubblico, Stati sociali generosi e interventismo keynesiano siano tutti elementi conciliabili.

I governi dell'Eurozona hanno a lungo fatto affidamento sulla liquidità esterna. Con un debito pubblico medio pari al 100% del PIL, molti stati membri sarebbero insolventi senza il sostegno della BCE. Ciò avrebbe conseguenze non solo per i mercati, ma anche per la coesione sociale, la stabilità interna e l'immagine di un'Unione Europea costruita su motori di welfare sovradimensionati che offrono ai cittadini un falso senso di sicurezza e sottovalutano pericolosamente la capacità pubblica.

Un ritiro della BCE da questo nesso di irresponsabilità fiscale, sostegno monetario ed eccesso politico è quindi impensabile. La banca centrale non è più solo un guardiano della moneta, ma lo stabilizzatore di un modello sociale in erosione. Attraverso mezzi indiretti e canali secondari, sta finanziando pensioni, bilanci previdenziali, ingranaggi burocratici e oscurando al contempo la fragilità dell'intero edificio.

La BCE è l'ultimo pilastro che tiene insieme questa struttura in rovina. Rimuovendola, il castello di carte crollerà all'istante. Ecco perché la Lagarde e i suoi collaboratori devono preservare l'illusione di un'Eurozona governabile.


I fatti raccontano una storia diversa

Al di là della patina di Sintra, nel mondo reale dei dati l'Eurozona è in grave crisi. L'industria continua a contrarsi e l'edilizia è in profonda recessione. Oltre il 50% delle aziende lamenta ordini insufficienti. Dal 2021 la sola industria tedesca ha tagliato 217.000 posti di lavoro ed entro la fine dell'anno ne perderà altri 100.000. La deindustrializzazione avanza, la produzione viene trasferita all'estero, i capitali fuggono e la produttività è ferma da otto anni consecutivi.

Il risultato: le basi imponibili dei Paesi si stanno erodendo. Le entrate diminuiscono e i costi del welfare aumentano, facendo aumentare il peso del debito. Senza riforme concrete, l'Eurozona rischia una crisi del debito che costringerà ancora una volta la BCE a fungere da prestatore di ultima istanza.

Anni di tassi di interesse pari a zero hanno immerso l'Eurozona nel dolce veleno del credito a basso costo. Ora le aziende dipendenti dai sussidi stanno crollando sotto i tassi reali positivi. Questa è “economia zombi”. E l'ultima vittima della pianificazione industriale verde – Northvolt – è solo l'ennesima a chiudere i battenti, conseguenza di una politica economica gestita centralmente.


La FED tiene duro

A peggiorare la situazione, dall'altra parte dell'Atlantico, la Federal Reserve mantiene ferma la sua strategia di consolidamento, mantenendo i tassi al 4,5%, ben al di sopra di quelli delle altre principali banche centrali. Gli Stati Uniti sono chiaramente disposti ad accettare un tasso di mercato positivo, dando alla loro economia lo spazio per eliminare gli elementi improduttivi. Ciò consente al capitale produttivo di riposizionarsi e alimentare un nuovo ciclo di investimenti. Con tagli fiscali, deregolamentazione energetica e ridimensionamento dei programmi verdi, gli Stati Uniti stanno diventando una calamita per i capitali, che le economie europee non possono che invidiare.

A Washington la visione è chiara: un periodo di sofferenza porta grandi ricompense. Mentre gli Stati Uniti si attrezzano amministrativamente, tecnicamente e innovativamente per l'era digitale, l'UE inscena una competizione su piani di welfare in continua espansione: limiti agli affitti, sussidi sociali, sussidi verdi, consumi decretati e regolamentati per sostituire i meccanismi produttivi della creazione di reddito.

L'Europa è diventata dipendente dalle sovvenzioni dello Stato sociale, aggrappandosi a un modello iperstatalista per rinviare le sofferenze sociali ed economiche. E sempre in agguato ci sono la BCE e la sua fatale pressione monetaria. Quanto durerà tutto questo solo il tempo ce lo dirà, ma le tensioni sui mercati stanno aumentando. Il giorno in cui queste tensioni innescheranno un terremoto, scuotendo le placche tettoniche dell'economia per un nuovo riallineamento, si avvicina sempre di più.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Gesti vuoti

Ven, 03/10/2025 - 10:04

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Joshua Stylman

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/gesti-vuoti)

L'ingegneria della realtà richiede tre componenti: il potere istituzionale per creare la narrazione, la pressione sociale per imporla e la persecuzione deliberata di chiunque la metta in discussione. L'era del COVID ha fornito il caso di studio perfetto sul funzionamento di questo meccanismo e ha rivelato come l'attivismo in sintonia con le narrative ufficiali ne sia il meccanismo di imposizione più potente.

Ogni elemento importante della narrazione ufficiale sul COVID si è rivelato falso: le origini del virus, la validità dei test PCR, la soppressione dei trattamenti precoci, la negazione dell'immunità naturale, la cosiddetta “sicurezza ed efficacia” dei vaccini e l'utilità delle mascherine, dei lockdown e dei green pass. Ciononostante coloro che ne hanno messo in discussione anche solo una parte hanno dovuto affrontare un ostracismo e una persecuzione senza precedenti.

Il panico creato ad arte ha ignorato la realtà: il COVID rappresentava un rischio minimo per le persone sane sotto i 70 anni, ma era significativamente più pericoloso per gli anziani e gli immunodepressi. Invece di concentrare le risorse sulla protezione di coloro vulnerabili, abbiamo distrutto economie, rubato infanzia e imposto misure prive di senso epidemiologico. Non si trattava solo di controllo: si trattava di un colpo di stato economico orchestrato, il più grande consolidamento finanziario del potere nella storia moderna. Mentre le piccole imprese venivano chiuse forzatamente, i profitti di Amazon salivano alle stelle; mentre i quartieri operai erano in difficoltà, Wall Street celebrava guadagni record. La classe operaia pubblicava post del tipo “siamo tutti sulla stessa barca” dalle proprie case, mentre i lavoratori essenziali erano costretti a consegnare la spesa in condizioni descritte come pericolose. Le stesse aziende che decantavano il loro impegno per l'“equità” attraverso i criteri DEI stavano distruggendo la mobilità economica per le stesse comunità che affermavano di sostenere.

Pochi mesi prima del COVID, il Johns Hopkins Center for Health Security, in collaborazione con il World Economic Forum e la Bill and Melinda Gates Foundation, ha ospitato l'Event 201, un'esercitazione pandemica di alto livello, il 18 ottobre 2019 a New York. Un'analisi dell'evento rivela che la priorità dell'esercizio non era incentrata sui protocolli di trattamento, o sulla protezione dei vulnerabili, bensì su come il controllo delle informazioni potesse essere utilizzato per indurre l'adesione di massa.

Quando è arrivata la vera crisi, questa strategia ha trovato complici volontari in una cultura già predisposta all'attivismo in sintonia con le narrative ufficiali. Il culmine di questa ipocrisia si è manifestato durante la pandemia, smascherando non solo gesti di virtù vuoti, ma anche la partecipazione attiva a una delle più eclatanti violazioni dei diritti civili nella storia recente. Mentre milioni di persone cambiavano le loro foto profilo e pubblicavano simboli di solidarietà per la giustizia sociale, queste stesse voci sono rimaste in silenzio o, peggio ancora, hanno partecipato attivamente alla persecuzione di due gruppi distinti: i non vaccinati e i danneggiati dai vaccini.


L'esibizione del potere

La devastazione economica si è abbattuta più duramente su chi era meno in grado di sopportarla. Mentre i colletti bianchi partecipavano alle riunioni Zoom in pigiama, i lavoratori nel settore dei servizi si sono trovati di fronte a una scelta impossibile: presentarsi in quello che veniva pubblicizzato come un ambiente mortale, o perdere il proprio sostentamento. I dati raccontano la storia:

Le imprese di proprietà di neri sono diminuite del 41% durante i primi mesi di lockdown;

• La disoccupazione tra i latinoamericani ha raggiunto il 18,9%, il livello più alto tra tutti i gruppi demografici;

• Le donne hanno lasciato il lavoro in numeri senza precedenti, cancellando decenni di guadagni;

• Le piccole imprese, la principale via per la stabilità della classe media nelle comunità minoritarie, hanno chiuso a un ritmo triplo rispetto alle aziende concorrenti.

Era chiaro chi fossero i beneficiari finanziari:

• Il valore di mercato di Amazon è aumentato di $570 miliardi;

• Le azioni di Zoom sono salite del 396%;

• I dirigenti di Moderna sono diventati miliardari da un giorno all'altro;

• Pfizer ha fatto registrare profitti record per $100 miliardi;

• BlackRock ha acquisito il 34% delle case unifamiliari nei principali mercati.

Durante il lockdown, messo in atto per “proteggere i vulnerabili” solo all'apparenza, le piccole imprese vulnerabili hanno perso $4.600 miliardi in valore: le imprese di proprietà di minoranze hanno rappresentato il 41% delle chiusure, nonostante fossero solo il 20% del totale delle imprese. Non si trattava solo di ipocrisia, ma di un consolidamento del potere calcolato sotto le mentite spoglie della salute pubblica.

Il doppiopesismo riguardo le aziende è stato particolarmente evidente nello stesso periodo in cui l'America stava facendo i conti con la giustizia razziale dopo l'omicidio di George Floyd. Nike proclamò di “opporsi al razzismo” mentre licenziava i dipendenti appartenenti a minoranze che non si erano conformati alle disposizioni antiscientifiche sui vaccini anti-COVID. BlackRock pubblicò relazioni sull'“equità sul posto di lavoro” mentre creava un sistema di uffici segregati. Google celebrava l'“inclusione”, mentre le sue linee di politica obbligatorie escludevano in modo sproporzionato i lavoratori appartenenti a minoranze che avevano ragioni storiche per diffidare delle autorità sanitarie.

Queste stesse aziende, che affiggevano simboli di solidarietà, costringevano i loro lavoratori meno pagati a scegliere tra iniezioni sperimentali o il sostentamento delle loro famiglie. I loro comitati DEI (Diversità, Uguaglianza e Inclusione) rilasciavano dichiarazioni sull'“inclusione”, escludendo chiunque mettesse in discussione la narrazione ufficiale. Celebravano la “diversità” in messaggi pubblici attentamente curati, mentre i loro obblighi avevano un impatto sproporzionato sulle comunità minoritarie, le stesse persone che le loro iniziative DEI erano apparentemente progettate per proteggere.

Questa ipocrisia era essenzialmente una guerra economica mascherata da virtuose banalità. L'empatia di facciata dei colletti bianchi ha permesso il più grande trasferimento di ricchezza e opportunità verso l'alto nella storia moderna. Il loro attivismo sui social media ha fornito una copertura a politiche che hanno devastato la classe operaia, in particolare nelle comunità minoritarie. Mentre cambiavano le loro immagini del profilo per ostentare virtù, hanno modificato il panorama economico per imporre la dipendenza.

L'ipocrisia ha raggiunto il suo apice durante la controversia Roe contro Wade. Le stesse voci che difendevano con passione l'autonomia corporea nei diritti riproduttivi sostenevano con entusiasmo le procedure mediche imposte dallo stato, spesso negli stessi feed sui social media.

Un giorno ho visto chiaramente questa contraddizione e ho condiviso un meme che la catturava perfettamente: una donna con un cartello “Il mio corpo, la mia scelta” mentre indossava una maglietta con la scritta “Obbligo di vaccinazione subito!”. L'ironia era ovvia, o almeno così pensavo. Ma invece di affrontare la questione, un'amica da 20 anni mi ha risposto: “Il diritto all'aborto è in gioco e, a differenza dell'obbligo di vaccinazione, rimane una scelta (concessa con un peso notevole in termini di occupazione per chi sceglie di non farlo)... Paragonare le due questioni fa sicuramente incazzare le donne, ma non credo che faccia molto per promuovere la tua di causa”.

La sua risposta definiva l'obbligo di vaccinazione come una “scelta con un peso notevole”, riferendosi ad esso come alla “mia causa”, come se l'autonomia corporea fosse una posizione di parte piuttosto che un principio universale. La cosa più significativa è ciò che sarebbe successo dopo: quando ho condiviso dati di sperimentazioni e studi peer-reviewed sui problemi di fertilità, non ho ricevuto risposta. La conversazione si è semplicemente conclusa. Questo schema si è ripetuto in innumerevoli relazioni: il desiderio di mantenere una realtà costruita si è dimostrato più forte di decenni di amicizia, o persino di prove scientifiche che avrebbero potuto proteggere i propri cari.

Una semplice osservazione, che avrebbe dovuto essere di buon senso, è stata trattata come un tradimento ideologico, persino con una buona amica. È stato in quel momento che mi sono reso conto di quanto le persone avessero interiorizzato la realtà artificiale, dove sottolineare le contraddizioni era di per sé un crimine.

Mentre i colletti bianchi si facevano portavoce della virtù di facciata da casa, i lavoratori essenziali si trovavano di fronte a scelte impossibili. Coloro che avevano costruito una carriera sostenendo le comunità emarginate improvvisamente celebravano la privazione dei diritti fondamentali dei loro vicini. È stato profondamente illuminante osservare coloro che si dichiaravano appassionati nella lotta alla discriminazione celebrare le persone che perdevano il lavoro per aver fatto scelte mediche personali. La loro empatia si estendeva esattamente quanto i loro portafogli azionari farmaceutici e/o la loro incrollabile fede nell'autorità statale – marciando contro la discriminazione finché non diventava sconveniente per i loro interessi tribali, mobilitandosi contro la coercizione medica finché non potevano applicarla loro stessi.


L'industria dell'odio

La demonizzazione di chi non rispettava le regole era sistematica e sconfinava in un territorio che sarebbe stato considerato incitamento all'odio se fosse stato rivolto a qualsiasi altro gruppo. I principali media facevano a gara per esprimere la condanna più feroce dei non vaccinati. Il New York Times ha pubblicato titoli come “Sono furioso contro i non vaccinati”, mentre il Washington Post ha dichiarato che “essere non vaccinati in pubblico dovrebbe essere considerato grave quanto guidare in stato di ebbrezza”.

Non si trattava solo di retorica mediatica: ha direttamente influenzato la percezione pubblica e normalizzato opinioni estreme. Un sondaggio Rasmussen del gennaio 2022 rivelava che quasi la metà degli elettori democratici era a favore non solo di multare i non vaccinati, ma anche di confinarli nelle proprie case, mandarli in campi di quarantena e persino portar via i loro figli. I funzionari della sanità pubblica hanno coltivato e poi amplificato questa ostilità, parlando di una “pandemia dei non vaccinati”, creando una narrativa di colpa che sarebbe stata utilizzata per giustificare una discriminazione su una scala senza precedenti nell'America moderna.

La retorica dei personaggi dello spettacolo è stata particolarmente rivelatrice. Gene Simmons ha dichiarato: “Se siete disposti a camminare tra noi senza vaccinarvi, siete il nemico”. Sean Penn ha portato questa mentalità oltre, affermando: “Mi sembra criminale... se qualcuno sceglie di non vaccinarsi dovrebbe scegliere di rimanere a casa, non andare al lavoro, non avere un lavoro... Finché paghiamo tutti per queste strade, dobbiamo percorrerle in sicurezza”. La sua inquadratura catturava perfettamente la prospettiva privilegiata della classe benestante, paragonando i diritti fondamentali del lavoro a un privilegio che poteva essere revocato in caso di inosservanza. Don Lemon sosteneva la completa esclusione sociale: “Se non hai il vaccino, non puoi andare al supermercato... Non puoi andare alla partita... Non puoi andare al lavoro... Niente maglietta, niente scarpe, niente servizio!” Piers Morgan celebrava la discriminazione: “Adoro l'idea di passaporti COVID per ogni dove: voli, club, palestre, negozi. È ora che i pazzi anti-vaccinisti e negazionisti del COVID vedano smascherate le loro sciocchezze”.

La disumanizzazione ha raggiunto nuove vette quando Jimmy Kimmel prese in giro i non vaccinati in cerca di cure mediche: “Vaccinati, fatevi avanti. Non vaccinati che hanno ingoiato melma di cavallo... Riposate in pace, sfigati”. Howard Stern chiedeva la vaccinazione obbligatoria, maledicendo la libertà stessa: “Quando la smetteremo di sopportare gli idioti in questo Paese e diremo che è obbligatorio vaccinarsi? Fanculo loro, fanculo la loro libertà”. Persino Arnold Schwarzenegger, che un tempo difendeva i diritti individuali, ha dichiarato “Al diavolo la vostra libertà!”.

Non si trattava di voci marginali: erano artisti mainstream con milioni di follower, a dimostrazione di quanto rapidamente l'intrattenimento “progressista” potesse normalizzare la discriminazione e celebrare la privazione dei diritti umani fondamentali. Il loro pubblico, che in genere si vanta di difendere gli emarginati, applaudiva le richieste di persecuzione quando queste si allineavano alla loro identità tribale e ne rafforzavano il capitale sociale.

L'assurdità era evidente a chiunque osasse pensare in modo critico. Gli artefici di questo inganno ora ammettono apertamente ciò che i critici hanno sempre sostenuto. Janine Small ha testimoniato davanti al Parlamento europeo: “No, non sapevamo se il vaccino bloccasse la trasmissione prima di distribuirlo”, giustificandosi dicendo che dovevano “muoversi alla velocità della scienza”.

Queste ammissioni si stanno moltiplicando. Il direttore del CDC, Walensky, ora riconosce che era “troppo tardi” per riconoscere l'immunità naturale. I funzionari della FDA ammettono che i rischi di miocardite erano noti da prima che venissero scoperti dalla gente comune. Ogni rivelazione conferma non solo ciò da cui i critici avevano messo in guardia, ma anche ciò che i dati avevano mostrato fin dall'inizio.

La cosa più significativa è che la Dott.ssa Deborah Birx, ex-Coordinatrice della Risposta al Coronavirus della Casa Bianca e una delle principali artefici delle politiche americane contro il COVID, ha finalmente ammesso: “Quello che abbiamo sbagliato in sanità pubblica è che non abbiamo spiegato che i vaccini contro il COVID non erano per niente simili ai vaccini normali [...]. Non è questo lo scopo per cui è stato progettato il vaccino contro il COVID. Non era stato progettato contro l'infezione”.

Eppure queste ammissioni arrivano solo dopo che il danno è già stato fatto, dopo che vite umane sono state sconvolte, carriere distrutte e diritti fondamentali violati per coloro che si sono limitati a indicare prove che contraddicevano la narrazione ufficiale.

Per quasi cinque anni chiunque sottolineasse i dati e i fatti ora rivelati con noncuranza dai funzionari della sanità pubblica ha dovuto affrontare l'esilio sociale e professionale. L'intera giustificazione per obblighi, green pass e licenziamenti di massa si basava su affermazioni che i funzionari pubblici e la popolazione compiacente non si erano mai preoccupati di verificare, o avevano attivamente represso, prima di costringere milioni di persone a conformarsi.

Se i vaccini proteggevano davvero i vaccinati, perché le scelte mediche di chiunque altro avrebbero dovuto avere importanza? La risposta rivela l'obiettivo più profondo: non si è mai trattato di salute, ma di far rispettare la coercizione sociale. Come ha documentato Matt Orfalea in una delle sue compilation di video, i media più influenti cantavano roboticamente “nessuno è al sicuro se non lo sono tutti”, mentre una società civile sprofondava in una psicosi tribale.

Questa psicosi di massa non era casuale: era il prodotto di una sofisticata ingegneria della realtà. Gli stessi sistemi che avevano prodotto il consenso per guerre infinite venivano ora impiegati per far rispettare le norme mediche e sociali. Ma questa volta disponevano di nuovi strumenti: algoritmi dei social media, moderazione dei contenuti tramite intelligenza artificiale e controllo della narrazione in tempo reale. E a tutti i livelli l'inganno è stato coordinato dall'alto verso il basso:

• Dr. Fauci: “Quando le persone sono vaccinate non si infettano”;

• Presidente Biden: “Non si contrae il COVID se si fanno queste vaccinazioni”;

• Direttore del CDC, Walensky: “Le persone vaccinate non sono portatrici del virus e non si ammalano”;

• Rachel Maddow: “Ora sappiamo che i vaccini funzionano abbastanza bene da fermare il virus”;

• Bourla, amministratore delegato di Pfizer: “Non esiste una variante che sfugga alla protezione dei nostri vaccini”;

• Bill Gates: “Chiunque si vaccini non protegge solo sé stesso, ma riduce anche la propria trasmissione”.

I fact-checker di oggi affermeranno che queste dichiarazioni sono state “estrapolate dal contesto”, ma la verità è più semplice: non si trattava di errori, o fraintendimenti, ma di inganni deliberati progettati per indurre il rispetto delle norme. Anche se i dati interni contraddicevano queste affermazioni assolute, il messaggio è rimasto incrollabile.


La fabbricazione dei dati

L'inganno è andato ben oltre la mera retorica. L'analisi statistica del 2021 del professor Norman Fenton ha rivelato come i dati degli studi clinici siano stati manipolati attraverso una classificazione ingannevole dei decessi, avvertimenti sistematicamente ignorati da coloro che ora ammettono di aver commesso “errori” nella copertura mediatica. Fenton, insieme al professor Martin Neil, ha proseguito la sua analisi, scoprendo prove sempre più schiaccianti di manipolazione statistica. I loro articoli hanno documentato come le autorità sanitarie abbiano sistematicamente classificato erroneamente i decessi, manipolato i tempi dei test e oscurato dati chiave per mantenere viva la narrativa “sicura ed efficace”.

La gola profonda, Brook Jackson, direttore regionale del Ventavia Research Group, ha denunciato violazioni dei protocolli di integrità dei dati presso i siti di sperimentazione Pfizer, tra cui dati falsificati, l'inappropriata apertura del cieco dei partecipanti e la deliberata soppressione delle segnalazioni di eventi avversi. Le sue rivelazioni, che avrebbero dovuto interrompere immediatamente gli studi, sono state ignorate sia dalla FDA che dai principali media.

Un'analisi forense dei dati degli studi clinici Pfizer rivela una manipolazione preoccupante. Un articolo del settembre 2023 intitolato, “Forensic Analysis of the 38 Subject Deaths in the 6-Month Interim Report of the Pfizer/BioNTech BNT162b2 mRNA Vaccine Clinical Trial”, ha documentato un soggetto originariamente nel gruppo placebo, ma che ha ricevuto un'iniezione di Moderna il 23 dicembre 2020. Questo soggetto è stato successivamente ricoverato in ospedale per COVID il 31 dicembre, è deceduto l'11 gennaio 2021 ed è stato comunque classificato come “morte non vaccinato” nonostante l'avesse ricevuto. Questa deliberata ed errata classificazione ha distorto i dati sulla mortalità a favore della vaccinazione. Senza questa manipolazione, i dati avrebbero mostrato che i vaccinati avevano il 31% di probabilità in più di morire.

Non si è trattato di un caso isolato. Secondo il Post-Marketing Experience Report di Pfizer, pubblicato ai sensi del FOIA, sono state presentate 42.086 segnalazioni di effetti avversi nei soli primi 90 giorni dalla pubblicazione, inclusi 1.223 decessi. Nonostante questi segnali allarmanti – che avrebbero dovuto indurre a una revisione immediata – alla popolazione è stata ripetutamente assicurata la sicurezza del prodotto, mentre coloro che sollevavano preoccupazioni sono stati sistematicamente messi a tacere. “Sicuro ed efficace” potrebbe benissimo essere la menzogna più grave della nostra epoca.

Infatti la FDA ha tentato di nascondere i dati dello studio per 75 anni: un'ammissione sbalorditiva di ciò che sperava di nascondere. È soprattutto grazie all'incessante contenzioso FOIA dell'avvocato Aaron Siri che la popolazione ha potuto accedere a questi documenti. Quando alla fine sono stati costretti a pubblicarli, i documenti hanno rivelato nove pagine di effetti collaterali precedentemente nascosti. Autori come Ed Dowd e Naomi Wolf hanno meticolosamente documentato questi inganni.

La manipolazione è continuata a ogni livello. Città come Chicago hanno utilizzato “definizioni vili” per oscurare dati reali durante l'ondata Delta. Ma la verità sarebbe poi emersa attraverso istituzioni troppo prestigiose per essere ignorate. Uno studio rivoluzionario della Cleveland Clinic su 51.000 dipendenti ha rilevato che più dosi venivano somministrate, maggiore era la probabilità di contrarre il COVID-19. Per usare le parole sorprendenti degli autori: “Le analisi multivariate hanno rilevato che [...] maggiore era il numero di dosi di vaccino precedentemente somministrate, maggiore era il rischio di COVID-19”.

Oltre all'inefficacia, sono aumentati i problemi di sicurezza. Uno studio peer-reviewed del febbraio 2023 pubblicato sull'European Heart Journal ha valutato 8,9 milioni di giovani adulti provenienti da Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia, scoprendo che “la dose di richiamo è associata a un aumento del rischio di miocardite negli adolescenti e nei giovani adulti”. Tra i maschi, una terza dose del vaccino Pfizer o Moderna è stata associata a un “aumento del tasso di incidenza di miocardite” entro 28 giorni dall'inoculazione. Studi condotti in Thailandia e Svizzera hanno mostrato effetti cardiovascolari simili. In un mondo sano e giusto, questi prodotti non sarebbero stati approvati in primo luogo, né tantomeno imposti o difesi a tutti i costi.

Questi dati contraddicevano direttamente ogni giustificazione utilizzata per perseguitare i non vaccinati. I rapporti di sorveglianza di inizio 2022 dell'Agenzia per la Sicurezza Sanitaria del Regno Unito hanno confermato questi risultati, mostrando tassi di infezione più elevati ogni 100.000 abitanti in molte fasce d'età tra i vaccinati, tre volte di più rispetto ai non vaccinati. Negli anni successivi decine di studi sottoposti a revisione paritaria da parte di istituzioni di tutto il mondo hanno costantemente convalidato queste osservazioni, formando una schiacciante mole di prove: le affermazioni originali sulla prevenzione della trasmissione erano false. Eppure, a quel punto, carriere erano state distrutte, famiglie divise e vite sconvolte sulla base di una bugia. Ma la manipolazione dei dati era solo una componente di un sistema molto più ampio progettato per proteggere la narrazione a tutti i costi.


L'architettura del controllo

I social media hanno trasformato questa realtà ingegnerizzata in un sistema automatizzato. Gli “aggiustamenti” delle piattaforme hanno ridotto del 95% l'interazione sui post che mettevano in discussione i vaccini: mettere in ombra i critici isolati amplificando al contempo le narrazioni approvate, creando un consenso artificiale. La moderazione dei contenuti tramite intelligenza artificiale ha garantito che solo le prospettive favorevoli al settore farmaceutico raggiungessero un vasto pubblico.

L'intreccio finanziario tra media e industria farmaceutica ha completato il ciclo di influenza:

• Le aziende farmaceutiche sono diventate collettivamente il secondo maggior investitore pubblicitario negli Stati Uniti nel 2021, superando le aziende tecnologiche, grazie all'impennata della spesa per promozioni digitali e televisive.

• Durante la pandemia di COVID-19 la pubblicità farmaceutica è aumentata significativamente sulle principali reti, con le aziende farmaceutiche che si sono affermate come inserzionisti dominanti nei notiziari in prima serata.

• A metà del 2021 le aziende farmaceutiche rappresentavano una quota dominante delle entrate pubblicitarie sulle principali reti di informazione, superando quasi tutti gli altri settori.

Non si trattava solo di pregiudizio, ma di un ecosistema attentamente strutturato di interessi personali. Lo stesso sistema che aveva arricchito Halliburton attraverso guerre infinite, ora arricchiva Pfizer attraverso infiniti incentivi. Il complesso militare-industriale aveva trovato la sua controparte medica. Le aziende che vendevano vaccini controllavano i canali che ne riportavano la sicurezza, creando un perfetto circuito chiuso di propaganda: dai comunicati stampa aziendali ai titoli delle notizie, dalla condivisione sui social media alla verifica dei fact-checker, fino alle politiche pubbliche.

L'amplificazione selettiva delle narrazioni non è un caso: è parte integrante dell'ingegneria della realtà. Considerate questo: il West Texas ha registrato 58 casi di morbillo, alcuni tra i vaccinati, e la cosa fa notizia a livello nazionale. Nel frattempo il VAERS segnala 2.659.050 reazioni avverse ai vaccini COVID (inclusi 38.398 decessi) e viene ignorato. I media trattano l'una come una crisi e l'altra come una teoria del complotto.

Sebbene il VAERS sia concepito come un sistema di allerta precoce piuttosto che come uno strumento di valutazione definitivo, il netto contrasto nel modo in cui questi segnali di sicurezza sono stati trattati rispetto ad altri vaccini rivela un preoccupante doppio standard nel monitoraggio della sicurezza. E questo senza considerare il fatto che il VAERS è notoriamente sottostimato.

Questo messaggio coordinato non è stato casuale. Una ben documentata porta girevole tra autorità di regolamentazione e aziende farmaceutiche ha consolidato il loro predominio sulle narrazioni riguardo la salute pubblica.

• Mark McClellan: da commissario della FDA che regolamenta Johnson & Johnson a membro del suo Consiglio di Amministrazione;

• Scott Gottlieb: da commissario della FDA che regolamenta Pfizer a membro del suo Consiglio di Amministrazione;

• Stephen Hahn: da commissario della FDA che regolamenta Moderna a CMO del loro finanziatore di capitale di rischio;

• James C. Smith: da amministratore delegato della Reuters che “informa” sui vaccini a membro del Consiglio di Amministrazione di Pfizer.

Questo sistema circolare si è esteso alla copertura mediatica stessa. La popolazione avrebbe continuato ad avere fede nella “narrazione ufficiale” se avesse capito che i giornalisti “imparziali” venivano pagati dalla pubblicità farmaceutica? Solo Pfizer ha speso $2,4 miliardi in pubblicità televisiva nel 2021. Ogni segmento di “ultime notizie” sulla pandemia è stato di fatto “offerto da Pfizer” – la stessa azienda che ha tratto profitto dalle soluzioni pubblicizzate. Non si è trattato di mera parzialità, si è trattato di un conflitto di interessi che ha trasformato i notiziari in canali di marketing farmaceutico con una parvenza di credibilità giornalistica.

Could it be that the media doesn't want to bite the hand that feeds it?

When I first saw this "Brought to you by Pfizer" reel I thought it was a parody. Sadly, it is not.

11/x pic.twitter.com/pZepMHO88b

— Joshua Stylman (@jstylman) May 6, 2022

Il quadro giuridico stesso ha smascherato l'inganno. Non si trattava di prodotti medicali soggetti ai normali protocolli di sicurezza: si trattava di contromisure militari che consentivano ai produttori di aggirare le normative, godendo al contempo di una completa tutela in termini di responsabilità. Il 4 febbraio 2020, con meno di una dozzina di casi confermati di COVID e zero decessi, il Dipartimento della Difesa lo dichiarò una “minaccia alla sicurezza nazionale” e attivò i poteri di emergenza previsti per le armi di distruzione di massa. La scienza passò in secondo piano rispetto ai protocolli militari, con dichiarazioni di emergenza senza precedenti che si susseguirono a ritmo serrato in tutti i Paesi.

Persino il linguaggio stesso è stato manipolato per adattarsi a questi nuovi prodotti. Il CDC ha cambiato silenziosamente la definizione di “vaccinazione” più volte: da “l'atto di introdurre un vaccino nell'organismo per produrre immunità a una specifica malattia” a “produrre protezione” – un cambiamento sottile ma cruciale che ha abbassato l'asticella dall'immunità effettiva alla mera “protezione”. Non si trattava di cavilli semantici, ma di una riformulazione deliberata per adattare la definizione a prodotti che non potevano soddisfare lo standard tradizionale. Cambiando il significato stesso di “vaccino”, avrebbero potuto affermare che questi prodotti di terapia genica appartenevano alla stessa categoria dei vaccini tradizionali, nonostante i loro meccanismi e risultati fondamentalmente diversi.

L'implementazione di questa architettura di controllo non è stata improvvisata, ma ha seguito un dettagliato manuale stabilito prima della crisi. Le raccomandazioni dell'Event 201 andavano ben oltre le discussioni teoriche sulla “disinformazione”. La simulazione delineava esplicitamente le tattiche che sarebbero state successivamente implementate:

• “Inondare la zona” con messaggi approvati per sopraffare le informazioni contrarie;

• Utilizzare “voci attendibili” (celebrità e influencer) per plasmare l'opinione pubblica;

• Sviluppare strumenti di sorveglianza per identificare il dissenso prima che si diffonda;

• Creare strategie di pre-bunking per screditare in anticipo le critiche;

• Istituire meccanismi per sopprimere le testimonianze personali che avrebbero contraddetto le narrazioni ufficiali.

La cosa più inquietante è stata la precisione con cui queste tattiche sono state impiegate contro i danneggiati dai vaccini. Proprio come previsto dalla simulazione, coloro che segnalavano effetti avversi sono stati sistematicamente etichettati come diffusori di “disinformazione”, esattamente come prescritto dal progetto.

La risposta mondiale sincronizzata ha dimostrato un coordinamento senza precedenti, al di là dei confini politici e geografici. I leader mondiali hanno adottato simultaneamente frasi identiche come “Ricostruire meglio”, implementando al contempo linee di politica sorprendentemente simili, indipendentemente dal loro orientamento politico o dalle circostanze specifiche dei loro Paesi. Questo perfetto allineamento di messaggi e politiche ha rappresentato un livello di coordinamento internazionale mai visto prima, il che suggerisce o una straordinaria coincidenza o un'orchestrazione deliberata che va oltre gli interessi nazionali. Come può una politica sanitaria pubblica stabilita democraticamente manifestarsi in modo identico in decine di nazioni culturalmente e politicamente diverse? La risposta sta nella pianificazione pre-crisi attraverso organizzazioni non governative e istituzioni globali non elette.

You think? ???? pic.twitter.com/h6UXsXInju

— Joshua Stylman (@jstylman) December 5, 2024

Non si è trattato di un caso, è stata una costruzione deliberata. La realtà stessa è diventata un prodotto artificiale, plasmato e rafforzato dagli algoritmi dei social media, dalle narrazioni nei media generalisti e dall'infrastruttura della censura. Non si trattava più di singoli fatti, ma dell'intero contesto in cui quei fatti esistevano.

La parte terrificante è che una volta bloccati in una di queste linee temporali, uscirne sembra impossibile. Non perché le persone siano incapaci di pensiero critico, ma perché vengono forniti loro solo i pezzi del puzzle che si adattano a una realtà precostruita. Se l'intero ambiente mediatico vi dice che i passaporti sanitari erano necessari per salvare vite umane, allora chiunque si opponesse doveva essere un egoista o un pericoloso. Se la vostra realtà vi dice che i danni da vaccino sono un'anomalia rara, allora chi sollevava preoccupazioni doveva essere un pazzo scatenato. Una volta che il contesto viene predisposto, le persone non hanno bisogno di essere ingannate attivamente: devono semplicemente non vedere mai le informazioni che contraddicono la loro versione della realtà.

E la parte più spaventosa? Non si trattava solo del COVID. Questo è ormai il modello per plasmare la percezione pubblica su ogni questione. Non viviamo solo in un'era di disinformazione, viviamo in un'epoca in cui intere realtà vengono costruite e assegnateci, e uscirne ha un costo personale e sociale. Non è solo che le persone sono state manipolate, è che sono state inserite in una linea temporale completamente diversa, in cui il dissenso stesso è impensabile.


L'esperimento senza consenso

Forse la cosa più agghiacciante è stata la totale assenza di consenso informato. La crisi ha rivelato la rapidità con cui abbiamo abbandonato le nostre più sacre protezioni. Il Primo Emendamento non è stato solo messo in discussione, ma sistematicamente smantellato. La libertà di parola, concepita per proteggere il flusso di informazioni e consentire alle persone di ascoltare tutte le parti, è stata sostituita da una censura coordinata. Le stesse voci che un tempo difendevano il principio di “dire la verità al potere” ora avrebbero chiamato in causa il potere per mettere a tacere il dissenso.

Queste azioni hanno violato non solo l'etica, ma anche i principi fondamentali stabiliti dopo la Seconda guerra mondiale per prevenire esattamente questo tipo di coercizione. Le stesse protezioni create per impedire la sperimentazione medica senza consenso sono state a loro volta violate.

Alla popolazione non è mai stato detto che stava partecipando a quello che equivale al più grande esperimento medico della storia umana. La formula che ha ricevuto l'approvazione della FDA non è mai stata somministrata: un escamotage che sarebbe criminale in qualsiasi altro contesto. Manchiamo ancora di dati adeguati sui test, con la popolazione generale che funge da soggetto inconsapevole.

L'assenza di consenso informato è stata particolarmente grave per le donne incinte e per quelle in età fertile. I documenti di Pfizer del dicembre 2020, pubblicati dal governo del Regno Unito, sconsigliavano la somministrazione di queste iniezioni a donne in gravidanza e in allattamento. I documenti sul consenso informato relativi allo studio affermavano esplicitamente:

Fonte: Documenti dello studio Pfizer, pagina 12

Ciononostante i funzionari nella sanità pubblica hanno promosso aggressivamente questi prodotti alle donne in gravidanza e alle ragazze senza divulgare tali avvertenze.

L'American College of Obstetricians and Gynecologists (ACOG) e la Society for Maternal-Fetal Medicine (SMFM) hanno invertito decenni di protocolli prudenti, raccomandando questi prodotti alle donne in gravidanza nel luglio 2021, nonostante l'assenza di studi clinici completati su questa fetta della popolazione. Questo scostamento senza precedenti dalle procedure di sicurezza consolidate ha esposto un'intera generazione di madri e i loro nascituri a un esperimento incontrollato.

Coloro che hanno sollevato preoccupazioni sulla somministrazione di farmaci sperimentali alle future mamme sono stati etichettati come pericolosi divulgatori di disinformazione. La cosa più scioccante è che gli “studi” utilizzati per giustificare la sicurezza in gravidanza non sono stati condotti su donne incinte, ma solo sui topi. L'establishment medico, che un tempo aderiva al principio di precauzione “prima di tutto non nuocere”, ora avrebbe abbracciato un esperimento senza precedenti sulla salute riproduttiva di un'intera generazione.

Le segnalazioni di aborti spontanei e nati morti nel VAERS sono aumentate del 450% nel 2022 rispetto al decennio precedente. Sebbene altri vaccini non abbiano mostrato alcun segnale simile, le autorità hanno respinto queste segnalazioni senza indagare. Le stesse voci che avevano promosso il “credere alle donne” avrebbero improvvisamente trovato infinite ragioni per dubitare delle esperienze delle donne quando queste contraddicevano gli interessi farmaceutici, proprio come la mia amica aveva respinto la contraddizione tra procedure mediche forzate e autonomia corporea.

Mentre il CDC e i funzionari della sanità pubblica continuavano a rassicurare la popolazione che l'mRNA rimaneva isolato al sito di iniezione, la proposta di Moderna a Wall Street raccontava una storia molto diversa. In una presentazione agli investitori (successivamente rimossa dal loro sito web ma archiviata tramite Wayback Machine), Moderna si vantava apertamente della capacità della propria tecnologia di veicolare mRNA al midollo osseo, portando alla “trasfezione di cellule staminali ematopoietiche (HSPC) e alla modulazione a lungo termine di tutte le linee emopoietiche”. Le loro slide mostravano con orgoglio come diverse formulazioni di LNP (nanoparticelle lipidiche) e il dosaggio ripetuto potessero “migliorare la trasfezione” in vari sistemi, tra cui midollo osseo e cellule staminali ematopoietiche (HSPC) umane (cellule progenitrici e staminali ematopoietiche) in “sistemi modello topo-essere umano”.

E i documenti depositati da BioNTech alla SEC erano altrettanto rivelatori. L'azienda metteva in guardia gli investitori dalla “modifica irreversibile del DNA in una cellula” e dalla necessità di “ulteriori test per gli effetti collaterali a lungo termine”.

Come avrebbe poi ammesso il direttore farmaceutico di Bayer, Stefan Oelrich, si trattava effettivamente di prodotti per la terapia genica, esattamente ciò per cui i critici venivano ostracizzati.

As an aside, people were censored for calling these mRNA shots "gene therapy" as recently as last year. Here's Stefan Oelrich, pharmaceutical director at Bayer, explaining how that is precisely what they are. pic.twitter.com/GOgRNKlokK

— Joshua Stylman (@jstylman) February 11, 2023

Il dibattito semantico sulla terminologia serviva principalmente a nascondere alla popolazione il nuovo meccanismo d'azione.

La duplicità è sbalorditiva. Una narrazione per la popolazione, un'altra per gli investitori. Una storia sulla sicurezza per il consumo di massa, un'altra sui rischi e l'impatto biologico per coloro che finanziano l'operazione. Alla popolazione non solo è stato negato il consenso informato, ma è stata anche attivamente disinformata sulla natura di ciò che veniva iniettato nei loro corpi.


Il costo umano

Ho assistito a queste storie in prima persona mentre lavoravo con la regista Jennifer Sharp al suo documentario Anecdotals. Il film offre una prospettiva umana sulle esperienze dei danneggiati dai vaccini, individui che si sono fidati del sistema e hanno pagato un prezzo devastante. Non si tratta solo di statistiche remote, o “casi rari” facilmente liquidati dalle aziende farmaceutiche; sono persone reali le cui vite sono state stravolte, prima dai danni e poi da un sistema che s'è rifiutato di ammettere la loro esistenza.

La forza del film sta nel dare voce a coloro che sono stati sistematicamente messi a tacere. Nonostante i tentativi di screditare le loro esperienze come “semplici aneddoti”, queste storie rivelano un modello che non può più essere ignorato.

Recentemente persino prestigiose istituzioni sono state costrette a riconoscere la realtà dei danni persistenti da vaccino. Diverse iniziative di ricerca, tra cui uno studio dell'Università di Yale, hanno iniziato a documentare ciò che in precedenza era stato ignorato: la persistenza della proteina spike dopo la vaccinazione, l'infiammazione cronica, la compromissione del sistema immunitario e la riattivazione di virus dormienti.

Nonostante le prove si accumulino, la verità viene spesso confezionata e monetizzata dalle stesse istituzioni che inizialmente l'hanno negata. La ricerca che convalida i danni da vaccino diventa una merce, con i pazienti trattati come dati piuttosto che come persone necessitanti di cure. Alcuni partecipanti si sono persino ritirati da questi studi, sostenendo che i ricercatori sembrano più interessati a gestire la narrazione che a soddisfare le loro esigenze mediche.

Per persone come Lyndsey, un'infermiera qualificata e “gola profonda” che ha documentato la produzione continua di proteina spike per oltre 1.500 giorni dalla sua vaccinazione nel dicembre 2020, queste attenzioni ufficiali arrivano troppo tardi e offrono troppo poco. I suoi risultati di laboratorio mostrano disfunzioni del sistema immunitario e marcatori infiammatori in linea con i risultati della ricerca emergente, eppure un trattamento completo rimane sancora assente.

Non si tratta solo di statistiche o persone distanti: sono i nostri vicini, amici e familiari che hanno avuto fiducia nel sistema e hanno pagato un prezzo impensabile. Non hanno bisogno di compassione virtuale o di gesti empatici di facciata; hanno bisogno di ricerca medica sui trattamenti, hanno bisogno di sostegno finanziario per le cure e, soprattutto, hanno bisogno che tutto ciò non accada mai più.

Eppure, invece di ricevere sostegno, coloro che hanno parlato hanno invece subito persecuzioni. Il meccanismo che ha messo a tacere i feriti ha preso di mira anche chiunque mettesse in discussione la narrazione prevalente.

Ho sperimentato questa mentalità di massa sulla mia pelle. Nel 2022 ho pubblicato quello che ritenevo un thread ponderato: metteva a confronto i passaporti sanitari con modelli storici di discriminazione. Come discendente di sopravvissuti all'Olocausto, ho notato che non stavo paragonando gli eventi attuali alla Germania del 1943, bensì stavo mettendo in guardia su come le società normalizzino la discriminazione attraverso passaggi graduali, esattamente lo stesso processo iniziato nel 1933.

La risposta ha dimostrato perfettamente la mia tesi. Il New York Times ha pubblicato un articolo che ometteva il contesto storico della mia spiegazione. Si era formata una folla che chiedeva le mie dimissioni dal birrificio che avevo costruito in un decennio. Ci sono migliaia di messaggi su Internet che descrivono quanto io sia una persona orribile. Dopo una brillante carriera ventennale nel settore tecnologico e poi con il birrificio, se cercate il mio nome su Google, la maggior parte dei contenuti descrive una persona che non riconosco. Non si è trattato di una semplice cancellazione, ma di una diffamazione a livello digitale. Alcuni amici non mi hanno più rivolto la parola. Il mio crimine non è stato paragonare gli eventi attuali agli orrori dell'Olocausto (non l'ho mai invocato), bensì osare sottolineare come nascono le “società del checkpoint”: con la normalizzazione della discriminazione nei confronti di un gruppo, come ad esempio una minaccia per la salute pubblica.

I parallelismi storici erano impossibili da ignorare, ma la cosa più inquietante era quanto poche persone li riconoscessero. Una generazione cresciuta senza comprendere la storia, il pensiero critico, o i principi scientifici di base, non riusciva a vedere gli schemi ripetersi davanti ai propri occhi. La propaganda nazista aveva dipinto gli ebrei come diffusori di tifo; i media generalisti hanno dipinto i non vaccinati come diffusori di COVID, nonostante le chiare prove che lo stato vaccinale non avesse alcun impatto sulla trasmissione. In entrambi i casi affermazioni pseudoscientifiche sulla salute pubblica venivano utilizzate per giustificare la privazione dei diritti fondamentali di un gruppo preso di mira.

Non si trattava di un episodio isolato. In tutto il Paese i professionisti che hanno sollevato dubbi, hanno dovuto affrontare campagne intimidatorie simili:

• I medici che hanno segnalato danni da vaccino hanno subito minacce alla loro licenza;

• Gli scienziati che hanno messo in dubbio i dati hanno subito censure accademiche;

• Gli imprenditori che si sono opposti agli obblighi hanno dovuto affrontare boicottaggi coordinati;

• I giornalisti che hanno indagato sui conflitti di interesse nel settore farmaceutico sono stati emarginati.

Lo schema è sempre stato lo stesso: prima la distorsione mediatica, poi la folla, poi la pressione istituzionale. È un mondo pericoloso in cui non possiamo dire ciò che crediamo sia giusto per paura di perdere tutto ciò per cui abbiamo lavorato duramente.

La realtà era qualcosa che condividevamo. Non più. Negli ultimi anni abbiamo assistito a qualcosa di senza precedenti: la deliberata frammentazione della realtà in linee temporali separate e incompatibili. Non basate sulla geografia o sulla cultura, bensì sui flussi di informazioni.

In una linea temporale gli ultimi anni sono stati caratterizzati da un eroico sforzo globale per fermare una pandemia mortale. Gli stati hanno agito tempestivamente, i vaccini erano una soluzione miracolosa che ha salvato vite umane e coloro che li rifiutavano rappresentavano minacce alla sicurezza pubblica. In un'altra linea temporale lo stesso periodo è stato teatro di un'operazione psicologica di massa e coordinata, che ha giustificato l'autoritarismo, riscritto il contratto sociale e mistificato i feriti, convogliando al contempo migliaia di miliardi di dollari verso le aziende. Questa frattura temporale rappresenta il massimo risultato dell'ingegneria della realtà: non solo il controllo delle informazioni, ma la creazione di mondi percettivi completamente separati in cui gli stessi eventi hanno significati fondamentalmente diversi. Quando la realtà stessa diventa un prodotto artificiale, i concetti tradizionali di verità e prova non funzionano più come ancore sociali. A seconda della linea temporale in cui ci si trovava, l'intera comprensione del mondo – chi era buono, chi era cattivo, cosa era vero – era predeterminata.

Lo capisco, perché anch'io sono stato ingannato. Ci ho creduto. Sono stato così stupido da farmi “vaccinare” senza mettere in discussione (o, in realtà, nemmeno guardare) i dati. Solo giorni dopo, dopo che un amico mi ha spinto ad approfondire, mi sono reso conto di essermi iniettato qualcosa senza una reale comprensione di cosa fosse. E quando ho esaminato le prove, mi sono sentito tradito. La differenza è che io ero disposto ad ammettere di aver sbagliato; altri ancora non ci riescono, perché significherebbe riconoscere di aver partecipato a qualcosa di imperdonabile.

Non si tratta solo di ego, si tratta di identità. Ammettere di aver sbagliato significa affrontare il fatto di aver imposto un sistema di persecuzione contro i propri amici, familiari e vicini. Quindi si raddoppiano gli sforzi nella direzione sbagliata e si mente a sé stessi. Come vittime di una sindrome di Stoccolma, sono diventati ardenti difensori del sistema che li ha danneggiati. Anche dopo essere stati ingannati, costretti e, in molti casi, feriti, non sono riusciti a liberarsi dalla loro prigionia psicologica. Perché una volta che si contribuisce a imporre l'ingiustizia, ammettere la verità significa affrontare la propria complicità nella discriminazione di massa.

Alcune relazioni sono irrimediabilmente perdute. Non perché siamo cambiati, ma perché riconoscere la verità richiederebbe di smantellare la loro intera visione del mondo. Sono intrappolati in una realtà che non possiamo più condividere.


La fabbricazione della verità

La strada verso la giustizia richiede lo smantellamento sia dei meccanismi dell'ingegneria della realtà, sia dei suoi meccanismi di imposizione sociale. Dobbiamo riconoscere non solo la realtà dei danni da vaccino – ora convalidati da importanti istituti di ricerca – ma anche il sistema più ampio che ha reso possibile la loro persecuzione. Ciò significa creare spazi in cui le esperienze represse possano essere condivise senza paura, sfidando il sistematico gaslighting delle vittime e chiedendo conto sia agli artefici di questo inganno, sia a coloro che lo hanno imposto attraverso l'obbedienza.

Una vera resistenza richiede di denunciare i conflitti di interesse che guidano l'ingegneria della realtà, dai profitti farmaceutici alle agende militari. Soprattutto dobbiamo stabilire misure di salvaguardia contro l'uso del consenso sociale come arma per la coercizione medica. Questo include i modi in cui le istituzioni cooptano e controllano persino il riconoscimento dei propri illeciti. Quando prestigiose università finalmente convalidano ciò che i danneggiati affermano da anni, ciò fa emergere anche: monetizzazione dei dati, controllo attivo delle narrazioni, attenta limitazione della portata delle notizie dissidenti. La vera giustizia non riguarda solo il riconoscimento, ma anche la piena divulgazione e l'effettiva cura dei danneggiati.


Un appello per una vera giustizia

A coloro che ora pubblicano post sulla prossima causa di tendenza, fingendo che gli ultimi anni non siano mai accaduti: il vostro attivismo di facciata è stato smascherato per quello che è sempre stato, ovvero un accessorio di moda sociale, scartato nel momento in cui è stato richiesto vero coraggio. Avete perso ogni credibilità nel parlare di inclusione, giustizia, o diritti umani. Non vi siete limitati a osservare la discriminazione, l'avete celebrata; non vi siete limitati a ignorare la coercizione medica, l'avete richiesta; non vi siete limitati a assistere al silenzio dei feriti, vi avete partecipato attivamente.

La pandemia ha rivelato una verità sull'attivismo moderno: coloro che predicano la virtù più a gran voce spesso favoriscono il danno con più entusiasmo. Le stesse voci che cambiano i loro profili social per ogni causa di tendenza si sono rivelati partecipanti entusiasti alla discriminazione vera e propria quando questa era in linea con i loro interessi tribali. Il loro impegno per i diritti umani si è esteso esattamente quanto la loro posizione sociale percepita e i loro parametri di coinvolgimento.

Non si è trattato solo di ipocrisia, ma di un completo collasso morale mascherato da un teatrino algoritmico. L'instagrammazione della protesta, la riduzione della resistenza agli hashtag, la sostituzione dei principi con le cornici delle foto del profilo: tutto ciò ha contribuito a creare l'illusione di giustizia, permettendo l'opposto. La vera resistenza non riguarda gesti sui social media, o perdoni di comodo: si tratta di resistere con fermezza all'oppressione, anche quando – soprattutto quando – tale oppressione viene mascherata dal linguaggio del bene pubblico.

I non vaccinati e i danneggiati dai vaccini rappresentano i gruppi più brutalmente emarginati nella recente storia americana. La portata di questa esclusione sistematica non ha precedenti:

• Oltre 7 milioni di americani hanno perso il lavoro a causa di obblighi arbitrari;

• 22.000 militari congedati;

• Oltre 50.000 operatori sanitari licenziati;

• Innumerevoli famiglie a cui è stato negato l'accesso ai servizi di base;

• Bambini esclusi da scuole e attività;

• Ai feriti sono state sistematicamente negate cure mediche e indennità di invalidità.

Nessun altro gruppo sociale nella storia recente ha dovuto affrontare un esilio così totale dalla società: esclusi da luoghi di lavoro, istruzione, viaggi, intrattenimento e persino dall'assistenza medica di base, il tutto mentre venivano pubblicamente demonizzati dai media generalisti e da personaggi dello spettacolo.

La loro storia non era di tendenza; la loro bandiera non era di moda; la loro causa non faceva guadagnare like. Ma ignorarli non cancella ciò che è successo. Le stesse persone che hanno sbandierato pubblicamente la loro virtù con i selfie dopo il vaccino, ora fingono che gli ultimi cinque anni non siano mai accaduti. Ma noi ricordiamo e non permetteremo loro di riscrivere la storia.

Oggi molti di quegli stessi esecutori sono passati alle loro prossime cause: qualunque cosa generi il massimo coinvolgimento, qualunque cosa permetta loro di sfoggiare virtù di facciata senza rischiare nulla di concreto. Ma non si può andare avanti senza riconciliazione. Il meccanismo di coercizione sociale che hanno azionato con tanta passione è esposto, le loro virtù morali di facciata sono in rovina. La prossima volta che cambieranno la loro immagine del profilo per qualche causa alla moda, ricordate: ci hanno già mostrato chi sono veramente quando l'ostracismo dei dissidenti era di moda. Non è finita. Il sistema che ha messo i vicini gli uni contro gli altri rimane al suo posto, in attesa della prossima crisi che trasformi l'empatia in un'arma per l'acquiescenza. Dobbiamo agire ora per prevenire la prossima crisi creata ad arte: ciò significa esigere la completa trasparenza dalle istituzioni sanitarie pubbliche, sostenere la ricerca indipendente sui trattamenti per i danneggiati dai vaccini, creare tutele legali per l'autonomia medica e costruire reti di informazione resistenti alla censura. Soprattutto significa chiamare a rispondere delle proprie azioni coloro che hanno consapevolmente ingannato la popolazione, non per vendetta, ma attraverso un processo di verità e riconciliazione che garantisca che un danno così diffuso non si ripeta mai più. L'unica domanda è: la prossima volta, vi renderete conto che sta succedendo? E se obbedirete di nuovo, cosa rimarrà della vostra umanità quando sarà finita?

La vera solidarietà non si misura con le foto del profilo o gli hashtag, ma con la volontà di opporsi all'ingiustizia quando costa qualcosa. Durante il COVID, i veri alleati non avrebbero pubblicato selfie con gli aghi nel braccio, ma avrebbero chiesto trasparenza quando i feriti venivano messi a tacere, messo in discussione gli impatti sproporzionati sulle comunità emarginate e rifiutato di partecipare alla segregazione sociale, anche a costo della propria posizione sociale; avrebbero riconosciuto che i diritti umani non sono lussi che si applicano solo ai gruppi favoriti, ma principi universali che contano di più quando sono scomodi; avrebbero capito che la discriminazione mascherata dalla scusa della salute pubblica è pur sempre discriminazione. Invece la maggior parte degli autoproclamati attivisti ha fallito il test sui diritti civili più significativo della nostra generazione, rivelando che il loro impegno per la giustizia si estendeva esattamente quanto le loro metriche di coinvolgimento sui social media. La prossima volta che emergerà una crisi e vi verrà detto chi temere, chi escludere e quali domande non porre, ricordate: il coraggio non sta nell'unirsi al coro dei comodi, ma nel dire la verità quando le conseguenze sono reali. La storia ricorderà non solo chi ha commesso l'ingiustizia, ma anche chi è rimasto in silenzio mentre accadeva.

Il danno a lungo termine si estende oltre le vittime immediate. Le istituzioni sanitarie pubbliche hanno distrutto decenni di fiducia accumulata attraverso la loro volontaria partecipazione all'inganno. La prossima vera crisi sanitaria incontrerà il giustificato scetticismo di milioni di persone che hanno assistito a questo tradimento. Le autorità sanitarie hanno barattato la credibilità a lungo termine con l'adesione alle norme a breve termine, creando un vuoto pericoloso in cui ogni raccomandazione sanitaria verrà ora messa in discussione, indipendentemente dal merito. Ricostruire questa fiducia richiederà non solo una nuova leadership, ma anche trasparenza istituzionale, responsabilità per le azioni passate e il ripristino di principi come il consenso informato e l'integrità dei dati come fondamenti non negoziabili della salute pubblica.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Bitcoin non gioca più al gioco dell'oro

Gio, 02/10/2025 - 10:13

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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da CoinTelegraph

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/bitcoin-non-gioca-piu-al-gioco-delloro)

Per anni Bitcoin è stato trattato come un asset puramente inerte: un caveau decentralizzato, economicamente passivo nonostante il suo programma di emissione fisso. Eppure oltre $7 miliardi in bitcoin generano già rendimenti nativi on-chain tramite i principali protocolli, quindi la premessa iniziale sta venendo confutata.

La capitalizzazione di mercato dell'oro, pari a circa $23.000 miliardi, rimane per lo più inattiva. Bitcoin, al contrario, ora guadagna on-chain mentre i possessori ne mantengono la custodia.

Man mano che nuovi livelli sbloccano rendimenti, Bitcoin supera una soglia strutturale: da meramente passivo a produttivamente scarso.

Questo cambiamento sta ridefinendo silenziosamente il modo in cui il capitale determina il rischio, il modo in cui le istituzioni allocano le riserve e il modo in cui la teoria del portafoglio tiene conto della sicurezza. La scarsità potrebbe spiegare la stabilità dei prezzi, mentre la produttività spiega perché miner, chi applica strategie di tesoreria e fondi d'investimento ora stanno parcheggiando asset in BTC invece di limitarsi a costruirci attorno.

Un asset custodito in un caveau che genera rendimento non è più oro digitale, ma capitale produttivo.


La scarsità è importante, ma la produttività è fondamentale

Il DNA economico di Bitcoin non è cambiato: la sua offerta rimane limitata a 21 milioni, il programma di emissione è trasparente e nessuna autorità centrale può gonfiarlo o censurarlo. Scarsità, verificabilità e resistenza alla manipolazione hanno sempre contraddistinto Bitcoin, ma nel 2025 questi fattori distintivi e unici hanno iniziato a significare qualcosa di più.

Con il tasso di emissione bloccato, e nonostante i nuovi livelli di protocollo consentano a BTC di generare rendimenti on-chain, esso sta guadagnando terreno grazie alle sue potenzialità. Una nuova serie di strumenti offre ai possessori la possibilità di ottenere rendimenti reali senza rinunciare alla custodia, senza affidarsi a piattaforme centralizzate e, soprattutto, senza modificare il protocollo di base. Lasciare intatti i meccanismi fondamentali di Bitcoin, ma cambiare il modo in cui il capitale interagisce con l'asset.

Stiamo già vedendo questo effetto nella pratica. Bitcoin è l'unica crittovaluta ufficialmente detenuta in riserve sovrane: El Salvador continua ad allocare BTC nelle sue casse nazionali e un ordine esecutivo statunitense del 2025 ha riconosciuto Bitcoin come asset di riserva strategica per le infrastrutture critiche. Nel frattempo gli exchange-traded fund (ETF) spot detengono ora oltre 1,26 milioni di BTC, ovvero oltre il 6% dell'offerta totale.

Anche sul fronte del mining, i miner non si affrettano più a vendere. Al contrario, una quota crescente alloca BTC in strategie di staking e rendimento sintetico per migliorare i rendimenti a lungo termine.

Sta diventando evidente che la proposta di valore originale si è evoluta in modo sottile nella progettazione, ma profondamente nei risultati. Ciò che un tempo rendeva Bitcoin affidabile ora lo rende anche potente: un asset un tempo passivo sta diventando un asset che produce rendimento. Questo getta le basi per ciò che verrà dopo: una curva dei rendimenti nativa che si forma attorno a Bitcoin stesso, per non parlare degli asset a esso collegati.


Bitcoin guadagna senza rinunciare al controllo

Fino a poco tempo fa l'idea di ottenere un rendimento dalle crittovalute sembrava irraggiungibile. Nel caso di Bitcoin, era difficile trovare un rendimento non-custodial, almeno non senza compromettere la sua neutralità di base. Ma questa ipotesi non è più valida: oggi nuovi livelli di protocollo consentono ai possessori di utilizzare BTC in modi un tempo riservati alle piattaforme centralizzate.

Alcune piattaforme consentono ai possessori a lungo termine di puntare BTC nativi per proteggere la rete e generare rendimenti, senza dover “wrappare” l'asset o spostarlo tra le blockchain. A loro volta altre consentono agli utenti di utilizzare i propri bitcoin in app di finanza decentralizzata, guadagnando commissioni da swap e prestiti senza cederne la proprietà. Nessuno di questi sistemi richiede la consegna delle chiavi a terzi e nessuno si basa su quel tipo di giochi di rendimento poco trasparenti che hanno causato problemi in passato.

A questo punto è chiaro che non si tratta più di un progetto pilota. Inoltre strategie orientate ai miner stanno lentamente guadagnando terreno tra quelle aziende che applicano soluzioni di tesoreria senza abbandonare l'ecosistema Bitcoin. Di conseguenza sta iniziando a delinearsi una curva dei rendimenti nativa di Bitcoin e basata sulla trasparenza.

Una volta che il rendimento di Bitcoin diventa accessibile e auto-custodito, emerge un altro problema: come misurarlo? Se i protocolli diventano disponibili e accessibili, manca chiarezza. Perché senza uno standard che descriva i guadagni di BTC, investitori, chi applica strategie di tesoreria e miner si ritrovano a prendere decisioni al buio.


È il momento di confrontare il rendimento di Bitcoin

Se Bitcoin può generare un rendimento, il passo logico successivo è un modo semplice per misurarlo.

Al momento non esiste uno standard. Alcuni investitori considerano BTC come capitale di copertura; altri lo sfruttano e ne incassano i rendimenti. Tuttavia ci sono incongruenze su quale dovrebbe essere il benchmark effettivo per misurare Bitcoin, poiché non esistono asset realmente comparabili. Ad esempio, un team potrebbe bloccare le coin per una settimana ma non avere un modo semplice per spiegarne il rischio, oppure un miner potrebbe incanalare le coinbase in una strategia di rendimento ma trattarla comunque come una diversificazione del bilancio.

Consideriamo un'organizzazione autonoma decentralizzata di medie dimensioni con 1.200 BTC e sei mesi di stipendi da pagare. Deposita metà del capitale in un caveau a 30 giorni su un protocollo protetto da Bitcoin e ne ricava un rendimento. Senza una base di riferimento, però, il team non può dire se si tratti di una mossa cauta o rischiosa. La stessa scelta potrebbe essere elogiata come un'abile strategia di tesoreria, o criticata come una ricerca di rendimento, a seconda di chi analizza l'approccio.

Ciò di cui Bitcoin ha bisogno è un benchmark. Non un “tasso privo di rischio” nel senso del mercato obbligazionario, ma una base di riferimento: un rendimento ripetibile, autocustodito e on-chain che possa essere generato nativamente su Bitcoin, al netto delle commissioni, e raggruppato per durata (sette giorni, 30, 90 giorni). Una struttura sufficiente a trasformare il rendimento da una supposizione in qualcosa a cui fare riferimento e che possa essere utilizzato come benchmark.

Una volta che ciò esiste, è possibile costruire politiche, informative e strategie di tesoreria attorno a esso, e tutto ciò che supera una tale base può essere valutato per quello che è: un rischio che vale la pena correre oppure no.

Ed è qui che Bitcoin si scrolla di dosso la metafora dell'oro. Il metallo giallo non vi paga, ma un bitcoin produttivo sì. Più a lungo le strategie di tesoreria trattano BTC come un tesoro nascosto senza alcun ritorno, più è facile capire chi vuol trarre profitto dal capitale e chi lo vuole solamente conservare.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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La morte del dollaro è notevolmente esagerata?

Mer, 01/10/2025 - 10:07

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Lance Roberts

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-morte-del-dollaro-e-notevolmente)

La narrazione sulla “morte del dollaro” come valuta di riserva mondiale è praticamente sulla bocca di tutti. Questo accade ogni volta che si deprezza rispetto ad altre valute. Abbiamo già scritto in precedenza delle false affermazioni sulla “morte del dollaro” nel 2023 (si veda qui, qui e qui). Il suo recente calo rispetto ad altre valute rientra ampiamente nella norma storica. In particolare, i cali precedenti erano stati molto più ampi senza l'“allarmismo” degli “esperti di sventura”.

La “morte del dollaro” ricorre spesso nei dibattiti finanziari. Naturalmente questo accade quando aumentano le tensioni geopolitiche, le perturbazioni economiche, o le fluttuazioni del mercato. Certo, ci sono valide preoccupazioni circa il predominio a lungo termine del dollaro, tuttavia l'idea che la sua morte sia imminente, portando a un catastrofico crollo economico, è ampiamente sopravvalutata. Il dollaro rimane la pietra angolare della finanza globale a causa di fattori strutturali, economici e geopolitici che difficilmente cambieranno bruscamente. Di seguito delineo cinque motivi per cui la narrazione sulla morte del dollaro è esagerata.


Cinque motivi per cui la narrazione della morte del dollaro è sopravvalutata 

  1. Mancanza di una valuta alternativa valida – Lo status di riserva del dollaro persiste perché non esiste un rivale credibile. L'euro, che detiene il 20% delle riserve globali rispetto al 58% circa del dollaro (FMI, secondo trimestre 2024), è vincolato dalla frammentazione dei mercati obbligazionari e dalla volatilità politica dell'Eurozona. Nonostante il crescente utilizzo (2-3% delle riserve), il renminbi cinese è limitato dai controlli sui capitali e dalla convertibilità limitata, il che lo rende inadatto allo status di riserva globale. Altre valute, come lo yen giapponese (6%) o quelle più piccole come il dollaro canadese o australiano, non hanno la portata economica o la liquidità necessarie per competere con il dollaro. Senza una valuta all'altezza della profondità e della liquidità dei mercati del dollaro e della fiducia globale, la sua scomparsa rimane improbabile nel breve termine.

  2. Forza dell'economia statunitense – L'economia statunitense, che rappresenta il 26% del PIL mondiale, consolida il predominio del dollaro. La sua ampia e dinamica economia, sostenuta dallo Stato di diritto e da solidi mercati dei capitali, posiziona il dollaro come un rifugio sicuro, in particolare durante periodi di instabilità mondiale. Mentre i critici sottolineano l'aumento del debito statunitense ($35.000 miliardi, circa il 120% del PIL), lo status di riserva del dollaro consente di indebitarsi a tassi più bassi, sostenendo i deficit senza crisi immediate. Rispetto ad altre economie – la lenta crescita del Giappone, i mercati ristretti della Cina, o la frammentazione dell'Europa – gli Stati Uniti offrono stabilità, rendendo improbabile la scomparsa del dollaro nel futuro prossimo.

  3. Effetti di rete e inerzia finanziaria mondiale – Gli effetti di rete perpetuano il predominio del dollaro: il suo utilizzo diffuso ne accresce il valore. Costituisce circa l'88% delle transazioni valutarie globali (dati SWIFT) e circa il 60% della fatturazione internazionale del debito e del commercio. La transizione a un'altra valuta richiederebbe un ampio coordinamento tra banche centrali, stati e mercati, con conseguenti costi e rischi significativi. Le transizioni monetarie storiche, come quella dalla sterlina al dollaro, hanno attraversato decenni e hanno richiesto importanti cambiamenti geopolitici, oggi assenti. Questa inerzia rende la scomparsa del dollaro una prospettiva remota.

  4. Portata limitata degli sforzi di de-dollarizzazione – Sebbene Paesi come Cina, Russia e i BRICS sostengano il commercio in valute locali (ad esempio, il renminbi cinese rappresenta il 56% del suo commercio bilaterale), questi sforzi hanno un impatto mondiale limitato. La quota di riserve in dollari è diminuita gradualmente (dal 67% al 58% in due decenni), tuttavia ciò riflette la diversificazione, non la scomparsa del dollaro, spesso in valute alleate come il dollaro canadese o australiano. La Cina detiene circa $2.000 miliardi in asset denominati in dollari, a dimostrazione della sua dipendenza. Le mosse geopolitiche, come il passaggio della Russia all'oro o al renminbi, sono limitate dalla piccola scala dei sistemi non basati sul dollaro (ad esempio, il CIPS cinese rispetto allo SWIFT). Questi sforzi frammentati non riescono a innescare la scomparsa del dollaro.

  5. Resilienza a fronte di sfide politiche – I critici sostengono che le politiche statunitensi, come dazi, sanzioni, o azioni della Federal Reserve, indeboliscono la fiducia nel dollaro. Ad esempio, i dazi di Trump nel 2025 hanno causato un calo del dollaro di circa il 9%, alimentando i timori di una sua possibile morte. Tuttavia tali fluttuazioni sono cicliche, non strutturali, con il dollaro ancora robusto rispetto al suo picco del 2011-2022 (in rialzo di circa il 40% rispetto a un paniere di valute). Le sanzioni, come quelle alla Russia nel 2022, non hanno ridotto significativamente le riserve mondiali in dollari, poiché la maggior parte di esse è detenuta da alleati degli Stati Uniti che hanno aderito alle sanzioni. Le linee di swap e il supporto di liquidità della Federal Reserve rafforzano ulteriormente il ruolo del dollaro durante le crisi.

Come si può notare, il dollaro domina la composizione delle transazioni monetarie mondiali.

Tuttavia c'è un motivo per cui il recente calo del dollaro potrebbe essere prossimo alla fine.


Perché il dollaro potrebbe riprendersi con forza

Non è la prima volta che la “morte del dollaro” fa notizia. Nel 2022 le narrazioni sulla “de-dollarizzazione” hanno gonfiato le tesi ribassiste, con tutti che affermavano che la morte del dollaro fosse imminente. Ciononostante quella “frenesia di sventura” ha segnato il minimo del dollaro prima di un robusto rally. Potremmo prepararci per un altro simile per due motivi.

In primo luogo, dal punto di vista tecnico, la vendita del dollaro è diventata piuttosto estrema. Utilizzando i dati settimanali, esso è ora ipervenduto su base del momentum, come lo era all'inizio del 2021 e alla fine del 2018. Queste precedenti condizioni di ipervenduto lo prepararono a un forte rally in controtendenza.

Inoltre tutti, dal “lustrascarpe” al venditore ambulante, stanno vendendo allo scoperto il dollaro. Secondo il sondaggio dei gestori di fondi di BofA, la posizione short contro il dollaro è al livello più alto degli ultimi 20 anni. Pertanto qualsiasi inversione di tendenza del dollaro potrebbe essere sostanziale se questi “short” fossero costretti a invertire le loro posizioni.

La domanda è: cosa deve cambiare per un'inversione di tendenza del dollaro? Questo ci porta alla seconda ragione per cui potrebbe riprendersi: i tagli dei tassi della BCE.

In quanto valuta di riserva, le nazioni straniere detengono riserve in dollari per facilitare gli scambi commerciali. Se è troppo debole, o troppo forte, rispetto a un'altra valuta, può avere un impatto negativo sull'economia di quella nazione. Pertanto quando il dollaro si allontana troppo da un'altra valuta, quel Paese può intervenire per stabilizzare la propria di valuta. Tale intervento si ottiene aumentando, o diminuendo, le riserve in dollari. Può farlo acquistando, o vendendo, titoli del Tesoro statunitensi, oro, o altri asset denominati in dollari. Nella maggior parte dei casi si tratta di titoli del Tesoro statunitensi, o di oro.

La BCE ha tagliato i tassi in modo aggressivo, otto volte nell'ultimo ciclo, mentre la Federal Reserve statunitense ha mantenuto la sua politica monetaria pressoché invariata. Il risultato è una divergenza che si sta sviluppando tra i rendimenti dei titoli del Tesoro statunitensi e, ad esempio, quelli tedeschi.

Ci sono tre motivi principali per cui è fondamentale che gli investitori comprendano questo aspetto.

  1. Rendimenti più elevati attraggono afflussi di capitali – Storicamente l'aumento dei rendimenti dei titoli del Tesoro statunitensi ha attratto investimenti esteri grazie ai rendimenti più elevati rispetto alle obbligazioni di altre principali economie. Ad esempio, i rendimenti dei decennali americani sono saliti dal 3,65% a settembre 2024 al 4,8% all'inizio del 2025; i rendimenti obbligazionari europei (ad esempio, i decennali tedeschi) sono rimasti bassi a causa dell'allentamento monetario della BCE. Questo differenziale di rendimento incentiva gli investitori esteri, comprese le banche centrali e gli investitori istituzionali, ad acquistare titoli del Tesoro americani. Tale acquisto aumenta la domanda di dollari e ne sostiene l'apprezzamento.

  2. I titoli del Tesoro come riserva privilegiata rispetto alle riserve monetarie – Come accennato in precedenza, i titoli del Tesoro statunitensi costituiscono la spina dorsale delle riserve monetarie mondiali. Rendimenti più elevati offrono ai gestori delle riserve rendimenti migliori senza sacrificare la sicurezza, a differenza di asset più rischiosi come azioni o obbligazioni dei mercati emergenti. Ad esempio, la domanda estera di titoli del Tesoro americani è rimasta stabile nonostante i tagli dei tassi della BCE. Questa domanda sostiene il dollaro, poiché le banche centrali devono acquistarlo per acquistare poi titoli del Tesoro americani, rafforzandone lo status di valuta di riserva.

  3. Apprezzamento del dollaro guidato dai differenziali di rendimento – La divergenza nella politica monetaria, la posizione più accomodante della BCE rispetto a quella della FED, ha ampliato il divario dei tassi di interesse, favorendo il dollaro. I rendimenti statunitensi più elevati, in particolare sui decennali (4,4-4,8% all'inizio del 2025), contrastano con i rendimenti europei più bassi, che potrebbero stimolare flussi di capitali verso gli Stati Uniti. La domanda per i rendimenti è in linea con i modelli storici in cui i tassi statunitensi più elevati sostengono il DXY, come si è visto durante il periodo post-elettorale del 2016, quando l'ottimismo fiscale ha spinto i rendimenti e il dollaro al rialzo. Nonostante la volatilità legata ai dazi, il recente apprezzamento del dollaro suggerisce che i differenziali di rendimento siano un supporto chiave.

Il punto cruciale è che questa sarebbe una situazione interessante per stati, fondi comuni di investimento e investitori esteri. Poiché gli afflussi esteri vengono inizialmente utilizzati per catturare rendimenti obbligazionari più elevati, gli investitori beneficiano anche di un duplice vantaggio: guadagni monetari e prezzi obbligazionari più elevati (rendimenti più bassi).

Tuttavia la narrazione della morte del dollaro persiste a causa delle recenti tendenze di disaccoppiamento. I rendimenti sono aumentati con l'indebolimento del dollaro all'inizio del 2025, trainato dalle preoccupazioni fiscali e dall'incertezza sui dazi. Queste recenti preoccupazioni passeranno, ma il ruolo del dollaro come valuta di riserva per il commercio mondiale no.


Affrontare la narrativa della morte del dollaro e le implicazioni economiche

La narrazione della fine del dollaro nasce spesso da preoccupazioni sul debito statunitense, l'inflazione, i dazi, o l'uso geopolitico del dollaro come arma (ad esempio, sanzioni). Questi rischi esistono, ma l'impatto a breve termine viene sopravvalutato. La perdita dello status di riserva potrebbe aumentare i costi di indebitamento degli Stati Uniti, alimentare l'inflazione attraverso importazioni più costose e ridurre l'influenza geopolitica. Tuttavia la portata dell'economia statunitense, la sua forza militare e la sua stabilità istituzionale rendono improbabile la fine del dollaro senza un evento sismico mondiale (ad esempio, la perdita di una guerra importante come quella della Repubblica di Weimar). Nonostante un graduale declino, il dollaro probabilmente rimarrebbe una valuta leader insieme ad altre e non scomparirebbe del tutto.

Questa narrazione viene spesso amplificata su piattaforme e organi di stampa che fanno affidamento su “tesi ribassiste” per ottenere clic e visualizzazioni. Sebbene alcuni post esagerino la “morte del dollaro” per promuovere alternative come l'oro o le crittovalute, queste tesi sono spesso fuorvianti. Economisti come Barry Eichengreen e James Lord di Morgan Stanley sostengono che la morte del dollaro sia “notevolmente esagerata”, citando il suo ruolo radicato e l'assenza di alternative valide, come discusso in precedenza. Certo, l'economia statunitense potrebbe affrontare le sfide di un dollaro più debole, ma un crollo devastante è improbabile grazie alla sua adattabilità e all'integrazione finanziaria globale.

In particolare, come discusso nell'articolo Le narrazioni cambiano, i mercati no, è essenziale guardare oltre le narrazioni per evitare i pregiudizi emotivi che influenzano i risultati dei nostri investimenti. Vale a dire:

Il bisogno di una narrazione è profondamente radicato nella nostra psicologia. Come creature che cercano schemi, bramiamo coerenza e prevedibilità. Il caos scatena l'ansia. Ci sembra pericoloso, incontrollabile e inquietante. Negli investimenti questa ansia è amplificata dall'impatto diretto sulla nostra ricchezza e sulla nostra sicurezza finanziaria. Ritroviamo una parvenza di controllo aggrappandoci alle narrazioni, per quanto tenue. Esse ci dicono perché le cose stanno accadendo e cosa potrebbe succedere dopo, il che placa la nostra naturale paura dell'incertezza.

Gli esseri umani sono programmati per dare priorità alle informazioni negative rispetto a quelle ottimistiche. Da una prospettiva evolutiva, questo pregiudizio è stato essenziale. I nostri antenati hanno imparato a riconoscere le minacce (come i predatori) per sopravvivere.

Questo istinto, noto come “bias della negatività”, influenza il modo in cui elaboriamo le informazioni, comprese le notizie finanziarie e le narrazioni di mercato. Ecco perché  podcast e articoli con un orientamento “ribassista” generano il maggior numero di clic e visualizzazioni.

• La paura è un fattore motivante più forte dell'avidità: mentre la speranza di fare soldi spinge gli investitori, la paura di perderli è più potente.

• Le previsioni ribassiste sembrano più “razionali”: il pessimismo spesso trasmette maggiore sicurezza e prudenza. In periodi di volatilità dei mercati, una previsione ribassista può sembrare più analitica e responsabile.

• I media amplificano i titoli negativi: le testate giornalistiche sanno che la paura vende. Titoli sensazionalistici come “MERCATI IN TURBOLENZA” o “CRASH IN ARRIVO?” generano clic e coinvolgimento.

• Comportamento di gregge e camere di risonanza: gli investitori si affidano a opinioni ribassiste per ottenere conferme quando i mercati sono instabili. Se altri sono cauti o timorosi, questo  rafforza l'idea che una recessione sia imminente. Questo vale anche se i fondamentali sottostanti rimangono solidi. I social media e le notizie finanziarie creano camere di risonanza che amplificano questi timori.

La cosa più importante per gli investitori è che il mercato assorbe tutte le narrazioni negative dei media nel lungo termine. La recente raffica di narrazioni su debiti, deficit, dazi e “morte del dollaro” alimenta il vostro pregiudizio negativo. Tuttavia allargando lo sguardo, gli investitori che si sono tenuti lontani dai mercati finanziari per “evitare la perdita” di potenziali esiti negativi hanno pagato un caro prezzo in termini di riduzione della ricchezza finanziaria.

In altre parole, c'è sempre una “ragione” per non investire. Tuttavia la narrativa attuale cambierà, ma il mercato no.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Cronocidio: come la tecnocrazia sta cancellando il passato, il presente e il futuro

Mar, 30/09/2025 - 10:10

A proposito di “buco della memoria”, questo libro è uno dei tanti dimenticati dalla storia (o volutamente fatti sparire dal radar pubblico) che disegnano meglio la mappa di come “tutte le strade conducono a Londra”. Uno degli aspetti principali discussi è la nascita dei cosiddetti Board of Trade negli Stati Uniti, quelli che oggi sono i mercati dei futures. Quando ne veniva creato uno, ad esempio sul mais, sul frumento, sul grano, ecc., finivano sempre per distruggere gli agricoltori. Inizialmente avrebbero emesso un sacco di credito nei confronti degli agricoltori, questi ultimi avrebbero creato fattorie sulle loro terre, coltivato i campi, curato i raccolti e infine avrebbero portato i prodotti risultanti nei mercati diretti dai Board of Trade. Essi si sarebbero arrogati il diritto di regolamentare i mercati, saldare  gli scambi, stipulare i termini dei contratti. Il libro ci mostra come questo “diritto” di regolamentazione si sarebbe sempre concluso con la depressione dei prezzi agricoli, la bancarotta degli agricoltori e l'acquisizione di tutti gli asset liquidati per saldare i loro debiti. La fonte dei capitali dati in prestito? La City di Londra. L'evoluzione dei futures altro non è che la finanziarizzazione selvaggia delle commodity che negli ultimi 50 anni non hanno fatto altro che scendere rispetto a una valuta fiat che invece s'è deprezzata costantemente. Il ciclo di manipolazione unidirezionale è stato interrotto 3 anni fa con l'emancipazione della FED dalla cosiddetta “coordinated central banks policy”. Ecco perché, ad esempio, la LBMA viene drenata di oro dai suoi caveau. La cavalcata dei prezzi dei metalli preziosi segna una nuova era per le commodity, sostituendo la mano onnipresente dalla City di Londra con qualcosa di più sostenibile e in linea con la realtà. Poi se ci aggiungete quanto leggerete nella traduzione di oggi, diventa più comprensibile il motivo per cui i globalisti, i vecchi colonialisti inglesi-olandesi, insomma coloro che possiamo annoverare nella cricca di Davos, devono essere fermati e i loro piani smantellati.

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di Niall McCrae

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/cronocidio-come-la-tecnocrazia-sta)

Il passato è un altro Paese, secondo la frase iniziale di L. P. Hartley in The Go-Between. Oggi potremmo dire lo stesso del presente, con il ritmo accelerato del cambiamento tecnologico e demografico.

Per quanto riguarda il futuro, quale fiducia e certezza possiamo avere per i nostri figli e nipoti?

I Paesi potrebbero non esistere più in alcuna forma riconoscibile mentre un nuovo ordine mondiale si consolida, ma non sono solo i confini a essere smantellati. Quando Francis Fukuyama dichiarò la “fine della storia” con la caduta del comunismo, forse stava inavvertitamente preparando il terreno per l'impatto più drammatico dei globalisti sull'umanità: la cancellazione del tempo. Come ammonisce David Fleming, la cui filosofia del continuismo offre una logica unificante per preservare l'umanità dall'assalto tecnocratico, il “cronocidio” è una strategia.

In quanto animali sociali, gli esseri umani creano la società. Nel corso delle generazioni ogni comunità stabilisce e mantiene i propri costumi, credenze, ruoli e relazioni. Mentre gli umanisti ideologicamente progressisti sottolineano che abbiamo più cose in comune delle nostre differenze di razza, religione o regione, una persona di una cultura non può trasferirsi in un luogo di cultura diversa e aspettarsi che la vita continui normalmente.

La componente cruciale della società è il tempo, misurato in vite vissute. Infatti esseri umani + tempo = cultura.

In questa equazione fattori importanti possono essere inclusi in qualità di natura o cultura nel complesso umano-temporale, come il territorio, le risorse, il clima, il commercio, i conflitti e la tecnologia. Ogni società scrive e cura la propria storia.

Nei classici romanzi distopici 1984 e Il mondo nuovo, il passato viene cancellato intenzionalmente. Il compito di Winston è quello di rivedere la documentazione degli eventi per adattarla alla narrazione attuale, in continua evoluzione. Nel futurismo di Aldous Huxley, i bambini nascono grazie a una macchina e l'idea di una donna che partorisce è inquietante.

Come i marxisti della Scuola di Francoforte compresero negli anni '20, e come sa ogni consulente aziendale, nulla cambia veramente se non cambia la cultura (e questo anche Gramsci lo sapeva, ndT). I legami sociali e le tradizioni sono baluardi contro i piani radicali imposti dall'alto. Linee di politica frammentarie e incrementali sono inclini a retrocedere di fronte alle norme, ma ristrutturazioni radicali o altri shock al sistema rompono i legami sociali e infrangono la stabilità. Quanto più drammatico e improvviso è il cambiamento, tanto più facilmente si supera la resistenza.

Il cosiddetto Anno Zero cancella completamente la storia della nostra umanità. Per dittatori intransigenti come Pol Pot in Cambogia, questo era un mezzo necessario per spostare il popolo da un'esistenza agraria a un ordine comunista. Chiunque custodisse reliquie o atteggiamenti del passato veniva sterminato; mentre agli scolari viene insegnato (acriticamente) l'Olocausto, non sono informati sul trauma della collettivizzazione estrema.

Il cronocidio è il deliberato taglio e incendio di ogni cosa nella nostra cultura: sia il fusto e i rami visibili sopra il terreno, sia le radici sottostanti. Siamo privati della nostra continuità come famiglie e fratellanza, perché tali legami umani sono un ostacolo alla missione tecnocratica. Una società atomizzata sta letteralmente prendendo forma nei seguenti modi:

  1. È in corso una guerra orwelliana all'informazione contro la gente comune. I fatti derivati dall'esperienza, dal buon senso o dal pensiero critico diventano “disinformazione” o “odio”. La conoscenza tramandata di generazione in generazione viene denigrata come un mito antiscientifico o un pregiudizio proveniente da un passato intollerante. I giovani, i più colpiti dalla propaganda, sono incoraggiati a rifiutare verità consolidate.

  2. Le operazioni di psicologia comportamentale condotte dallo stato (“psy-ops”) confondono e spaventano le persone, allontanandole da conoscenze e comprensioni consolidate. Collocare la popolazione in un territorio inesplorato, come nella pseudo-pandemia di Covid-19, la pone alla mercé dei poteri forti. Un contagio mortale a livello mondiale non potrebbe essere ricordato da nessuna persona vivente, come lo fu l'epidemia di influenza spagnola oltre cento anni fa. In caso di emergenza, le autorità prendono il controllo e la vita non è più la stessa.

  3. Il “safety-critical” soffoca la cultura, sostituendo le festività intrise di tradizione con eventi organizzati. Le notti dei falò vengono annullate in caso di vento, le feste di Paese vengono interrotte se c'è il rischio che qualcuno abbia una reazione allergica alla marmellata fatta in casa e giochi per bambini energici come il “British Bulldog” vengono banditi dai cortili delle scuole. Il settore assicurativo, attraverso gli elevati costi di copertura, contribuisce a limitare le attività che scontentano le autorità.

  4. L'architettura disumanizzante prolifera lungo lo skyline. Su una scala molto più grande rispetto all'ingegneria sociale degli anni '60, quando ampie fasce di case a schiera furono sostituite da blocchi di cemento e le comunità si trasferirono in massa in nuove città, l'edilizia è in continua crescita. Il paesaggio fisico può conservare i resti del passato, ma chiese, banche e pub hanno chiuso e le vie principali sono in una desolazione strisciante. Le lezioni del recente passato sui problemi della vita nei grattacieli sono state dimenticate. Si stanno sviluppando città intelligenti, con foreste di condomini in acciaio e vetro.

  5. L'espropriazione delle proprietà e dei beni delle persone sta trasferendo tutta la ricchezza all'élite. Il World Economic Forum ci dice che “non possederete nulla e sarete felici”, ma qualcuno deve possedere il capitale. L'eredità generazionale finirà, come dimostra l'esorbitante tassa sulle aziende agricole rimaste di proprietà familiare per secoli, costringendo i proprietari terrieri a vendere.

  6. La migrazione di massa ha portato molte persone del Paese ospitante a sentirsi emarginate e alienate. Nonostante i luoghi comuni sul multiculturalismo, la coesione sociale è diminuita poiché l'identità e la lealtà dei nuovi arrivati sono legate ai loro parenti e amici, con scarso senso di appartenenza comune. Questo è ciò che vogliono i nostri governanti. I cosmopoliti senza radici (gli “Ovunque” descritti da David Goodhart) preferiscono sempre le cose straniere o esotiche al prevedibile e familiare, ma ora la gente della contea e la classe operaia indigena (i “Qualchedove”) si trovano in un “Niente” senza tempo.

  7. Il rapido sviluppo tecnologico sta spostando le persone dalla realtà fisica a quella virtuale. Mentre il presente sta cambiando in modo più visibile nella trasformazione demografica, il futuro prossimo rappresenta una minaccia esistenziale per l'umanità, facendo sembrare le tensioni interculturali come un picnic al parco. Il futuro, se i tecnocrati avranno la meglio, è il transumanesimo.

La Convenzione delle Nazioni Unite per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (1948) lo definisce come l'uccisione di un gruppo nazionale, etnico, razziale, o religioso. Ma esiste anche il concetto di genocidio culturale, elaborato da Raphael Lemkin, che implica la “distruzione sistematica e organizzata del patrimonio culturale”.

Una cultura può essere spazzata via senza sparare un colpo. I tecnocrati hanno giocato una partita a lungo termine, preparandosi per un futuro post-culturale e post-temporale. Il cronocidio è un crimine contro l'umanità.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Il miracolo economico di Milei: come l'Argentina ha ridotto l'inflazione all'1,5%

Lun, 29/09/2025 - 10:05

Gli Stati Uniti hanno poco da apprendere dall'Argentina, dato che, ritengo, siano loro che abbiano facilitato l'ascesa di Milei e abbiano reso l'Argentina un laboratorio con cui sperimentare tutte le misure che in seguito avrebbero dovuto essere implementate per risanare/riorganizzare la nazione. L'ennesima prova di questa volontà è stata manifestata in un recente discorso del vice-capo della Federal Reserve, Michelle Bowman, riguardo le crittovalute. Bitcoin è nato in un momento storico in cui la FED stava uccidendo il dollaro: la politica monetaria coordinata con le altre banche centrali, i salvataggi a profusione, lo scandalo del LIBOR, ecc. Questa deriva va indietro fino al 1935, quando il National Banking Act creò la Federal Reserve come la conosciamo oggi: un singolo tasso di riferimento non più quelli regionali, possibilità di intervenire nel mercato dei titoli sovrani piuttosto che solo nel commercial paper market, ecc. Attenzione, questa non è una difesa della FED: per quanto la perversione di questa istituzione sia diventata sempre più marcata nel tempo, la sua natura rimane pur sempre distorsiva. Oltre al fatto che il sistema bancario centrale è una creatura del demonio partorita dagli araldi sulla Terra di quest'ultimo: gli inglesi, infatti Woodrow Wilson era un globalista e la nascita della FED avvenne sotto la sua supervisione. Inizialmente la FED era “innocua” dato che la sua attenzione era esclusivamente per il commercial paper market, una peculiarità tuttora degli Stati Uniti. Roosevelt cambiò tutto questo e la rese a tutti gli effetti una succursale della Banca d'Inghilterra. Quello che vediamo oggi, invece, da parte dell'amministrazione Trump, da parte di Bessent in particolare, dall'approvazione di leggi come il GENIUS Act e lo STABLE Act, è una volontà di far ritornare la Federal Reserve a quello che era prima del 1935. Meglio un assetto del genere che quello attuale. Non solo, anche con il potere di regolare il mercato del dollaro offshore e l'accesso allo stesso: ci sarà un mercato del dollaro onshore e offshore che sarà determinato solo dalla FED (con il LIBOR era determinato a livello internazionale). Il Dipartimento del Tesoro si occuperà del mercato obbligazionario e della regolamentazione bancaria (chi si opporrà nel FOMC saranno quei membri, come la Cook, che fanno gli interessi dei globalisti e non degli USA). Questo processo è in moto sin dal 2017, quando Powell è diventato presidente della FED e, insieme a John Williams, ha gettato le basi del SOFR che sarebbe entrato in vigore 5 anni più tardi. Motivo per cui Biden e Obama hanno combattuto con unghie e denti affinché non venisse riconfermato per il secondo mandato. Stessa ragione per cui entrambi hanno implementato l'Operazione Chokepoint 2.0 per fermare l'integrazione di Bitcoin nell'economia statunitense e quindi ricapitalizzarla. Il processo di pulizia, guarigione e riorganizzazione dell'economia americana è appena iniziato ed è incoraggiante vederlo svolgersi.

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di Emmanuel Rincon

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-miracolo-economico-di-milei-come)

Nel novembre 2023 l'Argentina si trovava ad affrontare un tasso di inflazione sbalorditivo del 211,4% e un tasso di povertà del 41,7%, il quale colpiva 19,5 milioni di persone e vivevano al di sotto della soglia di povertà. Il Paese si stava preparando alle elezioni con due candidati completamente diversi: Sergio Massa, un peronista della coalizione di governo che aveva dominato la politica argentina per gran parte del XXI secolo (a eccezione del mandato di Mauricio Macri), e Javier Milei, un outsider libertario che aveva guadagnato fama grazie alle sue apparizioni televisive in cui denunciava il socialismo e predicava l'economia di libero mercato in una nazione immersa nell'ideologia statalista.

L'idea che Milei potesse vincere sembrava quasi utopica. Si trovava di fronte non solo a quella che lui stesso definiva una “società malata di socialismo”, ma anche a una macchina politica peronista ben oliata e decennale, determinata a restare aggrappata al potere. Con un partito appena formato e nessuna esperienza politica, Milei era in netto svantaggio. A peggiorare le cose, nei mesi precedenti le elezioni, Sergio Massa, allora Ministro dell'Economia, adottò diverse tattiche per frenare lo slancio libertario di Milei. Quest'ultimo accusò Massa di aver finanziato la sua campagna attraverso una stampa incontrollata di moneta, cosa che alimentò l'inflazione (140% annuo nell'ottobre 2023) e una svalutazione del pèso del 50% nell'agosto 2023. Queste misure davano chiaramente priorità agli intrighi elettorali di breve termine rispetto alla stabilità economica dell'Argentina, un pesante fardello che Milei avrebbe ereditato.

Quando Javier Milei è stato dichiarato vincitore con un margine di oltre 10 punti, lo shock è stato immenso. La gioia era grande, ma Milei ha ereditato anche una sfida colossale, come ha dichiarato nel suo primo discorso alla nazione: “Non ci sono soldi”.


Cosa dicevano gli “esperti”

L'8 novembre 2023, pochi giorni prima delle elezioni, il Guardian pubblicò un articolo su una lettera firmata da oltre 100 economisti, tra cui Thomas Piketty, Jayati Ghosh e Branko Milanovic. Avvertivano che l'elezione di Milei avrebbe portato “devastazione” in Argentina, sollecitando il sostegno proprio ai leader che avevano portato l'inflazione oltre il 200%. Stabilizzare una nazione con gli indicatori economici dell'Argentina sembrava non solo scoraggiante, ma quasi impossibile nel breve termine. Eppure, appena un anno e mezzo dopo l'insediamento di Milei, l'unica cosa “devastata” era la fosca previsione di quegli oltre 100 esperti.


Il miracolo economico

“Non ci sono soldi”, ripeteva Milei senza sosta, e gli argentini hanno capito. Il giorno del suo insediamento hanno acclamato un leader che, invece di promettere che lo stato avrebbe risolto tutti i loro problemi, ha promesso di toglierglielo di torno. Ha esortato i cittadini a stringere la cinghia e a risparmiare risorse per ricostruire la nazione.

Il primo passo di Milei è stato il pareggio di bilancio. Attraverso un aggressivo programma di tagli alla spesa pubblica, l'eliminazione della burocrazia e la riduzione dei posti di lavoro nel settore pubblico, ha cancellato l'enorme deficit fiscale dell'Argentina, aprendo la strada a una storica ripresa economica. Sotto la sua guida, l'Argentina ha iniziato a domare l'inflazione con una rara disciplina fiscale, non solo a livello regionale ma generale. Gli ultimi dati sono sorprendenti: a maggio 2025 l'indice dei prezzi al consumo è aumentato solo dell'1,5%, il livello più basso degli ultimi cinque anni. Milei ha raggiunto questo obiettivo senza controlli sui prezzi, ma liberalizzando l'economia, promuovendo la fiducia del mercato e rallentando l'inflazione. Quest'ultima è scesa, a livello annuo, dal 211,4% nel 2023 al 43,5% a metà del 2025. I prezzi all'ingrosso sono addirittura scesi dello 0,3% a maggio, il dato migliore degli ultimi 17 anni. Anche la povertà è diminuita drasticamente, passando dal 52,9% nella prima metà del 2024 al 38,1% nella seconda, e l'UNICEF ha rilevato che 1,7 milioni di bambini sono usciti dalla povertà da quando Milei ha assunto l'incarico.

Questi risultati non sono stati casuali. Sono il frutto di una strategia chiara: equilibrio di bilancio, riduzione della spesa pubblica, fine dell'espansione monetaria come strumento di finanziamento e deregolamentazione economica. Il risultato? Maggiore stabilità, aumento della domanda dei pèso, calo dell'inflazione e ripresa dell'occupazione e del potere d'acquisto.


Cosa possono imparare gli altri dal governo di Milei?

Durante la recente campagna presidenziale degli Stati Uniti tra il presidente Trump e l'allora vicepresidente Kamala Harris, le visioni economiche dei candidati non avrebbero potuto essere più diverse. I repubblicani, come storicamente fanno, hanno chiesto l'equilibrio di bilancio, la riduzione della spesa pubblica e il rilancio dell'economia attraverso investimenti privati. Trump si è persino appoggiato al miliardario Elon Musk, che ha promesso di creare un'istituzione “DOGE” per eliminare la burocrazia e ridurre la spesa pubblica. Così come l'Argentina l'economia statunitense ha bisogno di soluzioni concrete: tagliare la spesa pubblica, tagliare le tasse, ridurre la burocrazia e deregolamentare. Se Milei è riuscito a implementare un efficace programma di stabilizzazione in Argentina – con un settore privato molto più debole e condizioni infinitamente peggiori – non c'è motivo per cui Trump non possa fare lo stesso. Tutto ciò che serve è la volontà politica.

L'Argentina potrebbe essere un modello, non solo per gli Stati Uniti, ma per tutte le economie del primo mondo, trascinate a picco da decenni di politiche keynesiane che ne hanno lentamente avvelenato i sistemi. Milei ha indicato la strada e ha dimostrato che è possibile. Cosa aspettano gli altri?


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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