Ingegnerizzare la realtà (Parte #2)
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/ingegnerizzare-la-realta-parte-2)
Catturare la controcultura
Nella Prima parte abbiamo tracciato lo sviluppo delle strutture di controllo dai monopoli fisici di Edison alle operazioni psicologiche del Tavistock, assistendo a come interessi aziendali, bancari e agenzie di intelligence convergessero per plasmare la coscienza pubblica. Ora vedremo come questi metodi raggiunsero una nuova sofisticazione nella cultura popolare, a partire dalla British invasion degli anni '60, che dimostrò come movimenti musicali accuratamente orchestrati potessero rimodellare la società.
I Beatles e i Rolling Stones non erano solo delle band: come ha ampiamente documentato il ricercatore Mike Williams nella sua analisi della British invasion, la loro comparsa segnò l'inizio di una trasformazione culturale sistematica e profonda. Williams osserva che persino il termine stesso “British Invasion” era rivelatore: una metafora militare per quello che apparentemente era un fenomeno culturale, forse un modo per annunciare apertamente l'operazione del Tavistock. Quello che sembrava un giocoso linguaggio di marketing descriveva in realtà un'infiltrazione attentamente orchestrata nella cultura giovanile americana. Attraverso centinaia di ore di ricerca meticolosamente documentata, Williams costruisce una tesi schiacciante secondo cui i Beatles furono la punta di diamante di un programma più ampio che utilizzava album come Sgt. Pepper e Their Satanic Majesties Request dei Rolling Stones per allontanare deliberatamente la cultura giovanile dai valori tradizionali e dalle strutture familiari. Ciò che sembra insipido per gli standard odierni rappresentava un attacco calcolato alle norme sociali, dando inizio a una trasformazione culturale che si sarebbe accelerata nei decenni successivi.
La ricerca di Williams va oltre, presentando prove convincenti del fatto che i Beatles furono essenzialmente la prima “boy band” moderna: la loro immagine era attentamente costruita, la loro musica in gran parte scritta ed eseguita da altri. Questa rivelazione trasforma la nostra comprensione della British invasion: quello che sembrava un fenomeno culturale organico era in realtà un'operazione meticolosamente orchestrata, con musicisti e cantautori professionisti dietro le quinte, mentre i Beatles fungevano da attraenti frontmen per l'imponente progetto di ingegneria sociale.
Da appassionato di musica di lunga data e devoto dei Beatles, affrontare questa evidenza inizialmente mi è sembrato un sacrilegio. Ciononostante il modello diventa innegabile una volta che lo si vede per quello che è. Mentre il dibattito continua su dettagli specifici come il presunto coinvolgimento di Theodor Adorno, esponente della Scuola di Francoforte, nella creazione delle canzoni dei Beatles – un'affermazione che ha sia sostenitori che critici – ciò che è chiaro è che l'operazione portava tutti i tratti distintivi della metodologia di ingegneria sociale del Tavistock.
La deliberata creazione di una dialettica “bravi ragazzi/cattivi ragazzi” (Beatles/Rolling Stones) offriva scelte controllate e permetteva a “entrambe le parti” di promuovere esattamente gli stessi cambiamenti culturali desiderati. Andrew Loog Oldham costruì magistralmente l'immagine di “cattivi ragazzi” degli Stones utilizzando tecniche di pubbliche relazioni che ricordano i metodi di Edward Bernays (il “padre delle pubbliche relazioni”, pioniere della manipolazione psicologica di massa), creando desiderio attraverso l'intuizione psicologica e trasformando la ribellione culturale in una merce commerciabile. Come lo stesso Oldham riconobbe nella sua autobiografia, non vendeva solo musica, ma “ribellione, anarchia e sex appeal racchiusi in un unico pacchetto”, creando deliberatamente un mito in cui il pubblico potesse credere. La sua sofisticata comprensione del branding culturale e della psicologia di massa rifletteva i più ampi metodi di influenza che stavano rimodellando i media e l'opinione pubblica in quel periodo.
Dietro la personalità ribelle di Mick Jagger si celava una formazione alla London School of Economics, a suggerire un insider con una comprensione più profonda dei sistemi di potere. Questo assiduo sviluppo dell'immagine si estese alla cerchia ristretta degli artisti, in particolare alla fidanzata di Jagger, Marianne Faithfull, a sua volta cantante di successo e socialite, il cui padre era un agente dell'MI6 che interrogò Heinrich Himmler e il cui nonno materno aveva origini asburgiche. Le finanze degli Stones erano gestite dal principe Rupert Loewenstein, un aristocratico bavarese e banchiere privato la cui nobile discendenza e i cui circoli finanziari si intersecavano con la dinastia Rothschild – un altro esempio di figure dell'establishment dietro movimenti apparentemente anti-establishment.
Persino l'etichetta discografica stessa si adattava a questo schema: la EMI (Electric and Musical Industries), che firmò sia i Beatles che i Rolling Stones, nacque come azienda di elettronica militare. Durante la Seconda Guerra Mondiale la ricerca e lo sviluppo della EMI contribuirono in modo significativo al programma radar britannico e ad altre tecnologie militari. Questa fusione di interessi militare-industriali con la produzione culturale non fu una coincidenza: le competenze tecniche della EMI in elettronica e comunicazioni si sarebbero rivelate preziose sia in ambito bellico che nella distribuzione di massa di contenuti culturali.
Questi esperimenti britannici di controllo culturale, attentamente gestiti, avrebbero presto trovato il loro laboratorio perfetto in America, dove un'improbabile convergenza avrebbe rimodellato per sempre la cultura giovanile e l'unità della famiglia. La Gran Bretagna aveva sperimentato questi metodi di orchestrazione culturale attraverso la musica, integrando i legami dell'intelligence nella British Invasion, ma l'America avrebbe perfezionato e portato queste tecniche a livelli senza precedenti.
Il laboratorio di Laurel Canyon
Sulle colline sopra Hollywood, tra il 1965 e il 1975, come documentò per la prima volta il giornalista Dave McGowan, si verificò un fenomeno straordinario: l'emergere di una nuova scena musicale incentrata a Laurel Canyon, dove un'improbabile concentrazione di legami familiari tra militari e intelligence confluì per rimodellare la cultura giovanile americana. Questa convergenza non fu casuale: mentre il sentimento anti-guerra si rafforzava negli ambienti accademici, questo nesso tra militari e intelligence contribuì a reindirizzare la potenziale resistenza verso una controcultura satura di droga, incentrata sul “ritiro” piuttosto che sull'opposizione organizzata alla guerra.
I legami tra militari e intelligence all'interno di Laurel Canyon erano impressionanti.
• Il padre di Jim Morrison comandò la flotta durante l'incidente del Golfo del Tonchino che diede inizio alla guerra del Vietnam.
• Il padre di Frank Zappa era uno specialista di guerra chimica all'Edgewood Arsenal, un importante sito di ricerca sulla sperimentazione umana.
• David Crosby, rampollo dei Van Cortlandt e dei Van Rensselaer – membri della famiglia reale americana – discendeva da una stirpe di potere politico che includeva senatori, giudici della Corte Suprema e generali rivoluzionari.
• James Taylor, discendente dei coloni della Massachusetts Bay Colony, crebbe in una famiglia plasmata dal mondo accademico e dal servizio militare, incluso il ruolo del padre nell'Operazione Deep Freeze in Antartide.
• Sharon Tate, figlia del tenente colonnello Paul Tate, ufficiale dell'intelligence dell'esercito, frequentò questi ambienti prima di morire.
• Dennis Hopper, il cui padre era un agente dell'OSS, diresse Easy Rider con Peter Fonda, confezionando la ribellione della controcultura per il consumo mainstream.
La trasformazione fu sistematica: dall'ottimismo e dall'unità del dopoguerra incarnati dalla New Frontier di JFK alla frammentazione calcolata che seguì il suo assassinio. Questo trauma pubblico e di massa, perfettamente in linea con i metodi di ingegneria sociale del Tavistock basati sullo shock psicologico, segnò la fine del genuino ottimismo. I boomer, cresciuti in una prosperità senza precedenti e ispirati dalla visione di Kennedy di una Nuova frontiera, videro il loro potenziale per un'autentica trasformazione sociale e politica reindirizzato in movimenti culturali accuratamente elaborati che avrebbero plasmato le generazioni successive. Queste connessioni pervasive tra figure dell'intelligence militare e leader della controcultura – dall'ammiraglio padre di Morrison al genitore di Zappa, specialista in guerra chimica, alla dinastia politica di Crosby – rivelano uno schema chiaro: la sistematica cooptazione della cultura giovanile da parte dei poteri istituzionali.
Il momento in cui il Laurel Canyon emerse come centro della controcultura coincise con gli anni di massimo splendore del programma di controllo mentale MK-Ultra della CIA. Non fu una coincidenza. Le stesse organizzazioni che sperimentavano il controllo della coscienza attraverso metodi chimici, come l'LSD, si stavano contemporaneamente integrando negli sforzi di programmazione culturale. La convergenza di queste strategie a Laurel Canyon gettò le basi per quella che sarebbe presto diventata la fusione su vasta scala di musica e sostanze psichedeliche: uno sforzo calcolato per contrastare la resistenza politica che stava sorgendo spontaneamente, incanalandola in un movimento incentrato sulla trascendenza personale piuttosto che su un'azione collettiva efficace.
Programmare la rivoluzione
Basandosi sulle basi psicologiche e culturali stabilite a Laurel Canyon, la fusione di musica e sostanze psichedeliche segnò l'apice della manipolazione della coscienza. Questa fase di programmazione culturale di massa reindirizzò strategicamente la resistenza politica verso canali culturali gestiti artificialmente, allontanando il dissenso dai movimenti organizzati e indirizzandolo verso un'astinenza frammentata e alimentata dalla droga.
Persino i Grateful Dead, la quintessenza della controcultura californiana, che coltivarono un seguito devoto e che definì la ricerca di comunità e significato di una generazione, erano intrinsecamente legati a meccanismi di controllo sociale. Il loro manager, Alan Trist, non era solo il figlio del fondatore del Tavistock, Eric Trist, ma era anche presente all'incidente d'auto in cui perse la vita l'amico d'infanzia di Jerry Garcia, Paul Speegle, una tragedia che spinse Garcia a formare la band. Il legame militare di Garcia aggiunge un ulteriore livello di intrigo: dopo aver rubato l'auto della madre nel 1960, gli fu offerta la scelta tra il carcere e il servizio militare. Nonostante le ripetute assenze ingiustificate da Fort Ord e dal Presidio di San Francisco, Garcia ricevette solo un congedo generale, un esito insolitamente clemente che solleva interrogativi sui potenziali legami ufficiali. Nel frattempo il paroliere della band, Robert Hunter, partecipò a esperimenti con l'LSD finanziati dal governo federale, legati alla più ampia ricerca psichedelica dell'epoca. Come house band dei Merry Pranksters, anch'essi legati alla CIA, i Grateful Dead giocarono un ruolo chiave nel guidare il sentimento anti-guerra verso la ritirata psichedelica, allineando la controcultura a programmi sponsorizzati dallo stato in modi che meritano un esame più approfondito.
Questo allineamento tra interessi della controcultura e dell'establishment si dimostrò incredibilmente efficace. Mentre il sentimento pacifista si rafforzava nei circoli accademici – dove una vera resistenza poteva minacciare il potere costituito – l'emergere del movimento hippie reindirizzò l'opposizione verso una controcultura giovanile satura di droghe e focalizzata sull'evasione piuttosto che sulla resistenza organizzata. Con l'intensificarsi delle operazioni della macchina bellica in Vietnam, i giovani americani furono guidati verso la dissoluzione culturale – una formula perfetta per neutralizzare movimenti pacifisti significativi. Lo stesso complesso militare-intelligence che aveva guidato la guerra stava simultaneamente plasmando la cultura che avrebbe impedito un'efficace resistenza ad essa.
Il ruolo di Timothy Leary in questa trasformazione fu cruciale. Prima di diventare la voce più influente del movimento psichedelico, era stato un cadetto a West Point e in seguito avrebbe prestato servizio come informatore dell'FBI. La sua difesa delle sostanze psichedeliche emerse parallelamente all'esplorazione, da parte della CIA, di sostanze come l'LSD durante l'era MK-Ultra. John Lennon rifletté in seguito su questa confluenza con pungente ironia: “Dobbiamo sempre ricordare di ringraziare la CIA e l'Esercito per l'LSD. È questo che la gente dimentica... Hanno inventato l'LSD per controllare le persone e quello che hanno fatto è stato darci la libertà”. Questo apparente ritorno di fiamma del programma mascherò un successo più profondo: smantellare la potenziale resistenza attraverso la promozione del disimpegno chimico. Diffondendo il mantra “accendi, sintonizzati, abbandonati”, Leary portò avanti questo programma. Un tale riorientamento non solo frammentò l'opposizione giovanile, ma indebolì anche i loro legami con i sistemi di supporto tradizionali come la famiglia e la comunità – esattamente il tipo di atomizzazione sociale che avrebbe reso più facile il controllo futuro.
La sovrapposizione tra la ricerca sull'LSD finanziata dal governo federale e la scena musicale emergente era tutt'altro che casuale. Mentre MK-Ultra esplorava metodi chimici per il controllo della coscienza, l'industria musicale stava contemporaneamente perfezionando metodi culturali, con band come i Grateful Dead che collegavano entrambi i mondi attraverso i loro legami con gli esperimenti sull'LSD finanziati dal governo federale e la controcultura in rapida ascesa.
Reindirizzare la resistenza
I modelli di collegamento tra la leadership governativa e i movimenti musicali non si limitavano all'era psichedelica. Con l'evoluzione della musica popolare attraverso nuovi generi e decenni, le stesse relazioni di fondo continuano a esistere tra l'establishment e l'influenza culturale.
Nella scena hardcore punk figure come Ian MacKaye (Minor Threat, Fugazi), il cui padre faceva parte del White House Press Corps ed era presente all'assassinio di JFK, sarebbero diventate quelle più indipendenti, aprendo la strada all'etica del fai da te attraverso la sua etichetta Dischord Records. I suoi legami con l'establishment risalivano a molto prima: suo nonno Milton MacKaye era un giornalista e dirigente dell'Office of War Information. Il suo approccio autonomo sembrava resistere al sistema, eppure i suoi legami con l'establishment evidenziano un modello più ampio. Lo stesso nel rock alternativo: il padre di Dave Grohl fu assistente speciale del senatore Robert Taft Jr. durante l'amministrazione Reagan. Madonna, divenuta la pop star per eccellenza degli anni '80, è figlia di Tony Ciccone, un ingegnere che lavorava a progetti militari per Chrysler Defense e General Dynamics Land Systems.
Avere genitori coinvolti in attività governative, di difesa o di intelligence non implica necessariamente che questi artisti abbiano commesso illeciti; tuttavia questi esempi rappresentano solo una minima parte dei legami documentati tra figure della controcultura e strutture di potere. Il modello si estende attraverso decenni e generi, con centinaia di casi simili che suggeriscono non una coincidenza ma un disegno sistematico: dai musicisti jazz sostenuti da famiglie di banchieri ai punk rocker con legami con il governo, fino alle pop star provenienti da famiglie dell'industria della difesa. Questi legami pervasivi sollevano interrogativi sul rapporto tra potere della classe dirigente e influenza culturale.
Forse nessuna famiglia esemplifica meglio la fusione tra operazioni di intelligence e produzione culturale dei Copeland. Miles Copeland Jr., che contribuì a fondare la CIA e orchestrò colpi di stato in tutto il Medio Oriente, ha descritto nel dettaglio le strategie psicologiche alla base di questa integrazione nel suo libro The Game of Nations. In questo testo Copeland delineò esplicitamente la metodologia di manipolazione che avrebbe plasmato sia le operazioni di intelligence che la cultura popolare: “Nel mondo delle operazioni segrete, nulla è ciò che appare. La chiave non è solo controllare le azioni, ma controllare la percezione delle azioni”.
Suo figlio Miles Copeland III divenne una figura chiave nell'industria musicale, gestendo gruppi influenti come i Police (con il fratello Stewart come batterista) e fondando la I.R.S. Records. Attraverso quest'ultima, Copeland avrebbe plasmato l'ascesa della musica alternativa nel mainstream, gestendo gruppi come i R.E.M., guidati da Michael Stipe, un altro figlio di militari. I Copeland rappresentano un un ponte tra operazioni segrete e produzione culturale, cosa che dimostra come le metodologie di intelligence si siano evolute dall'intervento diretto all'influenza sottile attraverso l'intrattenimento. Il loro successo nel fondere il fascino della controcultura con la redditività commerciale è diventato un modello per la futura creazione di narrative ufficiali.
Questo modello di ingegneria culturale segue principi storicamente coerenti. Artisti e movimenti allineati con obiettivi di intelligence ricevono una promozione senza freni, mentre la vera resistenza subisce la soppressione o l'eliminazione. La tragica fine di personaggi come Phil Ochs e John Lennon, entrambi sotto la documentata sorveglianza dell'FBI per le loro minacce dirette al potere statale, contrasta notevolmente con le traiettorie di carriera di coloro che hanno presentato la ribellione entro limiti più convenzionali.
Ingegnerizzare il genere
Sebbene la musica si sia rivelata il laboratorio perfetto per testare il controllo della coscienza di massa, questi metodi si sarebbero presto estesi ben oltre l'intrattenimento. In nessun luogo ciò fu più evidente che nella deliberata riorganizzazione dei ruoli di genere e delle strutture familiari, con l'obiettivo di rimodellare gli aspetti intimi dell'identità e delle relazioni umane.
La calibrazione strategica delle narrazioni femministe emerse come un esempio particolarmente significativo, con le agenzie di intelligence che plasmavano attivamente le politiche di genere attraverso i media e l'attivismo organizzato. Gloria Steinem, che ha ammesso di aver lavorato con organizzazioni finanziate dalla CIA come l'Independent Research Service durante gli anni '50 e '60, esemplifica questa intersezione. La sua rivista Ms. Magazine, inaugurata nel 1972, fondeva ideali femministi con messaggi attentamente curati, mentre la Steinem in seguito ammise di aver partecipato a eventi finanziati dalla CIA volti a influenzare i movimenti femministi durante la Guerra Fredda.
L'ammissione di Nicholas Rockefeller all'amico Aaron Russo sottolineava come la liberazione femminile fosse strategicamente finanziata per espandere il controllo statale e corporativo, raddoppiando la base imponibile attraverso la partecipazione al mondo del lavoro, indebolendo i legami familiari attraverso l'aumento dei tassi di divorzio e aumentando l'influenza dello stato sui figli attraverso l'assistenza all'infanzia gestita sempre dallo stato.
In quello stesso periodo programmi influenti come That Girl e The Mary Tyler Moore Show contribuirono a normalizzare proprio questi cambiamenti, diffondendo l'archetipo della donna indipendente e concentrata sulla carriera in modi che si allineavano notevolmente con gli obiettivi sistemici.
Questa trasformazione fu capillare. Le riviste femminili passarono da contenuti prevalentemente nazionali a messaggi sempre più incentrati sulla carriera. L'evoluzione di Cosmopolitan sotto la direzione di Helen Gurley Brown negli anni '60 esemplificava questa trasformazione, normalizzando non solo la partecipazione delle donne al mondo del lavoro, ma anche promuovendo la liberazione sessuale al di fuori del matrimonio tradizionale: una duplice agenda che si allineava perfettamente con gli interessi aziendali nell'espansione sia del bacino di lavoro che della base di consumatori.
Questa deliberata definizione dei movimenti di genere si è estesa fino ai giorni nostri, con il Tavistock Institute che continua a plasmare le narrazioni moderne. Dallo spostamento delle riviste femminili verso messaggi di carriera negli anni '60 all'incessante promozione odierna di narrazioni sul genere, questi movimenti si allineano costantemente con obiettivi guidati da un'agenda ben precisa.
Mercificazione della resistenza
Le tecniche perfezionate a Laurel Canyon per trasformare la resistenza autentica in prodotti culturali redditizi si sarebbero evolute in quadri di controllo sempre più complessi. Dai pionieristici Grateful Dead nella cultura dei festival ai festival musicali moderni come Coachella, autentici spazi di controcultura sarebbero stati sistematicamente convertiti in imprese commerciali.
Entro gli anni '90 questi metodi si erano evoluti nella sistematica cooptazione della resistenza autentica. Mentre i baby boomer sperimentavano il passaggio dall'ottimismo alla disillusione, la generazione X si trovava di fronte a un meccanismo più raffinato che mercificava l'alienazione stessa. Il percorso di Kurt Cobain da autentica voce del malcontento generazionale a prodotto di MTV ha dimostrato come l'apparato di influenza si fosse evoluto, non più limitandosi a reindirizzare la resistenza, ma trasformandola in prodotti culturali redditizi. Questa mercificazione si è estesa oltre la musica: marchi come Nike hanno trasformato la cultura di strada anti-establishment in campagne di marketing globali attraverso figure come Michael Jordan e Charles Barkley. La cultura “alternativa” dell'epoca divenne talmente tanto commercializzata che emersero centri commerciali come Hot Topic per vendere “ribellione” preconfezionata agli adolescenti di periferia, trasformando i simboli della controcultura in offerte di vendita standardizzate.
Il completo dirottamento delle scene musicali underground dimostra quanto la struttura di potere avesse perfezionato la manipolazione culturale. Proprio come le agenzie di intelligence avevano reindirizzato la controcultura degli anni '60, le aziende svilupparono metodi avanzati per catturare e mercificare la dissidenza organica. Il Vans Warped Tour ha trasformato il punk rock, un tempo autentica espressione di ribellione giovanile, in una piattaforma di marketing aziendale itinerante, completa di palchi sponsorizzati e merchandising brandizzato. Il programma dell'accademia musicale di Red Bull è andato oltre, creando quello che equivale a un sistema di allerta precoce per movimenti culturali potenzialmente destabilizzanti. Identificando in anticipo generi e artisti underground emergenti, è stato possibile reindirizzare l'espressione culturale autentica verso canali commerciali prima che sviluppasse un autentico potenziale rivoluzionario.
Anche le scene più ferocemente indipendenti si sono dimostrate vulnerabili a questo sistema. Le major hanno creato false etichette indipendenti per mantenere la credibilità underground, controllando al contempo la distribuzione. Le compagnie del tabacco hanno preso di mira club e rave specifici, comprendendo che la credibilità subculturale potesse essere convertita in quote di mercato. Il modello stabilito a Laurel Canyon – quello di trasformare la resistenza autentica in prodotti redditizi – si è evoluto in una scienza di cattura culturale.
Proprio come le connessioni dei Grateful Dead col governo federale hanno contribuito a stabilire modelli per spazi culturali controllati, i festival musicali moderni fungono da punti di raccolta dati e laboratori comportamentali. L'evoluzione dagli Acid Tests alle lineup dei festival curate algoritmicamente dimostra quanto profondamente si sia digitalizzato il quadro dell'influenza.
La macchina delle celebrità
L'approccio perfezionato da Gloria Steinem – incanalare autentici movimenti sociali attraverso portavoce attentamente gestiti – si sarebbe evoluto nell'attuale modello meticolosamente elaborato di attivismo delle celebrità.
Questa gestione algoritmica si estende oltre i contenuti, fino al talento stesso, con le piattaforme che determinano sempre più non solo cosa ha successo, ma anche quali voci devono emergere. Il posizionamento strategico degli attivisti famosi dimostra quanto profondamente gli interessi istituzionali siano penetrati nell'intrattenimento. Il coinvolgimento di George Clooney nel Council on Foreign Relations, che prosegue un legame familiare multigenerazionale con il potere iniziato con il giornalismo del padre, Nick Clooney, durante la Guerra Fredda, esemplifica come questi legami tra l'intrattenimento e l'establishment spesso attraversino generazioni. L'evoluzione di Angelina Jolie da ribelle di Hollywood a Inviata Speciale dell'UNHCR esemplifica come l'attrattiva della controcultura possa essere reindirizzata verso obiettivi statali. Analogamente, l'impegno ambientale di Leonardo DiCaprio, promosso attraverso le piattaforme del WEF pur mantenendo uno stile di vita da jet privato, mostra come anche le preoccupazioni legittime vengano plasmate per allinearsi ai quadri elitari. Il modello di interventi in caso di crisi di alto profilo adottato da Sean Penn – dall'uragano Katrina ad Haiti, dal Venezuela di Hugo Chávez alla più recente Ucraina – solleva interrogativi sull'accesso selettivo alle piattaforme. Mentre le celebrità allineate all'establishment ricevono un'amplificazione senza fine, coloro che mettono in discussione le narrazioni ufficiali si ritrovano spesso emarginati o messi a tacere.
Come l'organizzazione femminista di Steinem, sostenuta dalla CIA, l'attivismo delle celebrità moderne spesso si allinea straordinariamente bene con gli obiettivi della classe dirigente. Il percorso da figura della controcultura a voce dell'establishment è diventato un modello replicabile.
Marketing della cultura moderna
Gli equivalenti moderni della programmazione controculturale dimostrano come questi sistemi rimangano altamente efficaci. Dall'industria dell'intrattenimento alle case di moda di lusso, gli ingegneri culturali di oggi creano narrazioni in linea con gli interessi delle élite, sotto la maschera del progresso.
Questo modello di ristrutturazione sociale coordinata si estende a molteplici settori e piattaforme. Il ruolo dell'industria della moda è diventato esplicito attraverso episodi come la controversa campagna del 2022 di Balenciaga, la quale mostrava bambini con immagini di bondage. Mentre l'indignazione pubblica si concentrava sulla controversia immediata, l'incidente ha rivelato come le case di moda spingano sempre più narrazioni su genere, sessualità e norme sociali.
Proprio come gli Stones e i Beatles hanno incanalato la ribellione in forme accettabili, gli architetti culturali di oggi creano una resistenza attentamente calibrata. I temi dell'alienazione di Billie Eilish offrono alla generazione Z uno sbocco commercialmente valido per il malcontento, mentre la sfida di Lizzo agli standard di bellezza convenzionali si allinea con gli interessi aziendali nella promozione di prodotti farmaceutici, prodotti per il benessere e beni di consumo su misura per un pubblico eterogeneo. Anche gli artisti di maggior successo riflettono questi legami con l'establishment: i legami familiari di Taylor Swift con le dinastie bancarie, incluso il ruolo del nonno nella Federal Reserve, dimostrano quanto queste relazioni siano ancora profondamente radicate. Come ha documentato il ricercatore Mike Benz, i materiali di formazione della NATO identificano la Swift come una figura chiave per l'amplificazione del messaggio, rivelando come l'influenza burocratica operi nell'era digitale.
Quando la salute diventa ideologia
La promozione di stili di vita non salutari persegue molteplici scopi sistemici. Una popolazione focalizzata sulla “body positivity” che lotta contro l'obesità e le malattie croniche diventa più redditizia per le aziende farmaceutiche e più dipendente dai sistemi istituzionali.
Questo programma si manifesta nel modo in cui la cattiva salute viene celebrata come progressista e inclusiva. Campagne pubblicitarie e media aziendali descrivono le corporature obese e gli stili di vita non salutari come comportamenti responsabilizzanti e normalizzati che, nella maggior parte dei casi, portano a una cattiva salute a lungo termine. Ad esempio, Cosmopolitan ha pubblicato una copertina a febbraio 2021 con lo slogan “This is Healthy!” accompagnato da immagini di corporature non convenzionali, mentre Nike ha introdotto manichini plus-size nei suoi negozi principali, generando un notevole interesse mediatico. Questi sforzi sono stati celebrati come pietre miliari dell'inclusività, consolidando il movimento della “body positivity” come pietra di paragone culturale.
Allo stesso tempo fitness e allenamento vengono sempre più inquadrati come simboli di estremismo. Articoli di giornale e articoli di opinione collegano la cultura dell'allenamento e la salute fisica a ideologie pericolose, dipingendo la disciplina personale come un indicatore di radicalizzazione politica. Questa narrazione palesemente assurda riformula sottilmente l'esercizio fisico non come benessere e disciplina personale, ma come simbolo di un estremismo di destra.
Questa deliberata inversione rispecchia la distopia di Orwell: la salute diventa dannosa, mentre la cattiva salute diventa virtuosa. Riformulando il benessere fisico e il miglioramento personale come forme di devianza, queste narrazioni distorcono i valori sociali, allineandoli all'autocompiacimento come ideale morale.
I semi di questo cambiamento sono stati piantati durante la pandemia, dove le politiche di sanità pubblica hanno ampiamente ignorato le pratiche di benessere fondamentali. Invece di promuovere il sole, l'esercizio fisico, una corretta alimentazione o la perdita di peso – nonostante l'obesità sia il fattore di rischio più elevato – i messaggi ufficiali enfatizzavano l'isolamento, l'uso delle mascherine e il rispetto delle regole.
Nell'era post-pandemica, questi temi si sono ulteriormente evoluti, riformulando la salute e la disciplina personale non solo come inutili, ma anche come politicamente pericolose.
Il modo in cui vengono trattati salute e fitness rivelano un'agenda calcolata atta a promuovere stili di vita non salutari e a demonizzare la disciplina fisica; il risultato è una popolazione più dipendente e controllabile. Non si tratta di contraddizione, ma di convergenza: entrambi gli approcci allontanano le persone dall'autosufficienza e le spingono verso la dipendenza istituzionale. Non si tratta di una contraddizione casuale, ma di un inganno calcolato: proprio come il Tavistock ha imparato a usare la vulnerabilità psicologica per rimodellare la coscienza, le organizzazioni moderne impiegano narrazioni sulla salute per creare nuove forme di controllo sociale.
Questa sistematica rimodellazione della coscienza sanitaria corre parallela a una trasformazione ancora più ampia: la ridefinizione della cittadinanza e dell'identità nazionale stessa. Proprio come l'attività fisica è stata riformulata come estremismo, le nozioni tradizionali di patriottismo e orgoglio nazionale sarebbero state attentamente ricostruite per servire le strutture di potere. L'industria dell'intrattenimento, avendo perfezionato tecniche per modificare le narrazioni sulla salute, avrebbe impiegato gli stessi metodi per rimodellare la comprensione pubblica della lealtà e dello scopo nazionale.
Dare forma al patriottismo
Dall'industria del fitness a Hollywood, le narrazioni sono elaborate per garantire il rispetto degli ideali sistemici, spesso riecheggiando tattiche sviluppate per la prima volta per rimodellare il sentimento pubblico durante l'era isolazionista di cui abbiamo parlato in precedenza. Proprio come l'acquisizione dei giornali da parte di J. P. Morgan nel 1917 contribuì a inquadrare la riluttante partecipazione dell'America ai conflitti globali come un imperativo morale, le serie televisive, gli show in streaming e i film plasmano la percezione pubblica dell'azione militare, esaltandone la necessità e l'eroismo.
Blockbuster moderni come Top Gun: Maverick dimostrano come gli studios debbano sottoporre le sceneggiature al Dipartimento della Difesa per l'approvazione, con modifiche imposte dalle forze armate necessarie per accedere alle attrezzature essenziali e alle location delle riprese. L'influenza del Pentagono si estende anche oltre, all'universo cinematografico Marvel ad esempio. Captain Marvel ha richiesto ampie revisioni della sceneggiatura per ottenere il supporto militare, trasformando la protagonista da pilota civile a ufficiale dell'aeronautica. Un'analoga supervisione militare ha plasmato Iron Man, con il Pentagono che ha richiesto l'approvazione della sceneggiatura in cambio dell'accesso alle basi e all'equipaggiamento. Non si tratta semplicemente di accordi di product placement: rappresentano un controllo narrativo sistematico al centro dell'intrattenimento moderno. Altri film, come Zero Dark Thirty e Argo, sono stati prodotti in collaborazione diretta con la CIA, promuovendo narrazioni allineate agli interessi militari.
La NFL offre un altro esempio lampante di come i campionati sportivi funzionino come estensioni della rete di intrattenimento, sfruttando narrazioni emozionali per plasmare il sentimento pubblico. Sorvoli militari, tributi dei giocatori ai soldati e pubblicità del Super Bowl sono spesso presentati come celebrazioni organiche dell'orgoglio nazionale. Tuttavia, questi momenti derivano spesso da partnership a pagamento con il Dipartimento della Difesa, confondendo i confini tra il patrimonio autentico e messaggi orchestrati. Proprio come i film di successo esaltano l'azione militare, le leghe sportive normalizzano il legame tra patriottismo e servizio militare, rafforzando narrazioni artificiali sotto le mentite spoglie dell'intrattenimento.
Se è vero che il patriottismo autentico e il rispetto per i militari riflettono autentici valori americani, l'attenta cura delle narrazioni militari da parte dell'industria dell'intrattenimento persegue uno scopo più profondo: normalizzare i perpetui interventi stranieri senza incoraggiare una comprensione più profonda di questi conflitti e delle loro terribili conseguenze. Confondendo il sostegno alle truppe con l'accettazione incondizionata dell'azione militare, questi prodotti culturali creano consenso per impegni che la maggior parte dei cittadini non comprende né discute. La trasformazione di complesse realtà geopolitiche in narrazioni eroiche semplificate contribuisce a garantire l'adesione del pubblico senza la necessaria comprensione.
Persino film apparentemente critici come The Bourne Films e La guerra di Charlie Wilson mescolano realtà e finzione in modi che glorificano sottilmente il lavoro dell'intelligence e delle politiche interventiste. Questa costruzione narrativa garantisce che lo scetticismo nei confronti di queste organizzazioni rimanga limitato, rafforzando un senso di patriottismo legato agli ideali e alle politiche statali.
Oltre a questi esempi cinematografici, l'industria dei videogiochi è diventata un potente strumento per strategie di influenza comportamentale. Franchise come Call of Duty hanno incorporato narrazioni pro-militari nel loro gameplay immersivo, fungendo da strumenti avanzati di reclutamento per le forze armate.
Mentre Hollywood e i videogiochi reclutano il pubblico per la macchina bellica, la musica contemporanea è stata trasformata in un'arma simile agli esempi della diplomazia jazz degli anni '50, della “British invasion” e dei musicisti di Laurel Canyon discussi in precedenza. Ciò è davvero eclatante nell'hip-hop, dove la trasformazione del genere da musica di protesta a “gangsta rap” mette in luce come i potenti si approprino di voci autentiche per allinearle agli stessi interessi aziendali e politici che lavorano attivamente per soggiogarli.
Il profitto delle prigioni
L'ascesa dell'hip-hop negli anni '80 coincise con l'epidemia di crack, un capitolo devastante della storia americana esacerbato dal coinvolgimento della CIA con i ribelli dei Contras in Nicaragua – un legame svelato dal giornalista Gary Webb nella sua rivoluzionaria inchiesta. Quello che era nato come un genere che documentava gli effetti dell'oppressione sistemica e del flagello della droga nelle comunità nere divenne presto mercificato. Le crude narrazioni di sopravvivenza e resistenza si trasformarono in rappresentazioni glamour della cultura della droga, allineandosi perfettamente con gli interessi guidati dall'autorità che perpetuano cicli redditizi di incarcerazione e controllo.
La vera agenda dell'industria musicale diventa esplicita attraverso figure come l'icona dell'hip-hop Ice Cube, che ha rivelato come le etichette discografiche e le carceri private abbiano deliberatamente allineato i loro interessi. “Sembra davvero sospetto”, ha osservato Cube, “che i dischi che escono siano orientati a spingere le persone verso quell'industria carceraria”. La sua affermazione secondo cui “le stesse persone che possiedono le [etichette discografiche] possiedono anche le carceri” ha messo in luce lo sviluppo strategico di contenuti per alimentare i sistemi carcerari.
Come ha spiegato Cube “molte delle canzoni più belle che piacciono alla gente sono realizzate da un gruppo di persone che dice ai rapper cosa dire”, sostituendo l'espressione artistica organica con narrazioni attentamente elaborate. Questo spostamento deliberato ha incanalato rabbia e malcontento in comportamenti autodistruttivi, perpetuando cicli di incarcerazione perfettamente allineati con gli interessi aziendali. Il complesso carcerario-industriale ha dimostrato come il controllo sistemico potesse fondere motivazioni di profitto con la programmazione sociale. Questa fusione di sorveglianza, modificazione comportamentale e coercizione economica sarebbe diventata il modello per il sistema di controllo digitale, in cui gli algoritmi tracciano il comportamento, plasmano le scelte e impongono il rispetto delle regole attraverso sanzioni economiche su scala globale.
Ciò che le etichette discografiche hanno realizzato nell'hip-hop – identificare, reindirizzare e mercificare l'espressione autentica – sarebbe diventato il modello per il controllo digitale. Proprio come i dirigenti hanno imparato a trasformare la cultura di strada in prodotti redditizi, gli algoritmi avrebbero presto automatizzato questo processo su scala globale. La trasformazione dalla protesta a profitto non si è limitata alla musica: è diventato il modello di come ogni forma di resistenza culturale sarebbe stata gestita nell'era digitale.
Nella terza parte vedremo come queste tecniche di controllo culturale siano state automatizzate e perfezionate attraverso i sistemi digitali. I metodi di controllo culturale si sono evoluti da fisici a psicologici, da locali a globali, da manuali ad automatizzati. Ciò che ebbe inizio con i monopoli hardware di Edison e raggiunse il suo apice analogico nella manipolazione della cultura popolare, avrebbe trovato la sua massima espressione nei sistemi digitali. La trasformazione dal controllo meccanico a quello algoritmico rappresenta non solo un'evoluzione tecnologica, ma un salto quantico nella capacità di plasmare la coscienza umana.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.
???? Qui il link alla Prima Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2025/01/ingegnerizzare-la-realta-parte-1.html
???? Qui il link alla Terza Parte:
Perché Tether si rifiuta di conformarsi al MiCA
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/perche-tether-si-rifiuta-di-conformarsi)
Tether è conforme allo standard MiCA?
Il nuovo regolamento dell'UE sui mercati delle criptovalute, meglio noto come MiCA, è il primo grande tentativo da parte di una potenza economica mondiale di creare regole chiare e valide per tutta la regione e le stablecoin sono un elemento importante.
Il MiCA impone le migliori pratiche, se una stablecoin deve essere scambiata nell'UE, il suo emittente deve seguire alcune regole rigorose:
1. C'è bisogno di una licenza
Per emettere una stablecoin in Europa, è necessario diventare un istituto di moneta elettronica (IMEL) completamente autorizzato. Si tratta dello stesso tipo di licenza di cui hanno bisogno le aziende fintech per offrire portafogli elettronici o carte prepagate. Non è economico, né veloce.
2. La maggior parte delle riserve deve essere depositata presso banche europee
Questa è una delle parti più controverse del MiCA. Se si emette una stablecoin “importante” – e USDT di Tether rientra certamente nei requisiti – almeno il 60% delle riserve deve essere detenuto in banche con sede nell'UE. La logica è quella di garantire la sicurezza del sistema finanziario.
3. La piena trasparenza non è negoziabile
Il MiCA richiede informative dettagliate e regolari. Gli emittenti devono pubblicare un white paper e fornire aggiornamenti sulle proprie riserve, audit e modifiche operative. Questo livello di rendicontazione è una novità per alcune stablecoin, soprattutto quelle che storicamente hanno evitato il controllo pubblico.
4. Le monete non conformi vengono rimosse dalla lista
Se un token non è conforme, non sarà negoziabile sulle piattaforme regolamentate dell'UE. Binance, ad esempio, ha rimosso le coppie di trading USDT dagli utenti dello Spazio Economico Europeo (SEE). Altri exchange stanno seguendo l'esempio.
L'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) ha chiarito che in Europa le persone possono continuare a detenere o trasferire USDT, ma non possono offrirlo al pubblico o quotarlo in sedi ufficiali.
In altre parole, potreste ancora avere USDT nel vostro wallet, ma buona fortuna se volete provare a scambiarlo su una piattaforma regolamentata.
I motivi principali per cui Tether rifiuta le normative MiCA
Tether è unica in quanto ha spiegato il motivo per cui non vuole avere nulla a che fare con le normative MiCA. I vertici dell'azienda, in particolare l'amministratore delegato Paolo Ardoino, si sono espressi apertamente su quelle che considerano gravi lacune nella normativa, dai rischi finanziari alle preoccupazioni sulla privacy, fino al quadro più ampio di cosa sono realmente le stablecoin.
1. La regolamentazione bancaria potrebbe ritorcersi contro
Una delle regole più discusse del MiCA stabilisce che le stablecoin “importanti” – USDT di Tether – debbano detenere almeno il 60% delle loro riserve presso banche europee. L'idea è di rendere le stablecoin più sicure e trasparenti, ma Ardoino la vede diversamente.
USDt is the most successful tool for US Dollar hegemony and distribution across emerging markets.
Tether built, over the last decade, the widest physical and digital distribution network, spacing from thousands of kiosks in Africa and South America to digital remittances… https://t.co/KD2oUzemT8
Ha avvertito che ciò potrebbe creare nuovi problemi, costringendo chi emette stablecoin a fare troppo affidamento sulle banche tradizionali e l'intero sistema potrebbe diventare eccessivamente fragile.
Dopotutto, se si verifica un'ondata di rimborsi e le banche non hanno abbastanza liquidità per tenere il passo, assisteremmo contemporaneamente a una banca in difficoltà e a una crisi delle stablecoin.
Tether preferisce invece conservare la maggior parte delle sue riserve in titoli del Tesoro USA, asset che afferma essere liquidi, a basso rischio e molto più facili da rimborsare rapidamente in caso di necessità.
2. Non si fidano dell'euro digitale
Tether ha anche un altro problema con la direzione che l'Europa sta prendendo, soprattutto per quanto riguarda l'euro digitale. Ardoino lo ha apertamente criticato, sollevando allarmi sulla privacy.
Egli sostiene che una valuta digitale controllata centralmente potrebbe essere utilizzata per monitorare come le persone spendono i loro soldi e persino per controllare o limitare le transazioni se qualcuno perde il favore del sistema.
I sostenitori della privacy hanno espresso preoccupazioni simili. Mentre la Banca Centrale Europea insiste sul fatto che la privacy sia una priorità assoluta (con funzionalità come i pagamenti offline), Tether non ne è convinta. Ai loro occhi, affidare così tanto potere finanziario nelle mani di un'unica istituzione equivale a cercare guai.
3. Gli utenti di Tether non sono a Bruxelles, bensì in Brasile, Turchia e Nigeria
In sostanza, Tether si vede come un'ancora di salvezza per le persone nei Paesi che devono affrontare problemi di inflazione, sistemi bancari instabili e accesso limitato al dollaro.
Si tratta di Paesi come la Turchia, l'Argentina e la Nigeria, dove USDT è spesso più utile della valuta locale.
Il MiCA, con tutti i suoi ostacoli in termini di licenze e obblighi di riserva, costringerebbe Tether a cambiare strategia e a investire per soddisfare gli standard specifici dell'UE. L'azienda afferma di non essere disposta a farlo, non a scapito dei mercati che ritiene più bisognosi di strumenti finanziari come USDT.
Lo sapevate? La Turchia è tra i Paesi con il più alto tasso di adozione delle criptovalute: il 16% della popolazione è impegnata in attività legate alle criptovalute. Questo elevato tasso di adozione è in gran parte dovuto alla svalutazione della lira turca e all'instabilità economica, le quali spingono i cittadini a cercare alternative come le stablecoin per preservare il proprio potere d'acquisto.
Cosa succede quando Tether non è conforme al MiCA
La decisione di Tether di saltare il MiCA non è passata inosservata. Sta già avendo conseguenze concrete, soprattutto per gli exchange e gli utenti in Europa.
1. Gli exchange stanno eliminando USDT
Grandi nomi come Binance e Kraken non hanno aspettato: per non incorrere nelle sanzioni imposte dalle autorità di regolamentazione dell'UE, hanno già rimosso le coppie di trading USDT per gli utenti dello Spazio Economico Europeo. Binance le aveva rimosse lo scorso marzo. Kraken ha seguito a ruota, rimuovendo non solo USDT, ma anche altre stablecoin non conformi come EURT e PYUSD di PayPal.
2. Gli utenti hanno meno opzioni
Se vi trovate in Europa e possedete USDT, non siete completamente sfortunati: potete ancora prelevarli o scambiarli su alcune piattaforme. Ma non potrete più trattarlo sui principali exchange. Questo sta già spingendo gli utenti verso alternative come USDC ed EURC, pienamente conformi al MiCA e ampiamente supportati.
Anche i principali processatori di pagamenti in criptovalute stanno ritirando il supporto, lasciando agli utenti meno possibilità di spendere direttamente le proprie criptovalute.
3. Un colpo alla liquidità? Probabile
Il ritiro degli USDT dalle borse europee potrebbe rendere i mercati un po' più instabili. Meno liquidità, spread più ampi e maggiore volatilità durante i grandi movimenti di prezzo sono tutti fattori in gioco. Alcuni trader si adatteranno rapidamente. Altri? Non così tanto.
Lo sapevate? Tether (USDT) è la criptovaluta più scambiata a livello globale, superando persino Bitcoin in termini di volume giornaliero. Nel 2024, ha facilitato transazioni per oltre $20.600 miliardi e vanta una base utenti di oltre 400 milioni in tutto il mondo.
Tether & regolamentazione MiCA
Tether potrebbe non essere in sintonia con l'UE, ma è ben lungi dall'essere in ritirata. Anzi l'azienda sta raddoppiando gli sforzi altrove, alla ricerca di un terreno più amichevole e di orizzonti più ampi.
In primo luogo, Tether ha scelto El Salvador come sua nuova base, un Paese che ha pienamente abbracciato le criptovalute. Dopo aver ottenuto la licenza per la fornitura di servizi in asset digitali, l'azienda sta aprendo lì una vera e propria sede centrale. Anche Ardoino e altri dirigenti di alto livello si stanno muovendo lì.
Inoltre, dopo aver incassato oltre $5 miliardi di profitti all'inizio del 2024, Tether sta mettendo a frutto il suo capitale:
• IA: Attraverso la sua divisione venture capital, Tether Evo, l'azienda ha acquisito partecipazioni in aziende come Northern Data Group e Blackrock Neurotech. Tether ha anche lanciato Tether AI, una piattaforma di intelligenza artificiale open source e decentralizzata progettata per funzionare su qualsiasi dispositivo senza server centralizzati o chiavi API. L'obiettivo è utilizzare l'IA per potenziare le operazioni e, magari, sviluppare nuovi strumenti lungo il percorso.
• Infrastrutture e AgTech: Tether ha investito in Adecoagro, un'azienda focalizzata sull'agricoltura sostenibile e sulle energie rinnovabili. È una mossa sorprendente, ma si inserisce nella strategia più ampia di Tether, volta a supportare sistemi resilienti e concreti.
• Media e oltre: ci sono anche segnali che indicano che Tether vuole lasciare il segno nei contenuti e nelle comunicazioni, dimostrando che sta pensando ben oltre il solo settore delle criptovalute.
L'uscita di Tether dal MiCA evidenzia il caos normativo globale delle criptovalute
L'abbandono del MiCA è un'istantanea di un problema molto più grande nel settore delle criptovalute: quanto sia difficile avviare un'attività in un mondo in cui ogni giurisdizione segue le proprie regole.
Il gioco dell'arbitraggio normativo
Non è la prima volta che Tether si trova ad affrontare normative di questo tipo. Come molte aziende crypto, ha padroneggiato l'arte dell'arbitraggio normativo, trovando la giurisdizione più favorevole e aprendo lì la propria sede.
L'Europa introduce regole severe? Bene, Tether si stabilisce a El Salvador, dove le criptovalute sono accolte a braccia aperte.
Se i grandi operatori possono spostare le giurisdizioni per eludere le normative, quanto sono efficaci queste norme? E questo tutela gli utenti al dettaglio o li confonde ulteriormente?
Un ecosistema delle criptovalute che è ovunque sulla mappa della Terra
Il problema più grande è che il panorama normativo globale è incredibilmente frammentato. L'Europa vuole piena conformità, trasparenza e obblighi di riserva. Gli Stati Uniti continuano a inviare segnali contrastanti. L'Asia è divisa: Hong Kong è pro-crypto, mentre la Cina rimane indifferente.
Anche Hong Kong ha approvato la Legge sulle stablecoin per concedere licenze agli emittenti garantiti da valute fiat e rafforzare le sue ambizioni Web3. Nel frattempo l'America Latina sta abbracciando le criptovalute come strumento di accesso finanziario.
Per le aziende è un vero disastro. Non si può costruire per un solo mercato globale; bisogna costantemente adattarsi, ristrutturare o ritirarsi completamente. Per gli utenti ciò crea enormi barriere all'accesso. Una moneta disponibile in un Paese potrebbe essere inaccessibile in un altro solo a causa delle politiche locali.
Un'ultima riflessione: la resistenza di Tether al MiCA è più di una semplice protesta contro la burocrazia. Infatti sta scommettendo che il futuro delle criptovalute verrà plasmato fuori da Bruxelles, non al suo interno.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.
L'etica del lavoro può tornare a dare i suoi frutti?
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/letica-del-lavoro-puo-tornare-a-dare)
Sono entusiasta quanto chiunque altro della prospettiva di un ritorno dell'industria manifatturiera americana, ma ci sono enormi ostacoli, tra cui le metriche di redditività della contabilità. Avrà senso dal punto di vista economico? Senza questo elemento, le aspirazioni politiche e la determinazione nazionale non saranno sufficienti.
Gli Stati Uniti hanno esternalizzato ingenti quantità della loro, un tempo enorme, potenza manifatturiera in Cina, Messico e altrove. Per decenni è sembrato un vantaggio reciproco, finché non ci siamo resi conto di quanto sia strano che l'America abbia talmente poche industrie da poterle definire davvero proprie.
Esistono diversi modi per affrontare questo problema, ma la sua portata non è ampiamente compresa. I differenziali salariali tra gli Stati Uniti e gli altri Paesi sono enormi e non facilmente superabili. Anche altri differenziali nei costi di produzione sono importanti, così come il valore problematico del dollaro. Il suo status di valuta di riserva mondiale consolida la logica economica delle importazioni rispetto alle esportazioni.
Ci sono altri problemi, tra cui uno più fondamentale: l'etica del lavoro americana. Si tratta di un problema culturale che emerge da decenni di soldi facili e dalla perdita di spirito imprenditoriale.
Una breve storia di ieri. Mi sono messo in coda al supermercato dietro una persona con un enorme cesto pieno di spesa, ma era sistemato in modo strano. Mentre la metteva sul nastro per la cassa, ha iniziato a usare i separatori, non in base al tipo di prodotto, ma in base a qualche altro criterio.
La osservavo attentamente mentre metteva i sacchetti di carta in ogni pila. Dopo che la prima tranche evasa, ha tirato fuori una carta e pagato. Poi ripeteva l'operazione. Infine ho capito: stava facendo la spesa per Instacart, non per una sola persona, ma per ben cinque famiglie.
Ho ripercorso in mente tutto il processo. Quando è entrata nel negozio, aveva una lista enorme e, passando per ogni corsia, tirava fuori la spesa per ogni cliente, separandola con cura e mantenendo questa separazione alla cassa, al pagamento, all'imbustamento e infine al trasporto.
La possibilità di errori in questo tipo di operazioni deve essere enorme. Un errore e il cliente si lamenterebbe sicuramente.
Ero un po' sbalordito dall'impresa ingegneristica che si stava svolgendo davanti ai miei occhi. Le ho chiesto come se la cavasse, ma al di là di una risposta laconica poco altro. Il suo inglese era stentato, quindi avevo difficoltà a comunicare. Ancora più importante, era troppo impegnata per chiacchierare con un tizio che se ne stava lì a chiedere informazioni.
Mentre ci pensavo, la guardavo lavorare con un certo stupore. Era meraviglioso. A giudicare dalle sue competenze linguistiche, è molto probabile che fosse un'immigrata recente, probabilmente senza un'istruzione “superiore”, ma con delle competenze pazzesche.
Com'è diventata così brava? La ripetizione e il miglioramento che ne consegue. È da lì che nasce l'abilità. Perché lo ripeteva così spesso? Perché doveva farlo per guadagnare. Il bisogno crea la disciplina e la disciplina alimenta l'abilità.
Un esempio veloce. Supponiamo che portiate a casa quattro sgabelli da bar girevoli dal negozio di bricolage, ma che debbano essere montati. Il primo è un disastro di viti e confusione, e potreste doverlo rifare una o anche due volte, destreggiandovi tra le istruzioni. È orribile. Il secondo è meglio. Quando arrivate al quarto, lo montate in una frazione del tempo impiegato per i precedenti.
Potreste pensare: “Wow, sono così bravo che potrei trasformarla in un'attività imprenditoriale”, ma è solo una delle competenze che ora possedete. La acquisite in un paio d'ore di lavoro intenso, ma ora ce l'avete. È così che concentrazione, disciplina, determinazione ed esperienza alimentano competenza e valore sul posto di lavoro.
Tim Cook di Apple ha chiarito che il vero motivo per cui gli iPhone e gli altri prodotti Apple vengono prodotti in Cina anziché negli Stati Uniti non è il salario. Sono l'abilità tecnica e la precisione. Questi prodotti richiedono estrema disciplina, conoscenza e profonda esperienza. Il numero di lavoratori in grado di farlo in Cina è elevato; negli Stati Uniti è esiguo.
Tim Cook explaining why Apple manufactures in China and not the United States.
Hint: Tariffs won’t fix this.
pic.twitter.com/iwMauU4szk
Penso a tutti i “colletti bianchi” che ho conosciuto e che impazzirebbero se gli venisse chiesto di fare qualcosa di anche lontanamente così complicato. Dimenticatevi di assemblare un iPhone. Non potrebbero certo fare la spesa per cinque famiglie contemporaneamente, imbustarla e consegnarla.
È un'abilità fuori dalla loro portata e si irriterebbero se qualcuno glielo chiedesse. Probabilmente si lamenterebbero con le risorse umane e preparerebbero una causa legale. Farebbero un pasticcio con il primo ordine, avrebbero a che fare con clienti furiosi e un capo troppo autoritario, e si rifugierebbero nel flacone di pillole o nella bibita al THC per far passare il dolore.
A questo punto della storia, non sono sicuro che la classe operaia negli Stati Uniti sia all'altezza di questo tipo di produttività. La realtà del periodo di lockdown è che la maggior parte delle persone si è goduta due anni di svaghi, fingendo di lavorare. Quel periodo ha anche distrutto la motivazione di molti, viziando un'intera generazione di lavoratori d'élite, inducendoli a credere che fare soldi sia facile e senza sforzo.
Per 25 anni di tassi d'interesse artificialmente bassi – in particolare dal 2008 – la FED ha coltivato la sensazione che l'intero sistema si basi su una sorta di illusione. Certo, alcune persone sono ricche e altre povere, ma la differenza non ha nulla a che fare con il lavoro che svolgono. È tutta una questione di nascita, classe sociale, credenziali e fortuna nell'attrazione demografica.
Questa è una percezione tragica, completamente incoerente con la tradizionale etica americana del duro lavoro e della mobilità di classe. Una caratteristica del programma di Trump è quella di recuperare e ricostruire quell'idea con un cambiamento nelle strutture economiche, tra cui deregolamentazione e tagli fiscali. I dazi ne fanno parte, spinti dal presupposto che gli americani abbiano il necessario per rifare le cose.
Il presupposto alla base di questa politica è che investitori, imprenditori e lavoratori americani si adegueranno e realizzeranno prodotti eccellenti, godendo al contempo della protezione che i dazi doganali offrono contro la concorrenza estera. Anche se ciò dovesse accadere – ed è un grande se – gli americani sono davvero pronti a farlo? L'esternalizzazione di così tanta produzione manifatturiera va avanti da quasi 50 anni.
Le azioni di quel lavoratore di Instacart, impegnata in un'incredibile dimostrazione di abilità manageriale, sottolineano questo punto. Per generazioni, ci è stato detto che intelligenza e competenza sono distribuite in modo sproporzionato tra i livelli più alti della struttura di classe degli Stati Uniti.
Personalmente, non ci credo. È più probabile il contrario: le persone che lottano per vivere, facendo due o tre lavori per pagare le bollette, hanno più competenze della maggior parte delle persone nel terzo superiore della distribuzione del reddito che non hanno mai dovuto preoccuparsi di pagare le bollette.
Parlate oggi con qualsiasi persona seria in qualsiasi azienda di medie dimensioni e vi racconterà delle sue difficoltà. Le normative e le tasse sono esasperanti, ma sono i problemi di lavoro quotidiani a ostacolare davvero le loro attività e il loro progresso. È estremamente difficile trovare lavoratori che facciano ciò che devono fare con puntualità, attenzione ai dettagli e senza un costante supporto e complimenti.
Questo declino dell'etica lavorativa americana è in parte dovuto alle istituzioni scolastiche, ma anche al fatto che la maggior parte dei giovani che rientrano nella metà più alta della classe di reddito non ha mai lavorato un giorno in vita sua prima di aver conseguito un titolo di studio.
Non hanno la minima idea di cosa significhi accettare un lavoro duro e perseverare fino alla fine. Provano risentimento per le strutture autoritarie sul posto di lavoro e cercano di manipolare il sistema proprio come hanno manipolato la scuola per oltre 16 anni.
Una cosa è sviluppare competenze per sopravvivere in classe, un'altra è avere competenze per un nuovo mondo manifatturiero. I corsi di officina al liceo sono quasi del tutto scomparsi (solo il 6% degli studenti li frequenta, contro il 20% degli anni '80) e due terzi degli adolescenti rinunciano a un lavoro retribuito, semplicemente perché non è necessario. Sono passate generazioni da quando la maggior parte delle persone non sapeva nulla della vita in fattoria, per non parlare di quella in fabbrica.
Trump sta cercando di risolvere un problema vecchio di mezzo secolo in quattro anni. È una sfida seria e non posso dire di essere ottimista. Detto questo, ora ci sono reali opportunità per persone come il lavoratore che ho menzionato prima, persone che lavorano sodo, lavorano bene, perseverano nel loro compito e sono grate per le opportunità che hanno. Purtroppo queste caratteristiche sfuggono in gran parte ai laureati delle istituzioni scolastiche più prestigiose del nostro Paese.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.
Il ritorno dei rendimenti reali negativi nell’area Euro
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-ritorno-dei-rendimenti-reali-negativi)
Sebbene i rendimenti reali negativi pare non siano più un problema per molti investitori, stanno tornando a essere un tema urgente, soprattutto per chi di noi è concentrato sulla costituzione e la conservazione dei risparmi. La causa principale di questo problema è l'inflazione.
Prima di continuare a discutere dell'inflazione futura e dell'emergere di rendimenti reali negativi, chiariamo innanzitutto cosa significa realmente il termine “inflazione”. Esso, infatti, è spesso utilizzato in modo poco chiaro e le persone ne danno interpretazioni diverse.
Nel linguaggio comune inflazione fa riferimento all'aumento dei prezzi dei beni di consumo: quando gli articoli acquistati nei negozi diventano più costosi mese dopo mese, anno dopo anno. In altre parole, si ottiene di meno in cambio dei propri soldi.
Tuttavia, per comprendere veramente il fenomeno, è importante distinguere tra il sintomo e la causa.
Dal punto di vista economico, la causa dell'inflazione è l'aumento dell'offerta di moneta: questo è ciò che chiamiamo “inflazione monetaria”. Il sintomo di questa causa è l'aumento dei prezzi dei beni, noto anche come “inflazione dei prezzi dei beni”.
Per dirla in parole povere, l'inflazione dei prezzi dei beni è sempre e comunque un fenomeno monetario, come affermò giustamente l'economista americano Milton Friedman.
Tuttavia, se vogliamo essere davvero precisi, dovremmo dire che l'inflazione dei prezzi dei beni è il risultato di un aumento dell'offerta di moneta rispetto alla relativa domanda.
L'inflazione è un problema economico, soprattutto per risparmiatori e investitori, e può essere decisamente distruttiva. Questo vale non solo quando l'inflazione raggiunge livelli così elevati che il denaro perde letteralmente valore, ma anche quando è relativamente bassa ma comunque superiore ai tassi d'interesse nominali.
Ecco un esempio: supponiamo che abbiate un rendimento del 2% sul vostro deposito bancario, ma l'inflazione è del 3%. In questo caso il vostro tasso d'interesse reale – quello aggiustato all'inflazione – diventa -1% (ovvero, il tasso d'interesse nominale del 2% meno il 3% di inflazione). Ciò significa che il potere d'acquisto del vostro deposito bancario diminuisce dell'1% all'anno. E non dimenticate le imposte sulle plusvalenze, le quali vengono applicate ai rendimenti nominali e aggravano ulteriormente le vostre perdite.
Ora, potreste chiedervi: “”Chi è responsabile dell'inflazione come fenomeno monetario”?
La risposta: le banche centrali. Hanno il monopolio sulla creazione del denaro e, su questa base, le banche commerciali sono autorizzate a piramidare le loro riserve.
E ora capite perché è assurdo quando la gente afferma che le banche centrali (o i loro organi di governo) “combattono l'inflazione”.
In realtà, le banche centrali non combattono mai l'inflazione: la creano. A volte creano più inflazione, a volte meno, ma non la combattono mai.
Se prendiamo in considerazione l'area Euro, si potrebbe sostenere che la massa monetaria è cresciuta solo del 4% a febbraio 2025 rispetto all'anno precedente.
Non sembra un numero eccessivamente alto e i prestiti bancari – attraverso i quali viene creato nuovo denaro – sono cresciuti solo del 2% circa. Quindi, com'è possibile che l'inflazione sia in aumento, soprattutto senza una significativa ripresa economica in vista?
Questa argomentazione ha un certo fondamento. Tuttavia, guardando al futuro, ci sono solide ragioni per aspettarsi un massiccio aumento del debito pubblico nei Paesi dell'area Euro. Questo debito non sarà utilizzato solo per acquistare nuove attrezzature militari, ma anche per sostenere uno “Stato sociale” sempre più insostenibile e strutture politiche in crisi.
Per raggiungere questo obiettivo, gli stati dell'area Euro, soprattutto quelli più grandi, emetteranno ingenti quantità di nuovi titoli di stato. Questi ultimi saranno acquistati dalla Banca Centrale Europea. Allo stesso tempo, la BCE abbasserà i tassi d'interesse e conterrà i rendimenti obbligazionari a livelli artificialmente bassi.
Il denaro appena creato verrà speso per trasferimenti sociali, appalti governativi e altre attività politiche.
È noto che i politici tendono a spendere soldi per progetti che non comportano alcun aumento di produttività o ne comportano pochi. Di conseguenza l'aumento della massa monetaria, combinato con la spesa pubblica, farà inevitabilmente aumentare i prezzi dei beni, causando un aumento dell'inflazione.
Proviamo a mettere le cose in prospettiva con qualche numero.
Se i disavanzi pubblici nell'area Euro si attestassero intorno al 5% del PIL e la BCE acquistasse nuove obbligazioni, l'offerta di moneta potrebbe aumentare di circa €800 miliardi. Ciò rappresenterebbe un ritmo di crescita annuo di M3 di circa il 5%. Inoltre l'offerta di moneta aumenterebbe a seguito dell'indebitamento bancario del settore privato.
Nel complesso questo potrebbe spingere l'inflazione nell'area Euro a circa il 4% o più. Se la BCE mantenesse i tassi d'interesse a lungo termine intorno al 3%, il tasso d'interesse reale scenderebbe a -1% (3% del tasso di interesse nominale meno il 4% di inflazione). Ciò significa che gli stati europei ridurrebbero il loro debito reale a spese dei creditori, ovvero risparmiatori e investitori.
Per le obbligazioni a breve termine e i depositi bancari, che solitamente offrono tassi d'interesse più bassi, l'espropriazione attraverso tassi d'interesse reali negativi sarebbe ancora più grave.
In sintesi, questa situazione equivale a quella che viene definita “repressione finanziaria”.
Ma potreste pensare: “Non abbiamo già sperimentato di recente tassi d'interesse negativi”?
Esatto. Dalla fine del 2018 alla fine del 2020, ad esempio, il rendimento nominale del titolo di stato tedesco a 10 anni è stato negativo.
All'epoca l'inflazione rimase relativamente contenuta fino a metà del 2021, quindi non fu l'aumento dell'inflazione a causare il calo del tasso d'interesse reale, bensì il calo dei tassi d'interesse nominali. Successivamente l'inflazione aumentò vertiginosamente, in gran parte a causa dell'aumento del 25% di M3 e l'aumento dell'inflazione spinse ulteriormente i tassi d'interesse reali in territorio negativo.
Guardando al futuro, la situazione sarà probabilmente diversa. L'inflazione sarà la forza trainante dei tassi d'interesse reali negativi.
Nel contesto attuale la BCE avrà difficoltà a riportare i tassi d'interesse nominali allo zero o al di sotto dello zero. I rendimenti obbligazionari in tutto il mondo sono aumentati significativamente e le obbligazioni denominate in euro devono offrire tassi d'interesse sufficientemente interessanti per mantenere vivo l'interesse degli investitori.
Pertanto è probabile che la BCE manipoli il tasso d'interesse nel mercato dei capitali affinché risulti basso ma positivo, garantendo al contempo un'inflazione più elevata. Ciò spingerebbe i tassi d'interesse nominali al di sotto del tasso d'inflazione, facendo sì che i tassi d'interesse reali diventino negativi, con i debitori che ne trarrebbero beneficio a scapito di risparmiatori e obbligazionisti.
La repressione finanziaria derivante dall'aumento dell'inflazione avrà conseguenze economiche e sociali di vasta portata.
I tassi d'interesse reali negativi continueranno a trasformare le economie dell'area Euro in sistemi sempre più di comando e controllo, in cui gli stati dettano legge su produzione, consumi e ogni aspetto della vita economica. Ciò erode le libertà residue di cittadini e imprenditori, rendendo il sistema statale sempre più onnipotente.
I segnali di questo cambiamento sono già visibili. Si pensi, ad esempio, alla palese decisione dell'Unione Europea di sequestrare i risparmi dei cittadini per finanziare spese dettate dalla politica.
L'area Euro sta scivolando in una situazione estremamente precaria: gli stati non riescono più a finanziare la loro insaziabile fame di denaro con le sole entrate fiscali. Di conseguenza i politici faranno sempre più affidamento sul finanziamento tramite debito.
Gli investitori privati acquistano titoli di stato europei perché sanno che la BCE non permetterà ai Paesi dell'area Euro di dichiarare default. La BCE continuerà a sostenerli con denaro di nuova emissione quando necessario. Per mantenere il debito accessibile agli stati in difficoltà finanziarie, la BCE abbasserà artificialmente i tassi d'interesse.
Ciò ci porta alla situazione attuale: la BCE sta espandendo l'offerta di moneta acquistando debito pubblico, l'inflazione sta aumentando e i rendimenti nominali delle obbligazioni rimangono artificialmente bassi, con tassi d'interesse reali negativi per risparmiatori e investitori.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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La fine della globalizzazione
In UE i leader europei temono che la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina porterà un'ondata di prodotti a basso costo provenienti da quest'ultima e che potrebbero mettere in pericolo i produttori locali oltre a creare un importante problema economico. Molti esportatori infatti si trovano ad affrontare una dura realtà: non possono vendere i loro prodotti se non li esportano negli Stati Uniti e gli importatori non accetteranno prezzi più alti a causa dei dazi. Il motivo per cui gli esportatori non possono trasferire il costo dei dazi sui consumatori statunitensi è che la maggior parte dei prodotti che hanno consegnato in America era attraente solo perché estremamente economica. Quando i prezzi aumentano, la domanda diminuisce. La guerra dei dazi ha dimostrato che la domanda non è anelastica. Il crollo degli ordini di container dimostra la Teoria mengeriana dell'imputazione: sono i prezzi di produzione a determinare i prezzi dei fattori, non il contrario. L'insostenibilità del trasporto marittimo globale costringerà i Paesi ad accelerare gli accordi commerciali con gli Stati Uniti, altrimenti rischieranno una cascata di crolli all'interno delle loro strutture aziendali. Il tonfo degli ordini di container dimostra che gli importatori statunitensi non accetteranno alcun prezzo, che l'eccesso di capacità nei principali settori della vendita al dettaglio è enorme e che non esiste un'alternativa ai consumatori americani. Se credevate che altri Paesi avrebbero esitato a negoziare accordi commerciali con gli Stati Uniti, dovreste ricredervi: il consumatore americano ama i prodotti a basso costo, ma non desidera gli stessi beni al doppio del prezzo. L'economia statunitense potrebbe anche subire una contrazione a causa di questo improvviso crollo delle importazioni, ma le conseguenze sono molto più gravi per i Paesi esportatori. L'esito non è positivo per nessun Paese, quindi c'è una sola scelta da fare: negoziare o perdere. Se gli altri Paesi non riusciranno a stabilire accordi commerciali con gli Stati Uniti nel futuro prossimo, i loro rivenditori al dettaglio rischiano di dover affrontare una grave crisi.
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da Zerohedge
(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-fine-della-globalizzazione)
Il fine settimana scorso i policymaker occidentali hanno lanciato un messaggio chiaro: il mondo è di fronte alla fine dell'era della globalizzazione. Isabel Schnabel della BCE lo ha sottolineato in un discorso ai leader aziendali in Italia sabato scorso, quando ha affermato che “il Giorno della Liberazione non è stato liberatorio, ma ha segnato la fine del libero scambio globale”.
Allo stesso modo il primo ministro britannico, Keir Starmer, terrà un discorso più tardi oggi in cui dirà che la globalizzazione ha “fallito” come modello economico e che il suo tempo è ormai finito.
Tali commenti sono tanto sconcertanti per la loro sincerità e gravità, quanto invece per la loro inaspettatezza. Giovedì e venerdì della scorsa settimana, i mercati azionari erano in caduta libera, mentre l'annuncio dei dazi ha rapidamente smorzato le tensioni commerciali di Trump e i mercati hanno preso coscienza che non si trattava solo di una manovra negoziale e che i dazi stavano davvero prendendo piede.
Il governo cinese ha annunciato che avrebbe reagito imponendo dazi del 34% su tutte le importazioni dagli Stati Uniti, mentre i funzionari europei hanno affermato che avrebbero innalzato nuove barriere commerciali per impedire il dumping di beni a basso costo che distruggerebbe l'industria europea, mentre preparavano anche delle “contromisure” contro i dazi statunitensi.
I membri del gabinetto di Trump non hanno fatto nulla durante il fine settimana per placare i timori di ulteriori cali del mercato. Il Segretario al commercio, Lutnick, ha insistito sul fatto che “i dazi stanno arrivando” e il Segretario di stato, Marco Rubio, ha scrollato le spalle di fronte alle perdite dei mercati affermando: “Non credo sia giusto dire che le economie stanno crollando. I mercati stanno scendendo perché si basano sul valore delle azioni di aziende che oggi sono integrate in modi di produzione che sono dannosi per gli Stati Uniti”. In sintesi: non ci interessa il vostro portafoglio, stiamo rendendo l'America di nuovo grande. Come ho osservato alla fine della scorsa settimana: “Rendere l'America di nuovo grande significa rendere l'America di nuovo un'economia basata sulla produzione”.
Senza cavalieri in armatura scintillante del governo pronti a salvare i mercati azionari, i futures di questa mattina sono in forte ribasso. L'indice S&P 500 sembra destinato ad aprire in ribasso del 3,8% e i futures sul NASDAQ indicano una perdita del 4,9% in apertura. Anche i mercati asiatici sono in difficoltà. Il Nikkei è in calo dell'8% e l'ASX200, fortemente legato alla Cina, ha perso il 5,90% al momento della stesura di questo articolo. La FED potrebbe intervenire con un po' di liquidità a basso costo?
Il Brent è sceso del 3,40% questa mattina a $63,33, dopo il calo del 6,42% di giovedì e di un ulteriore 6,50% venerdì. Nonostante il suo status di bene rifugio, l'oro è trattato poco sotto i $3000 l'oncia (liquidato per soddisfare le richieste di margine altrove?), ma ha trovato un po' di interesse nelle prime ore di lunedì, in seguito alla notizia che la Cina aveva incrementato le sue riserve auree statali per il quinto mese consecutivo. I rendimenti dei titoli del Tesoro statunitensi a 10 anni sono ora scesi al 3,92% (e in calo). Questa dovrebbe essere una buona notizia per il Segretario al Tesoro, Scott Bessent, che ha il compito di rifinanziare circa $25.000 miliardi di debito nei prossimi quattro anni.
Bessent ha ribadito la tesi di Rubio secondo cui “i mercati azionari non sono l'economia”, affermando di non aspettarsi una recessione negli Stati Uniti quest'anno e suggerendo che i tassi d'interesse bassi e i prezzi dell'energia fossero in realtà un'ottima notizia per le imprese americane. Ha anche fatto commenti interessanti nel podcast di Tucker Carlson, dove ha affermato che l'88% del mercato azionario statunitense è detenuto dal 10% più ricco degli americani, il 12% è detenuto dal successivo 40% e che il 50% più povero delle famiglie non possiede praticamente nulla, ma è invece indebitato.
Bessent ha affermato che sono proprio queste persone, quelle nel 50% più povero, ad aver bisogno di aiuto, quindi, ancora una volta, il sottinteso è: “Non ci interessa il vostro portafoglio azionario. Ci interessa ricostruire la base manifatturiera americana e, con essa, la classe media operaia”.
.@SecScottBessent: "The old system wasn't working and if you look at a system that's not working you have to be brave to change it ... It would've been easy to keep pumping up the economy, borrowing a lot of money, creating gov't jobs ... but you were going to end up in a… pic.twitter.com/NI5dZXF5Dt
— Trump War Room (@TrumpWarRoom) April 4, 2025Il gestore di hedge fund, Bill Ackman, sta facendo notizia oggi, descrivendo i dazi come un “inverno nucleare economico” e chiedendo una “pausa” di 90 giorni prima della loro attuazione. I funzionari dell'amministrazione Trump sostengono che oltre 50 Paesi si siano offerti di riformare le proprie pratiche commerciali in cambio di una riduzione dei dazi annunciati.
Taiwan si è offerta di azzerare tutti i dazi sulle importazioni di beni statunitensi e di iniziare a investire di più negli Stati Uniti. Anche il Vietnam si è offerto di azzerare i dazi sulle importazioni statunitensi, ma il consigliere commerciale della Casa Bianca, Peter Navarro, ha respinto l'offerta affermando che non è sufficiente a colmare il persistente squilibrio commerciale a causa di tutti gli “imbrogli commerciali” in corso.
Naturalmente molti economisti e leader mondiali si sono indignati per la rozza semplicità dei dazi reciproci, che apparentemente sono stati calcolati prendendo la bilancia commerciale di ciascun Paese con gli Stati Uniti, dividendola per le esportazioni e poi dividendo per due. Molti economisti hanno sottolineato che i dazi non “massimizzano il benessere economico” perché creano perdite secche e che la Teoria ricardiana del commercio afferma che esso verrebbe massimizzato se ogni economia non avesse barriere commerciali e si specializzasse in base al vantaggio comparato.
Il problema è che la Teoria ricardiana del commercio afferma anche che non dovrebbero verificarsi squilibri commerciali persistenti (perché i tassi di cambio dovrebbero aggiustarsi per impedirli) e presuppone che sia il lavoro che il capitale non siano mobili a livello internazionale. Chiaramente questo non è il caso nel mondo reale e lo status del dollaro come valuta di riserva ha fatto sì che rimanesse sopravvalutato rispetto alle altre valute, ostacolando così la competitività commerciale degli Stati Uniti. Non è un caso che la svalutazione artificiale di varie valute rispetto al dollaro sia una delle principali lamentele di Navarro e Trump, quindi tenete d'occhio il cambio USD/CNY questa settimana e qualsiasi annuncio da parte della PBOC di abbassare il tasso reverse-repo.
Dal punto di vista degli americani, quello che sta succedendo ora è che i Paesi di tutto il mondo che hanno praticato silenziosamente un ampio protezionismo dove faceva loro comodo, stanno convertendosi in punto di morte al libero scambio. Adam Smith è tornato di moda, ma dato che gli Stati Uniti stanno adottando queste politiche protezionistiche per ricostruire la propria base manifatturiera nel caso in cui dovessero combattere di nuovo una guerra importante, i recenti convertiti sembrano dimenticare questa piccola perla di Smith: “La difesa è molto più importante dell'opulenza”.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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La grande riorganizzazione degli USA (Parte #2)
(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-grande-riorganizzazione-degli-ae4)
COPRIRE IL DOLLARO E RICAPITALIZZARE L'AMERICA
I mercati hanno iniziato a scontare una ricapitalizzazione degli Stati Uniti il giorno dopo le elezioni presidenziali, quando è stato chiaro che sarebbe stato Trump a vincere. È più comune parlare di ricapitalizzazione in termini di un'azienda, ma lo stesso concetto può essere applicato a un Paese. Fa riferimento a una ristrutturazione del quadro finanziario ed economico di un'entità, oltre a stabilizzare la struttura del capitale. Per gli Stati Uniti, questo deve essere fatto sui seguenti livelli:
• Debito pubblico e salute fiscale;
• Stabilità del dollaro;
• Rilancio economico.
Se il team DOGE avrà successo, il suo sforzo contribuirà notevolmente a consolidare le finanze del governo federale e a stabilizzare il dollaro. Eviterebbe anche una crisi del debito sovrano, poiché la domanda di titoli del Tesoro statunitensi aumenterebbe quasi certamente. E se riuscisse a tagliare in modo netto l'attuale struttura normativa e amministrativa, ciò contribuirebbe notevolmente alla rivitalizzazione economica. Ci vorrebbe del tempo, ma assisteremmo a una rinascita delle piccole imprese in questo Paese se lo Stato profondo venisse smantellato. Allo stesso tempo tassi d'interesse normalizzati contribuirebbero a invertire cinque decenni di finanziarizzazione, il che aprirebbe la strada a una rinascita della classe media americana, un tempo fiorente.
Ma non si può essere totalmente ottimisti: anche se tutto ciò si verificasse, non cancellerebbe 50 anni di pessime politiche economiche dall'oggi al domani. Né cancellerebbe il debito nazionale di circa $36.000 miliardi.
Ed è qui che emerge un nuovo, curioso piano...
La senatrice del Wyoming, Cynthia Lummis, ha presentato un disegno di legge per istituire una “Riserva strategica in Bitcoin” per il governo degli Stati Uniti. La legge propone che il Dipartimento del Tesoro e la FED acquistino 200.000 bitcoin all'anno per cinque anni. L'obiettivo è accumulare un milione di bitcoin, quasi il 5% dell'offerta totale. Ai prezzi attuali, ciò equivale a oltre $100 miliardi in Bitcoin, ma se la FED portasse a termine questo piano, il prezzo in dollari aumenterebbe notevolmente, probabilmente di 5 volte o più. Donald Trump ha espresso il suo sostegno a questo piano, così come numerosi dirigenti aziendali.
Marc Andreessen, fondatore di Netscape e della società di venture capital Andreessen Horowitz, è uno di questi. Di recente ha rivelato di aver trascorso circa metà del suo tempo a Mar-a-Lago a lavorare con la nuova amministrazione Trump dopo le elezioni. Alla domanda su quale sarebbe la destinazione d'uso di questa “Riserva Strategica in Bitcoin”, le risposte fornite sono vaghe, incentrate sulla stabilità economica, la sicurezza nazionale e il rimborso del debito pubblico... ma c'è anche un altro aspetto. La mia scommessa è che Bitcoin sarà reso una forma di collaterale e quindi utilizzato per ricapitalizzare il sistema bancario e coprire i mercati dei titoli del Tesoro statunitensi. Bitcoin sarebbe perfetto per questo compito.
Naturalmente questo non era il suo scopo originale, non è per questo che mi sono avvicinato a questa tecnologia nel 2011. All'epoca ero interessato a Bitcoin come moneta, non come un meccanismo per contribuire a ricapitalizzare il sistema finanziario attuale. Tuttavia ho imparato a non lasciare che la “perfezione” fosse nemica della “scelta migliore”.
IL PIANO “AMERICA FIRST” SI CONCRETIZZA
Trump ha nominato Howard Lutnick come Segretario al Commercio. Non credo che sia molto noto, ma è l'amministratore delegato della società di investimenti Cantor Fitzgerald. Essa offre ai clienti istituzionali una vasta gamma di servizi finanziari ed è anche uno dei 24 Primary dealer del Federal Reserve System. Si tratta di una posizione davvero privilegiata, dato che i Primary dealer partecipano all'asta dei titoli del Tesoro USA e ricevono accesso diretto ai finanziamenti a basso costo della FED attraverso la “finestra di sconto” e il mercato pronti contro termine. Tutto questo per dire che Lutnick è un vero insider ed è in sintonia con i meccanismi che stanno alla base del sistema finanziario basato sul dollaro. Ed è qui che la storia si fa interessante...
All'inizio di quest'anno Cantor Fitzgerald ha investito $600 milioni in una società chiamata Tether. Cantor ora detiene circa il 5% della società. Tether emette l'omonima stablecoin in dollari: una criptovaluta che funziona in modo simile a Bitcoin, solo che è agganciata 1 a 1 al dollaro. Ciò significa che un USDT equivale sempre a circa 1 dollaro. Mantenere questo ancoraggio è piuttosto semplice: gli utenti acquistano USDT con dollari, Tether prende poi quei dollari e li investe in vari asset, tra cui titoli del Tesoro USA, Bitcoin e oro. Questo crea una riserva di asset a supporto di ogni USDT emesso.
Poco dopo l'investimento di Cantor in Tether, negli ambienti finanziari ha iniziato a diffondersi la voce che stesse anche sviluppando un fondo per prestare dollari a fronte di garanzie in Bitcoin, con Tether come elemento fondamentale di tale infrastruttura. E ora possiamo vedere il piano iniziare a prendere forma...
Sotto la guida di Cantor Fitzgerald, vedremo il sistema finanziario tradizionale iniziare a prestare dollari coperti da Bitcoin, proprio come accade con altri beni durevoli come gli immobili. Ciò significa che il governo statunitense potrà prendere in prestito dollari coperti dalla sua “Riserva Strategica in Bitcoin”, ottenendo così una seconda fonte di finanziamento oltre all'emissione di titoli del Tesoro. L'effetto netto è che il dollaro sarà in una certa misura coperto da Bitcoin e quest'ultimo sarà monetizzato. Ciò a sua volta stimolerà anche la domanda di USDT, in quanto rappresenta lo strato intermedio tra i dollari tradizionali e Bitcoin. Con l'afflusso di capitali verso USDT, Tether li investirà in asset di riserva, rafforzando ulteriormente il dollaro; e con un Primary dealer come Cantor che ora sostiene l'azienda, possiamo aspettarci che Tether investirà anche in titoli del Tesoro statunitensi.
Più ci penso, più mi rendo conto che si tratta di un piano davvero brillante.
Il governo degli Stati Uniti acquisterà un milione di bitcoin nei prossimi cinque anni per creare la sua riserva strategica. Nel frattempo il sistema finanziario sta creando l'infrastruttura necessaria per erogare prestiti in Bitcoin come garanzia. Ciò significa che la “Riserva Strategica in Bitcoin” coprirà il dollaro. Allo stesso tempo altre istituzioni e individui useranno questi prestiti garantiti da Bitcoin, consentendo a quest'ultimo di fungere da riserva personale. Questo convoglierà un maggiore capitale in Tether, che a sua volta acquisterà titoli del Tesoro statunitensi, cosa che a sua volta sosterrà le finanze del governo americano riducendo la necessità di investimenti esteri. Una tale dinamica sbloccherà un'immensa quantità di valore attualmente depositata in Bitcoin. È logico che gran parte di questo capitale verrà utilizzato per stimolare l'attività economica e forse anche per iniziare a risolvere il problema delle infrastrutture americane in rovina.
E non deve per forza fermarsi a Bitcoin...
LA RIMONETIZZAZIONE DELL'ORO
Il governo degli Stati Uniti possiede ancora 8.133,46 tonnellate d'oro. Si tratta della più grande riserva aurea conosciuta al mondo. Precedenti funzionari, tra cui l'ex-presidente della FED, Ben Bernanke, hanno sempre minimizzato la questione. Quando gli venne chiesto perché il governo degli Stati Uniti detenesse ancora oro, Bernanke rispose che era “per tradizione”... a dir poco assurda come risposta. Ovviamente il governo degli Stati Uniti ha sempre riconosciuto l'importanza strategica della sua enorme riserva aurea, altrimenti l'avrebbe venduta molto tempo fa. Se il governo monetizza Bitcoin come descritto sopra, è ragionevole che monetizzi anche l'oro. La stessa infrastruttura utilizzata per garantire Bitcoin potrebbe essere utilizzata per l'oro.
È interessante notare che il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti contabilizza ancora le sue riserve auree a un valore contabile di $42,22 l'oncia in bilancio. Questo valore stima l'oro del governo statunitense a $10,4 miliardi... una goccia nell'oceano oggi. Tuttavia l'oro oggi viene scambiato oltre $3.000 l'oncia mentre scrivo. Le riserve auree statunitensi valgono circa $800 miliardi ai prezzi correnti e il prezzo dell'oro salirebbe ancora di più se venisse rimonetizzato. Un aumento del prezzo dell'oro (in dollari) ricapitalizzerebbe ulteriormente l'America e contribuirebbe a fornire un'altra soluzione al debito nazionale.
Infatti negli ultimi anni abbiamo assistito a numerose proposte per operazioni del Dipartimento del Tesoro coperte dall'oro. L'ex-capo stratega di Trump, Steve Bannon, ha suggerito che la seconda amministrazione Trump potrebbe perseguire politiche monetarie coperte dall'oro nel tentativo di ridurre il debito nazionale; anche l'ex-candidata di Trump alla FED, Judy Shelton, ha promosso l'idea di titoli del Tesoro coperti dall'oro.
Inoltre il Project 2025 della Heritage Foundation richiede esplicitamente la rimonetizzazione dell'oro. Trump vi ha preso le distanze durante la campagna elettorale, ma due dei suoi nuovi membri del gabinetto vi hanno contribuito direttamente, tra cui il direttore entrante dell'OMB Russell Vought, il più influente per quanto riguarda le questioni monetarie.
Ripristinare il ruolo monetario dell'oro all'interno del sistema finanziario basato sul dollaro aumenterebbe quasi certamente la fiducia globale nel biglietto verde e nei titoli del Tesoro statunitensi. Insieme alla monetizzazione di Bitcoin, questo potrebbe anche sbloccare migliaia di miliardi di dollari di valore intrappolato che potrebbero essere utilizzati per ripagare il debito nazionale.
DAVVERO POTREBBE ACCADERE?
Prima di tre anni fa non pensavo che nulla di simile potesse mai essere possibile. Ero “black-pilled”, come si dice oggi: non pensavo che il sistema potesse essere riformato, soprattutto a causa di un'esperienza passata, ovvero quella di Ron Paul nel 2012. All'epoca esisteva un sito chiamato The Daily Paul attraverso il quale i sostenitori riportavano tutto ciò che vedevano accadere nelle loro contee e nei loro stati. I media tradizionali, inclusa Fox News, facevano di tutto per far sembrare Ron Paul un pazzo senza alcun supporto popolare; la realtà è che aveva il Partito Repubblicano contro. Arrivò addirittura un momento in cui un numero significativo di suoi delegati venne eletto alla convention nazionale, i quali avevano intenzione di votare per Ron Paul come candidato repubblicano alla presidenza. Ma gli imbrogli erano proprio dietro l'angolo: il Partito Repubblicano arrivò al punto di revocare le credenziali a intere liste di delegati di Ron Paul e poi a sostituirli con quei nomi che più gli aggradava.
Per il Partito Repubblicano nel suo complesso, si trattava solo di assicurarsi che l'elettore repubblicano medio credesse che Ron Paul fosse un candidato marginale con idee folli. Non voleva che la gente sentisse cosa avesse realmente da dire, perché sapeva che avrebbe trovato eco in molti elettori. Una giornalista di nome Deborah Smarth ha scritto un libro su quanto accaduto durante quella stagione delle primarie repubblicane, intitolato America's Lost Opportunity: Stolen Victories 2012.
La Smarth ha documentato molti esempi di pratiche ingannevoli e ostili da parte del Partito Repubblicano durante quella campagna elettorale. Inutile dire che il cinismo era tutto quello che mi sono portato dietro dopo quell'esperienza, soprattutto quando si vede un candidato che sosteneva la riforma fiscale e un ritorno ai principi fondanti dell'America venir sostituito da un sostenitore dei globalisti come Mitt Romney.
Mi sono, quindi, aggrappato al cinismo per un decennio. Per il momento, però, l'ho messo da parte: c'è qualcosa di diverso in quello che sta succedendo oggi. Considerati tutti i punti che abbiamo collegato in questo saggio, e tutte le briciole di pane che ci hanno portato fin qui e raccolte nel mio ultimo libro intitolato Il Grande Default, credo che all'agenda “America First” gli si debba dare una possibilità. Certo, non è filosoficamente coerente come il piano di Ron Paul, ma è certamente migliore di quello che abbiamo ora ed è decisamente migliore di quello che i globalisti vorrebbero imporre.
Ecco cosa c'è di diverso in quello che sta succedendo oggi... Stiamo assistendo a una strana coalizione di giganti della tecnologia, addetti ai lavori di Wall Street, i nuovi media (con Joe Rogan e Tucker Carlson come protagonisti) ed ex-Democratici che si uniscono attorno al team di Trump e alla sua agenda “America First”. Anche Robert F. Kennedy Jr. è a bordo e il suo cognome rappresenta forse la dinastia politica più iconica del Partito Democratico nella storia americana. Sulla stessa linea Joe Rogan ha appoggiato Bernie Sanders nel 2016; ora sostiene attivamente il programma “America-First”.
Questa non è altro che una controrivoluzione contro il programma globalista.
È di natura apartitica ed è guidata da qualcosa di più dell'interesse personale: è guidata dall'autoconservazione. Di chi? Del sistema bancario commerciale statunitense. Quindi sono convinto che lo sforzo di riforma a cui stiamo assistendo oggi sia sincero. C'è un piano in atto e non ha nulla a che vedere con l'amministrazione Trump del 2016, la quale nominò un gruppo di vecchi neoconservatori repubblicani (neocon) che alla fine fecero saltare tutto in aria. Ovviamente non so se i NY Boys e l'amministrazione Trump riusciranno a portare a termine il loro piano, ma penso che abbiano una ragionevole possibilità di successo. Sarà affascinante osservare come si evolverà il tutto.
E ci sono anche importanti implicazioni per gli investimenti...
INVESTIRE IN UN MONDO IN CUI L'AMERICA È AL PRIMO POSTO
Se ciò di cui abbiamo discusso oggi si realizzerà, entreremo in un mondo che nessuno di noi ha mai conosciuto prima. Non avrei mai pensato, nemmeno per un secondo, che una cosa del genere sarebbe stata possibile ma se i puntini si uniscono come li abbiamo uniti, ci troveremo in un mondo deflazionistico in cui la massa monetaria statunitense si ridurrà, così come la dimensione del governo federale stesso.
Questa non è una buona notizia per i multipli di valutazione nei mercati azionari. I titoli tecnologici in forte crescita, attualmente scambiati oltre 30X il valore di vendita, quasi certamente torneranno a livelli di valutazione più ragionevoli. Non credo però che questo scenario porterebbe a un'Armageddon nel mercato azionario, semplicemente perché il capitale d'investimento troverebbe probabilmente interessanti le azioni statunitensi in un mondo in cui la spesa pubblica è sotto controllo e la regolamentazione non è apertamente ostile alle imprese e al commercio. Inoltre il mondo che stiamo descrivendo è un mondo in cui 50 anni di finanziarizzazione verrebbero gradualmente invertiti.
Altro tassello che si inserisce nella "grande riorganizzazione" degli Stati Uniti. Oltre 40 anni di finanziarizzazione (qual è la "città nella città" più finanziarizzata del mondo?) vengono finalmente invertiti.https://t.co/CreSfPyX8e
— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) May 23, 2025In questo mondo, il mercato azionario tornerebbe gradualmente a rispecchiare l'economia reale. Proprio come ai vecchi tempi. Naturalmente ci saranno delle aziende che ne trarranno vantaggio e altre no. Nel frattempo Bitcoin e oro continueranno a salire in dollari. Per Bitcoin non c'è altro da fare che salire se il governo degli Stati Uniti inizierà ad acquistare 200.000 unità all'anno. Pensate a questo: ci saranno solo 21 milioni di bitcoin in circolazione, ma 19,8 milioni di questi sono già stati minati e ne restano solo 1,2 milioni da immettere in circolazione. Non solo, ma il protocollo di Bitcoin riduce esponenzialmente il numero di nuovi bitcoin minati nel tempo. Possiamo calcolare con certezza matematica che l'ultimo blocco non verrà minato prima del 2140; sono 116 anni da oggi e questa scarsità è il motivo per cui Bitcoin è prezioso come asset finanziario.
La prospettiva rialzista per l'oro in questo scenario non è così diretta. Infatti ci si aspetterebbe che la deflazione risulterà negativa per il suo prezzo in dollari. La rimonetizzazione dell'oro aumenterà la domanda da parte delle banche centrali e degli investitori istituzionali. Ogni istituto che attualmente detiene titoli del Tesoro USA come asset di riserva allocherà molto probabilmente anche una parte delle proprie riserve in oro.
Allo stesso tempo il dollaro si rafforzerà rispetto alle valute estere; soprattutto nei confronti dell'euro. Come investitori, penso che sostenere le proprie finanze con oro e Bitcoin sia la cosa più importante che si possa fare. Dovrebbero essere trattati entrambi come vere e propri asset di riserva, non come veicoli d'investimento. In altre parole, lo scopo di acquistare oro e Bitcoin non è investire valuta oggi nella speranza di ottenere più valuta domani. No, si tratta di scambiarla con le due principali riserve ufficiali mondiali. In questo modo ci si ritroverà un bilancio solido con una solida copertura finanziaria.
Questo apre una serie di strategie interessanti, soprattutto in un mondo in cui si possono usare queste riserve per collateralizzare e accelerare i propri investimenti. Una delle strategie più interessanti oggi, a livello aziendale, riguarda le “convertible note”: emettere obbligazioni a leva coperte da Bitcoin, ad esempio.
A livello individuale, invece, ci sono le “mortgage note” (cambiali ipotecarie). La maggior parte degli investitori sa che esiste un mercato immobiliare in ogni grande città degli Stati Uniti. Le persone comprano e vendono immobili ogni giorno. Non credo che molti si rendano conto che esiste anche un mercato per le cambiali ipotecarie: mutui su case unifamiliari e terreni. In qualsiasi momento ci sono centinaia di questi mutui in vendita e sono disponibili per gli investitori al dettaglio, senza bisogno di accreditamento. Acquistare cambiali ipotecarie è l'altra faccia della medaglia rispetto all'acquisto di immobili da dare in affitto. Con le cambiali non si possiede la casa, solo il debito. E questo significa che non si è responsabili per la pulizia dei tappeti, la tinteggiatura delle pareti o la riparazione della doccia che perde. Non ci sono spese impreviste che potrebbero intaccare il flusso di cassa mensile.
Inoltre si possono sempre trovare mutui a prezzi accessibili. Che ci crediate o no, la maggior parte delle cambiali ipotecarie disponibili sul mercato secondario si colloca nella fascia di prezzo più bassa. Questo perché banche, compagnie assicurative e hedge fund tendono a vendere le loro vecchie cambiali ogni volta che acquistano un blocco di cambiali più consistenti con durate più lunghe. Devono costantemente mantenere una “scala” di durata all'interno del loro portafoglio. Le cambiali ipotecarie sono un investimento molto interessante in un mondo deflazionistico, dove non bisogna preoccuparsi di un drastico calo del potere d'acquisto della valuta.
Inoltre le cambiali ipotecarie offrono rendimenti più elevati rispetto agli immobili in affitto nel clima attuale, dato l'aumento dei tassi d'interesse. Sono un ottimo strumento per creare un reddito mensile passivo. E se si usasse quest'ultimo per finanziare altri investimenti, inclusi investimenti con tassi di rendimento garantiti contrattualmente?
Ci sono parecchi pezzi di questo puzzle, ma una volta compresi – e come si incastrano tra loro – creare un sistema di investimento è alla portata di chiunque. L'idea alla base di un sistema di investimento del genere è semplice ed è quella che viene adesso usata da quelle aziende che utilizzano le “convertible note” per comprare Bitcoin: sostengono le proprie finanze con oro e Bitcoin, poi usano il loro flusso di cassa per coprire gli strumenti finanziari emessi e finanziare nuovi investimenti, inclusi quelli che aumentano ulteriormente il loro flusso di cassa. In questo modo si viene a creare un “effetto valanga” che aumenta il proprio patrimonio e il reddito nel tempo.
Il punto chiave è che questa strategia funziona meglio in un contesto in cui il potere d'acquisto del dollaro rimane relativamente stabile. Ecco perché il programma “America First” potrebbe rivelarsi un’importante manna per gli investitori in futuro.
• Generare un flusso di cassa mensile: investire, ad esempio, in cambiali ipotecarie per creare un reddito passivo senza le complicazioni della gestione immobiliare;
• Sfruttare il proprio flusso di cassa (sottoponendolo eventualmente a leva): usare tale questo reddito per finanziare altri investimenti ad alto rendimento, creando un “effetto valanga” che fa crescere il proprio patrimonio in modo esponenziale.
• Proteggere il proprio patrimonio: integrare i modi migliori per sostenere le proprie finanze con oro e Bitcoin, garantendo stabilità, anche in un contesto deflazionistico.
Inutile ricordare che si tratta di ipotesi personali e non rappresentano un invito automatico all'azione. Questi comunque sono temi che vengono trattati in maggiore dettaglio nel servizio di consulenza del blog prenotabile su Calendly.
CONCLUSIONE
Quando parlo della cricca di Davos mi riferisco a quel gruppo costituito da banchieri e famiglie europei le cui ambizioni colonialiste non sono mai scomparse. Il loro modus operandi è sempre stato uno: destabilizzazione, estrazione di ricchezza, crollo, obiettivo successivo. Il modo migliore per pensare a essi è quello di immaginarli come locuste: si spostano in un territorio, lo destabilizzano dall'interno, creano caos nella società, cambiano leggi/regole, estraggono il capitale, lo spediscono altrove e riniziano il processo da lì. Gli Stati Uniti sarebbero dovuti essere i prossimi e la Cina dopo di essi. C'hanno provato con la Russia ma sono stati rispediti al mittente. Lo strappo con gli Stati Uniti, invece, è avvenuto nel momento in cui Powell e Williams sono stati posti come governatore e vice, e hanno iniziato a lavorare sul SOFR (forse anche prima, ma con loro due alla FED è stato lapalissiano). Come ho scritto nel Capitolo 3 del mio ultimo libro, Il Grande Default, il coordinamento a livello di banche centrali sin dalla crisi del 2008 denotava una volontà comune di portare l'attuale sistema economico/finanziario post-Seconda guerra mondiale alla sua naturale morte e riciclare la classe dirigente che l'ha scombussolato in quello nuovo.
Se la classe oligarchica americana, la classe bancaria americana, ha infine guardato cosa c'era oltre l'orizzonte e ha capito che non avrebbero fatto parte di coloro che avrebbero dettato le regole nel nuovo sistema, allora avevano tutti gli incentivi di questo mondo a opporre resistenza. E il modo migliore affinché la opponessero era quello di combattere, inizialmente, a livello finanziario e poi seguire il flusso del denaro: passare successivamente al livello culturale, al livello giudiziario, al livello politico, ecc. Nel caso in particolare, controllare il flusso di denaro tramite la riconquista della politica monetaria da parte della FED avrebbe significato rimuovere quegli “agenti infiltrati” che facevano gli interessi dei globalisti. Ed è qui che siamo ora: la rimozione di quel cancro che ha corrotto le istituzioni americane. Inutile dire che questo passaggio è meglio esemplificato nella concretezza dal marciume portato a galla dalle investigazioni del DOGE.
Quanto detto accade internamente, a livello internazionale la stessa “pulizia” viene portata avanti dai dazi e dagli accordi commerciali. Avete notato come 48 ore dopo la visita di Vance in India e l'intavolamento di un nuovo accordo commerciale con Modi, Pakistan e India hanno rischiato di far partire i razzi nucleari? E chi ha profonde radici di intrallazzi nella regione? Gli inglesi. Quel tipo di relazioni sono vecchie e radicate, e cambiarne la dinamica comporta una reazione violenta ed esagerata. Ecco perché la stampa (di stampo inglese) attacca senza tregua la nuova amministrazione facendola passare per spacciata e ingenua. Non analizza per niente il suo piano messo in campo, facendo invece apparire i membri che ne fanno parte come spaesati e divisi. Classico esempio di modus operandi dell'MI6, tra l'altro.
La rinegoziazione dei vecchi accordi commerciali viene fatta, adesso, a vantaggio degli USA, non più un volano per spolpare la nazione della sua prosperità e trasferirla all'estero. Infatti la politica estera americana, ad esempio, è stata fino al 2024 in mano ai globalisti oltreoceano. Il passo successivo è quello di cambiare il modo in cui vengono tassati gli americani, riformando una delle più grandi ingiustizie fiscali del mondo: l'imposta sul reddito. Saranno gli altri a pagare per la gigantesca mole di debito emessa, ad esempio, dalla Yellen nel 2024 per fare un favore a Londra e Bruxelles. Non si può non partire da un fatto: il collaterale è ciò che conta e conterà sempre, e quello di qualità superiore a livello internazionale e che permette di accedere al mercato dei finanziamenti rapidi più liquido al mondo è rappresentato dai titoli di stato americani. E questo lo sappiamo dal fatto che, secondo un articolo recente della Reuters, la BCE è preoccupata dal fatto che non tutti gli stati membri dell'UE potranno accedere alle linee di swap della FED in caso di difficoltà. Ed è una realtà già adesso, visto che la BCE stessa deve presentarsi alla finestra di sconto della FED, cappello in mano, per ottenere prestiti. Li ottiene, però, a un tasso d'interesse superiore rispetto a quello pagato dalle banche americane (uno spread di circa 80 punti base). Questo a sua volta significa che il margine attraverso il quale la nazione può assorbire e sostenere il rollover del debito interno sta aumentando. Prosciugare all'estero il mercato degli eurodollari e all'interno far rimanere quanto più possibile i titoli di stato americani. Non scordiamoci che i più grandi possessori di obbligazioni statunitensi, a oggi, sono Londra e Bruxelles (insieme alle loro succursali) ammassati durante la presenza della Yellen al Dipartimento del Tesoro. Stanno usando questo stock per puntellare i loro di problemi economici, perché nelle prime fasi di una crisi della valuta, il valore della stessa aumenta dato che i capitali vengono richiamati in patria per affrontare i problemi. Poi scende. Sia l'euro che lo yen si trovano nella stessa situazione, ma per ragioni diverse ed entrambi sono alla mercé della FED. Gli accordi commerciali sulla scia dei dazi serviranno a capire chi è “amico” e “nemico” degli USA, e ovviamente chi avrà accesso alle linee di swap.
È sempre stato questo l'obiettivo dei NY Boys. Ancora di più in quest'ultimo mese che Bruxelles e Londra hanno manipolato attivamente la curva dei rendimenti americana per tenere a galla i rispettivi mercati obbligazionari e valute. https://t.co/fIkkUSO4z3
— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) May 23, 2025E mentre con l'UE vengono aumentati i dazi, con il Giappone...Questa è, in estrema sintesi, la differenza di cui parlavo nei miei pezzi tra "amici" e "nemici" degli USA.https://t.co/9uqOhP6nIM
— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) May 24, 2025Questa strategia viene ulteriormente portata avanti dalla proposta di legge al vaglio adesso al Congresso, la quale prevederebbe il decadimento delle agevolazioni fiscali per quelle compagnie estere che decidono di acquistare titoli obbligazionari americani. Per quanto possa esserci un selloff iniziale, i titoli di stato americani rimangono ancora il collaterale per eccellenza nei mercati mondiali. Il SOFR ha cambiato tutte le carte in tavola e adesso per avere dollari bisogna andare solo dalla FED. In parole povere, contrazione dell'offerta di dollari all'estero, rimpatrio di capitali, rinnovo del debito americano in scadenza attraverso la domanda interna e strangolamento degli avversari tramite carenza di dollari (BCE e BOE). Infatti gli USA non hanno affatto bisogno di $36.000 miliardi in debito da emettere, ma solo $4-5.000 miliardi per rendere liquidi i mercati monetari interni. Ecco perché il resto del mondo avrà un prezzo per i dollari che circoleranno all'estero diverso da quelli che circoleranno internamente.
L'obiettivo principale dei NY Boys è quello di difendere il prezzo del dollaro in patria, non all'estero. Il LIBOR, invece, era stato progettato per ottenere il contrario. Adesso saranno gli altri a pagare un premio per usare i dollari. I cambiamenti messi in moto sono epocali e stanno segnalando la fine di un'era che ci portiamo dietro sin dalla nascita della Banca d'Inghilterra.
La "frammentazione" del dollaro a livello interno è funzionale allo smantellamento di un singolo "honeypot" da catturare. Ecco come si porrà fine alla FED senza che il Paese subisca un takeover da parte di player ostili (leggi BOE o BCE). https://t.co/xz3m1oieKG
— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) May 23, 2025Senza togliere di mezzo quei figuri che hanno corrotto il denaro, non ci potrà essere denaro sano/onesto o libertà individuale. E la guerra tra i NY Boys e la cricca di Davos è la miglior occasione per ottenere entrambi come sottoprodotto delle loro schermaglie. Non esistono player più potenti sulla faccia della Terra della Federal Reserve e del Dipartimento del Tesoro statunitense che lavorano insieme; e se l'indipendenza degli USA passa dalle strategie che ho messo in evidenza in questo saggio e se anche solo la metà di esse verranno messe in pratica, allora questa è l'occasione d'oro che stavano aspettando anarcocapitalisti e libertari. È a dir poco ironico che potranno essere quelle due entità a realizzare il loro sogno. In passato erano divisi, oppure catturati dall'unica visione delle linee di politica impostata dal Partito democratico e dai globalisti. L'Unipartito del passato, infatti, ha costantemente lavorato per sconquassare l'America; il nuovo Unipartito sta lavorando per rimettere insieme i cocci e assicurarsi che per i prossimi 20 anni i Democratici rimangano a bordo campo.
Come ho documentato nel mio ultimo libro, Il Grande Default, è stata la crescita incontrollata del mercato dell'eurodollaro che ha distrutto il Paese, che l'ha fatto arrivare sull'orlo della bancarotta dal punto di vista dei bilanci. Per quanto riguarda la questione fiscale, non è difficile mettere a posto le cose... basta solo la volontà di farlo. Lato attivi e passivi, invece, beh lì è più complicato. Però pensate a questo adesso: davvero gli USA sono in debito per la cifra ufficiale che ascoltiamo sempre? E se parte di quel debito può essere cancellato mandando in bancarotta quelle entità a cui è dovuto? E se il sottosuolo dell'Alaska venisse finalmente contabilizzato attraverso i fondi sovrani che Trump vorrebbe creare in tutto il Paese?
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E qui tutte le critiche all'insostenibilità delle finanze degli Stati Uniti vanno a morire.https://t.co/4cCI1UPcRQ
E se, sempre restando in termini di attivi, il problema di Fort Knox non fosse l'assenza di oro fisico bensì la presenza di un numero superiore di metallo giallo rispetto alle cifre ufficiali?
I giorni in cui i globalisti erano al comando negli Stati Uniti sono finiti e questo significa anche la manipolazione del mercato dell'oro per pompare l'eurodollaro e facilitare il ripagamento dei prestiti esteri, nonché accedere a finanziamenti facilitati senza garanzie, sono finiti. Sono finite le manipolazioni all'apertura di Londra e New York in cui l'oro subiva violenta volatilità si stabilizzava durante l'apertura dei mercati asiatici e infine veniva abbattuto alla chiusura di New York. Se, però, Trump riuscirà a staccare un accordo di pace durevole in Europa orientale l'oro quest'anno terminerà la sua corsa... almeno fino alla crisi del debito sovrano che imperverserà nell'UE. E se un accordo di pace verrà trovato anche in Medio Oriente, allora il capitale restante in Europa non avrà altra scelta che volarsene in toto negli USA dato che non vedrà alcun futuro nel Vecchio continente.
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Emirati Arabi, Yemen, Arabia Saudita, Qatar, Siria... le ultime visite di Trump in Medio Oriente, se guardate sulla cartina, sono praticamente un muro innalzato tra Israele e Iran.
Man mano che l'amministrazione Trump continuerà a ridurre “G” nel conteggio del PIL e gli investimenti privati ne prenderanno il posto, i prezzi delle commodity saliranno in risposta alla domanda industriale. La FED, di conseguenza, non avrà alcuna pressione a rialzare i tassi, anzi potrà abbassarli anche in virtù del fatto che l'economia statunitense, date queste premesse, è una cold economy ovvero gli aumenti dei prezzi sono trainati dalle materie prime, principalmente il petrolio. Ci sono tre modi in cui l'amministrazione Trump sta sgonfiando il prezzo di quest'ultimo (rompendo il cartello dell'OPEC e costringendo i mercati arabi alla trattativa):
- Nuovi permessi per le raffinerie;
- Smantellare i privilegi per l'industria dei veicoli elettrici;
- Porre fine alla miscelazione dell'etanolo dal mais.
Man mano che la ri-industrializzazione farà il suo corso, i prezzi nel lungo periodo tenderanno a scendere e favorire una crescita economica organica. Questo fornirà anche la giustificazione ideale per la FED affinché tagli i tassi e agevoli il mercato del credito interno. Come detto in passati articoli, in questa nuova era la FED non tornerà più allo zero e la sua linea di politica si assesterà intorno al 3% dei tassi di riferimento senza la paura di una crisi del credito. Un piano già in moto e di cui vedremo i risultati tra 18 mesi, giusto in tempo per le elezioni di medio termine.
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???? Qui il link alla Prima Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2025/05/la-grande-riorganizzazione-degli-usa.html
Il mantra per ogni ciclo: allocare, come minimo, l'1% su Bitcoin
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-mantra-per-ogni-ciclo-allocare)
Ogni ciclo di Bitcoin ha un tema e un motore centrale, e a volte siamo così vicini a esso che non riusciamo a capire esattamente di cosa si tratta (o di cosa si è trattato) finché non lo abbiamo ormai superato.
Nel 2013 furono i bail-in a Cipro e la consapevolezza che il sistema bancario stava andando in una direzione dove l'espressione “sicuro come il denaro in banca” non sarebbe stata più del tutto vera. Il motore principale fu l'ascesa degli exchange centralizzati, anche se uno di questi, Mt. Gox, implose su sé stesso e le macerie sono ancora fumanti oggi.Il ciclo del 2017 segnò l'esplosione del settore delle criptovalute come classe di asset a sé stante: Ethereum fece il suo ingresso sulla scena con la specifica del token ERC-20, innescando la mania di “tokenizzare tutto”. Il boom delle ICO alimentò lo slancio e l'avvento di stablecoin come Tether fornì il lubrificante per immettere capitali nel settore degli asset digitali.
Per il ciclo del 2020 fu l'arrivo dei primi miliardari anticonformisti (Paul Tudor Jones, Stan Druckenmiller, Elon Musk, Michael Saylor), in un momento in cui il loro ingresso era erroneamente interpretato come il segnale che “le istituzioni stanno entrando” in Bitcoin come classe di asset.
Nemmeno lontanamente. Ma quello che è successo è che molti hedge fund e investitori di alto livello, che erano all'avanguardia e miravano a catturare l'alfa, iniziarono a investire in quello che all'epoca veniva chiamato “l'arbitraggio GBTC” – una lunga storia, spiegata in dettaglio qui, ma che in sostanza significava che i trading desk potevano registrare profitti consistenti prima ancora che venissero effettivamente realizzati, al costo di bloccare il capitale per sei mesi.
Quando infine si disgregò (ovvero il ciclo terminò), il premio di GBTC si trasformò in uno sconto sul NAV e quando le cose andarono davvero male (LUNA, 3AC, Celsius... FTX) la stessa entità madre di GBTC, DCG, andò in bancarotta e GBTC divenne un'isola di capitale intrappolato, del valore di oltre $30 miliardi.
Ora siamo in un nuovo ciclo di Bitcoin...
Abbiamo un nuovo tema e un nuovo catalizzatore. GBTC entra di nuovo in gioco, perché è la ragione per cui il prezzo di Bitcoin è rimasto un po' smorzato dopo l'arrivo del nuovo catalizzatore.
Ricordate quello che diciamo da un anno, forse più: nel prossimo ciclo le istituzioni si faranno avanti e, a causa dell'enorme asimmetria nell'ecosistema di Bitcoin, troveranno la situazione abbastanza interessante da assegnargli una piccola percentuale del loro portafoglio.
Ho previsto un nuovo mantra di investimento per i gestori di fondi istituzionali: “L'allocazione dell'1%”.
Cominciamo con i dati: Fidelity, con $12.600 miliardi di asset in gestione e uno dei fornitori di ETF spot (l'unico ad aver creato un proprio depositario per gestirli), ha aggiunto un'allocazione di “criptovalute” come suo fiore all'occhiello, “All-In-One Conservative ETF”, autoproclamato “una soluzione unica diversificata per regioni, capitalizzazioni di mercato e stili/fattori di investimento, con il vantaggio di una gestione professionale”.
L'allocazione dell'1% risale ad anni fa: la prima volta che l'ho vista era in un documento di lavoro della Banca centrale delle Barbados, redatto da una coppia di economisti del posto che raccomandava alla banca centrale del Paese di detenere l'1% delle sue riserve estere in Bitcoin; era il 2015.
Nel 2022 anche il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria stava definendo delle linee guida sulle allocazioni “crypto” per le attività di riserva di livello 1:
Limite di esposizione del Gruppo 2: l' esposizione totale di una banca alle criptovalute del Gruppo 2 non deve superare il 2% del capitale di livello 1 della banca e dovrebbe generalmente essere inferiore all'1%.(Quel documento della BRI non faceva distinzione tra Bitcoin e “crypto”, sebbene avesse dovuto farlo...)E questo articolo di Motley Fool, che parla principalmente dell'aumento della quota di Cathy Woods in ARK Funds al 19%, cita l'allocazione dell'1% come una prassi piuttosto convenzionale:
Fino a quest'anno l'opinione prevalente era che Bitcoin dovesse rappresentare solo una piccola parte del portafoglio complessivo. Come regola generale, l'1% era la norma, e qualsiasi percentuale superiore al 5% era considerata ultra-aggressiva.La nuova regola dell'1%: comprate Bitcoin
Conosciamo tutti il vecchio adagio “Nessuno è stato licenziato per aver comprato azioni di IBM”, un mantra ai tempi dei “Nifty Fifty” (poi ci sono state le iterazioni successive: sostituite IBM con Microsoft, Google, Apple, ecc.).
Ecco cosa penso che succeda ora: mentre oggi nessuno potrebbe essere licenziato per aver comprato, per esempio, una delle Magnifiche Sette, domani potreste benissimo essere licenziati per non aver investito, come minimo, l'1% su Bitcoin. Sì, davvero.
Che effetto avrà sul valore di Bitcoin un'allocazione dell'1% dell'intero spettro della ricchezza istituzionale? Il mio modello mentale, risalente al The Crypto Capitalist Manifesto, è sempre stato quello di considerare la dimensione totale del mercato obbligazionario, confrontandola con Bitcoin e metalli preziosi.
Basically, this: pic.twitter.com/FhwvjUxYOq
— Mark E. Jeftovic (@MarkJeftovic) February 11, 2024Da lì, ipotizzo cosa accadrebbe se solo l'1% di quel “rendimento senza rischi” (obbligazioni) si trasferisse su Bitcoin. Considerando che quest'ultimo ha riconquistato solo di recente la capitalizzazione di mercato di $1.000 miliardi, e che ci sono tra i $150.000 e i $300.000 miliardi in obbligazioni globali (a seconda di cosa si include), un solo 1% di uscita dalle obbligazioni raddoppierebbe come minimo la capitalizzazione di mercato di Bitcoin.
Siamo appena entrati in questa nuova era in cui Bitcoin è disponibile come strategia di allocazione istituzionale e ci sono già i primi segnali che indicano che gli allocatori di capitale stanno addirittura scegliendo Bitcoin rispetto all'oro, cosa che, lo ammetto, mi ha sorpreso.
Can someone do a wellness check on @PeterSchiff? pic.twitter.com/mUc2xGwK2j
— Jameson Lopp (@lopp) February 14, 2024Pensavo che coloro che avevano già investito in oro sarebbero rimasti fermi e avrebbero aggiunto Bitcoin, ma ora sembra che i gestori di fondi istituzionali che avevano investito in oro come copertura abbiano perso la pazienza con i ripetuti crolli dell'oro dai massimi storici.
L'oro ha fatto registrare un nuovo massimo storico a dicembre, ma come ho osservato, dal precedente massimo del 2020, un nuovo massimo storico per l'oro potrebbe significare un calo pluriennale piuttosto che un imminente massimo più alto.
Al contrario, Bitcoin sembra destinato a dar vita a una nuova serie di criptovalute, almeno per i prossimi due anni.
Quindi ora vi presento umilmente “Il Tema” di questo ciclo:
Il tema è: Le istituzioni stanno arrivando.
Il motore principale è: gli ETF spot di Bitcoin.
Il mantra sarà: allocare come minimo l'1% su Bitcoin.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Ingegnerizzare il dissenso
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/ingegnerizzare-il-dissenso)
Come spesso faccio la domenica mattina, stavo bevendo il mio caffè e scorrendo il mio feed di notizie quando ho notato qualcosa di sorprendente. Forse era il mio algoritmo, ma i contenuti erano inondati da un'insolita dose di veleno contro la nomina di Robert F. Kennedy Jr. a Segretario dell'HHS. Il messaggio coordinato era impossibile da ignorare: voci di corridoio su tutte le reti lo etichettavano uniformemente come “complottista” e un “pericolo per la salute pubblica”, senza mai affrontare le sue reali posizioni. Gli attacchi concertati dei media su Kennedy rivelano molto più della loro opinione sulla sua nomina: espongono una profonda crisi di credibilità all'interno di istituzioni che un tempo godevano della fiducia del loro pubblico.
Il paradosso della credibilità
L'ironia di chi ha guidato questi attacchi non mi è sfuggita: si trattava in gran parte delle stesse voci che hanno sostenuto le linee di politica pandemiche più distruttive. Come ha giustamente osservato Jeffrey Tucker su X questa mattina:
It's really something to see hordes of high-paid journalists and intellectuals who championed Plexiglass Nation, 6-feet mysticism, playground closures, sanitizer baths, and plastic face coverings now denouncing dissidents as "anti-science." Unbelievable.
— Jeffrey A Tucker (@jeffreyatucker) November 17, 2024La risposta coordinata
Questa ipocrisia diventa ancora più evidente nella recente copertura del New York Times, dove una retorica sprezzante sostituisce sistematicamente un impegno concreto per la notizia. In un articolo recente il quotidiano riconosce le tendenze preoccupanti nella salute dei bambini, dichiarando con disprezzo che “vaccini e fluoro non sono la causa”, senza però prendere in considerazione le prove. In un altro pezzo, Zeynep Tufekci – che in particolare ha sostenuto alcune delle misure più draconiane contro il Covid – avverte che Kennedy potrebbe “distruggere una delle più grandi conquiste della civiltà”, dipingendo scenari apocalittici e ignorando le sue reali posizioni politiche.
Nel frattempo la loro redazione politica ipotizza come la sua posizione sulle grandi aziende alimentari potrebbe “alienare i suoi alleati repubblicani”. Ogni articolo affronta il tema da una prospettiva diversa, ma lo schema è chiaro: messaggi coordinati volti a minare la sua credibilità prima che possa assumere la carica istituzionale.
L'effetto camera di risonanza
Si può quasi sentire il nastro trasportatore editoriale che si apre mentre i redattori elaborano la realtà approvata del giorno per il loro pubblico. Il tono tra gli articoli non rivela un'analisi indipendente bensì un modello molto familiare: i media beffardi ancora in azione. Come ho spiegato nel mio pezzo L'industria dell'informazione, questo approccio a catena di montaggio rispetto la produzione della realtà è diventato sempre più evidente a chiunque presti un minimo di attenzione.
Ciò che questi guardiani non riescono a comprendere è che un tale e compiaciuto sdegno, questo rifiuto di confrontarsi con argomentazioni sostanziali, è proprio ciò che alimenta il crescente scetticismo del loro pubblico. Il panico sembra crescere in modo direttamente proporzionale alla vicinanza di Kennedy al potere reale. Questo sdegno orchestrato è più di un difetto giornalistico: riflette un dilemma istituzionale più ampio, che diventa inevitabile con l'aumento del consenso per Kennedy.
La trappola istituzionale
Il Times si trova di fronte a un dilemma: a un certo punto dovrà affrontare la sostanza delle argomentazioni di Kennedy piuttosto che affidarsi a caratterizzazioni sprezzanti, soprattutto se assumerà il controllo dell'apparato sanitario americano. Proprio stamattina i conduttori della MSNBC urlavano letteralmente che “Kennedy farà uccidere delle persone” – l'ennesimo esempio di come si faccia ricorso a melodrammi e paura invece di confrontarsi con le sue reali posizioni. La strategia della ridicolizzazione si ritorce loro contro, proprio perché evitano di confrontarsi con le prove e le preoccupazioni che coinvolgono genitori e cittadini di ogni orientamento politico. Ogni tentativo di mantenere il controllo narrativo attraverso l'autorità, piuttosto che attraverso le prove, accelera il collasso della credibilità istituzionale.
Oltre Kennedy: ridefinire le linee di politica
L'analisi del NYT sul potenziale alienamento degli alleati repubblicani a causa di Kennedy evidenzia in particolare la loro incomprensione del mutevole panorama politico. Da democratico di lunga data che continua a sostenere molti valori progressisti tradizionali, Kennedy trascende i confini politici convenzionali. Il suo messaggio – “Dobbiamo amare i nostri figli più di quanto ci odiamo a vicenda” – viene accettato proprio perché chiunque liquida questa crociata per ripristinare la vitalità americana come mero teatrino politico è cieco di fronte all'ondata di persone stanche di vedere le proprie comunità sgretolarsi sotto il peso di un declino artificiale.
Non si tratta solo di Kennedy, ma dell'incapacità dei media di affrontare le legittime preoccupazioni di un pubblico disilluso. Quando le istituzioni si rifiutano di confrontarsi con le voci dissenzienti, accrescono la sfiducia e incrinano il fondamento condiviso necessario per un dibattito democratico. Mentre il messaggio di RFK Jr. ha risuonato oltre i confini politici, l'incapacità dei media di affrontare questioni fondamentali, come le carenze normative, rivela quanto siano ormai fuori dal mondo.
L'arte di mancare il punto
Prendete in considerazione questa verifica dei fatti tratta dal sopraccitato articolo. Il Times tenta di screditare l'esempio di Kennedy sui Fruit Loops, ma inavvertitamente conferma il suo punto: ingredienti vietati nei mercati europei sono in effetti consentiti nei prodotti americani. Concentrandosi sulla precisione semantica invece che sulla questione più ampia – perché le autorità di regolamentazione statunitensi consentano ingredienti non sicuri – i media distolgono l'attenzione dai dibattiti sostanziali.
La senatrice Elizabeth Warren ha dichiarato questa settimana: “RFK Jr. rappresenta un pericolo per la salute pubblica, la ricerca scientifica, la medicina e la copertura sanitaria per milioni di persone. Vuole impedire ai genitori di proteggere i propri figli dal morbillo e le sue idee accoglierebbero con favore il ritorno della poliomielite”. Eppure questa inquadratura allarmistica elude la semplice domanda che Kennedy in realtà solleva: perché non dovremmo volere test di sicurezza adeguati per le sostanze chimiche che dovremmo iniettare nelle vene dei nostri figli? Il silenzio in risposta a questa domanda la dice lunga sulle priorità istituzionali e sulla loro paura di qualcuno con il potere di esigere risposte.
RFK Jr. poses a danger to public health, scientific research, medicine, and health care coverage for millions.
He wants to stop parents from protecting their babies from measles and his ideas would welcome the return of polio.
I have a lot of questions for his Senate hearing. https://t.co/YlpqO4dBdO
Un referendum sull'ingegnerizzazione del consenso
Dite quello che volete di Trump, ma le sue dichiarazioni sulle “fake news” hanno toccato un nervo scoperto che emana sempre più dolore ogni giorno che passa. Chi un tempo derideva queste affermazioni ora osserva con gli occhi spalancati le narrazioni coordinate che si diffondono sulle piattaforme mediatiche. Il gaslighting è diventato troppo evidente per essere ignorato. Questo risveglio trascende i tradizionali confini politici, gli americani di ogni estrazione sociale sono stanchi di sentirsi dire di non credere ai propri occhi, che si tratti di linee di politica pandemiche, realtà economiche o soppressione delle voci dissidenti.
«Il partito vi ha detto di rifiutare l'evidenza dei vostri occhi e delle vostre orecchie.
Fu il suo ultimo, e più essenziale, comando.»
~ George Orwell, 1984
Il momento della verità
Con Kennedy a capo dell'infrastruttura sanitaria americana, le istituzioni mediatiche si trovano di fronte a un punto di svolta cruciale. Campagne di paura e attacchi ad hominem non saranno sufficienti quando le sue posizioni politiche richiederanno un esame approfondito. Il meccanismo del licenziamento coordinato – visibile in identici punti di discussione su tutte le reti – rivela più sulla fedeltà istituzionale che sull'integrità giornalistica.
Questo momento richiede qualcosa di diverso. Quando Kennedy solleva questioni sui test di sicurezza farmaceutica o sulle tossine ambientali – questioni che coinvolgono famiglie di ogni orientamento politico – un dibattito critico deve sostituire la ridicolizzazione delle posizioni altrui. Le sue posizioni reali, ascoltate direttamente piuttosto che attraverso i filtri dei media, spesso si allineano con le preoccupazioni di buon senso sull'influenza delle aziende farmaceutiche riguardo la salute pubblica.
Questo modello istituzionale di autorità artificiale si collega direttamente ai temi che ho esplorato in un altro articolo intitolato Tutto svuotato: sistemi basati su decreti piuttosto che su un valore dimostrato. Non vendono armi, vendono paura. Le stesse forze che controllano la politica monetaria ora cercano di dettare il dibattito sulla salute pubblica.
Rompere la macchina del consenso
La soluzione non verrà dai guardiani istituzionali (sono loro che ci hanno portati fin qui), ma da un esame diretto. Dobbiamo tutti:
• Ascoltare i discorsi completi di Kennedy piuttosto che frammenti audio editati;
• Leggere le sue posizioni politiche piuttosto che le caratterizzazioni dei media;
• Esaminare le prove che cita piuttosto che i riassunti dei fact-checker;
• Capire perché alcune questioni relative alla sanità pubblica siano considerate off-limits.
Non sto suggerendo di accettare ogni posizione contraria, ma piuttosto che la fiducia e l'autorevolezza debbano essere guadagnate attraverso un'analisi rigorosa piuttosto che essere presunte tramite l'autorità. Fino ad allora, articoli come quelli segnalati qui continueranno a esemplificare gli stessi fallimenti istituzionali che alimentano i movimenti che cercano di screditare. Con l'avvicinarsi del vero potere istituzionale di Kennedy, aspettatevi che questi attacchi si intensifichino: un chiaro segnale di quanto i guardiani del nostro consenso artificiale e ingegnerizzato abbiano da perdere.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Perché l'America non ha bisogno di “alleati”
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/perche-lamerica-non-ha-bisogno-di)
D'accordo, il titolo è un po' forte e ha un tono volutamente beffardo, ma deve esserlo perché nel catechismo della politica estera nazionale è radicata una presunzione, quasi sacra, secondo cui “alleati”, “alleanze” e “coalizioni dei volenterosi” sono il fondamento di una politica estera illuminata, necessaria ed efficace.
I politici e i diplomatici americani non dovrebbero quindi mai lasciare queste coste al resto del mondo. Questo dogma ha raggiunto la sua massima espressione nella “coalizione dei volenterosi” del Segretario di Stato, James Baker, durante la prima, assolutamente inutile, Guerra del Golfo nel 1991 e da allora ci tormenta... purtroppo.
In realtà, la verità è più o meno l'opposto, quindi va espressa in modo crudo, quasi provocatorio. In altre parole, gli alleati nel mondo di oggi sono per lo più un peso, del tutto irrilevanti per la sicurezza militare della patria americana e una fonte importante di inutili attriti e persino di veri e propri conflitti tra le nazioni.
In parole povere, l'America è stata resa un egemone economico e militare da tutte le piccole e medie nazioni che ha schierato in alleanze formali e di fatto, dato che sono incentivate a perseguire politiche che minimizzano i propri investimenti nella difesa e incoraggiate a gettare al vento la cautela diplomatica. In altre parole, le “alleanze” di Washington consentono ai politici interni o ai governi eletti di questi piccoli alleati di essere più aggressivi o conflittuali nei confronti dei “cattivi” designati da Washington di quanto non sarebbero sicuramente se operassero solo con le proprie forze.
Ad esempio, l'ex-primo ministro estone tra il 2021 e il 2024, Kaja Kallas, e ora Capo degli affari esteri dell'UE, è stata una critica sguaiata e al vetriolo della Russia e una sostenitrice intransigente dell'invio di denaro altrui [cioè il vostro] a sostegno dell'altrettanto inutile guerra per procura contro la Russia nelle steppe ucraine.
Con una popolazione di appena 1,3 milioni di abitanti, un PIL di appena $40 miliardi e una forza armata di 8.000 unità, l'Estonia rappresenta un alleato insignificante nello schema generale delle cose. Quindi non contribuisce in alcun modo alla sicurezza nazionale americana.
D'altronde, se non esistessero la NATO e lo scudo militare degli Stati Uniti previsto dall'Articolo 5, pensate che la Kallas esulterebbe a gran voce per Zelensky? Il suo popolo avrebbe tollerato il suo atteggiamento da piccolo Davide che brandisce una fionda contro il Golia della porta accanto?
Osiamo dire che sarebbe prevalso l'esatto opposto. L'Estonia e il suo leader si sarebbero preoccupati di comportarsi bene con il loro vicino di dimensioni extra large, come hanno sempre fatto i piccoli Paesi da tempo immemore.
E se per qualche motivo la buona diplomazia e la conduzione di un commercio economico reciprocamente vantaggioso non avessero funzionato, cosa che accade quasi sempre, sarebbero stati obbligati ad armarsi fino al collo. Ovvero, mobilitare il 10-25% del PIL per la difesa, se necessario, anziché il misero 2,9% del PIL che l'Estonia effettivamente spende. A sua volta ciò avrebbe creato un deterrente: la resistenza a un potenziale aggressore, l'alto costo in sangue e denaro che sarebbe stato costretto ad affrontare violando i confini e la sovranità di un vicino più piccolo.
E, per l'amor del cielo, il mondo del XXI secolo non è certo un caso isolato per quanto riguarda le relazioni tra nazioni grandi, piccole e medie. “Fare pace” in diplomazia ed economia e rendere chiara la deterrenza è in realtà il modo in cui il mondo delle nazioni dovrebbe funzionare e, prima dell'ascesa dell'Egemone sulle rive del Potomac, di solito funzionava.
Di certo gli dei della storia non hanno conferito ai politici e ai burocrati di Washington il mandato di farsi amici e di salvaguardare, da un capo all'altro del pianeta, ogni piccolo uomo dal respiro affannoso dei grandi uomini nelle vicinanze.
Infatti in un mondo senza l'Egemone sulle rive del Potomac, nessuno avrebbe pensato di definire “ispirazione” la sconsiderata follia di Kiev nell'attaccare militarmente e brutalizzare le popolazioni russofone del Donbass dopo il colpo di stato di Piazza Maidan nel febbraio 2014. Si è trattato di una stupidaggine incredibile – qualcosa che i vicini non storditi dallo scudo militare dell'Egemone o istigati da CIA, NED, USAID, Dipartimento di Stato e Pentagono non avrebbero avuto problemi a riconoscere e comprendere.
Infatti questa osservazione si applica a tutta la schiera di piccoli Paesi che sono stati ammessi nella NATO dall'inizio del secolo. Ad esempio, per quanto riguarda i cinque piccoli Paesi balcanici che non condividono nemmeno le coste del Mar Nero con la Russia, ecco la misera capacità militare e il peso della difesa (misurati in percentuale del PIL) che apportano alla sicurezza nazionale americana.
Per mettere in prospettiva questa esiguità di personale militare, prendiamo in considerazione innanzitutto, a titolo di confronto, le dimensioni delle forze di polizia nelle principali città statunitensi. Mentre questi poliziotti possono mangiare troppe ciambelle sul lavoro e quindi non superare qualsiasi test di prontezza al combattimento, quando si tratta di pura forza umana, le forze di polizia cittadine elencate qui superano la maggior parte di quelle che questi “alleati” balcanici offrono.
Dimensioni delle forze di polizia nelle principali città degli Stati Uniti:
• New York City: 36.000 unità
• Chicago: 13.100 unità
• Los Angeles: 10.000 unità
• Filadelfia: 6.500 unità
Questo per dire che tutte le città sopra menzionate hanno forze di uomini in blu più numerose rispetto alla maggior parte dei piccoli alleati della NATO raffigurati di seguito, dove mostriamo la loro forza militare attiva e la loro spesa per la difesa in percentuale del PIL.
• Croazia: 14.300 unità/1,8% del PIL
• Macedonia del Nord: 8.000 unità/1,7% del PIL
• Slovenia: 7.300 unità/1,5% del PIL
• Albania: 6.600 unità/1,7% del PIL
• Montenegro: 2.350 unità/1,6% del PIL
Chiaramente questi Paesi non tremano per niente di fronte all'orso russo. Nell'ultimo anno di guerra per procura tra NATO e Russia nelle sventurate steppe dell'Ucraina, nessuno di questi cinque si è nemmeno preoccupato di spendere il 2% del PIL per la difesa!
Infatti persino i pesci più grossi, posizionati gomito a gomito con la Russia sul Mar Nero, non hanno mostrato una paura maggiore di fronte all'orso russo. La Romania spende solo il 2,2% del PIL per la difesa e i suoi elettori volevano eleggere un presidente che voleva stringere amicizia con Putin – un leader eletto democraticamente, ovviamente, odiato dagli “alleati” della Romania a Bruxelles e Washington.
Allo stesso modo, la Bulgaria spende solo il 2,2% per la difesa e la Serbia non ha nemmeno ritenuto opportuno aderire alla NATO. Beh, non da quando la sua capitale è stata bombardata in mille pezzi nel 1999 dagli aerei da guerra della NATO, a causa della sua insistenza sul fatto che il Kosovo non fosse separato dal suo territorio sovrano in base al mandato di Bill e Hillary Clinton.
Anche in quanto alleato fermo della Russia nella regione, la Serbia spende circa il 2,3% del PIL per la difesa e ha circa 28.000 uomini attivi in uniforme nelle sue forze armate. Vale a dire, le forze neutrali serbe ammontano a circa la stessa potenza militare combinata dei cinque piccoli Paesi della sponda adriatica dei Balcani.
Inoltre risulta anche che questi cinque piccoli membri della NATO spendono in realtà circa la stessa miseria per le capacità militari di Ungheria e Slovacchia, confinanti con l'Ucraina. La prima spende circa il 2,0% del PIL per la difesa, mentre la spesa militare della seconda è del 2,1% del PIL. Eppure entrambi i governi, vicini all'orso russo, si oppongono con fermezza alla guerra per procura della NATO in Ucraina e vanno piuttosto d'accordo con Mosca!
In breve, nessuno di questi Paesi sembra davvero temere l'orso russo, altrimenti spenderebbero percentuali a due cifre del loro PIL per armarsi così bene da offrire un pasto poco invitante al presunto aggressore russo. Al contrario, o hanno aderito alla NATO per entrare nel Club Atlantico, o hanno semplicemente rifiutato l'opportunità (Serbia) o si sono lasciati trasportare (Ungheria e Slovacchia).
Il punto è che estendere la NATO ai Balcani è stata una stupidaggine perpetrata dai burocrati dello Stato militare a Washington e Bruxelles. Non contribuisce assolutamente alla difesa nazionale americana dal punto di vista militare, mentre consente ai piccoli vicini di casa della Russia di spendere una miseria per la difesa e di tanto in tanto provocare l'orso russo, cosa che non si sognerebbero mai di fare con i loro 8.000 soldati armati alla leggera.
Naturalmente lo stesso discorso vale a nord, sul Baltico. Le tre repubbliche baltiche hanno entrambe vissuto e ricordano i decenni di occupazione sovietica, eppure i loro attuali bilanci pubblici dimostrano ampiamente che non percepiscono affatto la Russia postcomunista come una minaccia esistenziale. Ecco perché spendono soldi in eserciti fittizi, mentre i loro politici, come la Kallas, fanno demagogia su Putin per aizzare gli elettori e ottenere il favore dei burocrati neocon guerrafondai che dominano la NATO e l'UE.
Tuttavia nessun Paese con le scarse capacità militari illustrate nei numeri qui sotto teme davvero il vicino russo. Se lo facesse, con o senza la NATO, investirebbe i propri fondi di bilancio laddove si cela la deplorevole retorica di alcuni politici dalla lingua lunga.
Dimensioni delle forze armate e di difesa in % del PIL:
• Lituania: 14.100 unità/2,8% del PIL
• Estonia: 7.700 unità/2,9% del PIL
• Lettonia: 6.750 unità/2,4% del PIL
In breve, le osservazioni di Trump hanno colto nel segno nel caso di tutti questi insignificanti alleati della NATO.
In altre parole, tutti questi alleati sono molto più problematici di quanto valgano. La sicurezza militare del territorio americano può essere garantita da un'invincibile triade nucleare strategica basata su bombardieri, missili balistici intercontinentali terrestri e sottomarini nucleari – nessuno dei quali richiede basi o “alleati” stranieri. Questo, unito a una potente difesa convenzionale delle sue coste e del suo spazio aereo, sarebbe più che sufficiente a garantire la sicurezza militare del territorio americano nel mondo odierno.
Nessuna di queste capacità militari è minimamente rafforzata dagli alleati insignificanti che sono stati arruolati nella NATO sin dal 1999. Né nel mondo odierno vi è alcun rischio che una potenza come la Russia, o la Cina, possa attaccare, conquistare e accumulare decine di migliaia di miliardi di PIL, manodopera in età militare e capacità di produzione militare.
Infatti sia la Russia che la Cina sanno bene che il costo dell'invasione, della conquista e della pacificazione nel mondo odierno non varrebbero minimamente la candela. Ecco perché la risposta alla domanda su quanti Paesi la Cina comunista abbia conquistato negli ultimi quattro decenni è zero!
Al contrario, le 750 basi americane e i 160.000 militari dislocati all'estero, dal Giappone alla Germania, dall'Italia al Regno Unito, rappresentano in realtà dei pericolosi “cavi di inciampo” progettati per:
• Fornire una scusa alle aziende della difesa statunitense per vendere armi alle nazioni alleate in cui hanno sede le forze armate statunitensi.
• Creare una scusa per intromettersi nei conflitti stranieri basandosi sul fatto che i militari americani sono in pericolo.
Durante il periodo di massimo sviluppo dell'America come la più grande nazione sulla Terra (dalla cancellazione del trattato con la Francia nel 1797 alla ratifica del trattato NATO nel 1949), l'America non aveva alleanze, trattati militari o alleati autorizzati a provocare conflitti con i propri vicini, con l'intesa che lo Zio Sam avesse coperto loro le spalle.
Durante quei 152 anni tutto andò per il meglio per l'America, così come per qualsiasi altra nazione nella storia, prima e dopo di essa. E assolutamente nulla è cambiato affinché la saggezza di Washington e Jefferson venissero alterate riguardo l'evitare alleanze all'estero.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.
Il ruolo della Cina nella crisi fentanyl negli Stati Uniti
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-ruolo-della-cina-nella-crisi-fentanyl)
Le tensioni tra gli Stati Uniti e la Cina sono aumentate, con i due Paesi che hanno aumentato i dazi sulle rispettive importazioni. Nel frattempo la retorica di Pechino è diventata sempre più conflittuale.
All'inizio di marzo l'ambasciata cinese a Washington ha condiviso sui social media un post del suo Ministero degli esteri, in cui ribadiva: “Se gli Stati Uniti vogliono la guerra, che sia una guerra tariffaria, commerciale o di qualsiasi altro tipo, siamo pronti a combattere fino alla fine”.
Il presidente Donald Trump ha avvertito che, sebbene gli Stati Uniti non vogliano dichiarare guerra alla Cina, sono “ben equipaggiati per gestirla”.
Trump ha imposto un ulteriore dazio del 20% su tutti i beni fabbricati in Cina, citando l'emergenza nazionale sul continuo traffico di fentanyl negli Stati Uniti, un oppioide mortale da 50 a 100 volte più potente della morfina.
Ancora oggi la Cina rimane la principale fonte di precursori del fentanyl, i quali vengono spediti in Messico, dove vengono trasformati in questa droga. Poi viene introdotta illegalmente negli Stati Uniti, principalmente attraverso il confine meridionale.
In risposta all'ulteriore dazio di Trump, Pechino ha imposto un dazio aggiuntivo del 15% sul carbone e sul gas naturale degli Stati Uniti e un ulteriore 10% sulle attrezzature agricole e sui pick-up.
Il regime comunista ha anche definito l'epidemia di fentanyl un “problema interno” degli Stati Uniti e ha bollato i dazi statunitensi come un “ricatto”.
Yuan Hongbing, ex-professore di legge all'Università di Pechino in Cina, ora residente in Australia, ha affermato che l'epidemia di oppioidi negli Stati Uniti è ben lungi dall'essere la ferita autoinflitta che il PCC ha lasciato intendere.
Il regime cinese ha avuto un ruolo significativo nella crisi del fentanyl in America e incolpare gli Stati Uniti per questo è da tempo la strategia del leader del Partito Comunista Cinese (PCC), Xi Jinping, ha detto lo stesso Yuan a NTD, organo di stampa gemello di Epoch Times, in una recente puntata del programma in lingua cinese “Pinnacle View”.
Yuan, che ha accesso privilegiato ai vertici del PCC, ha affermato che Xi ha costantemente impartito direttive interne durante il primo e il secondo mandato di Trump, secondo cui Pechino deve continuare a sostenere che la crisi della droga in Europa e negli Stati Uniti non è collegata alla Cina.
Yuan ha affermato che il regime ha anche ricevuto da Xi l'ordine di affermare che la Cina produce legalmente i precursori chimici e che se questi vengono trasformati in farmaci mortali e introdotti di contrabbando negli Stati Uniti o in Europa, la responsabilità non ricade sulla Cina.
L'esperto cinese ha inoltre affermato che il fentanyl è al centro del tentativo di Xi di “vendicarsi” dell'Occidente. Ha detto che Xi incolpa quest'ultimo di aver sottoposto la Cina a un secolo di umiliazioni a seguito delle Guerre dell'oppio a metà del XIX secolo. Durante quel periodo la Cina doveva firmare una serie di trattati ingiusti che prevedevano la cessione dei territori cinesi e apriva i porti cinesi al controllo straniero.
“È proprio grazie alle direttive di Xi che stiamo assistendo a un aumento sia della produzione di precursori del fentanyl in Cina sia alla loro esportazione, alimentando l'attuale crisi negli Stati Uniti”, ha affermato Yuan.
I decessi per overdose da fentanyl sono diventati una crisi nazionale, con oltre 200 vittime americane al giorno, secondo la Drug Enforcement Administration. Solo nel 2023 circa 75.000 americani sono morti per overdose da fentanyl, un aumento impressionante di 23 volte rispetto a 10 anni fa.
Oggi le overdose accidentali da farmaci sono la principale causa di morte tra gli americani di età compresa tra i 18 e i 45 anni. Un dato più positivo è che il numero di decessi per overdose correlati agli oppioidi è diminuito di oltre il 20% nel 2024, secondo i Centers for Disease Control and Prevention.
La crisi fentanyl è diventata una delle principali preoccupazioni degli elettori americani ed è diventata una delle forze trainanti delle relazioni tra Stati Uniti e Cina, ha affermato l'esperto cinese Alexander Liao.
Quest'ultimo ha affermato che le relazioni tra Pechino e Washington sono cambiate radicalmente. Durante l'amministrazione Biden i due Paesi hanno attraversato una “glaciazione” diplomatica, durante la quale le comunicazioni tra alti funzionari si sono bloccate per circa 10 mesi nel 2022 e nel 2023. Tuttavia Liao ritiene che il confronto abbia ora raggiunto un nuovo livello.
“Che si tratti di commercio o di altri aspetti, gli Stati Uniti e la Cina si sono rivoltati l'uno contro l'altro”, ha detto Liao a Epoch Times.
“Poco rumore ma fatti feroci” è il modo in cui definisce la situazione attuale tra Pechino e Washington, in contrasto con le “grandi discussioni e pochi fatti” in corso tra Stati Uniti ed Europa.
“La politica funziona diversamente tra nemici e amici”, ha aggiunto.
Gli Stati Uniti sono il nemico perfetto per il regime cinese
Nell'ultimo decennio la Cina ha fatto registrare una crescita economica significativa. Secondo i dati della Banca Mondiale, il suo PIL nominale è ora superiore a tre quarti di quello degli Stati Uniti. In termini di potere d'acquisto, l'economia cinese ha superato quella degli Stati Uniti nel 2016.
Qualche anno prima Xi aveva scalato i ranghi del PCC e nel 2013 ne aveva assunto la leadership.
Secondo Yuan, la natura comunista di Xi lo ha spinto a sfruttare immediatamente la forza economica della Cina per istituire un programma di politica estera, la Belt and Road Initiative, finalizzato a espandere il totalitarismo comunista in tutto il mondo.
Con il pretesto dello sviluppo infrastrutturale, la piattaforma geopolitica da $1.000 miliardi si appropria delle risorse naturali di altri Paesi, tra cui minerali essenziali per la produzione di chip per computer, ed espande l'uso dei loro porti per i propri scopi civili e militari.
Lo slogan politico distintivo di Xi è “realizzare il grande ringiovanimento della nazione cinese”.
La sua spinta verso il dominio cinese inizia con il declino del Paese 200 anni fa. Secondo il PCC, l'Occidente è responsabile della trasformazione della Cina da un vincitore a un perdente nel mondo. Il sistema educativo e la propaganda del regime comunista enfatizzano spesso le Guerre dell'oppio come l'inizio del “Secolo dell'umiliazione”.
Xi ha affermato che la riconquista di Hong Kong e Macao, rispettivamente dal Regno Unito e dal Portogallo, ha “cancellato l'umiliazione di un secolo” e che il passo successivo è l'unificazione di Taiwan con la Cina continentale.
Nonostante l'apparente promozione del nazionalismo, ha affermato Liao, la logica di Xi rimane radicata nella dottrina comunista nel perseguire la diffusione globale del comunismo – o, nel gergo del Partito, “alzare la bandiera rossa in tutto il mondo”.
Questo rende gli Stati Uniti il nemico numero uno del PCC, ha aggiunto Liao. In qualità di protettori di Taiwan e leader dell'attuale ordine mondiale, gli Stati Uniti rappresentano il principale ostacolo ai piani di Xi.
Il PCC ha sfruttato decenni di rapida crescita economica della Cina per giustificare il proprio dominio. Tuttavia le draconiane misure di lockdown imposte da Xi per il COVID-19 hanno esacerbato i problemi di lunga data della sua economia alimentata dal debito e guidata dall'offerta. Dopo la revoca dei lockdown, il crollo del mercato immobiliare e la carenza di liquidità delle amministrazioni locali hanno lasciato l'economia in stagnazione.
Istigare il risentimento contro un nemico esterno è un'altra tattica utilizzata dal PCC per rafforzare il proprio potere. Gli Stati Uniti diventano quindi il bersaglio perfetto e il Partito può propagandare i propri sforzi per contrastarlo.
L'obiettivo finale di Xi
L'obiettivo finale di Xi, ha affermato Yuan, è “sostituire gli Stati Uniti nel ruolo di garante dell'ordine mondiale”. Yuan ha aggiunto che lui e Xi erano soliti bere insieme quando quest'ultimo era ancora una figura di potere a livello provinciale. Un anno dopo l'insediamento di Xi in Cina, il bilancio delle vittime per overdose di fentanyl negli Stati Uniti è aumentato vertiginosamente. Nel 2017 i decessi annuali hanno raggiunto quota 28.000; nel 2023 il numero è balzato a 75.000.
Nel 2017, quando Pechino sapeva che la Cina aveva superato gli Stati Uniti in termini di PIL misurato in termini di potere d'acquisto, Xi e i suoi seguaci credevano che il “problema americano” sarebbe stato risolto entro un decennio – con la sostituzione degli Stati Uniti da parte della Cina come superpotenza mondiale.
Liao ha affermato che le sue fonti interne a Pechino gli hanno riferito di un clima di ottimismo crescente all'interno del PCC, il quale ha portato a un atteggiamento sprezzante nei confronti degli Stati Uniti tra i leader del partito.
“In quel clima, i sostenitori della linea dura all'interno del PCC si sono sostanzialmente immessi su un percorso irreversibile di scontro con gli Stati Uniti”, ha affermato Liao.
Il fallimento degli Stati Uniti nel contenere l'epidemia di droga ha anche rafforzato l'orgoglio e la fiducia di Xi, ha affermato Yuan, aggiungendo che Xi vede la crisi fentanyl negli Stati Uniti come la prova che “l'Oriente sta crescendo, l'Occidente sta declinando”.
Secondo le fonti di Liao, durante la prima visita di stato di Trump in Cina nel novembre 2017, un alto funzionario del PCC disse a Trump: “Deve solo fornirci materie prime e un mercato di consumo per la nostra produzione”.
Una fonte interna a Pechino ha riferito a Liao che quell'incontro spinse Trump ad applicare dazi sulla Cina non appena tornato a Washington. La fonte ha affermato che l'arroganza e il tono condiscendente del funzionario cinese avevano messo Trump profondamente a disagio, in quanto la dipendenza degli Stati Uniti dalla produzione manifatturiera cinese stava sfuggendo di mano.
Epoch Times ha contattato la Casa Bianca per un commento.
Nel gennaio 2018 Trump ha iniziato a imporre dazi sulle importazioni cinesi per ridurre lo squilibrio commerciale e costringere la Cina a interrompere il furto di segreti commerciali e proprietà intellettuale statunitensi.
Due anni dopo Pechino e Washington firmarono un accordo commerciale in base al quale la Cina si impegnava ad acquistare più prodotti statunitensi.
Due mesi dopo sarebbe scoppiata la “pandemia”.
Il primo giorno del suo secondo mandato, Trump ha ordinato un'indagine sulla politica commerciale da condurre entro il 1° aprile. Lo studio individuava la Cina come bersaglio per la valutazione dell'adempimento dell'accordo commerciale e per l'esame di eventuali pratiche commerciali ingiuste o sbilanciate.
Trump ha definito il 2 aprile il “Giorno della liberazione” degli Stati Uniti, giorno in cui ha imposto dazi reciproci per livellare il campo con tutti i suoi partner commerciali. Un risultato probabile è che la Casa Bianca imporrà dazi aggiuntivi sulle importazioni cinesi.
L'economia cinese è più debole rispetto al primo mandato di Trump e dipende maggiormente dalle esportazioni.
Il senatore Steve Daines (R-Mont.), il primo politico statunitense a visitare Pechino durante il secondo mandato di Trump, ha trasmesso il messaggio del presidente agli alti dirigenti cinesi, richiedendo “azioni decisive da parte della Cina per fermare il flusso di precursori del fentanyl”. Il 23 marzo ha ribadito la richiesta degli Stati Uniti in un'intervista a Bloomberg.
“Sarà difficile discutere di dazi e barriere non tariffarie finché la questione dei precursori del fentanyl non sarà risolta”, ha affermato.
Indipendentemente dalle concessioni che Pechino proporrà a Trump in un possibile vertice Trump-Xi a giugno, i due Paesi sono su una rotta di collisione “inevitabile”, ha affermato Yuan.
“Non si tratta di un conflitto temporaneo innescato da un singolo evento, che si tratti di dazi o di altre questioni specifiche”, ha aggiunto, “il confronto è critico e inevitabile, guidato da forze più ampie e di lungo periodo”.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.
Non può essere vero
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/non-puo-essere-vero)
C'è una sorta di conforto nel credere che le cose accadano semplicemente per caso. Che i potenti non cospirino, che le istituzioni non si coordinino, che i pilastri fatiscenti della società rappresentino una mera casualità piuttosto che un disegno. Ho imparato a chiamare queste persone “accidentalisti” – coloro che trovano rifugio nella casualità, che liquidano gli schemi come paranoia.
Il costo di vedere
Come la pillola rossa in Matrix, riconoscere gli schemi cambia tutto. Molti scelgono comode illusioni piuttosto che scomode verità. Come osservò Hannah Arendt: “Il soggetto ideale del regime totalitario non è il nazista convinto o il comunista convinto, ma persone per le quali la distinzione tra realtà e finzione non esiste più”.
Per la classe dirigente – accademici, giornalisti, dirigenti aziendali – riconoscere questi schemi significa confrontarsi con la propria complicità. Il loro successo, il loro status, il loro senso di sé – tutto costruito sul sostegno piuttosto che sulla messa in discussione delle strutture di potere.
La mentalità accidentalista offre rifugio da questo autoesame. Meglio ignorare che affrontare il proprio ruolo nel meccanismo.
La morte della coincidenza
Ci vuole una notevole acrobazia mentale per credere che chi detiene il potere – che lo ha ottenuto attraverso un'attenta pianificazione e coordinamento – smetta improvvisamente di pianificare e coordinare una volta ottenutolo. Che abbandoni quegli strumenti che hanno portato loro il successo; che diventino, in qualche modo, osservatori passivi del proprio declino.
Di fronte a prove di coordinamento – che si tratti di censura statale documentata, controllo narrativo istituzionale, o campagne mediatiche coordinate – l'accidentalista traccia una linea arbitraria. “Beh, questo è diverso”, dice. “Non è una cospirazione, è solo...” E qui si perde, incapace di spiegare perché alcune azioni coordinate dei potenti siano considerate cospirazioni mentre altre siano semplicemente la normalità.
La strumentalizzazione dello scetticismo e la produzione di emarginati
Il termine stesso “complotto” rivela la manipolazione istituzionale. Il dispaccio della CIA del 1967 (Documento 1035-960) ordinava esplicitamente ai media di usare questa etichetta per screditare i critici della Commissione Warren. Trasformarono lo scetticismo in patologia, facendo sembrare delirante il semplice atto di mettere in discussione il potere.
Questa strumentalizzazione del linguaggio funzionò brillantemente. Oggi il riconoscimento di schemi diventa sospetto. Nel 2022 il New York Times pubblicò forse l'esempio più rivelatore dell'arroganza istituzionale: un saggio che metteva in guardia i cittadini dal “fare le proprie ricerche”, suggerendo che non fossero competenti per mettere in discussione le conclusioni degli esperti. Il messaggio era chiaro: lasciate che ci pensiamo noi. Fidatevi degli esperti, restate nella vostra corsia.
Che questa direttiva paternalistica provenisse da una pubblicazione con una storia di diffusione di disinformazione la dice lunga. L'accidentalista, naturalmente, non vede alcun problema nel fatto che gli esperti dicano alle persone di non pensare con la propria testa. Non coglie l'implicazione più profonda: quando le istituzioni scoraggiano attivamente le indagini indipendenti, rivelano il loro timore di un controllo informato.
Lo schema è inequivocabile: identificare gli scettici, screditarli, farne degli esempi. L'accidentalista non si chiede mai perché mettere in discussione il potere inneschi attacchi così coordinati.
Le smentite di oggi, i titoli di domani
Prendete in considerazione questo: nel 2021 diversi miei amici mi hanno consigliato con entusiasmo Dopesick, una mini serie TV che mette in evidenza la manipolazione della medicina da parte dei Sackler a beneficio delle loro tasche. Ciononostante questi stessi amici mi hanno deriso per aver messo in discussione le aziende farmaceutiche oggi, malgrado il loro status di industria più punita a livello giudiziario nella storia dell'umanità. Chi ha riconosciuto schemi simili è stato etichettato come “no-vax” e “minaccia per la salute pubblica”. Gli scienziati che suggerivano tesi alternative a quelle mainstream sono diventati “complottisti”. Lo schema si ripete: identificare gli scettici, screditarli, farne degli esempi.
Esaminiamo tre casi in cui i “complotti” si sono trasformati in storia riconosciuta:
- L'inganno dello zucchero: negli anni '60 l'industria dello zucchero pagò scienziati di Harvard per attribuire le malattie cardiache ai grassi anziché allo zucchero. Questi studi finanziati dall'industria hanno plasmato le linee guida alimentari per decenni, creando una massiccia crisi di salute pubblica attraverso alimenti “a basso contenuto di grassi” ma ricchi di zucchero. L'accidentalista considera questo un episodio storico isolato piuttosto che un modello per la manipolazione aziendale della scienza.
- Il copione del tabacco: per decenni le aziende del tabacco hanno nascosto prove che collegavano il fumo al cancro, finanziando la ricerca per creare dubbi. La loro nota interna affermava: “Il dubbio è il nostro prodotto”. L'accidentalista considera questo un caso unico piuttosto che riconoscere le stesse tattiche nelle attuali pratiche aziendali.
- L'insabbiamento del Vioxx: la Merck nascose le prove che il suo farmaco di successo causava infarti, causando circa 60.000 morti. Documenti interni hanno rivelato che i dirigenti stavano elaborando strategie per “neutralizzare” le critiche. L'accidentalista tratta questo come un'aberrazione piuttosto che una procedura operativa standard.
Lo schema si ripete
Prendete in considerazione la tempistica: un Patriot Act di 342 pagine è apparso settimane dopo l'11 settembre. L'Operazione Lock Step ha descritto le misure pandemiche nel 2010. L'Evento 201 ha simulato le risposte nell'ottobre 2019, lo stesso giorno dei Giochi Militari di Wuhan. Mesi dopo queste stesse misure sono state implementate a livello globale. Quali sono le probabilità?
Gli schemi di controllo si ripetono a ogni livello:
• A livello mondiale: coordinamento OMS/WEF
• A livello nazionale: regolamentazione
• A livello aziendale: repressione interna del dissenso
• A livello locale: pressione della comunità a conformarsi
Le impronte digitali del potere sono ovunque. Una volta che le vedete, non potete più ignorarle.
La convergenza aziendale
Ecco dove la visione del mondo accidentalista fallisce davvero: non si trattava di cospirazioni separate, ma di un singolo sistema che perfezionava i suoi metodi. I giganti del tabacco che consapevolmente hanno creato dipendenza per milioni di persone non sono scomparsi: hanno acquisito aziende alimentari (RJR Nabisco) e hanno continuato a manipolare la salute pubblica. Gli stessi conglomerati alimentari ora si fondono con le multinazionali farmaceutiche (Monsanto/Bayer), affidando la responsabilità della nostra medicina agli stessi scienziati che hanno progettato sigarette e alimenti trasformati che creano dipendenza.
Queste multinazionali non condividono solo la proprietà, ma anche i metodi. Le stesse tattiche usate per creare dipendenza nei fumatori sono state applicate agli alimenti trasformati; la stessa manipolazione della ricerca che ha nascosto i pericoli del tabacco ora oscura i rischi farmaceutici; lo stesso controllo mediatico che ha venduto le sigarette come salutari ora promuove interventi medici non testati.
I mercanti di realtà
Si consideri la risposta dei media alla nomina di Robert F. Kennedy Jr. a Segretario dell'HHS. Il messaggio coordinato è impossibile da ignorare: i commentatori di tutte le reti l'hanno etichettato uniformemente come “complottista” e “pericoloso per la salute pubblica”, senza mai affrontare le sue reali posizioni. Sono le stesse voci che hanno sostenuto linee di politica pandemiche distruttive, e ora cercano di screditare chi le ha messe in dubbio.
O si prenda in esame il Dr. Jay Bhattacharya, un professore di Stanford la cui competenza era indiscussa fino a quando non ha contestato i lockdown. La risposta istituzionale è stata rapida: attacchi mediatici coordinati, ostracismo accademico e soppressione algoritmica. Lo schema è chiaro: la competenza viene rispettata solo quando è in linea con gli interessi istituzionali.
Conformità ingegnerizzata
Il modello inizia con scarsità artificiale e dipendenza forzata, ma comprendere i meccanismi dei sistemi fiat è solo l'inizio. La vera rivelazione è riconoscere come questa architettura si estenda oltre il denaro in ogni ambito dell'esistenza umana.
Il COVID-19 non ha creato nuovi sistemi di controllo, ma ne ha rivelati di esistenti. L'infrastruttura per la sospensione dei diritti, l'applicazione delle narrazioni artificiali e il silenziamento del dissenso erano già in atto. Il “Grande reset” non è stato concepito nel 2020. L'architettura della sorveglianza non è stata costruita dall'oggi al domani. La capacità di coordinare le politiche globali, controllare il flusso di informazioni e rimodellare il comportamento umano non sono stati sviluppati in risposta a una crisi, ma in attesa di una.
Inoltre l'applicazione selettiva della verità rivela le preferenze del potere. A prescindere da ciò che si pensi delle dichiarazioni di Alex Jones su Sandy Hook, la sua multa da $900 milioni è in netto contrasto con la totale impunità di cui godono il New York Times e altri mass media le cui bugie sulle armi di distruzione di massa hanno causato centinaia di migliaia di morti. Questo rivela come il potere protegga i propri affiliati mentre punisce gli estranei, anche quando le bugie istituzionali causano danni ben maggiori.
La psicologia dell'incredulità
“Non può essere vero” diventa il meccanismo di difesa della mente contro il riconoscimento di schemi. Questo non è scetticismo naturale, ma rifiuto programmato (come spiegato nel saggio L'industria dell'informazione). Più esteso è il modello, più forte è la negazione. Hanno trasformato lo scetticismo in un'arma contro sé stessi, creando una popolazione che difende istintivamente l'autorità e al contempo attacca qualsiasi critica ad essa.
Stiamo osservando le prime fasi della convergenza dei sistemi di controllo, con chiari segnali di ciò che sta per accadere:
• Identità digitali collegate alle cartelle cliniche
• CBDC che consentono la programmazione del denaro
• Sistemi di credito sociale camuffati da metriche ESG
• Capitalismo della sorveglianza che si fonde con il controllo statale
• Scarsità artificiale attraverso catene di approvvigionamento controllate
Queste non sono previsioni, sono sistemi in fase di costruzione e test in tutto il mondo, dal sistema di credito sociale cinese all'implementazione delle CBDC in Nigeria.
Comprendere l'impossibile
“Ma come hanno potuto riuscirci senza che nessuno lo sapesse?”, si chiede l'accidentalista. La risposta è semplice: compartimentazione. Come nel Progetto Manhattan, la maggior parte delle persone nelle istituzioni globali ignora il piano più ampio a cui sta lavorando. Persino nelle aziende tecnologiche, il team di Gmail non ha idea di cosa stiano facendo i moderatori dei contenuti di YouTube o la divisione mappe di Google Earth. Ogni dipartimento svolge la sua funzione senza vedere il tutto. Professionisti del mondo accademico, delle aziende americane e dei media perseguono inconsapevolmente un obiettivo più ampio, spesso credendo di lavorare per cause nobili.
La verità non è nascosta, è protetta dalla sua stessa audacia. Come osservò Marshall McLuhan: “Solo i piccoli segreti devono essere protetti. Quelli grandi sono tenuti tali dall'incredulità della popolazione”. Questo spiega perché le rivelazioni più importanti spesso si nascondono in bella vista: la portata dell'inganno coordinato supera ciò che la maggior parte delle persone può psicologicamente accettare come possibile.
Rompere l'incantesimo
La rivelazione definitiva non è quanto siano potenti, ma quanto sia fragile il loro controllo. Il loro punto di forza più grande – l'integrazione totale – è anche la loro maggiore debolezza. I sistemi complessi hanno più punti di rottura. Più i sistemi sono interconnessi, più una perturbazione in un'area può avere ripercussioni a cascata sull'intero sistema.
La soluzione non è combattere direttamente i loro sistemi, ma costruire strutture parallele che li rendano irrilevanti:
• Sistemi alimentari locali invece di catene di approvvigionamento globali
• Reti peer-to-peer invece di piattaforme controllate
• Scambio diretto invece di usare forme di denaro sorvegliate
• Immunità naturale invece di immunità ad abbonamento
• Comunità reali invece di spazi virtuali
La scelta
La domanda non è se il potere cospiri, ma perché siamo così restii a vederlo. Quale conforto troviamo nel credere agli accadimenti accidentali? Quale paura nutriamo nel vedere un progetto?
Forse è più semplice credere nel caos che affrontare l'ordine. Forse è più facile respingerlo che impegnarsi. Forse la posizione accidentalista non riguarda affatto la verità, ma il mantenimento del conforto dell'ignoranza in un mondo che richiede sempre più consapevolezza.
Perché una volta che si vede lo schema, non si può più ignorarlo. Una volta capito che il potere coordina, pianifica e cospira per sua stessa natura, l'unico complotto bizzarro diventa credere che non sia così.
Il risveglio non è qualcosa che ci accade, è qualcosa che scegliamo. E questa scelta, moltiplicata per milioni di individui, determinerà se l'umanità entrerà in una nuova era oscura o vivrà la sua più grande rinascita.
La domanda non è se lo vedete o meno. La domanda è: cosa farete quando non potrete più ignorarlo?
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.
Il catalizzatore che potrebbe “standardizzare” Bitcoin
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-catalizzatore-che-potrebbe-standardizzare)
Oggi volevo scrivere di una rivelazione sull'adozione, la standardizzazione e la normalizzazione di Bitcoin che ho avuto la scorsa settimana. Mentre riflettevo su cosa sarebbe necessario affinché ricevesse una spinta considerevole all'adozione negli Stati Uniti, mi è venuto in mente uno scenario del genere, che potrebbe non essere molto lontano.
E contrariamente a quanto si pensi, non ha nulla a che fare con la regolamentazione, la tassazione, gli standard contabili, o con qualsiasi altro aspetto di cui si parla erroneamente riguardo tale tema. Come ho imparato in prima persona, mentre facevo qualche ricerca su Bitcoin il mese scorso, nessuna di queste cose conta davvero. La natura decentralizzata della rete implica che non abbia bisogno di nessuno di questi elementi per prosperare. L'ho sottolineato nel mio articolo della scorsa settimana intitolato Io, Bitcoin.
Ma quello che ho anche sottolineato è che esso sopravviverà se le persone lo vorranno. Chi conosce la rete capisce che circa 20.000 nodi globali significano che la rete rimarrà in piedi indipendentemente da quale politico, giurisdizione o ente regolatore in tutto il mondo cerchi di ostacolarla. Fa parte dell'eleganza della rete stessa.
E tuttavia, dopo aver compreso tutto questo, mi chiedo: “Cosa accelererà così tanto questa adozione da farci passare da un punto di quasi non ritorno per Bitcoin a un punto significativo di seria velocità di fuga?” La risposta era proprio sotto il mio naso.
Quando ho scelto il titolo di quell'articolo è stato uno di quelli che ti vengono in mente d'istinto. A volte passo ore a cercare di capire quale titolo sia il più accattivante, mentre altre volte ce l'ho già pronto perché è chiarissimo cosa voglio dire.
Ma durante il fine settimana ero in giro e mi chiedevo dove avessi già sentito quella frase.
All'improvviso, mi è venuto in mente: in uno dei miei sketch comici preferiti, un gruppo di comici improvvisati di Filadelfia si è recato alle proteste di Occupy, scoppiate in seguito alla crisi economica del 2008. In più di un punto c'erano cartelli con su scritto “Why I Occupy”; in realtà era il nome di una parte del movimento Occupy. Ricordo che WhyIOccupy.org era la fonte di informazioni per una buona parte della popolazione arrabbiata dell'epoca; pensavano che qualsiasi ideologia fosse presente su quel sito web, fosse la loro particolare versione di soluzione alla crisi finanziaria.
Solo dopo averlo ricordato, ho pensato che nella prossima crisi finanziaria le persone avrebbero davvero avuto una legittima via d'uscita dal sistema. Bitcoin è quella via d'uscita. È ciò che le persone coinvolte nella frenesia per GameStop cercavano così disperatamente, che lo sapessero o no, ma non sono riuscite a trovare.Mentre si consumava il fiasco di GameStop, ricordo di aver pensato tra me e me che c'erano troppe persone arrabbiate, ma che non avevano la minima idea del motivo. Nelle chat room e sui social media, a tutto si dava la colpa tranne che alle banche centrali. Queste persone erano furiose perché si sentivano raggirate: stavano reagendo, che ne fossero consapevoli o meno, all'aumento del divario di disuguaglianza, mentre loro faticavano ad arrivare a fine mese.
Ma quello che non sapevano era che la colpa non era di Ken Griffin, di Citadel o degli speculatori, bensì delle banche centrali.
Oggigiorno è diventato chiaro che le banche centrali hanno ulteriormente ampliato questo divario di disuguaglianza. È più chiaro perché l'inflazione è un fenomeno di dominio pubblico e comprensibile per tutti. Anche se non sanno perché si verifichi, la maggior parte delle persone ha una parvenza di comprensione del fatto che sia dovuto alle banche centrali che hanno fatto esplodere la massa monetaria negli ultimi quattro anni e poi, per aggiungere la beffa al danno, hanno mentito sulla transitorietà dell'inflazione.
E coloro che speravano di ripetere il successo di GameStop con nomi come AMC, ora sanno che una gestione tossica e un asset in perdita possono facilmente indebolire qualsiasi slancio in qualsiasi tipo di short squeeze, o FOMO, su qualsiasi azione. E sanno anche che broker e autorità di regolamentazione possono impedirgli di effettuare transazioni in qualsiasi momento lo ritengano opportuno.
Durante la prossima crisi finanziaria, che, a mio parere, non è poi così lontana, lo stesso gruppo di “poveri” arrabbiati, si spera, attribuirà la colpa a chi ce l'ha davvero: alla politica monetaria. Dopotutto, l'inflazione è una tassa brutale per chi non se la può permettere ed è praticamente ininfluente per i super-ricchi. E questi ultimi diventano ancora più ricchi grazie al quantitative easing e alla stampa di moneta, che indirizzano una quantità sproporzionata di aiuti al mercato azionario, obbligazionario e immobiliare: asset che i ricchi possiedono e che le persone a basso reddito no.
Durante la stampa di denaro nel periodo della “pandemia”, mi chiedevo spesso: se le banche centrali avessero voluto stampare $5.000 miliardi, perché non dividerli equamente tra tutti gli abitanti e staccare un assegno per tutti? Dopotutto $5.000 miliardi divisi per 300 milioni di americani equivalgono a circa $16.500 a persona. Tralasciando il ragionamento sistemico, questa è una domanda piuttosto semplice e diretta. Se si vuole stimolare l'economia distribuendo denaro ovunque, perché non farlo equamente tra tutti i cittadini, invece di fare favoritismi?
Ma non è questo che è successo nel 2008 e non sarà questo che accadrà durante la prossima crisi finanziaria.Quello che penso accadrà è che un nuovo gruppo di “poveri” sarà più informato sul funzionamento della politica monetaria, non solo a seguito del fiasco di GameStop, ma anche man mano che una nuova generazione più giovane avrà familiarizzato con le argomentazioni ideologiche a favore di Bitcoin. Prima ancora di iniziare a usarlo, una delle cose che mi piaceva era l'idea che stesse costringendo una generazione più giovane a comprendere l'economia Austriaca in un mondo in cui abbiamo praticamente abusato e sfruttato a morte i privilegi della MMT. Armata di questa nuova conoscenza, un'intera generazione di persone arrabbiate dovrà ancora una volta pagare il prezzo delle perdite socializzate di aziende nefaste e tossiche che hanno privatizzato i loro profitti. E questo avverrà in un contesto di crisi inflazionistica ancora vivida nelle loro menti. Questa volta non ci saranno dubbi su chi stia erodendo, attraverso tassazione e inflazione, il potere d'acquisto e la ricchezza per cui hanno lavorato.
Il che mi porta al punto: Bitcoin potrebbe benissimo rappresentare la rampa d'uscita verso cui milioni di persone arrabbiate guarderanno a una situazione del genere.
A differenza di GameStop, Bitcoin ha la possibilità di incidere su un cambiamento radicale, perché il successo della rete è legato alla sua crescita. Questo significa che ogni singola persona che decide di possedere Bitcoin, o di informarsi su di esso, diventa parte di una profezia che si autoavvera sul successo della rete. E, naturalmente, l'ideologia alla base del successo della rete è saldamente radicata nel dare potere a persone proprio come loro: persone stanche di vedere quel poco che guadagnano portato via silenziosamente dall'oscura macchina finanziaria inflazionistica.Molte persone che hanno partecipato alla frenesia di GameStop, comprese le “scimmie” di Wall Street Bets su Reddit e milioni di altri trader al dettaglio, saranno costrette a rendersi conto che Bitcoin ha tutti gli aspetti positivi di ciò che hanno cercato di ottenere in passato, ma senza gli aspetti negativi. Non c'è un management che possa rovinarlo, non c'è una controparte che possa diluirli, non c'è nessuno che possa disattivare il pulsante di acquisto e non c'è sostanzialmente alcun organo di governo o di regolamentazione che impedisca alla rete di avere successo se le persone lo desiderano. Diventa la libertà digitale che tutte queste persone hanno cercato durante l'ultima crisi finanziaria, ma che non hanno trovato un modo efficace per manifestare.
Il 2008 è stato l'esempio di quella che è ormai la norma a Wall Street: ogni volta che la situazione precipita, la popolazione ne paga le conseguenze, si infuria e brandisce le torce. Ma poi, alla fine, la situazione si placa e la gente torna a badare ai fatti propri.
“Sto iniziando a sentirmi un po' meglio riguardo a tutta questa faccenda”, dice John Tuld alla fine del film Margin Call, a significare che più le cose cambiano, più restano le stesse.
Banchieri e politici hanno fatto affidamento su questo schema e l'hanno perpetuato per decenni. È, in sostanza, ciò che permette l'errore di giudizio da parte di cittadini americani comuni che pagano il prezzo dei fallimenti degli ultra-ricchi.
E così, la prossima volta che ciò accadrà, gli investitori potrebbero legittimamente avere la possibilità di interrompere questo ciclo per la prima volta in mezzo secolo adottando Bitcoin. Avrebbero la possibilità di escluderli dal sistema contro cui si sono scagliati. I flussi di capitale verso Bitcoin e in uscita dagli asset finanziari tradizionali invieranno un messaggio ai principali istituti finanziari che reagiscono solo all'opportunità di applicare commissioni (si veda la loro nuova ossessione per Bitcoin ora che ci sono gli ETF). Allo stesso tempo questi flussi potrebbero contribuire alla profezia autoavverante del successo della rete, grazie alla sua ridondanza che funge essenzialmente da barometro per la salute della rete stessa.
Non è affatto garantito, ma se il sistema dovesse fallire di nuovo e la persona media cercasse una vera arma per combatterlo (e una che sia letteralmente programmata per essere il Braille tecnologico delle frasi “l'unione fa la forza” e “il potere al popolo”), Bitcoin potrebbe emergere e inaugurare un'epoca che in futuro potrebbe essere considerata il Rinascimento della sua adozione.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.
Quando i keynesiani prevedono un disastro, iniziate ad acquistare...
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/quando-i-keynesiani-prevedono-un)
Mi emoziono sempre per una correzione di mercato quando leggo che il consenso keynesiano prevede un disastro. Le stesse persone che sostenevano che la stampa di moneta sfrenata e l'impennata della spesa pubblica non avrebbero causato inflazione, sono quelle che sanno esattamente come i dazi influenzeranno i prezzi aggregati. Davvero affascinante.
Nel giugno 2016 sedici premi Nobel si aspettavano un'inflazione più elevata a causa dei dazi, ma questo non si è mai verificato. Inoltre molti di quegli economisti hanno raccomandato un'enorme spesa pubblica e un allentamento quantitativo alla Federal Reserve nel 2020, affermando che non vi erano preoccupazioni per l'inflazione. Tuttavia ciò ha portato alla più alta esplosione inflazionistica degli ultimi trent'anni. La realtà ha dimostrato che non c'è stata inflazione nel periodo 2016-2019 e che la folle ondata di stampa e spesa del 2021 ha portato all'attuale esplosione inflazionistica. Questo accade perché molti esperti giustificheranno sempre tutti gli squilibri governativi e gli aumenti delle tasse, ma lanceranno l'allarme per qualsiasi taglio fiscale o misura dal lato dell'offerta. Non dovremmo mai fidarci di esperti che lavorano a stretto contatto con i governi socialdemocratici.
Secondo i seminatori di panico, i dazi creeranno un'enorme esplosione dell'inflazione sia negli Stati Uniti che all'estero. Queste stime mostrano che i dazi di Trump saranno pagati dai consumatori statunitensi, così come i dazi cinesi contro gli Stati Uniti, e le contromisure dell'UE saranno pagate solo dai consumatori americani. Davvero divertente. Se credessimo a questa narrazione, i dazi sarebbero la migliore notizia per le aziende di tutto il mondo: gli americani ne ingoierebbero completamente i costi, i margini non diminuirebbero e il mondo ne sarebbe felice. Sarebbe oltremodo ridicolo se milioni di persone prendessero sul serio le loro parole. Inoltre, secondo la narrazione prevalente, i dazi causerebbero una recessione globale se imposti dagli Stati Uniti. Tuttavia quando i dazi vengono imposti dalla Cina o dall'UE, allora va tutto bene.
Quando i keynesiani prevedono un disastro, è improbabile che accada. Quando il consenso keynesiano vi dice che non c'è rischio, come nel 2008, scappate.
Dovremmo prendere in considerazione alcuni fattori rilevanti. I mercati già scontano una recessione e un rischio di stagflazione, ma l'ultima relazione sull'occupazione mostra il contrario. A marzo sono stati creati 228.000 posti di lavoro, nonostante alcuni siano stati creati nel settore pubblico. L'indice composito ISM indica un'espansione e il dato ponderato economicamente è ampiamente al di sopra del livello di espansione (50) secondo Real Investment Advice. Tutti gli indicatori principali di investimento e produzione sono ben lontani da un segnale di recessione. Inoltre molti operatori di mercato sembrano scontare una Federal Reserve aggressiva e una recessione, cosa che non accadeva da due decenni.
Ciò che trovo interessante è che, per la prima volta da molti anni, l'indice S&P 500 abbia un prezzo interessante. Dopo essere stato estremamente costoso in un mercato rialzista con una costante espansione dei multipli, possiamo finalmente affermare che sta iniziando a essere interessante, anche scontando una significativa revisione al ribasso degli utili. Il rapporto prezzo/utili di 15,2X per il 2027 offre ampio margine di revisione e mostra ancora un punto di ingresso interessante. Le azioni sono piuttosto convenienti, con un EV/EBITDA di 10,3X al 2027 (valore d'impresa/utile al lordo di interessi, imposte, deprezzamento e ammortamento). Inoltre, con il rendimento dei titoli del Tesoro a 10 anni al 4%, significa che per la prima volta da mesi le azioni sono interessanti rispetto alle obbligazioni. I margini sono solidi, le previsioni sono positive e i punti di ingresso per gli investitori a lungo termine stanno iniziando a essere evidenti, poiché è probabile che le pressioni inflazionistiche saranno limitate e la cosiddetta guerra commerciale finirà con dei negoziati, con oltre 50 nazioni che chiedono al governo degli Stati Uniti di raggiungere un accordo sulle barriere commerciali.
Qualsiasi investitore a lungo termine dovrebbe valutare opportunità in cui la paura è esagerata, le valutazioni sono interessanti e le preoccupazioni del consenso sono irrealistiche. Potrebbe essere una buona idea iniziare ad aprire posizioni lunghe, sapendo che a un quantitative easing e a tagli dei tassi seguiranno probabilmente periodi di volatilità.
Gli investitori devono proteggersi dall'inflazione e dalla distruzione del potere d'acquisto della valuta da parte delle banche centrali. Questo fenomeno non è scomparso; sta ritornando, mentre gli stati di tutto il mondo continuano ad accumulare debito e squilibri fiscali. Proteggetevi dall'inflazione con una strategia bilanciata, costruendo posizioni che proteggano il vostro patrimonio e vi aiutino a gestire la volatilità.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Il modello keynesiano cinese sta crollando, gli serve un accordo commerciale al più presto
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-modello-keynesiano-cinese-sta)
Nell'ultimo decennio l'economia cinese ha ampliato il suo modello neo-keynesiano centralizzato, il quale non può sopravvivere senza un accordo commerciale. Il settore manifatturiero cinese ha seguito una strategia di stallo continuo che non può sussistere senza l'enorme surplus commerciale con gli Stati Uniti.
La sovraccapacità del settore manifatturiero cinese non è un'eccezione, è la regola. La Cina produce il 30% dei beni manifatturieri mondiali, ma ne consuma meno del 18%, secondo CKGSB. Inoltre il tasso di utilizzo della capacità industriale cinese è sceso al 74,1% nel primo trimestre del 2025.
Il modello keynesiano di pianificazione centralizzata cinese mira a massimizzare l'occupazione e a mantenere una forte crescita economica, nonostante i vincoli finanziari e l'eccessivo indebitamento; pertanto è necessario vendere la produzione in eccesso per evitare un enorme problema di capitale circolante. Persino il governo cinese ha riconosciuto il problema in modo indiretto, evidenziando che la concorrenza di tipo “involutivo” è un obiettivo fondamentale per la politica economica del 2025 e che si stanno adottando misure per ridurre gli investimenti non necessari e controllare la crescita in alcuni settori. Tuttavia la sovraccapacità produttiva in Cina non è un caso; è stata creata per disegno politico, con le autorità locali e nazionali che cercano di aumentare il PIL a qualsiasi costo.
Il modello mira a mantenere la piena occupazione e la crescita economica anche con rendimenti economici inferiori al costo del capitale, e funziona quasi del tutto se la capacità produttiva in eccesso può essere venduta a livello globale, ricevendo valuta di riserva e mantenendo bassi i costi trasferendo il costo del capitale circolante ai consumatori globali e mantenendo basse le spese di produzione con controlli monetari e tassi di cambio fissi. Tuttavia la combinazione di debito crescente, valuta in costante indebolimento e crescente numero di fallimenti e problemi di capitale circolante sta conducendo questo modello al collasso, anche in assenza di una recessione ufficiale.
La Cina ha imparato che non può sopportare una guerra commerciale e non può sostituire i consumatori statunitensi, il mercato più ricco e più grande del mondo, con consumatori europei o latinoamericani. Di conseguenza ha bisogno di un accordo commerciale rapido prima che la catena di fallimenti che affligge l'economia cinese dal 2021 si trasformi in una vera e propria crisi finanziaria.
Ad aprile la Cina è entrata ufficialmente in deflazione per il terzo mese consecutivo. Secondo Allianz, si prevede che le insolvenze aziendali aumenteranno del 7% nel 2025 e del 10% nel 2026, nonostante il governo cinese stia implementando ulteriori misure di stimolo fiscale.
Le piccole e medie imprese, in particolare quelle esportatrici, stanno affrontando un crescente numero di fallimenti a causa del calo del flusso di cassa e dell'eliminazione delle esenzioni tariffarie statunitensi. La perdita di posti di lavoro è in aumento nelle regioni dipendenti dalle esportazioni e il tasso di disoccupazione urbano dovrebbe attestarsi in media al 5,7% nel 2025, al di sopra dell'obiettivo ufficiale, secondo la CNBC.
L'indice PMI manifatturiero ufficiale dell'NBS è sceso bruscamente a 49,0 il mese scorso, il calo più netto da dicembre 2023, riflettendo una discesa della produzione, dei nuovi ordini e dell'occupazione, in particolare gli ordini esteri in calo al livello più basso degli ultimi undici mesi.
Il crollo del settore immobiliare, che un tempo rappresentava fino al 30% del PIL, ha indebolito le banche, ridotto i risparmi delle famiglie e portato a un effetto ricchezza negativo, deprimendo ulteriormente i consumi e la domanda di credito.
I punti di forza economici della Cina sono ben noti, ma le debolezze sono troppo importanti per essere ignorate. La situazione ci ricorda che la pianificazione centrale non funziona mai. Tutte le debolezze della Cina derivano da anni di politiche governative volte a stimolare la crescita economica costruendo beni nella speranza che prima o poi si sarebbero venduti. Inoltre l'aumento dei fallimenti, il crollo del mercato immobiliare e il crescente debito delle amministrazioni locali mettono a dura prova il sistema finanziario, proprio mentre i prestiti in sofferenza della Belt and Road Initiative (BRI) aumentano vertiginosamente. Diversi Paesi nella BRI sono inadempienti o hanno richiesto salvataggi da parte del FMI, tra cui Sri Lanka, Zambia, Ghana e Pakistan, mentre essa ha generato $385 miliardi di debiti non registrati.
Le linee di politica keynesiane portano sempre a un debito elevato e alla stagnazione. Tuttavia se combinate con un sistema di pianificazione centrale, un sistema finanziario chiuso e controlli sui capitali, esse creano un pericoloso mix di sovraccapacità produttiva, povertà e stagnazione economica. La Cina può iniziare ad affrontare il suo enorme problema di capitale circolante solo attraverso un accordo commerciale rapido e di successo con gli Stati Uniti. La Cina trarrà enormi benefici se aprirà la sua economia, eliminerà i controlli sui capitali e permetterà al settore privato di respirare. Un'implosione del problema della sovraccapacità produttiva nascosta ai media generalisti, compensata da una pianificazione centrale ancor più accentuata e da stimoli su stimoli, non farà altro che indebolire ulteriormente la Cina nel lungo periodo.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Il gorgo della giustizia strumentalizzata
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-gorgo-della-giustizia-strumentalizzata)
Come in una brutta barzelletta del tipo “Quando un pollo entra in un pub”, quando i querelanti entrano in un'aula di tribunale e incontrano giudici favorevoli alle ingiunzioni, il risultato è un gorgo di giustizia strumentalizzata. Nel discutere dell'attuale scompiglio giurisdizionale tra l'esecutivo e la magistratura statunitense, trovo impossibile ignorare il totale fallimento dei tribunali nel proteggere i diritti, la dignità e la libertà delle persone sotto l'attacco totale dello stato amministrativo durante gli anni della “pandemia”.
Negli ultimi anni è diventato tristemente evidente che la minaccia più grave alla teoria e alla pratica della democrazia non è l'ascesa del populismo, con aspiranti fascisti e neonazisti come tribuni seducenti, ma élite tecnocratiche che nutrono un disprezzo a malapena celato per le convinzioni politiche e il comportamento elettorale dei “deplorevoli”. Inoltre, mentre le barriere di resistenza all'avanzata populista crollano una a una sotto l'assalto degli elettori infuriati, l'ultima frontiera della resistenza delle élite sono i tribunali. Il clero giurisprudenziale – avvocati, professori di diritto e giudici – fa parte dell'élite al potere e rappresenta l'ultima linea di difesa per salvaguardare le vittorie già ottenute dai sostenitori della giustizia sociale nella loro lunga marcia per conquistare le istituzioni.
Fallibilità dei giudici
A differenza di ogni altra professione, la magistratura è infallibile? Chiaramente no, altrimenti non sarebbe stata complice della più grande violazione delle libertà delle persone durante gli anni della “pandemia”. Ogni Paese con uno stato di diritto credibile, di tanto in tanto, ribalta condanne ingiuste del passato. Tra gli esempi australiani più noti ci sono quelli di Lindy Chamberlain e del cardinale George Pell.
Di conseguenza i giudici sono individualmente infallibili e liberi da qualsiasi influenza di pregiudizi, convinzioni ed esperienze di vita personali? Anche in questo caso, chiaramente no. Se lo fossero, in ogni singolo verdetto emesso da un collegio di giudici, essi sarebbero unanimi e potremmo risparmiare tempo e denaro eliminando i vari gradi di appello. Dall'Australia si consideri ancora una volta il caso del cardinale Pell. Condannato da una giuria, la condanna è stata confermata con 2 voti a 1 dalla Corte d'appello statale, ma ribaltata all'unanimità dall'Alta corte d'Australia (la nostra Corte suprema). Stesse leggi, stesse prove, sentenze diverse.
Ogni giudice è un esempio di integrità e competenza giudiziaria? No. Alcuni sono corrotti o colpevoli di altri atti illeciti. Molti altri, sospetto, sono incompetenti piuttosto che disonesti o corrotti. I meccanismi per riconoscere l'incompetenza sono meno e meno invocati rispetto a quelli per individuare e punire la corruzione e gli illeciti. Eppure, anche su questi ultimi non si può sempre fare affidamento.
La notte del 14 marzo, in India, la residenza ufficiale di un giudice dell'Alta corte di Delhi, il giudice Yashwant Varma, è andata a fuoco. Vigili del fuoco e agenti di polizia, accorsi per domare l'incendio, hanno scoperto sacchi di iuta pieni di denaro bruciato. Il Commissario di polizia ha contattato il Presidente della Corte suprema di Delhi, il 15, per informarlo degli sviluppi, il quale a sua volta ha trasmesso le informazioni alla Corte suprema dell'India. Il Presidente di quest'ultima ha istituito un collegio di tre giudici per indagare sulla questione e la sua relazione, pubblicata online (con alcune modifiche) nell'interesse della trasparenza, dato l'intenso interesse pubblico, ha dimostrato che c'erano i presupposti per un'indagine completa e adeguata. Nel frattempo il giudice Varma è stato trasferito a un'altra Corte suprema (nonostante la protesta dell'ordine degli avvocati di quella Corte) in attesa di ulteriori indagini e provvedimenti.
L'accenno di corruzione sarebbe molto probabilmente passato inosservato se non fosse stato per il fortuito incendio scoppiato nell'abitazione del giudice. Questo di per sé è un atto di accusa all'inadeguatezza dei meccanismi di controllo per i giudici.
Un'ultima domanda preliminare: a differenza di tutti gli altri rami del governo, la magistratura e i giudici devono essere immuni dallo scrutinio degli stessi tribunali ed essere, quindi, rimessi al loro posto? Suppongo che una distribuzione così perfetta di autodisciplina tra i rami del governo sia possibile ma, essendo un vecchio cinico, perdonate il mio scetticismo. Non tutti i giudici hanno la consapevolezza di sé e la forza di carattere necessarie per resistere alla tentazione di abusare dei propri poteri e della propria autorità. Al contrario, i giudici hanno un interesse collettivo ad ampliare la portata della propria autorità su tutti gli altri settori e, di conseguenza, a proteggersi dalle pressioni altrui.
Un quesito successivo è: come si può conciliare il lento e deliberato processo decisionale giudiziario con la necessità di un'azione talvolta urgente da parte dell'esecutivo? La magistratura è abituata alla propria sequenza e al proprio ritmo di azione, pertanto, per i giudici, l'assoluzione definitiva del cardinale Pell da parte dell'Alta corte d'Australia è stata un trionfo delle istituzioni e del processo giudiziario. Per i comuni mortali il processo è stato una punizione in sé e la pena di 405 giorni trascorsi dietro le sbarre è stata un grave errore giudiziario.
In altre parole, dalla data dell'atto d'accusa nel giugno 2017, passando per due processi con giuria, un primo appello fallito, l'ultimo appello con esito positivo, il rilascio dal carcere nell'aprile 2020 e la morte nel gennaio 2023, ancora incapace di purificare completamente la macchia di pedofilia, più della metà del tempo che gli è rimasta da vivere sulla Terra il cardinale Pell l'ha passata tra processi e una punizione dolosa da parte di una schiera di attivisti anticattolici assetati di sangue. La nazione esigeva un capro espiatorio per gli abusi sessuali sui minori da parte del clero cattolico. Scrivo questo non solo da non cristiano, ma da ateo.
La strumentalizzazione della giustizia e la presa ideologica dei giuristi
Negli Stati Uniti, nei primi due mesi di Trump, sono state presentate più di 125 cause legali per contestare le sue linee di politica, principalmente contro i tentativi di ridimensionare dipartimenti e agenzie governative. Di recente, in un solo giorno, i giudici distrettuali hanno ordinato la sospensione degli ordini esecutivi di Trump nei confronti dello smantellamento della USAID, il ripristino dei finanziamenti DEI da parte del Dipartimento dell'Istruzione, la sospensione dei voli di espulsione di presunti membri di gang venezuelane e la sospensione del divieto di ingresso nell'esercito per i membri transgender. Trump ha forse sbagliato o esagerato nell'affermare che “questi giudici vogliono assumere i poteri della Presidenza”, che quest'ultima a volte deve “agire rapidamente e con decisione” e che gli Stati Uniti “sono in guai seri” se la Corte Suprema si rifiuta di “risolvere questa situazione tossica e senza precedenti” con urgenza?
Un articolo pubblicato sul Journal of Legal Studies nel gennaio 2018 osservava che, sulla base delle donazioni ai partiti, nel 2012 una minoranza del 35% degli avvocati americani e appena il 15% degli oltre 10.000 professori di diritto erano conservatori. I tre autori dello studio hanno osservato che all'epoca i conservatori controllavano tutti e tre i rami del governo federale e oltre due terzi dei governatorati e delle assemblee legislative statali, mentre gli elettori che si identificavano come conservatori superavano numericamente i progressisti con un rapporto di 35 a 24.
La patologia dell'uniformità ideologica e del disallineamento con l'opinione pubblica è peggiorata considerevolmente da allora. Derek Muller, professore di diritto alla Notre Dame University, dal 2017 all'inizio del 2023 ha esaminato le donazioni politiche dei professori di diritto per partito politico (queste informazioni sono di dominio pubblico negli Stati Uniti). Con sorpresa di nessuno, la loro inclinazione era preponderante verso i Democratici. Dei 3.284 donatori della facoltà di giurisprudenza in quel periodo di oltre cinque anni, il 95,9% ha donato denaro solo ai Democratici, il 2,7% ai Repubblicani e l'1,5% a entrambi i partiti. Scomponendo le donazioni in dollari, il 92,3% è andato ai Democratici e il 7,7% ai Repubblicani. Delle oltre 100 istituzioni esaminate da Muller, ognuna aveva più Democratici registrati che Repubblicani nella facoltà di giurisprudenza, per lo più con ampi margini.
Qualcuno crede seriamente che questo non porti a una discrepanza ideologica tra il clero giurisprudenziale nelle aule di tribunale e tra i giudici e il popolo americano?
Il giudice distrettuale James Boasberg ha ordinato la sospensione dell'espulsione di oltre 250 venezuelani illegali con legami con la gang Tren de Aragua, un'organizzazione terroristica straniera designata come tale a livello federale. Il giudice Boasberg fa parte della bolla di Washington. Questa città ha votato per la candidata democratica Kamala Harris contro Trump con un margine schiacciante del 93,6% contro il 5,5% (con lo 0,9% di voti per posta). Ai voli già in corso è stato intimato di rientrare. L'ordinanza del giudice non ha avuto luogo perché, secondo il governo, gli aerei si trovavano già nello spazio aereo internazionale e quindi la direttiva di non “trasferirli” dagli Stati Uniti era diventata vana.
Un consigliere senior di Trump, Stephen Miller, ha affermato che un tribunale distrettuale “non ha la capacità di limitare in alcun modo l'autorità del Presidente ai sensi dell'Alien Enemies Act”. A prescindere dalle opinioni degli esperti di diritto, la maggior parte degli elettori probabilmente si schiererà con l'amministrazione, sostenendo che l'entità dell'immigrazione attraverso il confine meridionale durante gli anni di Biden ha raggiunto la soglia di “invasione o incursione predatoria” ai sensi della legge, giustificandone l'arresto e la rimozione come “nemici stranieri”. Trump ha definito Boasberg un giudice di Obama “agitatore e provocatore” e che “dovrebbe essere messo sotto accusa!!!”.
I critici hanno messo in guardia contro un “attacco all'intero ordine costituzionale americano”. In una rara replica pubblica, il Presidente della Corte suprema, John Roberts (che è rimasto in silenzio quando un appello dei Democratici ha chiesto l'impeachment dei giudici), ha affermato: “Per oltre due secoli è stato stabilito che l'impeachment non è una risposta appropriata al disaccordo” sulle decisioni giudiziarie. Al contrario “il normale processo di revisione d'appello” fornisce il rimedio appropriato. Il 26 marzo la Corte d'appello degli Stati Uniti per il circuito di Washington ha confermato la sospensione temporanea delle espulsioni con una decisione a maggioranza di 2 a 1.
Roberts ignora una causa fondamentale dell'imminente crisi costituzionale: l'assenza di meccanismi che garantiscano che la magistratura rimanga al suo posto, pur esortando l'esecutivo a farlo. La separazione dei poteri impone limiti all'indipendenza di tutti e tre i rami. La magistratura non può essere l'unico arbitro della propria portata e dei propri limiti, così come di quelli del Congresso e del Presidente. Chi, allora, può identificare questi limiti? Le ingiunzioni nazionali incoraggiano gli attivisti a presentare un ricorso in una giurisdizione e con un giudice che probabilmente si mostrerà comprensivo. Inoltre “tendono a costringere i giudici a prendere decisioni affrettate, ad alto rischio e con scarse informazioni”, ha osservato il giudice Neil Gorsuch in una sentenza della Corte suprema del 2020.
L'assunto secondo cui nessun giudice agisce mai in modo ideologicamente partigiano è palesemente falso. Gli eventi nel mondo reale si muovono molto più velocemente del ritmo glaciale dei procedimenti giudiziari. Ciò significa che anche la Corte suprema deve agire più rapidamente e con decisione per frenare i giudici fuori controllo. Un'interpretazione alternativa all'allarmistica “crisi costituzionale” è quindi che le azioni di Trump possano contribuire a ripristinare l'integrità costituzionale e la responsabilità democratica, sottraendo potere e risorse allo Stato amministrativo e restituendoli al Congresso e all'esecutivo.
Le ingiunzioni nazionali da parte dei tribunali distrettuali sono rare quando Trump non è coinvolto. Secondo un articolo dell'Harvard Law Review dello scorso anno, ce ne sono state in totale 127 dal 1963 all'inizio del 2020. Più della metà (64) erano contro la prima amministrazione Trump. Nel periodo che comprende le presidenze di Bush senior e Obama, più i primi tre anni di Biden, ce ne sono state 32. Solo a febbraio di quest'anno ce ne sono state 15 contro Trump, secondo un documento depositato dal Dipartimento di giustizia presso la Corte suprema.
Il giudice Boasberg aveva precedentemente rilasciato una carta “esci gratis di progione” all'avvocato dell'FBI Kevin Clinesmith, il quale aveva modificato un'email per ottenere un mandato di cattura dal tribunale del Foreign Intelligence Surveillance Act (FISA) e sorvegliare il consigliere della campagna elettorale di Trump, Carter Page. Questo fu il preludio alla bufala sulla collusione con la Russia che ha gravemente danneggiato la prima amministrazione Trump. Boasberg ha condannato Clinesmith alla libertà vigilata anziché al carcere. Ha inoltre inflitto condanne controverse ai manifestanti del 6 gennaio 2020 e ha ordinato a Mike Pence di testimoniare davanti alla giuria che indagava sul ruolo di Trump in quelle rivolte.
Data la composizione del Senato, qualsiasi tentativo di mettere sotto accusa il giudice Boasberg non è fattibile come proposta politica. Questo è diverso dal valutare la legalità dell'azione. L'impeachment può essere abusato quando viene usato come arma o come barriera contro gli abusi giudiziari. Una singola decisione errata può essere gestita tramite il normale processo di revisione d'appello. Una serie di sentenze che dia adito al timore di parzialità può costituire un reato passibile di impeachment. Inoltre la crisi si è intensificata fino a questo punto a causa della timidezza istituzionale e della codardia della Corte suprema.
Roberts aveva precedentemente espresso preoccupazione per la “legittimità istituzionale” della magistratura federale. Una conseguenza prevedibile del suo implicito rimprovero a Trump è stata quella di incoraggiare giudici attivisti e ONG a ritardare e ostacolare il presidente nell'attuazione del suo programma politico approvato dagli elettori. Contrariamente a quanto afferma, il processo d'appello non ha funzionato in modo efficiente. La Corte suprema deve intervenire rapidamente per frenare l'eccesso di potere giudiziario dei giudici distrettuali e adottare sistemi ordinati di decisione in materia di urgenza.
Il senatore dello Utah, Mike Lee (R-UT), ha proposto una legge che impone a un collegio di tre giudici provenienti da diversi distretti – due giudici distrettuali e un giudice della Corte d'appello – di pronunciarsi sulle contestazioni ai provvedimenti presidenziali, con la possibilità di presentare ricorso direttamente alla Corte suprema. Questa potrebbe non essere la formula migliore, ma sembra un miglioramento rispetto all'attuale sistema imperfetto.
La patologia non è limitata agli Stati Uniti
Nel febbraio 2020 l'Alta corte australiana ha stabilito, con una controversa sentenza a maggioranza di 4 a 3 nel caso Love contro Commonwealth, che un aborigeno australiano che non sia effettivamente cittadino australiano non può essere considerato uno “straniero” ai sensi della Costituzione. A differenza dei non aborigeni residenti che non sono cittadini, gli aborigeni australiani non possono essere espulsi nemmeno se condannati per un reato. A quanto pare mantengono un legame mistico e inalienabile con la terra e il Paese.
Possiamo comprendere come e perché questa strana interpretazione della Costituzione sia potuta nascere analizzando una controversia che coinvolge una facoltà di giurisprudenza australiana. Nelle ultime due settimane l'Australian ha pubblicato una serie di articoli sull'indottrinamento razziale e di genere da parte dei corsi di giurisprudenza della Macquarie University, pena la bocciatura per errori di valutazione.
Alcuni di questi articoli sono stati scritti da studenti di quella facoltà che hanno scelto l'anonimato per evitare ritorsioni. Molte delle descrizioni per il dottorato di ricerca in giurisprudenza sono incoerenti e grammaticalmente discutibili. Spesso i moduli non hanno nulla a che fare con la materia principale del corso a cui si sono iscritti. Alcuni dei giudici di domani saranno laureati in queste scuole. Ci si può aspettare che applichino il diritto senza indottrinamenti e pregiudizi radicati?
Per chiudere il cerchio, uno studente anonimo ha scritto che gli studenti sono tenuti a:
scrivere un saggio che rifletta su come una o più di queste teorie critiche degli studi giuridici siano rilevanti per il nostro argomento di dottorato. E mi è stato chiarito che ci si aspettava che includesse qualcosa di simile anche la propria tesi, indipendentemente dall'argomento.James Allan della Queensland University, uno dei pochissimi professori di diritto conservatori in Australia, sottolinea che quando il Primo ministro Boris Johnson prorogò il Parlamento del Regno Unito per far approvare la Brexit, “tutti i giudici della Corte suprema del Regno Unito, favorevoli al Remain, hanno ribaltato tre secoli di precedenti e hanno dichiarato” incostituzionale la sua azione, nonostante il Paese non abbia una costituzione scritta. Malgrado questo precedente da parte della madre della democrazia parlamentare, la Corte suprema canadese ha confermato il potere del Primo ministro Justin Trudeau di prorogare il Parlamento, esercitato affinché il suo governo potesse evitare una mozione di sfiducia prima che il suo partito avesse il tempo di scegliere un nuovo leader sotto il quale affrontare le elezioni successive.
Il fatto che Mark Carney, che non si è mai nemmeno candidato, né tantomeno vinto un'elezione, possa essere insediato come Primo ministro è di per sé una triste accusa dello stato in cui versa la democrazia canadese. Il cambio di leadership ha completamente trasformato le dinamiche elettorali. Non si tratta forse di un'interferenza giudiziaria nelle elezioni canadesi?
Mentre molte democrazie occidentali raggiungono un punto di svolta sull'immigrazione di massa, i tribunali sono diventati il luogo in cui le democrazie vanno a morire. Il Primo ministro britannico, Keir Starmer, forse il più convinto sostenitore dello stato di diritto tra i leader mondiali e lui stesso avvocato per i diritti umani, il 13 marzo si è lamentato di “una sorta di industria di controllori e bloccatori che usa i soldi pubblici per impedire al governo di rispettare le priorità dei contribuenti”.
Il disprezzo dell'élite per il popolo
È difficile non concludere che i giudici riflettano sempre più un disprezzo dell'élite per il popolo, che si estende alle scelte politiche fatte dai cittadini. Perché Trump fa inorridire così tanto il resto del mondo democratico occidentale? Beh, stiamo iniziando a capirlo. Dice quello che pensa, fa quello che dice e vuole realizzare ciò che ha promesso di fare. L'approccio britannico ed europeo all'esercizio del potere non potrebbe essere più diverso. I principali partiti trattano i cittadini come dei perfetti imbecilli, fanno campagna elettorale in versi per promettere agli elettori tutto ciò che vogliono, poi, una volta al potere, governano in prosa per fare tutto ciò che “noi, l'élite” vogliamo. Le elezioni diventano un esercizio futile.
La prova regina di questa strategia di trattare gli elettori come idioti (tenendoli all'oscuro e nutrendoli di letame) è il Primo ministro Starmer con la sua vittoria schiacciante nel Regno Unito. La prova successiva è il Cancelliere Friedrich Merz in Germania. La prova successiva ancora è il Primo ministro Anthony Albanese in Australia. Come in Germania e nel Regno Unito, la prova più lampante della realtà dell'Unipartito in Australia è come il Primo ministro, Scott Morrison, dopo aver vinto un'elezione opponendosi alla follia del cambiamento climatico, abbia abbracciato la follia di una scadenza per l'azzeramento delle emissioni di anidride carbonica al vertice ambientalista di Glasgow nell'ottobre 2021 e che violava le pari opportunità per tutti gli elettori. E il leader dell'opposizione, Peter Dutton, si rifiuta di abbandonare questa strada nonostante il resto del mondo abbia voltato pagina, soprattutto da quando Trump ha tirato fuori gli Stati Uniti dalla truffa dell'energia verde.
In Australia e nel Regno Unito gli elettori hanno ottenuto un aumento di tassazione e spesa pubblica, uno stato in espansione, immigrazione di massa e fanatismo ambientalista, a prescindere dal partito scelto alle elezioni e le loro promesse elettorali. I partiti di centro-destra nel nuovo Bundestag tedesco hanno ottenuto il 49% dei voti, contro il 28% dei Verdi e della SPD. Eppure sono proprio questi ultimi a essere tenuti da conto da Merz, utilizzando un emendamento costituzionale approvato dal Bundestag uscente, pieno di parlamentari che hanno già esaurito la carica. E tutto in nome della salvaguardia della democrazia! Chissà cosa ne pensa il vicepresidente Vance al riguardo... Nella vicina Romania la tutela della democrazia significa escludere il candidato principale dalle elezioni presidenziali, avvalorando ancora una volta le critiche di Vance alla corruzione della democrazia in tutta Europa.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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La grande riorganizzazione degli USA (Parte #1)
(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-grande-riorganizzazione-degli)
Il motivo principale per cui ho pubblicato il mio ultimo libro, Il Grande Default, è stato quello di mettere in evidenza due punti sostanzialmente. Il primo: nessuna autorità è amica del contribuente o del cittadino medio, possono essere alleati temporanei o “cospiratori”, ma questo è un matrimonio che è destinato a finire non appena il “nemico” (che più di tanto non lo è) viene ridimensionato e condotto al tavolo delle trattative. Si tratta pur sempre di bande mafiose che sopravvivono grazie all'estorsione di risorse. Il secondo: distinguere tra l'eurodollaro e il sistema dell'eurodollaro. Il primo esisterà sempre dato che si tratta di liquidità che serve a saldare le transazioni internazionali e la domanda di dollari, soprattutto in questo frangente, è più viva che mai. Il secondo, invece, è quello a cui si stanno indirizzando le attenzione di questa amministrazione e prima di lei della FED. Infatti l'entrata in scena del SOFR non ha fatto altro che cambiare il modo in cui il dollaro viene prezzato al margine all'estero, dato che gli USA non sono mai stati in grado di controllarlo direttamente in passato.
Non essendo in grado di controllare la “stampante” dell'eurodollaro, l'offerta è andata fuori controllo ed è stato quello che ha condotto in ultima analisi alla demonetizzazione dell'oro e alla crisi del 2008. In sintesi, quando c'era bisogno di socializzare le perdite derivanti dall'azzardo morale nel sistema dell'eurodollaro, gli Stati Uniti venivano tirati per la proverbiale giacchetta affinché intervenissero. Il colonialismo franco-inglese non è mai terminato, in verità, ed è stato riciclato fino ai giorni nostri tramite il sistema finanziario: la capacità di controllare il prezzo offshore del dollaro. Non è un caso che il LIBOR era impostato da 18 banche nella City di Londra, 17 delle quali europee e una sola americana. In passato, quindi, se si vedeva un'inversione nella curva dei futures dell'eurodollaro ciò avrebbe innalzato spauracchi di recessione e condotto la FED a intervenire sui mercati per fornire liquidità reale in modo da coprire quella fittizia. Questo sistema era stato trasformato per andare a beneficio del dollaro offshore e di chi era in grado di prezzarlo al margine, facendo sanguinare il capitale americano (industriale, energetico, manifatturiero) oltreoceano.
Tenete sempre una cosa a mente, però, questo testo non viene scritto per assolvere gli USA. Non c'è dubbio che anch'essi abbiano i loro scheletri nell'armadio sin da Bretton Woods, stiamo pur sempre parlando di bande mafiose vorrei ricordarvi. Ciononostante bisogna anche ponderare il fatto che gli USA non sono mai stati veramente in controllo della politica interna, della politica estera e della politica monetaria sin dai tempi di Woodrow Wilson. Per tutto il XVIII e XIX secolo gli Stati Uniti hanno costruito un gigantesco stock di capitale e ai tempi delle guerre mondiali erano già la destinazione preferita dal resto del mondo per quanto riguardava gli investimenti esteri. Non era affatto nel miglior interesse della nazione scialacquare questa fortuna, sia in termini umani che non, per ricostruire il resto del mondo che bruciava e cercare di “diffondere la democrazia”. L'impero risultante dalla Pax Americana non era nel miglior interesse della nazione, soprattutto in un contesto in cui per mantenere questa enorme macchina di guerra avrebbe significato lasciare che il prezzo del dollaro all'estero venisse impostato dalla City di Londra. Quando si riflette su questi punti si comprende che tutte le strade conducono a Londra e alla Banca d'Inghilterra.
L'amministrazione Trump, e i NY Boys dietro di essa, hanno detto basta. Il loro compito, adesso, è quello di invertire la tendenza e cercare di riparare a decenni di malgoverno e, soprattutto, all'erosione del bacino americano della ricchezza reale. Gli USA sono una fonte non indifferente di capitale umano e di risorse, il solo stato dell'Alaska vale più di tutta l'UE messa insieme in termini di ricchezza del sottosuolo. Ed ecco perché tutti vogliono continuare a fare affari con lo zio Sam, malgrado i dazi: non possono permettersi di vendere l'output a un prezzo inferiore rispetto a quello ideato originalmente per il mercato americano, soprattutto la Cina. La guerra commerciale è solo una costola di una guerra più grande a livello finanziario, da come avrete capito. Infatti serve a distinguere tra “amici” e “nemici” degli USA; i primi otterranno linee di swap tramite la FED in caso di stress finanziario, i secondi no.
La cosiddetta cricca di Davos è costituita da tenenti, le persone che fanno parte del WEF sono facenti funzione di figure che rimangono nell'ombra. Quindi la strategia primaria è quella di farli venire a galla e vedere fin dove si spingono le loro trame, soprattutto sul proprio territorio. Poi si passa a togliere loro le fonti di finanziamento e di influenza. Solo dopo ci si sposta a livello internazionale. Ora, se si distilla tutto il rumore, il minimo comun denominatore è solo uno: smantellare il sistema dell'eurodollaro. Per essere più precisi, bloccare tutte le scappatoie all'euro e all'accesso al collaterale (finanziario, energetico, industriale). In questo contesto Tether serve a bypassare l'intermediazione non collateralizzata della City di Londra per soddisfare la domanda di dollari nel mondo (collateralizzata grazie ai titoli sovrani americani comprati da Tether) e prezzare al margine il sistema dell'eurodollaro secondo il volere di Washington, non altrui. La tokenizzazione degli hard asset e la possibilità di diffondere capillarmente nel resto del mondo una valuta coperta da oro e Bitcoin è quanto di più vicino ci possa essere a una garanzia che il dollaro resterà la divisa preferita nel commercio mondiale. Ed è solo l'inizio, viste le implementazioni con IA che possono essere applicate al denaro catapulteranno anni in avanti gli USA rispetto a una Unione Europea che ancora deve lanciare l'euro digitale che, oltre a dimostrarsi un fallimento, è già obsoleto alla luce di tutte queste innovazioni in ambito stablecoin e Bitcoin.
I titoli del Tesoro americani rappresenteranno il collaterale di qualità alla base di questo ecosistema. E, a proposito, le aste dei bond statunitensi continuano a far registrare numeri incoraggianti come dimostrato dall'ultima riguardante i decennali, mentre, dall'altra parte dell'Atlantico, i Bund prendono una sonora sberla. Ancora una volta possiamo accogliere con una vibrante pernacchia i titoli dei giornali secondo cui i titoli tedeschi sarebbero presto diventati la nuova frontiera degli asset di riserva. Non solo, ma sarà molto probabilmente la BCE a guardare in alto per vedere fin dove schizzeranno i rendimenti dei titoli sovrani europei. Lo stesso discorso vale per la Cina, dove si chiacchiera tanto di come possa usare lo yuan per sostituire il dollaro nel commercio internazionale e di come possa vendere il biglietto verde per arginare/contrastare la potenza dello zio Sam. Notizia per voi: un calo del dollaro significa ri-dollarizzazione. Negli ultimi 20 anni solo la Cina ha creato $60.000 miliardi in nuovi prestiti. Attualmente gli NPL (es. prestiti non performanti) sono il 5% di tale cifra. Ha $2.500 miliardi in debiti esteri ($1.100 miliardi solo in dollari) e riserve monetarie estere per $3.000 miliardi (2.000 miliardi in dollari). Se volesse ripagare il suo debito estero, rimarrebbe solo con $1.000 miliardi in riserve estere e un monte di NPL ancora in crescita. Senza contare la necessità di pagare per le importazioni (nessuno vuole yuan per davvero). Alla luce di tutto ciò, che fine farebbe il peg dello yuan col dollaro? Chi è, quindi, che verrebbe realmente travolto da una vendita di dollari e asset denominati in dollari? Ah, e l'economia cinese è in crisi già adesso.
Contro l'amministrazione Trump, quindi, è stata lanciata una gigantesca campagna di caos, confusione e corruzione. Molto probabilmente si evolverà di nuovo in violenza per le strade con BLM 2.0, tra Dem, infiltrati e cricca di Davos oltreoceano il mantra rimane quello di lanciare contro il proprio “nemico” tutti ciò che si è in possesso. O per essere più precisi, per avere un vantaggio negoziale decente al tavolo delle trattative alla fine della guerra commerciale/finanziaria. Quanti asset sono stati bruciati ultimamente per cercare di tirare giù Hegseth? Quando Politico, Axios, o il Wall Street Journal parlano di “fonti interne alla Casa Bianca” che vorrebbero Hegseth, ad esempio, messo alla porta, non esiste niente del genere. È confusione; Trump sa benissimo che l'attuale gabinetto rimarrà in carica come minimo per un altro anno. È caos quanto accaduto circa un mese fa dopo il “Liberation Day” nei mercati obbligazionari e azionari americani quando la cricca di Davos, tramite il proxy di Inghilterra ed Europa, ha venduto asset americani per sostenere i mercati monetari e obbligazionari europei.
Questi spasmi sono tutti la conseguenza dello smantellamento del sistema dell'eurodollaro e il SOFR ha resistito finora a degli attacchi inauditi contro di esso riuscendone indenne. Nel mio ultimo libro, Il Grande Default, descrivo gli avvenimenti del settembre 2019 quando il SOFR esplose al 10-11% intraday a causa di una corsa agli sportelli dei mercati pronti contro termine americani e una forte domanda di denaro. Diverse banche finirono sotto pressione e la FED fu costretta a intervenire affinché creasse liquidità temporanea e puntellasse i mercati. Il problema di allora era che il SOFR era ancora in “fase beta”, tanto per usare un termine preso in prestito dall'informatica, e molto illiquido, di conseguenza molto sensibile a sbalzi improvvisi. Avanti veloce fino al 2023, durante il crollo di Silvergate, Silicon Valley Bank e Signature, la sua maturazione l'avrebbe portato ad assorbire il colpo permettendo al contempo a Powell di continuare a rialzare i tassi. Se ci pensate, qualcosa di inaudito per un banchiere centrale, ovvero rialzare i tassi durante una crisi bancaria. Avanti veloce fino al mese scorso quando, la seconda settimana di aprile, il SOFR mostra movimenti al rialzo nelle singole ore ordini di grandezza superiori rispetto ai movimenti giornalieri. Detto in termini semplici, era sotto attacco. Gli spike che vedete nel grafico del CME non dovrebbero accadere nemmeno nelle sessioni giornaliere “normali”.
Tutte le chiacchiere secondo cui la Cina stava scaricando i bond americani, i fondi pensione che scoppiavano in Giappone, o il “basis trade” erano una distrazione. Era invece un attacco al SOFR usando i titoli di stato americani a lungo termine per creare un avvallamento nella curva dei rendimenti nel medio termine e far gridare “recessione!” ai titoli dei giornali. L'obiettivo della cricca di Davos è sempre stato uno sin da quando il SOFR è entrato in gioco: delegittimarlo come meccanismo di prezzo del dollaro a livello internazionale. In passato era il LIBOR, un tasso non collateralizzato, dove i vari player si passavano tra loro le stesse passività per creare dal nulla liquidità temporanea e uno stock praticamente infinito di eurodollari con cui sommergere i loro problemi; ciò, a sua volta, avrebbe avuto ricadute sugli USA e sulla FED che sarebbe stata costretta a monetizzare questo mondo e quell'altro. Oggi devono attaccare il SOFR perché si tratta invece di un tasso collateralizzato a livello interno, basato sui mercati monetari interni agli Stati Uniti: niente più azzardo morale a spese del bacino della ricchezza reale statunitense, se si vuole accedere ai mercati pronti contro termine americani bisogna avere garanzie collaterali solide (solo titoli di stato USA). Oggi, quindi, sono necessari ingenti capitali per cercare di sovvertire un tale assetto e se tali attacchi vanno a vuoto chi li svolge perde molto rispetto al passato. Non possono essere reiterati ad libitum.
Il punto qui rimane solo uno: il sistema SOFR non si è rotto e la FED non è dovuta intervenire. Per quanto la stampa cerchi di fuorviare i lettori parlando di PIL in calo negli Stati Uniti, esso non misura né la crescita né la creazione di ricchezza reale, e il suo recente calo non è segno di debolezza bensì di forza: sono i tagli alla spesa pubblicano che lo stanno facendo scendere ed essi rafforzano l'economia. Dal punto di vista strategico è così che vengono portati allo scoperto i “nemici” ed è possibile individuarli. Trump ha davvero ricevuto tutte le telefonate che ha detto di aver ricevuto nel momento in cui ha approvato i dazi reciproci per tutti? Probabilmente no, probabilmente nessuno “ha chiamato”. Si tratta di avere la comunicazione strategica giusta per evidenziare i “nemici”. E ovviamente continuare a mettere pressione su di essi, perché la mancanza di accesso a finanziamenti facili come accadeva in passato significa altresì una ri-ponderazione del rischio su tutto lo spettro economico/finanziario mondiale.
Questo il motivo, in sostanza, per cui l'oro sale e continuerà a salire. Il metallo giallo è la forma definitiva di garanzia collaterale e c'è una corsa per accaparrarlo. Anche qui la City di Londra sta subendo altri duri colpi, perché l'oro adesso viene acquistato a New York e venduto a Londra. La LBMA è sotto corsa agli sportelli. In passato l'intermediazione dell'oro sintetico a Londra permetteva di tenere un tetto sul prezzo dell'oro fisico e veicolare l'idea che tutto fosse sotto controllo, che le crisi fossero sotto il controllo delle banche centrali. All'apertura di New York venivano scaricati i contratti e ricomprati alla chiusura, per poi continuare il gioco con apertura/chiusura in Europa. La presenza del LIBOR permetteva anche queste deformazioni. La credibilità/affidabilità degli Stati Uniti passa anche da un mercato dell'oro in ascesa in grado di stabilizzare e ripagare l'enorme debito pubblico della nazione. Ecco perché quel tetto adesso è stato smantellato e gli USA, rispetto ai loro avversari, sono la nazione con le riserve d'oro più grandi. Una volta rotto il gioco del LIBOR, a cascata tutte le distorsioni dei mercati sono venute al pettine.
Happy to tell Fox News about my proposal for a gold-backed Treasury bond as America enters its new Golden Age. Let’s restore monetary integrity to our currency as we increase productive output. Trump's economy is 'ready, willing and able': Judy Sheltonhttps://t.co/4e6gBVKby4
— Judy Shelton (@judyshel) May 8, 2025BACKGROUND STORICO
Ma facciamo un passo indietro. Quando si tratta di analisi macroeconomica, ci sono sempre innumerevoli pezzi in movimento e possiamo immaginarli come punti su una scacchiera. Per capire cosa sta succedendo nel mondo dobbiamo vedere quei punti per quello che sono nel miglior modo possibile e poi dobbiamo collegarli tra loro in un modo che abbia senso. Se ci riusciamo, scopriremo che raccontano una storia. Come qualsiasi altra storia, però, può essere vera o falsa. Per determinarlo, dobbiamo continuare a valutare i pezzi in movimento e capire se nuovi dati e sviluppi supportano o invalidano la nostra storia.
Dopo tre anni trascorsi a seguire questa storia e a valutare i pezzi in movimento, credo che la mia versione sia accurata, oltre al fatto che i nuovi sviluppi sembrano supportarla. Questa storia rappresenta la natura dell'attuale lotta di potere: non è una lotta fisica, ma finanziaria. È ormai chiaro che le potenze europee del vecchio mondo hanno influenzato la politica e l'economia americana da molti anni. La realtà è molto più sfumata, ma mi piace usare il termine “cricca di Davos” per descrivere queste potenze europee. Stiamo parlando di quelle potenze che stanno alla base di istituzioni globaliste come l'Unione Europea, la Banca centrale europea, le Nazioni unite, la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale, la Banca dei regolamenti internazionali, l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, il Forum economico mondiale (WEF) e entità simili. Queste istituzioni sono allineate nella visione del mondo e promuovono un programma simile: una governance globale centralizzata rispetto alla sovranità nazionale, e soprattutto rispetto alla governance localizzata.
Il WEF ha sviluppato un quadro politico per quantificare questo programma: “capitalismo degli stakeholder”. Klaus Schwab ha confezionato questo quadro come “Il Grande Reset” e lo ha pubblicizzato al mondo nel giugno 2020, nel mezzo dell'isteria per la crisi sanitaria. È chiaro che anche alcune grandi istituzioni americane si sono allineate a questo programma globalista ormai da anni e alcune lo fanno ancora. Bank of America, ad esempio, parla dell'implementazione del capitalismo degli stakeholder ogni anno nella sua lettera annuale agli azionisti. Tuttavia, è altrettanto evidente che altre importanti istituzioni americane hanno rotto i ranghi rispetto al programma globalista. Infatti si è verificata una frattura ai vertici della struttura di potere.
LA CONTRORIVOLUZIONE AMERICANA
Coloro che sono al centro del sistema finanziario americano sono ora in modalità autoconservazione: stanno portando avanti un piano per salvare il sistema finanziario basato sul dollaro, fondamentale per la loro ricchezza, il loro potere e la loro influenza. Questa dinamica ha iniziato a manifestarsi platealmente nell'ottobre 2022. La Federal Reserve aveva già rialzato il suo tasso di riferimento di 300 punti base dall'inizio di quell'anno e la cricca di Davos non ne era entusiasta. La campagna di rialzo dei tassi della FED spinse le Nazioni Unite a pubblicare un annuncio quello stesso ottobre, supportato da una relazione accademica intitolata Trade and Development Report 2022. La relazione delle Nazioni Unite chiedeva a tutte le banche centrali di interrompere immediatamente i rialzi dei tassi. Gli autori affermarono che sarebbe stato irresponsabile rialzarli ulteriormente, insinuando che ciò sarebbe stato paragonabile a un attacco ai Paesi in via di sviluppo.
Questa relazione era chiaramente rivolta alla FED: era un messaggio proveniente dal quartier generale globalista e proclamava che la FED aveva superato i limiti. All'epoca mi aspettavo che Jerome Powell facesse marcia indietro, dopotutto la FED aveva coordinato apertamente la politica monetaria con la BCE e altre banche centrali per anni dopo la crisi finanziaria del 2008. Sembrava proprio che fossero tutti dalla stessa parte. La settimana successiva Powell rialzò il tasso di riferimento della FED di altri 75 punti base e avrebbe continuato a farlo nei mesi successivi (+150 punti base). Inutile dire che attirò la mia attenzione: Powell non solo stava sfidando gli ordini di marcia globalisti, ma si stava muovendo contro di essi in modo aggressivo e senza scuse. Powell iniziò a parlare della necessità di una riforma fiscale all'interno del governo statunitense. In una riunione del Federal Open Market Committee, affermò esplicitamente di non ritenere che fosse compito della FED monetizzare il debito pubblico.
Nel frattempo, nel settembre 2023, l'allora Segretario al Tesoro, Janet Yellen, annunciò quello che definì un “piano di riacquisto di titoli del Tesoro”: il Dipartimento del Tesoro americano avrebbe acquistato regolarmente titoli di stato statunitensi per tutto il 2024. Si trattava ovviamente di un'operazione volta ad avviare quello che in gergo finanziario viene chiamato “controllo della curva dei rendimenti”. Si tratta di un'operazione in cui un'entità – in genere una banca centrale – acquista titoli di stato di determinate scadenze per impedire che i tassi d'interesse superino un certo livello. Il piano della Yellen assomigliava a una nuova “Operazione Twist”.
Quest'ultima era ciò che la FED aveva già implementato nel 2011. Fu allora che Ben Bernanke acquistò titoli del Tesoro a lungo termine e contemporaneamente vendette titoli a breve termine in grandi quantità. Ciò contribuì a spingere i tassi d'interesse a lungo termine più in basso di quanto sarebbero stati altrimenti. La Yellen si propose di applicare la stessa strategia l'anno scorso, ma c'era una sfumatura: il Dipartimento del Tesoro non può creare denaro dal nulla come la FED. L'unica cosa che può fare è emettere nuovi titoli di stato per finanziare la propria spesa. Ciononostante ha bisogno di investitori disposti ad acquistarli. Questo è il motivo per cui i programmi di controllo della curva dei rendimenti sono sempre gestiti da una banca centrale. Non funziona molto bene se non si possono stampare ingenti quantità di denaro per acquistare i titoli che si desidera comprare.
Perché la Yellen stava cercando di controllare la curva dei rendimenti? Non era Powell che avrebbe dovuto gestire questa operazione? La risposta è diventata chiara col tempo: la Yellen e Powell erano in squadre diverse.
La Yellen è una fedele sostenitrice della fazione globalista. Ha assecondato l'agenda globalista quando ha presieduto la FED dal 2014 al 2018 e ha fatto lo stesso dal suo incarico di Segretario al Tesoro durante l'amministrazione Biden. Powell, invece, lavora per la fazione americana, ovvero i NY Boys, che hanno rotto i ranghi con i globalisti. Powell, infatti, ha supervisionato il ciclo di rialzo dei tassi più aggressivo della storia, nonostante la struttura di potere globalista gli urlasse di fermarsi. E, come vedremo, ha avuto un ruolo fondamentale nel liberare la politica monetaria statunitense dalle influenze globaliste.
Per quanto io e altri abbiamo considerato la FED inetta e incapace, aveva messo in atto un piano da diversi anni: un tasso chiamato Secured Overnight Financing Rate (SOFR).
RIPRISTINARE LA SOVRANITÀ FINANZIARIA STATUNITENSE
Il SOFR è ora il tasso d'interesse di riferimento per prestiti e derivati denominati in dollari. Si basa esclusivamente sulle transazioni del mercato pronti contro termine del Tesoro statunitense. Il SOFR è stato creato nel 2018 e implementato gradualmente nel corso degli anni successivi. Ha poi sostituito il London Interbank Offered Rate nel gennaio 2022 ed è ora il tasso d'interesse di riferimento esclusivo negli Stati Uniti. Le istituzioni finanziarie utilizzano i tassi d'interesse di riferimento per determinare il prezzo dei prestiti. Prima del 2022, per i prestiti denominati in dollari si usava il LIBOR; ora si usa il SOFR. Ricordate, la Federal Reserve non può “impostare i tassi d'interesse”, tutto ciò che può fare è modificare il tasso Fed Fund (si tratta del tasso al quale le banche si prestano denaro overnight). Con il SOFR, il tasso Fed Fund ha un impatto diretto: stabilisce un limite minimo al di sotto del quale è improbabile che il SOFR scenda.
Invece il tasso Fed Fund non ha avuto un impatto diretto sul LIBOR; ha avuto solo un'influenza indiretta. Questo perché il LIBOR era calcolato sulla base di stime giornaliere fornite da un consorzio di 16 banche: 11 banche con sede in Europa, 3 banche americane, 1 banca giapponese e 1 banca canadese. Per questo motivo il tasso Fed Fund non poteva stabilire un limite minimo con il LIBOR, perché quel consorzio poteva sempre presentare stime inferiori per abbassare i tassi. Ed è esattamente quello che facevano. Nel 2012, quando è scoppiato lo “scandalo LIBOR”, abbiamo appreso che alcune banche del consorzio avevano presentato stime di tassi artificialmente basse per manipolare il LIBOR al ribasso.
Quando il LIBOR era il tasso di riferimento per i prestiti denominati in dollari, l'economia statunitense era vincolata ai programmi stabiliti dalle fazioni al potere che controllavano l'Unione Europea: quelle 11 banche del consorzio in Europa potevano manipolare i tassi d'interesse tramite il LIBOR, se ciò fosse stato favorevole ai loro programmi. Di conseguenza la differenza tra SOFR e LIBOR è fondamentale.
Il SOFR si basa esclusivamente sulle transazioni nel mercato dei pronti contro termine. Si tratta di transazioni reali che sono accadute. Al contrario il LIBOR, che si basava su stime presentate da un consorzio di banche, non faceva affidamento su transazioni effettive. Ciò significa che il SOFR consente al mercato di avere un impatto diretto sui tassi d'interesse a lungo termine. Questo è fondamentale per determinare il prezzo del credito con ragionevole accuratezza. Con il SOFR ora in vigore, le banche europee non hanno alcuna influenza sui tassi d'interesse denominati in dollari. Non è esagerato affermare che il SOFR ha liberato la politica monetaria statunitense dall'influenza globalista.
Questo ha aperto la strada a quella che chiamo la Grande Riorganizzazione americana.
NORMALIZZAZIONE, MERCATI E TASSI
Non è un caso che il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, abbia iniziato a rialzare i tassi nel 2022, dopo quattro anni dal suo mandato. Powell ha dovuto aspettare finché il SOFR non avesse sostituito il LIBOR come indice di riferimento statunitense, altrimenti gli interessi finanziari legati all'UE avrebbero potuto vanificare i suoi sforzi manipolando il LIBOR al ribasso. In altre parole il SOFR ha permesso a Powell di rompere i ranghi con il cartello globale delle banche centrali. Ovviamente i media finanziari non ne hanno parlato in questo modo e molti analisti finanziari non si rendono ancora conto di cosa stia succedendo.
Quello a cui stiamo assistendo è un tentativo di “normalizzare” il sistema finanziario statunitense e la politica dei tassi d'interesse è una parte importante di questa normalizzazione.
La FED ha tagliato il tasso di riferimento di 50 punti base a settembre 2024 e secondo i media finanziari siamo tornati in piena corsa per tagli sempre più aggressivi. Infatti hanno affermato che la FED ha “cambiato rotta”. Non è affatto così. Powell ha dichiarato pubblicamente di volere che il tasso Fed Fund torni a essere “neutrale”. In altre parole, vuole che tali tassi siano determinati dal mercato, come consentito dal SOFR. È stato schietto e diretto a tal proposito fin da quando ha iniziato a rialzare i tassi dal 2022. Anche allora i media continuavano a dire che avrebbe “cambiato rotta”, ma non lo ha mai fatto. Se prendiamo Powell in parola, intende normalizzare i tassi d'interesse e ciò imporrebbe una massiccia riorganizzazione dell'economia americana.
Il fatto è che ogni aspetto dell'economia è stato “finanziarizzato” negli ultimi 50 anni: la società americana è stata rimodellata per favorire gli asset finanziari rispetto alla produzione di beni e servizi. Sebbene questo abbia rappresentato un grande vantaggio per Wall Street e il mercato azionario, ha anche svuotato la classe media americana e la piccola imprenditoria. Gli Stati Uniti sono risultati effettivamente in recessione per gran parte del decennio precedente, questo perché la politica monetaria allentata e la ZIRP svalutano tutto. Quando sono stati portati i tassi a zero e stampato migliaia di miliardi di dollari dal nulla, è stata incoraggiata la finanziarizzazione, la speculazione e gli sprechi.
Quello di cui sto parlando è una trasfigurazione della società americana: milioni di piccole attività commerciali nelle vie principali di tutta l'America sono state spazzate via. È così che sono spuntate fuori ville in periferia e auto di lusso che nessuno sa come riparare quando qualcosa va storto; è così che sono spuntati fuori centri commerciali e grandi magazzini ovunque e vie principali deserte; è così che sono spuntate fuori legioni di laureati in sociologia e studi sulla diversità e poche persone che sanno davvero come funziona qualcosa. Ma non dimentichiamocelo: c'è un tempo per ogni cosa e una stagione per ogni attività sotto il cielo.
Il SOFR che sostituisce il LIBOR e la rottura della FED con l'agenda globalista segnalano che è in corso una controrivoluzione americana e le briciole di pane iniziano ad allinearsi...
AFFRONTARE LO STATO PROFONDO
Questo significa, in sostanza, che l'era del denaro facile e dei tassi d'interesse artificialmente bassi sono alle nostre spalle. Ciò che è stato sostenuto da questi due meccanismi finirà con essi. E adesso ci spostiamo sul Congresso e sulla politica fiscale. Per decenni il Congresso degli Stati Uniti ha operato partendo dal presupposto di poter spendere denaro senza conseguenze. I tassi d'interesse a zero, favoriti da politiche monetarie ultra lassiste, hanno permesso deficit progressivamente crescenti senza ripercussioni immediate. Eravamo arrivati al punto in cui il Congresso sarebbe stato destinato ad aggiungere oltre $2.000 miliardi al debito nazionale ogni anno e questa era solo la punta dell'iceberg. Il livello di debito del governo degli Stati Uniti era diventato insostenibile. La spesa per interessi aveva superato i $1.100 miliardi nell'ultimo anno fiscale, rendendo il pagamento degli interessi la seconda voce nel bilancio federale. Per illustrare quanto fosse estrema questa situazione, diamo un'occhiata alle spese federali principali per l'anno fiscale 2024:
• Previdenza sociale: $1.500 miliardi
• Pagamento degli interessi: $1.100 miliardi
• Medicare: $869 miliardi
• Difesa: $826 miliardi
Il fatto che Elon Musk e Vivek Ramaswamy si siano uniti per formare il Dipartimento per l'Efficienza del Governo (DOGE) suggerisce che potenti figure abbiano capito la necessità di tagliare drasticamente la spesa federale ora, in modo da evitare una crisi del debito sovrano. Anche perché nei prossimi 4 anni arriveranno a scadenza circa $17.000 miliardi di debiti negli USA. Il team DOGE si è impegnato a pareggiare il bilancio tagliando quasi $2.000 miliardi in spesa federale. Ciò sta comportando l'eliminazione di ingenti somme di denaro dallo Stato sociale e una drastica riduzione del personale nel governo federale. Inutile dire che non mancano le resistenze. Inoltre il team DOGE sta intervenendo anche contro la regolamentazione, eliminando decine di norme e ingessando lo Stato amministrativo statunitense che opera come un governo ombra.
Questa è la lotta che sta impervesando e imperverserà per i prossimi anni: DOGE contro lo Stato profondo.
Il direttore dell'Office of Management and Budget, Russell Vought, ha articolato quello che ritengo un piano molto ben ponderato nella sua intervista con Tucker Carlson poco prima del Giorno del Ringraziamento. Mi è chiaro che comprendono il funzionamento interno del sistema e ciò che stanno affrontando: se non si ferma la spesa incontrollata del governo federale, ci sarà una crisi del debito sovrano entro i prossimi quattro anni. E poiché il dollaro e i titoli del Tesoro USA sono fondamentali per l'intero sistema finanziario globale, una crisi del genere porterebbe a qualcosa di ben peggiore di quanto visto nel 2008.
Inutile dire che la cricca di Davos consideri un tale evento come un'opportunità. I globalisti hanno già gettato le basi per il loro “Grande Reset” durante l'isteria del Covid, una crisi finanziaria globale di proporzioni epiche offrirebbe loro una finestra di caos attraverso la quale inaugurare il resto del loro programma.
La buona notizia per chi non vuole vivere sotto una grottesca forma di neofeudalesimo e tecnocomunismo è che l'America può ancora essere salvata.
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???? Qui il link alla Seconda Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2025/05/la-grande-riorganizzazione-degli-usa_01519109095.html
Una nuova era: il sistema monetario coperto da ₿itcoin
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione diposnibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/una-nuova-era-il-sistema-monetario)
Dal crollo di Bretton Woods nel 1971, il dollaro ha funzionato come valuta puramente fiat. L'accordo sul petrodollaro del 1974 l'ha legato indirettamente al petrolio, rafforzandone la domanda globale. Oggi, con il crescente scetticismo nei confronti delle valute fiat e il crescente interesse per asset decentralizzati come Bitcoin, gli Stati Uniti potrebbero prendere in considerazione un nuovo sistema monetario coperto da Bitcoin, un asset digitale, scarso e decentralizzato. Bitcoin offre di fatto un approccio più moderno, automatizzato e basato su software alle attività del sistema bancario centrale.
Questo articolo esplora la fattibilità di un sistema monetario basato su Bitcoin nel contesto di importanti sviluppi finanziari storici, nonché il percorso strategico per la sua implementazione.
La relazione si concluderà con una strategia applicabile, utile per i policymaker, le istituzioni finanziarie e gli investitori.
• Luglio 1944 – Accordo di Bretton Woods: la Conferenza di Bretton Woods stabilì che il dollaro sarebbe diventato la principale valuta di riserva mondiale, coperto dall'oro. Con questo sistema esso era agganciato al metallo giallo a un tasso fisso di $35 l'oncia, mentre le altre principali valute erano agganciate al dollaro. Questo accordo creò un quadro monetario globale stabile, ancorato alla convertibilità del dollaro statunitense in oro, e gettò le basi per la crescita economica del secondo dopoguerra.
• Agosto 1971 – Nixon chiude la finestra dell'oro (il “Nixon Shock”): il presidente Nixon sospese la convertibilità del dollaro in oro. Ciò segnò la transizione del dollaro da valuta coperta dall'oro a una valuta fiat, il cui valore era determinato da un decreto governativo anziché da un bene fisso e indipendente.
• Ottobre 1973 – La crisi petrolifera e lo shock dei prezzi: in risposta al sostegno degli Stati Uniti e dell'Occidente a Israele, l'OPEC (guidato dall'Arabia Saudita) impose un embargo petrolifero agli Stati Uniti e a diverse nazioni occidentali. L'embargo portò a una grave carenza di petrolio, facendo quadruplicare i prezzi da circa $3 al barile a $12 al barile all'inizio del 1974. Questo improvviso aumento dei costi energetici innescò un'inflazione diffusa, una crisi economica e una crisi globale che portò alla stagflazione (inflazione elevata e disoccupazione elevata) nelle varie economie occidentali.
• Giugno 1974 – Accordo tra Stati Uniti e Arabia Saudita sul petrodollaro: Stati Uniti e Arabia Saudita raggiunsero un accordo che gettò le basi per il sistema del petrodollaro, che in seguito si espanse fino a includere altri Paesi OPEC. L'istituzione del petrodollaro consolidò lo status del dollaro come principale valuta di riserva mondiale, poiché la domanda globale di dollari aumentò parallelamente alle transazioni petrolifere. Questo accordo sostenne anche la crescita della produzione petrolifera mondiale e ridusse la leva strategica dell'OPEC, fornendo al contempo agli Stati Uniti una fonte affidabile di investimenti esteri e di domanda di debito pubblico statunitense.
• Ottobre 2008 – Pubblicazione del whitepaper di Bitcoin: sulla scia della crisi finanziaria globale e dei principali fallimenti bancari, un inventore anonimo noto come Satoshi Nakamoto pubblicò “Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System”. Il documento descriveva una rete di transazioni che non richiedeva alcun tipo di intermediario tra istituzioni finanziarie terze o governative.
• Marzo 2009 – La Federal Reserve lancia il quantitative easing (QE): in risposta alla crisi finanziaria del 2008, la Federal Reserve implementò il suo primo ciclo di quantitative easing (QE), acquistando titoli del Tesoro statunitensi e titoli garantiti da ipoteca per iniettare liquidità nel sistema finanziario. Questa politica monetaria senza precedenti ampliò il bilancio della FED e segnò l'inizio di un prolungato periodo di svalutazione del dollaro, alimentando un'inflazione sostenuta dei prezzi degli asset finanziari.
• Dicembre 2012 – Il rapporto debito/PIL degli Stati Uniti supera il 100%: per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale, il rapporto debito/PIL degli Stati Uniti superò il 100%, segnalando un passaggio a una posizione di bilancio fortemente indebitata. Questo traguardo evidenziò la crescente dipendenza dalla spesa pubblica finanziata dal debito e sollevò preoccupazioni sulla sostenibilità fiscale a lungo termine.
• Aprile 2020 – La FED lancia un quantitative easing aggressivo durante la pandemia: per contrastare le ricadute economiche della pandemia, la Federal Reserve avviò un nuovo ciclo di QE aggressivo, espandendo ulteriormente il proprio bilancio con l'acquisto di titoli del Tesoro e titoli garantiti da ipoteca su scala maggiore. Questo aumento dell'offerta di moneta svalutò significativamente il dollaro e determinò un'impennata dei prezzi degli asset, aggravando ulteriormente la disuguaglianza di ricchezza.
• Febbraio 2022 – Gli Stati Uniti congelano le riserve monetarie russe e trasformano il dollaro in un'arma: in risposta all'invasione russa dell'Ucraina, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno imposto severe sanzioni finanziarie, congelando le riserve monetarie russe detenute presso le banche occidentali. Questa azione ha segnato una svolta nella diplomazia finanziaria globale, poiché ha trasformato il dollaro in un'arma e ha sollevato preoccupazioni tra le altre nazioni sui rischi legati al possesso di riserve denominate in dollari.
• Marzo 2022 – Abbandono del dollaro nel commercio globale di petrolio: in un contesto di crescenti tensioni geopolitiche, diverse nazioni produttrici di petrolio hanno iniziato a stipulare accordi bilaterali con i loro partner commerciali per saldare le transazioni petrolifere in valute diverse dal dollaro. Ciò ha segnalato una potenziale erosione del sistema del petrodollaro, poiché i Paesi cercavano alternative per ridurre la dipendenza dal dollaro nel commercio globale.
• Giugno 2023 – Sospensione del tetto del debito pubblico statunitense: il Congresso ha eliminato il tetto del debito pubblico, rimuovendo il limite legale all'indebitamento del governo federale. Questa decisione ha di fatto consentito un indebitamento illimitato, sollevando preoccupazioni circa una politica fiscale incontrollata e la potenziale accelerazione della crescita del debito pubblico statunitense, esercitando ulteriore pressione sulla stabilità del dollaro.
• Gennaio 2024 – Approvato l'ETF su Bitcoin: la SEC ha approvato il primo ETF spot su Bitcoin, aprendo la strada a un più ampio spettro di investimenti, sia al dettaglio che istituzionali. Questo traguardo ha legittimato Bitcoin e l'ETF ha facilitato l'accesso agli investitori, generando un aumento della domanda e significativi afflussi di capitali.
• Luglio 2024 – Trump definisce Bitcoin “il nuovo petrolio”: in una conversazione privata trapelata poi ai media (ma non ripresa in quelli generalisti), l'ex-presidente Donald Trump ha descritto Bitcoin come “il nuovo petrolio”, segnalando un potenziale cambiamento nella linea di politica statunitense nei confronti degli asset digitali. La dichiarazione suggeriva un riconoscimento del ruolo di Bitcoin come asset strategico nel sistema finanziario globale.
• 5 novembre 2024 – Donald Trump vince le elezioni presidenziali statunitensi: con una vittoria elettorale decisiva e schiacciante, Donald Trump viene rieletto Presidente degli Stati Uniti, con i Repubblicani che prendono il controllo sia della Camera che del Senato. L'esito delle elezioni segna una svolta per la politica statunitense in materia di asset digitali e la fine di un'ostilità normativa senza freni. L'amministrazione Trump si impegna a garantire chiarezza normativa, politiche fiscali favorevoli, l'istituzione di una Riserva Strategica di Bitcoin e un quadro normativo che supporti l'adozione diffusa di asset digitali da parte di individui, istituzioni, aziende, fondi pensione e governi.
• 8 novembre 2024 – Prima transazione di petrolio greggio in Medio Oriente con Tether Trade Finance: Tether, la più grande società di stablecoin al mondo, ha utilizzato la sua piattaforma di trade finance per completare il primo finanziamento di una transazione di petrolio greggio in Medio Oriente, saldato in USDT. Questa operazione rivoluzionaria sembra annunciare un importante cambiamento nella finanza commerciale globale, evidenziando l'adozione delle stablecoin come meccanismo di saldo alternativo per le principali transazioni su materie prime al di fuori del sistema bancario tradizionale.
Il futuro e le ragioni per un sistema monetario statunitense basato su Bitcoin
Con il sistema del petrodollaro, gli Stati Uniti hanno di fatto permesso al prezzo del petrolio di aumentare (in dollari), il che ha innalzato la produzione globale di petrolio e mitigato la minaccia strategica rappresentata dall'OPEC. Creando un'ampia classe di asset denominata in dollari (petrolio), gli Stati Uniti hanno anche istituito un meccanismo per sostenere il predominio del dollaro all'estero e finanziare i crescenti deficit interni. I proventi petroliferi in eccesso dei Paesi OPEC sono stati riciclati nei titoli del Tesoro statunitensi, rafforzando la domanda di dollari e conferendo agli Stati Uniti un enorme potere economico a livello globale.
A livello nazionale, questo sistema ha consentito ai politici di ricorrere a indebitamenti e spese ingenti, portando il debito statunitense dal 36% del PIL nel 1971 a circa il 125% di oggi, una traiettoria che ora rappresenta una seria sfida per gli Stati Uniti in quanto superpotenza finanziaria, nonché per la sua sicurezza energetica e nazionale.
Anche con un valore di mercato di circa $2.000 miliardi e con un volume medio giornaliero di scambi di oltre $20 miliardi, Bitcoin non è ancora abbastanza grande da sostituire il petrodollaro come spina dorsale del sistema monetario statunitense. Tuttavia un aumento significativo del prezzo di Bitcoin potrebbe innescare un nuovo paradigma.
Prezzi più elevati di Bitcoin determinerebbero probabilmente una crescita sostanziale nell'emissione di stablecoin coperte dal dollaro (a causa del maggiore valore di mercato totale di questa classe di asset e man mano che gli effetti di rete di Bitcoin e delle transazioni di asset digitali prendono piede).
A sua volta l'emissione di stablecoin stimolerebbe direttamente la domanda di buoni del Tesoro statunitensi, spostando di fatto il sostegno dei deficit degli Stati Uniti dal petrolio a Bitcoin.
Ciò consentirebbe agli Stati Uniti di mantenere il loro predominio monetario, indebolendo al contempo il potere strategico dei Paesi BRICS, che si sono rivolti all'oro nel tentativo di sfidare e aggirare il sistema del dollaro.
Diversi sviluppi recenti indicano che i lavori preparatori per questa transizione potrebbero essere già in corso.
Il quadro che segue è una panoramica preliminare dei possibili passi verso un sistema monetario basato su Bitcoin.
L'integrazione di Bitcoin nel sistema finanziario statunitense divisa in 21 fasi:
Calcolo della proprietà di Bitcoin richiesta negli Stati Uniti
Se vogliamo prendere in considerazione la transizione verso un sistema monetario basato su Bitcoin, la massa monetaria M2 fornisce la misura più completa della liquidità in dollari nell'economia. M2 include non solo contanti e depositi nei conti correnti (definiti collettivamente come M1), ma anche conti di risparmio, fondi del mercato monetario e altri asset quasi monetari.
Questa misura più ampia cattura l'intera portata delle attività denominate in dollari che circolano e accumulano valore all'interno dell'economia statunitense.
Presupposti chiave:
• Attuale massa monetaria M2 degli Stati Uniti: $22.000 miliardi;
• Offerta di moneta M2 prevista negli Stati Uniti nel 2045: $79.000 miliardi (applicando il CAGR del 6,7% dal 2000 al 2024);
• Obiettivo previsto per il prezzo di Bitcoin nel 2045: $13 milioni (secondo il modello Bitcoin24 di Michael Saylor)
• Investimento di capitale oggi: finanziato attraverso la monetizzazione parziale delle riserve ufficiali di oro degli Stati Uniti (8.133 tonnellate con un valore di mercato attuale di $764 miliardi, per semplificazione si presume un prezzo costante dell'oro);
• Offerta di Bitcoin completamente diluita: 21 milioni;
• Aggiustamento dell'offerta teorica rispetto a quella effettiva: si stima che dai 3 ai 4 milioni di Bitcoin potrebbero essere persi o irrecuperabili, portando l'offerta effettiva a circa 17-18 milioni. Tuttavia, per semplicità e per mantenere una stima conservativa, si utilizza l'offerta massima di 21 milioni.
Di seguito è riportata una tabella che mostra la quantità di Bitcoin richiesta negli Stati Uniti per diversi livelli di supporto entro il 2045:
Nota: l'analisi ha solo scopo illustrativo; i dati di mercato sono aggiornati al 26/02/2025 e provengono da fonti accessibili al pubblico.Analisi dello scenario in cui c'è una copertura in Bitcoin
Panoramiche degli scenari:
1) 25% di copertura
• Questo livello di copertura da parte degli Stati Uniti potrebbe fungere da riserva parziale, simile al ruolo che svolgeva l'oro all'inizio del XX secolo.
2) 50% di copertura
• Un livello di copertura al 50% implica una dipendenza molto più marcata nei confronti di Bitcoin all'interno del sistema monetario statunitense. Aumentare l'allocazione di Bitcoin non solo accelera la sua adozione globale e ne rafforza la credibilità come asset di riserva, ma fornisce anche una copertura significativa contro l'aumento del debito statunitense. Con proiezioni che suggeriscono che il debito nazionale potrebbe raggiungere circa $115.000 miliardi entro il 2045 (in base a estrapolazioni), un livello di copertura al 50% potrebbe potenzialmente compensare fino al 34% di tale onere.
3) 100% di copertura
• La copertura completa rappresenterebbe uno standard Bitcoin, in cui l'intera massa monetaria M2 degli Stati Uniti sarebbe coperta da Bitcoin.
• Una copertura completa in Bitcoin funge da scudo contro la svalutazione della valuta fiat e gli errori di politica delle banche centrali, rende il dollaro un asset puramente monetario e riduce il debito netto rispetto al PIL a meno del 100%, riducendolo di quasi il 70% in termini assoluti.
Un sistema basato su Bitcoin sfrutterebbe le sue caratteristiche superiori, un asset più duro e scarso dell'oro, posizionando gli Stati Uniti come pionieri nell'adozione di un asset di riserva sovranazionale, indipendente e digitale. Il concetto di transizione verso un nuovo sistema monetario statunitense coperto da Bitcoin come garanzia è ambizioso e trasformativo. Rappresenta un profondo cambiamento dall'attuale modello basato su valuta fiat e finanziato dal debito verso un asset digitale, decentralizzato e scarso.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.
Sofferenza economica? Le preoccupazioni sull'economia statunitense potrebbero essere esagerate
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/sofferenza-economica-le-preoccupazioni)
Una correzione dei mercati azionari tende a generare un'immediata reazione negativa da parte dei cittadini, i quali citano i dazi e gli scambi commerciali come cause della volatilità. Tuttavia, se i mercati fossero stati preoccupati per l'economia statunitense, i titoli di stato tedeschi e giapponesi non sarebbero calati. Inoltre 493 titoli nell'indice S&P 500 risultano invariati nel primo trimestre, nonostante abbiano raggiunto i massimi storici nel 2024 e siano stati oggetto di tutte le notizie negative nel 2025.
L'indice Bloomberg US Large Cap, escludendo i “magnifici sette”, è piatto da inizio anno. Sembra che stiamo vivendo una normale correzione dopo la massiccia corsa al rialzo degli ultimi cinque anni, dovuta alle aspettative di un'inflazione persistente e di un minor numero di tagli dei tassi. Ecco perché i titoli di stato tedeschi e giapponesi, storicamente i beneficiari di uno scenario di avversione al rischio, sono deboli.
Le stime di consenso sulla probabilità di recessione sono salite al 30%, lo stesso livello raggiunto nell'ottobre 2024 e significativamente al di sotto della probabilità del 65% prevista nell'aprile 2023. Inoltre la probabilità di recessione negli Stati Uniti, secondo Bloomberg, è attualmente la stessa dell'area Euro. Deloitte e Coutts prevedono una continua crescita del PIL nel 2025 e la Federal Reserve afferma che l'economia statunitense dovrebbe crescere di circa l'1,8% quest'anno. Molti investitori potrebbero essere preoccupati dalle notizie e credere che queste stime saranno riviste al ribasso. Tuttavia, se guardiamo agli indicatori principali, la stragrande maggioranza punta a un'espansione.
Il Chicago Fed National Activity Index (CFNAI), che misura l'attività economica e le pressioni inflazionistiche negli Stati Uniti, è salito a +0,18 a febbraio 2025, in rialzo rispetto al -0,08 di gennaio, il che indica che l'attività economica è superiore al suo trend storico. Inoltre l'S&P Global US Composite PMI, che misura l'attività nel settore manifatturiero e dei servizi, ha segnalato un'espansione ed è salito a 53,5 a marzo 2025, in rialzo rispetto al 51,6 di febbraio, la crescita più forte da dicembre 2024. Non tutto è positivo, perché il Conference Board Consumer Confidence Index ha subito un forte calo a marzo 2025, scendendo a 92,9, il livello più basso in oltre quattro anni, ma ben lontano dai livelli osservati nelle precedenti gravi recessioni, 87,1 durante la pandemia e 26,9 nella crisi del 2008.
La creazione di posti di lavoro rimane solida e si prevede che a marzo le buste paga non agricole negli Stati Uniti aumenteranno di 133.000 unità, con Bloomberg Economics che alza la stima a 200.000. Inoltre il 2025 dovrebbe segnare un anno di crescita dei salari reali.
Quali sono le principali preoccupazioni degli investitori, quindi? Riduzione della spesa pubblica e i dazi. Ridurre la spesa pubblica è essenziale per abbassare l'inflazione e il deficit. Nel 2024 la spesa pubblica è aumentata del 10%, una cifra del tutto anomala che ha portato il deficit federale a quasi $2.000 miliardi, lasciando l'economia statunitense con la peggiore crescita del PIL al netto dell'accumulo di debito sin dagli anni '30. Questo percorso insostenibile di spesa e indebitamento stava portando l'America a una crisi del debito e a un'inflazione galoppante. Quest'ultima è stata causata da un'elevata spesa pubblica che a sua volta ha portato a una crescita smisurata dell'offerta di moneta e alla distruzione del potere d'acquisto del dollaro. Il MIT ha concluso che la spesa federale è stata responsabile del picco di inflazione del 2022 e che i successivi aumenti di spesa pubblica e offerta di moneta hanno perpetuato le pressioni inflazionistiche e creato un problema di debito insostenibile, con spese per interessi che hanno raggiunto quasi i $1.000 miliardi. Con questa tendenza, il rapporto debito/PIL degli Stati Uniti passerebbe dall'allarmante 122,3% attuale al 156% entro il 2055, secondo il Congressional Budget Office. Pertanto tagliare la spesa pubblica è essenziale per ridurre l'inflazione ed evitare una crisi. Un rallentamento della crescita del PIL derivante da una riduzione della spesa pubblica non è negativo, bensì un segnale di rafforzamento dell'economia produttiva.
I dazi, poi, sono un problema globale.
La maggior parte degli investitori sembra beatamente ignara delle enormi barriere commerciali imposte dall'Unione Europea o dalla Cina negli ultimi anni. Gli operatori di mercato sembravano perfettamente soddisfatti dell'aumento dei dazi e delle barriere commerciali contro gli Stati Uniti da parte di altre nazioni. Nell'indice delle barriere commerciali, infatti, India, Russia, Sudafrica, Brasile e Cina figurano tra le peggiori nazioni. Inoltre l'Unione Europea e la Cina impongono dazi più elevati contro gli Stati Uniti rispetto al contrario, secondo ING e Bank of America. Senza contare che i mercati hanno raggiunto i massimi storici con Biden che ha mantenuto e aumentato alcuni dei dazi in vigore al suo insediamento.
I dazi non causano inflazione, poiché non generano un aumento della quantità di valuta o della velocità di circolazione della stessa. I dazi sono uno strumento per livellare il campo di gioco e affrontare l'eccessivo deficit commerciale degli Stati Uniti, che non è causato da mercati aperti e competitivi, ma da tutte le barriere contro gli esportatori statunitensi in altre nazioni. Molti Paesi sembrano avere una visione del libero scambio che significa poter vendere quanto vogliono negli Stati Uniti, imponendo al contempo barriere commerciali sempre più severe contro gli esportatori statunitensi, tra cui dazi, limitazioni legali e oneri normativi e fiscali. Il deficit commerciale degli Stati Uniti è triplicato, passando da $43 miliardi a marzo 2020 a $131 miliardi a gennaio 2025.
I mercati potrebbero essere spaventati da dazi, tagli alla spesa e preoccupazioni inflazionistiche, perché potrebbero tradursi in una minore offerta di moneta e in un minor numero di tagli dei tassi. Tuttavia i dazi sono uno strumento di negoziazione volto a migliorare la bilancia commerciale. Eliminare le barriere e negoziare condizioni migliori è positivo per tutti i mercati. Inoltre la storia dei negoziati commerciali e l'uso dei dazi hanno dimostrato di avere un impatto molto minore sull'economia degli Stati Uniti di quanto inizialmente temuto. Anche il periodo 2016-2019 lo dimostra. Senza contare che l'economia statunitense è più dinamica e potente di quanto molti credano. I tagli alla spesa dal lato dell'offerta e la riduzione del debito, le riduzioni fiscali e il riequilibrio degli scambi commerciali non sono negativi per l'economia. Sono tutti strumenti essenziali per recuperare salari reali, solidità finanziaria e un settore produttivo fiorente.
Dolore a breve termine per un guadagno a lungo termine.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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L'importanza pluridecennale della Groenlandia per gli Stati Uniti
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/limportanza-pluridecennale-della)
Durante tutta la mia vita la Groenlandia era fuori dai radar della maggior parte degli americani.
Se gli americani sapevano qualcosa della Groenlandia, era che si trattava della risposta alla domanda banale: “Qual è l'isola più grande del mondo?”
Negli ultimi decenni i fanatici del clima hanno ripetutamente lanciato allarmi su allarmi riguardo il fatto che i livelli globali del mare sarebbero aumentati pericolosamente a causa dello scioglimento dei ghiacciai della Groenlandia e della vasta copertura del ghiaccio artico.
Purtroppo per gli allarmisti, il famoso ghiacciaio Petermann della Groenlandia ha continuato ad accumulare ghiaccio negli ultimi dodici anni, crescendo di quasi 16 chilometri in lunghezza dal 2012 al 2024. Infatti, negli ultimi dodici anni, la perdita di ghiaccio in Groenlandia si è ridotta complessivamente di due terzi, pari allo 0,0005% della copertura glaciale totale, una quantità non sufficiente a modificare la tendenza a lungo termine dell'innalzamento del livello globale del mare a un tasso di 3 centimetri ogni decennio.
Nel 2025 la Groenlandia diventa improvvisamente una notizia di grande attualità. Il presidente Donald Trump, citando la posizione strategica dell'isola come vitale per la sicurezza statunitense e internazionale, insieme alle ricchezze minerarie in gran parte inutilizzate, ha parlato apertamente dell'annessione dell'isola agli Stati Uniti, suggerendo persino la possibilità di ricorrere alla forza.
Anche se potremmo rabbrividire di fronte all'indelicata proposta di Trump di un'occupazione forzata di un protettorato danese con una popolazione di soli 57.000 abitanti, ha perfettamente ragione nel dire che la Groenlandia è strategicamente importante, e lo è da molto tempo. Lo so sin dalla metà degli anni '50.
Qui devo addentrarmi in un capitolo ampiamente dimenticato della storia della Guerra Fredda. Negli anni '50, con lo sviluppo dei missili balistici intercontinentali (ICBM) dotati di testata nucleare, gli Stati Uniti cercarono di escogitare modi per difendersi dalla minaccia sovietica. Le tattiche difensive spaziavano dalle esercitazioni nelle scuole elementari, che ci costringevano a ripiegarci in patetiche palline di carne nascoste sotto i banchi, alla costruzione della Linea di Allarme Precoce a Distanza (DEW), una serie di decine di installazioni radar all'estremità settentrionale del continente nordamericano che si estendeva verso est fino alla Groenlandia.
Sebbene potesse sembrare controintuitivo per chi pensasse che i sovietici ci avrebbero lanciato i loro missili balistici intercontinentali attraverso l'Atlantico, la realtà geografica del nostro globo è che la distanza più breve tra le rampe di lancio nucleari russe e gli obiettivi negli Stati Uniti era ed è ancora sopra la regione polare e l'Oceano Artico. I radar DEW dovevano darci tempo sufficiente per lanciare un contrattacco e (si sperava) intercettare almeno alcuni dei missili in arrivo.
Ho avuto modo di dare un'occhiata dall'interno alla Linea DEW. “Pop”, lo zio che ha dato una casa a me e a mia madre vedova, aveva eccellenti capacità ingegneristiche e costruttive. Lavorava per la Michigan Bell, parte del Bell System, il principale appaltatore che collaborava con il Dipartimento della Difesa per la costruzione della Linea DEW.
Per farla breve su “Pop”: nonostante avesse servito il suo Paese per tre anni nella Marina degli Stati Uniti a metà degli anni '20, rimanendo nella riserva da allora fino alla Seconda guerra mondiale e prestando servizio attivo per cinque anni in essa (quattro dei quali sulla portaerei Essex nel Pacifico), all'età di cinquant'anni non aveva ancora finito di servire il suo Paese. Si offrì volontario (cosa che fece davvero infuriare mia zia!) per servire nell'Artico e fu nominato sovrintendente assistente responsabile della costruzione dei radar. Il suo superiore diretto si occupò della contabilità in patria, mentre “Pop” visse nell'Artico per due anni (1955-1957) e supervisionò personalmente la costruzione di ognuna di quelle installazioni radar.
Lavorare alla Linea DEW non era per i deboli di cuore. “Pop” copriva spesso due turni da 10 ore nello stesso giorno. C'erano bagni con secchi a temperature di -30 gradi sotto zero; c'erano le lunghe ore di buio in inverno. In più di un'occasione le squadre spalarono la neve per una settimana per preparare una pista di fortuna per gli aerei in arrivo che trasportavano attrezzature e rifornimenti necessari, solo per vedere poi scatenarsi una tempesta di vento il giorno della consegna prevista, vanificando l'intera settimana di lavoro e vanificando così la consegna sperata. Ho ancora una scatola piena di diapositive fotografiche che mostrano oltre una dozzina di aerei gravemente danneggiati durante l'atterraggio sul ghiaccio irregolare, alcuni dei quali erano aerei su cui “Pop” era stato passeggero. Ricordo di aver sentito parlare di una vittima: un uomo caduto in un crepaccio. Costruire la Linea DEW, quindi, era tutt'altro che un compito facile, con il solo vantaggio principale di vedersi raddoppiare lo stipendio.
Come accennato in precedenza, la Groenlandia, come l'Alaska e il Canada, era un sito di installazioni della Linea DEW. Infatti, uno dei regali che “Pop” portò dall'Artico fu un gagliardetto dalla “Base Aerea di Narsarsuak” in Groenlandia. Sono sicuro di essere stato l'unico bambino della mia scuola ad aver mai sentito parlare di Narsarsuak (oggi si scrive “Narsarsuaq”). Curiosità: la pista di Narsarsuaq è in salita verso est, quindi invece di decollare controvento, gli aerei decollano tutti in discesa verso ovest.
La Linea DEW è stata chiusa nel 1993. I satelliti possono rilevare i lanci di missili molto prima dei radar terrestri, con linee di vista limitate dalla curvatura terrestre. Ciononostante la Groenlandia rimane strategicamente importante. Rappresenta un terreno fertile per le malefatte russe e cinesi. E, dato il potenziale economico dei giacimenti minerari sull'isola, è comprensibile che Trump la voglia avvicinare all'orbita statunitense. Spero solo che le sue dichiarazioni schiette non facciano naufragare un buon accordo con i groenlandesi.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Da Marco Aurelio a Omar Little
Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/da-marco-aurelio-a-omar-little)
Mentre questo weekend del Ringraziamento volge al termine, la mia gratitudine non si concentra sui soliti luoghi comuni delle feste, ma su qualcosa che è diventato sempre più prezioso nella nostra era artificiale: relazioni autentiche – sia familiari che di amicizia – che si approfondiscono anziché rompersi sotto pressione. Ciò che lega queste relazioni, ho capito, non sono opinioni o circostanze condivise, ma un codice morale condiviso: un impegno incrollabile verso principi che trascendono le sabbie mobili della politica e delle pressioni sociali. Sono particolarmente grato alla mia cerchia ristretta: amici che conosco fin dalle elementari e familiari i cui legami si sono solo rafforzati negli ultimi anni.
Come molti altri che si sono schierati contro la tirannia del COVID, ho visto quelle che credevo essere relazioni solide dissolversi sotto i miei occhi. Come proprietario di un birrificio e allenatore delle squadre sportive dei miei figli, ero profondamente radicato nella mia comunità: un “uomo di mondo” e grazie a ciò gli altri avevano piacere a fare amicizia con me e a chiedermi consiglio. Poi, all'improvviso, le stesse persone che si erano confrontate con me con entusiasmo si sono allontanate non appena mi vedevano arrivare per strada. Reti professionali e contatti di quartiere sono svaniti alla semplice messa in discussione delle narrazioni ufficiali. Reagivano in questo modo perché avevo infranto l'ortodossia, scegliendo di sostenere valori liberali – gli stessi principi che loro affermavano di sostenere – rifiutando obblighi e restrizioni arbitrarie. In questo momento di prova, la differenza tra chi viveva secondo un codice morale coerente e chi si limitava a seguire le correnti sociali è diventata netta. A posteriori, questa selezione sembra più una chiarificazione che una perdita. Mentre le relazioni superficiali si affievolivano, le mie relazioni più profonde – amicizie decennali e legami familiari – non solo resistevano, ma si approfondivano. Queste prove hanno rivelato quali legami fossero autentici e quali semplicemente situazionali. Le amicizie rimaste, ancorate a principi autentici piuttosto che a convenienze sociali, si sono dimostrate infinitamente più preziose della più ampia rete di amicizie occasionali che ho perso.
Ciò che più mi colpisce di queste amicizie durature è come abbiano sfidato la “regola” delle relazioni distrutte dalle divisioni politiche. Come osservò Marco Aurelio: “L'ostacolo all'azione favorisce l'azione. Ciò che si frappone nel mezzo diventa la via”. Pur avendo assunto posizioni opposte nella dialettica su questioni politiche e culturali nel corso dei decenni, ci siamo ritrovati uniti nell'opposizione alle trasgressioni costituzionali e alla crescente tirannia degli ultimi anni: i lockdown, gli obblighi arbitrari e l'erosione sistematica dei diritti fondamentali. Questa unità non è emersa da uno schieramento politico, ma da un codice morale condiviso: un impegno verso i principi fondamentali che trascendono le divisioni partitiche.
In questi momenti di riflessione, mi sono ritrovato a tornare alle Meditazioni di Marco Aurelio, un libro che non aprivo dai tempi del college, finché l'eccellente conversazione tra Joe Rogan e Marc Andreessen non mi ha ispirato a rileggerlo. Marco Aurelio aveva capito che un codice morale personale – un insieme di principi incrollabili – era essenziale per navigare in un mondo di caos e incertezza. Il collegamento è particolarmente azzeccato: come il mio gruppo di amici, la piattaforma di Rogan mette in primo piano il dibattito autentico nella nostra epoca. I critici, soprattutto di sinistra, parlano spesso di aver bisogno del loro “Joe Rogan”, perdendo completamente di vista ciò che rende il suo programma tanto efficace: l'autenticità. Pur essendo storicamente di sinistra, la disponibilità di Rogan a impegnarsi in un confronto in tempo reale con ospiti di ogni ideologia e su un'ampia varietà di argomenti, oltre al suo impegno per la ricerca aperta della verità, hanno paradossalmente portato al suo allontanamento dai circoli liberal tradizionali – proprio come molti di noi che si sono ritrovati ad essere etichettati come apostati per aver mantenuto principi coerenti.
Questo impegno nei confronti di un codice morale incentrato sul dibattito autentico spiega perché organizzazioni come questo blog – pur essendo regolarmente etichettati come di “estrema destra” – siano diventate una piattaforma cruciale per studiosi indipendenti, esperti di politica e ricercatori della verità. Ho potuto constatarlo in prima persona a un recente evento del Brownstone Institute, dove, a differenza della maggior parte delle istituzioni che impongono il conformismo ideologico, pensatori eterogenei si sono impegnati in una genuina esplorazione delle idee senza timore di imposizione dell'ortodossia. Quando ai partecipanti è stato chiesto se si considerassero progressisti politici dieci anni prima, quasi l'80% ha alzato la mano. Si trattava di individui che, come me e i miei amici, abbracciano ancora i valori liberali – libertà di parola, ricerca aperta, dibattito razionale – ciononostante si ritrovano etichettati come di destra o complottisti solo per aver messo in discussione le narrazioni prevalenti. Ciò che unisce questa comunità eterogenea è il riconoscimento condiviso che la realtà che ci viene presentata è in gran parte costruita ad hoc, come già scritto nell'articolo L'industria dell'informazione, e l'impegno a mantenere un discorso autentico in un'epoca di consenso forzato.
Nella serie TV, The Wire, Omar Little, un personaggio complesso che viveva secondo il proprio codice morale pur operando al di fuori della società convenzionale, ha una battuta chiave: “Un uomo deve avere un codice morale”. Pur essendo un rapinatore che prendeva di mira gli spacciatori, la rigida aderenza di Omar ai suoi principi – non fare mai del male ai civili, non mentire mai, non mancare mai alla parola data – lo rendeva più onorevole di molti personaggi presumibilmente “puliti”. La sua incrollabile dedizione a questi principi – anche come gangster che opera al di fuori delle leggi della società – risuona profondamente con la mia esperienza. Come l'impegno di Rogan per il dialogo aperto, come la dedizione del Brownstone Institute alla libera ricerca, come la determinazione di RFK Jr. a denunciare come gli interessi farmaceutici e agricoli abbiano corrotto le nostre istituzioni pubbliche – questi esempi di autentica ricerca della verità rispecchiano ciò che ho riscontrato nella mia cerchia. Sebbene io e i miei amici possiamo avere opinioni diverse in molti ambiti – politico, culturale e sociale – condividiamo un codice morale: l'impegno per la verità rispetto alla comodità, per i principi rispetto al partito, per il discorso autentico rispetto all'approvazione sociale. Questa base comune si è dimostrata più preziosa di qualsiasi accordo superficiale.
In questi tempi di consenso artificiale e controllo sociale, l'importanza di un fondamento autentico diventa ancor più importante. Lo Smith-Mundt Modernization Act del 2012, che ha reso legale la propaganda sui cittadini americani, non ha fatto altro che formalizzare ciò che molti sospettavano da tempo: il tradimento definitivo del codice di condotta del governo nei confronti dei suoi cittadini, l'esplicito permesso di manipolare anziché informare. Questo quadro giuridico ci aiuta a spiegare gran parte di ciò a cui abbiamo assistito negli ultimi anni, in particolare durante la crisi sanitaria, quando coloro che si proclamavano paladini della giustizia sociale hanno sostenuto linee di politica che creavano nuove forme di segregazione e devastavano le comunità stesse che affermavano di voler proteggere.
Questa disconnessione diventa ancora più evidente nell'ambito delle donazioni benefiche e delle cause sociali, dove il “riciclaggio della virtù” è diventato endemico. L'assenza di un autentico codice morale non è mai stato così evidente come nelle nostre più grandi istituzioni benefiche. Mentre molte di esse svolgono un lavoro cruciale a livello locale, c'è una tendenza inequivocabile tra le grandi ONG verso quella che un amico chiama appropriatamente la “classe filantropica”. Si pensi, ad esempio, alle attività della Clinton Foundation ad Haiti, dove milioni di dollari in fondi di soccorso per il terremoto hanno portato alla creazione di parchi industriali che hanno costretto gli agricoltori a sfollare e a progetti abitativi che non si sono mai concretizzati. Oppure si pensi alla BLM Global Network Foundation, che ha acquistato immobili di lusso mentre le sezioni locali hanno riferito di aver ricevuto un sostegno minimo. Persino le principali ONG ambientaliste spesso collaborano con i maggiori inquinatori del mondo, creando un'illusione di progresso mentre persistono problemi fondamentali.
Questo schema rivela una verità più profonda sulla classe filantropica: molte di queste istituzioni sono diventate puramente estrattive, traendo profitto e persino amplificando i problemi che pretendono di risolvere. Al vertice, si collezionano titoli altisonanti nelle proprie biografie e si mostrano foto di gala di beneficenza, evitando qualsiasi coinvolgimento autentico con i problemi che affermano di affrontare. I social media hanno democratizzato questo show grottesco, permettendo a tutti di partecipare al teatro della virtù – dagli avatar con la bandiera ucraina ai nastri di sensibilizzazione fino agli emoji a sostegno di una causa – creando un'illusione di attivismo priva della sostanza di un'azione o di una comprensione reali. È un sistema completamente privo del codice morale che un tempo guidava l'opera di beneficenza: il legame diretto tra benefattore e beneficiario, il genuino impegno per un cambiamento positivo piuttosto che l'esaltazione personale.
Il potere di un codice morale autentico diventa più evidente in contrasto con queste istituzioni vuote. Mentre organizzazioni e social network si frammentano sotto pressione, sono fortunato che le mie amicizie più strette e i legami familiari siano diventati sempre più forti. Abbiamo avuto accesi dibattiti nel corso degli anni, ma il nostro impegno condiviso per i principi fondamentali – avere un codice morale – ci ha permesso di navigare insieme anche nei momenti più turbolenti. Quando la risposta alla pandemia ha minacciato i diritti costituzionali, quando la pressione sociale ha prevalso sulla coscienza, queste relazioni hanno dimostrato il loro valore nonostante le nostre differenze... anzi, forse grazie a esse.
Mentre affrontiamo questi tempi complessi, la strada da seguire emerge con sorprendente chiarezza. Da Marco Aurelio a Omar Little, la lezione rimane la stessa: un uomo deve avere un codice morale. La crisi di autenticità nel dibattito pubblico, il divario tra valori proclamati e vissuti, e la falsa virtù indicano tutti la stessa soluzione: un ritorno a relazioni autentiche e all'impegno locale. I nostri legami più forti – quelle relazioni autentiche che hanno resistito alle recenti tempeste – ci ricordano che la virtù si manifesta nelle scelte quotidiane e nei costi personali, non in badge digitali o donazioni a distanza.
Sono grato non per le facili comodità del conformismo, ma per coloro che nella mia vita dimostrano una virtù sincera, quella che comporta un costo personale e richiede una convinzione autentica. La risposta non sta in grandi gesti o post virali, ma nella silenziosa dignità di vivere secondo i nostri principi, di interagire con le nostre comunità più vicine e di mantenere il coraggio di pensare in modo indipendente. Come hanno capito sia l'imperatore-filosofo che il guerriero di strada immaginario, ciò che conta non è la grandezza della nostra posizione, ma l'integrità del nostro codice morale. Tornando un'ultima volta a Meditazioni, mi viene in mente l'eterna sfida di Marco Aurelio: “Non perdete più tempo a discutere su cosa dovrebbe essere un brav'uomo. Siatelo”.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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