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Francesco Simoncellihttp://www.blogger.com/profile/[email protected]
Aggiornato: 6 ore 59 min fa

Epstein & Russiagate

Lun, 04/08/2025 - 10:03

Lo scandalo Russiagate è di proporzioni epiche. Le conseguenze giudiziarie dello stesso rappresenteranno la pietra tombale sulle infiltrazioni europee nelle stanze dei bottoni americane. La presidenza Obama, infatti, è stata il simbolo di questa infiltrazione: dal Dodd-Frank Act al JCPOA, il suo mandato è stato caratterizzato dalla demolizione della credibilità americana a più livelli. Il primo ingessava a tal punto il sistema bancario commerciale da far proliferare quello ombra e alimentare il mercato degli eurodollari; il secondo aiutava l'Europa a ottenere energia a basso costo, teneva aperta una porta sul retro in Iran e perpetuava il gioco “divide et impera” nella regione affinché la si potesse controllare senza disturbi (chi ci perdeva erano gli USA perché cani da guardia della situazione, la quale se fosse degenerata li avrebbe risucchiati e impantanati in un'ennesima guerra inutile). “Cui prodest”? Europa e Inghilterra. La prima presidenza Trump ha rappresentato una rottura col passato, materializzatasi formalmente nel 2019 quando JP-Morgan fece saltare consapevolmente il mercato dei pronti contro termine rifiutandosi di accettare come collaterale titoli europei a copertura dei finanziamenti in suddetto mercato. Ma questa è una storia che trovate nel mio ultimo libro, “Il Grande Default”. Di conseguenza i documenti declassificati da Tulsi Gabbard e riguardanti le nefandezze di Obama aprono la porta a uno scandalo superiore rispetto a quello di Epstein. Quest'ultimo potremmo definirlo “l'uomo delle connessioni”, lo scandalo sessuale è solo un paravento e uno specchietto per le allodole se confrontato a tale aspetto più profondo. Quello che penso è che Trump, avendo cavalcato il caso durante la campagna elettorale di fronte a una parte della sua base elettorale, si è accorto, una volta in carica, che non esisteva nessuna lista. Quello che dovrebbe importare del caso Epstein dovrebbe essere la pletora di ONG che ha contribuito a creare (tra cui la Clinton Foundation) e che sappiamo hanno rappresentato uno dei volani per eccellenza con cui far volare dollari all'estero e infiltrati ostili internamente (es. USAID docet). Detto ciò, la bufala del Russiagate, però, è ordini di grandezza superiori più grave rispetto al caso Epstein. Non solo ha il potenziale di mandare in prigione uno dei fautori principali del declino americano, ovvero Obama, ma di smantellare quella rete sotterranea di influenze che hanno i Dem. I tentacoli di questa piovra non finiscono negli Stati Uniti, ma si estendono al mondo intero.

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di Peder Zane

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/epstein-and-russiagate)

Stiamo parlando di due storie diverse e di portata diversa.

La prima riguarda la marcia indietro del presidente Trump sulle promesse di pubblicare i documenti governativi collegati al defunto Jeffrey Epstein.

La seconda riguarda le prove che il presidente Obama e i suoi alti funzionari hanno diffuso la falsa narrazione che dipingeva Trump come un agente traditore al soldo della Russia, cosa che ne ha ostacolato, e non poco, il primo mandato.

Mentre la saga di Epstein è una squallida baraonda priva di significato profondo, le nuove rivelazioni sulla bufala russa forniscono dettagli scottanti su uno degli scandali politici più grandi della storia americana.

Indovinate quale stanno usando i media generalisti? Quale stanno cercando di seppellire?

La risposta è ovvia. Se solo affermarlo fosse sufficiente, potremmo ridere della copertura prevedibile e faziosa dei media generalisti. Non è gente seria, purtroppo è gente tremendamente noiosa nei suoi continui tentativi di diffamare Trump, nascondendo al contempo i propri illeciti. La copertura contrastante delle storie di Epstein e del Russiagate è solo l'ultimo esempio di un mondo mediatico che ha perso la bussola.

Innanzitutto, Epstein. Nelle ultime settimane i media generalisti hanno trattato la vicenda come se si trattasse del Watergate. Il New York Times, ad esempio, ha pubblicato più di 50 articoli e pezzi d'opinione su Epstein e Trump tra il 16 e il 23 luglio.

Gran parte del resto dei media generalisti ha seguito l'esempio. A parte una storia salace, seppur insignificante, propinata al Wall Street Journal – secondo cui Trump potrebbe aver contribuito con una lettera scurrile a un libro di auguri per Epstein 23 anni fa – nessuno di loro ha diffuso la notizia, o l'ha fatta avanzare.

L'ultimo articolo di grande successo scritto su Epstein è stato quello di Lee Fang del 21 maggio per RealClearInvestigations, in cui rivelava come i funzionari delle Isole Vergini americane, tra cui la deputata democratica Stacey Plaskett, avrebbero tratto vantaggio da Epstein e lo proteggevano, il quale portava delle ragazzine su un'isola privata di sua proprietà.

Sì, la saga di Epstein è una storia vera. Nonostante le affermazioni contrarie dei media generalisti, c'era una cricca di uomini ricchi e influenti che si divertivano con Epstein – e quasi certamente alcuni di loro facevano sesso con giovani ragazze. Ma è improbabile che le prove di tali atti criminali siano dettagliate nel materiale in possesso del governo federale. Ciononostante l'amministrazione Trump dovrebbe rendere pubblico ciò che ha e lasciare che le cose vadano come devono per queste persone amorali che si sono legate a una persona disgustosa; oppure Trump dovrebbe spiegare apertamente perché questa è una cattiva idea. Un resoconto completo potrebbe essere difficile, data la sentenza recente di un giudice federale della Florida secondo cui la legge “non consente” la divulgazione della testimonianza segreta del Gran Giurì su Epstein, come richiesto dal Dipartimento di Giustizia.

È significativo che la recente copertura mediatica si concentri così tanto su Trump. L'ironia è che sembra essere uno dei pochi uomini onesti nella storia di Epstein. I due erano apparentemente amici un tempo, anche se probabilmente non così vicini, data la mancanza di articoli che li collegassero prima che Trump si candidasse. Sappiamo che Trump è stata una delle poche persone a prendere le distanze da Epstein molto prima che quest'ultimo si dichiarasse colpevole di crimini sessuali nel 2008. Trump ha bandito Epstein da Mar-a-Lago prima del suo arresto, presumibilmente a causa del suo comportamento inquietante nei confronti di una minorenne. Ci sono anche segnalazioni secondo cui Trump potrebbe essere stato colui che ha allertato le autorità sulle predazioni di Epstein, forse non per coscienza ma probabilmente a causa di una controversia immobiliare.

Mentre le testate giornalistiche mainstream si concentrano sulla storia di Epstein, minimizzano le recenti rivelazioni che descrivono dettagliatamente gli sforzi dell'amministrazione Obama per promuovere la bufala Trump/Russia. Secondo i media generalisti la sua amministrazione avrebbe declassificato una serie di nuovi documenti per distogliere l'attenzione dallo scandalo Epstein e per vendicarsi dei suoi presunti nemici.

Qualunque siano le motivazioni di Trump, i documenti appena divulgati sono significativi. Come ha riportato Aaron Maté questa settimana per RealClearInvestigations, essi sono la “conferma” ufficiale della bufala del Russiagate – la Valutazione della Comunità di Intelligence completata nel gennaio 2017 e i rapporti del Procuratore Speciale Robert Mueller e della Commissione del Senato che indaga sulla questione – “hanno tutti escluso i dubbi e le lacune probatorie segretamente individuati dalla stessa comunità di intelligence sull'accusa principale di ingerenza russa”.

La complessa cronologia degli eventi descritta da Maté rende questo punto chiaro: i sospetti che la Russia avesse interferito nelle elezioni del 2016 sono stati riconfezionati come presunti fatti dopo la sorprendente vittoria di Trump nel 2016.

Sappiamo che Wikileaks pubblicò email rubate dal Comitato Nazionale Democratico nell'estate e nell'autunno del 2016. Tuttavia, osserva Maté, una valutazione dell'intelligence del settembre 2016 “non conteneva prove concrete che Putin avesse ordinato il furto di materiale del Partito Democratico nell'ambito di una campagna di influenza a favore di Trump”. Anche i precedenti reportage di Maté per RCI hanno dimostrato che non ci sono prove che la Russia abbia rimosso email dai server del Comitato Nazionale Democratico o le abbia trasmesse a qualcun altro.

Tale valutazione venne ignorata dopo la vittoria di Trump a novembre del 2016. È altrettanto chiaro che il presidente Obama abbia avuto un ruolo chiave nel promuovere la falsa narrazione dell'interferenza russa. Obama – che quell'estate era stato informato dei piani di Hillary Clinton di presentare Trump come un burattino del Cremlino per distogliere l'attenzione dallo scandalo delle sue email – richiese una nuova valutazione di intelligence nel dicembre 2016. Doveva essere un lavoro frettoloso che voleva portare a termine prima di lasciare l'incarico. Quella relazione, redatta in gran parte dall'allora direttore della CIA, John Brennan, soppresse i dubbi di FBI e NSA sulla presunta interferenza russa.

Obama andò oltre. Il 5 gennaio 2017 tenne un incontro nello Studio Ovale con diverse personalità, tra cui il direttore dell'allora FBI, James Comey. Due giorni dopo Comey informò il presidente eletto Trump del dossier Steele – una ricerca, falsa e approssimativa, finanziata dalla campagna elettorale della Clinton, che suggeriva che Trump e i suoi collaboratori fossero stati compromessi dai russi. Quel briefing divenne l'esca di cui i media anti-Trump avevano bisogno per dare rapidamente notizia del dossier fasullo, dando il via alle indagini sul Russiagate.

Due punti: in primo luogo, la Russia probabilmente ha tentato di interferire nelle elezioni del 2016, ma i fatti concreti che conosciamo – che abbiano acquistato una manciata di annunci pubblicitari sui social media e che abbiano probabilmente hackerato i server del DNC, sebbene senza prove di aver rimosso le email pubblicate da Wikileaks – non supportano la famosa affermazione della Relazione Mueller riguardo a un'azione “rampicante e sistematica”.

Ancora più importante, i Democratici e i media generalisti stanno cercando di far finta che abbiamo passato tre anni a discutere dell'ingerenza russa. In realtà, i loro sforzi miravano a dipingere Trump e i suoi soci come alleati traditori di un nemico straniero. Non si è mai trattato di interferenza, ma di collusione.

Credo che questo sia il peggior scandalo della storia americana, perché, a differenza del Watergate – i cui illeciti erano in gran parte confinati alla Casa Bianca – il cancro del Russiagate si è diffuso dalla Casa Bianca alla CIA, all'FBI e ai media generalisti. La mancanza di responsabilità per queste azioni ha dato ai Democratici e ai loro alleati nel mondo del giornalismo un senso di impunità. È per questo che si sono sentiti liberi di mentire sfacciatamente su altre cose, tra cui il portatile di Hunter Biden e la presunta acutezza mentale di Joe Biden.

Queste forze sono così impegnate a nascondere la propria doppiezza che non riescono mai ad ammettere la verità. Mentre le storie del Russiagate e di Epstein sono chiaramente di ordine diverso, i Democratici e i media generalisti continuano a diffondere insistentemente un'immagine speculare delle notizie, sostenendo che le nuove rivelazioni sulla corruzione ai vertici del governo federale siano semplicemente il tentativo di Trump di “deviare” l'attenzione dal caso Epstein.

È un'affermazione talmente ridicola da essere assurda, a meno che non lo facciano loro.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Leggere tra le bugie

Ven, 01/08/2025 - 10:01

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, Il Grande Default : https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non pu avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorit . Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Joshua Stylman

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/leggere-tra-le-bugie)

Quando Avril Haines, Direttrice dell'Intelligence Nazionale, annunciò durante l'esercitazione pandemica Event 201 nel 2019 che avrebbero “inondato la zona di fonti attendibili”, pochi compresero questo anticipo di controllo coordinato delle narrazioni. Nel giro di pochi mesi lo abbiamo visto dispiegarsi in tempo reale: messaggistica unificata su tutte le piattaforme, soppressione del dissenso e controllo coordinato della narrazione che ha ingannato gran parte del mondo.

Ma non tutti sono rimasti ingannati. Alcuni hanno capito subito, mettendo in discussione ogni aspetto fin dal primo giorno; altri hanno pensato che si trattasse semplicemente di un governo incompetente che cercava di proteggerci. Molti inizialmente hanno accettato il principio di precauzione: meglio prevenire che curare. Ma poiché ogni fallimento politico puntava nella stessa direzione – verso un maggiore controllo e una minore azione umana – il modello è diventato impossibile da ignorare. Chiunque non fosse completamente assorbito dal sistema ha dovuto alla fine confrontarsi con il suo vero scopo: non proteggere la salute o la sicurezza, ma espandere il controllo.

Una volta riconosciuto questo schema di inganno, due domande dovrebbero sorgere immediatamente nella mente di ogni persona ogni volta che le notizie più importanti dominano i titoli dei giornali: “Su cosa stanno mentendo?” e “Da cosa ci stanno distraendo?”. Lo schema di inganno coordinato diventa inequivocabile. Basti pensare a come i media abbiano trascorso tre anni a promuovere le cospirazioni del Russiagate, alimentando una divisione sociale senza precedenti e gettando le basi per quella che sarebbe diventata la più grande operazione psicologica della storia. Oggi, mentre i media ci inondano di notizie sull'Ucraina, BlackRock si posiziona per trarre profitto sia dalla distruzione che dalla ricostruzione. Lo schema diventa inequivocabile una volta che lo si vede: crisi create ad arte che chiedono “soluzioni” pianificate in anticipo che espandono sempre il controllo istituzionale.

I media generalisti operano su un doppio inganno: depistaggio e manipolazione. Gli stessi conduttori che ci hanno venduto le armi di distruzione di massa in Iraq durante i telegiornali della sera, promosso la “collusione con la Russia” e insistito sul fatto che il portatile di Hunter Biden fosse “disinformazione russa” occupano ancora le fasce orarie di punta. Proprio come accade con la nomina di RFK Jr. all'HHS, lo schema è costante: attacchi coordinati sostituiscono il dibattito concreto, punti di discussione identici compaiono su tutte le reti e domande legittime vengono liquidate con la diffamazione anziché con le prove. Sbagliare sistematicamente non è un caso, è voluto. Il loro ruolo non è informare, ma fabbricare il consenso.

Il modello è chiaro: saturare i media con spettacoli emotivi, promuovendo al contempo i programmi istituzionali con un controllo minimo. Come si impara a riconoscere un sorriso falso, o a percepire una stonatura in un brano musicale, allo stesso modo si sviluppa un istinto per il tempismo.

Denaro e potere:

• Mentre i media erano concentrati sul 6 gennaio, BlackRock e Vanguard hanno silenziosamente rafforzato la loro presa sul mercato immobiliare residenziale.

• Mentre la stampa era ossessionata dal ban di Trump su Twitter, il Congresso ha approvato il più grande trasferimento di ricchezza con la scusa degli “aiuti Covid”.

• Mentre un’informazione senza fiato seguiva ogni mossa del processo a Johnny Depp, la FED ha stampato più denaro che in tutto il secolo precedente.

• Mentre i media ci inondavano di notizie sull’Ucraina, restrizioni senza precedenti sulla produzione di energia hanno rimodellato l’economia globale.

• Mentre i giornalisti seguivano con il fiato sospeso le accuse a Trump, le banche centrali acceleravano i piani per una valuta digitale programmabile.

Controllo sanitario:

• Mentre i media si concentravano sulla promozione del vaccino tramite le celebrità, un numero senza precedenti di giovani atleti è crollato in campo.

• Mentre le reti televisive trasmettevano ininterrottamente le sparatorie nelle scuole, i documenti rivelavano che Pfizer era a conoscenza di centinaia di effetti collaterali.

• Mentre la copertura mediatica si concentrava sulla “disinformazione” anti-vax, i dati delle assicurazioni mostravano tassi di mortalità in eccesso allarmanti.

Controllo digitale: 

• Mentre i media erano ossessionati dalla moderazione dei contenuti di Twitter, l’infrastruttura dell’ID digitale veniva costruita silenziosamente in tutto il mondo.

• Mentre la copertura mediatica si concentrava sulle preoccupazioni relative alla privacy di TikTok, le banche centrali hanno accelerato lo sviluppo delle valute digitali.

• Mentre gli infiniti dibattiti sui chatbot AI dominavano i titoli dei giornali, i sistemi di sorveglianza biometrica si espandevano a livello globale.

Man mano che questi inganni diventano più evidenti, emergono diverse forme di resistenza. La ricerca della verità assume forme diverse. Alcuni diventano esperti di inganni specifici: documentando i primi successi terapeutici con farmaci riadattati, scoprendo fallimenti nei protocolli ospedalieri, o esplorando l'impatto dei danni da vaccino. Altri sviluppano una prospettiva più ampia per comprendere come le narrazioni stesse vengano costruite.

La brillante capacità di Walter Kirn di riconoscere schemi ricorrenti colpisce il cuore della nostra realtà artificiale. I suoi tweet, che analizzano la copertura mediatica dell'omicidio dell'amministratore delegato di United, rivelano come persino i crimini violenti vengano ormai confezionati come spettacoli di intrattenimento, completi di archi narrativi e colpi di scena. Il lavoro di Kirn evidenzia una dimensione critica del controllo mediatico: trasformando ogni crisi in una narrazione di intrattenimento, l'attenzione viene deviata da questioni più profonde. Invece di chiedersi perché le tutele istituzionali falliscano, o chi ne tragga beneficio, il pubblico viene catturato da un'indignazione attentamente sceneggiata. Questa distrazione deliberata garantisce che i programmi istituzionali procedano senza controlli.

Il suo lavoro rivela come il confezionamento dell'intrattenimento sia al servizio del più ampio sistema di controllo. Mentre ogni indagine richiede una competenza specifica, questo schema di manipolazione narrativa si collega a una rete più ampia di inganni. Come scritto nei pezzi L'industria dell'informazione e Ingegnerizzare la realtà, tutto, dall'istruzione alla medicina, fino alla valuta stessa, è stato catturato da sistemi progettati per plasmare non solo le nostre scelte, ma la percezione stessa della realtà.

La cosa più rivelatrice è ciò che non coprono. Notate la rapidità con cui le notizie scompaiono quando minacciano interessi istituzionali. Ricordate la lista dei clienti di Epstein? L'accaparramento di terreni a Maui? I crescenti danni da vaccino? Il silenzio la dice lunga. Considerate le recenti testimonianze di informatori che rivelano preoccupazioni represse sulla sicurezza presso Boeing, un'azienda da tempo coinvolta con agenzie di regolamentazione e appalti governativi. Due informatori – entrambi ex-dipendenti che avevano lanciato l'allarme su problemi di sicurezza – sono morti in circostanze sospette. La copertura mediatica delle loro morti è scomparsa quasi da un giorno all'altro, nonostante le profonde implicazioni per la sicurezza pubblica e la responsabilità aziendale. Questo schema si ripete in innumerevoli casi in cui la responsabilità sconvolgerebbe strutture di potere radicate, lasciando domande cruciali senza risposta e narrazioni strettamente controllate.

Queste decisioni non sono casuali: sono il risultato delle caratteristiche dei media moderni, dell'influenza degli inserzionisti e della pressione dei governi, garantendo che la narrazione resti strettamente controllata.

Ma forse la cosa più sorprendente non è l'inganno dei media in sé, ma quanto profondamente plasmano la realtà dei loro consumatori. Osservate con quanta sicurezza ripetono frasi chiaramente elaborate nei think tank. Ascoltate come ripetono a pappagallo punti di vista con convinzione religiosa: “Il 6 gennaio è stato peggio dell'11 settembre”, “Fidatevi della scienza ™”, “C'è in gioco la democrazia” e, forse la menzogna più infame della storia moderna, “Sicuro ed efficace”.

La classe dei sedicenti esperti si dimostra particolarmente suscettibile a questa programmazione. La loro competenza diventa una prigione di status: più investono nell'approvazione istituzionale, più difendono con fervore le narrazioni istituzionali. Guardate con quanta rapidità un medico che mette in dubbio la sicurezza dei vaccini perde la licenza, con quanta rapidità un professore che mette in discussione l'ideologia di genere affronta una revisione, con quanta rapidità un giornalista che esce dai ranghi viene inserito nella lista nera.

Il sistema garantisce il rispetto delle regole attraverso la cattura economica: il mutuo diventa il vostro guinzaglio, il vostro status professionale la vostra guardia carceraria. Lo stesso avvocato che si vanta del suo pensiero critico bloccherà aggressivamente qualsiasi messa in discussione delle narrazioni ufficiali. Il professore che insegna a “mettere in discussione le strutture di potere” diventa furioso quando gli studenti mettono in discussione le aziende farmaceutiche.

La validazione circolare rende la programmazione quasi impenetrabile:

• I media citano gli “esperti”

• Gli esperti citano studi sottoposti a revisione paritaria

• Gli studi sono finanziati dall'industria

• L'industria plasma la copertura mediatica

• I “fact-checker” citano il consenso dei media

• Il mondo accademico fa rispettare le conclusioni approvate

Questo circolo vizioso forma un perfetto circuito chiuso.

Ogni componente convalida gli altri, escludendo al contempo informazioni esterne. Provate a trovare il punto di accesso alla verità in questo sistema chiuso. L'orgoglio della classe degli esperti per il proprio pensiero critico diventa ironico: esternalizzano le proprie opinioni a “fonti autorevoli”.

La cosa più inquietante è la loro spontanea volontà di rinunciare alla sovranità. Guardateli mentre si arrendono:

• “Seguo la scienza” (traduzione: aspetto conclusioni approvate)

• “Secondo gli esperti...” (traduzione: non penso con la mia testa)

• “I fact-checker dicono...” (traduzione: lascio che siano gli altri a stabilire la verità)

• “Il consenso è...” (traduzione: mi allineo con il potere)

La loro empatia diventa un'arma usata contro di loro. Mettere in discussione i lockdown? Stai uccidendo la nonna. Dubitare della chirurgia di transizione per i minori? Stai causando suicidi. Resistere alle iniziative di equità? Stai perpetuando l'oppressione. La programmazione funziona facendo percepire la resistenza come crudeltà.

Qualcosa di straordinario sta accadendo sotto il rumore di superficie, però: un autentico risveglio che sfida i tradizionali confini politici. Lo si vede nei sottili scambi tra colleghi quando le narrazioni ufficiali mettono a dura prova la credibilità; nel silenzio crescente alle cene, mentre i discorsi propagandistici cadono nel vuoto; negli sguardi complici tra sconosciuti quando il teatro della salute pubblica raggiunge nuove vette di assurdità.

Questo non è un movimento in senso tradizionale – non può esserlo, poiché le strutture dei movimenti tradizionali sono vulnerabili a infiltrazioni, sovversioni e cattura – è più simile a un'emergenza spontanea, un risveglio distribuito senza una leadership centrale o un'organizzazione formale. Chi vede attraverso gli schemi riconosce la formazione di massa per quello che è, mentre i suoi soggetti proiettano la propria programmazione sugli altri liquidando gli schemi sopraccitati come “teorie del complotto”, “antiscienza”, o altre etichette progettate per impedire un'analisi autentica.

La verità più difficile da accettare non è riconoscere la programmazione, ma confrontarsi con il suo significato per la coscienza umana e per la società stessa. Stiamo assistendo a prove in tempo reale che dimostrano come la maggior parte delle menti umane possa essere catturata e reindirizzata attraverso sofisticate operazioni psicologiche. I loro pensieri non sono i loro, eppure morirebbero per difendere ciò in cui sono stati programmati per credere.

Non si tratta più solo di critica: è una questione esistenziale sulla coscienza umana e sul libero arbitrio. Cosa significa quando la capacità di pensiero indipendente di una specie può essere così dirottata? Quando l'empatia naturale e gli istinti morali diventano armi di controllo? Quando l'istruzione e la competenza riducono la resistenza alla programmazione?

Quest'ultima funziona perché dirotta le pulsioni umane fondamentali:

• Il bisogno di accettazione sociale (ad esempio, mascherarsi come simbolo visibile di conformismo);

• Il desiderio di essere visti come buoni/morali (ad esempio, adottare certe posizioni su questioni sociali senza una comprensione più profonda);

• L'istinto di fidarsi dell'autorità (ad esempio, la fiducia nei funzionari della sanità pubblica nonostante i ripetuti cambiamenti di politica);

• La paura dell'ostracismo (ad esempio, evitare il dissenso per mantenere l'armonia sociale);

• Il conforto del conformismo (ad esempio, ripetere a pappagallo le narrazioni per evitare la dissonanza cognitiva);

• La dipendenza dallo status (ad esempio, segnalare la conformità per mantenere la posizione professionale o sociale).

Ogni tratto umano naturale diventa una vulnerabilità da sfruttare. I più istruiti diventano i più programmabili perché la loro dipendenza dallo status è più profonda. Il loro “pensiero critico” diventa un copione in esecuzione su un hardware corrotto.

Questa è la sfida più importante del nostro tempo: la coscienza umana può evolversi più velocemente dei sistemi progettati per dirottarla? Il riconoscimento di schemi e la consapevolezza possono diffondersi più velocemente del consenso artificiale? Un numero sufficiente di persone può imparare a leggere tra le bugie prima che la programmazione sia completa?

La posta in gioco non potrebbe essere più alta. Non si tratta solo di politica o di alfabetizzazione mediatica: si tratta del futuro della coscienza umana stessa. Se la nostra specie manterrà la capacità di pensiero indipendente potrebbe dipendere da coloro che ancora vi riescono ad accedere, aiutando gli altri a liberarsi dall'incantesimo.

La matrice del controllo si intensifica ogni giorno che passa, ma lo stesso vale per il risveglio. La domanda è: cosa si diffonde più velocemente, la programmazione o la consapevolezza? Il nostro futuro come specie potrebbe dipendere da questa risposta.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Realizzazioni ridondanti su Bitcoin

Gio, 31/07/2025 - 10:15

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, Il Grande Default : https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non pu avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorit . Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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da Zerohedge

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/realizzazioni-ridondanti-su-bitcoin)

Quando penso ai concetti chiave che ho imparato su Bitcoin negli ultimi mesi, non ce n'è uno che mi abbia spinto a crederci più della funzione di ridondanza della rete.

Voglio dire, certo, quasi tutti quelli che mi conoscono sanno che, ideologicamente, sono un grande sostenitore dell'economia Austriaca e un grande sostenitore dell'oro, quindi ovviamente questa è un'ottima base da cui partire se si vuole iniziare a studiare e poi credere in Bitcoin.

Ma gran parte della mia incertezza su di esso negli ultimi anni era dovuta al fatto di non aver capito con assoluta chiarezza cosa fosse o come funzionasse. Chi ha guardato la mia intervista con Peter McCormack sa che nella prima mezz'ora lo sfidavo a darmi una descrizione in una sola frase di cosa si acquistava con Bitcoin. Ho ancora sete di poterne semplificare i concetti, rendendoli più comprensibili non solo per me, ma anche per gli altri.

Per la cronaca, se dovessi rispondere a questa domanda ora, descriverei l'acquisto di Bitcoin come lo scambio di una valuta con un'altra. Il prezzo rappresenta il tasso di cambio. So che c'è molto di più, tra cui il potenziale per una maggiore adozione e un più ampio utilizzo tecnologico della rete, tra le altre cose, ma per semplificare, direi semplicemente che è la prima valuta digitale al mondo, accessibile a livello globale, e il prezzo è il suo tasso di cambio. È un codice Unicode digitale per il denaro.

E non c'è bisogno di conoscere i dettagli di come funziona, basta sapere che funziona e che, man mano che migliora, diventa più sicuro. Per chi non ha familiarità con il funzionamento della Proof of Work, ecco una semplice analogia che farà infuriare i nerd dei computer perché non è abbastanza accurata. Pensate a un lucchetto con combinazione a quattro cifre che usate per chiudere la bici in città. Ora, immaginate se ogni volta che usate il lucchetto, venisse aggiunta una cifra allo stesso e la combinazione si reimpostasse su un nuovo numero. L'ultimo utente vi fornisce il codice a 4 cifre per sbloccare il lucchetto della bici in modo che voi possiate usarla. Dopo l'uso, invece di avere un lucchetto a quattro cifre con 1000 possibili risposte, avete una combinazione completamente nuova a cinque cifre, con 10 volte più combinazioni possibili. Date quella combinazione all'utente successivo in modo che possa usarla. Ora, moltiplicate tale transazione per tutte le volte che qualcuno ha usato il vostro lucchetto e vedrete subito che, qualunque sia la combinazione di oggi, è molto lunga e nessuno sarà in grado di indovinarla. E, man mano che più persone lo usano, il lucchetto diventa ancora più sicuro.

Ora immaginate che 20.000 persone utilizzino tutte lo stesso lucchetto per chiudere le loro biciclette, senza sosta, per 13 anni.

Comprendere la sicurezza di Bitcoin è stata una delle intuizioni semplici e profonde che mi hanno permesso di iniziare a crederci. In un articolo che ho scritto l'anno scorso, affermavo che Bitcoin è la manifestazione digitale della frase “l'unione fa la forza”.

Ma non c'è solo sicurezza, c'è anche forza e potenza. Una volta compreso questo concetto nel contesto del funzionamento della rete Bitcoin, e osservando un grafico dei nodi o dell'hashrate, diventa molto difficile ipotizzare che la rete possa fallire.

Per me, è stata la consapevolezza che 20.000 nodi in tutto il mondo, in decine di Paesi, in innumerevoli giurisdizioni, gestiti da persone di ogni tipo e con stili di vita diversi, interagiscono costantemente in un sistema di controlli e contrappesi per garantire l'integrità della rete. Mi piace l'idea che se qualcuno prova a modificare il codice, i nodi glielo rivomiteranno addosso. Mi piace l'idea che sia necessaria una notevole potenza di calcolo per verificare costantemente la blockchain, con grande disappunto di allarmisti per il clima come Elizabeth Warren. E infine, mi piace l'idea che, man mano che cresce, diventa esponenzialmente più difficile fermarla.

Circa un'ora prima di scrivere questo articolo sono andato a farmi una doccia e ho avuto una serie di interazioni che mi hanno ispirato a riflettere sul concetto di ridondanza.

Innanzitutto ero appena tornato da un viaggio e avevo messo via la mia trousse da viaggio. Essa contiene un duplicato di tutto ciò che ho già a casa: tagliaunghie, forbicine, shampoo, kit di pronto soccorso, deodorante e altri articoli. Ho scelto di creare una seconda trousse per i miei viaggi in modo da non dover preparare e disfare continuamente la mia serie iniziale di prodotti da bagno; devo solo spostare l'intera trousse da un posto all'altro. Allo stesso tempo, la mia trousse da viaggio funge anche da riserva per tutti gli articoli che ho a casa se qualcosa finisce prima che io possa andare al supermercato. La mia trousse da viaggio rappresenta un'eccedenza per i miei prodotti da bagno.

Sono entrato nella doccia e mi sono accorto di essere rimasto senza sapone. Ho preso una scatola di sapone che tengo vicino alla doccia, ma era vuota, così ho aperto l'armadietto del bagno e ne ho aperta una nuova. Tengo un sacco di cose di riserva che uso sempre perché non voglio mai rimanerne senza. La prima scatola rappresenta la ridondanza e la seconda rappresenta un ulteriore livello di ridondanza. Era una rete composta da tre nodi: la doccia, la prima scatola e l'armadietto.

Dopo essermi vestito, sono andato a mettermi il mio cappello invernale preferito, cosa che sono riuscito a fare nonostante avessi appena lasciato lo stesso cappello invernale in lavanderia. Ne ho comprati diversi apposta per averne uno da usare mentre qualcun altro si sarebbe trovato in lavanderia. Questa è una ridondanza di cappelli invernali.

Oggi indossavo una maglietta di cui ho almeno 12 copie, perché è l'unica che mi sta come piace a me. Diverse magliette erano in lavatrice, ma ne avevo altre pulite perché ne avevo comprate di più. Questa è una ridondanza di magliette.

Poi sono uscito per prepararmi un caffè e mi sono accorto che il mio porta capsule Nespresso era vuoto. Così, ho aperto gli armadietti della cucina, ho preso un'altra scatola, l'ho aperta e l'ho riempita. Tengo l'armadietto pieno di scorte di scorta nel caso in cui il porta capsule finisca. Questa è una ridondanza di capsule Nespresso.

Infine, dopo la doccia, sono uscito per andare al ristorante e sono passato davanti a un gigantesco set di generatori Generac accanto alla casa del mio vicino. Ho pensato: servono a creare una ridondanza di energia in caso di blackout. La ridondanza di un generatore è una sicurezza energetica per il mio vicino.

Questa potrebbe sembrare una serie di affermazioni del tutto banali e prive di senso, ma negli ultimi 20 anni, da quando vivo da solo, ho sempre cercato di tenere sempre a portata di mano una scorta di tutto ciò che uso. Se trovo qualcosa che mi piace, ne compro diverse, se possibile. Ho diverse riserve per quasi ogni singolo prodotto che uso quotidianamente in casa.

Se aprite l'armadio della biancheria in questo momento, avete un asciugamano o mezza dozzina? Probabilmente avete un po' di asciugamani in più.

Quindi oggi ho capito perché mi piaceva così tanto l'idea della ridondanza di Bitcoin. Mi piaceva l'idea della rete di sicurezza di 20.000 nodi sparsi in tutto il mondo. Questo è ciò che mi ha dato la fiducia necessaria per arrivare all'idea che la rete e Bitcoin stesso funzioneranno se le persone lo vorranno. Con l'arrivo di più sviluppatori e miner, e l'ulteriore crescita dell'adozione, la rete passerà da “estremamente sicura” a “a prova di bomba”. Quando altri stati saranno coinvolti, si assicureranno che la potenza di calcolo necessaria per proteggere la rete sia pronta e disponibile. Non seguo Bitcoin da abbastanza tempo per sapere se abbiamo veramente raggiunto la velocità di fuga in termini di sicurezza della rete per il prossimo futuro, ma sembra che l'abbiamo già superata.

Ho iniziato a dedicarmi con impegno allo studio su Bitcoin solo da un paio di mesi, ma sembra che le analogie e gli esempi concreti che aiutano a comprenderlo meglio arrivino ogni giorno che passa.

E quindi, perdonatemi se pontifico su cose che molti di voi già capiscono, o se mi ripeto. Si tratta solo di ridondanza della sicurezza.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Quella di Biden è stata la prima presidenza completamente guidata dallo Stato profondo

Mer, 30/07/2025 - 10:08

 

Non bisogna mai dimenticare fino a che punto lo Stato profondo e le principali personalità dei media generalisti si siano spinti per manipolare gli americani inducendoli a ignorare qualcosa che era ovvio a chiunque avesse occhi per vedere, perché ciò smaschera la vera natura della classe politica: uno stuolo di figuranti che si occupa delle relazioni pubbliche di coloro che prendono davvero le decisioni dietro le quinte. È raro, però, che le bugie siano così evidenti come affermare che Biden fosse vigile e che ogni video che pretendeva di dimostrare il contrario era stato fabbricato da video editor di estrema destra. È anche raro che le bugie dell'establishment si scaglino contro di loro così rapidamente come è successo durante l'ormai famoso dibattito presidenziale del giugno 2024. Una volta diventato ovvio che la bugia non avrebbe retto, l'intera scena politica anti-Trump si è ribaltata all'improvviso. Il Partito democratico sta ancora lottando per limitare i danni. La strategia più promettente è quella di provare a dare la colpa a una manciata di membri dello staff di Biden, sostenendo che hanno nascosto la verità ai media, i quali poi, involontariamente, hanno diffuso la menzogna al resto del mondo. Basta scavare un poco più a fondo per scoprire che quella di Biden era sostanzialmente il terzo mandato di Obama e con esso la cricca di Davos/City di Londra ha cercato di costruire le linee difensive per arginare la fazione dei grandi banchieri commerciali americani il cui piano era rimettere a posto i conti della nazione, staccarla dall'influenza estera e smettere di essere i “salvatori del mondo” (sia economicamente che militarmente), piano che avrebbero consolidato con la vittoria di Trump. Ora i nodi stanno venendo al pettine e ciò che non deve sorprendere per davvero non è la presidenza Biden scandita da burocrati senza volto, bensì il fatto che Obama sia un infiltrato i cui ordini arrivano nientemeno che da Londra. I politici sono solo dei figuranti, come dicevo, la cui agenda è dettata dalle fazioni dietro di essi e per decenni gli inglesi sono stati al comando del cosiddetto (e presunto) “Impero americano”.

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di Jarrett Stepman

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/quella-di-biden-e-stata-la-prima)

La “presidenza” di Joe Biden è stata uno dei più grandi scandali della storia americana. I media generalisti solo ora stanno parlando dell'incapacità mentale di un presidente che a quanto pare ha lasciato l'intera nave dello stato in balia di una burocrazia irresponsabile.

Axios ha diffuso l'audio dell'intervista di Biden del 2023 con il procuratore speciale Robert Hur.

Exclusive: Axios obtained the audio of Robert Hur's 2023 interviews of Biden which show repeated mental lapses as he struggles to remember words & dates amid long, uncomfortable pauses.
Biden WH didn't release it last year. Listen below.
w/ @MarcACaputo https://t.co/VJr2c9m3bh pic.twitter.com/Xoa0rQMtG9

— Alex Thompson (@AlexThomp) May 16, 2025

Se avete ascoltato la registrazione e non siete stati in coma negli ultimi quattro anni, allora non c'è nulla di veramente sorprendente. L'ex-presidente è affetto da demenza senile ed è evasivo quando risponde alle domande sulla sua gestione di documenti top secret.

Alcuni miei colleghi hanno esaminato tutti i nastri e hanno scoperto che Biden “ha dimenticato i nomi dell'ex-segretario alla Difesa del presidente Barack Obama e del comico Jay Leno; ha definito l'Africa un Paese e non un continente; e non sapeva di essere in possesso di un quaderno con consigli di guerra per Obama durante il suo colloquio con il procuratore speciale Robert Hur e gli investigatori nell'ottobre 2023”.

Biden non era il tipo di persona di cui ci si poteva fidare per prendere decisioni nazionali su larga scala, o anche decisioni personali su piccola scala.

Ciò non sorprende affatto, a meno che non siate giornalisti di sinistra dei media generalisti impegnati in politica.

Se è così, sono sicuro che le notizie che emergono sulla presidenza di Biden saranno per voi delle rivelazioni sbalorditive e sconvolgenti.

I media generalisti sono scioccati, scioccati nello scoprire che Biden potrebbe non essere stato idoneo a ricoprire la carica.

La pubblicazione di queste registrazioni è stata seguita dalla notizia che a Biden è stato diagnosticato un cancro alla prostata in stadio avanzato.

La diagnosi di cancro è certamente una cosa terribile, ma l'idea che questo debba porre fine alla storia degli ultimi quattro anni è una farsa. Non potrebbe essere più chiaro ora che, a causa di disturbi mentali e fisici, Biden era una persona incapace di intendere e volere fin dal momento in cui ha assunto la carica di presidente.

Nonostante alcuni dei giornalisti chiedano di porre un freno alle discussioni sulla presidenza di Biden a causa della sua salute, la realtà è che la diagnosi di cancro non fa che sollevare interrogativi ancora più inquietanti. Si tratta davvero di una diagnosi nuova? I medici di Biden hanno davvero trascurato in qualche modo i segnali di un cancro curabile?

.@davidaxelrod: Conversations about Biden’s mental acuity “should be more muted and set aside for now as he’s struggling through this.”https://t.co/ULDkqRS9O9

— Adam Wren (@adamwren) May 18, 2025

E questo rende la situazione del tutto senza precedenti.

Sì, il presidente Woodrow Wilson fu a un certo punto inabile durante il suo ultimo mandato, ma questo avvenne verso la fine della sua presidenza. Wilson subì una serie di ictus dopo la sua energica campagna per convincere gli americani ad aderire alla Società delle Nazioni. Sua moglie e persino i media cercarono di insabbiare l'accaduto, ma alla fine il Partito Democratico staccò la spina al suo brevissimo tentativo di candidarsi per un terzo mandato.

Non c'è stato alcun tentativo di ingannare il popolo americano e garantire un altro mandato a un presidente “quasi catatonico”, come ha detto un testimone alla raccolta fondi di George Clooney per Biden tenutasi a giugno dello scorso anno.

La situazione con Biden era ben peggiore, l'insabbiamento molto più esteso e le conseguenze decisamente più disastrose nell'era della comunicazione istantanea e delle armi capaci di distruggere rapidamente l'intera civiltà umana.

Cosa dovremmo pensare di quegli anni in cui si sono verificate molteplici crisi in tutto il mondo, gli americani sono stati privati in massa del lavoro a causa delle vaccinazioni obbligatorie, gli stati sono stati intimoriti nel consentire ai bambini di ricevere ormoni che cambiavano la vita e un candidato alla presidenza alla fine vittorioso è stato quasi incarcerato?

Ho cercato di pensare ad alcuni paragoni storici appropriati.

Il presidente John Tyler era noto ad alcuni dei suoi critici più irascibili come “la vittima di sé stesso”, essendo stato il primo vicepresidente ad assumere la carica di presidente dopo la morte del comandante in capo. L'opinione generale era che nessuno lo avesse effettivamente eletto presidente, e agli albori della repubblica la Costituzione era un po' confusa sulla possibilità che potesse assumere la carica o se si dovessero indire nuove elezioni.

Nonostante il soprannome, Tyler divenne un comandante in capo aggressivo e attivo, cosa che causò non poco disappunto tra molti nel suo partito.

Ma Biden era in un certo senso l'esatto opposto. Nonostante sia stato eletto in un'elezione molto contestata, non si è mai veramente assunto le proprie responsabilità. La letargia di Biden era pari solo alla sua mancanza di trasparenza.

Per descriverlo sarebbe meglio dire “la vittima della sua stessa irrilevanza”.

Mentre i responsabili del 46° presidente, molto probabilmente su richiesta dell'ex-presidente Barack Obama, lo guidavano in una versione estesa del film “Weekend con il morto” nel mondo reale, l'apparato federale operava per conto proprio.

Si trattava di un governo di “esperti”, o meglio, di un governo della classe dirigente che aveva ricreato il vecchio spoils system, rendendolo però totalmente irresponsabile nei confronti del popolo americano.

Le decisioni venivano prese da agenzie governative interconnesse, su richiesta dei loro alleati nel Partito Democratico che servivano.

Questa è stata la prima presidenza completamente guidata da uno Stato profondo.

How is this not the most plausible answer to everything we have seen? https://t.co/7wyfPSFDMB

— Donald Trump Jr. (@DonaldJTrumpJr) May 20, 2025

A Biden è stato conferito dal Partito Democratico il titolo nominale di presidente, che sancisce il limite massimo della sua carriera, ma le funzioni e perfino le decisioni richieste dal suo incarico sono state chiaramente distribuite tra i suoi subordinati e burocrati senza volto.

Il risultato è stato un completo disastro.

Gli americani hanno giustamente perso fiducia nei loro leader e nelle istituzioni d'élite legate a questo apparato corrotto. La politica estera statunitense era, nella migliore delle ipotesi, alla deriva. I nostri nemici in tutto il mondo si sono messi in marcia. La gente temeva lo stato più di quanto quest'ultimo temesse loro.

Il risultato di queste calamità è che ci è stato suonato un campanello d'allarme in un momento di crisi. È in atto una controrivoluzione politica che forse non si sarebbe mai verificata se la sua profondità non fosse stata rivelata, almeno in parte, dall'insabbiamento mediatico riguardo l'evidente infermità di Biden.

 Ma anche se i primi 100 e passa giorni del presidente Donald Trump non potrebbero essere più diversi dai quattro anni del suo predecessore, non possiamo dimenticare quanto siano peggiorate le cose, quanto i media generalisti abbiano insabbiato l'evidente incapacità di un presidente affetto da demenza senile e quanto la burocrazia rappresenti una seria minaccia per la libertà americana.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Scontro sul bilancio dell'UE: solo una messa in scena?

Mar, 29/07/2025 - 10:10

Per quanto di facciata la Cina possa essere un avversario degli Stati Uniti, l'avversario più grande rimane l'Europa. E lo è stata sin dalla Battaglia di Yorktown, potremmo dire. A tal proposito i dazi, oltre a limitare il flusso di dollari che scorrono all'estero e smantellare quell'arbitraggio commerciale contro gli USA che rifiutava di chiudersi, rappresentano il tentativo consapevole di isolare le élite europee dal resto del mondo. Siglare nuovi accordi bilaterali coi singoli Paesi lasciando fuori l'Europa e annullare la sua vecchia rete di privilegi e connessioni. Questo a sua volta significa costringere la cricca di Davos a venire allo scoperto, con i suoi membri e connessioni, e successivamente fare in modo che metta sul tavolo le sue di risorse di capitale, dato che adesso non ha più accesso facile alla stampante americana tramite l'eurodollaro. A tal proposito la presunta “confusione” di Trump sui vari temi spacciata dalla stampa generalista rappresenta un suo modo di intorbidire le acque affinché la sua amministrazione possa portare avanti il piano sopraccitato. Infatti come ci ha ricordato di recente Dimon, bisogna guardare a quel che fa e non a quel che dice. Suddetta “confusione”, inoltre, è un modo per testare la lealtà dei membri nel suo partito, perché, come in tutti i Paesi del mondo, ci sono fazioni che ne governano il percorso politico ed economico. Infatti esistono, in seno agli USA, quelle fazioni che fanno gli interessi di Europa e Cina, ad esempio, e sono perlopiù radicate in California. Non scordatevi, cari lettori, che questa è una guerra e al momento viene combattuta con i generali che vediamo e col piano che viene spiegato continuamente su queste pagine. Non saranno perfetti, ma è quello che abbiamo e speriamo che saranno sufficienti a ridimensionare la cricca di Davos.

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da Zerohedge

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/scontro-sul-bilancio-dellue-solo)

Il giorno dopo la presentazione del nuovo bilancio pluriennale da parte della Commissione europea, il cancelliere tedesco Friedrich Merz si è autoproclamato il suo più accanito oppositore. Ciò a cui stiamo assistendo, tuttavia, non è altro che una lite orchestrata tra alleati.

Merz è stato il primo politico europeo di alto livello a respingere ufficialmente la proposta di mega-bilancio della Commissione europea. Ha definito le ambizioni di Bruxelles “inaccettabili” e ha concluso con il classico luogo comune politico secondo cui bisogna arrangiarsi con le risorse disponibili. La stessa persona, tuttavia, presiede un governo tedesco indebitato: quindi la massima si applica anche a lui?

La proposta della Commissione prevede una spesa di €1.816 miliardi tra il 2028 e il 2034, con un incremento di ben €750 miliardi.


Tattiche diversive e intenti strategici

Ciò a cui stiamo assistendo è una messa in scena, un rituale ben consunto, concepito per il consumo pubblico. L'obiettivo dichiarato delle élite europee è incoronare Bruxelles con la piena sovranità fiscale ed espandere l'organismo centrale dell'UE in un fulcro gravitazionale di potere geopolitico. Il risultato finale è un governo dei governi, una mega-struttura sovranazionale.

Ma per raggiungere questo obiettivo il consenso pubblico deve essere granitico. Non diciamo “manipolato”, diciamo: plasmato. Così le élite mandano in scena teatrini politici e distrazioni mediatiche. Il copione è semplice: Bruxelles pretende il massimo. Ne consegue un'indignazione prevedibile – come da parte di Merz – e alla fine entrambe le parti “scendono a compromessi” su una cifra che permetta a tutti di salvare la faccia e cantare vittoria.

Anche se Merz dovesse tagliare dal bilancio €100-200 miliardi, è probabile che ciò faccia ancora parte della strategia di pubbliche relazioni di Bruxelles.


Consolidamento fiscale: che ci piaccia o no

Gli stati membri dell'UE sovraindebitati, in particolare quelli del sud, stanno cercando di consolidare le proprie passività sotto l'egida protettiva della Commissione e hanno trovato nella Banca Centrale Europea il veicolo ideale. Con la BCE che sostiene il debito attraverso interventi continui e il controllo della curva dei rendimenti, l'illusione di solvibilità può essere mantenuta... a spese dei contribuenti europei.

Questo segnerebbe la fine di un mercato obbligazionario europeo frammentato. La piena integrazione eliminerebbe le ultime vestigia della concorrenza fiscale tra gli stati membri. Da quel momento sarà “fuoco a volontà”, tanto per citare lo stile del Segretario generale della SPD tedesca.

Se Bruxelles riuscisse a mettere in atto la sua innaturale trinità – consolidamento del debito, sovranità fiscale attraverso imposte sulle emissioni di CO₂ e sulle aziende, e introduzione di un euro digitale per arginare la fuga di capitali – allora ben poco potrebbe impedire alla visione di un'Europa totalitarista di materializzarsi.


Stati Uniti d'Europa

Bruxelles si crede vicina a raggiungere il suo obiettivo a lungo perseguito. Questo spiega la crescente ostilità verso i partiti nazional-conservatori, l'ultimo vero baluardo contro il sogno di un governo totale dei centralizzatori. Gli Stati Uniti d'Europa vengono costruiti su una volgare economia keynesiana, sostenuti dal controllo dei media e sulla più becera propaganda.

In fondo, è grottesco. Con leggi come il Digital Services Act e il Digital Markets Act i burocrati dell'UE confermano il loro timore: che il loro attacco frontale all'autonomia nazionale e alla libertà economica possa alla fine fallire. I segnali politici di Bruxelles sono difensivi e questa bozza di bilancio è un tentativo preventivo di consolidare la sua autorità in rovina.


Le braccia dello zombi

Una rapida occhiata al bilancio conferma la diagnosi: €131 miliardi sono destinati a progetti militari europei. Si tratta di un aumento di cinque volte, cosa che si aggiunge alle massicce espansioni militari nazionali. L'organismo centrale dell'UE, che si trova nelle prime fasi di una crisi fiscale, si sta ora ritirando nel militarismo.

Il panico mediatico nei confronti di Putin serve da giustificazione per attivare questo nuovo ramo dell'economia artificiale dell'euro.

L'altro ramo – il cosiddetto Green Deal – è mantenuto in vita da altri €700 miliardi in sussidi. Il 30% dell'intero bilancio dell'UE sarà ora destinato a far girare la macchina dei sussidi, iniettando denaro nelle fantasie verdi e nel rispetto della biodiversità degli anemici pianificatori dell'Eurozona.

È bizzarro. Mentre la Commissione cerca di infilare il Green Deal nelle narrazioni dei media generalisti, i gruppi ambientalisti attaccano di riflesso la bozza di bilancio, definendola incoerente. Com'era prevedibile, i sussidi non potranno mai soddisfare la crescente dipendenza della società dalla droga del denaro “gratis”. L'UE-Europa è diventata lo spacciatore, iniettando tale droga nel continente senza riguardo per le conseguenze sociali o economiche.

L'intero dibattito è slegato dalla realtà economica. È come se Bruxelles cercasse di affogare ogni critica nel denaro a buon mercato e di comprare il sostegno delle ONG con finanziamenti statali. Se gli oppositori dell'eurocentralismo non trovano finalmente il vento in poppa, altri anni persi ci attendono. Una cosa è particolarmente allarmante: la militarizzazione strisciante, sia nella retorica che nelle politiche.

Il fatto che la sinistra rimanga sostanzialmente in silenzio su questo argomento segna un cambiamento politico significativo. La competizione tra partiti è stata sostituita da un cartello di interessi.


Il militarismo come fine dei giochi

Dal punto di vista storico la militarizzazione è spesso sintomo di regimi che entrano nella loro fase terminale, un segno che hanno perso il controllo interno. L'offensiva di Bruxelles non è una dimostrazione di forza, ma una confessione di debolezza: l'edificio dell'UE si sta incrinando. La sua facciata di unità è tenuta insieme solo da fiumi di credito e da una crescente repressione del dissenso.

La spinta militarista non solo segnala una nuova corsa agli armamenti, ma inaugura anche un'UE post-sovietica. Gli interessi nazionali vengono sacrificati: in materia di energia, migrazione e sovranità fiscale. Il prezzo politico: un malcontento latente, un crescente sentimento anti-sistema e un crollo della fiducia nelle istituzioni.

Lo scontro di bilancio inscenato continua nella politica migratoria, dove voli di espulsione sfarzosi e controlli di frontiera simbolici offrono l'illusione di una risposta adeguata, ma nulla di più. Anche in questo caso, gli interessi di Bruxelles e la volontà della maggioranza europea divergono nettamente.

Diciamo la verità: Bruxelles, con l'aiuto dei suoi avamposti nazionali, sta portando avanti un programma globalista. Risolverne le conseguenze definirà il futuro politico e culturale del continente.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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I keynesiani si sono sbagliati sull'economia statunitense... di nuovo

Lun, 28/07/2025 - 10:10

La stragrande maggioranza dei canali di informazione che la maggior parte delle persone legge sono redatti e scritti da chi fa gli interessi della cricca di Davos/City di Londra. Sono pochi quelli ufficiali e nella cosiddetta “controinformazione” che scrivono negli interessi degli USA. Questa situazione tira al suo interno anche analisti e commentatori indipendenti, che in buona fede, finiscono per essere dei megafoni involontari di una narrativa fasulla. La Lagarde sta cercando di abbassare il costo del capitale in Germania? Sì. Sta cercando di abbassare il costo del capitale in tutta Europa? Sì. I tagli dei tassi sono così virulenti in Europa prima di tutto perché la principale economia del continente, quella tedesca, è in condizioni peggiori di quelle del 2008 e, in secondo luogo, perché sta affrontando un problema di deflazione alimentato dalle politiche monetarie restrittive della FED sull'offerta di dollari offshore. La devastazione europea è tutta qui: la chiusura dei rubinetti del mercato dell'eurodollaro. La Lagarde sta cercando di tappare i buchi nei bilanci delle banche commerciali europee e delle banche centrali nazionali che sono emersi quando è stata costretta a seguire Powell quando ha iniziato a rialzare i tassi. Mentre la curva dei rendimenti americana è indirizzata a scendere sul lato lungo, quella europea, nonostante i numeri ridicoli e inverosimili, è inclinata verso l'alto. Quindi prima di parlare dei buchi di bilancio nella FED, meglio preoccuparsi prima di quelli nella BCE. Senza contare che fare affari con l'UE significa esporsi alla sua linea di politica commerciale estorsiva, mentre gli USA trovano accordi invece. E per chi sventola il feticcio della “forza dell'euro”, vorrei ricordare che la prima fase di una crisi monetaria è l'aumento della stessa. Pensate davvero che l'euro arriverà a 1.22 e il dollaro a 70? Con dazi potenzialmente al 50% per l'UE? Con quanto descritto da Lacalle nell'articolo di oggi? Un altro tema sono i pronti contro termine inversi che, starnazzano gli analisti indipendenti, saranno quelli che la FED userà presa dal panico. Ok... perché invece non sento una parola riguardo l'RRP usato a tutto gas dalla Banca d'Inghilterra già adesso per tenere solventi le banche inglesi? Solo la scorsa settimana erano $83 miliardi. E il default dell'Ucraina su tranche di debito coperte dall'Europa il mese scorso? La vera guerra è finanziaria come ho descritto nel mio ultimo libro, Il Grande Default.

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di Daniel Lacalle

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/i-keynesiani-si-sono-sbagliati-sulleconomia)

Negli ultimi sei mesi un coro di analisti e commentatori ha lanciato l'allarme per un imminente crollo dell'economia statunitense.

Molti avevano previsto che l'inflazione persistente, i tassi d'interesse alti e l'aumento dei deficit pubblici avrebbero arrestato la crescita e innescato una recessione.

Invece i dati raccontano una storia diversa: gli Stati Uniti dimostrano forza economica, controllo fiscale e aspettative di inflazione in miglioramento.


Le stime di crescita in aumento smentiscono i pessimisti

All'inizio del 2025 le previsioni dipingevano un quadro cupo. Il primo trimestre ha visto una contrazione del PIL, con l'economia statunitense in calo dello 0,5%. Tuttavia quel calo era determinato da una minore spesa pubblica e da maggiori importazioni, mentre il settore privato aveva continuato a rafforzarsi. Poco dopo la narrazione è cambiata. A metà anno i principali modelli economici e analisti hanno iniziato a rivedere al rialzo le loro stime di crescita. Trading Economics, ad esempio, prevedeva un robusto tasso di crescita del PIL al 3,5% per il secondo trimestre, una netta inversione di tendenza rispetto al precedente pessimismo. Il modello GDPNow della FED di Atlanta annunciava un analogo cambiamento positivo, stimando una crescita al 2,6% per il secondo trimestre. Inoltre le stime del consenso economico sono salite al 2,1% per il secondo trimestre, rispetto all'1,3% precedente, mentre le stime di inflazione sono diminuite.

Questa inversione di tendenza è stata alimentata da diversi fattori:

• Le famiglie americane hanno continuato a spendere, soprattutto perché la crescita dei salari ha superato l'inflazione.

• Gli investimenti fissi sono aumentati del 7,6% all'inizio del 2025, il ritmo più forte sin da metà 2023.

• Le aziende hanno anticipato le importazioni in vista dei nuovi dazi, stimolando l'attività economica; le successive revisioni hanno evidenziato esportazioni positive e importazioni normalizzate.

Queste revisioni al rialzo hanno colto di sorpresa molti commentatori e hanno costretto a rivalutare le precedenti previsioni ribassiste.


Le aspettative di inflazione stanno calando

Un altro ambito in cui gli analisti hanno valutato erroneamente l'economia è l'inflazione. Dopo anni di forti pressioni sui prezzi, molti si aspettavano che le aspettative di inflazione rimanessero ostinatamente elevate. Invece i dati recenti mostrano una chiara tendenza al ribasso: l'inflazione dei prezzi al consumo è diminuita su base mensile, trimestrale e semestrale. Le aspettative di inflazione al consumo negli Stati Uniti per l'anno a venire sono scese al 3% a giugno 2025, in calo rispetto al 3,2% di maggio, il livello più basso degli ultimi cinque mesi. Anche le aspettative di inflazione a tre e cinque anni sono scese leggermente, rispettivamente al 3,0% e al 2,6%.

I costi energetici sono diminuiti significativamente, con i prezzi della benzina in calo del 12% su base annua a maggio e i prezzi del gasolio in calo dell'8,6%. Anche l'inflazione degli immobili, un fattore chiave dell'indice dei prezzi al consumo complessivo, si è attenuata, con il tasso sceso al 3,9% a maggio dal 4% di aprile. Gli aumenti mensili dei prezzi sono stati modesti, con l'indice dei prezzi al consumo in aumento solo dello 0,1% a maggio e le previsioni per giugno indicano un aumento mensile dello 0,23%, mantenendo l'inflazione al livello più basso degli ultimi cinque anni e, secondo Truflation, a un tasso annuo dell'1,7% a giugno.

Il calo generalizzato delle aspettative di inflazione riflette la solidità della catena di approvvigionamento statunitense, un rallentamento dei costi degli immobili e un calo dei prezzi dei prodotti alimentari essenziali.


Il surplus di bilancio di giugno: una sorpresa fiscale

Forse la prova più eclatante della sottovalutazione dell'economia statunitense da parte degli analisti si è avuta a giugno, quando il governo federale ha registrato un surplus di bilancio di oltre $27 miliardi, il primo surplus mensile sin dal 2017. Le previsioni più ottimistiche prevedevano un deficit di oltre $40 miliardi.

Il surplus è stato determinato da due fattori chiave:

• Una forte riduzione della spesa, poiché la spesa pubblica è calata di $187 miliardi a giugno a causa di misure aggressive di riduzione dei costi e di una riduzione delle dimensioni della forza lavoro pubblica.

• I dazi sono saliti a $27 miliardi a giugno, rispetto ai $23 miliardi di maggio e sono più che quadruplicati rispetto all'anno precedente.

Le entrate sono aumentate del 13% rispetto al giugno dell'anno scorso, mentre le spese sono diminuite del 7%.


Tagli alla spesa e contenimento fiscale

La svolta fiscale è stata alimentata anche da una significativa riduzione della spesa discrezionale non destinata alla difesa. La proposta di bilancio 2026 del Presidente Trump ha ridotto le spese non destinate alla difesa di $163 miliardi, pari al 23% rispetto all'anno precedente, portando la spesa al livello più basso sin dal 2017.

Sebbene il deficit federale più ampio rimanga elevato – oltre $1.340 miliardi da inizio anno – è in gran parte un retaggio delle politiche della precedente amministrazione e si prevede un calo significativo entro la fine dell'anno. Il deficit inferiore di maggio, insieme ai consistenti surplus di aprile e giugno e ai tagli alla spesa, ha offerto un respiro positivo e ha messo in discussione la narrazione di una irresponsabilità fiscale incontrollata.


Una lezione di umiltà

Gli eventi del 2025 ci ricordano i rischi delle previsioni economiche keynesiane e l'errore dell'analisi ceteris paribus (a parità di condizioni). Sebbene le sfide permangano, soprattutto per quanto riguarda il debito a lungo termine e il costo degli interessi, l'economia statunitense si è dimostrata ancora una volta più dinamica e adattabile di quanto molti esperti avessero previsto, e l'attenzione dell'amministrazione alla responsabilità fiscale è chiara.

L'aumento delle stime di crescita, il calo delle aspettative di inflazione, il controllo di bilancio e i tagli disciplinati alla spesa evidenziano che le precedenti stime allarmistiche erano motivate da motivazioni ideologiche. La lezione che si può trarre da questa esperienza è quella di affrontare le previsioni economiche con cautela. Le stime keynesiane spesso si rivelano eccessivamente ottimistiche riguardo a crescita e inflazione quando la spesa pubblica aumenta e prevedono pessimismo quando accade il contrario.

L'economia statunitense è più forte ed è probabile che il settore privato cresca più rapidamente poiché i tagli fiscali e la deregolamentazione alleggeriranno gli oneri sugli investimenti e sull'occupazione.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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“Lose-lose”: quando il mercato costringe anche l'apparato statale a comportarsi bene

Ven, 25/07/2025 - 10:00

 

 

di Francesco Simoncelli

(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/lose-lose-quando-il-mercato-costringe)

In base alla mia esperienza alle persone non piace sentirsi dire che ciò che pensavano fosse vero è sbagliato. In particolare non amano sentirsi dire che potrebbero non guadagnare quanto pensavano; o che non sono davvero così ricche come credevano di essere. I movimenti dei prezzi nel mercato azionario sono episodici e ciclici. Non sono mai completamente indipendenti dall'economia reale e qui sta la parte più importante: sono sempre soggetti a una regressione alla media, cioè tornano sempre dove dovrebbero essere. I prezzi del mercato azionario riguardano il futuro e forse il futuro sarà molto migliore di quanto ci aspettiamo, ma i prezzi non possono essere indipendenti dal mondo reale. E in questo momento c'è un enorme divario tra la realtà e il valore di mercato delle azioni.

L'unico modo per colmare questo divario è l'argomento di questo saggio. È ciò che ho definito la “Grande Perdita”. Non c'è tempo per scrivere un libro su come evitarla, ma alla fine non ce n'è bisogno: ve lo mostrerò.

Gran parte di ciò che pensate sugli investimenti e sul mercato azionario è sbagliato. Sapevate che il 58% delle azioni non ha generato profitti per gli investitori negli ultimi 100 anni? Gli studi dimostrano che l'investitore medio ottiene risultati peggiori rispetto alle medie di mercato e anche se conservasse le sue azioni per 100 anni, difficilmente guadagnerebbe un centesimo in valore reale. I mercati seguono schemi ciclici, alcuni di questi possono durare fino a 73 anni, da un massimo all'altro. Non potete permettervi di trovarvi dalla parte sbagliata, né potete permettervi di subire grosse perdite, soprattutto non a fine carriera. Mentre nel breve periodo può succedere di tutto, nel lungo periodo gli eventi di mercato seguono degli schemi. Un uomo, a 90 anni, può occasionalmente diventare padre; può apparire giovane e vincere partite di tennis. Eppure, tra qualche anno, sarà morto. È uno schema contro cui sarebbe poco saggio scommettere.

L'andamento dei mercati ribassisti: strutturale e ciclico

Nei mercati e nelle economie, così come in politica, esistono anche degli andamenti. La tabella qui sopra mostra che ci sono stati oltre 25 mercati ribassisti nella storia del mercato azionario statunitense. Quelli ciclici si verificano più spesso e durano meno; quelli “strutturali”, come quello in cui ci troviamo ora, durano più a lungo e colpiscono più duramente. L'andamento più importante nei mercati è quello che chiamo il Trend Primario, la corrente profonda che muove gli eventi, indipendentemente da ciò che le persone sanno, vogliono o pensano. Purtroppo, in mezzo a tutto il rumore dei continui movimenti di mercato, e a un vento impetuoso di notizie e opinioni, può essere difficile distinguere il Trend Primario. Bisogna ascoltare attentamente, isolarsi il più possibile dal rumore di fondo e ascoltare attentamente.

Esistono andamenti prevedibili: un albero cresce molto in alto, poi marcisce. Un Impero – anche il più potente di tutti i tempi – si espande e poi si restringe. Su, giù, su, giù... in tondo – gli schemi ciclici del mondo naturale, ad esempio i cicli del sole o di un motore a quattro tempi, sono regolari e, in una certa misura, prevedibili. Ma gli schemi di mercato sono diversi: sono soggetti alla “riflessività”. È un circolo vizioso in cui i prezzi influenzano le percezioni... che a loro volta influenzano i prezzi... che a loro volta influenzano le percezioni. I mercati non sono sempre efficienti o razionali, a volte “impazziscono” un po': ovvero, reagiscono a ciò che sta accadendo, a ciò che è già accaduto e a ciò che la gente pensa stia accadendo. Questo crea molta incertezza e volatilità. Ma è comprensibile...

Se i picchi di mercato fossero prevedibili come le eclissi solari, ad esempio, non si verificherebbero mai. Gli investitori anticiperebbero il momento culminante e si precipiterebbero a vendere temendo che i prezzi scendano prima di uscire. Invece gli investitori ipotizzano sempre, sempre incerti e sempre soggetti a influenze. Le azioni passano da valori molto bassi a valori molto alti in trend di lungo termine. Durante tutto il XX secolo ci sono stati solo tre di questi cicli a lungo termine, come vi mostrerò tra poco. Ma prima, un breve commento sul denaro.

Oggi, quello cartaceo, perde valore rapidamente. Se ragioniamo in termini di oro, ad esempio, all'inizio del 1915 i 30 titoli del Dow Jones Industrial (un buon indicatore per i titoli di qualità) valevano 2,65 once d'oro. Quel rapporto salì a oltre 18 quando il primo picco del secolo fu raggiunto nell'agosto del 1929. Poi iniziò la fase discendente, che si concluse all'inizio del 1933 con il Dow che valeva solo 1,92 once. Quello fu il primo ciclo “dal basso verso l'alto e poi verso il basso”. Il successivo iniziò nel 1933 e proseguì fino a un altro massimo per le azioni del Dow Jones durante la prima settimana del 1966. Il Dow Jones raggiunse il picco a 28 once d'oro. In seguito i prezzi scesero di nuovo e si stabilizzarono 14 anni dopo (nel gennaio 1980) a 1,29 once d'oro per il Dow Jones. Fu il secondo ciclo. Il terzo iniziò nel 1982, con il Dow Jones che raggiunse la ragguardevole quota di 42 once entro la fine del secolo. E oggi, a un quarto di secolo di distanza, il rapporto tra prezzi reali (in oro) e valore reale (le aziende nel Dow Jones che producono beni e servizi utili) è più forte che mai.

Nel 1915 si potevano acquistare 2,65 once d'oro al prezzo di 30 azioni del Dow. Quel rapporto seguiva l'andamento altalenante di cui ho parlato in precedenza: da un minimo inferiore a 2 a un massimo superiore a 40. Ma quando le azioni erano molto convenienti in termini di oro, tendevano a diventare meno convenienti in futuro. Se erano costose, accadeva il contrario. Oggi, dopo oltre un secolo di oscillazioni, il rapporto è a 11 circa. Solo pochi mesi fa era intorno a 15, più o meno lo stesso del settembre del 1929. Da allora a oggi gli investitori nel Dow hanno guadagnato solo dividendi e non un centesimo di plusvalenza. Il valore delle migliori industrie americane, rispetto al valore del denaro reale, non è andato da nessuna parte. Durante il boom degli anni '60 il Dow Jones valeva circa 1,2 volte il PIL, ovvero il 120%. Per mettere la cosa in prospettiva, la “media” (la media a lungo termine) del rapporto azioni/PIL è di circa l'82%. Se fosse superiore, le azioni sarebbero sopravvalutate. Ancora più in alto, una bolla. Se sapeste che il mercato azionario sale e scende, in lunghi cicli della durata di un decennio o più, e sapeste che nel tempo non potete aspettarvi di realizzare plusvalenze dalle vostre azioni, e che l'unico modo per progredire è fare trading comprando quando sono a buon mercato e vendendo quando diventano costose, non cerchereste di mettere in pratica questa intuizione?

Le statistiche di mercato ci mostrano che essere nel posto giusto al momento giusto è la chiave per ottenere grandi guadagni. In altre parole, “l'allocazione” è molto più importante della selezione dei titoli – o, per usare il gergo di Wall Street, il beta è più importante dell'alfa. La vera domanda è quanta parte del vostro patrimonio allocare in azioni in un dato momento. A questo proposito c'è il cosiddetto Dow/oro: se aveste investito $100 nelle azioni Dow a partire dal 1° gennaio 1913, oggi avreste $51.338, ovvero $4.897.400 con i dividendi reinvestiti. Se aveste seguito la strategia di trading Dow/oro – con solo cinque operazioni nell'ultimo secolo, escluso l'investimento iniziale – oggi avreste un conto del valore di $56 milioni.


LA GRANDE PERDITA

L'obiettivo sorprendente del sistema di trading Dow/oro non è fare soldi, invece è evitare la Grande Perdita. In questo momento il rischio è molto elevato. Se venite investiti da un'auto, o dal mercato, il risultato è lo stesso: siete fuori dai giochi. Subire una Grande Perdita è la cosa peggiore che vi possa capitare, perché non potete più sperare in alcun guadagno. È importante rendersi conto che, così come è difficile identificare il Trend Primario, è ancora più difficile individuare gli investimenti che saranno i grandi vincitori. Anche se siete uno dei migliori investitori del Paese, a volte si vince, a volte si perde. In generale se siete in sintonia con il Trend Primario potete sperare in una crescita, ma solo se siete ancora in gioco, solo se avete evitato la Grande Perdita. Ecco perché evitarla deve essere la priorità numero uno. Tutta la mia strategia si basa sul rimanere in Modalità Massima Sicurezza per evitarla.

Perché?

Va bene perdere soldi quando si è giovani, fa parte del processo di apprendimento. Ma se lavorate tutta la vita per accumulare un gruzzolo, non potete permettervi di perdere tutto. A quel punto avrete 50 o 60 anni. Non avrete tempo di recuperare. Si evitano le Grandi Perdite rispettando la disciplina del trading Dow Jones/oro. Gli investimenti salgono e scendono. Quando salgono nessuno ha un'idea precisa di dove andranno in seguito, ma ora comportano il rischio di una grossa perdita. Più sono costosi, più possono perdere.

In breve, non cerco di prevedere la prossima mossa del mercato azionario, ma per l'investitore medio il suggerimento è quello di abbandonare gli investimenti quando il rischio di perdita è elevato. Poi, dopo la svendita delle azioni, il rischio si riduce e le si riacquista. Chiaramente si tratta di un percorso generico che per forza di cose non si può adattare a tutti gli investitori. Infatti esistono anche strategie “su misura” e, a tal proposito, l'allocazione degli asset – tra liquidità, azioni, obbligazioni, metalli preziosi e Bitcoin – può essere ripartita con una consulenza col sottoscritto prenotabile su Calendly.


LA REGOLA AUREA

Quando dico che le cose “valgono” di più significa che è possibile scambiarle con altre in quantità maggiore. Il denaro è un modo per tenere traccia delle transazioni e semplificarle. L'oro è diventato denaro perché funzionava sia come riserva di valore che come mezzo di scambio. Non ha altri scopi significativi (a parte l'ornamento). E nel tempo non cambia molto rispetto ad altri beni. Man mano che un'economia cresce, ci sono più beni disponibili per l'acquisto. Se l'offerta di moneta fosse fissa, i prezzi scenderebbero: ci sarebbe la stessa quantità di denaro, ma un grande volume di “roba” che si potrebbe acquistare.

Ma la quantità di oro tende a crescere alla stessa velocità dell'economia stessa. L'attività mineraria fa parte dell'economia, resa più facile dalla tecnologia, ma resa più difficile dall'esaurimento dei giacimenti facili e le nuove scoperte tendono a essere più lontane e più costose da sfruttare. Quindi l'equilibrio tra il denaro e le cose che acquista non cambia molto rapidamente. Ecco perché una riserva d'oro, risalente a centinaia di anni fa, ha ancora oggi, più o meno, lo stesso potere d'acquisto di quando è stata portata alla luce.

Anche il valore delle aziende produttive di una nazione (azioni) non cambia molto, non rispetto ai beni e ai servizi disponibili, o al denaro utilizzato per misurarli. Questo perché anche il loro valore deriva dall'economia reale. Le aziende valgono solo ciò che possono offrire agli azionisti in termini di profitto, ma nel complesso non possono generare più vendite e profitti di quanto l'economia consenta. L'economia potrebbe crescere a un tasso del tre percento. Il potere d'acquisto dei consumatori dovrebbe crescere con l'economia, né più né meno, il che significa che anche le vendite e i profitti a disposizione delle imprese nazionali crescono a quel ritmo, insieme alla quantità di oro (la massa monetaria).

L'importo totale del credito può essere aumentato facilmente, oro e Bitcoin ad esempio no. Il denaro “stampato” può far sembrare che le cose stiano “salendo”, può dare impulso alle vendite, al PIL e agli utili. Può distorcere l'intero quadro. I profitti sono particolarmente vulnerabili. In genere le imprese pagano i propri dipendenti, poi essi acquistano prodotti e servizi dalle aziende per cui lavorano. Quindi i profitti sono solitamente frenati dai costi del lavoro. Ma l'espansione del credito consente alle imprese di generare vendite senza costi del lavoro a compensarle. È come se il denaro arrivasse per magia, anziché dall'economia reale. E senza salari da pagare, i ricavi delle vendite diminuiscono in modo sproporzionato rispetto al risultato finale. Le azioni possono dare l'impressione che “stiano andando sulla luna”, ma solo in termini di denaro fasullo. In termini di denaro reale superano le 15 once d'oro/Dow solo periodicamente e temporaneamente. E poiché l'oro è sempre collegato all'economia reale e alla produzione reale, i legami tra oro, PIL e le aziende che lo producono possono essere allungati, ma mai infranti.

Ecco, quindi, le fondamenta di una qualsiasi strategia che voglia solo successivamente diversificare i propri obiettivi: quando i valori sono bassi, favorire le azioni; quando sono costosi (oltre 15 once d'oro/Dow) privilegiare l'oro. E cercare sempre da dove potrebbe derivare la Grande Perdita ed evitarla.


COSA ACCADRÀ ORA

Gli eccessi del passato devono essere corretti... o come minimo ri-assorbiti. E per farlo ci sarà bisogno di equity. Questo vale sia per i singoli individui che per il governo federale stesso. Infatti quando gli accordi di mercato diventano “lose-lose”, ovvero vicendevolmente svantaggiosi, tutti ci perdono. Alla fine della fiera il denaro fiat è un'arma a doppio taglio che intacca anche la ricchezza e il benessere di chi lo emette. È una corrosione che si diffonde dal basso verso l'alto, che danneggia più gli strati bassi della società per poi risalire la catena dei quintili di reddito, ma che infine non lascia superstiti. Il problema è che se ci si aspetta un cambiamento dall'alto, e si attende solo quello, allora bisognerà aspettare che i quintili di reddito più alti inizino a provare dolore economico. Negli Stati Uniti siamo esattamente in questa condizione adesso.

Circa $50.000 miliardi rischiano di svanire in uno schiocco di dita dalla presunta ricchezza delle famiglie americane. Le famiglie americane hanno aggiunto tale somma in “patrimonio netto” dopo i lockdown e la maggior parte di questa è in azioni e immobili. Tenete presente che non si è mai trattato di ricchezza “reale” in primo luogo: è stato il risultato del più “Grande Esperimento Finanziario della Storia”, ovvero una spesa pubblica sconsiderata e una stampa di denaro ancora più sconsiderata che hanno gonfiato bolle in azioni, vendite e utili aziendali, PIL, obbligazioni, immobili... quasi tutto.

Questa è una situazione che può essere solamente stabilizzata: una contrazione contenuta di tale ricchezza e un ampliamento dell'equity per attutire i contraccolpi. Ecco perché oro e Bitcoin stanno tornando alla ribalta sulla scena pubblica: rappresentano il volano attraverso il quale ampliare il lato degli attivi della nazione nel suo complesso. Perché se c'è un argomento che viene ripetutamente sorvolato è il lato degli attivi degli USA, con le tesi della “controinformazione” che si concentra solo ed esclusivamente sul lato dei passivi. In questo modo si finisce per essere utili idioti per chi diffonde in prima istanza questa consuetudine: la City di Londra.

Un giorno guarderemo indietro e commenteremo di come il GENIUS Act sarà stato l'anticamera dello smembramento del sistema bancario centrale così come lo conosciamo. Per quanto si possa essere d'accordo con lo slogan “End the FED”, non è così che questa storia può finire visto che i suoi (adesso) concorrenti, BCE e BOE, prenderebbero il sopravvento sull'economia statunitense. Ci vuole criterio in questa partita in modo da non diventare inconsapevolmente utili idioti al soldo della cricca di Davos. Ecco perché la chiarezza nella modalità d'ingaggio riguardo l'ecosistema crittovalute da parte delle imprese private e pubbliche negli Stati Uniti è fondamentale: si toglie quella cappa d'incertezza e rallentamento nell'adozione che ha caratterizzato l'amministrazione precedente. Ora ogni banca potrà emettere la propria stablecoin e così far tornare la FED a quello che era prima della riforma Roosevelt: un prestatore di ultima istanza per quelle banche, americane, in sofferenza. In un certo senso tornare addirittura al sistema di stanze di compensazione emerso prima del Federal Reserve Act. Il sistema monetario attuale a due livelli (banca commerciale e banca centrale) verrebbe contratto a un solo livello dove l'individuo si interfaccerebbe solo con la banca commerciale. Questa non dovrebbe più passare dalla banca centrale per la domanda di liquidità ed essa sarebbe coperta esclusivamente dai titoli del Tesoro americani, abolendo la SLR che serve solo per tenere a galla asset di nazioni bollite.

È così che "verrà terminata" la FED: un suo ritorno a quello che era prima del Banking Act di Roosevelt. Con il SOFR non c'è più bisogno di un tasso unificato, quindi i poteri della FED verranno smembrati tra le sue 12 controparti regionali e il Dipartimento del Tesoro. https://t.co/17I8sP9piT

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) July 22, 2025

A ciò si aggiungerebbe che i titoli del Tesoro americani sarebbero coperti da hard asset come oro e Bitcoin. Questo significa che c'è una profonda trasformazione in atto nell'economia statunitense, dove il compito di persone come Bessent è quello di rimuovere quel fattore a doppio livello che ha fatto sprofondare nel tempo l'economia statunitense. Infatti esso era paragonabile a un individuo che mangiava ogni sera al ristorante pagando con la carta di credito... senza avere un reddito però. A tal proposito una notizia passata un po' troppo velocemente secondo me, perché rappresenta un cambiamento epocale nell'ecosistema Bitcoin, è la possibilità di inserirlo come collaterale quando si accendono mutui per le case. Sta maturando sempre di più la sua economia del credito ed è l'anello che gli mancava affinché possa fare il vero salto di qualità. Si tratta ancora di un processo rudimentale e rozzo, ciononostante è un segnale inequivocabile di come sia stato smentito anche chi dubitava che Bitcoin potesse avere successo dato che non aveva un mercato del credito. Certo, saranno gli ETF a essere posti come garanzia, ma la recente notizia che essi possano essere rimborsati “in kind” aggiunge ulteriore fascino al tutto.

In questo modo si stabilizzano i prezzi delle case e le si collateralizza con hard asset. Non solo, ma viene a crearsi un circolo virtuoso dove i vari asset degli USA vengono puntellati da asset credibili come oro. Bitcoin e titoli di stato americani. Il tutto intermediato da Tether. L'obiettivo di ampliare l'equity della nazione sta venendo soddisfatto in modo egregio dall'amministrazione Trump. Ecco come si ridimensiona, nel concreto, il potere del sistema bancario centrale e si impedisce alla nazione di essere attaccata da player esteri ostili. E su questa scia non solo abbiamo visto l'Australia seguire l'esempio, ma addirittura l'apertura del mercato dei pensionamenti all'uso di Bitcoin. E quale mercato più di quest'ultimo ha bisogno di copertura a causa delle passività non finanziate che si porta dietro?

Finora Powell non ha abbassato i tassi perché lo spazio fiscale non era sufficiente da permettere un nuovo allentamento delle condizioni creditizie. Se riavvolgiamo il nastro all'anno scorso, se avesse tagliato in estate avrebbe favorito i democratici nella corsa alla Casa Bianca, invece tagliando a ridosso delle elezioni ha permesso che i risultati della sua decisione si manifestassero dopo il voto favorendo in questo modo Trump. Poi chiaramente ha messo in pausa ulteriori tagli in attesa di motivazioni concrete lato bilancio federale. Se l'inflazione è scesa, così come registrato dai numeri ufficiali, è stato solo grazie alle sue azioni. Adesso che la legge di bilancio è passata e la Rescission Bill fa il suo corso, ci sarà spazio per tagliare i tassi. O perlomeno finché il prezzo del petrolio e i futures sulla benzina rimarranno in un certo range, e l'indice dei prezzi al consumo rimanga contenuto. Non scordiamoci la pressione sull'eurodollaro. Quest'ultima sta rallentando i piani di rilancio dell'economia americana di Trump e Bessent? Sì. Conta davvero in ottica di investimenti esteri che affluiscono negli Stati Uniti? No.

Il tempo dei tagli alla spesa discrezionale sarebbe arrivato ed eccoci qui prontamente a commentare quanto sta accadendo in termini di Rescission Bill. Inutile dire che si tratta di un primo pacchetto, dato che l'ammontare iniziale è ancora insufficiente per definirli “tagli alla spesa”. È pur sempre un buon inizio. Non solo, ma i tagli maggiori stanno avvenendo a livello di licenziamenti di dipendenti pubblici, come si vede dal grafico qui sotto.

Guarda caso tutto il polverone alzato per la Big Beautiful Bill adesso si è posato alla prova dei fatti, alla prova di dover votare davvero per i tagli nel processo politico adeguato. Non credo che Paul e Massie abbiano fatto tutto quel baccano solo per i “principi”... ci sono le rielezioni l'anno prossimo e avere famiglia è pur sempre un aggancio per eventuali ricatti... Al di là di ciò la “motosierra” sta calando anche sul lato spese federali, man mano che il DOGE scopre nuove aree da tagliare.

Ora che Trump ha visto l'approvazione del bilancio, nonostante fino a ottobre debba inghiottire la parte approvata dall'amministrazione Biden, può dimenticarsi del Congresso per le cose importanti fino alle midterm dell'anno prossimo. A meno che il Congresso, con la formazione attuale, non voglia essere annoverato come costola dell'amministrazione Biden (che ha aumentato il debito pubblico nell'ordine degli $8.000 miliardi), dovrà votare a favore di ogni codifica in legge dei tagli scoperti dal DOGE. Con le rielezioni che pendono sulle teste dei senatori l'anno prossimo, sarebbe politicamente suicida. Comunque il connubio tra tagli alla spesa, dazi, tassi d'interesse alti è sostanzialmente uno: ridurre il flusso di dollari all'estero. E come ci ha dimostrato il DXY, per quanto si sia fantasticato di “de-dollarizzazione” non c'era niente di concreto. Da qui la “necessità” di alzare l'asticella del tetto del debito americano, perché a fini pratici nel futuro a breve termine la domanda di strumenti in dollari e strumenti denominati in dollari (es. titoli di stato americani) salirà. In questo modo si soddisfa tale domanda e al contempo si impedisce che il DXY schizzi troppo in alto da richiedere davvero alternative. Infatti con la contrazione dell'offerta di dollari offshore c'è stato un cambiamento nel modo in cui la domanda di dollari e strumenti denominati in dollari si manifesta sui mercati: non più con l'inganno e nell'ombra, ma alla luce del sole adesso.

In base a questo nuovo assetto le stablecoin diventeranno un assorbitore di emergenza di titoli di stato americani, le banche commerciali emetteranno le proprie valute digitali coprendole con titoli di stato americani, l'abolizione della SLR e delle varie parti del Dodd-Frank Act aprirà spazio di manovra alle banche commerciali, domanda/offerta di titoli di stato americani verrà intermediata esclusivamente dal Dipartimento del Tesoro e non più dalla FED, domanda/offerta di denaro verrà intermediata dalle 12 FED regionali e dalle stablecoin, la FED fungerà da finestra di sconto per prestiti di emergenza in caso di difficoltà, ci saranno due dollari (uno per le transazioni interne e l'altro per quelle esterne) e il SOFR fungerà da tasso di mercato determinato solo negli USA per coordinare la relativa attività commerciale.

Non dimentichiamoci, però, un dettaglio importante che vale sia per i singoli investitori, come d'apertura di questo saggio, che per il governo federale: la rivalutazione dell'oro. Attualmente sui bilanci della FED l'oro in suo possesso, circa 8.000 tonnellate, è valutato a $42 l'oncia. Ai prezzi spot attuali, però, sarebbero equivalenti a circa $900 miliardi. Un passo in avanti, certo, ma non una soluzione ai problemi di debito degli Stati Uniti. Oh, ma se invece suddetta rivalutazione arriverebbe, ad esempio, fino a $10.000 l'oncia? Non è un'ipotesi personale, ma una che è stata scritta nero su bianco sulla relazione di maggio della Federal Reserve.

Non dimentichiamoci inoltre che, se l'oro venisse rivalutato in questo modo, la nazione con più oro avrebbe la maggiore leva finanziaria in questo nuovo sistema. Inutile dire che in tal modo sarebbe più facile puntellare e far riassorbire gli squilibri finanziari. Senza contare che l'oro rappresenta ancora solo una piccola frazione del sistema finanziario globale. Gli ETF sull'oro fisico rappresentano appena l'1% di tutti gli ETF e quelli legati alle industrie dell'estrazione di oro rappresentano una quota ancora inferiore. E con Bitcoin lo spazio di manovra si amplierebbe ulteriormente. In aggiunta a tutto ciò, il governo federale ha anche in programma di investire ingenti somme nelle infrastrutture energetiche. Infatti la capacità totale prevista della rete elettrica dovrebbe aumentare di oltre 400 GWh nel 2025, rispetto ai 160 GWh dell'anno scorso. Quindi nonostante l'attuale clima di difficoltà economiche, vale la pena di prendere in considerazione anche commodity critiche in tale settore.

Forse l'amministrazione Trump rimetterà davvero le cose a posto per gli USA, o almeno inizierà il processo in tal direzione. Sarebbe fantastico se tutto ciò accadesse. Ma la risalita dagli accordi “lose-lose”, ovvero vicendevolmente svantaggiosi, comporta il passaggio dagli accordi “win-lose”, ovvero a somma zero, prima di poter ritornare a quelli “win-win”, ovvero vicendevolmente vantaggiosi. Questo significa, quindi, che il vostro piano d'investimento NON PUÒ dipendere da forze politiche al di fuori del vostro controllo. Il vantaggio competitivo in tale fase di transizione si coglie, non si eredita: https://calendly.com/fsimoncelli


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Debito, leva finanziaria e denaro fiat arrivano su Bitcoin

Gio, 24/07/2025 - 10:10

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato “fuori controllo” negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Kane McGukin

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/debito-leva-finanziaria-e-denaro)

Il denaro ha sempre avuto una valenza strategica e ha costituito per secoli il fondamento di nazioni e imperi.

Possedere capitale e controllarne il flusso non è solo una questione di sopravvivenza: significa costruire qualcosa di duraturo.

Se la conferenza Bitcoin 2024 ha rappresentato l'anno in cui c'è stata l'invasione politica e del riconoscimento da parte dell'intelligence, quella del 2025 ne è stata la conferma.

La mia conclusione è che ciò che è iniziato come un comportamento emergente, Bitcoin, ha raggiunto un ruolo centrale nella formazione del capitale del XXI secolo. I dollari della nuova era sono nuovamente coperti da strati di moneta solida e da tecnologie innovative (stablecoin) che amplieranno la nostra capacità di costruire il futuro sia nel mondo digitale che in quello fisico.

La conferenza di quest'anno ha illustrato come Bitcoin e le stablecoin saranno integrate nei bilanci, nelle riserve nazionali e fungeranno da asset di riserva finanziaria, supportando asset tradizionali e nuovi strumenti finanziari (bitbond) e ridefinendo il panorama geopolitico, stimolando al contempo la crescita nel XXI secolo.

«Bitcoin sta diventando una delle più grandi classi di asset al mondo. [...] Gli Stati Uniti devono essere in grado di difenderlo o di usarlo come arma offensiva [...].» ~ Fred Theil, MARA

«L'Ordine Esecutivo ha specificamente nominato Bitcoin [...] come asset strategico a causa della sua scarsità [...] e questo è stato un segnale inviato alla popolazione americana così come alla popolazione globale [...]. Il governo degli Stati Uniti vede Bitcoin come un asset strategico [...]. È questo il segnale di un cambiamento strategico? [...] Penso che sia ancora una domanda a risposta aperta, ma credo che stiamo propendendo per il sì.» ~ Matthew Pines

«Le riserve strategiche non riguardano più solo petrolio, o formaggio svizzero. Riguardano Bitcoin e il futuro del denaro come arte di governare.» ~ Matthew Sigel, VanEck


Una prospettiva storica su come siamo arrivati a Bitcoin

Il denaro ha avuto origine con re e fabbri, poi si è spostato verso caveau e rotte commerciali con l'ascesa delle nazioni industrializzate. Per alimentare questa evoluzione, è emersa una rete globale di informazione e logistica: cavi si estendevano attraverso i continenti, chiatte trasportavano l'oro da un porto all'altro e uomini sul campo raccoglievano informazioni locali, per poi instradarle attraverso i think tank governativi e i desk di negoziazione delle principali banche globali. Queste reti antiquate e manuali sono ciò che ha alimentato la macchina monetaria del dollaro, creando un motore di capitali senza pari negli Stati Uniti.

Tra gli anni '60 e '80 iniziò una nuova era. I derivati divennero la norma e le informazioni si muovevano più velocemente, rendendo necessario disporre di desk di trading finanziario in tutto il mondo per acquisire informazioni redditizie e sostenere la sicurezza nazionale. I banchieri regnavano sovrani. Bitcoin 2025 ha reso chiaro che c'era nuovo capitale in città, ma questa volta non era diverso.

Negli ultimi decenni i social network hanno iniziato a superare diplomatici e spie. Il capitale si è spostato da asset tangibili a strumenti liquidi e digitali. Questo ha accelerato il ritmo del nostro mondo. Dobbiamo ricostruire quella complessa rete di banche globali, ma con il vantaggio dei nodi rispetto agli edifici. Nel nuovo mondo venture capitalist, sviluppatori di software e ingegneri dominano sovrani.

Se un tema è emerso durante la conferenza di quest'anno, è proprio questo: le informazioni monetarie sono un'arma e la rete del dollaro ha bisogno di un'estensione. Una nuova innovazione per far sì che il suo peso si estenda in tutto il mondo e più velocemente. Ecco perché Bitcoin è più di una tecnologia a rialzo numerico.

Durante la conferenza, se l'avete sentito almeno una volta, l'avrete sentito innumerevoli volte. Bitcoin non sostituirà il dollaro, ma espanderà e approfondirà il vasto potere della sua rete. In futuro BTC sarà la base della formazione di capitale, del potere d'acquisto e del vantaggio geopolitico. La sua volatilità sarà sfruttata e incorporata nei bilanci delle società quotate in borsa (Bitcoin Treasury Companies).


Le stablecoin erano ovunque

More milkshake talk than orange coin go up talk @SantiagoAuFund

— BowTiedMara (@BowTiedMara) May 30, 2025

Il post qui sopra è divertente e riassume la mania delle stablecoin. Era un percorso inevitabile e non si è persa l'occasione di inserirlo in quasi ogni sessione. Le stablecoin guideranno la trasformazione del nostro mercato monetario e delle reti di pagamento in dollari. Li aggiorneranno con le tecnologie moderne e renderanno il “denaro” completamente digitale e utilizzabile.

Far muovere il denaro alla velocità con cui le persone vivono oggi. Paolo Ardoino di Tether (USDT) lo ha dimostrato nella sua sessione. Ha dimostrato efficacemente che stiamo passando da un'era di stack tecnologici a un'era di stack tecnologici monetari.

Se si vuole valore, questo deve essere supportato da verità e sostenibilità; non da retorica, corruzione, circonlocuzioni e nullità.

Sotto la stablecoin più popolare, USDT, ci sono: asset monetari solidi (Bitcoin e oro), asset monetari fruttiferi (Titoli del Tesoro USA), profitti di aziende private, mining di Bitcoin e infrastrutture di data center basate sull'intelligenza artificiale, strumenti per i media indipendenti, strumenti di chat per la privacy e molto altro. Tether ha costruito il futuro di quello che probabilmente sarà uno stack tecnologico monetario. Una combinazione di tutte le forme di asset che potremmo desiderare nella nostra società odierna.

«Ci sono molti alti dirigenti dell'amministrazione Trump direttamente coinvolti nel settore delle stablecoin, e questa è stata la stessa filosofia che ha realmente dato origine alla crescita delle multinazionali statunitensi dominanti a livello mondiale. Non si trattava solo dell'amore per Pepsi e Coca-Cola come prodotti. Era il fatto che fungessero da strumenti dell'arte di governare degli Stati Uniti, e c'era una profonda sovrapposizione finanziaria tra i profitti delle grandi multinazionali e la portata e le acquisizioni dell'Impero americano. [...] Credo che ci sia una sorta di convinzione che le stablecoin e il mercato Bitcoin possano effettivamente fare per il dollaro ciò che le multinazionali fecero nel XX secolo per la portata dell'Impero statunitense.» Mike Benz

Come abbiamo visto nel corso dei secoli, l'intelligenza sta tornando a essere integrata e sincronizzata. Con il passaggio del potere alle reti tecnologiche, stiamo assistendo all'importanza che questi leader stanno ricoprendo nel governo.

Proprio come abbiamo visto con le vecchie porte girevoli di Wall Street, che permettevano ai leader di rimbalzare avanti e indietro tra Goldman, JP Morgan, Black Rock, la Federal Reserve e altre istituzioni governative, ora stiamo assistendo allo stesso fenomeno anche con le aziende tecnologiche.

Considerando l'atteggiamento nei confronti di Bitcoin e dell'intelligenza artificiale, non sarebbe una sorpresa se le aziende che operano nel settore Bitcoin e delle stablecoin diventassero il prossimo vettore. Dopotutto il potere di una rete monetaria risiede nelle informazioni e nei profitti controllati dai suoi operatori.

Con l'intensificarsi della concorrenza dei capitali è chiaro che il predominio economico e persino la guerra si sono spostati dai campi di battaglia alla larghezza di banda.

Tutto ciò, l'integrazione di Bitcoin, l'ascesa delle stablecoin e l'evoluzione delle tecnologie monetarie indicano una verità più profonda: il nostro attuale sistema finanziario non si sta solo adattando, ma è sotto pressione, mentre l'architettura monetaria sta rapidamente diventando il prossimo campo di battaglia.

Questa tensione deriva da un difetto di progettazione insito nel sistema stesso: la sua dipendenza da una crescita infinita. La sua dipendenza da una crescita sostenuta dal debito.


Il problema della misura e della crescita costante 

«In pratica, il modo in cui è costruito il sistema [...] si basa su una crescita costante. È come uno squalo che non può smettere di nuotare, altrimenti annega.» ~ Lyn Alden

Ciò che Lyn descrive qui con l'analogia dello squalo è la premessa del libro di Geoffrey West, Scale.

Alla fine i sistemi di crescita superesponenziale (come i sistemi finanziari) raggiungono una singolarità temporale finita, in cui l'energia e la crescita necessarie per mantenere il ritmo diventano catastroficamente insostenibili.

L'unico modo per evitare il collasso è attraverso l'innovazione. Ironia della sorte Bitcoin è un'innovazione sia per il nostro sistema finanziario che per il nostro sistema informativo. Entrambi sono su percorsi di consumo di risorse insostenibili solo per mantenersi. Per il sistema finanziario, è un problema di debito; per Internet, è un problema di energia e volume di contenuti/informazioni/valore.

Questi dilemmi, sebbene non siano quelli di Triffin, rendono i punti evidenziati dal vicepresidente J. D. Vance ancora più importanti.

Per cominciare, ha chiarito che Bitcoin è ormai una questione politica; sono necessari voce e azione costanti. Come ha affermato, Bitcoin e intelligenza artificiale, insieme, dovrebbero essere considerati i due strumenti più importanti per il nostro futuro.

Ricordiamo che imperi e stabilità si fondano sulla capacità di raccogliere, elaborare e trarre profitto dalle informazioni. Entrambi funzionano bene in queste funzioni, quindi l'interesse indebito ha senso.

Ricordiamo che coloro che regnano sono coloro che meglio dimostrano la capacità di monetizzare il valore delle reti.

Ciò che gli stati, gli enti pubblici e coloro che detengono poteri di governo comprendono è che siamo passati da un mondo in cui “chi detiene l'oro detta le regole” a un mondo in cui “chi detiene i dati ottiene il valore”.

Sembra ormai una corsa agli armamenti per vedere chi riesce ad accumulare capitale critico, perché in tempi di instabilità geopolitica le risorse strategiche sono ciò che dà il controllo; sono ciò che porta alle transizioni storiche. Ancora una volta, ci troviamo nel mezzo di un cambio di paradigma, con Bitcoin al centro.

Denaro, informazioni e catene di fornitura sono i campi di battaglia del momento che definiranno le rotte del futuro. 

«Dobbiamo iniziare a pensare alle implicazioni strategiche a lungo termine di Bitcoin. Il futuro di Bitcoin è che diventerà una risorsa strategicamente importante per gli Stati Uniti nei prossimi decenni.» ~ J. D. Vance

E tuttavia, sebbene le conversazioni della conferenza su Bitcoin abbiano toccato argomenti quali geopolitica, teoria delle reti e fragilità sistemica, quest'anno ha avuto anche un risvolto personale.

Un momento che ha colto questo cambiamento nella narrazione è stato nientemeno che Jack Mallers.


Mallers sta invecchiando... La chiusura della conferenza

Infine una conferenza su Bitcoin non sarebbe completa senza un finale appassionato di Jack Mallers.

Tuttavia quest'anno la situazione è stata un po' diversa. Invece di promuovere l'HODLing, o l'accumulo di satoshi all'infinito, Mallers ha promosso lo spendere bitcoin e persino l'ottenere prestiti... debiti... perché la realtà è che, diventando adulti, ci sono cose nella vita che Bitcoin non può comprare. Ci sono momenti reali, vere banconote quotate e accettate solo in dollari. Questa consapevolezza ci aiuta a comprendere la semplice frase di Jack:

«Il denaro è un mezzo, non un fine». ~ Jack Mallers


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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La ricchezza mineraria della Groenlandia potrebbe aprirgli la strada verso un futuro indipendente

Mer, 23/07/2025 - 10:05

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato “fuori controllo” negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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da The Epoch Times

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-ricchezza-mineraria-della-groenlandia)

Taatsi Olsen sa cosa serve per iniziare la ricerca di minerali in Groenlandia.

In un magazzino alla periferia della capitale Nuuk, ha esaminato i dettagli dell'esplorazione mineraria in un Paese freddo e scarsamente popolato: attrezzi, imbracature e piccoli rimorchi trasportati in elicottero verso siti remoti, essenziali in un luogo dove non ci sono strade che collegano le città.

Olsen ha sottolineato che il modello di insediamento unico della Groenlandia, costituito da villaggi di pescatori isolati sparsi su centinaia di chilometri di isole rocciose e fiordi, può presentare dei vantaggi per i minatori.

“Se vi trovate in una zona remota, ci sono buone probabilità che ci sia un piccolo villaggio nelle vicinanze”, ha detto a The Epoch Times.

Olsen è direttore operativo di X-Ploration Services Greenland. L'azienda, che supporta l'esplorazione mineraria sull'isola, potrebbe prosperare se i giacimenti di terre rare del territorio danese si rivelassero una vera e propria manna.

Conosce bene le difficoltà del successo individuale. Olsen stima che solo uno su mille progetti esplorativi in Groenlandia dia origine a una miniera.

“È semplicemente difficile trovare qualcosa che abbia senso dal punto di vista economico”, ha affermato.

Il presidente Donald Trump ha citato le terre rare della Groenlandia, stimate in 1,5 milioni di tonnellate, come una delle ragioni principali per incorporare questo Paese negli Stati Uniti.

I minerali essenziali sono utilizzati in molte tecnologie avanzate, tra cui telefoni cellulari e sistemi di difesa. Il settore è attualmente dominato dalla Cina.

Per ora in Groenlandia sono operative solo due miniere, nessuna delle quali estrae terre rare.

Eppure l'attività mineraria non è una novità per la Groenlandia. Fa parte di una lunga storia che lega l'isola più grande del mondo alla Danimarca e agli Stati Uniti.

I sostenitori dell'estrazione delle terre rare sperano che possa contribuire all'indipendenza della Groenlandia. Molti cercano fonti di reddito aggiuntive in un territorio dominato dall'esportazione di prodotti ittici, dall'impiego pubblico e da una sovvenzione annuale forfaittaria dalla Danimarca.

“Dobbiamo rafforzare l'economia”, ha detto a The Epoch Times Svend Hardenberg, un groenlandese coinvolto negli sforzi per sviluppare l'estrazione delle terre rare.


Estrazione mineraria, passato e futuro

L'attività mineraria in Groenlandia ha radici che risalgono al 1720, quando un pastore luterano, Hans Egede, giunse in Groenlandia alla ricerca dei Vichinghi scomparsi dopo essersi stabiliti lì più di mille anni fa. Il pioniere danese-norvegese fondò una nuova colonia sull'isola. Pochi decenni dopo iniziò l'attività mineraria su piccola scala.

Un sito risalente al 1850, la miniera di criolite di Ivittuut, si è rivelato di vitale importanza nel XX secolo.

La criolite era necessaria per la produzione di alluminio e Ivittuut era l'unica fonte commerciale.

Durante la Seconda Guerra Mondiale Ivittuut si dimostrò cruciale per lo sforzo bellico alleato, tanto che gli Stati Uniti istituirono una base navale nelle vicinanze per proteggerla. Ancora oggi gli Stati Uniti mantengono una base militare nell'estremo nord di Pituffik.

L'estrazione di criolite a Ivittuut si esaurì con l'avvento della criolite sintetica e infine chiuse i battenti nel 1987. La base, allora danese, chiuse i battenti nel 2012. I cinesi tentarono di acquistare l'impianto abbandonato nel 2016, ma il governo danese glielo impedì.

Nel frattempo la società australiana Eclipse Metals ha acquisito una licenza per un sito che comprende l'ex-base e la miniera.

La promessa delle terre rare ha attirato l'attenzione anche sul progetto Tanbreez, un giacimento nei pressi della città di Narsaq, nella Groenlandia meridionale.

Nel 2024 i funzionari statunitensi fecero pressioni sull'azienda australiana Tanbreez Mining affinché negasse i permessi alle società legate alla Cina che cercavano di acquisirla.

A marzo la società di sviluppo minerario, Critical Metal Corp., ha stimato il valore dell'1% della roccia ospitante di Tanbreez a circa $3 miliardi.

La società, che detiene una quota di proprietà nel progetto, ha stretto una partnership per il progetto Tanbreez con GreenMet, un'azienda statunitense di minerali essenziali guidata da Drew Horn.

Horn ha dichiarato a The Epoch Times che Tanbreez ha suscitato l'interesse di una delegazione del settore privato da lui guidata. Il gruppo comprende dirigenti delle società minerarie Critical Metals Corp, American Renewable Metals, Refracture e Cogency Power.

Horn ha inoltre stretto una partnership con Hardenberg per un progetto di trattamento delle alghe, una sorta di operazione di proprietà statale sviluppata da Royal Greenland.

La guida turistica Pakkutannguaq Larsen ha affermato che, pur essendo favorevole all'indipendenza della Groenlandia, non è favorevole a un'ulteriore industria estrattiva.

“Vogliamo mantenere la natura così com'è”, ha dichiarato a The Epoch Times.

Olsen, il cui studio non è stato coinvolto in Tanbreez, ha affermato che l'attenzione di Trump verso il suo Paese d'origine ha alimentato sia entusiasmo che incertezza.

Le aziende statunitensi non si sono ancora messe in fila per collaborare con X-Ploration Services, specializzata in logistica, pianificazione e settori correlati.

“La maggior parte dei nostri clienti sono canadesi”, ha aggiunto Olsen.

Nikoline Ziemer, una biologa coinvolta nel progetto sulle alghe marine della Royal Greenland, ha affermato di sperare che il governo groenlandese non ritiri le licenze come ha fatto in passato.

“Dobbiamo avere una politica stabile in merito, perché ciò danneggia la credibilità della Groenlandia come potenziale fonte di estrazione mineraria”, ha affermato.

Nel 2021 il Paese ha revocato a un'azienda cinese la licenza per l'estrazione di ferro. Nello stesso anno il territorio ha smesso di offrire nuove licenze per l'esplorazione petrolifera.

Olsen ha affermato di ritenere che il governo groenlandese, ora sotto una guida diversa, potrebbe cambiare rotta su quest'ultima decisione.


Un'economia dipendente

Olsen, Hardenberg, Ziemer e Larsen non sono anomalie.

Quasi tutti i groenlandesi intervistati da The Epoch Times intravedono all'orizzonte una richiesta di indipendenza dalla Danimarca, sebbene i tempi siano incerti dopo le elezioni di marzo. L'indipendenza potrebbe anche aiutare i groenlandesi a stringere legami più stretti con gli Stati Uniti, se lo desiderassero.

Hardenberg ha affermato che le terre rare rappresentano uno dei mezzi per far avanzare il territorio verso una maggiore autonomia.

Ziemer concorda. Parlando a titolo personale, e non per Royal Greenland, ha affermato che la dipendenza del territorio dalla pesca “non è un modello economico sostenibile”.

Oggi gamberetti e pesce costituiscono oltre il 90% delle esportazioni del territorio. Più della metà del bilancio del governo groenlandese e un quinto del prodotto interno lordo della Groenlandia provengono dal governo danese. La Groenlandia riceve inoltre un contributo annuale a fondo perduto dalla Danimarca, pari a circa $500 milioni.

Questa concessione potrebbe intaccare le entrate minerarie per l'amministrazione locale. Se la Groenlandia generasse entrate superiori a 75 milioni di corone danesi (circa $11,3 milioni), metà di queste commissioni andrebbe a compensare la sopraccitata concessione.

Il settore pubblico ha un'influenza enorme sull'isola: i dipendenti pubblici rappresentano il 42% dell'occupazione, rispetto al 28% in Danimarca e al 13,4% negli Stati Uniti.

Hardenberg, che in passato ha ricoperto un incarico governativo, ha affermato di ritenere che la Groenlandia sarebbe più dinamica se “liberasse più persone dal settore pubblico per dedicarle a lavori più produttivi”.

Non tutte le attività legate al settore minerario si tradurranno in lavoro per la gente del posto.

Olsen ha affermato che la piccola popolazione della Groenlandia (meno di 60.000 persone) implica che l'esplorazione mineraria debba attingere a qualche talento straniero.

“Non ci sono molti geologi ed esperti [qui]”, ha detto.

Ha affermato che se l'attività mineraria passerà dall'esplorazione allo sfruttamento, ci saranno più posti di lavoro per i lavoratori groenlandesi.


A terra

A Nuuk, dove vivono circa 20.000 persone, il quadro economico appare eterogeneo.

Mentre alcune strade sono fiancheggiate da quartieri residenziali fatiscenti, altre brillano per le nuove costruzioni.

In città un aeroporto internazionale ospiterà presto voli della Scandinavian Airlines e della United Airlines, alimentando le speranze di turismo.

In un “Fight Club” finanziato dal governo, dove i giovani pugili si allenano davanti a una folla festante, Ethan Ingholt ha raccontato a The Epoch Times di essere arrivato a Nuuk dalla Danimarca.

In Danimarca lavorava come arboricoltore; ora, in una terra senza alberi, è direttore dei lavori.

“Se si è disposti a lavorare, il lavoro lo si trova sempre”, ha detto.

Inunnguaq Korneliussen, uno studente presente all'evento, ha dichiarato a The Epoch Times che l'economia “sta andando abbastanza bene in questo momento”, ma “è in continuo peggioramento”. Ha citato l'aumento dei prezzi dei generi alimentari.

A poche strade di distanza, Jens Smith vende pesce in una bancarella del mercato. Un prodotto molto popolare sono le uova di lompo, una prelibatezza simile al caviale di storione.

Mentre Smith parlava, un uomo è entrato e ha acquistato due sacchi di uova.

Smith ha dichiarato a The Epoch Times che molti clienti rivendono i suoi prodotti in Danimarca, dove i frutti di mare della Groenlandia possono essere venduti a prezzi elevati.

Ha detto che l'inverno è stato duro per la pesca.

“L'acqua è troppo fredda adesso”, ha affermato.

Larsen, contraria all'attività mineraria, ha dichiarato di sperare di aprire una propria agenzia di viaggi. Ha affermato che il turismo potrebbe aiutare la Groenlandia a seguire la propria strada, come accaduto con l'Islanda.

Ex-territorio danese divenuto indipendente, l'Islanda, un Paese con meno di 400.000 abitanti, ha attirato quasi 2,3 milioni di visitatori con pernottamento nel 2024, secondo l'Ente per il turismo islandese.

La Groenlandia, che dipende in larga parte dal turismo basato sulle crociere, ha accolto 76.477 crocieristi nel 2023, un numero record e il 640% in più rispetto al 2019, l'anno migliore precedente.

Hardenberg ha affermato che le recenti elezioni hanno rivelato un punto in comune in tutta la Groenlandia: “Tutti concordano sul fatto che dobbiamo creare il nostro futuro. Dobbiamo dirigere e controllare il nostro destino”.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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L'OMS non può essere salvata

Mar, 22/07/2025 - 10:15

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Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato “fuori controllo” negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Ramesh Thakur

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/loms-non-puo-essere-salvata)

Come esseri umani, consideriamo comunemente noi stessi, le nostre convinzioni e il nostro lavoro di particolare importanza. Non sorprende, quindi, che quando formiamo istituzioni, coloro che ne fanno parte cerchino di promuoverne la rilevanza, ampliare il proprio lavoro e centralizzare il processo decisionale all'interno del proprio gruppo “particolarmente importante”.

Pochi vogliono disinvestire potere e risorse, figuriamoci perdere il lavoro e mettere a rischio sé stessi e i propri colleghi. Questo difetto fatale infetta tutte le burocrazie, da quelle locali a quelle nazionali, regionali e internazionali.

Non sorprende, quindi, che l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), un'organizzazione sanitaria internazionale con oltre 9.000 dipendenti, un quarto dei quali a Ginevra, debba affrontare gli stessi problemi. Originariamente l'OMS aveva come obiettivo principale il trasferimento di competenze dagli stati in difficoltà che emergevano dal colonialismo e la sconfitta della maggiore incidenza di malattie dovuta a minori capacità amministrative e finanziarie. Questi obiettivi davano priorità a principi fondamentali come l'igiene, una buona alimentazione e servizi sanitari competenti, i quali avevano garantito una lunga vita alle persone nei Paesi più ricchi. Ora si concentra maggiormente sul rifornimento di prodotti di largo consumo. Nel corso degli anni il suo budget, il personale e le sue competenze si sono espansi con il diminuire delle reali necessità dei Paesi e della mortalità per malattie infettive.

Sebbene permangano importanti lacune nell'uguaglianza di base in ambito sanitario, recentemente aggravate dalle linee di politica dell'OMS sul Covid-19, il mondo è un posto molto diverso dal 1948, anno della sua fondazione. Invece di riconoscere i progressi, ci viene detto che ci troviamo semplicemente in un “periodo interpandemico” e che all'OMS e ai suoi partner dovrebbero essere attribuite maggiori responsabilità e risorse per salvarci dalla prossima ipotetica epidemia (come ad esempio la Malattia X). Sempre più dipendente da finanziamenti “specifici” provenienti da interessi nazionali e privati, investiti in soluzioni biotecnologiche redditizie anziché nei fattori di base della buona salute, l'OMS assomiglia sempre più ad altri partenariati pubblico-privati che canalizzano il denaro dei contribuenti verso le priorità dell'industria privata.

Le pandemie accadono, ma una naturale comprovata con un impatto significativo sull'aspettativa di vita non si verificava dai tempi dell'influenza spagnola, risalente all'era pre-antibiotica, oltre cento anni fa. Sappiamo tutti che una migliore alimentazione, fognature, acqua potabile, condizioni di vita migliori, antibiotici e farmaci moderni ci proteggono, eppure ci viene detto di avere sempre più paura della prossima epidemia. Il Covid è successo, ma ha colpito soprattutto gli anziani in Europa e nelle Americhe. Inoltre, come ora chiarisce il governo degli Stati Uniti, è stato un errore di laboratorio da parte della stessa industria pandemica che sta promuovendo il nuovo approccio dell'OMS.

Collaborare a livello internazionale in ambito sanitario rimane una pratica diffusa, come dovrebbe essere in un mondo fortemente interdipendente. È inoltre sensato prepararsi a eventi rari e gravi: la maggior parte di noi stipula un'assicurazione. Tuttavia non esageriamo il rischio di alluvione per espandere il settore assicurativo contro le alluvioni, poiché qualsiasi spesa in tal senso viene sottratta ad altre nostre necessità.

La salute pubblica non è diversa. Se dovessimo progettare una nuova OMS ora, nessun modello sensato baserebbe il suo finanziamento e la sua direzione principalmente sugli interessi e sui consigli di coloro che traggono profitto dalle malattie. Piuttosto si baserebbero su stime accurate dei rischi localizzati delle grandi malattie mortali. Un tempo l'OMS era indipendente dagli interessi privati, finanziata principalmente con fondi di base e in grado di stabilire priorità razionali. Quell'OMS non c'è più.

Negli ultimi 80 anni anche il mondo è cambiato. Oggi non ha più senso concentrare migliaia di operatori sanitari in una delle città più costose (e più sane!) del mondo, e non ha più senso, in un mondo tecnologicamente avanzato, mantenere un controllo centralizzato lì. L'OMS è stata strutturata in un'epoca in cui la maggior parte della posta viaggiava ancora via mare. Rappresenta sempre più un'anomalia rispetto alla sua missione e al mondo in cui opera. Una rete di enti regionali radicati nel loro contesto locale non sarebbe più reattiva ed efficace di una burocrazia distante, disconnessa e centralizzata costituita da migliaia di persone?

Nel contesto più ampio di tumulti che sconvolgono l'ordine internazionale post-1945, la recente comunicazione di ritiro degli Stati Uniti dall'OMS rappresenta un'opportunità unica per ripensare al tipo di istituzione sanitaria internazionale di cui il mondo ha bisogno, a come dovrebbe operare, dove, per quale scopo e per quanto tempo.

Quale dovrebbe essere la data di scadenza di un'istituzione internazionale? Nel caso dell'OMS, o la salute sta migliorando con l'aumento delle capacità dei Paesi e dovrebbe essere ridimensionata; oppure la salute sta peggiorando, nel qual caso il modello ha fallito e abbiamo bisogno di qualcosa di più adatto allo scopo.

Le azioni dell'amministrazione Trump rappresentano un'opportunità per rifondare la cooperazione sanitaria internazionale su standard etici e di diritti umani ampiamente riconosciuti. Paesi e popolazioni dovrebbero riprendere il controllo e coloro che traggono profitto dalle malattie non dovrebbero avere alcun ruolo nel processo decisionale. L'OMS, con i suoi quasi 80 anni di storia, proviene da un'epoca passata ed è sempre più estranea al suo mondo. Possiamo fare di meglio.

Un cambiamento radicale nel modo in cui gestiamo la cooperazione sanitaria internazionale sarà doloroso, ma in ultima analisi salutare.


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In che modo l'oro può arrivare a $10.000 l'oncia

Lun, 21/07/2025 - 10:10

Il motivo per cui Wall Street ha iniziato a pompare la narrativa di oro e Bitcoin è perché “ha scoperto” d'essere a corto di collaterale solido. Essendo entrambi degli asset finiti, non ce ne sono abbastanza per coprire le falle emerse nel sistema finanziario nel corso del tempo. Questo significa a sua volta che i loro prezzi dovranno saliere a un livello a cui le istituzioni si troveranno a loro disagio: più il prezzo sale in fretta, più il senso di allarme e panico si diffonderà. L'obiettivo degli Stati Uniti adesso è quello di lasciar salire i prezzi di oro e Bitcoin in modo che non dia luogo a effetti dirompenti e che non dia luogo a un altro giro di grande inflazione dei prezzi. Io sono dell'idea che la FED abbia smesso di sopprimere il prezzo dell'oro circa 5 anni fa; chi invece sta perseverando lungo questo percorso è Londra, la LBMA in particolare. Perché? Perché il metallo giallo sta volando da Londra a New York. Con Scott Bessent al Dipartimento del Tesoro che ne può usare il Conto Generale e Powell alla Federal Reserve, queste due istituzioni americane, in mano a chi fa gli interessi della nazione adesso, hanno a disposizione strumenti di “persuasione” convincenti. Il problema con i colonialisti europei è che vogliono una CBDC con cui smantellare il sistema bancario commerciale e far interfacciare le persone solo ed esclusivamente con la banca centrale, il cui denaro programmabile servirà a diffondere controllo capillare con cui far sopravvivere un giorno in più un continente privo di qualsivoglia collaterale. Da qui è facile capire come mai JP Morgan, Bank of America, Goldman Sachs, ecc. ha iniziato questo braccio di ferro contro i colonialisti europei: sono azionisti della NYFED e per estensione della FED stessa, quindi non avrebbero mai potuto accettare una loro dipartita. Come ho spiegato nel mio ultimo libro, Il Grande Default, gli infiltrati nelle stanze dei bottoni americane puntavano a questo esito per poi trasferire gli asset in Europa. Quindi Wall Street ha individuato la minaccia diretta nei propri confronti e ha assecondato la creazione del SOFR per emanciparsi dal LIBOR. Gli USA hanno la valuta più forte e credibile del mondo, perché gli investitori dovrebbero andare a Hong Kong o a Singapore per ricercare rendimenti piuttosto che essere pagati per il privilegio di avere il sistema “idraulico” finanziario più affidabile del mondo? Lo stesso vale per il commercio al consumo. Ed è su queste basi che verranno creati “due dollari”: uno a circolazione interna che agevolerà gli americani e l'altro a circolazione esterna che verrà trattato a sconto, ovvero chi vorrà fare affari dovrà pagare una “commissione” per accedere al mercato più liquido e credibile del mondo. Non fraintendetemi, un giorno il dollaro sarà probabilmente sostituito come valuta di riserva mondiale, ma ciò accadrà quando il DXY arriverà a un'altezza tale che gli altri saranno costretti a scegliere un'alternativa. Fino ad allora, però, il dollaro rimarrà il Re.

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da Zerohedge

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/in-che-modo-loro-puo-arrivare-a-10000)

Lo scorso aprile il mercato dell'oro ha continuato la sua impennata senza precedenti di consegne fisiche dalle borse a termine, segnalando un cambiamento significativo nelle dinamiche finanziarie globali. Il COMEX ha registrato la consegna di 64.514 contratti sull'oro, equivalenti a circa 6,45 milioni di once o $21,3 miliardi in valore, segnando il secondo volume di consegne più alto mai registrato.

Il CME Comex è un mercato chiave per la negoziazione a termine su oro, argento e altre materie prime, dove i contratti possono anche essere convertiti in metallo fisico tramite consegna.

In genere i contratti aperti diminuiscono drasticamente prima dell'inizio della consegna, ma questa volta le posizioni sono aumentate inaspettatamente e sono state in gran parte liquidate in contanti anziché consegnate, alimentando speculazioni su potenziali carenze latenti e forti incentivi per la liquidazione in contanti. Ciononostante la domanda di consegna immediata è rimasta forte, con oltre 10.000 nuovi contratti aperti, la seconda cifra più alta mai registrata.

Contemporaneamente le scorte di oro sono diminuite dall'inizio di aprile, probabilmente a causa di questi accordi insoliti e dei successivi prelievi fisici. Nonostante le previsioni secondo cui le modifiche ai dazi ridurrebbero l'arbitraggio e rallenteranno i flussi di oro da Londra agli Stati Uniti, la domanda di futures e consegne fisiche rimane robusta con l'avvicinarsi di maggio.

Questo straordinario movimento ha suscitato speculazioni sulle cause sottostanti. Le tensioni geopolitiche, come i conflitti in corso tra Russia e Ucraina, Iran e Israele, e le complesse dinamiche tra India e Pakistan, hanno indubbiamente contribuito a un aumento della domanda di beni rifugio come l'oro. Inoltre l'intensificarsi delle controversie commerciali tra le principali economie ha ulteriormente alimentato l'incertezza, rendendo l'oro un'opzione interessante per preservare la ricchezza.

Tuttavia, al di là di questi fattori immediati, si cela una trasformazione più profonda nel sistema finanziario globale. Dal 2008 circa Paesi come Russia e Cina hanno attivamente ridotto la loro dipendenza dal dollaro statunitense. Questa tendenza è stata accelerata da recenti sviluppi, tra cui la decisione dell'Arabia Saudita di regolare le transazioni petrolifere in valute diverse dal dollaro. Tali iniziative indicano un passaggio collettivo verso un quadro monetario più diversificato.

In una recente intervista Luke Gromen sostiene che l'attuale sistema incentrato sul dollaro è insostenibile a causa dei crescenti deficit e livelli di debito negli Stati Uniti e suggerisce che la transizione all'oro come asset di riserva neutrale potrebbe facilitare una struttura economica globale più equilibrata. Questo approccio consentirebbe di quotare le materie prime in più valute, riducendo la dipendenza dalle politiche economiche di ogni singola nazione.

Gromen osserva inoltre che il conflitto in Ucraina ha messo in luce i limiti delle strategie militari convenzionali, sottolineando la necessità di strumenti economici per affermare la propria influenza. Adottando l'oro come risorsa di riserva, le nazioni possono affrontare le sfide geopolitiche senza ricorrere allo scontro militare diretto, sempre più insostenibile in un mondo con capacità nucleari ed economie profondamente interconnesse.

Le implicazioni di un simile cambiamento sono profonde. La rivalutazione dell'oro a livelli di $7.500 e persino $10.000 l'oncia potrebbe consentire al Dipartimento del Tesoro statunitense di rafforzare significativamente la propria posizione finanziaria, qualora si verificasse un cambiamento. Adeguando il prezzo ufficiale delle sue riserve auree, il Dipartimento del Tesoro potrebbe generare un valore compreso tra i $2.000 e i $3.000 miliardi, fornendo una consistente iniezione nel Conto Generale del Tesoro senza aumentare il debito.

In questo contesto le massicce consegne di oro osservate ad aprile potrebbero non essere una coincidenza, osserva Gromen. Potrebbero rappresentare mosse strategiche da parte di attori statali, inclusi gli stessi Stati Uniti, per prepararsi a una ridefinizione del panorama monetario.

La portata di queste transazioni suggerisce un coinvolgimento ai massimi livelli, poiché movimenti così significativi normalmente attirerebbero l'attenzione degli enti regolatori se non fossero effettuati da entità dotate di autorità sovrana.

Sta iniziando a sembrare chiaro che, mentre l'economia globale si trova sull'orlo di un potenziale reset monetario, il ruolo dell'oro viene rivalutato. Non posso fare a meno di pensare che dovrei continuare a monitorare attentamente questi sviluppi, poiché potrebbero annunciare una nuova era nell'architettura della finanza globale.

Potrebbe esserci qualcosa di grosso in cantiere...


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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La Matrix originale: cosa non vi insegnano riguardo il denaro

Ven, 18/07/2025 - 10:00

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato “fuori controllo” negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Brent Johnson

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-matrix-originale-cosa-non-vi-insegnano)

«Prendi la pillola blu e la storia finisce, ti svegli nel tuo letto e credi a quello che vuoi credere. Prendi la pillola rossa e resti nel Paese delle Meraviglie e ti mostrerò quanto è profonda la tana del Bianconiglio.»

~ Morpheus, Matrix


Cos'è il denaro?

Alcune cose nella vita sono così profondamente radicate nella nostra esistenza quotidiana che raramente ci fermiamo a metterle in discussione.

Sono semplicemente lì, operanti in background, così fondamentali per la nostra esistenza da sembrare naturali come l'aria che respiriamo.

Le usiamo, ci affidiamo a loro e ci muoviamo nel mondo dando per scontato che siano esattamente come dovrebbero essere.

Ad esempio, tutti conoscono la frase “Il denaro fa girare il mondo”.

Raramente viene messa in discussione ed è piuttosto accettata come ovvietà.

Ogni giorno vi svegliate, pagate le bollette, andate al lavoro e controllate il vostro conto in banca, credendo di comprendere il sistema in cui operate.

Ma vi siete mai chiesti: cos'è veramente il denaro?

Non la definizione sui libri di testo.

Non la teoria economica che avete imparato a scuola.

Ma la verità.

Il denaro è ovunque. Determina chi mangia e chi muore di fame, chi si eleva e chi crolla. Costruisce imperi e distrugge civiltà.

Ha alimentato rivoluzioni, finanziato guerre e controllato il destino di intere nazioni.

È probabilmente la forza più potente sulla Terra, eppure la maggior parte delle persone non si ferma mai a interrogarsi sulle sue origini, sul suo scopo, o sulla sua vera natura.

Usiamo il denaro ogni singolo giorno. Lo guadagniamo, lo spendiamo, lo risparmiamo. Ci scambiamo tempo ed energie. Determina dove viviamo, cosa possediamo e le opportunità che abbiamo a disposizione.

È così profondamente radicato nella nostra vita che metterlo in discussione sembra assurdo, come mettere in discussione la gravità, o l'aria che respiriamo.

Ma vi siete mai chiesti chi decide cos'è il denaro? Chi, o cosa, gli dà valore? O chi lo controlla?

E, cosa ancora più importante, cosa succederebbe se giocassimo a un gioco le cui regole erano state truccate prima ancora che nascessimo?

Per chi è disposto a guardare oltre la superficie, le risposte potrebbero essere sorprendenti.

Ma attenzione: una volta che si iniziano a porre le domande giuste, non si torna più indietro.


Definizioni tradizionali di denaro

Il denaro è uno degli aspetti della civiltà umana più universalmente riconosciuti, ma meno esaminati.

Influenza ogni aspetto della nostra vita, dettando le nostre opportunità economiche, plasmando il commercio globale e agendo come una forza centrale in modi che pochi considerano.

Eppure, nonostante la sua onnipresenza, il denaro rimane un concetto profondamente frainteso.

Sebbene tutti lo usiamo, pochi di noi si soffermano a valutare veramente cos'è, come funziona e se davvero funziona come immaginiamo.

L'obiettivo qui non è convincere nessuno di una prospettiva specifica, ma riflettere in modo critico sul denaro: cosa rappresenta realmente e se la realtà corrisponde a ciò che ci è stato insegnato.

Se fermassi qualcuno per strada e gli chiedessi se sa cos'è il denaro, quasi certamente risponderebbe con un sicuro sì.

Tuttavia, se lo incalzassi ulteriormente e gli chiedessi di darne una definizione appropriata, la risposta potrebbe non arrivare altrettanto rapidamente. La certezza iniziale probabilmente lascerebbe il posto all'esitazione nella ricerca di una risposta.

Se si insistesse un po' di più, o si rivolgesse la domanda a qualcuno esperto di finanza o teoria economica, le risposte diventerebbero probabilmente più strutturate.

A questo livello le persone potrebbero iniziare a descrivere le caratteristiche associate a una forma forte di moneta – qualità che la rendono efficace come mezzo di scambio, riserva di valore e unità di conto.

Se poi la conversazione dovesse andare ancora oltre, chi riflette in modo critico sulla questione potrebbe andare oltre le caratteristiche della moneta e concentrarsi invece su cosa fa effettivamente.

Potrebbero iniziare a discutere del suo ruolo nel facilitare il commercio, della sua funzione nel saldare i debiti, o della sua importanza nelle transazioni economiche.

Tuttavia anche se tutti questi punti fossero accettati come veri, il nocciolo della questione rimane: cos'è?

Al suo livello più fondamentale, un mezzo di scambio deve essere una “cosa”. E di cosa sono fatte le cose tangibili?

Merci.

Secondo questo ragionamento, la moneta – ridotta alla sua forma più elementare – è una merce.

E le merci sono composte da elementi presenti nella Tavola Periodica. Tuttavia non qualsiasi merce (o qualsiasi elemento) può fungere da moneta.

Se una particolare merce è ampiamente richiesta e possiede alcune (o tutte) le caratteristiche che definiscono una moneta forte, allora cessa di essere solo una merce e invece trascende, diventando essa stessa denaro.

A questo punto diventa spesso chiaro che il denaro è la merce più commerciabile, un bene che funge da estintore definitivo del debito e che è stato selezionato dalle forze del libero mercato nel corso del tempo.

Questa definizione trova riscontro in molti di coloro che hanno studiato la storia della moneta e come le sue diverse forme si siano evolute nel tempo.

Spingendo questo concetto un passo avanti, e riconoscendo che il denaro è una merce e che le merci sono composte da elementi della Tavola Periodica, si potrebbero persino valutare i vari elementi per vedere quale di essi abbia il maggior numero di caratteristiche che gli consentirebbero di “ascendere” a diventare denaro.

Facendo così ci si renderebbe conto che esiste una merce che è stata a lungo considerata una delle forme più forti di moneta. Grazie al suo insieme unico di attributi che la rendono altamente efficace come mezzo di scambio e riserva di valore.

Una delle sue qualità più distintive è la durevolezza: a differenza della cartamoneta, o di altri beni deperibili, non si corrode, non si ossida né si degrada nel tempo, garantendo il mantenimento del suo valore nel corso delle generazioni.

Questa durevolezza gli consente di fungere da forma di conservazione della ricchezza affidabile, poiché non soccombe all'azione del tempo o alle condizioni ambientali.

Un'altra caratteristica fondamentale di questa merce è la sua divisibilità.

A differenza di altre merci può essere fusa e divisa in unità più piccole senza perdere il suo valore intrinseco, consentendo transazioni di varie dimensioni.

Questo la rende più pratica come mezzo di scambio rispetto a beni che non possono essere facilmente scomposti.

Inoltre è fungibile, il che significa che ogni unità è identica a un'altra unità dello stesso peso e purezza. Questa intercambiabilità garantisce che possa essere scambiata senza discrepanze di valore, rendendola un mezzo di scambio altamente efficiente.

È apprezzata anche per la sua portabilità.

Pur essendo un bene fisico, possiede un elevato rapporto valore/peso, consentendo a privati ​​e istituzioni di trasportare ingenti quantità di ricchezza in un formato compatto e pratico.

Questa portabilità, unita alla sua riconoscibilità, ne rafforza lo status di forma di denaro ampiamente accettata e affidabile.

In tutte le culture e nel corso della storia è stata universalmente riconosciuta come riserva di valore e il suo aspetto distintivo, e le sue proprietà uniche, la rendono difficile da contraffare.

Oltre a queste qualità, possiede anche la scarsità, una caratteristica fondamentale che ne ha preservato il valore nel tempo.

La sua offerta è naturalmente limitata dai vincoli fisici di estrazione e produzione.

Questa intrinseca scarsità impedisce l'inflazione artificiale e garantisce il mantenimento del suo potere d'acquisto per lunghi periodi.

Infine la sua malleabilità ne aumenta l'utilità, poiché può essere modellata in monete, lingotti, o gioielli senza perdere le sue proprietà essenziali.

Questa adattabilità la rende estremamente versatile, consolidando ulteriormente il suo ruolo di una delle forme di denaro più efficaci e durature.

Stiamo ovviamente parlando dell'oro.

E in effetti, nel corso della storia, l'oro ha incarnato tutte le qualità della moneta forte: è scarso, durevole, divisibile, trasferibile e ampiamente riconosciuto.

Il suo ruolo di lunga data nei sistemi economici ha portato molti ad affermare che rimanga la forma di denaro per eccellenza.

A questo punto, un'alzata di mano potrebbe rivelare un ampio consenso su questa prospettiva.

Ma prima di giungere a una conclusione definitiva, vale la pena fermarsi e chiedersi: la storia ha sempre funzionato tramite un sistema di libero mercato?

Ancora più importante, la moneta è sempre stata determinata dal libero mercato o è intervenuta un'altra forza?


Il denaro come costrutto controllato dallo stato

Un presupposto comune che deve essere accettato quando si utilizza la definizione di denaro sopra riportata è che i mercati operino liberamente, guidati dallo scambio volontario e dalla concorrenza.

Ma questo corrisponde alla realtà storica?

La storia è sempre stata caratterizzata da un libero mercato? O, cosa ancora più importante, il mondo è mai stato veramente governato dai principi del libero mercato?

Queste domande sono essenziali, ma ci impongono di guardare il mondo così com'è, non come vorremmo che fosse. Il che porta a una discussione più ampia sulla natura stessa del denaro.

Se ipotizziamo che il denaro sia semplicemente una merce scelta dalle forze del libero mercato, allora dobbiamo conciliare questo presupposto con le prove storiche.

E il fatto è che esiste un'altra prospettiva, che sfida la definizione tradizionale di denaro e ci costringe a riconsiderare se il denaro sia mai stato un fenomeno puramente guidato dal mercato.

Se la storia ci insegna qualcosa, è che lo stato ha svolto un ruolo significativo nel plasmare la storia nel suo complesso. Lo stato ha anche svolto un ruolo significativo nello sviluppo dei sistemi monetari.

Quindi, se ci occupiamo del mondo così com'è, piuttosto che come vorremmo che fosse, questo semplice fatto non può essere ignorato.

Nel corso della storia gli stati hanno emesso varie forme di moneta fiat, non in risposta alla domanda del libero mercato, ma come meccanismo per facilitare il commercio, affermare il controllo e sostenere i sistemi economici.

Gli antichi imperi spesso coniavano monete fatte di metalli vili, imprimendole con le immagini dei sovrani o dei simboli dello stato, garantendo che il loro valore fosse determinato da un decreto piuttosto che da un valore intrinseco.

Questi primi sistemi monetari stabilirono un precedente in cui lo stato, piuttosto che le forze del mercato, dettava cosa funzionasse come denaro.

Durante il Rinascimento e oltre, le banconote cartacee emersero come uno strumento monetario diffuso. Inizialmente queste banconote erano coperte da metalli preziosi, rafforzandone la legittimità e la fiducia.

Tuttavia, nel tempo, si sono gradualmente evolute in pura moneta fiat, completamente svincolata da qualsiasi bene fisico.

Questa trasformazione ha permesso agli stati e alle banche centrali di esercitare un grande potere decisionale sui sistemi monetari, non essendo più vincolati da riserve finite di oro o argento.

Anche i governi coloniali hanno svolto un ruolo significativo nella storia monetaria, emettendo cambiali come mezzo per gestire il commercio e l'attività economica.

Queste cambiali hanno funzionato come prime forme di valuta coperta dallo stato, rappresentando un obbligo piuttosto che una riserva di valore tangibile.

Con il passare del tempo le valute fiat sono diventate la forma di denaro dominante, con gli stati moderni che hanno adottato valute nazionali come il dollaro, l'euro e lo yen.

Oggi la moneta fiat esiste sia in forma fisica che digitale, a testimonianza della continua evoluzione dei sistemi monetari statali.

Se accettiamo questa realtà storica, allora dobbiamo chiederci: il denaro è davvero un prodotto del libero mercato o è sempre stato plasmato e definito da chi detiene il potere?

O, in altre parole: il denaro è davvero la merce più commerciabile scelta dagli individui, liberi pensatori, o è uno strumento potente imposto dal Re?

Per rispondere a queste domande, è innanzitutto necessario sviluppare le competenze necessarie per comprendere al meglio il proprio ambiente.


Consapevolezza situazionale

La consapevolezza situazionale è un'abilità fondamentale che consente agli individui di percepire, comprendere e anticipare gli eventi che li circondano, consentendo loro di prendere decisioni consapevoli e agire efficacemente.

Si compone di tre componenti essenziali: in primo luogo, la capacità di percepire elementi critici nell'ambiente, come persone, oggetti ed eventi in corso; in secondo luogo, la capacità di comprenderne il significato e il potenziale impatto; e in terzo luogo, la capacità di prevedere gli sviluppi futuri sulla base delle informazioni disponibili.

Questa abilità è indispensabile in ambienti ad alto rischio come l'aviazione, le operazioni militari, la sanità e il mondo degli affari, dove la capacità di riconoscere segnali sottili e reagire di conseguenza può fare la differenza tra successo e fallimento.

Lo stesso principio si applica all'allocazione del portafoglio, dove i mercati finanziari sono in costante evoluzione e una mancanza di consapevolezza può portare a perdite devastanti.

Al di là degli ambiti professionali, la consapevolezza situazionale svolge un ruolo fondamentale nella vita quotidiana, migliorando la sicurezza personale, il processo decisionale e consentendo agli individui di orientarsi efficacemente in un mondo in continua evoluzione.

Senza questa competenza, le persone rischiano di essere colte di sorpresa, di fare scelte sbagliate e di subire conseguenze evitabili.

Che si applichi alla sicurezza personale, alle decisioni finanziarie, o al pensiero strategico, la consapevolezza situazionale è uno strumento vitale per ottimizzare i risultati in un mondo pieno di incertezza.

Un esempio di applicazione della consapevolezza situazionale al nostro attuale argomento è rappresentato dallo scenario seguente.


L'economia carceraria

Come accennato in precedenza, per ottimizzare le proprie circostanze, è necessario comprendere appieno l'ambiente in cui si opera.

Questo principio è chiaramente illustrato nell'ecosistema chiuso delle economie carcerarie, dove non esistono sistemi monetari tradizionali.

In tali ambienti i detenuti si affidano a forme di valuta alternative, scegliendo beni durevoli, ampiamente accettati e facilmente scambiabili.

Ad esempio, le sigarette hanno storicamente funzionato come una valuta efficace dietro le sbarre.

Sono molto richieste, facilmente divisibili per piccole transazioni e ampiamente riconosciute come unità di scambio.

Le sigarette possono essere scambiate con cibo, servizi o altri beni di prima necessità, creando un'economia di baratto che rispecchia i sistemi finanziari tradizionali.

Analogamente le scatolette di sardine si sono affermate come merce di valore in alcuni contesti carcerari.

La loro natura non deperibile, unita al loro valore nutrizionale, le rende una riserva di ricchezza affidabile che mantiene la sua utilità nel tempo.

In assenza di una moneta ufficialmente riconosciuta, questi beni assumono le caratteristiche di mezzo di scambio, riserva di valore e unità di conto: gli stessi principi che definiscono il denaro stesso.

Questa economia informale all'interno delle carceri funge da microcosmo per sistemi monetari più ampi, dimostrando che il denaro non è definito solo da un decreto statale, ma da ciò che le persone riconoscono collettivamente come avente valore.

Gli insegnamenti che si possono trarre da questi ambienti controllati sottolineano l'importanza dell'adattabilità, dell'intraprendenza e della comprensione delle forze economiche, indipendentemente da dove si operi.

È anche importante capire che, sebbene sia le sigarette che le sardine siano diventate forme di denaro popolari in ambienti controllati, non lo sono diventate solo grazie alla commerciabilità delle loro qualità intrinseche.

Si consideri uno scenario all'interno di un'economia carceraria dove le sardine sono ampiamente accettate come moneta. In questo sistema fungono da mezzo di scambio, riserva di valore e unità di conto, svolgendo tutte le funzioni necessarie del denaro.

Tuttavia, cosa succede quando un detenuto viene trasferito in una struttura diversa, dove le dinamiche di potere sono diverse?

In questa nuova prigione, la figura dominante – quella che detiene la maggiore influenza – odia le sardine ma ama le sigarette.

Ha dichiarato, per decreto, che le sigarette sono ora la forma di pagamento richiesta.

In un simile contesto, non importa più che le sardine un tempo avessero un valore monetario. Le regole sono cambiate e la nuova figura autoritaria ha imposto un nuovo sistema.

In questa situazione, avrebbe senso insistere sul fatto che le sardine siano ancora denaro?

Oppure il prigioniero sarebbe costretto ad adattarsi al nuovo standard, riconoscendo che il denaro non è determinato solo da qualità intrinseche, ma piuttosto dalle strutture di potere che ne impongono l'uso?

Vi prendereste la responsabilità di cercare di convincere la figura dominante che è sbagliato pretendere sigarette e che dovrebbe affidarsi ai principi del libero mercato piuttosto che ai propri bisogni e desideri?

Questo esempio solleva una domanda cruciale: se potessimo scegliere, preferiremmo una forma di denaro basata sul mercato, determinata organicamente dal libero scambio, o un sistema in cui il denaro è dettato da un'autorità centrale che detiene il potere sui partecipanti?

La maggior parte delle persone propenderebbe istintivamente per la prima opzione, credendo che il libero mercato debba determinare la migliore forma di denaro.

E poiché credono che il libero mercato sarebbe migliore, allora credono che sia così che i mercati si sono sviluppati nel corso della storia.

Tuttavia questa prospettiva presenta un problema, raramente riconosciuto.

Nonostante la sua ampia accettazione nei manuali di economia e nei modelli teorici, ci sono poche prove storiche che il baratto su larga scala e il libero scambio abbiano mai costituito il fondamento dei sistemi monetari.

L'ipotesi che i mercati producano denaro naturalmente senza alcuna forma di struttura imposta non è in linea con gran parte della documentazione storica.

Questo mette in discussione l'idea che il denaro si sia evoluto come prodotto del libero mercato e ci costringe a riconsiderare se le sue origini siano più strettamente legate al potere, all'autorità e alle regole imposte piuttosto che allo scambio volontario.

La maggior parte delle persone presume che il denaro sia sempre stato determinato dalle forze del libero mercato, ma la storia racconta una storia diversa, in cui potere, controllo e coercizione hanno plasmato i sistemi finanziari in modi che pochi si soffermano a considerare.

Quindi, se il denaro non è ciò che pensiamo che sia, cosa significa per tutto il resto?


Debito, potere ed evoluzione dei sistemi monetari

La narrazione convenzionale sulle origini del denaro suggerisce che si sia evoluto naturalmente dai sistemi di baratto, in cui gli individui si scambiavano direttamente beni e servizi.

Tuttavia David Graeber, nel suo libro Debt: The First 5.000 Years, contesta questa ipotesi, sostenendo che ci sono poche prove storiche a sostegno dell'idea che il baratto sia mai stato il fondamento primario dei sistemi economici.

I libri di testo di economia spesso descrivono le società primitive come impegnate nel baratto prima dell'introduzione del denaro, ma la ricerca di Graeber suggerisce il contrario.

Sostiene invece che il debito, non il baratto, fosse il fondamento dello scambio economico.

Nelle società antiche il commercio si basava spesso su sistemi di credito, in cui gli individui scambiavano beni e servizi sulla base di fiducia e obblighi reciproci piuttosto che su un pagamento fisico immediato.

Questi sistemi non richiedevano denaro in senso tradizionale, ma si basavano su contratti sociali e accordi informali.

Nel corso del tempo questi sistemi di credito si sono formalizzati in debito strutturato, portando infine all'emergere del denaro come mezzo istituzionalizzato per saldare i propri oneri.

Graeber ripercorre l'evoluzione del debito nel corso della storia, illustrando come si sia profondamente radicato nei sistemi economici e politici, spesso fungendo da mezzo di controllo piuttosto che da mera facilitazione degli scambi.

Critica i modi in cui il debito è stato utilizzato per imporre gerarchie sociali, plasmare dinamiche di potere e limitare l'autonomia individuale.

Riformulando la storia del denaro attorno al debito, Graeber fa luce sui meccanismi sociali sottostanti che governano i sistemi economici, meccanismi a lungo trascurati o fraintesi.

Ad esempio, è noto che nel corso della storia i governanti hanno esercitato un controllo diretto sull'attività economica, utilizzando coercizione, tassazione e debito strutturato per plasmare i sistemi monetari.

In alcuni casi il potere veniva imposto attraverso la coscrizione vera e propria, in cui il re arruolava i cittadini nel suo esercito, esigeva il loro lavoro per progetti infrastrutturali o li costringeva alla servitù per gli sforzi di costruzione dello stato.

C'era poco spazio per il rifiuto: chi si opponeva spesso rischiava la morte o la prigione.

In altri casi intere economie funzionavano secondo sistemi feudali, dove i contadini erano costretti a lavorare la terra, generando ricchezza che alla fine andava a beneficio della classe dominante.

In tali sistemi i contadini erano tenuti a pagare le tasse “in natura”, il che significa che cedevano una parte dei loro raccolti, del bestiame, o di altri beni direttamente alla monarchia.

Al netto della tassazione rimaneva loro solo ciò che serviva alla propria sopravvivenza.

Tuttavia mantenere il controllo con la forza diretta ha i suoi limiti. Richiede risorse, sforzi e una minaccia costante di violenza.

Un sistema più efficiente sarebbe stato quello in cui il controllo fosse mantenuto senza una costante imposizione, un sistema in cui gli individui si sottomettessero volontariamente, credendo di avere il controllo delle proprie decisioni economiche.

Considerando questo, cosa accadrebbe se il re ideasse un sistema in cui, invece di esigere beni materiali, o lavoro diretto, emettesse una valuta, una moneta usata per rifornire il suo regno?

E se, alla fine della stagione, o dell'anno, chiedesse ai suoi cittadini di restituire una parte di quella valuta sotto forma di tasse?

In questo modello gli individui continuerebbero a lavorare per sostenere il sistema, ma invece di subire una coercizione diretta sarebbero costretti a partecipare all'economia per guadagnare la valuta emessa.

La necessità di ottenere monete per pagare le tasse creerebbe domanda per la valuta stessa, attribuendole valore non per il suo valore intrinseco, ma perché è l'unico modo per soddisfare gli obblighi verso lo stato.

Infatti tutto questo sarebbe l'equivalente del lavoro forzato, o della tassazione diretta, ma in un modo più sottile, efficiente e facile da gestire. Il sistema di controllo esisterebbe ancora, ma ora apparirebbe volontario.

Prima di scartare questa idea come inverosimile, vale la pena riflettere sulle parole di Johann Wolfgang von Goethe che una volta disse: “Nessuno è più irrimediabilmente schiavo di coloro che credono falsamente di essere liberi”.


Debito, controllo e la natura del potere

Il concetto di debito come meccanismo di controllo è efficacemente illustrato nel film L'Internazionale, dove Umberto Calvini, un importante produttore di armi a livello mondiale, spiega agli investigatori del riciclaggio di denaro perché una grande banca europea stia intermediando armi leggere cinesi per i conflitti del Terzo Mondo.

Gli investigatori presumono che la banca stia semplicemente traendo profitto dalla guerra, ma Calvini chiarisce che il vero obiettivo non è controllare il conflitto in sé, ma controllare il debito che la guerra crea.

«La IBBC è una banca. Il suo obiettivo non è controllare il conflitto, ma controllare il debito che il conflitto produce.

Vede, il vero valore di un conflitto – il vero valore – sta nel debito che crea.

Controllando il debito, controlli tutto. Lo trova sconvolgente, vero? Ma questa è l'essenza stessa del settore bancario: renderci tutti, nazioni o individui, schiavi del debito.»

Le parole di Calvini sottolineano una realtà agghiacciante: la guerra (e il debito) non riguardano solo la terra, le risorse, o l'ideologia... sono uno strumento finanziario.

Assicurandosi che stati e individui rimangano indebitati, le istituzioni finanziarie e coloro che le controllano possono esercitare un'influenza a lungo termine su intere nazioni.

Questo sposta l'attenzione dal controllo diretto attraverso la forza fisica alla sottomissione economica attraverso cicli di debito perpetui.

L'idea che il controllo si estenda oltre la guerra e la finanza viene ulteriormente esplorata nel film Matrix, dove Morpheus rivela a Neo l'inquietante verità sul mondo in cui vive.

Neo, come tutti gli altri, crede di vivere in una realtà in cui fa le proprie scelte.

Ma Morpheus smaschera questa illusione creata appositamente per tenere le persone in schiavitù senza che se ne accorgano.

Quando Neo chiede cos'è Matrix, Morpheus spiega:

«Matrix è un mondo onirico generato al computer, costruito per tenere le persone sotto controllo al fine di trasformare un essere umano in... questo.»

In quel momento Morpheus solleva una batteria, rivelando l'orribile verità: l'umanità stessa è stata ridotta a una fonte di energia per un sistema invisibile.

Nel contesto dei sistemi finanziari, questa analogia è sorprendente.

Proprio come le macchine di Matrix estraggono energia dagli esseri umani, le strutture economiche moderne estraggono ricchezza, lavoro e produttività dagli individui, spesso senza che ne siano consapevoli.

La maggior parte delle persone non mette mai in discussione il sistema in cui è nata, proprio come Neo non ha mai messo in discussione il suo mondo finché non è stato costretto a confrontarsi con una scomoda verità.

Tracciando queste connessioni, diventa chiaro che debito, controllo economico e influenza sistemica funzionano in modi che vanno ben oltre ciò che la maggior parte delle persone percepisce.

La domanda allora diventa: se il mondo in cui viviamo opera secondo un sistema a cui non abbiamo mai acconsentito, e che la maggior parte delle persone non comprende nemmeno, quanta della nostra realtà è veramente nostra?


La Matrix monetaria

Dopo aver esplorato diverse prospettive, torniamo alla domanda fondamentale: cos'è il denaro?

Ma prima di tentare di rispondere, considerate questo: siete pronti a prendere la Pillola Rossa?

E se, riecheggiando le parole di Umberto Calvini ne L'Internazionale e di Morpheus in Matrix, il denaro non fosse semplicemente uno strumento di scambio, né semplicemente un prodotto dell'evoluzione del libero mercato?

E se il denaro non fosse mai stato neutrale, ma piuttosto fosse sempre stato un meccanismo di controllo?

Se così fosse, allora il denaro non è solo uno strumento economico, è la Matrix originale.

Esiste da quando esistono le strutture di potere, plasmando le civiltà, garantendo il rispetto delle regole e mantenendo le gerarchie migliaia di anni prima che i moderni sistemi finanziari fossero concepiti.

Non è emerso organicamente dai liberi mercati, ma è stato implementato e imposto da chi deteneva il potere.

Se quest'idea sembra radicale, considerate l'analogia: il denaro è un costrutto creato dallo stato, costruito per tenere le persone sotto controllo, proprio come Matrix ha schiavizzato l'umanità, trasformandola in batterie per un sistema invisibile.

Le parole di Morpheus sulla trasformazione degli umani in una batteria illustrano perfettamente questo concetto.

Ma quando Neo si confronta con questa realtà, la sua prima reazione è di orrore e rifiuto.

Rifugge l'idea, rifiutandola categoricamente:

«Non ci credo. Non è possibile.»

E forse, proprio ora state avendo la stessa reazione.

Forse questa idea sembra troppo inverosimile, troppo estrema per essere reale.

Ciononostante... potete essere completamente certi che sia sbagliata?

La sfida non è accettare o rifiutare questa idea a priori; la sfida è guardare il mondo così com'è, non come vorremmo che fosse.

Se ci riuscite, allora dovete essere come minimo disposti a chiedervi: e se tutto ciò che pensavate di sapere sul denaro fosse un'illusione?

Ma prima di giungere a una conclusione, diamo un'occhiata più da vicino ad alcune prove; prove che tutti noi abbiamo sperimentato direttamente.


Le prove

Fin dal momento in cui nasciamo, entriamo in un ambiente controllato, in cui la registrazione è obbligatoria e a ogni individuo viene assegnato un numero identificativo.

Questo sistema non viene definito prigione, ma piuttosto stato o Paese.

Eppure, nonostante la terminologia diversa, la struttura ha una somiglianza inquietante con un'istituzione progettata per gestire e contenere i suoi abitanti.

Ma a differenza delle prigioni tradizionali, questo sistema è molto più sofisticato. Qui non si viene semplicemente rinchiusi, ma viene fatto credere di essere liberi.

Non si vive in questo sistema gratuitamente. C'è un costo, un obbligo ricorrente che deve essere soddisfatto. Non chiamano questi pagamenti “spese di detenzione”, ma “tasse”.

Anche se si è tenuti a pagare, si ha poco o nessun controllo su come il denaro viene speso.

E a peggiorare le cose, per ottenere il denaro necessario a pagare queste tasse, bisogna prima lavorare all'interno del sistema stesso.

L'economia è strutturata in modo tale che si debba guadagnare la valuta statale, che può poi essere utilizzata per pagare le tasse.

Non c'è alternativa. Almeno non uno che non implichi la minaccia di prigionia o violenza.

Ma non finisce qui.

Il sistema non si limita a esigere il vostro lavoro, ma vi incoraggia anche a indebitarvi.

Vi presenta nuovi prodotti scintillanti, nuovi lussi, nuove promesse, invogliandovi a indebitarvi ulteriormente, assicurandosi che rimaniate legati al sistema, dipendenti dalla sua valuta e intrappolati in un ciclo da cui è quasi impossibile uscire.

A differenza di una prigione fisica, dove i confini sono visibili, i muri di questo sistema sono invisibili, ed è questo che li rende così efficaci.

Potreste credere di essere liberi di muovervi, ma provate ad andarvene senza la documentazione richiesta: un passaporto, un visto, o un'autorizzazione.

I vostri movimenti sono tracciati, monitorati e limitati.

In alcuni casi determinate “strutture” – che siano imposte dalla nazione, dalla normativa, o da vincoli economici – non vi permettono affatto di andarvene.

Ciononostante la forma di controllo più efficace non è la forza, ma la distrazione.

Lo stato fornisce notizie, intrattenimento e un coinvolgimento infinito, assicurandosi che la maggior parte delle persone non si accorga nemmeno dell'esistenza dei muri.

Infatti sono così abili in questo che la stragrande maggioranza degli individui non farà mai un passo indietro, non si fermerà mai abbastanza a lungo per riconoscere la struttura per quello che è veramente.


La dissonanza cognitiva in tutto ciò

Ora, alcuni di voi potrebbero pensare: questo non è davvero il denaro, è solo gergo della MMT. E altri potrebbero credere che se fosse vero, il sistema sarebbe già crollato.

Ma ricordate, inevitabile non significa imminente. I sistemi non crollano da un giorno all'altro. Resistono per decenni, secoli, persino millenni prima che i loro difetti intrinseci li conducano al loro inevitabile collasso.

Quindi, dopo aver esaminato le prove – dopo aver considerato la natura del sistema in cui viviamo – avete cambiato idea?

Riuscite a vedere lo schema, o detestate solamente ciò che implica?


Liberarsi

Comprendere il denaro come meccanismo di controllo non significa rifiutare categoricamente l'idea del libero mercato o di denaro basato sul mercato.

Richiede invece consapevolezza situazionale: la capacità di riconoscere e gestire le strutture che plasmano i sistemi finanziari, anziché accettarle ciecamente come verità immutabili.

Il libero mercato e la moneta basata sulle merci possono effettivamente essere ideali, ma la realtà racconta una storia diversa: una storia in cui i sistemi monetari sono in gran parte centralizzati, manipolati e progettati per mantenere le strutture di potere.

Riconoscere questa realtà non significa ammettere la sconfitta; significa comprendere il gioco a cui si sta giocando in modo da potervi partecipare alle proprie condizioni, anziché essere un partecipante passivo in un sistema che non è mai stato costruito per il proprio beneficio.

La natura del denaro è intrinsecamente dualistica.

A volte è una merce scelta dal mercato, che emerge organicamente dal libero scambio di beni e servizi; altre volte è un token imposto dallo stato, richiesto dai poteri sovrani come mezzo esclusivo per saldare obblighi come le tasse.

E, in molti casi, è entrambe le cose allo stesso tempo: un ibrido di controllo statale e valore guidato dal mercato che esiste all'interno di un quadro che pochi si soffermano a mettere in discussione.

Niente di tutto ciò intende screditare il libero mercato o il ruolo duraturo dell'oro.

Al contrario, la storia ha dimostrato ripetutamente che l'oro e i principi di una moneta solida forniscono una base più stabile e affidabile per il commercio e la conservazione della ricchezza.

Se fosse data la possibilità di scegliere, la maggior parte delle persone preferirebbe un sistema in cui i mercati, piuttosto che gli stati, determinano cosa funziona come moneta.

Ma questo non è il mondo in cui viviamo oggi.

Ignorare questo fatto significa rimanere ciechi di fronte alle forze che plasmano la finanza globale, rendendosi vulnerabili alle mutevoli maree della politica monetaria, dell'intervento economico e del controllo centralizzato.

Ora più che mai, le convinzioni dogmatiche su cosa dovrebbe essere il denaro non devono offuscare la nostra comprensione di cosa sia realmente il denaro.

Negli anni a venire la capacità di pensare in modo critico, di adattarsi e di rimanere consapevoli dell'evoluzione delle realtà finanziarie non sarà solo preziosa, ma sarà probabilmente essenziale per la sopravvivenza finanziaria.

Piuttosto che aggrapparci a un quadro ideologico che non è più in linea con la realtà, dobbiamo coltivare una mentalità che ci permetta di vedere il mondo così com'è, non come vorremmo che fosse.

E la consapevolezza situazionale è il superpotere definitivo nei mercati volatili: un potere che, se padroneggiato, può non solo aiutare a sopravvivere, ma anche a prosperare negli anni a venire.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Le stablecoin in soccorso del Dipartimento del Tesoro americano

Gio, 17/07/2025 - 10:08

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato “fuori controllo” negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Michael Lebowitz

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/le-stablecoin-in-soccorso-del-dipartimento)

Digital Money” era il titolo della presentazione del TBAC al Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti il 30 aprile 2025, un argomento importante che vale la pena discutere. Il TBAC, acronimo di Treasury Borrowing Advisory Committee, è composto da esperti di investimento provenienti dalle principali banche, broker, hedge fund e compagnie assicurative. Il più delle volte questa commissione informa lo staff del Tesoro sulle condizioni di mercato e formula raccomandazioni sull'emissione di debito. Le raccomandazioni del gruppo hanno in genere un peso significativo per il Dipartimento del Tesoro americano. Nella sua riunione più recente il TBAC ha discusso di denaro digitale, meglio conosciuto come stablecoin, come “nuovo meccanismo di pagamento” che può avvantaggiare il Dipartimento del Tesoro americano generando “una domanda significativamente maggiore” di obbligazioni sovrane.

Considerato che il denaro digitale è ormai una realtà e che il TBAC fornisce consulenza al Dipartimento del Tesoro americano in merito, vale la pena riassumere la relazione del TBAC e discutere di come potrebbe avere un impatto sul mercato dei titoli del Tesoro e cambiare il sistema finanziario.

Per maggiori informazioni sulla digitalizzazione degli asset, che potrebbero aiutarvi a comprendere meglio le stablecoin, vi consigliamo di leggere il nostro articolo Tokenizzazione: la nuova frontiera per i mercati dei capitali.


Cosa sono le stablecoin?

Le stablecoin sono un tipo unico di crittovaluta progettato per mantenere un valore costante. A differenza della maggior parte delle crittovalute, come Bitcoin, il cui valore oscilla notevolmente, le stablecoin puntano a fluttuazioni di prezzo prossime allo zero. In genere, il valore delle stablecoin è ancorato a una valuta, come il dollaro statunitense.

Poiché il loro valore è pressoché costante, le stablecoin sono molto più adatte alle transazioni digitali rispetto ad altre crittovalute. Analogamente ai fondi del mercato monetario e ai conti di risparmio/conti correnti nell'ecosistema finanziario tradizionale, le stablecoin fungono da riserva di valore nell'ecosistema delle valute digitali.

Per raggiungere la stabilità chi emette stablecoin garantisce i propri token con dollari, titoli del Tesoro americani, accordi di riacquisto (repo) e altri asset. Tra le stablecoin più note ci sono Tether (USDT) e USD Coin (USDC). Sono ampiamente utilizzate nella finanza decentralizzata (DeFi) e per i pagamenti transfrontalieri grazie alla loro bassa volatilità e alla compatibilità con le reti blockchain.

Il grafico qui sotto indica che oltre l'80% degli asset a copertura di Tether è costituito da liquidità, equivalenti della liquidità e altri depositi a breve termine. Il restante 20% è costituito da asset più rischiosi di quelli che la maggior parte dei fondi del mercato monetario può detenere.

Le stablecoin offrono transazioni più rapide ed economiche rispetto al sistema bancario tradizionale. Facilitano inoltre l'inclusione finanziaria per le persone che non hanno accesso ai servizi bancari convenzionali. Infine fungono da “denaro contante” nel mondo delle crittovalute, consentendo transazioni digitali o semplicemente detenere fondi nel mercato digitale senza un rischio minimo di fluttuazioni di valore.

Secondo la relazione del TBAC:

Le stablecoin sono asset digitali progettati per mantenere un valore stabile ancorando il loro valore a un asset di riserva, come la valuta fiat (USD). La stabilità prevista delle stablecoin le ha rese un elemento chiave per i pagamenti e come riserva di valore negli ecosistemi on-chain.

Il grafico qui sotto, tratto dalla relazione sopraccitata, mostra che alcune stablecoin sono incredibilmente sicure, in quanto supportate da titoli del Tesoro americani, transazioni repo e fondi del mercato monetario. Tuttavia, proseguendo lungo il grafico, si scopre che altre utilizzano asset più rischiosi, come algoritmi e smart contract.


Benefici per il Dipartimento del Tesoro americano

La presentazione del TBAC analizza come le stablecoin potrebbero apportare benefici al Dipartimento del Tesoro americano.

Secondo un diagramma nella relazione, mostrato di seguito, attualmente ci sono circa $234 miliardi in stablecoin. Il TBAC ritiene che questo numero potrebbe moltiplicarsi fino a $2.000 miliardi entro il 2028. Si stima che circa $120 miliardi in Buoni del Tesoro siano oggi garanzia delle stablecoin. Inoltre, sulla base della sua stima di $2.000 miliardi per la crescita delle stablecoin, ritiene che oltre $1.000 miliardi in Buoni del Tesoro potrebbero essere utilizzati per sostenere la crescita futura.

Se fosse vero, un simile afflusso significherebbe che chi emette stablecoin deterrebbe più titoli del del Tesoro americani rispetto al Regno Unito ($779 miliardi) e alla Cina ($765 miliardi), rispettivamente il secondo e il terzo maggiore detentore sovrano di titoli del Tesoro americani. Solo il Giappone ne deterrebbe di più, con $1.130 miliardi.


Cambiamento dei modelli di emissione dei titoli del Tesoro americani

Il TBAC considera l'aumento della domanda uno sviluppo positivo per i finanziamenti del Dipartimento del Tesoro americano. A suo avviso, potrebbe potenzialmente ridurre i rendimenti fornendo una nuova base di acquirenti. Inoltre la diversificazione dagli acquirenti esteri sostiene maggiormente la stabilità fiscale degli Stati Uniti e rafforza il dominio globale del dollaro.

Una domanda aggiuntiva di Buoni del Tesoro pari a $1.000 miliardi richiederebbe probabilmente un cambiamento nelle modalità di emissione del debito da parte del Dipartimento del Tesoro americano. Un aumento dell'offerta di Buoni del Tesoro americani per soddisfare la nuova domanda si tradurrebbe in una minore emissione di titoli a più lungo termine. A parità di altre condizioni, tale risultato dovrebbe portare a tassi d'interesse a lungo termine più bassi. Tuttavia spostare una maggiore emissione da scadenze più lunghe a scadenze più brevi introduce dei rischi: ad esempio, potrebbe essere costoso se la curva dei rendimenti si invertesse e i tassi a breve termine superassero quelli a lungo termine.


Il GENUIS Act

Il GENUIS Act, una legge proposta a febbraio, impone a chi emette stablecoin di mantenere riserve in rapporto uno a uno con asset di alta qualità. GENIUS sta per “Guiding and Establishing National Innovation for US Stablecoins”. La legge menziona esplicitamente i Buoni del Tesoro statunitensi con scadenza inferiore a 93 giorni; inoltre cerca di limitare la capacità delle stablecoin di offrire rendimenti.

Il seguente tweet del promotore del disegno di legge, il senatore Bill Hagerty, riassume i vantaggi del GENIUS Act.

The GENIUS Act:

1️⃣ Brings America’s payment system into the 21st century

2️⃣ Cements U.S. dollar dominance

3️⃣ Protects customers

4️⃣ Increases demand for U.S. treasuries

— Senator Bill Hagerty (@SenatorHagerty) May 29, 2025


Rischi bancari

Mentre il Dipartimento del Tesoro americano potrebbe beneficiare di nuova domanda, le banche potrebbero risentirne. Se le stablecoin offrono rendimenti competitivi, alcuni clienti delle banche tradizionali potrebbero optare per la loro comodità, pertanto le banche dovrebbero aumentare i rendimenti per mantenere i depositi presso di esse, altrimenti rischierebbero di perdere una fonte di finanziamento vitale.

Tenete presente che le banche utilizzano i depositi per erogare prestiti, pertanto livelli inferiori di depositi potrebbero comportare una riduzione dei prestiti a lungo termine e, di conseguenza, una crescita economica più lenta.


La FED

La FED è attualmente in grado di utilizzare i tassi d'interesse e il suo bilancio per influenzare significativamente i prestiti bancari, che a loro volta influenzano direttamente l'offerta di moneta. Tuttavia è importante ricordare che la FED non stampa denaro, tutto il denaro viene prestato tramite la riserva frazionaria delle banche commerciali. La FED fornisce riserve alle banche, incentivandole a prestare denaro.

Se le banche svolgono un ruolo minore, la capacità della FED di influenzare l'economia attraverso le sue operazioni di riserva potrebbe ridursi. Pur avendo un controllo minore sulla massa monetaria, potrebbe anche essere più difficile per la FED supportare le istituzioni non bancarie nel mondo delle crittovalute durante una crisi.

Per evitare una crisi causata dalle stablecoin, il governo statunitense dovrà emanare requisiti rigorosi per quanto riguarda il tipo di garanzia e l'ammontare delle riserve a supporto delle stablecoin.


Riepilogo

La FED e il Dipartimento del Tesoro statunitense faranno tutto il possibile per garantire che quest'ultimo raggiunga i costi di finanziamento più bassi possibili. Come abbiamo scritto nel nostro pezzo d'opinione intitolato Bank Regulators Will Help The Treasury:

Secondo un articolo del Financial Times intitolato, US Poised To Dial Back Rules Imposed In Wake of 2008 Crisis, le autorità di regolamentazione bancaria statunitensi si stanno preparando a ridurre i requisiti patrimoniali delle banche. Di particolare interesse per il mercato obbligazionario è il coefficiente di leva finanziaria supplementare, meglio noto come SLR. A differenza di altre norme sul capitale basate sul rischio a cui aderiscono le banche, l'SLR applica un requisito patrimoniale minimo a tutte le attività di bilancio delle banche. La norma è stata introdotta nel 2014 per limitare un'eccessiva leva finanziaria.

Ridurre i coefficienti di leva finanziaria per le banche più grandi aumenterà la loro capacità di detenere più titoli del Tesoro americani. Allo stesso modo le stablecoin, coperte dai titoli del Tesoro statunitensi, offrono un'ulteriore fonte di finanziamento per il Dipartimento del Tesoro americano.

Le stablecoin e il concetto di moneta digitale rappresentano un cambiamento significativo rispetto al sistema attuale. Sebbene la moneta digitale presenti numerosi rischi, presenta anche delle potenzialità. Commissioni di transazione più basse e transazioni più rapide sono due di questi vantaggi. Naturalmente, come accennato in precedenza, un nuovo acquirente per i titoli del Tesoro statunitensi rappresenta un altro vantaggio significativo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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L'oro protagonista: una strategia per facilitare l'eccellenza degli Stati Uniti nel XXI secolo

Mer, 16/07/2025 - 10:00

Il DXY ha un'importanza marginale nei mercati. È policy. Quello che sta accadendo ora nel mercato del Forex è il precursore di una crisi del debito sovrano. L'attacco al SOFR ad aprile ottiene adesso risposta con la rottura del peg del dollaro di Hong Kong. L'altro peg importante, quello del riyal saudita, non sta soffrendo affatto. Questo mi suggerisce che Bessent & Co. stanno rispondendo per le rime a Londra e Bruxelles. Infatti il punto di vantaggio americano, in questo momento storico, è che per quanto possano essere grandi le passività statunitensi, esse sono localizzate e non più internazionalizzate. Adesso gli asset non contabilizzati (es. risorse minerarie, home equity, stato di diritto americano, sistema “idraulico” finanziario americano, ecc.) possono essere messi a esclusiva copertura dell'economia statunitense (diversamente dal passato quando c'era il LIBOR) per resistere ai venti contrari provenienti da decenni di distorsioni economiche e finanziarie. E questo riguarda anche la politica monetaria e questo mese possiamo aspettarci un tagli dei tassi di 50 punti base da parte della FED. Tagliare nel mezzo di un confronto bellico acceso, che rischiava di trascinarsi dietro gli USA, non era saggio. Trump e Powell vogliono la stessa cosa, ma per ragioni diverse. Powell vuole distruggere il mercato del dollaro offshore restringendo la liquidità in dollari. E lo sta facendo supportando l'obiettivo finale di Trump: rompere l'Europa. Per quanto Trump voglia affrontare il rollover del debito di questa estate con tassi più agevolati, non era affatto automatico che un taglio prematuro dei tassi avrebbe fatto scendere il back-end della curva dei rendimenti. Invece adesso, con il cessate il fuoco tra Israele e Iran, e uno potenziale tra Israele e Palestina, oltre al rinnovato afflusso di capitali negli USA, Powell può tagliare i tassi. Il front-end è coadiuvato da una crescita dell'economia statunitense e il back-end sentirà la pressione alleviarsi. Chi in questo contesto ha le carte peggiori da giocare, proprio perché non ha niente per coprirsi, è l'Europa. Ecco perché verrà forzata ad accettare qualsiasi accordo verrà partorito dall'amministrazione Trump. Per quanto i giornali vogliano far passare come “capricci” gli andirivieni di Trump riguardo la questione commerciale, l'incertezza che ha creato attorno all'UE e al Regno Unito è essa stessa uno strumento negoziale. Ecco perché i capitali volano negli USA: i mercati hanno prezzato questa incertezza e stanno capendo che UE e Regno Unito non hanno niente per sostenere le loro posizioni negoziali. Non bastano la BCE o la BOE che tagliano i tassi, è una questione di equity e a parte la “voce grossa” questi Paesi non ne hanno.

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di Vincent Lanci

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/loro-protagonista-una-strategia-per

Sintesi: Questa relazione esplora la rinascita dell'oro non solo come riserva di valore, ma anche come strumento monetario strategico per eludere le sanzioni, supportare la diplomazia commerciale e gestire il debito. Basandosi su precedenti storici, sviluppi contemporanei e quadri teorici come l'Accordo di Mar-a-Lago di Stephen Miran, questo saggio propone che gli Stati Uniti siano in grado di riprendere a operare in un mercato dell'oro a livello sovrano al fine di ridurre il debito, premiare i partner commerciali e ripristinare la base manifatturiera ed esportatrice statunitense. Questo meccanismo, un tempo dominato dalle bullion bank e ora imitato dagli stati sanzionati, consente la monetizzazione dell'oro senza una liquidazione immediata. Le coperture forward sull'oro offrono agli Stati Uniti l'opportunità di indebolire strategicamente il dollaro, al fine di rimanere competitivi nelle economie globali trainate dalle esportazioni, ridurre gli oneri di debito e sostenere gli alleati commerciali attraverso un sostegno monetario mirato. Questa relazione sostiene che la trasformazione dell'oro nell'ambito di Basilea III, unita a un cambiamento nella strategia monetaria statunitense, segna un ritorno alla funzione geopolitica fondamentale dell'oro.

I. Introduzione. L'oro è una riserva di valore; è denaro. Grazie alle sue proprietà fisiche immutabili, al riconoscimento universale e all'assenza di rischio di controparte, l'oro rappresenta un asset straordinariamente efficace nelle operazioni monetarie sovrane. Questo articolo esplora come gli Stati Uniti possano rendere operativo l'oro come strumento monetario per gestire il debito, influenzare le dinamiche dei cambi e perseguire una leva geopolitica in un mondo in via di deglobalizzazione.

II. Fondamenti storici: il carry trade delle bullion bank. A partire dagli anni '90 le bullion bank hanno adottato un modello di carry trade sull'oro che ne ha consentito la monetizzazione senza vendita. Ciò comportava:

• Detenere oro fisico di proprietà, o in prestito, da un'altra parte (posizione spot)

• Vendere quell'oro a termine (creando una potenziale passività futura)

• Investire i proventi in asset ad alto rendimento (ad esempio, titoli del Tesoro, azioni, od obbligazioni estere)

Questa struttura commerciale forniva reddito mantenendo intatte le riserve fisiche e limitando la pressione al rialzo sui prezzi dell'oro. È diventato un pilastro della strategia di gestione delle aspettative delle banche centrali e uno strumento di proiezione di un dollaro statunitense stabile e affidabile.

III. L'accordo di Mar-a-Lago. L'accordo di Mar-a-Lago di Stephen Miran offriva un modello per sfruttare l'oro e gestire il debito e gli squilibri commerciali degli Stati Uniti. Tale proposta prevedeva:

• Vendita delle riserve auree degli Stati Uniti

• Utilizzo dei proventi per acquistare valute estere con rendimenti più elevati

• Riduzione dell’onere effettivo degli interessi sulle passività statunitensi

Sebbene politicamente tossici, l'ESF e strumenti simili erano già stati utilizzati nelle crisi di stabilizzazione monetaria. Sebbene l'Accordo di Miran sia stato pubblicamente accantonato, alcuni dei suoi meccanismi fondamentali rimangono praticabili.

Flusso per il carry trade di titoli sovrani statunitensi (Tesoro → Vendita a termine → Acquisto di valuta)

IV. Oro ed elusione delle sanzioni: il modello Russia-Iran. Stati sanzionati come Russia e Iran hanno sfruttato l'oro per accedere alla liquidità in dollari tramite controparti fidate. Detenendo e coprendo l'oro tramite Paesi come la Cina, generano proventi liquidi in valute locali o globali che vengono infine convertiti in dollari. Ciò consente loro di finanziare le operazioni evitando le sanzioni SWIFT e statunitensi.

L'accordo petrolio-oro tra Russia e Cina, descritto per la prima volta dall'autore di questo articolo nel 2017, ha creato un precedente. Inizialmente liquidato come una voce di corridoio, ha guadagnato terreno quando è stato successivamente riconosciuto da analisti bancari credibili. Più di recente è stato annunciato un seguito tra Cina e Arabia Saudita, in base al quale i sauditi avrebbero ricevuto il pagamento del loro petrolio in yuan con l'opzione dell'oro. Il metallo giallo sarebbe stato detenuto dalla Cina, come era avvenuto per gli accordi con la Russia. Ciò dimostra che l'oro può fungere da riserva neutrale rispetto alle sanzioni e da meccanismo di trasferimento, fungendo allo stesso tempo da ponte monetario (mBridge) verso il dollaro statunitense o altre valute, se necessario.

Flusso di evasione delle sanzioni sostenuto dall'oro (Russia → Cina → Commercio → Dollari)

V. Cambiamenti strutturali nel mercato dell'oro. Il contesto macroeconomico e normativo è cambiato:

• Basilea III riclassifica l'oro come asset di livello 1

• Recente riclassificazione dei derivati OCC Gold presso le banche

• Queste banche detenevano oltre il 90% dell’esposizione derivata all’oro degli Stati Uniti

• I Paesi BRICS ora danno priorità all’oro rispetto ai titoli del Tesoro per le riserve commerciali

Nel complesso questi cambiamenti segnalano una rivalutazione dell'oro nei bilanci sia privati ​​che sovrani.

VI. Una nuova strategia statunitense: diplomazia commerciale basata sull'oro. Gli Stati Uniti possono ora perseguire un carry trade sull'oro:

• Vendita a termine di oro a banche di fiducia

• Utilizzo dei proventi per acquistare valute estere o debito dei mercati emergenti

• Sostegno alle valute alleate, riduzione della forza del dollaro

• Stimoli monetari evitando una cattiva gestione dell’inflazione

Questo quadro consente l'integrazione delle politiche commerciali e monetarie. Nell'ambito dei negoziati commerciali bilaterali, gli Stati Uniti possono offrire la stabilizzazione delle valute dei mercati emergenti, riducendo la resistenza alla riforma tariffaria e rafforzando i legami politici.

VII. Conclusione. L'oro sta tornando al centro della scena come strumento versatile per la politica finanziaria del XXI secolo. Adottando meccanismi di carry trade sperimentati dalle bullion bank e replicati da stati avversari, gli Stati Uniti hanno l'opportunità di allineare la gestione del debito, la strategia monetaria e la diplomazia commerciale. La convergenza tra cambiamenti normativi, rimpatrio dell'oro e frammentazione geopolitica rende questo momento particolarmente propizio per la reintegrazione strategica dell'oro.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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L'uscita di scena di Klaus Schwab annuncia un nuovo ordine mondiale (spontaneo)

Mar, 15/07/2025 - 10:11

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Paul Mueller

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/luscita-di-scena-di-klaus-schwab)

Il pensionamento di Klaus Schwab e la sua successiva caduta in disgrazia simboleggiano i cambiamenti tettonici in atto nell'attuale ordine mondiale. L'obiettivo di tutta la vita di Schwab è stato costruire un ordine mondiale globalista governato dalle élite internazionali e dalle Nazioni Unite. Ha fondato e diretto il World Economic Forum (WEF) per decenni e ha promosso questa visione di governance globale per il bene dei popoli del mondo.

Schwab e i suoi compatrioti nutrivano grandi ambizioni: rimodellare l'ordine globale con un “Grande Reset”. La conferenza annuale del WEF a Davos è stata probabilmente l'incontro tra élite globali più prestigioso degli anni 2010. Da questo incontro sono scaturite decisioni politiche, priorità globali, cooperazione internazionale e numerose iniziative. L'incontro di Davos ha promosso i criteri ambientali, sociali e di governance (ESG) in tutto il mondo, nell'ambito della visione di Schwab di promuovere il “capitalismo degli stakeholder”.

Durante la pandemia, il mondo ha visto per quello che era l'impulso totalitario dietro l'agenda globalista di Schwab. La reazione pubblica post-COVID è stata dura. Nel 2022 la conferenza di Davos ha iniziato a perdere slancio; nel 2023 e nel 2024 hanno iniziato a mostrarsi le prime crepe; nel 2025 era diventata in gran parte una barzelletta. Le persone in tutto il mondo hanno respinto il loro elitarismo globale verticistico.

Schwab ha visto il suo sogno di un capitalismo degli stakeholder quasi realizzato... quasi, perché poi l'ha visto crollare. Ma con lui fuori dai giochi e l'ordine globale da lui sostenuto in rovina, cosa succederà adesso? Il successo di Trump, emblematico di molti movimenti populisti di destra in tutto il mondo, è stato in parte guidato da rinnovate preoccupazioni per la sicurezza e l'innovazione.

Le élite globali sono praticamente addormentate al volante, o peggio, complici della stagnazione dell'Europa e dell'aggressiva espansione della Cina. Di fatto il movimento ESG, e più in generale il movimento ambientalista, hanno intrappolato i Paesi occidentali in costose formalità burocratiche, lasciando in gran parte indenne la Cina. La linea di politica “la propria nazione al primo posto” dà priorità allo sviluppo economico interno e alla rapida innovazione, ed entrambe queste cose migliorano la posizione strategica di un Paese a livello internazionale, aumentando al contempo gli standard di vita dei cittadini.

Molti nazionalisti populisti non vogliono alcun “ordine” internazionale, ma il principio “la propria nazione al primo posto” può davvero funzionare senza riferimento al resto del mondo? I populisti a volte sminuiscono il cosiddetto “ordine internazionale basato sulle regole” degli anni '90, definendolo una copertura per le élite affinché manipolino tutti gli altri. Questa caratterizzazione, sebbene in gran parte ingiusta, ha portato a richieste di “disaccoppiamento” dagli altri Paesi a favore di agende nazionaliste.

La strategia “prima la propria nazione” può essere valida, ma deve comprendere le regole del gioco. In politica estera un approccio più moderato e isolazionista può essere la scelta migliore, soprattutto quando si tratta di interessi nazionali a somma zero; ciononostante presumere che tutte le relazioni e le interazioni internazionali debbano essere a somma zero è un grave errore.

La maggior parte delle nostre interazioni con le persone, sia nel nostro Paese che a livello internazionale, si svolge nel contesto di uno scambio reciprocamente vantaggioso. Entrambe le parti traggono beneficio dalla possibilità di stipulare accordi volontari e commerciare tra loro. Ciò crea un ordine spontaneo e complesso, sia all'interno dei Paesi che tra i Paesi stessi. Mentre un rinnovato interesse per l'identità nazionale e per la prosperità rappresenta un gradito antidoto al cosmopolitismo omogeneizzante del dominio delle élite mondiali, dovremmo riflettere su come potrebbe presentarsi il panorama internazionale.

Un ordine globale può essere sia spontaneo che organico. Può essere al servizio degli individui attraverso accordi e associazioni volontari. Sebbene questo tipo di ordine non richieda pianificazione o direzione da parte dello stato, richiede ai governi di esercitare moderazione e limitare il loro interventismo. Burocrazia, tasse elevate, sussidi e ogni sorta di obblighi legali possono impedire la formazione di un sano ordine spontaneo.

Un importante esempio negativo di mancanza di moderazione è la gravosa regolamentazione delle catene di approvvigionamento e delle normative ambientali dell'Unione Europea. Queste norme distorcono, e in alcuni casi distruggono, l'ordine spontaneo. Sostituiscono processi decisionali e piani decentralizzati con i piani coercitivi delle élite globali; il risultato ha spaziato dalla stagnazione economica alle proteste, fino a una produzione energetica costosa e inaffidabile.

Nazionalisti e populisti dovrebbero impegnarsi a fondo per smantellare questi strumenti di controllo legali e normativi. E lo stanno facendo, ma non dovrebbero creare nuove barriere all'ordine spontaneo.

Quest'ultimo emerge dal basso verso l'alto, non dall'alto verso il basso. Si sviluppa attraverso lo scambio e l'associazione volontari piuttosto che attraverso la coercizione. Non è soggetto ai capricci, agli interessi, o all'ideologia di poche persone influenti come Klaus Schwab. L'azione volontaria dal basso verso l'alto significa che un ordine spontaneo sarà decentralizzato, adattabile, creativo e innovativo.

Creare questo ordine richiede regole chiare che si applichino equamente a tutti i livelli. Queste regole dovrebbero essere relativamente semplici e stabili. Non abbiamo bisogno di orde di burocrati o autorità di regolamentazione per “gestire” questo nuovo ordine mondiale. L'associazione volontaria significa anche libertà. L'ordine spontaneo che emergerà dal coordinamento decentralizzato sarà un sistema aperto, piuttosto che chiuso, in cui i nuovi entranti saranno i benvenuti.

In un ordine spontaneo, gli operatori storici hanno una capacità limitata di proteggersi dai nuovi concorrenti. I nuovi entranti, più piccoli e agili, imporranno ai player consolidati innovazione e miglioramento continui. Anziché avere fossati legali e normativi a protezione di gruppi di interesse consolidati, in un ordine spontaneo ognuno può perseguire le proprie iniziative nell'arena internazionale. Questa competizione libera e aperta libererà molta più creatività, innovazione e soluzioni organiche di quanto la precedente élite globale, Klaus Schwab e il WEF avrebbero mai potuto immaginare. 


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Il blackout spagnolo dimostra perché il sogno verde è insostenibile

Lun, 14/07/2025 - 10:15

I governi nazionali europei si sono impegnati a chiudere le centrali nucleari, rendendole insostenibili con una tassazione predatoria; a penalizzare gli investimenti nella distribuzione con normative assurde; a imporre un mix energetico volatile e intermittente; a gravare il settore energetico con tasse elevate e ritardi amministrativi. Cosa poteva andare storto? Tutto. E così è stato. Le energie rinnovabili, pur essendo essenziali in un mix energetico equilibrato, non possono garantire sicurezza e stabilità a causa della loro volatilità e della loro natura intermittente. Ecco perché è essenziale disporre di un sistema bilanciato con energia di base in funzione ininterrottamente, come l'energia idroelettrica, nucleare e il gas naturale come riserva. Distruggere l'accesso all'energia nucleare con chiusure inutili e una tassazione predatoria è stata una delle cause principali del blackout spagnolo ad aprile di quest'anno. Spagna e Portogallo producono elettricità con oltre il 60% di energia solare ed eolica. Le centrali idroelettriche, nucleari e a gas a ciclo combinato devono coprire le carenze. Non è possibile avere un sistema stabile e sicuro con un'alimentazione continua se la rete elettrica non è bilanciata per evitare blackout totali. Secondo Euronews, la Francia a volte produce troppa elettricità, costringendo il gestore di rete RTE a disconnettere i siti solari ed eolici. Il consumatore paga le tasse per coprire le perdite del gestore. Questa procedura impedisce un blackout generale della rete, ma rappresenta una doppia spesa che non esisterebbe se l'Europa non avesse un pregiudizio nei confronti del mining di Bitcoin. Un sistema privo di inerzia fisica, fornito da fonti energetiche di base in costante funzionamento – nucleare e idroelettrico – rende impossibile stabilizzare la rete in caso di interruzioni dell'approvvigionamento. Quando si è verificato il blackout la rete elettrica spagnola era composta per quasi l'80% da fonti rinnovabili, per l'11% da fonti nucleari e solo per il 3% da gas naturale. Non c'era praticamente alcuna generazione di base, o inerzia fisica, in grado di assorbire lo shock. I blackout, che avrebbero dovuto essere qualcosa di obsoleto e dimenticato, sono diventati la norma da quando i politici hanno ideologizzato l'energia. Altri Paesi hanno sofferto di problemi simili: Australia (2016), Germania (2017) e Regno Unito (2019) hanno subito blackout a causa di riserve energetiche o di misure di stabilità della rete insufficienti. E per quanto riguarda quest'ultima, in particolar modo, le cose non sono cambiate da allora e ciò metterà ulteriore pressione nel futuro prossimo sulla rete energetica francese. Tuttavia, nessuno di questi incidenti è stato così drammatico o scandaloso come quello in Spagna. Ciò che è accaduto in Spagna è un sintomo, non un incidente. I governi spagnoli hanno deciso che la chiusura di tutte le centrali nucleari sarà effettiva nel 2035. Nonostante tutti i tecnici ci ricordino che funzionano perfettamente e che la loro durata potrebbe essere prolungata di almeno dieci anni, questa azione aumenterà la dipendenza dalle energie rinnovabili e dal gas naturale russo. In altre parole, la politica miope della Spagna renderà il Paese ancora più dipendente da Cina e Russia per l'energia, costringendolo a continui blackout e tagli alle forniture per l'industria. La propaganda ci ha fatto credere che le energie rinnovabili avrebbero portato competitività e stabilità alla rete, ma la realtà dimostra che un'eccessiva dipendenza dalle fonti rinnovabili e una carenza di fonti energetiche di base indicano che la rete elettrica dipenderà sempre più dalle poche centrali nucleari e a gas naturale rimaste per mantenere la stabilità dell'approvvigionamento.

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di Joakim Book

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-blackout-spagnolo-dimostra-perche)

Quando la rete elettrica spagnola è crollata in un normale lunedì di fine aprile, sono morti con essa anche i sogni di energia rinnovabile e il team per la transizione verde.

Ryan McMaken si è affrettato a sottolineare che, secondo convinzioni politiche simili a quelle del Green Deal europeo, convenienza e affidabilità non sono virtù importanti della rete elettrica europea. Quando si mettono tutte le proprie risorse in un unico posto, una tale strategia è destinata a fallire... a maggior ragione, poi, se si tratta di rete elettrica.

Mentre le autorità spagnole hanno negato che le energie rinnovabili siano state la causa della perdita di frequenza che ha causato l'interruzione dell'elettricità per circa 60 milioni di persone in Spagna e Portogallo, diversi commentatori ed esperti si sono schierati pubblicamente e hanno confessato che la causa era l'eccessiva dipendenza dall'energia solare al momento del blackout.

La manipolazione da parte dei media generalisti, sempre più irrilevanti, è stata per lo più triste da guardare. Ironia della sorte l'autore dell'articolo di propaganda sulla Reuters ha cercato di allontanare la colpa dalle divinità verdi affermando che non erano loro da criticare bensì le “energie rinnovabili nella rete moderna”. Oh, ok.

Torniamo indietro. Avete sentito parlare di ESG (criteri ambientali, sociali e di governance) di recente? Neanch'io. Nel giro di pochi anni c'è stata una notevole inversione di tendenza nell'uso aziendale del termine “ESG”. Da concetto onnicomprensivo, pronunciato da ogni amministratore delegato e imposto a ogni dipendente da ogni ufficio risorse umane di ogni azienda sufficientemente grande, è semplicemente svanito.

Da un giorno all'altro, a nessuno importava più. Un recente sondaggio ha suggerito che solo il 7% di coloro che un paio d'anni fa erano stati assunti per lavorare sui criteri ESG a livello di aziende lo sono ancora oggi. Puff, spariti.

E tutto è avvenuto in silenzio. Matt Levine, famoso per “Money Stuff” su Bloomberg, ha ripetutamente ipotizzato che i criteri ESG – come tante altre cose – fossero un fenomeno legato ai tassi d'interesse bassi. Non appena tassi e inflazione hanno iniziato a farsi sentire, le persone hanno rapidamente abbandonato gli sforzi virtuosi per la giustizia ambientale e sociale.

Ecco una previsione alla luce del disastro spagnolo: la cosiddetta “onda verde” – o la minacciosa transizione energetica – che spinge pannelli solari su ogni tetto e ricopre il paesaggio di turbine eoliche, subirà un destino simile.

Perché? Oltre a rovinare le reti e a comparire nel dibattito politico e sociale, non sta facendo molto altro. La “transizione” verde non ha ottenuto praticamente nulla nei circa 30 anni in cui ha dominato le menti di intellettuali e politici. Non ci credete? Guardate un grafico del consumo globale di energia primaria per fonte e constatate voi stessi.

Nel 1991, l'anno in cui sono nato – per prendere un anno a caso dagli anni '90, quando il movimento per il cambiamento climatico si è davvero scatenato – il 77,5% del consumo energetico proveniva da petrolio, gas e carbone. Nel 2023, dopo migliaia di miliardi spesi per elettrificare le reti, costruire impianti solari e sovvenzionare questa o quella iniziativa ecologica, dopo folli sforzi sociali e politici per volare meno, mangiare in modo sostenibile e riciclare la plastica e così via, quella stessa percentuale si attesta al 76,55%. Tre decenni di energie, denaro e propaganda e l'ago della bilancia non si è minimamente spostato.

A quanto pare, le persone vogliono la loro energia, le loro auto, le loro cose, i loro viaggi e, in definitiva, sopravvivere. Qualsiasi cosa si faccia dall'alto per ostacolare tutto questo non ha altro che effetti marginali.

Ciò che è stato fatto è stato destabilizzare molte reti elettriche in tutto il mondo. Il solare e l'eolico hanno sostituito parte della biomassa e parte del nucleare con percentuali a una sola cifra, e le reti stanno già andando in pezzi – ad esempio, in Spagna. E non è che (“noi”) non lo sapessimo. Sepolte nei rapporti di ricerca e nei documenti informativi della Federal Energy Regulatory Commission all'Oxford Institute for Energy Studies, le conclusioni sono chiare: più inaffidabili, meno inerzia, più rischio di crolli di frequenza che innescano un blocco totale.

I grandi cambiamenti, storicamente parlando, che hanno portato alla sostituzione del biocarburante con il carbone e poi con il gas naturale erano già stati in gran parte completati alla fine degli anni '70. La lezione che possiamo trarre dalla storia dell'umanità e dal suo rapporto con il mondo naturale è che l'obiettivo è ottenere di più e meglio (più economico, più veloce, più sicuro, più stabile); non peggio, più costoso o meno affidabile. “Ogni transizione energetica che abbiamo avuto”, ho scritto l'anno scorso, “è stata additiva”. Come civiltà non “sostituiamo”, o “eliminiamo gradualmente”, le fonti energetiche; le facciamo evolvere con fonti migliori. E, come dimostra il disastro elettrico spagnolo, fonti inaffidabili come l'eolico e il solare non sono migliori.

Così come i criteri ESG stanno scomparendo silenziosamente dall'attenzione di quasi tutti, si spera che l'ossessione per tutto ciò che è green scomparirà da un momento all'altro.

La legge della politica climatica, alla quale Roger Pielke Jr. ha prestato il suo nome, afferma che “ogni volta che obiettivi ambientali ed economici vengono contrapposti, l'economia vince sempre”.

Questa è la lezione degli ultimi trent'anni di politiche e propaganda green, così come del più recente fenomeno ESG. Quando i fattori finanziari ed economici incidono, i sogni (in realtà gli incubi) di “crisi” climatiche e le relative urgenti proposte politiche svaniscono. Ora che la maggior parte delle reti elettriche occidentali è stata saturata da energia eolica e solare, con prezzi alle stelle e blackout sempre più frequenti, i sogni green sono destinati a finire.

Col tempo, l'intera portata della “transizione verde” diventerà oggetto di curiosità storica, di interesse esclusivo per sociologi e storici della politica. Che gran bella liberazione!


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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La radice di tutte le tensioni in Medio Oriente: gli inglesi

Ven, 11/07/2025 - 10:03

 


di Francesco Simoncelli

(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-radice-di-tutte-le-tensioni-in)

Mettiamo un po' di cose in prospettiva per non perdere la bussola. L'amministrazione Trump sta cercando di rimuovere incrostazioni burocratiche negli Stati Uniti che vanno indietro di centinaia di anni. Più del Congresso, il suo compito è quello di convincere l'elettorato (come sta facendo Alberta in Canada affinché non vengano etichettati “separatisti”, o peggio dalla stampa). Portarlo dalla sua, che abbia fiducia è cruciale affinché non si debba improvvisare. La maggior parte delle affermazioni fatte sulla stampa sono fuorvianti, perché fino a ora i nemici lungo la strada non hanno fatto che moltiplicarsi... tutti quelli che nel precedente sistema dell'eurodollaro avevano privilegi. La stampa è uno di questi nemici e Trump piuttosto che dire apertamente le sue reali intenzioni deve sparare tutta una serie di bizzarrie prima di arrivare davvero al punto. Questo, a sua volta, significa dover accettare un certo livello di ambiguità e incertezza in questo momento storico di transizione. Transizione degli Stati Uniti da cosa? Dal sistema di “libero scambio” inglese al sistema americano di politica economica. La ricostruzione della credibilità passa anche da qui.

E questo ci porta altresì al motivo per cui ci sono tanti venti contrari contro la Big Beautiful Bill e perché ci sono tante menzogne a riguardo. Nell'alveo della Reconciliation Bill solo le spese non discrezionali possono essere toccate. Si può discutere del lato entrate e tasse, ma i tagli del DOGE alla spesa non possono essere approvati subito perché gran parte di essi riguardano la spesa discrezionale e vengono approvati nella Rescission Bill. La legge, quindi, è stata tenuta ostaggio dal Senato dai “soliti noti” affinché gli aiuti all'Ucraina, e quindi i dollari all'estero, continuassero a scorrere. Rand Paul e Massie, opponendosi, dato che non hanno mai affrontato una Reconciliation Bill, hanno fatto il gioco di neocon come Murkowski, Collins, Graham, ecc. (senza contare che molti senatori affrontano le elezioni l'anno prossimo, quindi è “comprensibile” un'opposizione da falchi sul lato fiscale dell'equazione). La cricca di Davos, quindi, non sta facendo altro che mettere pressione sui suoi infiltrati al Congresso affinché rallentino questo processo e si possa vendere la narrativa “l'amministrazione Trump non sta facendo niente” oppure “la legge aumenta il deficit”. Davvero? Ci siamo scordati della USAID? Senza contare che le proiezioni del CBO considerano erroneamente i tagli delle tasse come un aumento automatico delle spese.

Non solo, ma il momento era diventato più impellente perché a fine giugno terminavano gli ultimi aiuti all'Ucraina approvati dall'amministrazione Biden. Non solo, ma questa settimana scattano i dazi contro l'UE. Una crisi, quindi, di qualunque natura è necessaria per spostare questi eventi ancora più avanti nel tempo e farli coincidere inoltre con il rollover del debito ($7.000 miliardi) previsto per questa estate. Occasione che non mancherà di essere sfruttata dalla stampa e dagli utili idioti al seguito per far passare l'idea, erronea, che nessuno voglia i titoli di stato americani (ignorando comodamente il gioco portato avanti dalla cricca di Davos di vendere il back-end della curva dei rendimenti e comprare il front-end in modo da dare l'idea di un'inversione della stessa).

Infatti il front-end della curva dei rendimenti americana continua a mostrare un'inversione sempre più pronunciata, questo significa che i possessori esteri stanno vendendo per tenere liquidi i loro mercati e saldare i debiti denominati in dollari. Secondo gli ultimi dati TIC il Canada è stato il venditore più accanito di recente, questo soprattutto grazie al carry trade che è stato impostato da Carney tra la curva dei rendimenti canadese e quella americana tramite l'emissione a marzo di una tranche di bond denominati in dollari americani. Ecco perché Powell, tra l'altro, s'è ostinato a tenere alti i tassi e a tenere il DXY in una banda di prezzo definita facendo in modo che non cadesse al di sotto dei 90 punti: ha semplificato la vita agli esportatori, ha continuato a contrarre l'offerta di dollari ombra e, al contempo, ha reso la vita difficile a chi voleva ancora sfruttare il mercato dell'eurodollaro.

Tra gli altri venditori importanti è risultato Hong Kong che di recente ha visto una severa svalutazione del dollaro honkonghense rispetto a quello americano perdendo il “peg”. Due delle valute più importanti al mondo per il loro “peg” col dollaro americano sono il dollaro di Hong Kong e il riyal saudita. Quest'ultimo non sta mostrando nessun segno di stress, invece. Anche Singapore s'è mostrato un venditore di titoli di stato ad aprile e questo mi fa pensare che c'è canalizzazione di biglietti verdi, da queste “succursali”, laddove servono di più: a Londra. Se mettiamo le due cose insieme, ovvero fame di dollari a livello internazionale e i guai emergenti a Hong Kong, la scena potrebbe essere pronta per una nuova crisi sovrana con epicentro la città cinese e riverberarsi subito a Londra e Bruxelles. Per quanto anche gli USA possano essere travolti da una crisi del genere, la loro condizione economica è nettamente superiore rispetto a quella del resto del mondo. Infatti la maggior parte della salita dell'indice S&P500 è stata dovuta alle Mag 7 negli ultimi dieci anni o giù di lì. Una rotazione della liquidità da queste, e quindi una correzione degli indici azionari principali, all'economia generale significherebbe un buon periodo di consolidamento. Nel frattempo la fuga di capitali dall'Europa attenuerebbe la correzione delle azioni americane facendole tornare, meno traumaticamente, a una media storica sostenibile. Nel secondo trimestre l'Eurostoxx è già inferiore in quanto a performance rispetto al Dow Jones. Una crisi del debito sovrano seguirà a ruota, così come una monetaria. Ricordate, se l'euro e la sterlina sono riuscite a rimbalzare dal fosso in cui stavano finendo è perché hanno venduto (e continuano a vendere) asset denominati in dollari e dollari per ripagare i propri debiti in una valuta la cui offerta è in contrazione.

Per quanto Trump possa voler un dollaro relativamente “basso”, il DXY non può scendere oltre una certa soglia altrimenti ciò significherebbe importare inflazione in eccesso. Questo significa che il DXY tornerà a salire, rimanendo nel range dei 100-105. Più in alto significa che il mondo sta implodendo. Infatti i livelli attuali nei mercati dei cambi da parte di sterlina ed euro sono artificialmente gonfiati, considerando come Ripple sia destinato a disintermediare Londra dal Forex e dallo Swift (Bitcoin è un'altra cosa invece, più collaterale e asset al portatore digitale che fornitore di liquidità).

Nel momento in cui il dollaro risalirà, seguito dal Dow Jones e dal back-end dei titoli di stato americani, insieme a una moderazione dell'inflazione, una crescita solida in generale e una riorganizzazione industriale degli USA, quello sarà anche il momento in cui la FED taglierà i tassi. Molto probabilmente già da questo mese e altre 3 volte durante gli ultimi 6 mesi di quest'anno. L'eccezione a questo percorso è un prezzo del petrolio sui $90 al barile, dato che un'inflazione spinta dalle materie prime più virulenta impedirà a Powell di tagliare i tassi. Se invece ci sarà moderazione nelle vicende geopolitiche, l'oro lateralizzerà e il dollaro salirà insieme al mercato azionario e quello obbligazionario americano, allora avrà le giustificazioni politiche per tagliare i tassi (al di là delle richieste di Trump). 

Il duplice mandato della FED, adesso, al di là dell'Humprey-Hawkins Act, è quello di stabilizzare i prezzi interni dopo la più grande botta d'inflazione mai vista dagli USA sulla scia del Build Back Better di Biden; l'altro punto è prosciugare l'offerta di dollari ombra all'estero. Il lavoro di Powell, da questo punto di vista, è stato tanto arduo quanto egregio... e continuerà a esserlo fintato che riduce il bilancio della FED, toglie il conservatorship da Fannie/Freddie e stabilizza i prezzi immobiliari e ci si sbarazza del SLR permettendo alle banche americane di usare il loro bilancio per rendere più efficiente il mercato dei mutui coprendolo coi titoli di stato statunitensi. I prezzi del 2010 non torneranno, troppe distorsioni monetarie sono accadute sin da allora; l'unica cosa che si può fare è stabilizzare l'economia. E un ulteriore modo di farlo è il processo di snellimento fiscale e taglio delle tasse.

Parecchi fronti sono aperti adesso ma quello fiscale è decisamente più importante. Più verrà ritardata la sua risoluzione, per qualunque motivo, più la cricca di Davos avrà leva nel sabotare gli USA. Non scordatevi le recenti parole di Dimon.

Poi c'è la politica estera. Infatti ho aperto questo pezzo parlando della Big Beautiful Bill perché parte tutto da essa. Inutile dire che nella maggioranza erpubblicana al Congresso ci sono franchi tiratori, come hanno dimostrato ad esempio Pompeo e Graham volati a Kiev per mandare un messaggio; oppure Massie e Paul che avrebbero voluto spacchettare la legge e farla approvare a pezzi... ma questo avrebbe significato una maggioranza di 60, non di 51, al Senato. Quindi piuttosto che continuare ad attenzionare un luogo su cui Trump ha, molto probabilmente, un dialogo con Putin, meglio dirottare il focus altrove e, in questo modo, accontentare i falchi neocon. I fronti aperti sono tanti e il tempo passa, e questa è una situazione che va a vantaggio della cricca di Davos.

Il Medio Oriente è uno di questi fronti, visto che il governo di Israele è facile da agitare. Anche qui, gli inglesi c'hanno messo lo zampino visto che “consigliano” entrambe le fazioni (Hamas in Qatar) e il loro gioco, come hanno sempre fatto, è tradire una di esse per creare una faida. Ed è quello che ha fatto l'MI6 il famoso 7 ottobre scatenando il vespaio a Gaza che vediamo ancora oggi. Gli Stati Uniti, con Trump, hanno lavorato per gettare le basi di una pacificazione nell'area, ecco perché gli arabi in Oman, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Siria, Turchia, Kuwait sono rimasti, all'atto pratico, in silenzio quando l'aviazione americana ha effettuato la sua operazione in Iran. Così come sono rimasti in silenzio Russia e Cina.

Francia e Inghilterra vedono cosa accade e gonfiano l'isterismo di Israele, perché vogliono continuare ad avere influenza nella regione e fare in modo che continui a essere instabile: va a loro vantaggio e tiene impantanati gli USA, con potenziale di intervento diretto e quindi spesa di dollari all'estero. Inutile dire che francesi e inglesi cercheranno altresì di approfittare della confusione nel governo iraniano per insinuarsi. È un gioco pericoloso e più si andrà avanti diventerà ancor più pericoloso, visto che c'è la sopravvivenza della cricca di Davos in gioco. L'azzardo americano è stato quello di lasciar scatenare Israele il giorno dopo la scadenza dei 60 giorni per un accordo sul nucleare: in questo modo si manda un messaggio che le deadline devono essere rispettate (power politics) e il mancato rispetto porta conseguenze per la parte attenzionata... che sono progressivamente più severe in proporzione alla sua reticenza a trattare (si veda la pronta capitolazione dell'UE sui dazi al 10%).

Come si inserisce in questo contesto l'attacco americano sul suolo iraniano? Ha spostato l'attenzione in Medio Oriente dalla Russia e accontentato i neocon (tutti in festa) affinché votassero per la Big Beautiful Bill; ha indispettito l'Iran al punto da voler chiudere lo Stretto di Hormuz (cosa che farà male solo all'UE in termini energetici); è stato un indispettimento mirato visto che gli USA hanno avvertito l'Iran per tempo prima di attaccare (e chissà se prima della deadline una bozza d'accordo sottobanco non sia stata raggiunta); ha accontentato Israele nella sua richiesta di intervento americano; quest'ultima è stata una soddisfazione, però, che ha fatto continuare lo scontro tra Iran e Israele, i due agitatori più pronunciati in quella zona. Con il ridimensionamento dell'Iran andranno a morire tutti quei gruppi terroristici che hanno messo a ferro e fuoco il Medio Oriente (Houthi, Hezbollah, Hamas); con il ridimensionamento di Israele potrebbe cadere l'attuale governo in carica di cui l'amministrazione Trump non si fida.

Il “vero” tradimento del MAGA sarebbe stato se il 30 giugno, alla scadenza degli aiuti in Ucraina, essi fossero stati rinnovati; il tradimento assoluto del MAGA sarebbe se venisse salvata la City di Londra. Fino ad allora si tratta solo di muovere la prossima tessera sul tavolo del GO.

Circa due settimane fa parlavo di come in Iran ci fossero fazioni così come in tutti gli altri Paesi del mondo. La fonte di destabilizzazione nell'aerea è sempre stata la sua possibilità di avere armi nucleari, cosa che ha dato a Israele la motivazione per essere costantemente agitato e opporsi a questa eventualità. Non è necessario che fosse reale adesso o in passato, il solo fatto che pendesse questa spada di Damocle nella regione era sufficiente per creare tensioni. E Israele aveva tutte le ragioni per opporsi; la power politics funziona così, bisogna farsene una ragione.

Torniamo un attimo indietro nel tempo. L'accordo JCPOA stretto da Obama con l'Iran serviva a far arrivare gas e petrolio in Europa a prezzi più convenienti. Di contro l'Iran ci guadagnava la possibilità di accedere a fonti di uranio per scopi civili. Gli USA non ci guadagnavano niente e servivano solo da garanti dell'accordo. Anzi, ci avrebbero rimesso solamente in caso di guai, ma sappiamo che l'amministrazione Obama non lavorava nell'interesse della nazione. C'è da aggiungere, anche, che gli inglesi sono i responsabili dietro le quinte per le tensioni nella regione dato che il loro obiettivo, oltre che controllare indirettamente l'Iran tramite un governo fantoccio, è quello di impedire alla Russia di collegarsi con l'Oceano indiano bypassando così il Mar Nero. Iran e Russia sono due vecchi pallini inglesi. Questi ultimi si sono garantiti che una ferrovia da San Pietroburgo fino a Chabahar non venisse mai costruita (così come si sono assicurati che non fosse costruita dall'Alaska alla Russia). Anche il fermento in Georgia si inserisce in questo contesto.

Comunque, sin dall'accordo Sykes-Picot e dalla Dichiarazione di Balfour (anche perché la Prima guerra mondiale è stata scatenata per smantellare definitivamente l'impero ottomano), gli inglesi hanno continuato a manovrare nell'ombra in Medio Oriente per estendere e conservare la loro impronta colonialista. Questo significa tramite Israele e anche attraverso il proxy Stati Uniti. Quando questi ultimi, però, hanno iniziato a emanciparsi dall'influenza della City di Londra, principalmente con l'abbandono del LIBOR, ciò ha sparigliato le carte anche a livello geopolitico. Il caos è stata una conseguenza, soprattutto a livello bellico col moltiplicarsi dei conflitti a livello mondiale sulla scia di un riassestamento delle alleanze a immagine e somiglianza di suddetta indipendenza americana. Uno di questi conflitti è stato ovviamente quello tra Israele e Palestina, dove entrambi i popoli sono stati traditi dagli inglesi per accendere la miccia e far continuare poi ad ardere il fuoco della guerra. Ecco perché è saltata fuori adesso la storia che Israele ha finanziato per anni Hamas. Ecco perché, da due anni a questa parte, è diventato legittimo criticare aspramente gli israeliani. Il 7 ottobre è stata un'operazione palesemente portata avanti dai servizi segreti inglesi dell'MI6, i quali hanno ha usato il proxy di Hamas in Qatar per attivare la falange in Palestina e quindi “tradire” Israele.

Ecco perché Netanyahu è stato messo da parte durante i negoziati di Trump in Medio Oriente con gli altri stati arabi ed è stato pronto ad attaccare l'Iran senza esitazione per conto degli USA. Questi ultimi avevano bisogno di una dimostrazione di forza per pacificare l'Iran, mandare un segnale agli altri player mondiali che l'amministrazione Trump fa sul serio quando imposta delle deadline (messaggio rivolto a Bruxelles e Ottawa) e accontentare i neocon al Senato affinché togliessero il “veto” alla Big Beautiful Bill. In questo contesto Netanyahu rimane uno strumento di persuasione, come ha potuto constatare lui stesso avendo dovuto combattere da solo contro l'Iran. Ritengo che il suo ascendente sul resto del mondo fosse dovuto all'affiliazione con gli inglesi, ma adesso quei tempi sono andati e, ciononostante, rimane comunque inaffidabile visto che s'è fatto terra bruciata intornio a lui a livello politico. Altresì, per quanto l'AIPAC abbia finanziato la campagna di Trump, non ha la stessa influenza che aveva durante il suo primo mandato.

E questo ci porta al momento attuale, dove le fazioni all'interno dell'Iran si stanno dando battaglia per determinare chi emergerà come classe dirigente. Sono dell'idea che gli inglesi non si lasceranno scappare l'opportunità creata dagli USA per intrufolarsi finalmente nel Paese, come leggiamo dalla seguente notizia. È un modus operandi già conosciuto ai lettori del mio blog. Credo altresì che l'amministrazione Trump abbia staccato il proprio accordo una delle fazioni in Iran affinché emerga come vincitrice in quella che adesso è una guerra civile sotterranea nel Paese mediorientale. Ecco perché ha dichiarato la scorsa settimana che “otterremo ciò che vogliamo in Iran”. Questa partita ancora non è finita e gli inglesi, per quanto ridimensionati a ogni livello (sociale, finanziario, geopolitico), non sono sconfitti. La loro rete d'influenza va indietro di centinaia di anni e non sarà affatto facile incrinarla. Sta di fatto, però, che Russia e Cina sono rimasti a bordo campo, e questo mi fa pensare che sottobanco Putin e Xi siano d'accordo con la riorganizzazione della regione mediorientale portata avanti da Trump. Così come gli altri stati arabi che hanno stretto accordi commerciali con l'amministrazione Trump.

È un gioco ricco di azzardi e qualunque cosa potrebbe andare storta da adesso in poi. Ad esempio, tra Israele e Iran c'è la Siria ed essa è un punto di pressione nell'area. Inutile dire che gli inglesi sono molto presenti anche lì, attraverso di essa sarebbe relativamente facile far deragliare la pace di Trump. In aggiunta a ciò ci sono anche i Balcani, dove ci sono i serbi che sono cristiani ortodossi, i croati che sono cattolici e i musulmani. Di conseguenza è relativamente facile che “qualcosa vada storto” da quelle parti, ma non perché quelle persone si odino a vicenda bensì attraverso il solito modo di fomentare attriti attraverso eventi terroristici che attizzano un odio artificiale tra i vari gruppi religosi/etnici. Ho già descritto il meccanismo in un altro pezzo e ciò avviene tramite ONG, lavoratori dell'ONU, organizzazioni filantropiche, media generalisti, organizzazioni di relazioni pubbliche, ecc. Poi uno si ricorda dei legami rafforzati a livello di intelligence tra Bosnia e Inghilterra e il quadro diventa più chiaro. A tutti questi punti di pressione dobbiamo aggiungere anche l'area del Baltico, dove anche qui gli inglesi stanno avendo influenza in particolar modo sull'Estonia. Insomma il minimo comun denominatore è che le aree menzionate sono state riempite di dinamite e il “divide et impera” per gli inglesi è una passeggiata nel parco; sono maestri nell'agitare, scuotere e destabilizzare.

Purtroppo non sarà un percorso in linea retta e sarà irto di ostacoli. Ma badate bene sempre a un fattore per capire chi vuole cosa: fate caso a coloro che parlano di accordi e coloro che invece vogliono alimentare il conflitto per il proprio tornaconto. 


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Oro & Bitcoin: il vincitore è...

Gio, 10/07/2025 - 10:15

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Nick Giambruno

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/oro-and-bitcoin-il-vincitore-e)

La competizione definitiva per diventare la moneta dominante al mondo avrà un solo vincitore.

Qualsiasi altra cosa equivarrebbe a un sistema di baratto inefficiente ed è per questo che le reti monetarie internazionali tendono a convergere su un unico elemento come moneta dominante.

In precedenza, la moneta dominante era l'oro; oggi sono il dollaro statunitense e i titoli del Tesoro americani. In futuro credo che saranno Bitcoin od oro.

Nel lungo termine miliardi di persone, attraverso migliaia di miliardi di transazioni – in altre parole, il libero mercato – decideranno in ultima analisi se vincerà l'oro o Bitcoin.

Sono assolutamente a favore della concorrenza del libero mercato nel settore monetario.

Io dico che vincerà la moneta migliore.

In un articolo recente ho analizzato i dieci attributi monetari più decisivi e ho verificato se l'oro o Bitcoin abbiano un vantaggio. La tabella seguente riassume i risultati.

Bitcoin vince in 6 delle 10 categorie, inclusa la durezza (resistenza alla svalutazione), che credo sarà il fattore più decisivo.

Sebbene l'oro abbia un vantaggio su Bitcoin in termini di durevolezza, tale vantaggio sarà rilevante solo nel caso di un inevitabile ritorno globale all'età della pietra. Un risultato talmente improbabile non è rilevante per le decisioni di investimento odierne.

L'oro ha anche un vantaggio fugace in termini di liquidità, fungibilità, privacy e riconoscimento. Tuttavia Bitcoin sta erodendo questi vantaggi ogni giorno.

Se le tendenze attuali continuano, credo che Bitcoin supererà l'oro in queste categorie negli anni a venire.

Riassumendo, i vantaggi dell'oro su Bitcoin sono irrilevanti o stanno scomparendo.

La conclusione inevitabile è che Bitcoin possiede caratteristiche fondamentali superiori che lo rendono uno strumento migliore per trasferire valore attraverso il tempo e lo spazio.

L'oro digitale è migliore dell'oro analogico.

In breve, è probabile che Bitcoin vinca la competizione finale e diventi la moneta dominante al mondo.

Permettetemi di spiegare come vedo la situazione...

Non sto dicendo che sia certo al 100% che Bitcoin demonetizzerà l'oro.

Quello che voglio dire è questo: nel lungo termine – misurato in anni, probabilmente decenni – ci sono buone probabilità che Bitcoin demonetizzi l'oro perché ha proprietà monetarie superiori.

Tuttavia la stragrande maggioranza dell'umanità non capisce che Bitcoin ha il potenziale per diventare la moneta dominante... ancora.

Ci troviamo di fronte a un'enorme asimmetria informativa.

Con Bitcoin, è come se avessi scoperto l'oro prima che la maggior parte del mondo capisse che esso era utile come moneta.

Pensateci...

Avreste la possibilità di anticipare i principali investitori, le grandi multinazionali e persino gli stati, entrando in questo trend prima di loro.

La potenziale ascesa di Bitcoin a moneta dominante – un megatrend che mi piace chiamare la supremazia di Bitcoin – è un'enorme opportunità irripetibile e la più grande storia di investimento che abbia mai visto.

Ci sono un paio di chiarimenti necessari a questa analisi.


Chiarimento n°1: cigni neri

Qualsiasi evento con effetti attualmente inconcepibili e impossibili da prevedere – l'avvento dell'informatica quantistica, l'estrazione da asteroidi, la nanotecnologia, ecc. – potrebbe far pendere la bilancia in una direzione o nell'altra.


Chiarimento n°2: tempistica

Non credo che Bitcoin rappresenti una minaccia immediata per l'oro.

Molto probabilmente l'oro verrà rimonetizzato con il crollo del sistema monetario fiat, per poi essere demonetizzato da Bitcoin negli anni e nei decenni successivi.

Sebbene Bitcoin abbia migliori caratteristiche monetarie rispetto all'oro, potrebbero volerci molti anni, potenzialmente decenni, prima che la maggior parte delle persone se ne renda conto.

Un fattore importante nella tempistica è la velocità con cui il sistema monetario fiat crollerà.

Se dovessi pronosticare quando ciò accadrà, direi intorno al 2030.

Se il sistema monetario fiat crollerà più velocemente del previsto, probabilmente ne trarrà beneficio l'oro. Esso ha una maggiore riconoscibilità e più persone graviteranno verso ciò con cui hanno familiarità. Bitcoin è una novità e incompreso.

Se il crollo del sistema monetario fiat dovesse protrarsi a lungo, Bitcoin potrebbe trarne beneficio. Questo perché, con il passare del tempo e la crescente notorietà di Bitcoin, le persone si sentiranno più a loro agio con esso come alternativa alla moneta fiat. Salteranno l'oro e passeranno direttamente dalla moneta fiat a Bitcoin.

In ogni caso credo che Bitcoin non inizierà a demonetizzare l'oro sul serio prima che il crollo del sistema monetario fiat sia completo. La mia ipotesi è che ciò potrebbe accadere intorno al 2030 e poi potrebbero passare molti anni, forse decenni, prima che Bitcoin demonetizzi completamente l'oro.

Detto questo, un Bitcoin standard potrebbe emergere spontaneamente più velocemente di quanto chiunque si aspetti. Questo rappresenta un rischio per l'oro e un'ottima ragione per esporsi a Bitcoin.


Chiarimento n°3: allocazione del portafoglio

Non credo abbia senso puntare tutto su Bitcoin... o su qualsiasi altra cosa.

Un'esposizione al 100% su qualsiasi asset non è una gestione prudente del rischio, perché nulla nella vita è certo al 100%. Con l'aumento esponenziale della tecnologia, nemmeno la morte è certa, ma questa è una storia per un altro giorno.

Quello che posso dire con la massima sicurezza è che, per la prima volta in oltre 5.000 anni, l'oro ha un concorrente serio che potrebbe demonetizzarlo nei prossimi decenni.

Come minimo considero l'oro una copertura se Bitcoin non emergesse come la valuta dominante a livello mondiale nel lungo termine.

Nell'immediato futuro l'oro rappresenta un'alternativa monetaria superiore alla valuta fiat. Credo che ne trarrà i principali benefici dal crollo dell'attuale sistema monetario fiat negli anni a venire.

A mio parere la cosa prudente da fare è allocare capitale in oro e Bitcoin e aggiornare tale allocazione con il passare del tempo e l'evolversi dei fatti.

Nel breve e medio termine credo che sia l'oro che il Bitcoin prospereranno con il crollo del sistema monetario fiat.

Al momento desidero essere esposto a entrambi e alle azioni di società che beneficiano dell'aumento dei prezzi dell'oro e di Bitcoin.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Lo zombi UE usa Trump come spauracchio per divorare i suoi cittadini

Mer, 09/07/2025 - 10:03

È davvero sconcertante come la stampa finanziaria (inglese) riesca a rimbambire talmente tanto le presunte voci “indipendenti” da farle ripetere a pappagallo determinate tesi senza che esse si fermino un attimo a riflettere. Uno di questi esempi è il rollover americano dei $7000 miliardi. Tutti preoccupati, tutti pronti a essere gli avvoltoi sul cadavere americano... Un noto aforisma di Twain recita che “le voci sulla mia morte sono state enormemente esagerate” ed è quanto di più calzante ci possa essere in questo contesto. Infatti esiste già un cadavere e puzza da fare schifo. Anzi due: Banca d'Inghilterra e BCE. Qui c'è da ricordare che l'Ucraina ha mancato un importante pagamento dei propri debiti e che gli asset emessi a supporto di essi circolano nel mercato dei finanziamenti rapidi europeo, il cui collaterale accettato vedrà un significativo allentamento in termini di normative riguardanti la cartolarizzazione. Entrambe suddette istituzioni stanno liquidando i rispettivi Paesi. La FED invece sta facendo il contrario. Questo significa altresì che non c'è più un canale coi dollari che possa salvare la baracca nel momento del bisogno a scapito degli Stati Uniti. La BCE e la BoE devono mettere in campo il loro di capitale se vogliono sopravvivere (ovvero il contribuente inglese ed europeo, dapprima). Infatti l'unica cosa che la BCE può fare è comprare debito deteriorato della periferia europea e parcheggiarlo presso la Bundesbank, ma ormai anche la Germania ha perso quel blasone che l'ha caratterizzata storicamente. Questo gioco può andare avanti per il momento grazie all'enorme  mole di debito americano immagazzinato da inglesi ed europei durante la presenza della Yellen al Dipartimento del Tesoro e al surplus commerciale (strutturale) nei confronti degli USA. Il rialzo dei tassi da parte di Powell e i dazi di Trump fanno parte della stessa strategia per annullare questi “vantaggi”. La velocità del primo fenomeno ha reso sommerso il bilancio delle banche europee, dato che hanno comprato diversi asset con rendimenti ridicoli in passato e adesso sono incagliati; il secondo vuole chiudere il rubinetto commerciale in modo da contrarre ulteriormente l'offerta di eurodollari. Nel frattempo i capitali continuano a essere attirati negli USA e, attraverso il GENIUS Act, il mercato dei titoli del Tesoro americano avrà una portata più capillare a livello internazionale dato che verranno tokenizzati tramite Tether e coperti da un hard asset come Bitcoin. Chi è quindi che si trova DAVVERO nei guai? Chi naviga nel collaterale non contabilizzato in modo appropriato, come gli USA, o chi non ha niente come l'Europa?

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di Conor Gallagher

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/lo-zombi-ue-usa-trump-come-spauracchio)

Donald Trump è il movente che continua a mantenere in piedi la classe dirigente occidentale. Qualsiasi imbroglio antidemocratico presente nella lista dei desideri dell'UE viene ora spacciato come rimedio contro di lui (e se non è Trump, è la Russia).

Secondo loro gli Stati Uniti non sono più un partner affidabile nella difesa. Dobbiamo, quindi, dare più potere a Bruxelles e inviare miliardi alle aziende produttrici di armi.

Secondo loro gli Stati Uniti non sono più un partner economico affidabile. Dobbiamo, quindi, aumentare la competitività indebolendo il lavoro e rafforzando la finanza.

Gli elettori del Regno Unito potrebbero aver optato per la Brexit, ma Londra e Bruxelles stanno “sfidando Trump” con una dichiarazione di “libero e aperto scambio” che include negoziati “su difesa e sicurezza, pesca ed energia, nonché un'intesa comune su quali argomenti saranno trattati nei negoziati intensivi per il ripristino della Brexit quest'anno”.

La cosa strana di questi piani, tuttavia, è che prevedono la dipendenza dalle armi e dall'energia degli Stati Uniti e l'allineamento con gli obiettivi geopolitici e geoeconomici degli Stati Uniti.

Un recente commento di Rosa Balfour, direttrice di Carnegie Europe, riassume perfettamente queste argomentazioni. In un articolo intitolato, “L'Europa ha cercato di proteggersi da Trump, ora sta elaborando un piano B”, spiega perché l'UE non ha altra scelta che riorientare la spesa sociale verso l'industria bellica.

La versione romantica della storia recente secondo la Balfour inizia il 28 febbraio. È allora che ha avuto luogo “l'umiliazione televisiva del presidente ucraino Vladimir Zelensky” e “l'Europa si è resa conto di non poter più contare sul suo alleato di lunga data, gli Stati Uniti”.

La sconvolgente profondità di questa presa di coscienza non può essere sopravvalutata. I leader politici degli stati europei, dell'Unione Europea e della NATO hanno dato prova di compostezza e coordinamento, ma dietro le quinte la colonna sonora è una frenetica jam session di free jazz con tonfi drammatici e una lunga pausa: il silenzio che accompagna la consapevolezza che la zona di comfort europea è finita.

E ora cosa stanno facendo questi “leader politici” composti e coordinati? Annunciano che l'Ucraina è la prima linea di difesa dell'Europa, elaborano grandi progetti per una “coalizione dei volenterosi” e dichiarano che l'Ucraina diventerà un “porcospino d'acciaio”.

La coalizione dei volenterosi si è disgregata, il porcospino d'acciaio è stato ridicolizzato e mentre quelli al Cremlino non stanno perdendo il sonno, gli europei invece sì. Questo perché, come scrive la Balfour, la Commissione europea “può svolgere un ruolo di supporto mobilitando risorse finanziarie e gestendo complesse trattative interne”.

Questo è uno dei tanti modi di dirlo...

La Commissione si sta lentamente avvicinando all'invocazione di poteri di emergenza per far approvare parte del suo fondo di riarmo. Il Parlamento europeo sta reagendo, ma il fatto è che Ursula può comunque farlo con un sostegno minimo da parte dei governi dell'UE. Probabilmente sta solo aspettando il momento giusto. Diamo un'occhiata allo stato dei miliardi destinati alla militarizzazione europea.

Il 19 marzo la Commissione ha presentato una proposta da €150 miliardi, la prima tranche di un totale di almeno €900 miliardi, per istituire lo strumento di azione per la sicurezza in Europa (SAFE) attraverso il rafforzamento dell'industria europea della difesa.

Vuole procedere con l'articolo 122, che prevede poteri di emergenza, e richiede solo una maggioranza qualificata in Consiglio – a differenza del consueto consenso – articolo che consente a Ursula e ai suoi amici di aggirare i fastidiosi veti dei Paesi membri. La procedura per l'articolo 122 è la seguente:

1) la Commissione propone una misura del Consiglio; in seguito a ciò 2) il Consiglio adotta la misura in linea con [voto a maggioranza qualificata]. Non sono previsti ulteriori elementi o partecipanti.

Questo articolo consente alla proposta di bypassare i negoziati parlamentari e di passare direttamente al Consiglio per la negoziazione e l'adozione. Il ruolo del Parlamento si riduce a presentare suggerimenti e richiedere dibattiti.

Tanti cari saluti al vostro ordine basato sulle regole democratiche...

Con una votazione a scrutinio segreto del 23 aprile, la commissione giuridica del Parlamento europeo ha appoggiato all'unanimità un parere legale che respingeva il tentativo della Commissione di aggirarlo sul fondo di riarmo da €150 miliardi.

Sebbene si trattasse di un voto non vincolante, segnalava sì un'opposizione al piano di Ursula, ma non si trattava di una presa di posizione di principio a favore della volontà del popolo o di un'idea romantica del genere.

No, si trattava piuttosto di dividersi le fette della torta, dato che i lobbisti dell'industria bellica europea  sono sempre più attivi a Bruxelles e cercano di assicurarsi che i loro clienti vengano ricompensati. E gran parte della debole opposizione riguarda l'introduzione di una clausola “acquista solo europeo” più forte nel SAFE (che attualmente richiede che il 65% dei materiali di consumo e dei sistemi complessi per la guerra provenga dall'UE, dall'Ucraina o dagli stati SEE/EFTA, tra cui Turchia e Norvegia).

Perché la commissione di Ursula deve mettere da parte il Parlamento e alcuni stati membri per spendere €900 miliardi in acquisti militari? È spiegato chiaramente nella loro proposta. C'è la solita sciocchezza sulla Russia:

L'UE e i suoi stati membri si trovano ora ad affrontare un'aggressione russa sempre più intensa contro l'Ucraina e una crescente minaccia alla sicurezza da parte della Russia. È ormai chiaro che tale minaccia persisterà nel prossimo futuro, considerando che la Russia è passata a un'economia di guerra che le consente un rapido potenziamento delle sue capacità militari e la ricostituzione delle sue scorte. Il Consiglio europeo ha pertanto sottolineato, nelle sue conclusioni del 6 marzo 2025, che “la guerra di aggressione della Russia contro l'Ucraina e le sue ripercussioni sulla sicurezza europea e globale in un contesto in evoluzione costituiscono una sfida esistenziale per l'Unione europea”.

Ovviamente c'è anche la scusa di Trump:

Allo stesso tempo gli Stati Uniti, tradizionalmente un forte alleato, ritengono chiaramente di essere troppo impegnati in Europa e di dover riequilibrare la situazione, riducendo il loro ruolo storico di principale garante della sicurezza.

Una domanda che viene spontanea è cosa succederà a quest'ultimo argomento ora che l'amministrazione Trump si è legata all'Ucraina attraverso il cosiddetto accordo sulle terre rare, ma sicuramente se le potenze europee sono arrivate fin qui con crisi create ad arte, saranno in grado di superare questo ostacolo sottolineando l'insistenza di Trump su quella che chiamano una pace ingiusta per l'Ucraina.

Da qui il “riarmo” per decreto tramite emergenza sovranazionale – con la Balfour del Carnegie e tutti gli altri plutocrati buffoni di corte nei think tank transatlantici che lo acclamano come una vittoria contro le orde autocratiche fuori dalle mura dei loro sepolcri imbiancati. Ecco di nuovo la Balfour che riassume lo stato d'animo di questa folla:

[...] è stata tracciata una traiettoria di cambiamento, con un potenziale trasformativo, non solo per il continente europeo, ma anche per la riorganizzazione globale delle relazioni internazionali post-americane. La jazz band ha trovato il ritmo, anche se la melodia non è del tutto armonica.

Non so se sia la musica che la Balfour sta ascoltando, o il tintinnio dell'oro e dell'argento. Anche se può essere difficile sentire qualcosa al di fuori del frastuono proveniente dall'élite, c'è sempre un accordo mancante nel genere militarista. Di sicuro la Balfour, appassionata di jazz, saprà che la curiosità era considerata uno degli ingredienti essenziali della musica. Se applichiamo questo concetto alla sua metafora jazzistica, potremmo iniziare a porci alcune domande come:

• Perché l'UE ha bisogno di mettere in atto tutta questa militarizzazione?

• Perché non può esserci pace con la Russia?

• Perché le nazioni europee hanno contribuito a sabotare i negoziati di pace tra Kiev e Mosca?

• Perché l'UE ha aiutato gli USA a rovesciare il governo dell'Ucraina e a usare il Paese come ariete contro la Russia?

• Perché l'élite dell'UE desidera così tanto la guerra contro la Russia?

• L'UE non è forse più sicura e prospera grazie a legami amichevoli e a scambi commerciali con la Russia?

E perché l'UE, che nel complesso è già seconda al mondo per spesa per la difesa, deve spendere cifre ancor più esorbitanti? Quanto la renderà sicura, competitiva e indipendente?

Queste domande non vengono mai affrontate. Tutto invece rientra nell'ordine naturale delle cose, ovvero che la Russia sia nemica dell'UE e che quest'ultima debba dotarsi di armi costose e di grandi dimensioni a causa della cattiveria di Trump. La cosa triste è che questo messaggio incessante diffuso dai media europei sta funzionando, almeno secondo i sondaggi dell'UE stessa. Ciò non sorprende affatto, considerando che questo messaggio viene pompato senza sosta dai media dell'UE.

In ogni caso, i governi europei stanno correndo. Sedici Paesi chiedono all'UE maggiore margine di manovra fiscale per investire ingenti somme nella difesa – richieste che non vengono mai avanzate durante l'infinita austerità sociale.

Sì, i cittadini dell'Unione continueranno a vedere il loro tenore di vita scendere, ma non preoccupatevi, l'allargamento dell'UE e la maggiore spesa per la militarizzazione porteranno a una maggiore “competitività”. Non ditemi che non l'avete già sentita questa panzana...

Profit margins for Weapon and Ammunition at Rheinmetall went up from 23% to 28.5% from 2023 to 2024. Of every Euro in public money spent on weapons from Rheinmetall, the company makes 28.5% return on sales, quite spectacular even compared to other Rheinmetall business. pic.twitter.com/SvKmjNcB30

— Isabella M Weber (@IsabellaMWeber) April 28, 2025

Nonostante i notevoli ostacoli che l'industria europea della difesa deve affrontare (e un breve periodo di raffreddamento dovuto allo shock dei dazi), i prezzi delle sue azioni stanno salendo poiché gli investitori si aspettano un sostegno incondizionato da parte di Bruxelles.

A proposito di ostacoli…

Una ricerca dello Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI) dimostra che negli ultimi cinque anni l'Europa ha aumentato le sue importazioni di armi di due volte e mezzo rispetto ai cinque anni precedenti, con i due terzi provenienti dagli Stati Uniti.

Anche altri membri di Carnegie Europe nutrono dubbi sul programma UE. Ecco cosa dice Judy Dempsey, ricercatrice senior di Carnegie Europe:

Ditelo alla Polonia. Sta rapidamente potenziando la sua infrastruttura di difesa acquistando kit americani. Quando Varsavia ha voluto fare acquisti altrove, come in Corea del Sud, ha subito forti pressioni da parte di Washington affinché non lo facesse. Questo è un punto importante. Gli Stati Uniti vogliono che l'Europa si assuma maggiori responsabilità per la propria difesa, ma non a spese dell'industria militare americana. Gli Stati Uniti sono un importante fornitore di componenti militari per molti Paesi europei. Per fare questo passo ci vorrebbero tempo e la volontà politica dell'Europa di costruire una strategia comune di difesa e approvvigionamento.

Oltre alla considerevole pressione politica, c'è anche il fatto che i tempi di consegna per quanto riguarda le capacità di difesa sono lunghi. Quindi, parte della strategia dell'UE è quella di inviare miliardi di dollari in più all'Ucraina affinché possa potenziare la sua industria della difesa. Un modo molto più economico per produrre armi piuttosto che in Europa occidentale e ha già un settore manifatturiero per la difesa attivo e funzionante.

Bene... ma ci sono delle falle in questa logica?

Innanzitutto l'Ucraina è ora il maggiore importatore di armi al mondo, assorbendo l'8,8% dei trasferimenti globali. In secondo luogo i Kinzhal russi potrebbero avere voce in capitolo nella produzione dei produttori di armi ucraini.

È difficile capire cosa tutto questo significhi per la competitività europea, figuriamoci per il medio Josef, José, o Giusseppe. Ecco cosa dice la Balfour su questo tema che dovrebbe essere venduto ai proletari:

Dal punto di vista politico, per garantire il sostegno pubblico al riarmo europeo e compensarne gli inevitabili costi, gli sforzi del settore della difesa dovrebbero essere parte di una più ampia strategia di innovazione economica e tecnologica. Infatti questi sforzi potrebbero dare impulso all'economia europea stagnante. A livello UE le ricette sono disponibili nelle recenti raccomandazioni in materia di competitività, produttività e innovazione tecnologica.

I primi 100 giorni di Trump stanno spingendo l'UE a dare slancio a progetti in corso ormai da anni. Legare questi obiettivi all'allargamento dell'UE a Ucraina, Moldavia e Balcani occidentali offre una nuova prospettiva per l'espansione del mercato unico. L'ampliamento dell'UE e l'approfondimento delle relazioni con altri Paesi europei – come Regno Unito, Svizzera e Norvegia – contrasterebbero la frammentazione che la competizione tra grandi potenze e le disgregazioni politiche interne stanno infliggendo al continente.

È spaventoso per la sua sicurezza meccanica e semplicistica. Da nessuna parte in questo PowerPoint si intravedono i notevoli svantaggi, che, al limite più disastroso dello spettro, includono la completa distruzione dell'Europa.

Forse la speranza migliore è che i piani di questi folli per il riarmo dell'UE siano solo un gigantesco racket. Ma si potrebbe dire lo stesso del complesso militare-industriale statunitense, e guardare cosa ha scatenato: morte e distruzione senza fine e numerose guerre perse. Una differenza fondamentale tra i piani di militarizzazione transatlantici, tuttavia, è che gli Stati Uniti sono isolati tra due oceani. L'UE confina non solo con la Russia, ma anche con un regime neonazista al collasso in Ucraina, il che rende l'adesione a un complesso militare-industriale una proposta molto più rischiosa.

I racket hanno un modo tutto loro di prendere vita. Anzi, si potrebbe sostenere che l'attuale traiettoria dell'UE sia quella di uno zombi spinto dalla russofobia, che ridistribuisce denaro verso l'alto in nome di tale odio. Il problema è che l'aspettativa di vita non è lunga per gli zombi e per chi li circonda.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Echi di tirannia

Mar, 08/07/2025 - 10:10

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Joshua Stylman

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/echi-di-tirannia)

Anni dopo l'imposizione dell'obbligo di vaccinazione contro il Covid-19, mi ritrovo in uno stato di riflessione, alle prese con i cambiamenti epocali che si sono verificati in quel periodo. Il mondo che conoscevamo è cambiato radicalmente, quasi da un giorno all'altro. Gli stati hanno emanato provvedimenti drastici e libertà che molti di noi davano per scontate sono improvvisamente diventate privilegi. È stato un periodo pieno di paura, confusione e pressione. Ora, con il senno di poi, il peso di ciò che è accaduto sembra ancora più pesante.

Ho capito che abbiamo vissuto una delle violazioni dei diritti umani più sconcertanti della storia recente. Al centro di questa crisi si trova il passaggio di due Rubiconi: l'erosione del Primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti e la violazione del Codice di Norimberga. Entrambi sono stati creati sulla scia di tragedie storiche: una dopo la Rivoluzione americana, l'altra dopo la Seconda guerra mondiale. Entrambe sono fondamentali, concepite per salvaguardare i diritti umani e proteggere dagli abusi di potere. Trasgredendo questi confini, ci siamo addentrati in un territorio pericoloso che richiede urgenti riflessioni e azioni concrete.


Le prime regole: pilastri della libertà e dell'etica

La garanzia della libertà di parola sancita dal Primo Emendamento è una pietra angolare della democrazia, nata dal crogiolo della rivoluzione contro la tirannia. I nostri Padri fondatori, avendo sperimentato in prima persona l'oppressione di un governo che soffocava il dissenso, sancirono questo diritto a proteggere la libera circolazione delle informazioni, consentendo alle persone di ascoltare tutti i lati di una questione e prendere le proprie decisioni. Durante la pandemia abbiamo oltrepassato questo confine sacro. La censura ha prevalso e le prospettive alternative sui vaccini, comprese le legittime preoccupazioni sulla loro sicurezza e sui loro effetti a lungo termine, sono state soppresse. I media generalisti, i social media e i governi hanno fatto eco a un messaggio univoco: “Sicuro ed efficace”. Le voci dissidenti sono state etichettate come disinformazione e messe a tacere, tradendo il principio stesso che avrebbe dovuto prevenire tali abusi di potere.

Altrettanto importante è il Codice di Norimberga, emanato dopo gli orrori della Seconda guerra mondiale, il quale avrebbe dovuto costituire uno standard internazionale inderogabile. La sua prima e più importante regola afferma: “Il consenso volontario del soggetto è assolutamente essenziale”. Questo principio è così importante che, dopo i Processi di Norimberga, vennero giustiziate persone per averlo violato. Eppure, durante la pandemia, abbiamo oltrepassato anche questo limite.

Le persone venivano costrette a vaccinarsi sotto la minaccia dell'esclusione dalla vita pubblica. Ci veniva detto che avremmo perso il lavoro o che ci sarebbe stato negato l'accesso a vari aspetti della società se avessimo rifiutato il vaccino. Bambini sani venivano esclusi dagli spazi pubblici perché i loro genitori non volevano somministrare loro un farmaco sperimentale. Le famiglie si trovavano di fronte a scelte impossibili sotto un'immensa pressione sociale ed economica, in palese violazione del Codice di Norimberga che impone che tutti gli interventi medici fossero volontari e liberi da coercizioni.


L’erosione dei diritti e della fiducia

La violazione di questi due principi fondamentali ha creato un ambiente di coercizione e disinformazione. Le persone non sono state solo costrette a sottoporsi a interventi medici; sono state costrette al silenzio. Ogni tentativo di mettere in discussione la narrazione ufficiale o di chiedere maggiori informazioni è stato accolto con censura ed esclusione. Questa erosione dei diritti ha avuto conseguenze di vasta portata.

  1. Mancanza di consenso informato: senza la piena trasparenza sugli ingredienti del vaccino e sui potenziali rischi a lungo termine, un vero consenso informato era impossibile. Le persone venivano invitate a prendere decisioni che avrebbero cambiato la loro vita senza informazioni cruciali.

  2. Soppressione del dibattito: la censura dei punti di vista alternativi ha impedito la possibilità di un consenso informato. Senza un dibattito aperto e l'accesso a diverse prospettive, come si può affermare che le persone abbiano fatto una scelta veramente informata?

  3. Violazione dell'autonomia fisica: gli operatori sanitari in prima linea, un tempo considerati eroi, venivano licenziati quando sceglievano di non rispettare le disposizioni. Molti avevano già un'immunità naturale da precedenti infezioni, eppure le loro decisioni mediche personali non venivano rispettate.

  4. Politica sanitaria pubblica illogica: è diventato chiaro che i vaccini non bloccavano la trasmissione del Covid-19, che era la giustificazione centrale per i provvedimenti obbligatori. Se i vaccini non fossero riusciti a prevenire la diffusione, la vaccinazione sarebbe diventata una decisione personale in materia di salute, proprio come decidere cosa mangiare o bere. Eppure le persone erano comunque costrette a rispettarla nonostante gravi minacce.

  5. Impatto personale: gli obblighi hanno cambiato l'intero corso della mia vita e di quella di molti altri. Le relazioni si sono logorate, le situazioni lavorative sono state compromesse e le traiettorie geografiche si sono spostate, mentre le persone cercavano ambienti in linea con i propri valori.


Una crisi dei diritti umani e della fiducia istituzionale

L'assenza di un riconoscimento pubblico di queste violazioni è impressionante. Come abbiamo potuto sopravvivere a un disprezzo così palese per i diritti umani senza alcun riconoscimento o assunzione di responsabilità? Il Primo emendamento è stato sancito per proteggere la libertà di parola e il Codice di Norimberga è stato creato per prevenire questo tipo di abusi; eppure entrambe queste tutele fondamentali sono state violate su larga scala.

Questa combinazione – la perdita della libertà di parola e l'abbandono del consenso informato – ha creato una crisi di fiducia che potrebbe richiedere generazioni per essere sanata. Come possiamo fidarci dei governi, dei media generalisti, o persino delle istituzioni mediche quando nascondono le informazioni e ci costringono ad obbedire senza fornire tutti i fatti?


Le lezioni dimenticate della storia

Ciò che forse è più sorprendente è quanto poche persone sembrassero conoscere appieno le implicazioni del Primo emendamento o fossero addirittura a conoscenza dell'esistenza del Codice di Norimberga. Come siamo arrivati ​​a questo punto? Forse perché gli anziani che hanno vissuto le conseguenze della Seconda guerra mondiale – coloro che hanno compreso le lezioni della storia – sono scomparsi. Gli echi delle tragedie storiche erano fin troppo inquietanti: le stesse tattiche di disinformazione, paura ed ingerenza governativa hanno manipolato il sentimento pubblico, trasformando l'empatia in paura.

Nel corso della storia, quando l'umanità ha affrontato i suoi momenti più bui, siamo emersi con nuova saggezza e nuove garanzie. La Rivoluzione americana ha dato vita alla Costituzione e alla sua Carta dei diritti. Le atrocità della Seconda guerra mondiale hanno portato al Codice di Norimberga e alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Questi documenti rappresentano i migliori sforzi dell'umanità per imparare dai nostri errori e prevenire futuri abusi. Ora, dopo aver violato questi sacri principi, ci troviamo a un altro momento cruciale. È tempo di riflettere sulle nostre azioni, riconoscere i nostri passi falsi e forgiare nuove tutele per il futuro.


I pericoli del silenzio

Senza una presa di coscienza pubblica, ci stiamo muovendo su un terreno pericoloso. Se non c'è il riconoscimento di queste violazioni, se non c'è una riflessione collettiva, allora diamo il via libera a questo fenomeno. La mancanza di responsabilità invia un messaggio chiaro: non esiste limite che non possa essere oltrepassato, nessun principio che non possa essere ignorato e nessun abuso di potere che non sarà tollerato.

Mentre andiamo avanti, è fondamentale ricordare questo capitolo della nostra storia, non per soffermarci sul passato, ma per garantire che non ripeteremo mai più questi errori. Dobbiamo riaffermare il nostro impegno per i diritti umani, il consenso informato e la libertà di parola. Solo riconoscendo quanto accaduto e chiedendo conto ai responsabili possiamo sperare di costruire un futuro in cui tali violazioni siano impensabili.


Una strada da percorrere: proteggere i nostri diritti fondamentali

Mentre emergiamo dall'ombra degli obblighi di vaccinazione contro il Covid-19, ci troviamo in una fase cruciale. Gli eventi degli ultimi anni hanno rivelato la fragilità delle nostre libertà più care e la facilità con cui i principi sanciti dal Primo emendamento e dal Codice di Norimberga possono essere erosi. Tuttavia questo periodo difficile ha anche risvegliato una rinnovata consapevolezza di questi diritti fondamentali. Ora dobbiamo incanalare questa consapevolezza in azione, lavorando instancabilmente per prevenire future violazioni e sanare le profonde ferite inflitte alla nostra società.

Il nostro percorso futuro inizia con il rendere il nostro governo responsabile. Dobbiamo sostenere la creazione di una commissione bipartisan per indagare sulla gestione della pandemia, concentrandosi in particolare sulle potenziali violazioni della libertà di parola e del consenso informato. Questa commissione non dovrebbe fungere da caccia alle streghe, ma da mezzo per comprendere i nostri passi falsi e garantire che non si ripetano mai più. Allo stesso tempo dobbiamo promuovere una legislazione che rafforzi la tutela di informatori e dissidenti, soprattutto in tempi di crisi. La nostra democrazia prospera grazie al libero scambio di idee e dobbiamo garantire che punti di vista diversi possano sempre essere espressi in modo sicuro, anche di fronte a una pressione schiacciante a conformarsi.

È necessario rafforzare le tutele legali e politiche per proteggere i nostri diritti nelle crisi future. Dovremmo sostenere gli sforzi legali che sfidano e chiariscono i limiti del potere governativo durante le emergenze di salute pubblica. Inoltre dobbiamo sostenere una legislazione che richieda esplicitamente che tutte le misure di salute pubblica aderiscano ai principi del Codice di Norimberga, in particolare per quanto riguarda il consenso informato. Integrando i comitati etici a tutti i livelli di governo, possiamo contribuire a garantire che il processo decisionale sia in linea con i diritti umani, anche nelle circostanze più difficili.

L'istruzione svolge un ruolo cruciale nella salvaguardia delle nostre libertà. Dobbiamo promuovere l'inclusione di un'educazione civica completa nei programmi scolastici, con particolare attenzione al Primo emendamento e all'etica medica. Promuovendo una profonda comprensione di questi principi nella prossima generazione, creiamo una popolazione meglio equipaggiata per riconoscere e contrastare le violazioni delle proprie libertà. Campagne di sensibilizzazione pubblica sull'importanza della libertà di parola e del consenso informato per il mantenimento di una società libera dovrebbero essere sostenute e amplificate.

Forse il compito più impegnativo, ma vitale, che ci attende è quello di risanare le relazioni personali messe a dura prova dagli eventi degli ultimi anni. Per colmare le divisioni create durante questo periodo difficile, dobbiamo affrontare le nostre relazioni frammentate con compassione e chiarezza. Avviare discussioni calme e razionali con familiari o amici da cui ci si è allontanati può creare uno spazio per un dialogo aperto. Praticando l'ascolto attivo ed esprimendo empatia, possiamo sforzarci di comprendere le paure e le motivazioni alla base delle decisioni altrui, anche se non siamo d'accordo con loro. Cercare un terreno comune in valori ed esperienze condivise, stabilendo al contempo dei limiti per le interazioni future, può impedire di riaprire vecchie ferite.


Rinnoviamo il nostro impegno ai principi

Mentre lavoriamo per una riconciliazione, dovremmo considerare la via del perdono, riconoscendo che molti hanno agito per paura o confusione. Tuttavia, nel perdonare, non dobbiamo dimenticare. Mantenere una memoria nitida degli eventi accaduti servirà da guida per prevenire future violazioni dei nostri diritti e delle nostre libertà.

Il nostro percorso futuro richiede più di una semplice riflessione; richiede un processo di riconciliazione e un fermo impegno nei confronti dei nostri principi fondamentali. Solo attraverso un'incrollabile dedizione alla libertà di parola, al consenso informato e all'autonomia individuale possiamo sperare di ricostruire la fiducia che si è incrinata. La posta in gioco non potrebbe essere più alta: le nostre azioni oggi, incluso il modo in cui ci riconciliamo con questo difficile capitolo della nostra storia, determineranno se lasceremo in eredità alle generazioni future una società che custodisce la libertà o una che ignora con superficialità le libertà conquistate a fatica.

Mentre andiamo avanti, portiamo con noi questa consapevolezza, rimanendo sempre vigili nella difesa dei nostri diritti e offrendo compassione a chi ci circonda. Il nostro impegno verso questi principi, unito ai nostri sforzi per guarire le nostre comunità, plasmerà la società che lasceremo alle generazioni future: una società che valorizza sia la libertà individuale che il benessere collettivo, promuovendo un equilibrio che rispetti la dignità e i diritti di ogni persona.

La scelta è nostra ed è il momento di agire. Attraverso azioni ponderate, sforzi sinceri per comprenderci e riconnetterci gli uni con gli altri, e un impegno incrollabile per i nostri diritti fondamentali, possiamo uscire da questo periodo difficile con le nostre libertà rafforzate e le nostre comunità rinnovate. Facciamo in modo che questa sia la nostra eredità: una società che ha imparato dai propri passi falsi, ha sanato le proprie divisioni e si è nuovamente impegnata nei principi eterni di libertà e dignità umana. Così facendo, onoriamo la saggezza di coloro che ci hanno preceduto, creando garanzie dopo periodi di grande conflitto, e diamo un potente esempio da seguire alle generazioni future.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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