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Francesco Simoncellihttp://www.blogger.com/profile/[email protected]
Aggiornato: 5 ore 23 min fa

La strada dorata per uscire dalla crisi del debito

Gio, 27/03/2025 - 11:08

Un po' più arzigogolato di quanto spiegato attraverso la semplificazione dei “perpetual bond” nel mio ultimo libro intitolato “Il Grande Default”, ma l'essenza è quella: costringere il risparmio privato a finanziare un sistema in bancarotta e inaffidabile con rendimenti totalmente fuori mercato. Inoltre l'euro digitale chiude i cancelli dei mercati dei capitali europei ed estromette i circuiti di pagamento americani (i “dazi buoni”). Questo, in sintesi, il piano diabolico della “cricca di Davos” per resistere alla prova del tempo. Spalmato in tutti quegli anni, senza una capacità di finanziamento chiara, senza l'industria necessaria, senza la possibilità facile di accedere agli input necessari, con la capacità militare attuale sensibile a “kill switch” e con la presunta minaccia immediata, è un'esca per “triggherare” i devastati mentali per far polemica sui social. Lasciando da parte questa marmaglia, parliamo tra adulti e con capacità di ragionamento intatte: il piano serve a tre cose fondamentalmente: avere la giustificazione per emettere le obbligazioni SURE in modo da allungare la vita all'URSSE; tenere a galla la Germania (vi ricordate che la Corte costituzionale tedesca “ha trovato” squilibri fiscali nel bilancio della nazione?); impedire alle singole nazioni, Italia in primis, di stringere accordi bilaterali con gli USA facendole sprofondare ancora di più in un debito impagabile nei confronti dell'Eurozona... che poi sarà sottoposto ad haircut falciando tutti quei fessi che crederanno nella SIU europea. Ormai anche i sassi (anche se devo dire che esistono sassi “diversamente intelligenti”) hanno capito che è l'impero britannico quello a implodere e che proseguire la guerra è solo nel suo interesse. Bruxelles segue a ruota. Detto questo, si tratta di gente che non scenderà mai in guerra. Il loro obiettivo è quello di impantanare gli USA, per quanto riguarda loro invece una situazione di costante tensione, o emergenza, è ciò che cercano. Avrebbe potuto funzionare se USA, Russia e Cina si fossero presi a mani in faccia lasciando Europa e Inghilterra come unici player rimasti in piedi in grado di offrire una proposta di “valore” agli investitori. Ecco perché UE e UK vogliono che la guerra continui. Ovviamente non vogliono un conflitto aperto che abbia loro come protagonisti, ma un costante stato di emergenza che permetta di emendare lo Stato di diritto nel continente. La guerra aperta vogliono che sia tra USA e Russia/Cina. Fortunatamente Trump & Co. hanno impedito che gli USA venissero scalati ostilmente rimettendo ordine nella politica fiscale e monetaria, ergendosi come alternativa credibile, affidabile e fruttifera per quei capitali che desiderano fuggire dalla tagliola europea. Questo è il motivo per cui c'è molto fermento nell'“eurospazzatura”, tra proclami di “fare presto”, manifestazioni di piazza e soldati da tastiera. Gli Stati Uniti stanno bevendo il proverbiale “Dollar Milkshake” senza più le conseguenze del Dilemma di Triffin. Questo significa afflussi di capitali laddove essi vengono trattati meglio e rendono meglio. Ecco perché è stata chiamata in causa la Savings and Investments Union e l'euro digitale già dal prossimo autunno: controlli dei capitali. Ciò che ci sta dicendo il mercato obbligazionario europeo e l'euro è che la Lagarde si ritroverà a dover scegliere tra difendere i differenziali di rendimento delle obbligazioni o l'euro, finché non riuscirà più a giocare a questo gioco perché finiranno i proverbiali “soldi degli altri” (quelli tramite l'eurodollaro sono già finiti, così come quelli tramite il carry trade con lo yen). Ecco perché, inoltre, l'oro sta volando via dalla LBMA. E mentre i vertici in Europa si susseguono, con devastati mentali sui social che lodano personaggi come Macron e Starmer, Trump ha approvato le “gold card visa” per facilitare agli investitori di comprare la cittadinanza americana, snellito delle leggi fiscali, abbassato le tasse per le attività con base in America, ecc. Quello che sta dicendo è: “Se avete a che fare con dei pazzi scatenati laddove siete, venite qui che abbiamo stabilità finanziaria affinché possiate investire e proteggere i vostri soldi”. Ricordate: si muovono sempre prima i capitali, poi gli eserciti.

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di Alex J. Pollock

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-strada-dorata-per-uscire-dalla)

Il valore di un dollaro è sceso a un nuovo minimo, meno di 1/3.000 di oncia d'oro. Ciononostante, secondo una legge americana ormai superata, il governo federale deve rendere conto delle sue oltre 8.100 tonnellate d'oro a una valutazione completamente irrilevante stabilita più di 50 anni fa, quando il valore del dollaro era molto più alto, circa 1/42 di oncia.

Quel numero obsoleto deriva dal linguaggio preciso nella Legge del 1973 che andava a modificare il “Par Value Modification Act”, ancora in vigore, la quale stabilisce che il valore in oro del dollaro è fissato a “quarantadue e due noni di dollari per oncia troy”. In altre parole, quella legge valuta il dollaro a 1/42,22 di oncia d'oro.

Eppure, nel mercato dell'oro, il dollaro sta fruttando meno di un 3.000esimo di oncia, un altro modo per dire che l'oro viene scambiato a più di $3.000 l'oncia, circa 71 volte il prezzo legale. In altre parole, il prezzo legale è inferiore al 2% del prezzo di mercato. Come riesce a sopravvivere questo antico manufatto giurisprudenziale?

Qualunque cosa fosse accaduta nel 1973, quando il Congresso ridusse il valore legale del dollaro da 1/38 di oncia d'oro a 1/42,22 di oncia, per noi nel 2025, dopo un ulteriore mezzo secolo di deprezzamento della cartamoneta americana, il prezzo legale non ha alcun senso.

Deriva da una legge approvata 52 anni fa in un mondo diverso della finanza politica. Perché non è stata aggiornata con una relazione più realistica tra oro e dollaro?

Il valore dell'oro in termini di dollari, essendo sceso a un 3.000esimo di oncia da un 42,22esimo di oncia, è aumentato di circa il 7.000% rispetto al prezzo legale. Ciò significa che in termini di oro, il valore del dollaro è crollato di oltre il 98%.

In termini contabili, questo significa che il Dipartimento del Tesoro possiede ciò che equivale a un guadagno di capitale gigantesco sull'oro in suo possesso. Sebbene tale guadagno non sia riconosciuto nei libri contabili del governo federale, è già avvenuto ed è già reale.

A un prezzo di mercato di $3.000 l'oncia, questo guadagno in conto capitale, in cifre tonde, ammonta a $2.958 l'oncia sui 261,5 milioni di once d'oro del Dipartimento del Tesoro. Ciò si traduce, almeno teoricamente, in un profitto totale non realizzato di circa $773 miliardi. È una cifra abbastanza grande da catturare l'attenzione di chiunque e da far riflettere qualsiasi Segretario del Tesoro.

Quando il Segretario del Tesoro Bessent ha affermato: “Monetizzeremo il lato attivo del bilancio degli Stati Uniti per il popolo americano”, molti commentatori finanziari hanno immediatamente pensato all'oro del Dipartimento del Tesoro e a come potrebbe essere trasformato in un grande guadagno e denaro spendibile. Certamente può essere fatto, ma in ogni caso non fino a quando il Congresso non modificherà il valore ufficiale del dollaro stabilito da quella Legge del 1973.

Le possibilità sono importanti per la teoria e la pratica in ambito monetario, perché reintrodurrebbero un certo ruolo monetario per l'oro mezzo secolo dopo che l'America aveva condotto il mondo nel suo attuale sistema monetario puramente cartaceo dopo i fatti del 1971. Fu allora che il presidente Nixon ordinò al Dipartimento del Tesoro di non rispettare l'impegno internazionale degli Stati Uniti di riscattare i dollari in oro.

Supponiamo che il Congresso riportasse il prezzo ufficiale dell'oro alla realtà. Il Dipartimento del Tesoro realizzerebbe immediatamente un guadagno di $773 miliardi nei libri contabili del governo federale. Per trasformare il guadagno in denaro non dovrebbe vendere oro, ma potrebbe indebitarsi avendolo come garanzia.

Ad esempio, il Dipartimento del Tesoro potrebbe emettere obbligazioni auree, come ha già fatto in precedenza e come Judy Shelton, nel suo libro “Good as Gold,” ha suggerito di fare di nuovo.

Con un ritorno alla pratica storica, il Dipartimento del Tesoro potrebbe emettere valuta coperta dall'oro in concorrenza con le banconote della Federal Reserve. Ciò richiederebbe un'ulteriore legislazione controversa.

Molto più semplice e diretto sarebbe per il Dipartimento del Tesoro emettere Certificati aurei, già autorizzati dal Gold Reserve Act del 1934, ma ora basati sul valore corrente dell'oro in suo possesso. Il profitto sull'oro potrebbe quindi essere facilmente monetizzato depositando questi Certificati nella Federal Reserve, che accrediterebbe di conseguenza il conto deposito del Dipartimento del Tesoro presso di essa. Voilà! Soldi pronti da spendere senza emettere altri titoli del Tesoro.

Come abbiamo già sottolineato Paul Kupiec e io, questo sarebbe un modo efficiente per creare finanziamenti provvisori per eventuali future crisi del tetto del debito.

Dovremmo certamente portare le finanze degli Stati Uniti al passo con la realtà: aumento del valore dell'oro rispetto al dollaro e calo del valore del dollaro rispetto all'oro. Allo stesso tempo, potremmo aprire la nostra teoria e pratica monetaria a un rinnovato ruolo monetario per l'oro.

Per fare ciò, il Congresso potrebbe modificare immediatamente il “Par Value Modification Act” emanando un “Gold Value Modification Act del 2025” il quale elimini il precedente prezzo ufficiale di “quarantadue e due noni di dollari” e lo sostituisca con “il valore di mercato equo dell’oro certificato dal Segretario del Tesoro”.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Il nostro incubo durato cinque anni è finalmente finito?

Mer, 26/03/2025 - 11:04

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Jeffrey Tucker

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-nostro-incubo-quinquennale-e-finalmente)

La conferma di Robert F. Kennedy Jr. come Segretario della Salute e dei Servizi Umani negli Stati Uniti è la condanna definitiva della risposta politica al Covid.

Il piano di lockdown fino alla vaccinazione obbligatoria è stato il più grande sforzo di governo e industria su scala globale nella storia. Era tutto progettato per trasferire ricchezza alle industrie vincenti (farmaceutica, vendita al dettaglio online, servizi di streaming, istruzione online), dividere e conquistare la popolazione e consolidare il potere nello stato amministrativo.

Nel 2021 Robert F. Kennedy Jr. era emerso come il critico più esplicito, erudito e informato di quel piano. In due libri brillanti, The Real Anthony Fauci e The Wuhan Cover-Up, ha documentato l'intera sua impresa e ha datato l'evoluzione dell'industria pandemica dal suo inizio nel dopoguerra fino a oggi. Non c'era modo di leggere questi libri e pensare alla cabala corporativa allo stesso modo.

Le circostanze che hanno portato alla sua nomina al Dipartimento della salute sono di per sé improbabili e notevoli. Considerando il presidente Biden un candidato debole, uno che aveva imposto mascherine e iniezioni alla popolazione e censurato brutalmente tecnologia e stampa, ha deciso di candidarsi alla presidenza, presumendo che ci sarebbero state delle primarie aperte. Non ce n'è stata alcuna, quindi è stato costretto a una corsa da indipendente.

Il suo sforzo è stato reso vano dalla solita dinamica politica che capita a ogni candidato indipendente, troppe barriere all'accesso alle schede elettorali più la solita logica della Legge di Duverger. Ciò ha messo la sua campagna in una situazione difficile. Allo stesso tempo due enormi cambiamenti politici erano diventati chiari: il Partito Democratico era diventato un veicolo e una facciata principalmente per lo stato amministrativo, mentre il Partito Repubblicano veniva preso in consegna dai rifugiati dei Democratici, creando di fatto un nuovo partito Trump dai resti degli altri due.

Tutto il resto è storia. Trump si è unito a Elon Musk per fare al governo federale quello che quest'ultimo aveva fatto quando aveva preso il controllo di Twitter: privatizzare l'azienda, svuotare il posto dalle ingerenze federali e licenziare 4 dipendenti su 5. Nel mezzo di tutto questo, e di fronte a una terrificante raffica di attacchi legali, Trump ha schivato il proiettile di un assassino. Ciò ha scatenato terribili ricordi del padre e dello zio di Robert F. Kennedy Jr. e ha quindi deciso di unire gli sforzi con lui.

Nel giro di poche settimane abbiamo avuto una nuova coalizione che ha riunito vecchi antagonisti, poiché molte persone e gruppi hanno realizzato nello stesso istante di avere interessi congiunti: ripulire il cartello corporativo. Con la piattaforma X appena liberata per raggiungere il pubblico, è nato lo slogan MAGA/MAHA/DOGE.

Trump ha vinto e ha scelto Robert F. Kennedy Jr. per guidare il Dipartimento della salute più potente al mondo. L'ostacolo era la conferma al Senato, ma ciò è stato superato attraverso un'incredibile triangolazione che ha reso estremamente difficile votare no.

Nel quadro generale potete misurare la portata di questo titanico cambiamento nella politica americana dal modo in cui si sono allineati i voti al Senato. Tutti i repubblicani tranne uno hanno votato per il rampollo più importante del Partito Democratico affinché guidasse l'impero sanitario, mentre tutti i democratici hanno votato no. Questo da solo è sorprendente e una testimonianza del potere della lobby farmaceutica che, durante le udienze, è stata smascherata come la mano nascosta dietro i più accaniti oppositori della sua conferma.

Il nostro incubo è finito? Non ancora. Non è ancora trascorso nemmeno un mese dall'inizio del secondo mandato di Donald Trump, e non è ancora chiaro quanta autorità eserciti realmente sul tentacolare ramo esecutivo. A dire il vero nessuno riesce nemmeno a mettersi d'accordo su quanto sia grande questa branca: tra i 2,2 e i 3 milioni di dipendenti e tra le 400 e le 450 agenzie governative. Il dissesto finanziario in questo ambito è impensabile e ben peggiore di quanto persino il più grande cinico possa immaginare.

Cinque ex-segretari del Tesoro hanno pubblicato sulle pagine del New York Times un'affermazione scioccante: “Il sistema di pagamento della nazione è stato gestito da un gruppo molto ristretto di dipendenti pubblici apartitici”. Tra questi c'era un dipendente chiamato “assistente segretario fiscale, un incarico che per gli otto decenni precedenti era stato riservato esclusivamente ai dipendenti pubblici per garantire l'imparzialità e la fiducia del pubblico nella gestione e nel pagamento dei fondi federali”.

Non c'è nemmeno bisogno di leggere tra le righe. Ciò significa che nessuna persona eletta dal popolo e nessuno nominato da tale persona ha accesso ai libri contabili federali dal 1946. Ciò va oltre ogni immaginazione. Nessun proprietario di alcuna azienda tollererebbe mai di essere escluso dagli uffici contabili e dai sistemi di pagamento. E nessuna azienda può offrire azioni pubbliche senza verifiche indipendenti e libri contabili aperti.

Eppure sono passati quasi 80 anni, durante i quali nessuna delle due cose è stata vera per questa gigantesca impresa chiamata governo federale. Ciò significa che $193.000 miliardi sono stati spesi da un'istituzione che non ha mai dovuto affrontare una supervisione granulare da parte del popolo e non ha mai soddisfatto le normali richieste che ogni impresa affronta ogni giorno.

L'abitudine a Washington è stata quella di trattare ogni leader eletto e le sue nomine come marionette temporanee e transitorie, persone che vanno e vengono e disturbano poco o nulla le normali operazioni di governo. Questa nuova amministrazione sembra avere ogni intenzione di cambiare le cose, ma il lavoro è incredibilmente impegnativo. Per quanto sostegno pubblico il MAGA/MAHA/DOGE godano per ora, e per quanto molte persone di questi gruppi si stiano inserendo nella struttura di potere, sono in inferiorità numerica e superati in astuzia da milioni di agenti del vecchio ordine.

Questa transizione non sarà facile semmai accadrà.

L'inerzia del vecchio ordine è potente. Anche sulla questione della salute e delle pandemie, c'è già confusione. La CBS News ha riferito che il lealista di Fauci e promotore dell'mRNA, Gerald Parker, dirigerà l'Office of Pandemic Preparedness and Response della Casa Bianca. L'articolo cita “funzionari sanitari” non identificati e la nomina è stata celebrata da Scott Gottlieb, il membro del consiglio di amministrazione di Pfizer che ha spinto Trump a sostenere i lockdown nel 2020.

Questa nomina non è stata confermata dalla Casa Bianca. Non sappiamo se l'OPPR, creato dallo statuto del Congresso, verrà finanziato. Il giornalista non rivelerà le sue fonti, sollevando la questione del perché qualsiasi nomina che abbia a che fare con la salute debba essere circondata da tali macchinazioni degne di un film di spionaggio.

Se Parker si trincera in questa posizione e viene dichiarata un'altra emergenza sanitaria, questa volta per l'influenza aviaria, Robert F. Kennedy Jr. non sarà affatto in una posizione decisionale.

I problemi più grandi hanno a che fare con una domanda: il presidente è davvero responsabile del ramo esecutivo? Può assumere e licenziare? Può spendere soldi o rifiutarsi di spenderli? Può stabilire le linee di politica delle agenzie?

Si potrebbe supporre che la risposta a queste domande si trovi nell'articolo 2, sezione 1: “Il potere esecutivo sarà conferito al presidente degli Stati Uniti d'America”. Eppure quella frase è stata scritta quasi 100 anni prima che il Congresso creasse questa cosa chiamata “civil service” che non compare da nessuna parte nella Costituzione. Questo quarto ramo è cresciuto in dimensioni e potere fino a travolgere sia la presidenza che la legislatura.

I tribunali dovranno risolvere la questione e una valanga di cause legali ha già colpito la nuova amministrazione per aver osato presumere il controllo sulle agenzie governative e sulle loro attività di cui il presidente è e deve necessariamente essere ritenuto responsabile. Le corti federali inferiori sembrano chiedere che il presidente lo sia solo di facciata, mentre la Corte Suprema potrebbe avere un'opinione diversa.

La tanto sbandierata “crisi costituzionale” non è altro che un tentativo di riaffermare il disegno costituzionale originale del governo federale.

Questo è il modello di base in cui Robert F. Kennedy Jr. prende il potere e supervisiona tutte le sotto-agenzie. Queste agenzie governative hanno svolto un ruolo enorme nel coprire l'attacco alla libertà e ai diritti per cinque anni. La sua conferma è un simbolico ripudio delle più eclatanti linee di politica pubbliche mai registrate. E tuttavia il ripudio è del tutto implicito: non c'è stata alcuna commissione, nessuna ammissione di errore, nessuno è stato ritenuto veramente responsabile.

La traiettoria in cui ci troviamo offre molte ragioni per festeggiare, ma tornate sobri in fretta. C'è ancora molta strada da fare ed enormi barriere da superare per arrivare al punto in cui saremo di nuovo davvero al sicuro dal complesso corporativo/statalista e dai loro complotti per derubare la popolazione dei diritti e delle libertà.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Prima nessuno lo vedeva, adesso sì: l'economia naviga in cattive acque

Mar, 25/03/2025 - 11:02

Le correzioni sono dolorose nel breve termine, ma nel lungo liberano quelle risorse precedentemente sprecate che possono quindi essere messe a miglior uso dal settore privato. È cosi che si conduce una politica fiscale sostenibile. E che l'amministrazione Trump l'abbia capito è un bene. Lo stesso Trump ha detto che l'economia subirà un “piccolo aggiustamento” nei mesi a venire e Bessent afferma che l'economia ha bisogno di “disintossicarsi” dalla spesa pubblica. Sfortunatamente i programmi di disintossicazione sono solitamente caratterizzati da sintomi di astinenza per il paziente, ma che poi gli permettono di recuperare la forma una volta terminato il processo. L'Argentina è un caso da manuale a tal proposito. Concentrarsi direttamente sulla produzione, mentre il consumo è enfatizzato solo nella misura in cui la ridotta importanza dei settori globalizzati e finanziarizzati dell'economia è vista come un modo per ricostruire la classe media americana dei colletti blu e colmare il divario di consumo tra ricchi e poveri. Il vantaggio comparato e l'efficienza economica vengono messi in secondo piano, dato che i dazi servono sostanzialmente per ridurre il surplus commerciale estero nei confronti degli USA, cosa che fa scorrere i dollari all'estero e permette ai globalisti di attingere da quella fonte per tenere liquido il mercato degli eurodollari con cui minano la stabilità degli USA stessi. La sicurezza delle catene di approvvigionamento viene nuovamente enfatizzata, rimarcando la necessità di rimboccarsi le maniche e sopportare le turbolenze economiche. Agli americani viene venduta una visione in cui credere, un orizzonte temporale migliore in cui credere e poterlo vedere, e ogni taglio alla spesa pubblica e alla burocrazia è un passo che si fa verso suddetto orizzonte. Un passo concreto, ora. La retorica su Marte serve anch'essa a questo scopo.

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di Jeffrey Tucker

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/prima-nessuno-lo-vedeva-adesso-si)

Per anni ho atteso un po' di onestà sui dati economici. I numeri ufficiali non avevano senso. I numeri nel mondo del lavoro mostravano disparità tra i metodi di raccolta dati; i numeri della produzione non si adattavano alle realtà sul campo; i numeri dei prezzi non riflettevano fonti dell'industria privata.

Mettendo insieme tutti questi elementi, da anni siamo circondati da una recessione, con numeri spaventosi sull'occupazione.

Dire questo mi ha fatto passare per un pazzo, ma gli ultimi cinque anni hanno convinto me e moltitudini di altri che le affermazioni e i numeri ufficiali non sono affidabili. Mettendo alla prova il mio intuito, ho commissionato uno studio ad alcuni esperti di dati seri che conoscono questo mondo meglio di me. Hanno concluso che i prezzi erano aumentati al doppio dei livelli comunicati, che i mercati del lavoro erano deboli, che la produzione era bassa e che eravamo in recessione tecnica sin dal 2022.

Abbiamo pubblicato quello studio e atteso il contraccolpo e le confutazioni. Non sono mai arrivate. Non una comunicazione a me rivolta contro i numeri; non un esperto ha scritto per dire che avevamo distorto qualcosa; non una persona ha respinto la conclusione. Ammetto che questo mi ha spaventato. Quante persone sanno che gli Stati Uniti sono in recessione ma non lo dicono per motivi professionali?

Nel mondo dell'economia i professionisti si aggrappano alle fonti di dati come dottrina ferma. Come si diceva nell'Unione Sovietica, i dati potrebbero essere falsi, ma è tutto ciò che abbiamo! E se lo stesso fosse valso per gli Stati Uniti? Sembra impensabile, dal momento che le relazioni del Bureau of Labor Statistics e del Commerce Department sono da tempo considerati la verità. Cosa succederebbe se scoprissimo che nessuno sa davvero cosa sta succedendo?

Eccoci qui, solo a un mese dal secondo mandato di Trump, e la verità sta venendo fuori all'improvviso.

Eugene Ludwig ha scritto un articolo sorprendente per Politico, guarda caso. Getta acqua fredda su ogni importante fonte di dati in nostro possesso. Le sue conclusioni si adattano bene a quanto avevamo detto sei mesi fa e a ciò che ho intuito dal 2020. Dice senza mezzi termini che la produzione è molto più bassa di quanto sappiamo, la disoccupazione effettiva è molto più alta e i prezzi sono aumentati fino al doppio di quanto ammesso dal governo federale.

L'articolo è intitolato: “Gli elettori avevano ragione sull'economia. I dati erano sbagliati”.

L'autore inizia ricordando ai lettori una delle principali narrazioni dell'anno scorso, ovvero che gli elettori erano scontenti delle condizioni economiche. Eppure i giornalisti dicevano sempre che i dati erano in realtà piuttosto forti. Il ragionamento era essenzialmente che le persone erano piuttosto sciocche e ignoravano cosa stavano scoprendo i mercanti dei dati. In altre parole, se eravate tra gli intelligenti, dovevate sapere che in realtà l'inflazione stava calando e che tutto andava bene con il mondo del lavoro e la produzione.

Ludwig offre un'altra spiegazione molto simile a quella che io e altri sosteniamo da tempo, ovvero che gli elettori non avevano torto; il vero problema è che i dati probabilmente non riportavano condizioni reali.

“E se i numeri che sostengono la teoria della prosperità su vasta scala fossero essi stessi fasulli?” si chiede.

“E se le valutazioni più fosche dell’economia fossero quelle più ancorate alla realtà?”

Prosegue spiegando i numeri della disoccupazione, per esempio. I principali numeri sulla disoccupazione non considerano la qualità dei lavori, le ore lavorate, la misura in cui le persone sono sottoccupate, o se hanno semplicemente rinunciato del tutto. Un indizio c'era: i rapporti occupazione-popolazione che non si sono mai ripresi. Non è stato mai preso in considerazione, per esempio, che i secondi lavori avevano raggiunti livelli record e se i salari guadagnati erano sufficienti a impedire alle persone di dover vivere per strada.

E per quanto riguarda il reddito, i numeri non consideravano la cifra assoluta di persone che a malapena sbarcavano il lunario. Potreste avere medie che sembrano buone, ma mascherano i milioni di persone intrappolate al di sotto dei livelli di sussistenza.

Se si considerano i salari medi anziché la media degli stessi, le persone “guadagnano il 16% in meno di quanto indichino le statistiche prevalenti”.

E sui prezzi, ecco dove troviamo il vero inganno. Osservando così tanti beni, l'indice dei prezzi al consumo (IPC) maschera gli aumenti di prezzo che contano di più per i beni che le persone effettivamente acquistano regolarmente.

“Il nostro indicatore alternativo rivela che, dal 2001, il costo della vita per gli americani con redditi modesti è aumentato del 35% più velocemente dell’indice dei prezzi al consumo”.

Lui e molti altri ricercatori hanno capito che il vero costo della vita potrebbe essere aumentato del doppio di quanto indicato dall'indice dei prezzi al consumo. Ciò influisce sui dati dell'output, che sono stati distorti dall'esplosione della spesa pubblica e del debito. Una volta che si aggiusta la produttività privata con una misura realistica dell'inflazione, si ottengono numeri costantemente all'interno della zona rossa della crescita reale negativa.

E la conclusione:

“Il problema non è che alcuni americani non siano usciti vincitori dopo quattro anni di Bidenomics. Alcuni sì. È che, per la maggior parte, coloro che vivono in circostanze più modeste hanno sopportato almeno 20 anni di battute d'arresto e gli ultimi quattro anni non hanno cambiato le cose abbastanza per il 60% inferiore dei percettori di reddito americani”.

Sì, questo è il genere di articolo che vi fa venire voglia di urlare: e proprio adesso ce lo dite!?

Immagino che ora che Trump è al comando avremo più verità, ma non è una verità che vogliamo sentire. Stiamo già assistendo a numeri dell'inflazione elevati, numeri di posti di lavoro rivisti e input inferiori ai numeri dell'output. Non mi sorprenderebbe vedere una recessione retroattiva ammessa entro l'estate, che verrà strombazzata dalla stampa come prova che la Trumponomics ha fallito e deve essere abbandonata.

Capite come funzionano le cose? I numeri sono diventati così politicizzati da essere quasi inutili. Persino questo articolo non fa il passo in più di aggiustare la produzione in base ai prezzi, il che avrebbe rivelato la recessione tecnica di cui abbiamo scritto.

I numeri ufficiali potrebbero essere falsi. E tuttavia ci aggrappiamo tutti a loro... perché sono tutto ciò che abbiamo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Come bruciare €220 miliardi

Lun, 24/03/2025 - 11:07

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Luis Garicano

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/come-bruciare-220-miliardi)

Nel pieno della pandemia COVID, con la BCE impegnata a mantenere bassi gli spread sovrani e le regole fiscali dell'UE sospese, l'Italia ha lanciato quello che sarebbe diventato uno degli esperimenti fiscali più costosi della storia. Il Primo Ministro Conte annunciò che il governo italiano avrebbe sovvenzionato il 110% del costo delle ristrutturazioni abitative. Il “SuperBonus”, come sarebbe stato chiamato, avrebbe migliorato l'efficienza energetica e stimolato un'economia che era cresciuta a malapena negli ultimi due decenni. I consumatori non avrebbero dovuto affrontare né vincoli economici, né di liquidità: “Nel settore edile verrà introdotto un Superbonus con cui tutti potranno ristrutturare la propria abitazione e renderla più green. Non spenderete un centesimo per queste ristrutturazioni. (Giuseppe Conte, 13 maggio 2020)”.

Lo stato avrebbe pagato ai proprietari di case il 110% del costo di ristrutturazione delle loro proprietà attraverso un meccanismo finanziario innovativo: anziché sovvenzioni dirette in denaro, il governo italiano avrebbe emesso crediti d'imposta trasferibili. Un proprietario di casa averbbe potuto scaricare questi crediti direttamente sulle proprie tasse, farli scaricare agli appaltatori sulle fatture, o venderli alle banche. Questi crediti sono diventati una sorta di valuta fiscale, uno strumento finanziario parallelo che funzionava come debito fuori bilancio (Capone e Stagnaro, 2024). L'impostazione ha creato intenzionalmente l'illusione di un proverbiale pasto gratis: ha nascosto il costo per il governo italiano, poiché ai fini della contabilità europea i crediti si sarebbero presentati solo come entrate fiscali perse piuttosto che come nuova spesa.

Il SuperBonus ha creato le condizioni per quella che il ministro dell'Economia di Draghi, Daniele Franco, ha definito “una delle più grandi frodi nella storia della Repubblica” (Capone e Stagnaro, 2024). Gli appaltatori spesso gonfiavano i costi di ristrutturazione; ad esempio, un progetto da €50.000 poteva essere dichiarato come €100.000. La banca acquistava il credito d'imposta da €110.000 a un valore quasi nominale, consentendo all'appaltatore di intascare la differenza, a volte condividendola con il proprietario della casa. A volte, invece, non veniva eseguito alcun lavoro, nel qual caso le fatture per lavori inesistenti su edifici fasulli erano uno strumento perfetto per la criminalità organizzata. I crediti fraudolenti potevano quindi essere rivenduti più volte in un mercato non regolamentato di sconti fiscali sostenuti dallo stato. Nel 2023 le autorità hanno stimato che tali attività fraudolente erano costate ai contribuenti €15 miliardi.

Nel 2024 era chiaro che il pasto era tutt'altro che gratis. I costruttori andavano in giro offrendosi di pagare le persone per ristrutturare le loro case. Un piano inizialmente preventivato in €35 miliardi avrebbe finito per costare ai contribuenti italiani €220 miliardi (€160 miliardi di Superbonus + €60 miliardi per il credito di restauro delle facciate al 90% e altri crediti del 65%), circa il 12% del PIL.[1] I costi annuali sono aumentati vertiginosamente dall'1% del PIL nel 2021, al 3% nel 2022 e al 4% nel 2023. Solo 495.717 abitazioni sarebbero state ristrutturate, il che significa che il costo medio del programma era di circa €320.000 per casa.[2] Ciò è accaduto in un Paese già gravato da un debito pari al 140% del PIL, che affronta enormi passività pensionistiche non finanziate pari a oltre il 400% del PIL e il cui debito è classificato Baa3 da Moody's, un gradino sopra lo status di “spazzatura”. Il costo è irrisorio rispetto ai €71 miliardi di sovvenzioni che l'Italia ha ricevuto dal piano di ripresa e resilienza dell'Unione europea. Nonostante la scarsa copertura sulla stampa internazionale, il Superbonus è stato uno degli errori fiscali più costosi della storia.

Accetturo, Olivieri e Renzi (2024)

Due documenti della Banca d'Italia e uno dell'FMI hanno analizzato l'impatto del programma. Mentre gli investimenti reali in abitazioni pro capite sono aumentati del 67% rispetto a un Paese comparabile “sintetico”, Accetturo, Olivieri e Renzi (2024) hanno concluso che “i benefici per l'economia nel suo complesso in termini di valore aggiunto sono stati inferiori ai costi dei sussidi”. I costi di costruzione sono aumentati drasticamente: l'indice dei costi di costruzione è cresciuto di circa il 20% dopo la pandemia e ha fatto registrare un altro aumento del 13% dopo settembre 2021, con il Superbonus direttamente responsabile di circa 7 punti percentuali di tale aumento, secondo Corsello ed Ercolani (2024). Il prezzo dell'installazione di impalcature, un primo passo essenziale per la ristrutturazione, è aumentato del 400% entro la fine del 2021.

Accetturo, Olivieri e Renzi (2024)

La valutazione dell'FMI è ancora più critica. Lo stimolo alla crescita è stato “limitato rispetto alle dimensioni delle risorse fiscali spese”, ha concluso, citando “perdite nelle importazioni, consistenti sconti sulle fatture, maggiori rincari sui prezzi nell'edilizia, spiazzamento di altri investimenti e uso improprio di fondi pubblici”. Nel frattempo l'occupazione nell'edilizia era entrata in un ciclo di espansione e contrazione, poiché le aziende si erano espanse per catturare i sussidi, per poi trovarsi di fronte a un baratro quando il programma ha iniziato a concludersi.

Anche i benefici ambientali del programma hanno avuto un costo astronomico: qualsiasi calcolo risulterà in ben oltre €1.000 per tonnellata di anidride carbonica (rispetto a un prezzo sul mercato delle emissioni di circa €80 per tonnellata). Mentre il Superbonus è stato presentato come un'importante operazione di efficienza energetica e riduzione delle emissioni di gas serra, è stato il più grande singolo caso di greenwashing dei nostri tempi.

Com'è potuto accadere?

Il SuperBonus è nato in un momento di trasformazione nel pensiero politico-economico su entrambe le sponde dell'Atlantico.

Riccardo Fraccaro, avvocato, politico del Movimento Cinque Stelle, seguace della Modern Monetary Theory e architetto del SuperBonus, vedeva il programma come un modo per spingere un'espansione fiscale nel rispetto delle norme UE. Progettando il Superbonus come un sistema di crediti d'imposta trasferibili, Fraccaro e i suoi consulenti hanno creato uno strumento finanziario parallelo che non venisse registrato immediatamente come debito pubblico (Capone e Carlo Stagnaro, 2025).[3]

Il SuperBonus incarnava lo spirito di quel momento: il debito come motore della crescita. Sarebbe stato finanziato in parte (circa €13,95 miliardi) tramite l'emissione obbligazionaria europea da €750 miliardi nell'ambito di NextGenerationEU. Come la Bidenomics negli Stati Uniti, prometteva di raggiungere simultaneamente più obiettivi trasformativi: stimolo economico, equità sociale e protezione ambientale. E come molti programmi post-pandemia, rifletteva la convinzione che le linee di politica passate fossero state troppo timide e che i vincoli di bilancio tradizionali potessero essere tranquillamente ignorati nel perseguimento di obiettivi sociali più ampi.

Una volta avviato, il SuperBonus si è rivelato politicamente impossibile da fermare. I benefici si sono concentrati tra varie fasce di elettori: proprietari di case che hanno ottenuto ristrutturazioni, il movimento ambientalista e appaltatori che hanno visto un'attività in forte espansione. I costi, sebbene enormi, sono stati distribuiti tra tutti i contribuenti e rinviati al futuro attraverso il meccanismo del credito d'imposta. Nessun governo, di sinistra, tecnocratico o di destra, è stato in grado di resistere alla sua logica. Il Parlamento ha costantemente respinto i tentativi di limitarne la portata, anche dopo che le stime di frode hanno raggiunto i €16 miliardi. In veste di Primo ministro, Mario Draghi, nonostante abbia pubblicamente criticato il programma per aver triplicato i costi di costruzione, non è riuscito a fermarlo: la sua azione iniziale è stata quella di semplificarne l'accesso. Quando il suo governo ha tentato di frenare gli abusi, il Movimento Cinque Stelle ha reagito con rabbia e sono stati contrastati anche i modesti controlli sui trasferimenti di credito. Nel 2023 il governo di Giorgia Meloni ha dovuto affrontare le stesse opposizioni: i gruppi industriali hanno protestato, i partner della coalizione si sono tirati indietro. Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti ha avvertito i colleghi: “Temo che non abbiate capito la gravità della situazione”.

Tuttavia, non è solo la politica italiana che avrebbe dovuto porre fine a tutto questo. Oltre al parlamento, ci sono due potenziali meccanismi per evitare tale avventurismo fiscale in un Paese già gravato da uno dei più alti carichi di debito in Europa. Primo, le regole fiscali e la Commissione europea; secondo, il mercato, i cosiddetti bond vigilantes. Entrambi hanno fallito.

Le regole fiscali erano state sospese a causa del Covid, ma questo non esonerava la Commissione europea, che è responsabile di tali regole, dalla sua responsabilità nella questione. Il Recovery and Resilience Facility (il fondo di ripresa dal Covid finanziato dall'UE) è stato progettato con una rigorosa condizionalità, assicurandosi che i fondi fossero erogati solo dopo che gli stati membri avessero raggiunto traguardi sulle riforme e rispettato le raccomandazioni del “semestre europeo”. Alla Commissione europea è stato ordinato di rivedere i piani di ripresa nazionali, verificare la conformità con gli obiettivi strutturali e trattenere i pagamenti se le condizioni non fossero state soddisfatte. Nel caso del Superbonus italiano, questo meccanismo ha fallito.

La Commissione ha approvato l'inclusione del Superbonus nel PNRR italiano dopo la sua progettazione, con piena consapevolezza del fatto che questo programma includeva un sussidio del 110%. Quando il programma è poi cresciuto ben oltre l'ambito approvato dall'UE, trasformandosi in un'enorme passività fiscale senza supervisione, la Commissione ha permesso ai fondi di continuare a fluire. Anche quando le proiezioni del deficit italiano sono andate fuori controllo, non è riuscita a riconoscere, o ha deliberatamente ignorato, che il SuperBonus era diventato un veicolo incontrollato per sprechi e frodi.

Poi ci sono i bond vigilantes. Ma, come John Cochrane, Klaus Masuch e io sosteniamo nel nostro prossimo libro, “Crisis Cycle”: grazie alla garanzia implicita della BCE i legislatori italiani non sono vincolati dai mercati. Potrebbero ragionevolmente aspettarsi (e Capone e Stagnaro, 2024, sostengono che l'abbiano fatto) che:

• La BCE impedirebbe qualsiasi picco significativo nei costi di prestito attraverso i suoi programmi di acquisto di obbligazioni;

• Il costo fiscale potrebbe essere attenuato distribuendolo negli anni attraverso crediti d'imposta;

• Se emergesse una pressione sul mercato, la BCE interverrebbe acquistando titoli di stato italiani.

Questo calcolo si è rivelato corretto. Quando il deficit italiano è schizzato alle stelle nel 2023 a causa del SuperBonus, passando da un previsto 5,5% all'8% del PIL, non c'è stato panico sul mercato. Gli spread obbligazionari italiani sono rimasti contenuti, grazie al Transmission Protection Instrument (TPI) della BCE, il quale ha rassicurato gli investitori senza che la BCE dovesse nemmeno intervenire. Rimuovendo il vincolo della disciplina di mercato, la BCE ha permesso al SuperBonus di persistere molto più a lungo di quanto sarebbe altrimenti accaduto.

Non tutti i programmi futuri saranno così eclatanti come il SuperBonus, che è molto probabilmente una delle linee di politica fiscali più stupide della memoria recente. Come ha affermato la Ragioneria generale italiana nella sua retrospettiva del 2024: “Il SuperBonus era significativamente diverso dai precedenti benefici i cui effetti erano noti. Per la prima volta è stata consentita la copertura completa dei costi, aumentando l'attrattiva della misura ed eliminando sostanzialmente il conflitto di interessi tra fornitori e acquirenti”.

Ma il SuperBonus illustra un problema più profondo che l'Europa si trova ad affrontare: i meccanismi tradizionali per la disciplina fiscale sono crollati. Le forze di mercato (gli acquirenti di obbligazioni) sono stati neutralizzati dall'intervento della BCE. Le regole fiscali della Commissione europea, già indebolite da ripetute violazioni da parte di grandi Paesi come Francia e Germania, vengono sostituite da nuove regole che, poiché si basano sulla contrattazione bilaterale, forniscono pochi vincoli reali. E i sistemi politici nazionali, liberati dalla pressione del mercato, trattano sempre più la spesa finanziata dal debito come un pasto gratis.

Questa erosione della disciplina non è limitata all'Italia. Il deficit della Francia è arrivato al 6,1% del PIL. La Spagna ha invertito la sua riforma pensionistica post-crisi proprio quando l'Italia stava approvando il SuperBonus, con conseguenze negative molto più grandi per la sostenibilità fiscale. In un mondo in cui la BCE interverrà sempre per prevenire la pressione nel mercato obbligazionario e Bruxelles non può far rispettare in modo credibile le regole fiscali sui grandi stati, una politica fiscale sostenibile diventa quasi impossibile.

Gli stessi meccanismi progettati per proteggere l'euro potrebbero ora indebolirlo. Quando la BCE interviene per impedire la pressione del mercato sui titoli di stato, rimuove una forza disciplinare cruciale sulle linee di politica fiscali nazionali, creando incentivi perversi per i politici ad espandere la spesa senza riguardo per la sostenibilità a lungo termine. Un'unione monetaria senza unione fiscale può funzionare solo se gli stati membri mantengono linee di politica di spesa sostenibili. Ma l'Europa ora si ritrova intrappolata in una trappola che lei stessa ha creato: i suoi strumenti di lotta alla crisi stanno erodendo costantemente la disciplina necessaria per la sopravvivenza dell'euro. Finché l'Europa non troverà un modo per ripristinare vincoli significativi sulle linee di politica di spesa nazionali preservando al contempo la stabilità finanziaria, ogni espansione “temporanea” dei rischi di spesa diventerà permanente, ogni intervento “una tantum” della BCE rischia di diventare di routine e le tensioni sottostanti nell'unione monetaria continueranno a crescere.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Riferimenti

• Accetturo, Antonio, Elisabetta Olivieri, e Fabrizio Renzi. Incentivi per le ristrutturazioni abitative: evidenze da un ampio programma fiscale. N. 860. Banca d'Italia, Area Ricerca Economica e Relazioni Internazionali, 2024.

• Capone, Luciano e Carlo Stagnaro. “Superbonus: Come Fallisce una Nazione”, Rubbettino Editore (novembre 2024).

• Capone, Luciano e Carlo Stagnaro. Le cattive idee hanno cattive conseguenze: il SuperBonus italiano e l'influenza della MMT. Mimeo, febbraio 2025.

• Cochrane, John, Luis Garicano e Klaus Masuch. “Crisis Cycle: Challenges, Evolution, and Future of the Euro” Princeton University Press, di prossima pubblicazione (giugno 2025).

• Corsello, Francesco, e Valerio Ercolani. Il ruolo del Superbonus nella crescita dei costi delle costruzioni in Italia. N. 903. Banca d'Italia, Area Ricerca Economica e Relazioni Internazionali, 2024.

• Eurostat (2023a). Manuale sul deficit e debito pubblico – Implementazione dell'ESA 2010. Edizione 2022. Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea.


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Note

[1] In parte, la sorpresa nei confronti delle aspettative è che il Ministero delle Finanze non aveva modellato la risposta comportamentale dei consumatori. A differenza del Ministero, Luciano Capone, giornalista de Il Foglio (e autore di un libro che racconta la storia del programma), ha capito gli incentivi perversi fin dall'inizio, avvertendo a maggio 2020: “I clienti non andranno in giro a chiedere ai costruttori uno sconto ma, al contrario, un aumento del prezzo”. Gli incentivi contano.

[2] Il SuperBonus in senso stretto era di €160 miliardi (gli altri €60 miliardi sono il credito di restauro delle facciate e altri crediti, come spiegato nel testo). Se immaginiamo 500.000 abitazioni, la ristrutturazione media riceveva un sussidio di €320.000.

[3] Ecco la spiegazione di Capone e Stagnaro (2025) riguardo la questione contabile: “I crediti d’imposta non pagabili sono trattati come entrate fiscali negative e non come spese, saranno registrati quando saranno utilizzati per ridurre gli oneri fiscali, impattando sui conti per l’importo esatto utilizzato ogni anno” (Eurostat, 2023: 88). Tuttavia, se il credito d’imposta è trasferibile (come lo era il SuperBonus), se il credito d’imposta può essere trasferito a terzi, tale credito d’imposta deve quindi essere considerato un credito d’imposta pagabile e deve essere registrato nei conti nazionali come un’attività del contribuente e una passività del governo (Eurostat, 2023: 86)”.

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Ciò che l'eurodollaro ha dato, l'eurodollaro si sta riprendendo (Parte #4): il “frullato” del dollaro e la soluzione al Dilemma di Triffin

Ven, 21/03/2025 - 11:05

 


di Francesco Simoncelli

(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/cio-che-leurodollaro-ha-dato-leurodollaro-b23)

Ultimo saggio di questa serie che ci ha visto affrontare un viaggio alquanto complesso e che ha permesso ai lettori di entrare in una sequenza di temi ostici da trattare per la loro difficoltà, ma che sono stati asciugati il più possibile affinché potessero essere compresi anche dai non addetti ai lavori. Fino al 2022 era giusto criticare gli Stati Uniti per la loro posizione lassista in ambito monetario e fiscale, l'ho fatto anche io. Dal lancio del SOFR è cambiato radicalmente tutto, un'inversione di 180° rispetto al passato. L'importanza epocale di questo cambiamento è accuratamente descritta nel mio ultimo libro, Il Grande Default, è sufficiente dire qui che ciò permetterà di abbandonare il cosiddetto tasso di riferimento della FED e decentralizzare il potere della stessa nelle 12 FED regionali, tornando a un assetto che esisteva prima degli anni '30 quando la Grande Depressione aprì la porta all'escalation di interventismo economico il cui culmine è stato raggiunto nel 2020. È questo a cui porterà l'audit della FED.

Tale risultato, però, non sarebbe stato possibile realizzarlo senza che gli USA si sganciassero dal LIBOR e mettessero un freno alla creazione di dollari all'estero, come descritto nella Prima parte di questa serie. Infatti l'anamnesi dell'eurodollaro ci ha permesso di capire, poi, nella Seconda parte, che il cuore della creazione artificiale di dollari ombra è la City di Londra e nel tempo questo artificio è stato usato per consumare la ricchezza reale americana a vantaggio di tutti quei player esteri che usavano l'hub londinese per attingere indirettamente dalla stampante americana e salvaguardare i propri interessi. L'estremo dimenarsi degli inglesi in ambito geopolitico e politico da quando Trump è entrato in carica è dovuto al fatto che tutte le micce finanziarie conducono a Londra. Infatti la FED ha operato in territorio ostile fino alle scorse elezioni, barcamenandosi come meglio poteva per restringere la politica monetaria interna e operare un “damage control” nei confronti del Dipartimento del Tesoro a cui capo c'era la Yellen.

La cosiddetta “onda rossa” post-elezioni era propedeutica affinché si potesse restringere senza intoppi anche la politica fiscale del Paese, la quale, durante le precedenti amministrazioni, era stata usata per gonfiare, in particolare sin dal 1971, l'offerta degli eurodollari. La chiusura della USAID è stato il simbolo di questa necessità, dato che l'obiettivo adesso è ricostruire la credibilità e l'affidabilità degli USA; e possono farlo perché essi rimangono il Paese con il gradiente e la capacità di “autarchismo” più grande di tutti nel mondo, da punto di vista energetico, militare e industriale.

Remarkable admission from Bank of America (the first of its kind from a major bank): DOGE is desperately needed as the alternative is catastrophe.

"The global handoff from big government to the free market may prove slippery, but it seems necessary given large deficits and… https://t.co/55Xq9ORTTE

— zerohedge (@zerohedge) March 14, 2025

Inoltre la sua resilienza economica a fronte di un ambiente economico con tassi alti è superiore a quella europea, dove la BCE la settimana scorsa ha platealmente ammesso che il baraccone europeo non riesce a resistere nemmeno a un 3% dei tassi di riferimento. Se ci fosse stato ancora il LIBOR questa debolezza avrebbe infettato anche la FED e gli USA. La catalizzazione delle attenzioni nell'ultima settimana è stata principalmente per il pair EURUSD. Vi basta vedere la candela settimanale per capire che puzza lontano un miglio di manipolazione... e qual è il maggiore centro di intermediazione del Forex? In secondo luogo, poi, le attenzioni sono state accuratamente pilotate verso il selloff del marcato azionario statunitense. Del selloff del comparto obbligazionario europeo, invece, poco o niente... e qual è il maggiore centro di giornalismo finanziario?

Al di là dell'euforia per le dichiarazioni riguardanti il piano “faraonico” di spesa militare, cari investitori retail, qual è il piano per tirare su TUTTI gli €800 miliardi? La fiducia? La speranza? Oppure qualche altro vertice europeo? Tra l'altro, è questo il collateral su cui state puntando quando vi lasciate imbonire dalle pubblicità in TV sui BTP “patriottici”: le chiacchiere alle riunioni europee. Questa settimana ce ne sarà un'altra e vedrete che la risposta alle domande qui sopra non ci sarà. Se ne sentono di ogni su Trump ormai sulla stampa, proprio perché non sanno come attaccarlo/ricattarlo. Lui ha una visione. Perché? Perché è un leader. Putin ha una visione, perché è un leader. Xi ha una visione, perché è un leader. E questo mi porta a concludere che ci sarà una Yalta 2.0 dove questi tre leader troveranno un accordo sul commercio e sposteranno le relative attenzioni sul Pacifico. Gli investitori devono ficcarsi in testa che il mondo della “consensus policy” non esiste più; è tornato quella della “power policy”, dimostrato anche ieri con la retromarcia, coda tra le gambe, del Canada. E non è un caso che Europa, Canada e Inghilterra siano i player che si dimenano di più, visto che non hanno leadership (e questo era qualcosa che avevate letto in tempi non sospetti tramite la penna di Gary North). Come si farebbe, altrimenti, a perseguire un'unione politica, fiscale e obbligazionaria dell'UE se ci fossero leader carismatici in ogni stato membro? Ecco perché gente come Orban o Fico sono osteggiati. Una parvenza di leader, ma nondimeno una spina nel fianco per la classe dirigente europea.

Obbligazioni SURE, il veicolo finanziario Savings and Investments Union, l'euro digitale: sono il canto del cigno di una struttura di potere che si rifiuta di riconoscere la propria obsolescenza. Quando Trump ha detto a quell'imbecille di Zelensky che “non ha le carte”, si rivolgeva indirettamente a coloro che stanno dietro di lui. Le “carte” in questo frangente storico sono le commodity e l'Europa ne è carente per sostenere il grado di complessità socioeconomico a cui è abituata la popolazione media. Anche qui: come si faranno a sfornare tanti bei giocattolini militari senza materie prime? E anche se si dovessero trovare, come faranno gli altri settori industriali a operare correttamente e in accordo con prezzi reali di mercato in presenza di una domanda artificiale pompata ad hoc?

Il caos alimentato da Bruxelles e dalla City di Londra rappresenta l'ultimo strumento in mano alla cricca di Davos per non presentarsi al tavolo delle trattative a mani vuote. È per loro che sta suonando la proverbiale “campana del default”. La più recente riconquista di Kursk premette a Putin di presentarsi al tavolo delle trattative dicendo che se ieri voleva “A+B”, adesso può permettersi di chiedere “A+B+C”. È così che agiscono i leader. Se Trump può permettersi di dire che applicherà dazi del 200% sul vino francese e italiano, può farlo perché senza la leva dell'eurodollaro queste nazioni sono state svuotate della capacità di tenere in piedi la complessità raggiunta in ambito socioeconomico. Non è una questione di export, è una questione che i propri “vizi” (militari e diritti sociali) sono stati appaltati alla stampante monetaria ombra degli USA. Ora che quei rubinetti sono chiusi, Trump può fare leva su quel lassismo per raggiungere i propri obiettivi. È così che agiscono i leader. Ed ecco perché ha ripetuto che “l'UE è nata per fregarci”.

Infine, nella Terza parte, abbiamo visto come anche la BoJ è stata usata, durante l'era della ZIRP e del “consenso del sistema bancario centrale del mondo”, come ulteriore strumento di leva del mercato degli eurodollari e come la fine del carry tade sullo yen ha inciso sulla contrazione dell'offerta di dollari ombra. Più ho scavato, più ho portato alla luce una cruda verità: il potere di monopsonio dell'Europa si basava tutto su un'illusione, alimentata dal suo continuo attingere al mercato degli eurodollari a scapito del resto del mondo. Il colonialismo europeo e inglese non è mai scomparso, ha solo cambiato forma. E nel momento in cui questa illusione è scomparsa, il panico risultate ha iniziato a far salire il prezzo dell'oro come forma di assicurazione contro la volatilità dei mercati e, soprattutto, come metro di giudizio in attesa di un ritorno a una ponderazione dei rischi in sintonia con forze di mercato genuine. La conseguenza più importante è la corsa agli sportelli della LBMA. Non solo, ma ci sono altre tegole per la City di Londra.

Un'altra tegola per la City di Londra. Il LIBOR ormai è andato, una grossa fetta delle assicurazioni se l'è mangiata l'India e, sulla scia della seguente notizia, il prossimo tassello che perderà è il mercato del Forex.https://t.co/Pjko8OMbpV

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) March 11, 2025

Ed ecco, quindi, perché Bruxelles e City di Londra desiderano ardentemente che la guerra continui a tutti i costi.

Oggi vedremo che la salita del prezzo dell'oro è la più grande margin call della storia moderna ed è nei confronti dell'euro e della sterlina, non del dollaro. Quest'ultimo finalmente trarrà vantaggio dal Dilemma di Triffin, poiché è stato risolto nel momento in cui Bitcoin è entrato a far parte della strategia economica statunitense.


IL FRAPPÈ MONETARIO

I primi segni di stress del sistema monetario mondiale sono eruttati nel 2022, circa 9 mesi dopo l'entrata in scena del SOFR negli Stati Uniti e il loro sganciamento (definitivo) dal treno mondiale del coordinamento delle politiche monetarie. Da allora gli USA hanno dimostrato che era sostanzialmente il LIBOR, e quindi il dolore economico altrui, a trascinare in crisi il Paese e a forzare la mano della FED anche quando non ce n'era bisogno internamente. L'ulteriore prova di ciò è stato il fallimento di un trittico di banche di San Francisco senza maggiori danni all'economia statunitense. Invece c'è chi ha mostrato i suoi limiti senza supporto estero e ha iniziato a frammentarsi: l'Inghilterra. Il 28 settembre del 2022 la Banca d'Inghilterra è intervenuta per stabilizzare i mercati obbligazionari britannici, annunciando che avrebbe acquistato tutto il debito pubblico necessario per ristabilire l'ordine sulla scia di una crisi finanziaria innescata dai piani di riduzione delle tasse dell'allora Primo Ministro, Liz Truss. Dopo che gli interventi verbali erano falliti nei due giorni precedenti, la banca centrale ha avviato un programma di emergenza per acquistare “Gilt” e impedire che il caos si intensificasse.

Non solo, ma l'Inghilterra ha dovuto iniziare a fare incetta di titoli di stato americani affinché potesse usarli come garanzia per accedere al mercato pronti contro termine statunitense, il più liquido al mondo per i prestiti overnight e che dopo il 2019 accettava solo titoli obbligazionari americani, in modo da attenuare la crisi incalzante dei finanziamenti. Il venditore principale era la Cina: li vendeva per sostenere il cambio CNY/USD. Per fare concorrenza agli inglesi è sceso in campo il Giappone, ricoprendo il ruolo di succursale della FED in oriente. Infatti a supporto della Gran Bretagna sono intervenuti anche tutti gli altri suoi “satelliti” che vedete nel grafico qui sotto, nel tentativo di tamponare il sanguinamento di tutte quelle nazioni che hanno sofferto per la chiusura dei rubinetti dell'eurodollaro e di conseguenza la loro improvvisa incapacità di influenzare le linee di politica statunitensi. E da qui si capisce perché la Yellen ha fatto una sorta di QE tramite il Dipartimento del Tesoro e la politica fiscale degli USA è stata estremamente lassista, quello che Powell stava cercando di contrastare attraverso il ciclo di rialzo dei tassi d'interesse. Ovviamente quello che lui poteva “controllare” era la politica monetaria e il front-end della curva dei rendimenti, c'era quindi bisogno che arrivasse qualcuno alla Casa Bianca per mettere ordine anche da questo punto di vista e porre un ulteriore freno al flusso di dollari che finivano all'estero e venivano sottoposti a leva per gonfiare la loro offerta ombra.


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Le pressioni sul mercato inglese hanno costretto i fondi pensione a vendere titoli di stato per soddisfare le richieste di garanzia su posizioni derivate sommerse, o per ridurre l'esposizione dovuta all'incapacità di soddisfare le richieste di rimborso. La Banca d'Inghilterra agì per salvaguardare i fondi pensione, i principali detentori di titoli di stato a lunga scadenza e affermò che i suoi acquisti miravano a ripristinare l'ordine e sarebbe stato fatto “tutto il necessario” per raggiungere tale obiettivo. Il 23 settembre 2022 i rendimenti dei titoli di stato a cinque anni fecero registrare un aumento di oltre 50 punti base, il più grande salto giornaliero dal 1991; il 25 settembre i rendimenti dei titoli di stato a due anni salirono di 40 punti base, un'impennata paragonabile solo alle fluttuazioni osservate durante la crisi del 1992. La deviazione standard delle variazioni giornaliere dei tassi era di soli 5 punti base, quindi queste variazioni equivalevano a una tendenza che normalmente avrebbe richiesto mesi mentre allora ebbe luogo in un solo giorno. Le misure di emergenza continuarono per tutto ottobre e persino l'euro sprofondò rompendo la parità con il dollaro nello stesso mese.

Gli eventi di quel periodo possono essere ricondotti all'ennesimo esempio della cosiddetta “Teoria del frappè” postulata da Brent Johnson: un quadro di riferimento per comprendere come potrebbe verificarsi un default del debito sovrano, con oro, dollaro e azioni in ascesa mentre gli investitori si affannano per trovare sicurezza e liquidità. Il paradosso è la forza del dollaro in mezzo al caos finanziario, alimentato dal suo status di riserva mondiale. Mentre le altre valute si sgonfiano, così come le relative economie, il dollaro invece si gonfia. L'oro infatti ha raggiunto il massimo storico di $3.000 l'oncia come copertura contro l'incertezza, il dollaro rimane forte e le azioni stanno tenendo duro nonostante le turbolenze finanziarie.... e il frappè è servito anche nel 2025.

Per comprendere appieno le sfumature, dobbiamo ricostruire la storia del dollaro aggiungendo tutto quello che abbiamo appreso finora. Dopo la Seconda guerra mondiale il sistema di Bretton Woods rese il dollaro la star dello spettacolo: le nazioni europee spedirono il loro oro negli USA durante la guerra ed essi, alla fine delle ostilità, si ritrovarono a essere un punto di riferimento mondiale quindi l'oro rimase agganciato esclusivamente al dollaro (a $35 l'oncia) mentre altre valute del mondo si agganciarono a quest'ultimo. Parallelamente a questo sistema si sviluppò anche quello dell'eurodollaro, le cui prime tracce documentate apparvero negli anni '50: una innovazione finanziaria partorita dalla Midland Bank nel Regno Unito, la quale capitalizzò l'elevato costo del capitale nella Gran Bretagna del secondo dopoguerra. La capacità della Midland di prestare in dollari le diede un vantaggio competitivo, consentendole di partecipare al mercato forward prestando dollari e investendo in titoli di stato con rendimenti più elevati e intascare la differenza. Questa pratica creò le premesse per la crescita esplosiva di questo mercato dagli anni '50 agli anni '70, espandendosi al punto che oggi, nove dollari su dieci in tutto il mondo sono eurodollari. Stiamo parlando di una delle parti più opache e complesse del sistema finanziario moderno.

A differenza dei prestiti nazionali che possono essere influenzati dalle linee di politica delle banche centrali, i prestiti in eurodollari non possono essere gonfiati dai creditori. Questa struttura crea una domanda sostenuta di dollari al di fuori degli Stati Uniti, i cui numeri adesso si stima che superino i $400.000 miliardi ed eclissano i $36.000 miliardi di debito nazionale americano. Quando Lehman Brothers crollò il 15 settembre 2008, scatenò onde d'urto nel mercato offshore del dollaro ed esplose il differenziale tra i tassi onshore (OIS a 3 mesi) e offshore (LIBOR a 3 mesi), con questi ultimi che schizzarono alle stelle. Bernanke e Paulson dovettero darsi da fare per predisporre programmi di emergenza e impedire che il sistema implodesse. Arrivarono massicci salvataggi che sostennero l'intero sistema dei fondi del mercato monetario. I tassi furono tagliati in modo aggressivo e la FED raddoppiò la disponibilità di dollari tramite linee di swap. La rete di swap globale trasformò la FED nella banca centrale mondiale. 

Il 13 ottobre 2008 la FED andò oltre, annunciando linee di swap illimitate con tutte le principali banche centrali occidentali. Finì per prestare la sbalorditiva cifra di $3.300 miliardi in fondi di emergenza, con una bella fetta destinata a banche straniere e grandi aziende come Barclays, RBS e persino Toyota. Sebbene questi interventi stabilizzarono (temporaneamente) l'economia globale, non avvenne senza conseguenze: la FED era giocoforza diventata il prestatore di ultima istanza del mondo intero. La “Teoria del frappè” di Brent Johnson prevede che, man mano che la bolla del debito sovrano si sgonfia, la domanda di dollari si gonfia, facendolo rafforzare rispetto alle altre valute. Questo effetto di rafforzamento attrae capitali verso asset denominati in dollari, anche se i livelli di inflazione e debito mettono a dura prova le economie globali. La teoria suggerisce che, mentre molti asset potrebbero calare in questo contesto, il dollaro salirà, insieme all'oro, poiché gli investitori cercheranno rifugi sicuri dall'instabilità del debito sovrano.

Un gigantesco frullato di liquidità è stato creato dalle banche centrali globali con il dollaro come ingrediente chiave, ma se il dollaro sale di valore, questo frullato verrà risucchiato negli Stati Uniti, creando una spirale che potrebbe rapidamente destabilizzare i mercati finanziari. Il dollaro è il fondamento del sistema finanziario mondiale. Lubrifica le ruote del commercio e degli scambi globali: la disponibilità di dollari, il costo e il livello del dollaro stesso possono avere un impatto sproporzionato sulle economie e sulle opportunità di investimento.

Ma più importante del livello assoluto, o della disponibilità di dollari, è il suo tasso di variazione del livello: se si muove troppo rapidamente, allora i problemi iniziano a spuntare ovunque (i Paesi stranieri iniziano ad andare in default). Oggi molte persone sono convinte che sia il ruolo del dollaro sia il livello stia scendendo. Le persone pensano che gli Stati Uniti stiano stampando così tanti dollari che il mondo sarà inondato dai biglietti verdi, causandone la caduta del valore.

Sebbene sia vero che gli USA stanno stampando molti dollari, anche altri Paesi lo stanno facendo, quindi in teoria dovrebbe pareggiare in termini di valore. Ma il problema nascosto è la differenza nella domanda: ricordate che il sistema finanziario globale è costruito sul dollaro, il che significa che anche se non li vogliono, tutti ne hanno comunque bisogno e se avete bisogno di qualcosa non avete molta scelta.

Stiamo parlando di un'estensione del Dilemma di Triffin: esportare la valuta di riferimento globale a scapito della ricchezza reale del proprio Paese. Johnson evidenzia un futuro in cui la forza del dollaro e il valore dell'oro aumentano parallelamente, spinti dal crollo dei sistemi gravati dal debito e dallo spostamento verso asset stabili. Il motivo per cui questi due asset saliranno insieme è un sintomo del sistema eurodollaro basato sul debito in cui il mondo si ritrova intrappolato. Mentre i mercati del debito globale si frammentano, i debitori si precipitano alla ricerca di liquidità e ciò significa vendere asset rischiosi (es. obbligazioni e azioni) e correre verso porti sicuri (es. oro e dollari). L'ironia di questo sistema, come spiega Johnson, è che man mano che vengono prestati sempre più eurodollari, il carico di debito complessivo sull'economia globale aumenta, il che fa aumentare la domanda di dollari e assicura che la prossima correzione sarà ancor più severa. Nessuno sa quali sono le cifre precise quando si parla di eurodollari, o del debito denominato in eurodollari: queste metriche sono state considerate troppo difficili da misurare e la segnalazione è stata eliminata gradualmente a metà degli anni 2000. L'offerta di denaro M3, ad esempio, che includeva alcune misure in eurodollari, è stata eliminata nel 2006.

Una crisi del “frappè monetario” si presenta come segue:

Ma il vero rischio emerge quando altre economie iniziano a rallentare o quando gli Stati Uniti iniziano a crescere rispetto alle altre economie. Se c'è meno attività economica altrove nel mondo, allora ci sono meno dollari in circolazione globale che altri possono usare nelle loro attività quotidiane e, naturalmente, se ce ne sono meno in circolazione, il prezzo sale perché le persone inseguono quella fonte di dollari in calo. Il che è terribile per i Paesi che stanno rallentando, perché proprio quando stanno soffrendo economicamente, devono pagare molti beni in dollari e devono onorare i loro debiti che sono spesso anch'essi denominati in dollari.

Quindi inizia il vortice, o come mi piace chiamarlo il frullato del dollaro: man mano che il valore del dollaro aumenta, il resto del mondo ha bisogno di stampare sempre più valuta per poi convertirla in dollari in modo da pagare i beni e onorare il suo debito in dollari. Ciò significa che il dollaro continua a salire e in risposta molti Paesi saranno costretti a svalutare le proprie valute, quindi il dollaro salirà di nuovo e questo metterà a dura prova il sistema globale.

Come accennato in precedenza, nell'autunno del 2022 il valore del dollaro s'è impennato, cosa che ha iniziato a causare enormi problemi nel sistema finanziario globale. Un avvenimento, questo, alimentato dal ciclo di rialzo dei tassi da parte della FED annunciato a marzo di quell'anno, il più rapido della sua storia e che ha persino superato lo shock di Volcker dei primi anni '80. Il rialzo dei tassi è arrivato quando il resto del mondo era ancora sotto lo zero, soprattutto in Europa. Infatti il tasso di riferimento della BCE era di ben 100 punti base inferiore a quello degli Stati Uniti e, a un certo punto, il differenziale tra i tassi giapponesi e quelli americani aveva superato i 500 punti base. Ciò alimentò diversi carry trade: prendere in prestito in euro o yen e prestare in dollari, di fatto vendendo allo scoperto queste valute più deboli. Nel tempo queste pressioni si sono accumulate fino al punto che entrambe le valute hanno sostanzialmente iniziato un crollo al rallentatore e il “frullatore” è stato acceso.

Rialzare i tassi alla pari con gli Stati Uniti ha significato default diffusi, poiché sia l'Europa che l'Inghilterra sono fortemente indebitati, anche se in misura diversa, ovviamente. Non c'è opzione e nessuna soluzione fiat: nessun'altra valuta può usurpare l'Onnipotente dollaro. E questo Powell e i NY Boys lo sapevano: dopo aver brancolato nel buio per decenni riguardo le cause delle crisi negli Stati Uniti, finalmente avevano individuato nell'eurodollaro il colpevole principale. Potremmo definirlo un “super ciclo economico”, uno internazionale, che letteralmente ha posto sull'altare sacrificale della dissolutezza fiscale e monetaria la ricchezza reale degli USA. Un sistema, quello dell'eurodollaro, che per quanto abbia reso, all'apparenza, gli Stati Uniti e la loro relativa valuta i punti di riferimento mondiale, ciò ha significato altresì la socializzazione mondiale dei frutti della loro prosperità. Come ho spiegato anche nel mio ultimo libro, Il Grande Default, l'impostazione del LIBOR avveniva a Londra e questo significa che se emergevano criticità in quella giurisdizione, esse si ripercuotevano anche negli Stati Uniti... anche se questi ultimi avrebbero potuto sopportarle e superarle più agilmente.

Gli abusi del sistema dell'eurodollaro sono diventati talmente di ampia portata che il 2008 ne ha segnato la rottura definitiva. Troppa confusione, troppa ponderazione del rischio sbilanciata e troppo intorbidimento dei segnali di prezzo. La portata dei quantitative easing sin da allora ha cercato di rincorrere l'offerta di dollari ombra fino a quel momento creata e tamponare i buchi che apparivano qua e là nelle varie economie del mondo, incapaci però di sistemare davvero le cose. Un palliativo, non una cura definitiva. In quel frangente la Federal Reserve è diventata la banca centrale del mondo a tutti gli effetti, il cui unico scopo non era più il doppio mandato cui è sottoposta, bensì tenere quanto più liquido possibile il mercato degli eurodollari sia dal punto di vista monetario che fiscale... a scapito dell'economia interna. Ed è qui che fa acqua da tutte le parti la “teoria del dominio americano” tramite il dollaro e l'Impero militare: autodistruggersi non è lungimirante, né fisiologico, per la sopravvivenza sia della propria divisa che del proprio (presunto) Impero.

Attenzione, la mia tesi non è che gli USA fossero completamente eterodiretti a Londra e quindi scagionarli da tutte le colpe, ma che quest'ultima riusciva a influenzare (tramite infiltrati) aspetti importanti delle linee di politica americane affinché l'impero inglese potesse sopravvivere. Così come quello colonialista europeo, perché per quanto i colonialisti possano perdere il pelo non perdono il vizio. L'eurodollaro s'è dimostrato il guinzaglio perfetto, dal punto di vista economico, per usare un proxy e impostare/favorire un'agenda che veniva decisa oltreoceano. La narrativa che per anni è stata spacciata sulla stampa era una in cui l'Inghilterra appariva come una reliquia del passato in quanto a egemonia mondiale, mentre Washington era l'egemone di quest'epoca storica. Inutile dire che gli inglesi sono sempre stati maestri a sviare le attenzioni da loro: forniscono una corretta analisi dei problemi, ma poi si svincolano dalle relative cause scatenanti.

Ora è tornato il “frappè monetario del dollaro”, ma dopo l'entrata in scena del SOFR e lo sganciamento dal LIBOR, gli USA adesso hanno davvero il potere del dollaro nelle loro mani. Solo dal 2022 hanno ripreso il controllo sul proprio destino monetario e solo da allora hanno potuto avviare il ciclo di rialzo dei tassi più repentino della storia economica moderna senza preoccuparsi delle conseguenze. Perché? Perché i veri malati economici si trovano altrove: a Londra e a Bruxelles. Se l'economia mondiale la immaginassimo come un cesto della biancheria sporca, Washington sarebbe la camicia meno sporca di tutte. Ad esempio, la caduta delle varie banche commerciali a San Francisco non ha avuto alcun effetto sulle controparti newyorkesi; il selloff recente sui mercati azionari americani verrà compensato dalla diminuzione del deficit pubblico cosa che libererà risorse economiche affinché possano essere usate dal settore privato; le turbolenze commerciali verranno compensate dall'onshoring industriale e dalla rilocazione delle industrie europee; ecc. Sebbene il DXY abbia subito una breve flessione nell'ultimo mese (pensate poi dove viene intermediato il mercato dei cambi mondiale...), ciò è avvenuto dopo un anno record per il dollaro, in cui ha guadagnato quasi il 7% rispetto alle principali valute. La rupia indiana, ad esempio, è scesa a un minimo storico; lo yuan è stato svalutato progressivamente senza effetti concreti; ecc.

I problemi stanno emergendo anche dall'altra parte dell'Atlantico, poiché il Regno Unito è ora alle prese con un mix tossico di rendimenti dei titoli di stato in forte ascesa e una sterlina in rovina, una combinazione solitamente riservata ai mercati emergenti, non alla sesta economia più grande del mondo. I rendimenti dei titoli di stato sono saliti ai massimi livelli dal 1998, una triste pietra miliare che sottolinea lo stato precario delle finanze della Gran Bretagna. Questi stessi livelli di tensione finanziaria hanno costretto Liz Truss a lasciare l'incarico nel 2022. Gli hedge fund si stanno posizionando per un ulteriore calo della sterlina, segnalando un profondo sentimento ribassista e una mancanza di fiducia nelle prospettive economiche del Regno Unito. La sterlina è diventata un sacco da boxe per i mercati globali, trascinata verso il basso da passi falsi fiscali e dall'implacabile ascesa del dollaro. A nord l'economia canadese non se la passa tanto meglio. Il dollaro canadese si è deprezzato di quasi l'8% rispetto al dollaro statunitense nell'ultimo anno e i rendimenti obbligazionari sono in aumento. Il crescente divario dei tassi d'interesse tra Canada e Stati Uniti è un fattore chiave. Mentre la Federal Reserve statunitense li ha mantenuti alti, la Banca del Canada li ha tagliati sin da giugno dello scorso anno nel tentativo di sostenere un'economia in indebolimento. L'instabilità politica ha solo aggiunto benzina sul fuoco. Le recenti dimissioni del primo ministro Trudeau hanno momentaneamente dato respiro al dollaro canadese, ma l'incertezza sulla futura leadership canadese ha rapidamente invertito la tendenza. Questa combinazione di indebolimento della valuta, aumento dei rendimenti obbligazionari, incertezza politica e minacce commerciali da parte di Trump stanno creando un contesto difficile per l'economia canadese.

Tutto questo senza nemmeno menzionare l'elefante nella stanza: l'euro. La valuta si è indebolita notevolmente nell'ultimo anno e si sta avvicinando alla parità con il dollaro. L'Eurozona sta affrontando una serie di problemi, tra cui l'indebolimento della crescita economica, una crisi dell'immigrazione, alti tassi d'interesse e una crescente inflazione. A dicembre 2024 l'inflazione dell'Eurozona ha raggiunto il massimo di cinque mesi al 2,4%, alimentata dall'aumento dei costi dei servizi. La BCE ha tagliato i tassi d'interesse per sostenere l'economia nell'ultimo anno, dal 4% al 2,5%.

Ma ci rendiamo conto che questi saltimbanchi hanno concluso un vertice decidendo solo che “bisogna fare in fretta” e sono soddisfatti di tale risultato? Ma qui altro che parità tra euro e dollaro, la moneta europea sprofonderà ben al di sotto. Come si fa a non ridere quando dice che a fronte della nuova baldoria di spese, poi, però, bisogna tornare sulla via della rettitudine fiscale tenendo sotto controllo i conti pubblici? Ma davvero crede che le persone abbiano l'anello al naso e che l'etichetta “off-budget” possa far sembrare domani meno ingombranti gli squilibri fiscali? Quale percorso di sostenibilità del debito si può avere se quanto già fatto ha avuto i risultati devastanti attuali?

Questi sono spaventati a morte dal dollaro e della sua versione digitale di mercato, Tether. È un'alternativa credibile e affidabile affinché i risparmiatori possano sfuggire ai controlli dei capitali. Sono come le blatte nelle stamberghe che quando uno accende la luce nella stanza scatta un fuggi-fuggi generale. Forse non hanno capito che Tether è già sviluppato e funziona, mentre l'euro digitale deve ancora essere inaugurato. Non solo, ma ciò che li fa impazzire di più è che le aziende americane che operano sul suolo europeo possano usarlo per bypassare tutte quelle normative idiote (es. DSA, DMA, GDPR, Mica, ecc.) che servono solo a estorcere loro denaro tramite le multe. Ma questi sono morti (economici) che camminano. L'UE non esiste, è già morta.

In ogni caso, il “frappè monetario” teorizzato da Brent Johnson è vivo e vegeto: il DXY sale perché ciò che viene contratta è l'offerta di dollari ombra, dato che le varie nazioni del mondo non sono più capaci di usare a leva il mercato degli eurodollari. Senza il LIBOR per tenere sotto scacco la Federal Reserve, e quindi costringerla a stampare denaro in base alle necessità estere, e senza una politica fiscale espansiva che usava proxy come la USAID per mandare dollari all'estero, ci troviamo infine di fronte a una domanda genuina di dollari che seguirà le metriche interne dell'offerta di denaro. Certo, gli eurodollari ancora circoleranno, ma i rischi adesso saranno tutti di coloro che commetteranno azzardo morale e non più spalmati sull'economia americana. Ora il resto dei Paesi del mondo o guardano saltare in aria le loro valute, o intervengono utilizzando miliardi di dollari in riserve. Ciò si traduce in un dollaro più forte e in maggiori afflussi di capitali negli Stati Uniti.

Gli Stati Uniti possono adesso bere questo “frullato” a cuor leggero, senza doversi più preoccupare del Dilemma di Triffin.


LA FINE DEL DEFICIT STATUNITENSE DELLA BILANCIA COMMERCIALE

Il Dilemma di Triffin è risultato il difetto fatale del sistema di Bretton Woods: un paradosso che alla fine distrugge ogni valuta di riserva. Ma se fosse possibile risolverlo?

Il sistema di Bretton Woods fu istituito nel 1944 come sistema monetario internazionale progettato per fornire stabilità all'economia mondiale dopo le devastazioni della seconda guerra mondiale. Il dollaro statunitense era agganciato all'oro e le altre valute principali erano agganciate a esso. Il dollaro divenne la principale valuta di riserva mondiale e i Paesi membri accettarono di mantenere i tassi di cambio entro bande specifiche intervenendo sul mercato dei cambi. Anche il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale furono creati come parte del quadro di Bretton Woods per facilitare la cooperazione e lo sviluppo economico internazionale.

L'emergere di un sistema oro-dollaro fu guidato da una crescita insufficiente nell'offerta globale di oro per supportare l'espansione del commercio mondiale e della produzione: la scelta delle parità tra valute nel dopoguerra, che mantenevano basso il prezzo reale dell'oro e ne limitavano la produzione, contribuì a questa carenza. Inoltre l'URSS e il Sudafrica, principali fornitori di oro, furono considerati inaffidabili. Per colmare il divario tra domanda e offerta di riserve globali, i dollari divennero sempre più importanti, generati attraverso l'accumulo di crediti ufficiali a breve termine sugli Stati Uniti a partire dai primi anni '50. Ciò significava che gli Stati Uniti registravano costantemente deficit della bilancia dei pagamenti negli accordi ufficiali, accumulando passività verso funzionari stranieri senza un corrispondente aumento di attivi come l'oro. In sintesi, esportavano più dollari di quanti ne importassero. Questi dollari in eccesso erano registrati nel sistema globale in una moltitudine di modi: come depositi bancari in eurodollari, in linee di swap e come riserve in eccesso presso banche centrali straniere. Le aziende e i governi che accumulavano questi surplus avevano liquidità a disposizione che prontamente reinvestivano nel sistema finanziario nazionale, principalmente sotto forma di titoli del Tesoro USA.

Nel 1960 un economista belga di nome Robert Triffin tenne una presentazione di fronte al Congresso su quello che considerava un difetto fatale nel sistema monetario globale di Bretton Woods. Quel difetto divenne noto come il Dilemma di Triffin, o il Paradosso di Triffin, e, a suo dire, avrebbe distrutto Bretton Woods. Aveva anche previsto che questa contrazione delle riserve globali avrebbe portato a una crisi deflazionistica mondiale, che non si verificò, manifestandosi invece come un'ondata di inflazione che si abbatté sugli Stati Uniti e su gran parte delle economie mondiali.

Il dollaro è la valuta di riserva mondiale, ciò significa che sarebbe stato utilizzato nel commercio internazionale come riserva delle banche centrali per regolare le transazioni finanziarie e per prendere in prestito/prestare in dollari offshore (Eurodollaro). Tuttavia il resto del mondo mancava di un fattore cruciale: la capacità di generare dollari. Tutti hanno bisogno di commerciare, indebitarsi e risparmiare in una valuta CHE NON POSSONO STAMPARE (a meno che, come abbiamo visto, non si forza la mano della Federal Reserve indirettamente).

L'America si sarebbe trovata di fronte a un dilemma: soddisfare questa domanda o no? Se non avessero stampato, sarebbe emersa un'insufficienza di riserve globali, il commercio avrebbe iniziato a bloccarsi, le banche centrali non sarebbero riuscite a difendere la propria valuta sul mercato dei cambi e le banche non sarebbero riuscite a gestire i prestiti in dollari. Ciò avrebbe potuto causare inadempienze a livello di sistema e una crisi deflazionistica che si sarebbe diffusa da una nazione all'altra. Per evitare ciò gli Stati Uniti hanno avuto deficit persistenti delle partite correnti, inviando più dollari al sistema globale di quanti ne ricevessero indietro, per finanziare tutte queste necessità. A lungo termine ciò significa che gli Stati Uniti avrebbero stampato più dollari di quanto altrimenti giustificato dal rapporto di riserva rispetto all'oro. Questo rapporto sarebbe sceso sempre di più, finché non ci sarebbe stato un tale eccesso di dollari da innescare una corsa globale agli sportelli del dollaro stesso.

Ecco in sostanza cosa è successo. Mentre il mondo iniziava a globalizzarsi e la crescita del PIL nominale al di fuori degli Stati Uniti iniziava ad accelerare, sempre più dollari si accumulavano al di fuori del sistema finanziario nazionale. Nel 1965 il presidente francese Charles de Gaulle fece i calcoli e si rese conto che gli Stati Uniti avevano emesso molti più dollari di quanti fossero giustificati dal coefficiente di riserva di $35/oncia e iniziò a riscattare dollari in oro, come aveva diritto in base a Bretton Woods. Non era il solo, altre nazioni seguirono presto l'esempio. Iniziò una corsa alle riserve auree americane quando migliaia di tonnellate metriche di oro iniziarono a fuoriuscire dagli Stati Uniti.

De Gaulle stava facendo manifestare le conseguenze del Dilemma di Triffin, chiedendo persino il ripristino del gold standard. Così facendo, stava mettendo in evidenza quello che il suo ministro delle finanze, Valéry Giscard d'Estaing, aveva chiamato “il privilegio esorbitante”, la capacità degli USA di gestire deficit della bilancia dei pagamenti e deficit fiscali e costringere il sistema globale ad assorbirne le ricadute. Le altre nazioni dovevano rimanere responsabili dal punto di vista fiscale e monetario e mantenere la loro valuta agganciata al dollaro entro il tasso di cambio ristretto, ma gli USA non avevano bisogno di farlo: ricevevano beni reali per una valuta che potevano stampare, alimentando la affamata macchina imperiale statunitense. Col senno di poi abbiamo scoperto quali appetiti stava sfamando questo meccanismo, ovvero quelli della City di Londra e del suo colonialismo sotto mentite spoglie, e probabilmente non è stato un caso che allora fu proprio la Francia a chiamare il bluff sull'oro...

Gli USA avevano avviato il sistema con un'enorme riserva di oro: circa il 50% di tutte le riserve auree estratte erano detenute dagli americani. La corsa agli sportelli del dollaro iniziò a prosciugarle fino a quando quella percentuale non si ridusse di oltre la metà. La crisi raggiunse il culmine nell'agosto del 1971, quando Nixon decise di chiudere la finestra dell'oro, congelando la capacità delle banche centrali e dei governi stranieri di convertire i dollari in oro. Così facendo, tagliò l'ultimo legame tra il dollaro cartaceo e la moneta reale sottostante: la capacità dei cittadini di chiedere oro in cambio di dollari era già stata vietata nel 1933 da Roosevelt. Naturalmente Nixon aveva promesso che questa rottura con il gold standard sarebbe stata temporanea e che una volta trovata una soluzione sarebbero tornati a una moneta sana/onesta. Tuttavia, ciò non accadde mai. Da allora fu adottato il sistema di cambio fiat e la situazione non ha fatto che peggiorare. Quella fu la prima vera crisi dell'eurodollaro e il cambio di paradigma fu necessario affinché lo schema Ponzi potesse essere traslato a un livello superiore, così come l'azzardo morale conseguente. Infatti il nuovo asset di riserva sarebbero diventati i titoli del Tesoro americani.

L'attuale consenso tra i macroeconomisti è la dottrina TINA: non c'è alternativa al dollaro. La Russia è un esportatore di materie prime e ha un surplus delle partite correnti, il quale dovrebbe essere trasformato in deficit per essere una valuta di riserva; la Cina ha un mercato dei capitali chiuso; l'India non ha un mercato obbligazionario sufficientemente profondo; il Sudafrica è politicamente instabile. Senza contare che nessuno dei BRICS ha uno stato di diritto sufficientemente buono. Come sottolinea anche Brent Johnson, gli Stati Uniti hanno mercati obbligazionari profondi e liquidi, stato di diritto, un sofisticato sistema finanziario e monetario e un esercito gigantesco per far rispettare il sistema del dollaro, fondamentalmente tutto ciò che si potrebbe desiderare.

L'elenco dei requisiti per una valuta di riserva è il seguente: 

  1. stabile
  2. sicura
  3. riserva di valore
  4. mezzo di scambio
  5. ampiamente accettata
  6. fidata
  7. mercati profondi e liquidi

Bitcoin è ancora nella sua fase iniziale di crescita come valuta. Nel 2023 la capitalizzazione di mercato era di circa $720 miliardi e BTC veniva scambiato a $36.800. La volatilità è ancora elevata poiché le dimensioni del mercato implicano che quantità di denaro relativamente piccole possono spostare l'azione dei prezzi in modo sproporzionato rispetto ad altri mercati. Il test della “stabilità” lo fallisce... per ora.

Bitcoin è sicuro? È sicuro quanto la vostra capacità di conservare le chiavi private! Se possedete Bitcoin e tenete al sicuro il vostro seed, allora è sicuro. Probabilmente molto di più rispetto a quasi qualsiasi altra cosa: simile all'oro fisico, è un bene al portatore e una vera merce digitale. Non può essere rubato facilmente o censurato. Gli asset denominati in valute fiat, come abbiamo visto con il divieto per la Russia di usare la rete SWIFT, possono essere congelati o sequestrati; le transazioni possono essere inserite in una blacklist; si può essere censurati.

Bitcoin è la migliore riserva di valore mai inventata, persino superiore all'oro. Il metallo giallo aumenta la sua offerta di circa il 2% all'anno e nessuno conosce la vera quantità di oro esistente. BTC ha invece un programma di emissione determinato matematicamente e imposto dalla struttura della rete (consenso dei nodi e dei miner), garantendo che 21 milioni sia la quantità massima di bitcoin che può essere minata.

Per quanto riguarda il mezzo di scambio, svolge anche questo ruolo in quanto è molto facile da trasferire e la conferma delle transazioni richiede circa 10 minuti, ma è molto più veloce su Lightning Network, la soluzione di scalabilità di cui BTC ha bisogno per essere un mezzo di scambio per la vita quotidiana in una moderna economia digitale.

Per quanto riguarda la fiducia, Bitcoin ha successo anche qui, poiché utilizza crittografia di livello militare e dispendio energetico dei miner per proteggere la sua blockchain. Una forma inversa del Dilemma del prigioniero assicura che nessun singolo miner, o nodo, abbia un incentivo a mentire sulla validità delle transazioni, poiché creare falsi blocchi e transazioni richiede di essere esponenzialmente più fortunati con il passare del tempo e di spendere energia (e denaro) per farlo. Per molte ragioni, complesse e tecniche, attaccare la rete non è fattibile.

Mercati profondi e liquidi: anche qui ancora non ci siamo, ma man mano che BTC guadagna adozione globale, profondità e liquidità seguiranno, smorzando la volatilità e portando sempre più capitale nell'ecosistema. Simile all'effetto volano con le aziende di software, sempre più utenti (e stati) che adottano Bitcoin significano che il prezzo sale, la volatilità si smorza e l'adozione accelera in cicli di feedback positivi.

Bitcoin risolve il Dilemma di Triffin. Non lo evita, non lo mitiga: LO RISOLVE.

Il Paradosso si basa su diversi punti fondamentali, il principale dei quali è un attore centrale che emette la valuta di riferimento. Bitcoin NON è emesso centralmente. Non esistono confini per Bitcoin, nessun singolo nodo di emissione. Qualsiasi miner nell'intera rete può essere scelto per la prossima ricompensa di blocco. Una valuta di riserva neutrale, non emessa centralmente, libera di fluttuare, orientata alla privacy, è stato lo standard per secoli prima del sistema fiat. Lo stesso Triffin immaginò una soluzione al problema: la sua idea era quella dei DSP (diritti speciali di prelievo), un'unità di riserva emessa dall'FMI che si basava su un paniere di altre valute. I DSP non fanno nulla per mitigare i problemi di inflazione e svalutazione; inoltre sarebbero incredibilmente difficili da gestire. Immaginate di riscattare i DSP per le valute sottostanti e di dover andare in ogni Paese per riscuotere il denaro.

Con una valuta di riserva neutrale, i deficit o i surplus delle partite correnti delle singole nazioni sarebbero sempre in equilibrio (dinamico). Se un Paese spende più di quanto guadagna, alla fine è costretto a ricominciare a guadagnare (produrre). E se si verifica l'inverso, il surplus può essere utilizzati per il consumo. Bitcoin, quindi, risolverebbe anche tutti gli altri dubbi che i macroeconomisti hanno su di esso: si svilupperebbero mercati liquidi e profondi, il prezzo salirebbe esponenzialmente, l'adozione si diffonderebbe poiché le nazioni lo adotterebbero e inizierebbero a usarlo e a richiederlo nel commercio e nella finanza internazionale.

La riserva strategica statunitense ha come obiettivo finale quello di rendere Bitcoin l'hard asset per eccellenza che permetta di disintermediare definitivamente la nazione dal circuito dell'eurodollaro. Non accadrà dall'oggi al domani, saranno necessari passaggi intermedi obbligati. Innanzitutto il dollaro, così come il Paese stesso, dovrà riguadagnare credibilità e affidabilità. La sua forza è propedeutica a tal proposito: un dollaro forte all'estero e un dollaro debole in patria. A coadiuvare tale assetto c'è l'oro che viene sottratto alla LBMA e questo sarà l'anno del metallo giallo dato che rappresenta ancora l'hard asset storico che nei momenti di incertezza ha funto da rifugio sicuro; oltre a essere un barometro appropriato per un ritorno a una ponderazione del rischio reale e genuina. Diciamo che in una fase tumultuosa e incerta, la certezza storica dell'oro, pronta e disponibile, è una garanzia. Nel frattempo si permette che la capitalizzazione di mercato di Tether cresca organicamente. La digitalizzazione del dollaro, infatti, sta passando dall'ascesa di Tether come compratore di ultima istanza dei titoli del Tesoro USA; praticamente sta stabilendo una nuova consuetudine per prendere il posto della Federal Reserve, la quale verrà ri-regionalizzata nelle sue 12 branche regionali e verrà smantellato quell'apparato burocratico che è stato costruito su di essa da Roosevelt in poi. Ripple, invece, sta ottenendo attenzioni perché può essere strumentalizzato contro l'intermediazione del mercato dei cambi a Londra e sostituire il sistema SWIFT. Il momento di Bitcoin arriverà solo dopo che Tether avrà consolidato la sua presenza sui mercati come nuovo colosso, comprare titoli sovrani americani serve anche a sottrarli a quei player esteri che li usano per prolungare la vita al mercato degli eurodollari (es. Inghilterra, Canada, Europa). Ecco perché l'azienda di Ardoino sta diversificando anche in altri asset e molto probabilmente arriverà a essere un attore dello stesso peso di una JP Morgan, ad esempio.

Tra i suoi attivi, però, c'è anche Bitcoin e questo significa non solo digitalizzaione del dollaro ma anche una copertura fatta da un hard asset in quella che rappresenterà un'unione fondamentale per superare il sistema dell'eurodollaro, offrire un mezzo di scambio sano/onesto, un ambiente di mercato in cui domanda/offerta si incontrano genuinamente, un settore privato in grado di prosperare e resistere alle ondate di inflazione, la capacità di abbattere debito, deficit e spesa pubblica.


CONCLUSIONE

Quando ho pubblicato il mio ultimo libro, Il Grande Default, uno degli obiettivi era quello di documentare come gli USA stessero erigendo barriere intorno al dollaro per difenderlo dagli attacchi esterni tramite gli eurodollari. Il rinsavimento a livello di politica monetaria e fiscale serve a minimizzare questo rischio, non l'ha eliminato. Per quanto i player esteri adesso debbano interfacciarsi direttamente con la FED se vogliono dollari, esistono ancora scappatoie. Una di queste era il tentativo di intermediare i titoli di stato americani a Londra e scongiurato da Bessent lo scorso gennaio. Adesso se ne presenta un'altra tramite la Banca del Canada e l'emissione di titoli canadesi denominati però in dollari americani (siete sorpresi che sia arrivato sulla scia dell'elezione ad interim di Carney?).

Di norma il differenziale tra il tasso di riferimento della FED e quello della Banca del Canada è sempre stato di circa 50 punti base; oggi è di 150 punti base. L'obiettivo è quello di mettere in moto un carry trade tra il dollaro canadese e quello americano: riciclare il surplus commerciale canadese (capite adesso anche la narrativa di Trump sui dazi?) per pagare i coupon di quelle obbligazioni. Ma perché comprare questi titoli che rendono il 3% quando gli omologhi americani rendono di più? Perché possono essere posti come garanzia nel mercato pronti contro termine americano e quindi avere una via secondaria con cui accedere ai dollari. Un attacco diretto al SOFR. Inutile dire che il Canada ha la capacità di emettere questi asset perché, grazie la QE del Dipartimento del Tesoro quando c'era la Yellen, ha comprato una vagonata di titoli di stato americani che può usare come garanzia alla base di operazioni finanziarie del genere.

Carney, che sa come mettere in piedi facility del genere grazie alla sua esperienza nella Banca d'Inghilterra, e il Canada stanno diventando il proxy attraverso cui la City di Londra e Bruxelles possono avere un canale indiretto attraverso cui tornare ad accedere facilmente ai dollari, influenzare la politica monetaria della FED, avere un surrogato del LIBOR e finanziare le loro cattedrali nel deserto.

Gli USA non possono essere emendati da eventuali colpe per aver alimentato le mire espansionistiche inglesi, ciononostante sono questi ultimi coloro che hanno sempre avuto (dal punto di vista storico) il dente avvelenato contro la Russia e hanno impedito che essa avviasse una partnership con gli USA stessi. Ora gli inglesi possono finalmente essere tagliati fuori sia geopoliticamente che commercialmente, visto che il Mediterraneo perderà man mano la sua importanza a vantaggio invece del circolo polare artico (soprattutto ora che Suez è ancora inagibile). Chi ha molto da perdere qui è Londra, per tutti i motivi elencati in questa serie. Alla luce di tutto ciò, l'ironia più grande è se fosse la Russia a essere messa a guardia dell'Europa in un futuro non tanto lontano. Ma la cricca di Davos non cederà facilmente le armi e, in base alle ultime notizie provenienti dal Canada, sta creando la sua nuova base d'attacco da quelle parti. Cercheranno di resuscitare il mercato degli eurodollari perché hanno disperatamente bisogno di finanziamenti a buon mercato per tenere in piedi gli Stati sociali ipertrofici e non cadere sotto il peso delle enormi promesse fatte in precedenza. Nel frattempo cercheranno di impostare il campo di gioco per i cosiddetti perpetual bond, già una parziale realtà tra la Savings and Investments Union e le obbligazioni SURE che dovrà finanziare.

E voi, cari lettori, ricordate che la prima linea di difesa individuale è sempre la conoscenza e la consapevolezza per acquisire un vantaggio competitivo.


Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.


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???? Qui il link alla Terza Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2025/03/cio-che-leurodollaro-ha-dato.html


La liberazione incompiuta nella guerra contro le criptovalute

Gio, 20/03/2025 - 11:00

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Aaron Day

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-liberazione-incompiuta-nella-guerra)

Le ultime due settimane sono state a dir poco surreali. Se avete seguito il mio viaggio negli ultimi due anni e mezzo, sapete che ho dedicato la mia intera vita a mettere in guardia contro l'imminente minaccia delle valute digitali delle banche centrali (CBDC) e la crescente repressione dello stato contro le criptovalute. Quando il presidente Trump ha preso tre misure che sono una risposta diretta a tutto ciò per cui ho combattuto (perdonare Ross Ulbricht, vietare qualsiasi ricerca su una CBDC statunitense e annullare l'Ordine esecutivo 14067 di Biden), il mio spirito era al settimo cielo.

Ma sentivo che non tutto era ancora compiuto.

All'inizio, quel senso di incompiutezza, l'ho attribuito al fatto di aver combattuto (e perso) così tante battaglie contro lo stato che lo shock mi aveva scombussolato, o forse era una sorta di stress post-traumatico. Ho vissuto momenti bui, divorzi, anni di guerra legale, e ho imparato che la ripresa spesso implica l'affrontare dure verità, perdonare le persone che ti hanno ferito e poi, cosa più dura di tutte, perdonare te stesso. Alla fine sostituisci la rabbia o la tristezza con l'accettazione e il dolore si attenua, facendoti diventare più saggio.

Tuttavia non è così semplice, o diretto, perché mentre la mossa di Trump di annullare l'Ordine esecutivo 14067 è stata un passo in avanti enorme, la brutale “guerra giudiziaria” scatenata da quell'ordine continua. Decine di aziende e individui nella comunità delle criptovalute stanno morendo dissanguati per le spese legali e le perdite aziendali, e alcuni affrontano persino condanne a pene detentive che ti cambiano la vita. È difficile festeggiare quando ci sono ancora tante persone intrappolate sotto lo stesso meccanismo contro cui stavamo tutti combattendo.

Credo che se le persone, e il presidente Trump, comprendessero veramente la devastazione causata da quella repressione, chiederebbero vera giustizia. Finché ciò non accadrà, non posso permettermi di festeggiare, non finché non verranno liberati coloro ancora intrappolati in una guerra che non avrebbe mai dovuto essere combattuta in primo luogo.


Contesto

Nel 2009 ho visto la mia seconda azienda, una fiorente impresa sanitaria, crollare sotto il peso di linee di politica federali come l'Obamacare, il Dodd-Frank Act e l'eccesso di potere del procuratore generale Eric Holder. Non ero finito nel mirino personalmente; ero solo un ingranaggio in quel meccanismo chiamato “danno collaterale” nell'implacabile espansione del governo federale. Per anni mi è stato detto, “Il pendolo oscilla sempre”, ma non l'ho mai visto tornare indietro. Invece il debito continuava a crescere, il dollaro continuava a perdere valore e le guerre infinite andavano avanti. La delusione più grande è arrivata dai repubblicani che non solo si rifiutarono di abrogare l'Obamacare, ma lo ampliarono tramite il Medicaid.

Disperato per un cambiamento, sono diventato un attivista politico. Ho gestito organizzazioni che reclutavano candidati libertari per le elezioni statali e federali e mi sono persino gettato nella mischia. Nel 2018, però, avevo perso ogni fiducia nella politica, che non sembrava mai rallentare la crescita del governo federale. Quindi ho rivolto lo sguardo a ciò che credevo potesse far pendere la bilancia a favore della libertà individuale: le criptovalute. Da quando ho sentito parlare per la prima volta di Bitcoin nel 2012, ho visto come il denaro decentralizzato potesse minare la tirannia delle banche centrali e alimentare la libertà economica in tutto il mondo. Più lo studiavo, più mi rendevo conto che questa tecnologia poteva eliminare inutili intermediari in tutto, dalle negoziazioni azionarie alle catene di fornitura ai titoli immobiliari.

Dopo l'arrivo del Covid è emerso qualcosa di ancora più oscuro: ho iniziato a notare uno sforzo statale concertato per colpire aziende e individui esattamente all'intersezione tra criptovalute e libertarismo. Molte di queste persone erano amici intimi dei miei tempi in cui presiedevo il Free State Project, o persone che partecipavano a eventi come il Liberty Forum e il Porcfest. Jeremy Kauffman ha creato LBRY (noto anche come Odysee), un'alternativa a YouTube resistente alla censura, solo per essere perseguitato dalla SEC per cinque anni, distruggendo di fatto la sua attività (anche se la tecnologia sopravvive ancora). Ian Freeman e i Crypto Six sono rimasti intrappolati in una vasta operazione governativa per aver gestito bancomat Bitcoin, cosa che ha coinvolto talpe e trappoloni da parte di più agenzie governative.

Allarmato, ho iniziato a scavare. Non sono cieco di fronte ai cattivi attori nel mondo delle criptovalute, ma queste erano persone che promuovevano piattaforme di libertà di parola e interazioni economiche pacifiche, non menti criminali. Alla fine ho scoperto l'Ordine esecutivo 14067 di Biden, firmato il 9 marzo 2022. Il suo duplice scopo era inequivocabile: accelerare l'adozione di una CBDC statunitense e lanciare un assalto governativo totale alle criptovalute. Con la brutale repressione in pieno svolgimento, e altri Paesi che correvano per introdurre le CBDC, sapevo che dovevo suonare l'allarme. Ho scritto un libro, The Final Countdown: Crypto, Gold, Silver, and the People’s Last Stand Against CBDC Tyranny, esponendo tutto. Ho anche partecipato alle primarie presidenziali repubblicane sperando di poter usare la piattaforma per informare il pubblico e gli altri candidati.

Ho incontrato per la prima volta Vivek Ramaswamy durante la campagna elettorale nel New Hampshire e gli ho consegnato una copia del mio libro. Con mio grande stupore, non solo l'ha letto, ma nei mesi successivi ne abbiamo approfondito il contenuto in più occasioni, in conversazioni approfondite. Poiché la mia unica missione nella corsa alla presidenza era quella di mettere in luce la minaccia incombente delle CBDC, e poiché Vivek sembrava “capirlo” meglio di chiunque altro, ho proposto di ritirarmi e di sostenerlo, a una condizione: avrebbe dovuto firmare il mio impegno anti-CBDC.

Dovete capire che il New Hampshire è speciale. Sede del Free State Project, vanta una comunità libertaria enorme e unita. In una precedente corsa presidenziale statale, avevo ottenuto quasi 18.000 voti. Il mio sostegno aveva un po' di peso in quella che si stava delineando come una primaria sul filo del rasoio, e di fondamentale importanza. Sebbene Vivek abbia concluso la sua campagna prima che potessimo finalizzare l'impegno e il sostegno, ha esortato Trump a denunciare le CBDC proprio prima del voto nel New Hampshire. Quella mossa sottolinea quanto fosse forte l'influenza del movimento libertario qui nel Granite State. Sono grato a Vivek per questo, poiché Trump ha esplicitamente riconosciuto a Vivek il merito di averlo informato su questa importante questione.

4 luglio 2023: con mia grande sorpresa Vivek aveva effettivamente letto il mio libro e ne avevamo discusso.

Trump ha annunciato di essere contrario alle CBDC nel New Hampshire poco prima delle primarie

Dopo che mi sono ritirato dalla corsa alle presidenziali, abbiamo intrapreso un tour nazionale (e alla fine globale) per mettere in guardia le persone sui pericoli incombenti delle CBDC e per dimostrare come prosperare utilizzando valute alternative come oro, argento e criptovalute basate sulla privacy (Zano, Monero, ecc.). Personalmente non ho più avuto un conto in banca dal 2019, un atto di resistenza individuale contro il crescente stato di sorveglianza. Per me il modo migliore per fermare la tecnocrazia è usare denaro privato, non controllato dallo stato.

Non possiamo permetterci di essere compiacenti. Ciò che potrebbe sembrare una vittoria potrebbe non essere altro che un gioco di prestigio semantico. Ecco perché voglio approfondire il vero impatto dell'Ordine esecutivo 14067 di Biden, ora revocato, e di come abbia scatenato un'ondata di “giustizialismo” che sta ancora rovinando vite e perché cancellarlo non ha ancora fatto scomparire quelle ripercussioni.

Questa battaglia per la libertà finanziaria ha trovato un alleato inaspettato nel Presidente Trump, il quale comprende in prima persona la strumentalizzazione del potere governativo.


La guerra di Trump contro il controllo digitale dello Stato profondo

La guerra dello Stato Profondo contro la libertà finanziaria

Quando Donald Trump ha graziato Ross Ulbricht e revocato l'Ordine esecutivo 14067 di Biden, non è stata solo un'altra decisione politica, bensì personale. Trump sa in prima persona cosa significa essere presi di mira da agenzie federali trasformate in armi. Proprio come il Dipartimento di Giustizia, l'FBI e i procuratori statali lo hanno perseguitato senza sosta con incriminazioni e giustizialismo, queste stesse agenzie durante l'amministrazione di Biden hanno mosso guerra agli innovatori nel mondo delle criptovalute e ai sostenitori della libertà.

I parallelismi sono sorprendenti. Mentre Trump ha affrontato procedimenti giudiziari motivati ​​politicamente a New York, Georgia e DC, i pionieri delle criptovalute come Roger Ver affrontano accuse fiscali retroattive progettate per metterli a tacere. Mentre gli avvocati di Trump vengono perquisiti e le comunicazioni private sequestrate, la comunità delle criptovalute osserva i propri team legali affrontare intrusioni simili. È lo stesso copione, schierato contro diverse minacce al potere istituzionale.


La posizione di Trump contro la tirannia digitale

Trump ha capito che la repressione di Biden riversata sul mondo delle criptovalute non riguardava la protezione degli investitori, ma il controllo. Proprio come i nemici di Trump hanno cercato di metterlo a tacere tramite divieti sui social media e restrizioni bancarie, l'Ordine esecutivo 14067 di Biden mirava a eliminare la libertà finanziaria:

• Strumentalizzando la SEC contro progetti innovativi nel mondo delle criptovalute;

• Usando l'IRS per terrorizzare i sostenitori delle criptovalute

• Impiegando il Dipartimento di Giustizia per criminalizzare gli strumenti di privacy;

• Sfruttando la FDIC per operare un debanking nei confronti delle aziende di criptovalute.


Il bersaglio: l'innovazione americana

L'amministrazione Biden non ha solo attaccato le criptovalute, ma ha preso di mira anche il vantaggio competitivo dell'America. Mentre la Cina corre avanti con il suo yuan digitale, la repressione delle criptovalute di Biden ha paralizzato l'innovazione statunitense. Trump capisce che la leadership americana nell'era digitale richiede di abbracciare, non di schiacciare, le nuove tecnologie che migliorano la libertà.


La strada da seguire

Le azioni di Trump segnalano una rottura decisiva con l'agenda di controllo digitale dello Stato profondo:

• Perdonare Ross Ulbricht: significa aver riconosciuto la natura motivata politicamente delle azioni penali sulle criptovalute;

• Vietare le CBDC: significa aver riconosciuto la necessità di proteggere gli americani dalla sorveglianza sotto forma monetaria;

• Annullare l'Ordine esecutivo 14067: significa aver posto fine alla guerra all'innovazione delle criptovalute.

Ma la lotta non è finita. Decine di pionieri delle criptovalute devono ancora affrontare accuse motivate politicamente. Proprio come Trump combatte per prosciugare la palude, questi innovatori hanno bisogno di protezione dalle agenzie governative strumentalizzate.


Un invito all'azione

Trump può consolidare la sua eredità di paladino della libertà finanziaria:

• Ordinando la revisione immediata di tutti i casi avviati ai sensi dell'Ordine esecutivo 14067;

• Ordinando alle agenzie governative di abbandonare le azioni penali motivate politicamente;

• Istituendo normative chiare e pro-innovazione sulle criptovalute;

• Proteggendo i diritti alla privacy nella finanza digitale.

La posta in gioco non potrebbe essere più alta. Come ha detto Trump: “Non vogliono me, vogliono voi: e io mi frappongo nel mezzo”. Lo stesso vale per i pionieri delle criptovalute. Lo Stato profondo non sta solo attaccando loro, sta attaccando il diritto di ogni americano alla libertà finanziaria.

Per comprendere la portata completa di questo assalto alla libertà finanziaria, dobbiamo esaminare esattamente come l'Ordine esecutivo 14067 di Biden abbia scatenato un'ondata senza precedenti di conformità coordinata.


Ordine esecutivo 14067, Parte 1: Esplorazione di una CBDC

Avevo sentito voci sulle valute digitali delle banche centrali (CBDC) per anni, un dollaro digitale che un giorno avrebbe potuto alimentare il reddito di cittadinanza o essere legato ai punteggi di credito sociale. Ma non mi ero mai reso conto di quanto velocemente questi piani stessero avanzando in tutto il mondo. Nel 2020 circa 35 Paesi stavano studiando le CBDC (con la sola Cina che ne stava sperimentando una). Nel 2022 oltre 100 Paesi si erano uniti alla corsa. E oggi? Ben 134 nazioni, che rappresentano il 98% del PIL globale, hanno in corso iniziative CBDC. Quasi la metà è andata oltre la semplice ricerca e almeno 11 sono già state inaugurate.

Negli ultimi due anni mi sono immerso in questo argomento, scavando nei progetti globali e osservando attentamente cosa stesse succedendo negli Stati Uniti. È stato allora che ho scoperto che gli Stati Uniti avevano testato almeno tre progetti pilota CBDC dal 2019 e che il nostro dollaro era già altamente digitale, il che significa che poteva essere monitorato, programmato e censurato. Più scoprivo, più diventava ovvio: le CBDC sono la rampa di accesso alla tirannia digitale.

Non si tratta solo di Stati Uniti contro Cina, o Occidente contro BRICS. È una battaglia per il libero arbitrio. Stiamo affrontando un programma di lunga data per una moneta digitale globale unica (potenzialmente basata sul credito energetico), abbinata a un sistema di credito sociale che ricorda l'Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Date agli stati il potere di tracciare, programmare e censurare il denaro e non passerà molto tempo prima che spuntino fuori i punteggi di credito sociale e ID digitali. Una volta che ciò accadrà, la libertà sarà un ricordo del passato.

Poi è arrivato l'Ordine esecutivo di Biden. All'improvviso tutto ha avuto senso:

Il vero obiettivo dietro l'Ordine esecutivo di Biden era quello di schiacciare qualsiasi progetto di ispirazione libertaria, quelli che minacciavano direttamente una valuta digitale completamente programmabile, tracciabile e censurabile. Dopotutto se le persone non hanno alternative, saranno costrette ad accettare la tirannia totale di una CBDC. Eliminate la concorrenza e potrete lanciare una valuta digitale senza alcuna resistenza.

Questo è esattamente il motivo per cui le persone e le organizzazioni incentrate sulla libertà sono finite nel mirino. Nessuno sceglierebbe volontariamente una valuta digitale controllata a livello federale se esistessero delle alternative, quindi la via più rapida per l'adozione di massa è garantire che tali alternative non vedano mai la luce del giorno.

 

Ordine esecutivo 14067, Parte 2: Un approccio statale a tutto tondo alla regolamentazione degli asset digitali

Non potrò mai sottolineare abbastanza quanto sia stato spietato l'assalto dell'amministrazione Biden all'industria delle criptovalute. Non si è trattato di un insieme sparso di azioni di coercizione, ma di un attacco coordinato, dall'alto verso il basso. Quando dico “tutto il governo”, intendo che quasi ogni branca federale si è schierata contro le criptovalute, tutto in una volta. Lasciate che vi mostri esattamente come si è svolto.

Biden ha trasformato il governo federale in un'arma per schiacciare l'industria delle criptovalute. Nell'immagine qui sopra, ho evidenziato solo sei delle agenzie coinvolte.

  1. La Securities and Exchange Commission: da quando la SEC ha iniziato a prendere di mira le società di criptovalute nel 2013, ha avviato 173 azioni di coercizione contro aziende e individui. Il 63% di tali azioni è avvenuto solo nei due anni successivi all'ordine esecutivo di Biden. Mentre la SEC afferma che i suoi obiettivi primari sono proteggere gli investitori da frodi e manipolazioni di mercato, e promuovere mercati ordinati, le sue azioni legate alle criptovalute hanno spesso soffocato l'innovazione, in particolare tra i progetti orientati al libertarismo che sfidano la spinta per le valute digitali delle banche centrali (CBDC). Un problema importante è la tendenza della SEC a etichettare molti token come titoli illegali senza fornire un quadro chiaro affinché questi progetti diventino conformi. In realtà, una grande quota di questi token sono “utility token”, non “token di investimento”. Gli utility token funzionano più come i token arcade: li acquistate per accedere o utilizzare un prodotto o un servizio. Il loro valore deriva da quanto sono utili all'interno di una determinata piattaforma, pensate ai crediti su un sito Web o a una valuta di gioco in un videogioco. Per natura non sono progettati per generare profitti basati sugli sforzi di qualcun altro, che di solito è il segno distintivo di un titolo. I token di investimento, invece, vengono acquistati con l'aspettativa di guadagnare un profitto se l'impresa sottostante ha successo, in modo simile all'acquisto di azioni in una società o alla partecipazione ai suoi ricavi. In base alla legge tradizionale sui titoli, gli utility token non rientrerebbero normalmente nella competenza della SEC. Tuttavia essa ha ampliato le sue definizioni per includere molti di questi progetti nel suo ombrello di applicazione, prendendo di mira in particolare quelli con tecnologie mature e funzionali. Io sosterrei la legalizzazione totale dei token di investimento. Potrebbero rivoluzionare i mercati dei capitali offrendo ai piccoli investitori nuove vie per finanziare le startup e agli imprenditori nuovi modi per accedere al capitale. Tuttavia, dopo oltre due decenni di navigazione tra raccolta fondi, capitale di rischio e investment banking, sono convinto che la SEC sia più interessata a mantenere lo status quo che a salvaguardare veramente gli investitori. Questo, tuttavia, è un argomento per un altro giorno.

  2. Il Dipartimento di Giustizia: esso si è concentrato sulle risorse digitali incentrate sulla privacy, perseguitando gli sviluppatori che le hanno create. Nell'agosto 2023 Roman Storm, co-fondatore di Tornado Cash, è stato arrestato per aver creato un software che “mescola” le transazioni per mantenerle private, trovandosi ad affrontare accuse di riciclaggio di denaro e “trasmissione di denaro senza licenza” che avrebbero potuto fargli “guadagnare” 45 anni di prigione. Poi, nell'aprile 2024, i fondatori di Samourai Wallet, Keonne Rodriguez e William Lonergan Hill, sono stati accusati allo stesso modo di trasmissione di denaro senza licenza per aver codificato un'app che protegge l'identità degli utenti, correndo il rischio di farsi 20 anni di prigione. Un altro sviluppatore di Tornado Cash, Alexey Pertsev, è stato arrestato nei Paesi Bassi nel 2022 per motivi simili, rischiando anche lui una condanna a 20 anni. Ciò che tutti questi sviluppatori hanno in comune è che hanno scritto software per la privacy, non servizi finanziari tradizionali. Eppure il Dipartimento di Giustizia sta trattando il codice informatico, destinato a proteggere l'anonimato degli utenti, come se fosse una vera e propria impresa criminale. Ciò espone un netto conflitto: la spinta per la privacy finanziaria nelle criptovalute si scontra con la spinta dello stato per la massima sorveglianza. E con le valute digitali delle banche centrali (CBDC) all'orizzonte, valute progettate per la completa trasparenza delle transazioni, la battaglia sul fatto che la privacy rimanga un diritto, o diventi un crimine, si sta solo intensificando.

  3. L'IRS: dal 2022 ha intensificato la sua repressione delle criptovalute, introducendo nuove regole che obbligano i broker di asset digitali a presentare il modulo 1099-DA per le transazioni, in sostanza mettendo in luce ogni mossa che fate nell'ecosistema delle criptovalute. Il caso di Roger Ver è un ottimo esempio. Ver è accusato di aver evaso quasi $50 milioni in tasse, un'accusa grave e fasulla che esploreremo più in dettaglio in seguito. Prendendo di mira uno dei più influenti sostenitori del denaro peer-to-peer, l'IRS non mira solo ad abbattere un oppositore delle CBDC; sta anche creando un pericoloso precedente che potrebbe tornare indietro retroattivamente e in avanti indefinitamente, espandendo la presa dell'agenzia sugli utenti di criptovalute ovunque. Questa spinta è sostenuta da un'infusione di $80 miliardi nell'IRS, la quale ha assunto oltre 87.000 nuovi agenti, molti dei quali ora concentrati sulle criptovalute, lavorando in tandem con i principali exchange per tracciare le transazioni. Il risultato? Un sistema di controllo fiscale rafforzato e armato che dovrebbe far suonare campanelli d'allarme ovunque e per chiunque.

  4. La FDIC: dal 2022 è stata al centro di una tempesta che molti chiamano Operation ChokePoint 2.0, uno sforzo dietro le quinte per impedire alle attività legate alle criptovalute di usufruire dei servizi bancari. Questa spinta includeva la chiusura forzata di Signature Bank e Silvergate Bank, due importanti istituzioni favorevoli alle criptovalute, che a loro volta hanno spianato la strada al sistema FedNow della Federal Reserve. La FDIC ha anche impedito a Custodia Bank di ottenere un conto master, marginalizzando un modello pro-crypto dal sistema bancario tradizionale. In una recente intervista al podcast di Joe Rogan, Marc Andreessen ha rivelato che gli amministratori delegati nel settore tecnologico che lavorano nel mondo delle criptovalute per anni sono stati silenziosamente esclusi dal sistema bancario. Tale epidemia non è limitata alle criptovalute; il presidente Trump ha di recente preso di mira Bank of America come bersaglio politico, dato che personaggi di alto profilo, come Melania Trump, Barron Trump, Joseph Mercola, Kayne West, Eric Prince e Catturd (da X) hanno tutti dovuto affrontare la chiusura dei loro conti. Questa ondata di misure di controllo è diventata un altro artefatto della posizione aggressiva dello stato, evidenziando un inquietante schema di strumentalizzazione delle istituzioni finanziarie contro minacce sia ideologiche che tecnologiche.

  5. Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti: dal 2022 ha scatenato un livello di forza normativa sul settore delle criptovalute senza precedenti, culminando in un accordo da record da $4,3 miliardi con Binance per presunte violazioni antiriciclaggio e sanzioni. Questa sanzione senza precedenti, la più grande di sempre, ha inviato un messaggio forte e chiaro: le criptovalute sono un pericolo per il controllo finanziario tradizionale e lo stato era pronto a smantellarle. Prendendo di mira un peso massimo come Binance, il Dipartimento del Tesoro non ha solo punito un trasgressore delle regole; voleva spianare la strada alle CBDC. In un regime del genere, le nozioni di privacy, decentralizzazione e autonomia personale rischiano di essere spazzate via sotto la bandiera “sicurezza e regolamentazione”. In altre parole il Dipartimento del Tesoro aveva trasformato la sua autorità in un'arma per inaugurare un'era di sorveglianza finanziaria e controllo statale.

  6. La Commodities Futures Trading Commission (CFTC): dal 2022 ha aumentato la sua attenzione sullo spazio delle criptovalute, con circa il 60% delle sue azioni di controllo mirate alle criptovalute. Una parte significativa di queste azioni è stata rivolta alle piattaforme di finanza decentralizzata (DeFi). Per comprendere la DeFi, immaginate un mercato digitale gestito da programmi informatici auto-eseguibili, chiamati “smart contract”, i quali facilitano prestiti e scambi di asset senza il bisogno di una banca tradizionale o di un intermediario finanziario per supervisionare la transazione. Questo approccio è in netto contrasto con la finanza convenzionale, in cui grandi istituzioni o enti normativi fungono da gatekeeper, e pone una sfida direttamente all'idea delle valute digitali delle banche centrali (CBDC). Invece di avere un'autorità centrale che controlla la creazione e il flusso della valuta, la DeFi incentiva la creazione di asset finanziari peer-to-peer regolati da codice informatico. Per questo motivo la mossa della CFTC contro la DeFi, vista in casi come Ooki DAO, era progettatata a frenare questo settore in espansione applicando le regole finanziarie esistenti che presuppongono un'autorità centralizzata. Allo stesso tempo, limitando l'ascesa della DeFi, i regolatori volevano spianare la strada alle CBDC, che si affidano alla supervisione centralizzata per gestire la politica monetaria e monitorare l'attività finanziaria.


Il costo umano della repressione delle criptovalute da parte dell'amministrazione Biden

Dietro queste azioni ci sono persone reali le cui vite sono state distrutte dall'assalto coordinato del governo federale. Mentre la SEC ha decantato le statistiche di applicazione e il Dipartimento del Tesoro ha celebrato multe record, intere famiglie sono state distrutte, i risparmi di una vita vaporizzati e decenni di lavoro innovativo distrutti. Ogni caso di seguito non rappresenta solo una tragedia individuale, ma un avvertimento per chiunque osi sfidare il controllo statale sul denaro. Questi non sono solo fascicoli di casi, sono storie di americani che hanno rispettato la legge, cercato consulenza legale, creato attività legittime e si sono comunque ritrovati nel mirino dello stato.

  1. Roger Ver: “Ho iniziato immediatamente a sensibilizzare sul caso di Roger nel momento in cui è stato arrestato in Spagna l'anno scorso. Perché? Perché in base al successo senza precedenti di Roger nella diffusione del denaro digitale peer-to-peer come alternativa alle banche centrali negli ultimi 15 anni, egli è il nemico numero 1 per coloro che spingono le CBDC e il principale obiettivo dell'Ordine esecutivo 14067”. Sebbene il caso di Roger Ver tecnicamente precedesse l'Ordine esecutivo 14067, la decisione finale di convocare una giuria popolare e incriminarlo non è stata presa prima del 2024, ma dopo che suddetta legge ha fornito il quadro per colpire in modo aggressivo coloro che promuovevano alternative al denaro controllato dallo stato. Non si è mai trattato di tasse; si trattava di eliminare uno dei sostenitori più efficaci del denaro digitale decentralizzato. Ver ha trascorso gli ultimi 15 anni a promuovere instancabilmente il denaro digitale peer-to-peer, investendo e promuovendo Bitcoin e in seguito Bitcoin Cash affinché si potesse creare un mondo in cui gli individui, non gli stati, controllassero i propri destini finanziari. I suoi sforzi non riguardavano solo l'innovazione nel mondo delle criptovalute; erano una sfida diretta a un sistema che si basa sul controllo per finanziare guerre, imporre la coercizione economica e mantenere il potere. Dall'adozione pionieristica di Bitcoin nel commercio al finanziamento di iniziative globali che hanno ampliato la libertà finanziaria, Ver è stato in prima linea in ogni importante sviluppo della finanza decentralizzata. È proprio a causa di questo impatto che è diventato il bersaglio principale dell'Ordine esecutivo 14067, uno strumento progettato per spianare la strada al lancio di una CBDC, schiacciando qualsiasi seria opposizione. Ma l'attacco a Ver è più di un semplice assalto alle criptovalute: il governo federale non lo ha solo accusato di reati fiscali; ha cancellato uno dei principi fondamentali della giustizia violando il privilegio tra avvocato e cliente. I pubblici ministeri hanno fatto irruzione nel team legale di Ver, sequestrato comunicazioni private e distorto i suoi meticolosi sforzi per conformarsi alle leggi fiscali. Questa mossa stabilisce un precedente terrificante: anche quando gli individui seguono alla lettera i consigli legali, possono comunque essere perseguiti se sono considerati una minaccia politica. Ancora più pericolosa è la capacità dell'IRS di riscrivere retroattivamente la cronologia finanziaria per scopi politici. Quando Ver è espatriato, Bitcoin era un asset non classificato senza chiare linee guida fiscali. Per garantire la conformità, assunse alcuni dei migliori avvocati fiscali, contabili ed ex-procuratori federali. Eppure, anni dopo, il governo federale ha reinterpretato arbitrariamente la politica fiscale, trasformando le sue azioni un tempo legittime in un crimine. Questa è un'azione penale selettiva nella sua forma più sfacciata, un avvertimento a qualsiasi innovatore o imprenditore che nessuna diligenza legale li proteggerà se si oppongono all'agenda dello stato. La sua incriminazione ai sensi delle politiche post-Ordine esecutivo 14067 segnala un pericoloso precedente: l'uso dell'IRS come arma politica per mettere a tacere il dissenso e criminalizzare coloro che sfidano lo status quo. Prendendo di mira Ver, il governo degli Stati Uniti ha inviato un messaggio agghiacciante: l'adozione di nuove tecnologie finanziarie al di fuori del controllo statale incontrerà gravi ritorsioni. Se questa azione penale regge, consoliderà un'era in cui la conformità non è più una questione di legge ma di favore politico e coloro che sfidano l'egemonia monetaria affronteranno l'annientamento legale. Questo caso non riguarda solo Roger Ver, riguarda il futuro della libertà finanziaria. Se sono riusciti a fare questo all'uomo che più ha sponsorizzato il denaro elettronico peer-to-peer, possono farlo a chiunque. Esiste un breve documentario che espone il calvario di Roger. Tracciando parallelismi con i destini di Julian Assange e John McAfee, presenta resoconti di prima mano, sconvolgenti eccessi e un duro avvertimento per chiunque tenga alla libertà finanziaria. Potete leggere il mio articolo più approfondito sul tema, Why Roger Ver Deserves a Presidential Pardon, e potete rimanere aggiornati sul caso firmando una petizione a sostegno di Roger su freerogernow.org.

  2. Ian Freeman: l'uomo che ha introdotto Roger Ver a Bitcoin nel 2010, è stato arrestato il 16 marzo 2021, mesi prima che l'Ordine esecutivo 14067 di Biden fosse anche solo un luccichio negli occhi di Washington. Eppure, dopo la sua approvazione, le agenzie federali hanno raddoppiato i loro sforzi per farlo tacere, portando a una condanna a otto anni di carcere il 2 ottobre 2023. Mia moglie e io eravamo in tribunale quel giorno, e ciò a cui abbiamo assistito è stato un tentativo, politico, a tutto campo di abbattere una figura chiave sia nel mondo delle criptovalute che nel movimento per la libertà. Ian e il suo socio in affari, Mark Edge, sono co-conduttori di Free Talk Live, un programma radiofonico trasmesso a livello nazionale che è stato una delle voci più influenti nella promozione della libertà personale. Si stima che fino al 10% dei partecipanti al Free State Project abbiano scoperto per la prima volta la comunità libertaria del New Hampshire grazie a quel programma; infatti parlare direttamente con Ian e Mark ha avuto un ruolo importante nella mia decisione di trasferirmi nel Granite State. Chiaramente il governo federale non stava solo inseguendo l'ennesimo appassionato di criptovalute, stava prendendo di mira un intero movimento che ha innescato un cambiamento nel mondo reale. Il reportage investigativo di Jacob Hornberger espone come il Dipartimento di Giustizia abbia utilizzato un agente dell'IRS sotto copertura, che si spacciava per un concessionario di automobili, per attirare Ian in uno scenario di “spaccio di droga” inventato, uno schema che Ian alla fine ha rifiutato. Ma il Dipartimento di Giustizia ha comunque trasformato tutto in accuse penali. Al momento della sentenza i pubblici ministeri sono andati oltre, facendo sfilare davanti al giudice vittime di truffe sentimentali per insinuare che Ian le aveva ingannate, nonostante non ci fossero accuse o condanne del genere. Questa narrazione era così fuori dal mondo che l'ufficio di libertà vigilata inizialmente si è rifiutato di designare questi individui come “vittime” idonee al risarcimento. È ovvio che il suo caso non aveva niente a che fare con la giustizia; si trattava di mettere a tacere un sostenitore del denaro decentralizzato e della libertà. L'appello di Ian è fissato per il 5 febbraio 2025 presso la Corte d'appello di Boston. Se vi interessa resistere all'eccesso federale e difendere il diritto alla libertà finanziaria e personale, scoprite come sostenere il caso di Ian su www.freeiannow.org.

  3. Joe Roets: Dragonchain, spesso definita “la blockchain americana”, aveva a capo Joe Roets, paladino della libertà individuale in un panorama finanziario che gravita verso la centralizzazione. Offrendo una blockchain completamente operativa e alimentata da un utility token (DRGN), anziché da una moneta speculativa, Dragonchain voleva offrire un'alternativa alle CBDC. Il suo approccio trasparente, l'attenzione alla privacy e l'architettura supportata da brevetti rappresentavano una sfida diretta al controllo centralizzato, portando molti a credere che la causa della SEC, che rivendicava offerte di titoli non registrati, fosse alimentata più dal desiderio di sopprimere una tecnologia concorrente che dalla protezione degli investitori. Poiché Dragonchain aveva prodotti e clienti reali prima di introdurre DRGN, funzionava più come uno strumento che come un meccanismo di raccolta fondi, sottolineando ulteriormente la sua legittimità. I sostenitori affermano che l'impegno di Dragonchain per la libertà personale e la decentralizzazione, attributi chiave che minacciano una CBDC, l'hanno reso un obiettivo primario ai sensi dell'Ordine esecutivo 14067. Se volete mostrare il vostro sostegno, prendete in considerazione la possibilità di firmare questa lettera aperta di supporto.

  4. Steven Nerayoff: molto prima che l'Ordine esecutivo 14067 accendesse la miccia su quella che molti vedono come una spinta verso le CBDC, il governo federale stava già stringendo le sue maglie attorno ai sostenitori delle criptovalute e della libertà. Nella mia intervista dell'anno scorso con Steven Nerayoff ho condiviso il suo straziante resoconto di un raid dell'FBI nella sua casa, descrivendo in dettaglio una scena sconvolgente più adatta a un film thriller che a un arresto di routine. Nerayoff ha insistito sul fatto che il caso di estorsione risultante è stato fabbricato ad arte per costringerlo a incriminare altre persone come Roger Ver, Patrick Byrne, Bruce Fenton e Naomi Brockwell. In risposta Nerayoff ha intentato una causa da $9,6 miliardi contro il governo federale, con il famoso avvocato Alan Dershowitz tra coloro che lo rappresentano. Nerayoff sostiene che la sua ordalia è stata tutt'altro che un incidente isolato, suggerendo invece che riflette un'escalation sistemica di “giustizialismo” precedente all'Ordine esecutivo 14067, che il governo federale ha sfruttato per accelerare il controllo sugli asset digitali e spianare la strada alle CBDC, stritolando l'ethos di libertà che l'ecosistema delle criptovalute era stato progettato per proteggere.


Trump dovrebbe porre fine immediatamente alla guerra nei tribunali

Dal punto di vista di Roger, Ian, Joe, Steven e migliaia di altri che sono stati colpiti dall'applicazione dell'Ordine esecutivo, i suoi effetti sono ancora in vigore.

Apprezzo il fatto che Trump sia impegnato e abbia molte priorità; tuttavia lui, più di chiunque altro, può comprendere il prezzo che il giustizialismo ha sulla vita di una persona. Ha affermato che vuole che gli Stati Uniti siano leader mondiali sia nell'intelligenza artificiale che nelle criptovalute. Ha anche affermato che vuole rendere di nuovo grande l'America e inaugurare un'età dell'oro. Dopo aver concesso la grazia a Ross Ulbricht e aver annullato l'Ordine esecutivo 14067, so che dovrei dargli il beneficio del dubbio. Tuttavia non possiamo davvero essere leader nel mondo delle criptovalute se i pionieri, sui cui sforzi è stato costruito l'intero ecosistema, rimangono vittime del giustizialismo della precedente amministrazione Biden.

Presidente Trump, nello spirito delle sue coraggiose grazie per gli imputati del 6 gennaio, dovrebbe ordinare immediatamente ai suoi incaricati presso la SEC, la CFTC e il Dipartimento di giustizia di abbandonare tutte le azioni esecutive nell'Ordine esecutivo 14067 di Biden. Ciò include, ma non è limitato solo a loro, i casi contro Roger Ver (evasione fiscale), Ian Freeman (scambio di bitcoin senza licenza) e Joe Roets di Dragonchain (titoli non registrati). Queste azioni sono state intensificate sotto un Ordine esecutivo progettato per promuovere una CBDC, un programma che ha respinto, e per eliminare le criptovalute decentralizzate e incentrate sulla libertà.

Naturalmente se viene scoperta una vera attività criminale, sarà un giusto processo ad accertarlo. Fino ad allora, una presunzione di innocenza dovrebbe sostituire l'atmosfera di “colpevole fino a prova contraria” che ha preso piede sotto l'approccio ostile dell'amministrazione Biden. Intraprendere questo passo placherebbe la percezione che l'apparato giudiziario americano venga trasformato in un'arma per spianare la strada a una CBDC. Sarebbe anche in linea con la sua visione più ampia di un mercato fiorente, in cui innovazione e libertà personale, non l'eccesso di potere del governo federale, dettano il ritmo per il futuro finanziario americano.


Perché ancora non posso festeggiare

Mettetevi nei panni di Roger Ver per un momento. Ogni mattina si sveglia da solo in un Paese straniero in cui non parla la lingua. Non abbraccia i suoi genitori da oltre un decennio. Ogni due giorni deve dimostrare a un'aula di tribunale di non essere fuggito e, nel frattempo, il mondo si entusiasma per una nuova età dell'oro delle criptovalute costruita in parte sulle sue spalle. Vive nel terrore costante che la polizia possa irrompere, portarlo via e rispedirlo negli Stati Uniti, dove lo attende una condanna quasi certa all'ergastolo.

E perché? Ha pagato le tasse, assunto professionisti e messo tutti i puntini sulle “i”. Non si tratta di tasse; è un gioco di potere. Con la repressione dell'amministrazione Biden, Roger è diventato un simbolo, qualcuno che doveva essere neutralizzato affinché le CBDC potessero avanzare senza opposizione.

Quindi come possiamo celebrare una cosiddetta “vittoria” se persone come Roger, e tante altre, rimangono intrappolate in questo incubo giudiziario? La vera chiusura di questo capitolo buio arriverà solo quando potrà camminare libero e ogni caso motivato politicamente contro gli innovatori nel mondo delle criptovalute verrà finalmente abbandonato. Forse allora potrò credere che questa volta sarà davvero diverso. Forse allora decenni di promesse non mantenute, crescente potere statale e il senso strisciante di tradimento perpetuo, anche se brevemente, lasceranno il posto a qualcosa di meglio.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Il cambiamento di narrazione più importante della storia moderna

Mer, 19/03/2025 - 11:03

Un altro cambiamento di narrazione è possibile identificarlo nella gestione delle linee di politica. A tal proposito non bisogna sorprendersi della deriva totalitaria in Romania e, in generale, in Europa. La cricca di Davos per anni ha mascherato il modo di “fare politica con la forza” con la foglia di fico “politica del consenso”. Ora che Trump e i NY Boys hanno chiamato il loro bluff, escono per quello che sono veramente e fanno gli indignati. Non solo, ma incolpano “gli altri” per il fatto che debbano ricorrere a questi mezzi per “difendersi”. Perché ricorrere a questo mezzo così plateale e becero per intromettersi nelle decisioni politiche di uno stato membro? Perché stanno finendo i soldi. La carta di credito dello zio Sam, che usavano indirettamente per fare “moral suasion” in giro per il mondo, è chiusa. Ciò che rimane loro sono i titoli dei giornali e l'influenza sulla stampa (di matrice inglese) per modellare, in modo raffazzonato ormai, l'opinione pubblica. Di conseguenza Musk può permettersi di ridimensionare ometti polacchi o altri che credono ancora di avere una leva sugli USA; la backdoor degli eurodollari è chiusa. Per quanto possano essere annunciati piani “faraonici” di spesa militare, gli USA sono ancora l'economia più forte, più capitalizzata, ricca di energia e hard asset che esista al mondo. In sintesi, hanno collaterale con cui coprire le loro parole. Ciò che invece ha l'UE è solo la facoltà di sventolare il ditino in aria pretendendo di essere ascoltata in base al suo “diritto” di monopsonio. La povertà auto-inflitta, consumando la ricchezza reale interna dei risparmiatori europei e inglesi per rimanere a galla, ha cancellato anche questa percezione.

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di Jeffrey Tucker

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-cambiamento-di-narrazione-piu)

Il cambiamento di narrazione più importante in questo periodo post-lockdown è stato il capovolgimento delle percezioni dello stato stesso. Per decenni, e persino secoli, è stato visto come il baluardo essenziale per difendere i poveri, dare potere agli emarginati, realizzare la giustizia, livellare il campo di gioco nel commercio e garantire i diritti a tutti.

Lo stato è stato il gestore saggio, che ha frenato l'eccesso di entusiasmo populista, smussato l'impatto delle feroci dinamiche di mercato, garantito la sicurezza dei prodotti, smantellato pericolose sacche di accumulo di ricchezza e protetto i diritti delle popolazioni minoritarie. Questa era l'etica e la percezione.

Per secoli la tassazione stessa è stata venduta alla popolazione come il prezzo da pagare per la civiltà, uno slogan inciso nel marmo nella sede centrale dell'IRS di Washington e attribuito a Oliver Wendell Holmes Jr., che lo disse nel 1904, dieci anni prima che l'imposta federale sul reddito diventasse legale negli Stati Uniti.

Questa affermazione non riguardava solo un metodo di finanziamento; era un commento sul merito percepito dell'intero settore pubblico.

Sì, questa visione ha avuto oppositori a destra e a sinistra, ma le loro critiche raramente hanno avuto un impatto duraturo sull'opinione pubblica.

Nel 2020 è successa una cosa strana.

La maggior parte dei governi a tutti i livelli in tutto il mondo si sono rivoltati contro il loro popolo. È stato uno shock perché gli stati non avevano mai tentato prima nulla di così audace. Hanno affermato di esercitare la padronanza su tutto il regno microbico, in tutto il mondo; avrebbero dimostrato la validità di questa missione implausibile con il rilascio di una pozione magica realizzata e distribuita con i loro partner industriali che erano completamente indennizzati da richieste di responsabilità.

Basti dire che la pozione non ha funzionato. Tutti hanno comunque preso il Covid; quasi tutti se lo sono scrollato di dosso. A chi è morto sono state spesso negate le comuni terapie per far posto a un'iniezione che ha fatto registrare il più alto tasso di infortuni e decessi nella storia pubblica. Un fiasco peggiore sarebbe difficile da immaginare al di fuori della narrativa distopica.

A questa grande crociata hanno partecipato tutti i vertici, tra cui i mass media, il mondo accademico, l'industria medica, i sistemi informativi e tutta l'industria scientifica stessa. Dopo tutto la nozione di “salute pubblica” implica uno sforzo di “tutto lo stato” e di “tutta la società”. Infatti la scienza, con il suo alto status guadagnato in molti secoli di successi, ha aperto la strada.

I politici, le persone per cui la popolazione vota e che formano l'unica vera connessione che la gente ha con i sistemi sotto cui vive, hanno seguito il movimento, ma non sembravano essere ai posti di comando. Né i tribunali sembravano avere un ruolo importante. Sono stati chiusi insieme alle piccole attività commerciali, alle scuole e ai luoghi di culto.

Le forze di controllo in ogni nazione risalivano a qualcos'altro che normalmente non consideravamo governo: erano gli amministratori che occupavano agenzie considerate indipendenti dalla consapevolezza o dal controllo della popolazione. Lavoravano a stretto contatto con i loro partner industriali nella tecnologia, nella farmaceutica, nel settore bancario e nella vita aziendale.

La Costituzione non aveva importanza e nemmeno la lunga tradizione di diritti, libertà e legge. La forza lavoro era divisa tra essenziale e non essenziale: le persone essenziali erano la classe dirigente più i lavoratori che la servivano, tutti gli altri erano considerati non essenziali per il funzionamento della società.

Si supponeva che fosse per la nostra salute, che lo stato si prendesse cura di noi, ma questa affermazione ha perso rapidamente credibilità, mentre la salute mentale e fisica precipitavano. La solitudine ha sostituito la comunità, i cari sono stati separati con la forza, gli anziani sono morti da soli con funerali digitali, matrimoni e funzioni religiose sono stati cancellati, le palestre sono state chiuse e poi riaperte solo per chi indossava la mascherina e i vaccinati, le arti sono morte, l'abuso di sostanze stupefacenti è salito alle stelle perché, mentre tutto il resto era chiuso, i negozi di liquori e i negozi di marijuana erano aperti.

Ecco quando le percezioni sono cambiate radicalmente. Lo stato non è ciò che la maggior parte delle persone pensava, è qualcos'altro. Non serve la popolazione, serve i propri interessi. Ed essi sono profondamente intrecciati nel tessuto dell'industria e della società civile. Le agenzie governative vengono catturate e la loro attenzione scorre principalmente verso chi ha le giuste connessioni.

Il conto è stato pagato dalle persone che sono state considerate non essenziali e che sarebbero state compensate con pagamenti diretti sfornati dalla stampante monetaria. Nel giro di un anno ciò è sfociato in un'inflazione che ha ridotto drasticamente il reddito reale durante una crisi economica.

Questo enorme esperimento di pianificazione farmacologica ha finito per capovolgere la narrazione che aveva ampiamente coperto gli affari pubblici per tutta la nostra vita. La terribile realtà è stata trasmessa all'intera popolazione in modi che nessuno aveva mai sperimentato prima. Secoli di filosofia e retorica sono stati fatti a pezzi davanti ai nostri occhi, mentre intere popolazioni si sono ritrovate faccia a faccia con l'impensabile: lo stato era diventato una grande truffa, o addirittura un'impresa criminale, un meccanismo che serviva solo i piani e le istituzioni delle élite.

Generazioni di filosofie ideologiche hanno inseguito conigli immaginari e questo vale per tutti i dibattiti principali sul socialismo e il capitalismo, ma anche per i dibattiti su religione, demografia, cambiamenti climatici e molto altro. Quasi tutti sono stati distratti dal vedere le cose che contano, andando a caccia di cose che in realtà non contano.

Questa presa di coscienza ha travalicato i tipici confini partigiani e ideologici. Coloro che non amavano pensare a questioni di conflitto di classe hanno dovuto affrontare i modi in cui l'intero sistema stava servendo una classe a spese di tutti gli altri. I sostenitori della beneficenza statale hanno dovuto affrontare l'impensabile: il loro vero amore era diventato malevolo. I campioni dell'impresa privata hanno dovuto affrontare i modi in cui le aziende private hanno partecipato e beneficiato dell'intero fiasco. Hanno partecipato tutti i principali partiti politici e i loro sostenitori giornalistici.

Nessuno dei precedenti ideologici è stato confermato nel corso di quegli eventi e tutti sono stati costretti a realizzare che il mondo funzionava in un modo molto diverso da quello che ci era stato detto. La maggior parte dei governi del mondo era controllata da persone che nessuno aveva eletto e queste forze amministrative erano leali non agli elettori ma agli interessi industriali nei media e nell'industria farmaceutica, mentre gli intellettuali di cui ci eravamo a lungo fidati accettavano le affermazioni più folli, condannando il dissenso.

A rendere le cose ancora più confuse, nessuno dei responsabili di questo disastro ha voluto ammettere l'errore o anche solo spiegare il proprio ragionamento. Le questioni scottanti erano e sono così voluminose da essere impossibili da elencare per intero. Negli Stati Uniti, avrebbe dovuto esserci una commissione Covid, ma non è mai stata istituita. Perché? Perché i critici superavano di gran lunga gli apologeti e una commissione pubblica si è rivelata troppo rischiosa.

Troppa verità potrebbe uscire allo scoperto, e poi cosa succederebbe? Dietro la logica della distruzione basata sulla salute pubblica, c'era una mano nascosta: interessi di sicurezza nazionale radicati nell'industria delle armi biologiche che è vissuta a lungo sotto copertura. Questo è probabilmente ciò che spiega lo strano tabù riguardante l'intera trama: chi sa non può dire, mentre il resto di noi che ha fatto ricerche su questo argomento per anni si ritrova con più domande che risposte.

Mentre aspettiamo un resoconto completo di come i diritti e le libertà siano stati schiacciati in tutto il mondo, quello che Javier Milei ha definito un “crimine contro l'umanità”, non si può negare la realtà dei fatti: era certo che ci sarebbe stato un contraccolpo, la cui ferocia non avrebbe fatto che intensificarsi quanto più a lungo è stata ritardata la giustizia.

Per diversi anni il mondo ha atteso le ricadute politiche, economiche, culturali e intellettuali, mentre i responsabili si sono aggrappati alla speranza che l'intera storia sarebbe scomparsa. Dimenticatevi del Covid, continuavano a dirci, ciononostante la portata della calamità non se n'è andata.

Viviamo ancora in mezzo a tutte le conseguenze, con rivelazioni minuto per minuto su dove sono andati a finire i soldi e chi era esattamente coinvolto. Sono stati sprecati miliardi di dollari mentre il tenore di vita delle persone è precipitato, e ora la domanda più scottante è: chi ha preso quei soldi? Le carriere vengono distrutte mentre famosi crociati anti-corporativi come Bernie Sanders si rivelano essere i maggiori beneficiari della generosità farmaceutica del Senato degli Stati Uniti.

La storia di Sanders è solo un dato tra milioni. La notizia del gran numero di racket è come una valanga. I giornali che pensavamo stessero raccontando la vita pubblica si sono rivelati corrotti. I fact-checker lavoravano sempre per il sistema di censura. I censori proteggevano solo sé stessi. Gli ispettori che credevamo stessero tenendo d'occhio la situazione erano sempre coinvolti nel gioco. I tribunali che tenevano d'occhio gli eccessi dello stato li stavano alimentando. Le burocrazie incaricate di far rispettare le leggi erano di per sé delle legislature non controllate e non elette.

Il cambiamento è illustrato dall'USAID, un'agenzia da $50 miliardi che sosteneva di fare lavoro umanitario ma che in realtà era un fondo nero per i cambi di governo, operazioni dello Stato profondo, censura e corruzione delle ONG su una scala mai vista prima. Ora abbiamo i dati. L'intera agenzia, che ha dominato il mondo come un colosso incontrollato per decenni, è destinata alla discarica.

E così via.

E questo non vale solo per gli Stati Uniti: la stessa dinamica sta prendendo forma in tutto il mondo industrializzato.

L'intero sistema di governo, concepito non come un canale democraticamente eletto per la tutela degli interessi dei popoli, ma piuttosto come una rete intricata e non eletta di racket industriale con una classe dirigente al comando, si sta sgretolando sotto i nostri occhi.

Ora ci sono vaste fasce della popolazione mondiale che bruciano di un desiderio ardente di ripulire il settore pubblico, denunciare le truffe industriali, riportare alla luce tutti i segreti tenuti nascosti per decenni, rimettere il potere nelle mani del popolo come l'era liberale aveva promesso molto tempo fa, cercando al contempo giustizia per tutti i torti subiti in questi ultimi cinque anni infernali.

L'operazione Covid è stata un audace tentativo globale di dispiegare tutto il potere dello stato, in tutte le direzioni da e verso cui fluiva, al servizio di un obiettivo mai tentato prima nella storia. Dire che ha fallito è l'eufemismo del secolo. Ciò che ha fatto è stato scatenare fuochi di rabbia in tutto il mondo, e interi sistemi legacy sono in procinto di bruciare.

Quanto è profonda la corruzione? Non ci sono parole per descriverne l'ampiezza e la profondità.

Chi se ne sta pentendo? I media generalisti, l'establishment accademico tradizionale, l'establishment aziendale tradizionale, le agenzie del settore pubblico, tutto il resto, e questo rammarico non conosce confini partigiani o ideologici.

E chi sta esultando o, almeno, applaudendo? I media indipendenti, la cittadinanza di base, i deplorevoli e non essenziali, i saccheggiati e gli oppressi, i lavoratori e i contadini che sono stati costretti a servire le élite per anni, coloro che sono stati emarginati attraverso decenni di esclusione dalla vita pubblica.

Nessuno può sapere con certezza dove andremo a parare – e nessuna rivoluzione o controrivoluzione nella storia è esente da costi o complicazioni – ma una cosa è certa: la vita pubblica non sarà mai più la stessa per le generazioni a venire.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Come Nvidia è diventata l'azienda più redditizia della storia

Mar, 18/03/2025 - 11:10

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Joakim Book

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/come-nvidia-e-diventata-lazienda)

Nvidia è diventata, all'improvviso, l'azienda più redditizia al mondo... o quasi.

Aggiungendo migliaia di miliardi alla sua capitalizzazione di mercato nel giro di pochi mesi nella primavera del 2024, con il prezzo delle sue azioni quasi triplicato quell'anno, da sola ha contribuito per quasi un quarto al rendimento dell'indice S&P500 (oggi Apple è di nuovo al primo posto, ma i prezzi delle azioni cambiano rapidamente).

Ciò non significa che questo rally sia stato un colpo di fortuna: era atteso da tempo.

Tutti noi ragazzi degli anni '90 con una propensione per i videogiochi abbiamo sentito parlare di Nvidia: eccellenti chip grafici per videogiochi di fascia alta e dalle prestazioni elevate. Ma ciò che ha veramente spinto Nvidia da una grande azienda di successo in questa nicchia originale è stata la rivoluzione dell'intelligenza artificiale.

Per la maggior parte di noi il software di deep learning/reti neurali che spesso chiamiamo in modo superficiale intelligenza artificiale è arrivato sulla scena mondiale qualche anno fa. Mentre all'inizio aveva alcune tendenze di un tipico ciclo di Gartner, ora sembra qui per restare, promettendo quasi ogni giorno di rinnovare questo o quel settore. Ciò che è così incredibile nella storia di Nvidia-AI è che l'amministratore delegato di lunga data di Nvidia, Jen-Hsun “Jensen” Huang, l'ha vista arrivare da un miglio di distanza, ben prima che chiunque, tranne gli informatici nerd e gli sviluppatori di motori virtuali per gli scacchi, sapesse cosa fossero le reti neurali.

Tae Kim, giornalista di una certa importanza su Barron's, ha trascorso il 2023 a immergersi nella storia della prodigiosa Nvidia, la quale aveva appena festeggiato 30 anni di attività. Il risultato, il libro The Nvidia Way: Jensen Huang and the Making of a Tech Giant, è un'eccellente impresa giornalistica. Si basa su centinaia di interviste che Kim ha realizzato a un ritmo vertiginoso nei 19 mesi trascorsi da quando l'editore lo ha contattato fino al prodotto finito arrivato sugli scaffali alla fine dell'anno successivo.

Come in un buon romanzo, c'è una serie di personaggi e più abbreviazioni di quante chiunque dovrebbe sopportare (benvenuti nella storia dell'informatica.) La scrittura è fluida; l'autore è riuscito a essere sia riconoscibile che minimamente personale. Non è completamente distaccato dalla voce narrante (Kim fa commenti personali di tanto in tanto), ma i lettori sono per lo più trasformati in una mosca sul muro nei vari uffici di Nvidia.

La storia che Kim intreccia è una di duro lavoro e della personalità eccentrica di Jensen. Come dice il titolo, il “modo di fare” Nvidia è il tentativo di Kim di caratterizzare ciò che la rende diversa dalle altre aziende. Identifica tre componenti: un impegno per l'eccellenza (e un'etica del lavoro piuttosto sorprendente, con settimane lavorative di 70-80 ore e un turnover dei dipendenti da record); pratiche di assunzione in cui Nvidia fa di tutto per attrarre e mantenere le persone migliori; programmi azionari generosi e diffusi, direttamente collegati ai risultati piuttosto che a un vago e generico bonus di fine anno. Incoraggiante per la rinascita della cultura aziendale americana è il fatto che tutte le persone con cui Kim ha parlato “hanno riferito che l'azienda era libera dalle politiche interne e dall'indecisione tipiche delle grandi organizzazioni”.

Molti capitoli si leggono come se fossero saggi lunghi, i primi riguardo la storia di Nvidia a volte si avvicinano a una voce su Wikipedia. Il risultato è qualcosa a metà tra una storia aziendale e un pezzo di propaganda del suo leader. È ovvio che Jensen costituisce una grande porzione del libro di Kim e che il suo peculiare stile di leadership (organizzazione agile, gerarchia piatta, dialogo aperto, comunicazione diretta con centinaia di dipendenti) è stato un fattore cruciale per il successo di Nvidia.

Nvidia è nata dall'esperienza dei co-fondatori Curtis Priem e Chris Malachowsky presso Sun Microsystems nei primi anni '90. In una spiegazione emblematica dell'ethos che sarebbe arrivato a dominare Nvidia, Priem “voleva solo realizzare buoni chip grafici e non aveva alcun interesse nelle lotte intestine aziendali”. Sia Priem che Malachowsky, entrambi in Sun da alcuni anni, diedero le dimissioni per protesta contro quello che consideravano l'approccio tecnico sbagliato alla creazione della grafica computazionale per una workstation.

La coppia raccolse un progetto scartato del loro ex-datore di lavoro e si rivolsero a Jensen, che nel 1992 gestiva una divisione della società di microchip LSI Logic e con cui la coppia aveva lavorato a un progetto di Sun. Volevano realizzare un chip dimostrativo per Samsung; nel modo tipico della futura leadership di Jensen, quest'ultimo un giorno si fermò e disse: “Perché lo stiamo facendo per loro?”

Tra le pagine che descrivono gli eventi e le personalità che hanno reso grande Nvidia, Kim si sofferma a parlare con il lettore di una meta-conversazione sulle virtù, la fortuna e il duro lavoro: “Per chi è al di fuori dell'azienda, l'ascesa fulminea di Nvidia sembra un miracolo. Quelli al suo interno, invece, la considerano un'evoluzione naturale […] Nvidia non è stata fortunata; è stata in grado di percepire l'ondata di domanda all'orizzonte anni prima e si era preparata per questo preciso momento”.

“La fortuna ha molto a che fare con il successo”, ricorda Jensen, “e la mia fortuna è stata quella di averli incontrati [Chris e Curtis]”.

Anche l'azienda è stata fortunata a superare i costanti problemi di finanziamento dei primi anni; fortunata a riprendersi dal fallimento dei chip NV1 e NV2 e dai problemi di produzione che circondavano RIVA 128: “Nvidia è sopravvissuta a malapena ai suoi primi dieci anni”, scrive Kim e riassumendo la seconda parte del libro. E questo ci porta alla penultima pagina per spiegare i temi che avevo in mente leggendo la maggior parte del libro: “Nello scrivere la storia di Nvidia, sono rimasto colpito dai momenti in cui ha sfiorato il fallimento e la distruzione totale. Se le cose fossero andate solo un po' diversamente in alcuni casi, l'informatica avrebbe preso un'altra strada”.

Se uno dei fondatori avesse deciso di accettare offerte da aziende affermate invece di mettersi in proprio; se il finanziamento non fosse arrivato nell'estate critica del 1993; se la società rivale 3dfx fosse stata più aggressiva nel tentativo di acquisire Nvidia quando quest'ultima era in difficoltà finanziarie, o quando la prevista IPO (e l'iniezione di liquidità) fu ritardata; se il grande ordine per i RIVA 128 non fosse arrivato quando arrivò; ecc.

Come esemplifica il leggendario investitore Benjamin Graham, bisogna impegnarsi per raggiungere una posizione abbastanza buona in cui la fortuna può cambiare il proprio destino. Il successo, sebbene ovvio a posteriori, è delicato e vulnerabile. “In un certo senso”, scrive Kim, “Nvidia stava facendo ciò che aveva sempre fatto: individuare una grande opportunità e correre per immettere i suoi prodotti sul mercato prima che chiunque altro si rendesse conto che il potenziale c'era”.

Ci sono anche interessanti curiosità sparse nel libro, come l'origine del nome dell'azienda (una versione tecnologica della parola latina che sta per invidia) e come i profitti commerciali di ogni era dell'informatica abbiano seguito un principio di Pareto. Da WinTel ad Apple, da Google a Nvidia, gli attori dominanti hanno visto l'80-90% dei profitti del settore accumularsi in quello “che è in grado di sviluppare una piattaforma leader di mercato”. O la storia di Jeff Smith del fondo attivista Starboard Value, che vendette oltre 4 milioni di azioni Nvidia nel 2013 dopo un guadagno netto del 20%, perdendo circa 33.000% in ulteriori guadagni da allora (o il 27.300%, poiché le azioni Nvidia sono scese del 18% rispetto al giorno in cui ho iniziato a scrivere questo pezzo). “Non avremmo mai dovuto uscire da quella posizione”, dice Smith a Kim in un capitolo finale dolorosamente drammatico.

La storia di Nvidia parla di assunzione di rischi e di come un team dedicato, concentrato sulla missione di un'azienda, possa dare vita a imprese straordinarie, soprattutto se supportato da duro lavoro quotidiano.

Per il massimo simbolismo, nel novembre 2024 Nvidia ha sostituito Intel nell'indice Dow Jones, la stessa Intel che è stata un cliente e un rivale stabile di Nvidia, e per i cui prodotti ha realizzato chip alla fine degli anni '90 e all'inizio degli anni 2000. Anche nella tecnologia, il destino, a quanto pare, ha un certo senso dell'ironia.

Kim è orgoglioso di aver portato di corsa questa storia aziendale sugli scaffali, e sorpreso che sia stato scritto così poco su Nvidia (certamente rispetto alla miriade di biografie su Apple/Steve Jobs). Scansionando Amazon per libri nuovi e in uscita, questa non rimarrà una verità tanto a lungo.

Per gran parte della storia dell'informatica moderna, Nvidia è sempre stata lì, alimentando i dispositivi che utilizziamo ogni giorno e sfidando ripetutamente la concorrenza. Questo è ciò che l'ha resa, seppur brevemente, l'azienda più redditizia della storia.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Chi è che sta davvero distruggendo l'Europa? L'UE stessa...

Lun, 17/03/2025 - 11:05

Probabilmente ancora non è chiara una cosa: al di là dei titoli sensazionalistici riguardanti il piano “faraonico” dell'Europa riguardo le spese militari (se lo chiamano RIARMO significa quindi che attualmente gli stati membri europei sono disarmati?), qual è il collateral alla base delle emissioni obbligazionarie? La speranza che verranno acquistate? Qual è il piano preciso? La strategia riguarda ogni Paese o è congiunta? Non esiste. Eppure c'è un'aria di euforia che ormai tutto è risolto e l'UE è risorta. Anzi, i fondi pensione (ma guarda un po' il caso...visto che la demografia li sta falciando, devono ricorrere a rendimenti più alti dagli investimenti per stare al passo con le prestazioni) sono ansiosi di poter acquistare questa paccottiglia. Se prendiamo un proxy qualunque, come la produzione industriale, notiamo che dopo tutta quella vagonata di soldi partoriti dal Next Generation EU le cose sono peggiorate. Con la FED che si fa gli affari propri e i rubinetti fiscali dello zio Sam chiusi su più livelli, così come quelli della BoJ, e presto anche quelli della PBoC che saranno necessari esclusivamente a livello interno, CHI comprerà i nuovi bond SURE europei senza che esistano garanzie credibili? Rimangono solo la BCE e la BoE. Questa storia del riarmo è una gigantesca farsa per nascondere una verità che diventerà sempre più impellente man mano che passerà il tempo, proprio perché le menzogne richiedono un progressivo afflusso di denaro per essere tenute in piedi mentre la verità si vende da sola: l'euro è finito e con esso l'UE. Un altro problema sorvolato dai commentatori con lo scolapasta in testa sono le materie prime. Le spese “faraoniche” immaginate dalla UE devono fare i conti con la scarsità del mondo reale: costruire qualcosa, che siano armi o altro, necessità di input. Se questi vengono usati per creare qualcosa che non è percepito come urgente, toglierà input a quelle industrie che invece soddisfano i bisogni più urgenti degli individui. Il risultato è un aumento dei prezzi. Non solo, ma essendo l'Europa una landa desolata dal punto di vista delle commodity, esse devono essere importate. Che si tratti, quindi, di armi o centrali nucleari, nonché il relativo propellente, le commodity dovranno venire dall'estero. Chi le fornirà? La Russia? Gli USA? La Cina? Tutte queste hanno buone ragioni per tenerle per sé, o farle pagare un occhio della testa. Trump non è un idiota visto che continua a parlare della Groenlandia (oltre alla posizione militare strategica). La notizia recente riguardo la Cina che abbandona le clearing house europee e si apre la propria, sottolinea una realtà scottante: i cinesi vendevano all'Europa perché costituita da una popolazione in media benestante. Questa ricchezza è stata persa sempre più in ostaggio dalla Commissione europea e dalla BCE per le proprie macchinazioni, quindi ne rimane poca per il resto. Ora è la povertà a essere incalzante, come evidenziato dagli Stati sociali ipertrofici. A meno che non si voglia un'inflazione dei prezzi galoppante, dovranno essere sgonfiati a vantaggio delle spese militari. Altrimenti se queste ultime vengono aumentate in concomitanza con quelle degli Stati sociali, dovrà aumentare altresì la tassazione anche. La situazione economica generale, inoltre, è un disastro, dato che le nazioni UE non riescono a resistere in un ambiente in cui i tassi di riferimento sono del 3%. Milei c'ha messo circa un anno per vedere i primi risultati della sua “terapia shock”, aspettatevi lo stesso lasso di tempo per gli USA... giusto in tempo per le elezioni di medio termine. “Short term pain, long term gain”, un concetto che in Europa non sanno nemmeno dove sta per casa. Non solo, ma l'inaffidabilità dell'UE è segnalata anche dal comparto bancario commerciale restio a concedere prestiti, nonostante i commentatori con lo scirocco nella scatola cranica piuttosto che un cervello parlino di “mutui agevolati”. E non scordiamoci un elemento essenziale: il piano della cricca di Davos e degli inglesi è quello di fregare gli obbligazionisti, operando un haircut del debito pubblico. Altrimenti perché non avrebbero remore ad affondare ancor di più nei debiti e fare promesse ancora più ardite e fuori dal mondo?

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di Drieu Godefridi

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/chi-e-che-sta-davvero-distruggendo)

L'idea fondante dell'Unione Europea era quella di costruire, attraverso la prosperità condivisa, una solidarietà e un senso di destino comune tra le nazioni d'Europa. Ecco perché sono state formate tre comunità: l'economia, il carbone e l'acciaio e l'energia nucleare. Fino al 2000 circa, in termini di crescita e innovazione, l'economia europea, anno dopo anno, era alla pari con quella americana.

Di quanto accadeva allora non rimane nulla. Nessuno degli attuali leader dell'UE si preoccupa del benessere finanziario degli europei. Il carbone è considerato il combustibile del diavolo e l'energia nucleare è aborrita dalle élite europee, le quali affermano di preferire le inefficienti e irregolari turbine eoliche. Dal 2000 l'economia europea è impantanata nella stagnazione, che è peggiorata dal 2008 e minaccia di raggiungere il suo apice nei prossimi anni, concludendosi con la distruzione dell'Europa.


Green deal

L'UE è una rete di istituzioni con cui un americano non troverebbe nulla di familiare, quindi diciamo solo che questa rete è dominata da un'istituzione: la Commissione europea. È una specie di “governo” europeo con il monopolio sulle iniziative legislative. Nulla viene votato nell'UE senza il consenso della Commissione.

Essa non nasconde il fatto che la sua priorità assoluta è il cosiddetto Green Deal: trasformare l'Europa in una “società a zero emissioni di anidride carbonica” entro il 2050. Ciò significa raggiungere un equilibrio tra le emissioni di gas serra prodotte e quelle assorbite in modo naturale o tecnologico. Le strategie chiave dell'UE per raggiungere questo equilibrio includono la riduzione delle emissioni aumentando l'uso di fonti di “energia rinnovabile” come solare, eolico, idroelettrico e biomassa, migliorando l'efficienza energetica di edifici, veicoli e industrie, oltre a spostarsi verso processi industriali a basse o zero emissioni, in particolare in settori come quello dell'acciaio, del cemento e dei prodotti chimici. Mirano anche a sviluppare tecnologie di cattura e stoccaggio dell'anidride carbonica (CCS) per assorbire e immagazzinare la CO₂ da fonti di combustione o dall'aria. L'anidride carbonica catturata viene solitamente immagazzinata in formazioni geologiche come giacimenti di gas naturale esauriti o vecchie miniere di carbone. In Europa, il fondale marino del Mare del Nord funge da luogo ideale per lo stoccaggio.

Il problema è che queste tecnologie sono estremamente costose. Imporle nel modo che richiede zero emissioni implica costi aggiuntivi impossibili da digerire per qualsiasi economia sviluppata. Questo è probabilmente il motivo per cui queste tecnologie CCS svolgono un ruolo marginale in Europa. La verità è che la riduzione delle emissioni di CO₂ in Europa è dovuta quasi esclusivamente all'industria che abbandona l'Europa. Questo è il piccolo sporco segreto del Green Deal: l'Europa sta riducendo le sue emissioni di CO₂ nella misura e in proporzione alla distruzione della sua industria.

L'industria devastata in Europa, tuttavia, rinasce immediatamente altrove nel mondo: in Asia orientale, in Sud America e, naturalmente, negli Stati Uniti. Ciò significa che le emissioni di CO₂ distrutte in Europa ricompaiono come per magia da qualche altra parte, prima che i prodotti di quella particolare industria vengano riesportati in Europa. Nella maggior parte dei casi, poiché trasportare qualsiasi cosa emette CO₂, il bilancio in termini di questo gioco di prestigio europeo nel ridurre le emissioni globali di CO₂ è negativo.

Il motivo dichiarato e la ragion d'essere del Green Deal è salvare il clima, che nei circoli europei è spesso scritto con la C maiuscola, il che la dice lunga sulla religiosità dell'intero approccio. Per “salvare il pianeta”, ci viene detto, dobbiamo ridurre le emissioni di CO₂.

L'unico modo tecnologico che conosciamo finora per ridurre le emissioni di CO₂ è l'energia nucleare. Le “élite” dell'UE, tuttavia, odiano l'energia nucleare: il loro vero obiettivo non è mitigare il cambiamento climatico e “salvare il pianeta”, ma forzare un'uscita dal capitalismo e tornare all'economia di sussistenza che è sempre stata l'ambizione, il sogno e l'orizzonte degli ambientalisti, molto prima che si parlasse di riscaldamento globale. “Il capitalismo sta uccidendo il pianeta”, viene scritto sul The Guardian.


Libertà di parola

Se c'è una realtà che i leader il cui potere è fondato sui miti detestano, è la trasparenza. Mentre nel 2020 il potere dei media generalisti americani consentiva ancora di far credere alla gente che il laptop di Hunter Biden fosse un'operazione di disinformazione russa, negli ultimi anni questo potere è stato ridotto a brandelli. Lo stesso cambiamento sta avvenendo in Europa, sotto l'influenza non dei social network europei, perché non esistono, ma di quelli americani, come X. L'élite dell'UE ha perso il controllo della narrazione. Gli europei si stanno allontanando in massa dalle bugie e dai miti del Green Deal.

Questo è qualcosa che l'UE non può tollerare. Con l'adozione del Digital Services Act (DSA), l'UE ha voluto darsi uno strumento con cui sottomettere le piattaforme americane, ed è obbligata a finanziare orde di censori per dare la caccia ai contenuti che non sono d'accordo con i dettami della Commissione Europea. L'UE ha richiesto una multa del 6% dei ricavi mondiali ai social media, cosa che ucciderebbe inevitabilmente tali piattaforme.

Questi censori senza volto, che non devono rendere conto a nessuno, dovrebbero rimuovere tutti i contenuti che incitano all'odio, alla discriminazione o alla transfobia. Nessuno di questi termini vaghi può essere definito rigorosamente. Data l'assenza di definizioni precise, i censori fanno quello che vogliono. L'arbitrarietà è totale. In pratica, essi reprimono i cosiddetti contenuti “di destra”, lasciando stare invece tutto ciò che è antisemita, islamista e marxista.

Questo, a quanto pare, è il punto. La sinistra europea, come quella americana, dedica un antagonismo illimitato a tutto ciò che non pensa faccia il suo vantaggio, non parla come essa, non sogna, non mangia o non lavora come essa.

Con l'introduzione di una legislazione come il DSA, l'Europa si sta affermando come un attore importante nel campo della censura, seguendo l'esempio di Cina, Iran, Russia e Paesi islamici, oltre a contribuire all'involuzione della civilizzazione del continente europeo. Dopo tutto, la libertà non è forse la definizione, la ragion d'essere e l'unico criterio distintivo della civiltà occidentale?


Confini aperti

Non passa settimana in Europa senza che un immigrato clandestino, un migrante recente, un richiedente asilo, o un afghano che si trovi nel continente europeo senza che nessuno sappia in quale veste, falcia deliberatamente pedoni, accoltella giovani donne, o massacra neonati e bambini piccoli. L'Europa sta vivendo la peggiore crisi migratoria dai tempi delle invasioni normanne e islamiche dell'Alto Medioevo.

Questa situazione senza freni non è una calamità naturale: è il risultato di una serie di decisioni politiche, condivise tra l'UE, la Corte europea dei diritti dell'uomo e gli stati membri. L'UE in particolare, essendo un mercato senza confini, ha creato e sviluppato un servizio di guardia di frontiera esterna, FRONTEX. Il problema è che, allo stato attuale del diritto europeo (UE + CEDU), queste guardie di frontiera forniscono un servizio di traghetto gratuito tra l'Africa e l'Europa. Il diritto europeo proibisce loro di respingere gli immigrati clandestini quando vengono intercettati. Sono obbligati a portarli nell'Unione europea in modo che possano esercitare tutti i loro “diritti”.

In Europa, ancora più che negli USA, una volta che un immigrato clandestino è nel continente, nella stragrande maggioranza dei casi, ci rimane: milioni di loro. Gli europei guardano con stupore le loro orgogliose città (Parigi, Berlino, Bruxelles, Roma, Londra) subire metamorfosi demografiche in tempo reale, mentre folle piene di odio marciano per le loro strade gridando slogan antisemiti e altre maledizioni prese in prestito dalla loro cultura nativa.


L'UE può essere salvata?

Una delle ragioni per cui la democrazia esiste è consentire un pacifico cambio di leadership e politica. Nelle ultime elezioni del Parlamento europeo, gli europei hanno votato in massa a destra, in reazione e rabbia contro le politiche della Commissione europea presieduta da Ursula von der Leyen. Ciò che ha fatto infuriare gli elettori è il Green Deal, che rende l'energia inaccessibile, e il caos migratorio, ora pesantemente tinto di islamismo e odio per gli ebrei.

Cosa è uscito da quelle elezioni? Una nuova Commissione von der Leyen! Con un programma diverso? No, con un programma ancora più radicale, ambientalista e censorio della prima Commissione von der Leyen. È come se gli americani avessero votato repubblicano al 60% e il presidente nominato fosse un socialista. Com'è possibile, quando l'Europa afferma di giurare di agire in base a “principi democratici”?

A quanto pare per due fattori. Il primo: il gruppo più numeroso nel Parlamento europeo è il Partito Popolare Europeo (PPE) di centro-destra. Questo gruppo è numericamente dominato da CDU/CSU tedesca, il partito dell'ex-cancelliera Angela Merkel. Il suo partito, tuttavia, è più a sinistra del Partito Democratico statunitense sulla maggior parte delle questioni politiche. Il suo sostegno all'ambientalismo più ottuso, e in particolare al Green Deal, è totale, pertanto quando si è trattato di imporre un nuovo presidente della Commissione europea dopo le elezioni di giugno 2024, CDU/CSU hanno scelto qualcuno tra i suoi ranghi che avesse forti convinzioni ambientaliste: Ursula von der Leyen.

Il secondo e più importante fattore è che l'UE è, in realtà, una democrazia Potemkin. Sembra all'apparenza una democrazia, ma in realtà è una burocrazia autoritaria. Non c'è alcuna elezione da parte dei cittadini di un parlamento degno di questo nome, nessuna trasparenza, nessun ricorso e, a quanto pare, nessun modo di eliminare l'organizzazione o una qualsiasi sua parte. I cittadini europei possono votare come vogliono, ma è un'élite auto-nominata all'interno delle istituzioni europee che decide il futuro dell'Europa. Queste “élite” faranno di tutto per mantenere sé stesse e la loro ideologia al potere. La scorsa settimana il quotidiano olandese De Telegraaf ha rivelato che la prima Commissione von der Leyen aveva finanziato ONG ambientaliste per fare pressione sui membri del Parlamento europeo — lunga vita alla separazione dei poteri! — e sui cittadini a favore del Green Deal.

Inoltre il Qatar si è infiltrato nel Parlamento europeo, comprando parlamentari per promuovere i propri interessi e la propria visione islamista del mondo. Che le persone votino a sinistra o a destra, non fa differenza: la Von der Leyen e il suo programma ambientalista di estrema sinistra sono ancora al potere. Si può misurare il senso di alienazione che devono provare gli europei, costretti a finanziare una burocrazia corrotta che lavora contro i loro interessi?

Quando si tratta di migrazione, economia, libertà di parola e democrazia, l'UE non è la soluzione a nessun problema. L'UE è il problema.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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L'industria dell'informazione

Ven, 14/03/2025 - 11:07

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Joshua Stylman

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/lindustria-dellinformazione)

“Siamo governati, le nostre menti sono plasmate, i nostri gusti formati, le nostre idee suggerite, in gran parte da uomini di cui non abbiamo mai sentito parlare”, scrisse Edward Bernays. “Le persone accettano i fatti che giungono loro attraverso canali esistenti. Amano sentire delle cose nuove nei modi abituali. Non hanno né il tempo né la voglia di cercare fatti che non sono prontamente disponibili alle loro orecchie”.

Nella precedente esplorazione abbiamo esposto come la competenza istituzionale spesso mascheri il pensiero di gruppo piuttosto che la conoscenza. Ora tiriamo ancor più su il sipario per rivelare qualcosa di più fondamentale: il sofisticato meccanismo che crea questi esperti, mantiene la loro autorità e plasma non solo ciò che pensiamo, ma ciò che crediamo sia possibile pensare. Comprendere questo meccanismo è essenziale per chiunque cerchi di orientarsi nel panorama informativo odierno.

Questi meccanismi, un tempo oscuri, ora operano in bella vista. Dalle linee di politica pandemiche alle iniziative sul clima, dalla propaganda di guerra alle narrazioni economiche, stiamo assistendo a un coordinamento senza precedenti tra istituzioni, esperti e media, rendendo questa comprensione più cruciale che mai.


L'architettura della conformità

Nel 1852 l'America importò più di un semplice sistema educativo dalla Prussia: importò un modello per il condizionamento sociale. Il modello prussiano, progettato per produrre cittadini sottomessi e lavoratori docili, rimane il nostro fondamento. La sua struttura è stata creata esplicitamente per promuovere l'obbedienza all'autorità statale: test standardizzati, classi basate sull'età, rigidi orari governati da campanelle e, soprattutto, la formazione sistematica delle menti per accettare informazioni da fonti autorizzate senza fare domande. I prussiani capirono che regolamentare il modo in cui le persone imparano, plasma ciò che possono concepire. Addestrando i bambini a stare seduti in silenzio, seguire le istruzioni e memorizzare le informazioni ufficiali, crearono popolazioni che si sarebbero sottomesse istintivamente all'autorità istituzionale.

Horace Mann, che sostenne questo sistema in America, fu esplicito riguardo al suo scopo: “Una forma di governo repubblicana, senza intelligenza nel popolo, deve essere, su vasta scala, ciò che un manicomio, senza sovrintendente o custodi, sarebbe su piccola scala”. La sua missione non era l'istruzione, ma la standardizzazione, ovvero trasformare menti indipendenti in cittadini sottomessi.

Questo modello si diffuse a livello globale non perché fosse il modo migliore per istruire, ma perché era il modo più efficiente per plasmare la coscienza di massa. Visitate qualsiasi campus universitario oggi e il modello prussiano rimane inconfondibile, tutto camuffato da istruzione superiore. Le scuole odierne seguono ancora questo modello: premi per la conformità, punizioni per aver messo in discussione l'autorità e successo misurato dalla capacità di riprodurre informazioni ufficialmente sanzionate. Il genio non sta nella forza bruta, ma nel creare popolazioni che controllano i propri pensieri, persone talmente condizionate a sottomettersi all'autorità che scambiano la loro formazione per comportamento naturale.


Progettare la realtà sociale

Edward Bernays trasformò questa popolazione compiacente nel sogno di un addetto al marketing, sviluppando tecniche pionieristiche per far sì che i mercati razionali si comportassero in modo irrazionale. La sua campagna più famosa illustra la potenza di questo approccio: quando le aziende del tabacco vollero espandere il loro mercato alle donne negli anni '20, Bernays non si limitò a pubblicizzare le sigarette, ma le ribattezzò “Torce della libertà”, collegando il fumo all'emancipazione femminile. Facendo accendere sigarette alle giovani debuttanti durante la parata della domenica di Pasqua a New York City, trasformò un tabù sociale in un simbolo di liberazione. Questa campagna, sebbene incentrata su New York, ebbe risonanza in tutto il Paese, attingendo a movimenti culturali più ampi e preparando il terreno per l'adozione nazionale dei suoi metodi. Le sigarette in sé erano irrilevanti; stava vendendo l'idea confezionata come emancipazione.

L'intuizione di Bernays andò oltre la promozione del prodotto; comprese il potere di progettare l'accettazione sociale stessa. Collegando i prodotti a bisogni psicologici profondi e alle aspirazioni sociali, Bernays creò il modello per manipolare non solo ciò che le persone acquistano, ma anche ciò che ritengono accettabile pensare. Questa tecnica, avvolgendo i programmi istituzionali nel linguaggio della liberazione personale, è diventata il modello per l'ingegneria sociale moderna. Dalla ridefinizione della guerra come intervento umanitario al marketing della sorveglianza come sicurezza, i metodi di Bernays guidano ancora il modo in cui il potere plasma la percezione pubblica. Queste tecniche ora plasmano tutto, dalle risposte alle pandemie ai conflitti geopolitici, evolvendosi in quella che gli scienziati comportamentali e i consulenti politici oggi chiamano “teoria dei nudge”: sofisticate operazioni psicologiche che guidano il comportamento pubblico mantenendo l'illusione della libera scelta.


Il modello Rockefeller

La medicina Rockefeller dimostrò quanto un settore potesse essere infiltrato e rimodellato. Nel 1910 la relazione Flexner non solo eliminò la concorrenza, ma ridefinì anche ciò che costituiva una conoscenza medica legittima. Rockefeller sfruttò il suo impero petrolifero per conquistare l'industria farmaceutica, rendendosi conto che i sintetici a base di petrolio potevano sostituire le medicine naturali e creare un vasto mercato per i prodotti petroliferi. Per consolidare questa trasformazione, offrì massicci finanziamenti solo alle scuole di medicina che insegnavano medicina allopatica, trattando i sintomi con farmaci anziché affrontarne le cause profonde. Questo modello di medicina rivoluzionò la nostra comprensione del corpo umano: da un sistema di autoguarigione a una macchina chimica che richiedeva un intervento farmaceutico. Questo stesso manuale è stato da allora utilizzato in tutte le principali istituzioni:

• Controllare l'istruzione e le credenziali;

• Definire limiti accettabili del dibattito;

• Etichettare le alternative come pericolose o non scientifiche;

• Creare un inquadramento normativo;

• Controllare i finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo.

Ad esempio, Pfizer ha fornito sovvenzioni sostanziali a istituzioni come Yale, finanziando programmi di ricerca e istruzione che rafforzano i modelli di trattamento incentrati sui farmaci. Allo stesso modo i finanziamenti federali presso le università della Ivy League modellano i programmi di ricerca, spesso allineando gli studi con le politiche e le narrazioni sostenute dal governo.

Questo modello ha trasformato praticamente ogni campo importante. In agricoltura aziende come Monsanto ora dominano gli istituti di ricerca che studiano la sicurezza alimentare, finanziano i propri regolatori e plasmano i programmi universitari. Nel campo dell'energia i finanziamenti istituzionali e le nomine accademiche marginalizzano sistematicamente la ricerca che mette in discussione le politiche climatiche, mentre gli interessi aziendali traggono profitto sia dai combustibili fossili che dalle soluzioni tecnologiche verdi, controllando entrambi i lati del dibattito. In psichiatria, le aziende farmaceutiche hanno ridefinito la salute mentale stessa, delegittimando approcci che vanno dalla nutrizione alla terapia della parola a favore di modelli basati sui farmaci.

Lo schema è coerente: prima catturare le istituzioni che generano conoscenza, poi quelle che la legittimano e infine quelle che la diffondono. Orchestrando questi tre livelli, creazione, autorizzazione e distribuzione, le prospettive alternative non devono essere censurate attivamente; diventano semplicemente “impensabili” all'interno del quadro ufficiale.


L'industria diventa digitale

La tecnologia non ci ha liberati da questa orchestrazione, l'ha perfezionata. Gli algoritmi curano bolle di realtà personalizzate mentre i guardiani delle informazioni impongono la conformità con punti di vista approvati. I sistemi automatizzati prevedono e prevengono il dissenso prima che si diffonda. A differenza della censura tradizionale, che blocca le informazioni, la cura algoritmica guida invisibilmente ciò che vediamo, creando cicli di credenze auto-rinforzanti che diventano sempre più difficili da interrompere.

L'importanza del flusso di informazioni senza restrizioni è diventata evidente quando X si è allontanato dalla censura, creando crepe nel sistema di controllo. Mentre permangono dubbi sulla libertà di raggiungere in modo genuino il pubblico rispetto alla libertà di parola, la trasformazione di questa piattaforma ha dimostrato quanto rapidamente le narrazioni ufficiali possano sgretolarsi quando le persone hanno accesso diretto alle informazioni e al dibattito aperto.

Aldous Huxley aveva previsto questa trasformazione quando aveva avvertito che “nell'era della tecnologia avanzata, è più probabile che la devastazione spirituale provenga da un nemico con un volto sorridente piuttosto che da uno il cui aspetto trasuda sospetto e odio”. Infatti le catene digitali odierne sono comode, sono avvolte nella praticità e nella personalizzazione. “La grande quantità di informazioni prodotte”, scrisse Huxley, “agisce per distrarre e sopraffare, rendendo la verità indistinguibile dalla falsità”.

Questa sottomissione volontaria alla tecnologia avrebbe affascinato Bernays. Come ha osservato in seguito Neil Postman: “Le persone arriveranno ad adorare le tecnologie che annullano le loro capacità di pensare”. La logica è chiara: la nostra cultura ha imparato a esternalizzare la cucina, le pulizie, la spesa e i trasporti, perché il pensiero non dovrebbe far parte di questa stessa tendenza? La rivoluzione digitale è diventata un paradiso di ingegneria sociale proprio perché rende la gabbia invisibile, persino confortevole.


I due pilastri: esperti e influencer

L'attuale sistema di orchestrazione della realtà opera attraverso una sofisticata partnership tra autorità istituzionali e influenza delle celebrità. Questa fusione ha raggiunto il suo apice durante il COVID-19, dove i presunti esperti hanno fornito le basi mentre le celebrità hanno amplificato il messaggio. I dottori sono diventati influencer sui social media, con i loro video su TikTok che esercitavano più influenza della ricerca tra pari, mentre esperti affermati che mettevano in discussione i protocolli ufficiali sono stati sistematicamente rimossi dalle piattaforme. Con l'Ucraina, attori e musicisti hanno fatto visite di alto profilo a Zelensky, mentre i miliardari nel mondo della tecnologia hanno promosso la narrativa ufficiale riguardo il conflitto. Durante le ultime elezioni è emerso lo stesso schema: artisti e influencer sono diventati sostenitori appassionati di candidati o linee di politica specifiche, sempre allineati con le posizioni istituzionali.

In un'epoca di attenzione ridotta e alfabetizzazione in calo, questa partnership diventa essenziale per l'influenza di massa. Mentre le istituzioni forniscono le basi intellettuali, pochi leggeranno i loro lunghi rapporti o documenti politici. Entrano in scena celebrità e influencer: traducono complessi dettami istituzionali in contenuti di intrattenimento per un pubblico formato su TikTok e Instagram. Questa non è solo la kardashianizzazione della cultura, è la fusione deliberata di intrattenimento e propaganda. Quando lo stesso influencer passa dai prodotti di bellezza alla promozione di interventi farmaceutici alla difesa di candidati politici, non sta solo condividendo opinioni, sta trasmettendo messaggi istituzionali attentamente elaborati e confezionati come intrattenimento.

La genialità di questo sistema risiede nella sua efficienza: mentre veniamo intrattenuti, veniamo anche programmati. Più la nostra capacità di attenzione si accorcia, più efficace diventa questo meccanismo di trasmissione. Le questioni complesse si riducono a frammenti sonori facilmente memorizzabili, le linee di politica istituzionali diventano hashtag di tendenza e i dibattiti seri si trasformano in momenti virali, il tutto mantenendo l'illusione di un discorso culturale organico.


Meccanismi di controllo moderno

Il sistema moderno mantiene l'influenza attraverso meccanismi interconnessi che creano una rete di potere senza soluzione di continuità. Gli algoritmi di content curation modellano le informazioni che incontriamo mentre la messaggistica coordinata crea l'illusione di un consenso spontaneo. I media sono di proprietà di aziende dipendenti da contratti governativi. Ad esempio, il Washington Post, di proprietà del fondatore di Amazon, Jeff Bezos, esemplifica questa connessione. Amazon Web Services (AWS) detiene diversi contratti governativi, tra cui un accordo da $10 miliardi con la National Security Agency (NSA) per servizi di cloud computing. Questi media sono regolamentati dalle agenzie a cui fanno riferimento e sono gestiti da giornalisti che hanno abbandonato il loro ruolo di controllori per diventare partner nella produzione della percezione pubblica.

La gestione delle informazioni odierna opera attraverso due distinti rami di applicazione: i tradizionali “esperti” nei media generalisti (spesso ex-agenti dell'intelligence) che modellano la percezione pubblica attraverso televisione e giornali e i “fact-checker” online, organizzazioni finanziate dalle stesse aziende tecnologiche, giganti farmaceutici e fondazioni che traggono vantaggio dalla direzione del dibattito pubblico. Durante il COVID-19 questo meccanismo è stato completamente esposto: quando gli scienziati della Great Barrington Declaration, tra cui il dott. Jay Bhattacharya della Stanford, esperto di politica sanitaria con esperienza di ricerca sulle malattie infettive, e il dott. Martin Kulldorff di Harvard, rinomato epidemiologo con decenni di esperienza nella sorveglianza delle malattie e nella sicurezza dei vaccini, hanno contestato i lockdown, la loro prospettiva è stata simultaneamente denunciata su importanti piattaforme e istituzioni accademiche. Nonostante le loro illustri carriere e posizioni in istituzioni d'élite, sono stati etichettati come “epidemiologi marginali” dai media generalisti e le loro stesse università ne hanno preso le distanze.

Lo schema era inequivocabile: nel giro di poche ore dalle principali pubblicazioni che pubblicavano articoli diffamatori, i social media avrebbero limitato la portata di suddetta Dichiarazione, i “fact-checker” l'avrebbero etichettata come fuorviante e gli esperti in TV sarebbero emersi per screditarla. Quando i medici hanno segnalato il successo di protocolli di trattamento precoci, i loro video sono stati rimossi da ogni piattaforma nel giro di poche ore. La testimonianza al Senato da parte di medici esperti è stata eliminata da YouTube. Quando i dati hanno mostrato rischi e calo di efficacia dei vaccini, il dibattito è stato sistematicamente soppresso. Le riviste mediche hanno ritirato articoli pubblicati da tempo su trattamenti alternativi. La risposta coordinata non riguardava solo la rimozione dei contenuti, ma anche l'insabbiamento delle narrazioni contrarie, la soppressione algoritmica e lo shadow ban sui social media. Persino i premi Nobel e gli inventori della tecnologia mRNA si sono ritrovati cancellati dal dibattito pubblico per aver messo in discussione l'ortodossia ufficiale.

Questo copione non era nuovo, lo avevamo già visto prima. Dopo l'11 settembre la sorveglianza è stata trasformata da qualcosa di sinistro in un simbolo di patriottismo.

L'opposizione alla guerra divenne “antipatriottica”, lo scetticismo verso le agenzie di intelligence divenne “complottismo” e le preoccupazioni sulla privacy divennero “avere qualcosa da nascondere”. Lo stesso schema si ripete ancora oggi: la crisi fornisce un pretesto, gli esperti istituzionali definiscono un dibattito accettabile, i media generalisti modellano la percezione e il dissenso diventa inaccettabile. Ciò che inizia come misure di emergenza diventa la norma, quindi permanente.

Il sistema non censura solo le informazioni, modella la percezione stessa. Coloro che si allineano con gli interessi istituzionali ricevono finanziamenti, pubblicità e piattaforme per plasmare l'opinione pubblica. Coloro che mettono in discussione l'ortodossia ufficiale, indipendentemente dalle loro credenziali o prove, si ritrovano sistematicamente esclusi dal dibattito. Questo meccanismo non determina solo cosa possono dire gli esperti, ma anche chi può essere considerato un esperto.

Il gatekeeping accademico determina quali domande possono essere poste, mentre le conseguenze professionali e sociali attendono coloro che escono dai limiti accettabili. La pressione finanziaria garantisce la conformità laddove i metodi più soft falliscono. Questa rete di influenza è così efficace proprio perché è invisibile a chi si trova al suo interno, come i pesci ignari dell'acqua in cui nuotano. La forma più potente di censura non è la soppressione di fatti specifici, ma la definizione dei limiti accettabili del dibattito. Come ha osservato Chomsky, il vero potere dei media moderni non risiede in ciò che ci dicono di pensare, ma in ciò che rendono inaccettabile mettere in discussione.

 

Il mondo sommerso

La vera misura del controllo non sta in ciò che fa notizia, ma in ciò che non vede mai la luce. Le decisioni della Federal Reserve che riguardano milioni di persone non vengono riportate, mentre gli scandali sulle celebrità dominano i titoli dei giornali. Gli interventi militari procedono senza controllo. Le scoperte scientifiche che sfidano paradigmi redditizi scompaiono nei buchi neri accademici. Quando storie identiche dominano ogni canale mentre eventi significativi vengono completamente ignorati, state guardando una realtà orchestrata ad hoc. Il sistema non vi dice solo cosa pensare, ma determina anche cosa entra nella vostra coscienza.

Capire come viene creata la nostra realtà è solo il primo passo. La vera sfida sta nello sviluppare gli strumenti per vedere chiaramente oltre un panorama progettato per oscurare la verità.


Liberarsi: oltre il consenso creato artificialmente

Per liberarsi dalla realtà artificiale non basta la consapevolezza: servono nuove competenze e pratiche. Il percorso inizia con il riconoscimento dei modelli: identificare messaggi coordinati tra le istituzioni, riconoscere quando punti di vista divergenti vengono sistematicamente soppressi e comprendere i più ampi sistemi di manipolazione in atto.

La convalida delle informazioni richiede di andare oltre la semplice fiducia nella fonte. Invece di chiedersi “Questa fonte è affidabile?”, dobbiamo chiederci “cui bono?”, ovvero chi ne trae vantaggio? Tracciando le connessioni tra denaro, potere e media, possiamo scoprire le strutture che governano la percezione pubblica. Non si tratta solo di scetticismo, ma di sviluppare una posizione informata e proattiva che riveli interessi nascosti.

Mentre i fact-checker e gli esperti interpretano la realtà per noi, l'accesso diretto al materiale originale, che si tratti di dichiarazioni pubbliche, documenti originali o video non modificati, aggira completamente questa inquadratura. Quando vediamo filmati grezzi di eventi, leggiamo studi scientifici reali, o esaminiamo citazioni originali nel contesto, la narrativa artificiale spesso crolla. Questo coinvolgimento diretto con fonti primarie, piuttosto che interpretazioni predigerite, è fondamentale per una comprensione indipendente.

Imparate a identificare quei momenti in cui le istituzioni sembrano esporre la propria cattiva condotta, ma in realtà controllano la narrazione di quella stessa esposizione. Quando fonti ufficiali “rivelano” un illecito, chiedetevi: quale storia più grande sta oscurando questa confessione? Quali confini del dibattito stabilisce questa “rivelazione”? Spesso la trasparenza apparente serve a mantenere un'opacità più profonda.

Come ha osservato Walter Lippmann: “La manipolazione consapevole e intelligente delle abitudini e delle opinioni organizzate delle masse è un elemento importante nella società democratica [...]. Sono loro che tirano i fili che controllano la mente pubblica”. Il nostro compito non è solo vedere questi fili, ma sviluppare le competenze per reciderli.

Costruire reti resilienti diventa fondamentale in questo ambiente. Non si tratta di creare camere di risonanza fatte di opinioni alternative, ma di stabilire canali diretti per la condivisione di informazioni e l'analisi collaborativa. Supportare la ricerca indipendente, proteggere le voci dissenzienti e condividere metodi di scoperta si dimostrano più preziosi della semplice condivisione di conclusioni.

La sovranità personale emerge attraverso la pratica consapevole. Liberarsi dalla dipendenza dalla fonte significa sviluppare la nostra capacità di analisi e comprensione. Ciò richiede di studiare modelli storici, riconoscere tecniche di manipolazione emotiva e tracciare come le narrazioni ufficiali si evolvono nel tempo. L'obiettivo non è diventare impermeabili all'influenza, ma impegnarsi con le informazioni in modo più consapevole.

Andare avanti richiede di comprendere che la ricerca della verità è una pratica piuttosto che una destinazione. L'obiettivo non è una conoscenza perfetta ma domande migliori; non una certezza completa ma una percezione più chiara. La libertà non deriva dal trovare fonti perfette ma dallo sviluppo della nostra capacità di discernimento.

La comunità crea resilienza quando è fondata su indagini condivise piuttosto che su convinzioni condivise.

L'abilità più cruciale non è sapere di chi fidarsi, ma imparare a pensare in modo indipendente pur rimanendo abbastanza umili da adattare la nostra comprensione man mano che emergono nuove informazioni. Il più grande atto di resistenza non è combattere entro i confini del discorso approvato, ma riscoprire la nostra capacità di vedere oltre. In un mondo di consenso artificiale, l'atto più rivoluzionario è rivendicare la nostra capacità di percepire.

Comprendere questi meccanismi non è motivo di disperazione, è una fonte di potere. Proprio come il sistema prussiano richiedeva la fede per funzionare, i sistemi di controllo odierni si basano sulla nostra partecipazione inconscia. Diventando consapevoli di questi meccanismi, iniziamo a spezzarne il potere. Il fatto stesso che questi sistemi richiedano una manutenzione così elaborata rivela la loro debolezza critica: dipendono interamente dalla nostra accettazione collettiva.

Quando un numero sufficiente di persone impara a vedere i fili, lo spettacolo di marionette perde la sua magia.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Bitcoin porterà a una rinascita dei diritti di proprietà?

Gio, 13/03/2025 - 11:11

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Vittorio Vanelli

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/bitcoin-portera-a-una-rinascita-dei)

Il diritto alla proprietà è considerato un diritto umano fondamentale, riconosciuto in tutto il mondo, come affermato in documenti internazionali sui diritti umani come la Dichiarazione universale dei diritti umani e la Dichiarazione dei diritti dell'uomo. È storicamente legato ai diritti naturali. La Dichiarazione dei diritti dell'uomo considera la proprietà come “un diritto inviolabile e sacro”.

Secondo Shane Courtland, Gerald Gaus e David Schmidtz, mentre i liberali classici concordano sull'importanza della proprietà privata, le loro opinioni spaziano da quasi anarchiche a quelle che sostengono un significativo coinvolgimento dello stato. Tuttavia i diritti di proprietà sono generalmente visti come diritti di prima generazione, intesi a limitare il potere dello stato e a proteggere gli individui dall'espropriazione.

Al contrario, l'emergere dello Stato sociale ha portato a una relativizzazione dei diritti individuali a favore di presunti diritti collettivi, mirando alla cosiddetta “giustizia sociale”. Questo cambiamento significa che, sebbene i diritti di proprietà rimangano “fondamentali”, sono ora soggetti a numerose limitazioni e condizioni che ne diminuiscono la natura assoluta. Le costituzioni moderne, come la Costituzione brasiliana in diversi articoli, riflettono queste restrizioni, suggerendo che la proprietà è ora un diritto relativo piuttosto che assoluto.

Esempi concreti, come il basso punteggio del Brasile nell'Economic Freedom Index per quanto riguarda i diritti di proprietà e i vincoli legali sulla proprietà immobiliare, classificati come “repressi”, con un punteggio di 49,1 su 100, illustrano queste limitazioni. Questioni come l'espropriazione di terreni senza il dovuto indennizzo in Brasile e persino l'Ordine esecutivo 6102 negli Stati Uniti dimostrano ulteriormente i vincoli imposti ai diritti di proprietà.


Gli asset monetari come espressione della proprietà

I metalli preziosi e altre materie prime hanno svolto un ruolo significativo nell'evoluzione del denaro, poiché l'uso di beni ampiamente richiesti ha facilitato l'emergere di mezzi di scambio, come spiegò Carl Menger. L'ascesa degli intermediari finanziari ha contribuito all'universalizzazione dei metodi di scambio. Nel tempo gli stati hanno iniziato a controllare il denaro, stabilendo regolamenti e creando valuta. L'abbandono definitivo del gold standard nel 1971 ha segnato un passaggio alla moneta fiat, coperta esclusivamente dalla fiducia politica.

Fernando Ulrich sottolinea che gli individui sono stati a lungo limitati nella loro scelta della valuta, essendo costretti a usare denaro emesso dallo stato che spesso viene svalutato. Friedrich von Hayek criticò gli stati per non aver fornito denaro sano/onesto e per aver abusato dei loro poteri quando non erano vincolati dal gold standard. In ogni caso, dati i suoi benefici come mezzo di scambio, il denaro rimane un'espressione primaria dei diritti di proprietà, garantendo ai detentori un potere significativo su altri asset, sia nel presente che nel tempo, come affermato da Menger.


Svantaggi della valuta controllata dallo stato

Friedrich von Hayek sosteneva che la politica monetaria è una causa importante di instabilità economica, sottolineando che la gestione delle finanze pubbliche e la regolamentazione della valuta sono spesso obiettivi contrastanti. La loro combinazione sotto la stessa autorità ha portato a conseguenze disastrose, rendendo il denaro un motore primario delle fluttuazioni economiche e facilitando la spesa pubblica incontrollata. Hayek sottolineò l'urgenza di separare le politiche fiscali e monetarie per preservare un'economia di mercato funzionante e la libertà individuale.

Un altro problema con il monopolio statale sulla valuta è l'erosione del controllo individuale sul denaro. La regolamentazione statale può imporre restrizioni all'uso della valuta. Hayek scrisse che il controllo statale sulla valuta e sul movimento di capitali minaccia sia l'economia globale che la libertà personale. Casi storici, come la confisca dei risparmi individuali in Brasile, o la confisca dell'oro negli Stati Uniti, esemplificano questi rischi. Saifedean Ammous collega le questioni relative al denaro fiat con la relativizzazione dei diritti di proprietà, affermando che gli individui non controllano mai completamente la moneta statale; la possiedono a discrezione del governo di turno.


Bitcoin e il suo impatto sull'ordinamento giuridico contemporaneo

Il passaggio dal gold standard alla moneta fiat ha consentito un'emissione monetaria e un debito statali incontrollati. Friedrich von Hayek sosteneva che, mentre il controllo storico del denaro da parte dello stato sembra giustificato, ha portato a problemi significativi, tra cui pratiche monopolistiche che limitano la scelta del consumatore.

I recenti progressi tecnologici, in particolare l'emergere di Bitcoin, sfidano questo monopolio consentendo la creazione di “valute private”, un concetto espresso da Hayek a suo tempo. Bitcoin opera come un asset digitale che non si basa sul controllo statale, o su un controllo centralizzato di alcun tipo, e offre agli individui un mezzo per gestire i propri asset finanziari senza intermediari.

Bitcoin è un asset digitale scarso, in quanto esiste unicamente all'interno della sua blockchain, il che impedisce la doppia spesa. La sua offerta è regolata da una rete decentralizzata (con migliaia di nodi in tutto il mondo che sono anche responsabili dell'integrità della rete stessa), assicurando che non possa essere manipolata come la valuta fiat. Bitcoin può fungere da riserva di valore e la sua accettazione sul mercato rafforza la sua utilità come denaro.

Le transazioni possono avvenire in modalità peer-to-peer (P2P), o tramite exchange, sebbene quest'ultimo introduca degli intermediari, indebolendo leggermente uno dei principi fondamentali di Bitcoin. Tuttavia gli utenti possono trasferire i loro averi a wallet privati ​​per riacquistare quel controllo diretto.

In questo senso Bitcoin fornisce proprietà e controllo assoluti sui beni, incarnando la forma più pura di diritti di proprietà. Funziona indipendentemente dal sostegno statale, consentendo agli individui di utilizzarlo come denaro indipendentemente dalle definizioni ufficiali di valuta. La vera libertà economica richiede la capacità di negoziare in base a termini reciprocamente concordati senza il monopolio statale sull'emissione di valuta.


Conclusione

La natura decentralizzata di Bitcoin, archiviata in una rete globale, ne rafforza l'indipendenza dall'autorità statale, riaffermando i diritti di proprietà. L'emergere di Bitcoin e del suo protocollo rivitalizza i diritti di proprietà, fornendo un punto cruciale di resistenza contro ripetute violazioni e relativizzazioni di questi diritti, avvicinandoli al loro concetto classico di inviolabilità.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Il ridimensionamento del fenomeno da baraccone chiamato Zelensky

Mer, 12/03/2025 - 11:09

Il motivo per cui Zelensky ha fatto il gradasso alla Casa Bianca, poi è volato subito a Londra, la sua voglia di fare guerra a tutti i costi e gli USA che hanno messo in discussione la mancanza di elezioni in Ucraina? La risposta è il patto siglato a inizio anno. Il “presidente” ucraino è un pupazzo: fa quello che gli viene detto, così come l'ha fatto due anni fa in Turchia. Dietro di lui ci sono cricca di Davos e neocon inglesi (più questi ultimi in realtà), le cui pedine hanno lavorato all'interno delle amministrazioni statunitensi precedenti per impantanare gli USA in guerre inutili e drenare le loro risorse a vantaggio di UK ed Europa. Ecco perché burocrati come Gentiloni affermano che “è gravissimo tagliare gli aiuti all'Ucraina”: hanno vissuto talmente tanto tempo all'ombra dell'eurodollaro e di agenzie come la USAID che le davano per scontate. La festa è finita adesso, cosa confermata anche dalla bonifica di politici che sono chiaramente franchi tiratori nei confronti degli USA stessi e non solo della fazione politica cui fanno parte (es. McConnell). Il fatto che Trump abbia detto che rivoglia i soldi indietro è in realtà una stoccata agli “intermediari” che li hanno rubati. Poi ci sono i moralisti d'accatto sulla stampa che si indignano davanti al potenziale accordo sulle terre rare, ma glissano bellamente il fatto che le stesse dovevano essere poste a garanzia dei prestiti che UK ed Europa avrebbero dovuto elargire per la “ricostruzione”. La cosa che bisogna ricordare è che i vari trattati delle precedenti amministrazioni e le concessioni che sono sempre andate contro gli interessi della popolazione americana, erano un tassello nella scalata ostile degli USA e nel mantenimento dell'impero inglese sotto mentite spoglie. Tutte le strade conducono a Londra. Infatti se guardiamo il tabellone di gioco vediamo la classica strategia inglese in azione: fomentare discordia tra due player, finanziarli entrambi (si vedano le importazioni di combustibili fossili dalla Russia e le esportazioni via Kirghizistan) e raggiungere l'obiettivo (impantanare in guerra gli USA affinché continuino a spendere). Dal 2016 i NY Boys hanno alzato il dito medio, come ho documentato nel mio ultimo libro intitolato “Il Grande Default”, e Trump sta agendo per conto loro passando sotto il suo rullo compressore tutti quegli strumenti puntati contro gli interessi esclusivi della nazione. Così facendo sta anche rompendo il cartello della cricca di Davos, cosa per cui tutti dovrebbero essere grati. La rottura del cartello di Davos diventa più palpabile nel momento in cui, in Europa, vengono indetti vertici che non concludono niente e vengono date risposte da “cartolina vacanza” a eventi geopolitici significativi. La velocità con cui l'amministrazione Trump e il DOGE hanno smantellato la USAID era propedeutica a chiudere i rubinetti a tutte quelle ONG e think tank che, con la patina della filantropia, fomentano caos sociale e disordini. Questo significa che gli USA solo adesso si possono focalizzare sulla questione Ucraina, perché in caso di sconfitta della cricca di Davos sul tema della guerra, la risposta successiva di quest'ultima è la violenza per le strade, il terrorismo. La Germania ad esempio lo sa, il nuovo cancelliere tedesco ha recepito il messaggio. Questa è gente che è disposta a far saltare il tavolo da gioco pur di non cedere le armi, perché sa che sarà destinata all'irrilevanza altrimenti. Togliere finanziamenti a quella coorte di attori eterodiretti all'estero era fondamentale per colpire duramente un potenziale fronte aperto (e di ricatto). Adesso gli agenti infiltrati devono spendere i loro soldi, vedere i loro asset per finanziarsi.

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di David Stockman

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-ridimensionamento-del-fenomeno)

Inutile dire che Donald non ne ha mai abbastanza delle luci della ribalta. Ma venerdì scorso, in una trasmissione in diretta dallo Studio Ovale vista in tutto il mondo, quella sete di attenzione pubblica potrebbe aver effettivamente cambiato il corso della storia. E in meglio, anche se il grilletto è stato premuto da un comico di terza categoria che non è nemmeno riuscito a capire come leccare il deretano a uno degli ego più grandi del pianeta.

Pertanto la malata avventura di Washington nella distruzione di una nazione tenuta insieme col nastro isolante, insieme alle morti inutili di decine di migliaia di persone reali che abitano il territorio ucraino, è ormai finita.

Zelensky se ne andrà presto in un nascondiglio in Costa Rica, o in una tomba senza nome, a seconda dei casi. Dopodiché un reggente ad interim, per quella che è una nazione costruita ad hoc da Lenin, Stalin e Krusciov con sangue e armi bolsceviche, sottoscriverà un cessate il fuoco e un accordo di spartizione, quest'ultimo in divenire da quando il giogo del comunismo è stato sollevato nel 1991.

Infatti la frammentazione dell'Ucraina smaschererà la farsa che è stata la guerra per procura della NATO contro la Russia nelle sue stesse “zone di confine”. Quest'ultimo termine, ovviamente, è il significato della parola “Ucraina” in russo.

E non esagero quando scrivo farsa monumentale. Mentre il capitolo più recente e desolante si è svolto da febbraio 2022, gli Stati Uniti e l'UE insieme hanno speso la sbalorditiva cifra di quasi $400 miliardi per organizzare un'opera di demolizione alle porte della Russia... per cosa?

Apparentemente per deliziare i mercanti d'armi degli Stati Uniti e dell'Europa con una grande occasione per la vendita di un sacco di nuove armi e rimpinguare gli arsenali NATO esauriti. E tutto in nome di altre vecchie sciocchezze sulla sicurezza collettiva e un “ordine internazionale basato sulle regole”.

Ma sono tutte cazzate di Washington. Non c'è stata una briciola della sicurezza nazionale americana implicata nel destino dell'ex-Repubblica Socialista Sovietica Ucraina dopo che si è separata dal cadavere estinto dell'Unione Sovietica nel 1991. E poiché l'Ucraina era un simulacro di una nazione costruita dai comunisti, non era destinata a durare, né la sua fine sarebbe stata minimamente notata o ricordata dal mondo in generale.

Vale a dire, lo stato artificiale dell'Ucraina incarna i territori di confine che la Russia aveva acquisito, conquistato, popolato e sviluppato alla fine del XVIII secolo sotto la guida di Grigory Potemkin. Quest'ultimo era il primo ministro della nazione, il quale aveva letteralmente una relazione intima con l'imperatrice russa, Caterina la Grande.

Dopo l'acquisizione della Crimea dall'Impero ottomano da parte di Caterina nel 1783 e la liquidazione di un piccolo principato cosacco lungo il corso meridionale del fiume Dnepr chiamato Zaporozhian Sich, che aveva governato i territori adiacenti per oltre 200 anni, Potemkin divenne governatore della regione. Chiamò questi nuovi territori Novorossiya, o “Nuova Russia” in onore della sua amante/sovrana. Alla fine il popolo russo, il capitale e il commercio si riversarono nelle steppe fino ad allora in gran parte deserte.

I compiti principali di Potemkin erano pacificare e ricostruire quella che era stata una regione dilaniata dalla guerra, portandovi coloni russi e gettando le basi per nuove fattorie, industrie, città e commercio. Nel 1787, mentre stava per scoppiare una nuova guerra tra la Russia e l'Impero ottomano, Caterina II, con la sua corte e diversi ambasciatori, fece un tour di sei mesi nella Nuova Russia, navigando lungo il fiume Dnepr (linea blu sulla mappa sotto) per ispezionare le sue nuove colonie.

Uno degli scopi di questo viaggio era quello di impressionare gli alleati della Russia prima della guerra. Per raggiungere questo obiettivo, si diceva che Potemkin avesse creato dei “villaggi mobili” sulle rive del fiume Dnepr. Non appena arrivava la chiatta che trasportava l'imperatrice e gli ambasciatori, gli uomini di Potemkin, vestiti da contadini, popolavano il villaggio. Una volta che la chiatta se ne andava, il villaggio veniva smontato, quindi ricostruito a valle durante la notte.

Qualunque sia il grado di apocrifia della storia, la metafora di fondo non potrebbe essere più appropriata: l'intero territorio da Lugansk e Donetsk (vale a dire il Donbass) fino a Mariupol sul Mar d'Azov e su entrambe le rive del Dnepr, fino a Odessa sulla costa del Mar Nero, fu da allora in poi noto come Nuova Russia ed era etichettato come tale secondo la mappa del 1897 raffigurata di seguito.

Inoltre cercate altre mappe dell'era pre-1917 come volete, ma non troverete nessun Paese chiamato Ucraina perché quest'ultimo era un toponimo, non uno stato. E il toponimo prese vita come una società moderna organizzata solo come regione di confine in espansione dell'Impero zarista.

La Novorossiya alla fine del diciannovesimo secolo

L'Ucraina divenne uno stato, quindi, solo dopo il crollo dell'Impero russo indotto dalla prima guerra mondiale e la presa del potere da parte di Lenin e dei suoi brutali eredi. Come mostrato nella mappa qui sotto, l'unità amministrativa comunista che divenne nota come Repubblica Socialista Sovietica Ucraina fu messa insieme dalla Nuova Russia (area blu) e da altre parti e pezzi dell'Impero zarista strappati a vari vicini (area gialla), insieme alla storica Galizia (area verde) incentrata su Leopoli, che fu sequestrata da Stalin quando la Polonia fu smembrata nella seconda guerra mondiale.

Alla fine la Crimea (area viola), che era completamente russa fin dal momento del suo acquisto da parte di Caterina la Grande nel 1783, fu ceduta ai compatrioti ucraini di Krusciov nel 1954 come premio in cambio del loro sostegno nella lotta per la successione dopo Stalin.

L'ultima cosa che si può dire sui “confini” ucraini che delineano i cinque componenti codificati a colori mostrati sopra, quindi, è che erano sacrosanti. Non rappresentavano l'evoluzione organica di popoli, identità nazionali e stati, ma il pugno di ferro del politburo sovietico e dei tiranni assetati di sangue che lo governavano.

Ciò a sua volta significò che quando l'Unione Sovietica finì nella pattumierà della storia della storia nel 1991, i giorni dell'Ucraina come stato unitario erano contati.

Inutile dire che non c'era alcuna identità linguistica e religiosa comune. Anche 40 anni dopo che i governanti sovietici avevano finito di assemblare l'Ucraina, questa mappa del 1991 dell'uso della lingua vi dice tutto ciò che dovete sapere: c'erano schiaccianti maggioranze di lingua russa nel Donbass e nella fascia del Mar Nero (aree rosse), che in alcuni oblast, tra cui la Crimea, erano di lingua russa per oltre il 75%. Al contrario, il centro e l'ovest erano popolati da ucraini, polacchi, bulgari, ungheresi e altri, dove i russofoni rappresentavano appena il 5% della popolazione.

Mappa linguistica dell'Ucraina degli anni '90 in base alla percentuale di chi parla russo

E no, una volta che l’entità governata dai comunisti nota come Repubblica Socialista Sovietica Ucraina si separò dal cadavere della defunta Unione Sovietica, i confini casuali che ha ereditato non sono stati “garantiti” dagli Stati Uniti nel cosiddetto Memorandum di Budapest del 1994 in cambio della rinuncia alle armi nucleari.

Infatti l'Ucraina non ha mai avuto armi nucleari! Queste armi erano state immagazzinate sul suo territorio dai sovietici ed erano ancora sotto il controllo di Mosca quando quest'ultima firmò il Memorandum insieme agli Stati Uniti e al Regno Unito. Ma nessun confine era “garantito” perché sarebbe stato un trattato che avrebbe richiesto la conferma del Senato e il sostegno del popolo americano, qualcosa che Bill Clinton e i suoi agenti non erano disposti a testare.

Invece, al nuovo governo ucraino vennero date delle “assicurazioni”. Ma qualunque definizione esile che quel termine implicasse fu presto resa abbastanza chiara dagli agenti dello Stato profondo presso il Dipartimento di Stato, la NED e la CIA, che si erano impegnati a fomentare rivoluzioni colorate in Ucraina non molto tempo dopo che Putin era salito al potere il 1° gennaio 2000.

In ogni caso, una volta che il meccanismo delle elezioni e della democrazia fu istituito dopo il 1991, le mappe elettorali risultanti chiarirono una cosa in modo estremamente chiaro: le persone votavano in base a come parlavano.

Ciò è chiaramente evidente nelle tre mappe qui sotto. La democrazia ucraina è iniziata, è maturata e si è conclusa sulla stessa nota: con un elettorato molto più nettamente diviso persino rispetto alla politica Red State contro Blue State negli Stati Uniti.

Nel 1994 Leonid Kuchma, un ex-dirigente industriale originario dell'est russofono e fortemente industrializzato (Dnipropetrovsk), fece campagna elettorale su un programma che sottolineava i legami economici con la Russia e fece un forte appello alle popolazioni russofone dell'Ucraina orientale e della Crimea.

Nel secondo turno delle elezioni Kuchma vinse circa due terzi dei voti nell'Ucraina orientale, dove predominavano i russi etnici e i russofoni, e quasi il 90% in Crimea, una regione con una popolazione di etnia russa al 70%.

Dall'altro lato, Leonid Kravchuk, il primo presidente e in carica nel 1994, era una figura chiave nel movimento per l'indipendenza dell'Ucraina. Si era posizionato come garante della sovranità ucraina e dell'identità nazionale. Ottenne forte sostegno dall'Ucraina occidentale, dove chi parlava ucraino e aveva sentimenti nazionalisti era dominante, ottenendo dal 70% all'80% dei voti in quelle regioni.

Questa profonda divisione nell'elettorato non è mai cambiata. A differenza degli Stati Uniti, dove un candidato repubblicano a governatore ha ottenuto il 47% nello stato profondamente blu di New York nel 2022, la divisione del voto nel nucleo più duro delle rispettive regioni (rosso scuro e blu scuro) è stata superiore al 90/10 in molte località.

Così, nelle elezioni del 2004, il candidato filorusso Viktor Yanukovych perse di misura il conteggio complessivo, pur avendo dominato in modo schiacciante nell'est e nel sud con margini del 70% contro il 90%.

Risultati delle elezioni del 2004 in Ucraina

Al contrario, nel 2010 Yanukovych ripercorse lo stesso dominio nelle sue regioni di lingua russa a est e a sud, mentre affondava a ovest. Ma quella volta ricevette un aiuto per la sua campagna elettorale da consulenti con sede a Washington (vale a dire il famigerato Paul Manafort, il quale gestì temporaneamente la campagna di Donald Trump nel 2016, finché non fu inchiodato dai russofobi nello Stato profondo). Di conseguenza il filo-russo Yanukovych riuscì ad accumulare abbastanza voti per scavalcare la nazionalista ucraina, Yulia Tymoshenko, nel conteggio nazionale.

Risultati delle elezioni del 2010 in Ucraina

Inutile dire che, secondo Washington, le elezioni ucraine del 2010 non avevano nulla di sacrosanto perché, beh, gli elettori avevano eletto il candidato sbagliato!

In breve tempo, quindi, i neocon guidati da Victoria Nuland, che faceva parte dello staff dell'allora vicepresidente Joe Biden, fomentarono il colpo di stato contro Yanukovych nel febbraio 2014. Anche mentre lo cacciavano dal potere e lo costringevano a fuggire a Mosca, non avevano idea del tenue equilibrio politico che stavano sovvertendo.

Ma non ci volle molto per accendere la miccia. In breve tempo i seguaci dell'alleato di Hitler nella seconda guerra mondiale, Stephan Bandera, che dominavano il governo non eletto e insediato da Washington a Kiev, fecero due mosse distruttive che equivalevano a un segnale per “lasciate che la divisione abbia inizio”.

La prima di queste fu l'abolizione del russo come lingua ufficiale nel Donbass e altrove; la seconda fu la strage di oltre 50 sindacalisti filorussi in un edificio a Odessa da parte di sostenitori del governo di Kiev.

Era solo questione di tempo, quindi, prima che la maggior parte dei territori colorati di rosso sulle mappe sopra dichiarassero la propria indipendenza. Fu anche in breve tempo che la popolazione di quella che era stata la provincia russa della Crimea votò a stragrande maggioranza (80%+) per rientrare nella Federazione Russa. Ciò pose fine al loro breve soggiorno nello stato ucraino, il regalo di Krusciov del 1954 ai delinquenti comunisti di Kiev che lo avevano aiutato a prendere il potere dopo la morte di Stalin.

In breve tempo il nuovo governo proto-fascista di Kiev si mosse per inimicarsi il suo vicino storico ed ex-signore di Mosca, cercando di unirsi alla NATO e lanciando una guerra brutale e implacabile contro le repubbliche separatiste del Donbass. Questo assalto finì per uccidere più di 15.000 civili durante gli otto anni che precedettero l'invasione russa nel febbraio 2022.

Inutile dire che Putin non era affatto interessato a far piazzare missili nucleari ancora più vicino al suo confine, come non lo era il presidente John Kennedy nell'ottobre del 1962. Né era sul punto di tollerare il continuo massacro di russofoni nel Donbass dopo che Kiev aveva lanciato una campagna di bombardamenti su queste aree assediate una settimana prima dell'invasione del 24 febbraio 2022.

Vale a dire, la storia era tutt'altro che una divisione netta tra bianco e nero. Infatti Donald sa che la bufala dell'invasione “non provocata” è una prevaricazione dello Stato profondo. Quindi venerdì scorso non era intenzionato a farsi istruire sulla questione dall'incompetente comico che è stato mandato nello Studio Ovale dalla folla di guerrafondai dell'Unipartito raffigurati di seguito allo scopo di estorcere denaro all'attuale inquilino della Casa Bianca.

Quindi, in risposta alle urla di Zelensky su Putin, Donald non si è fatto problemi a rivelare la verità.

Nella foto sotto, il consiglio di amministrazione del Senato.

Naturalmente ora che la verità è stata fatta uscire in diretta TV, ci sarà sicuramente una fine alle uccisioni inutili e una guerra per procura della NATO contro la Russia. E con essa arriverà un ripudio ancora più importante dell'intera perpetuazione neocon post-1991 di un impero americano che non avrebbe mai dovuto essere sostenuto in primo luogo.

Vale a dire che la falsa demonizzazione di Putin e della Russia verrà ripudiata in modo ancora più deciso. Questo perché, a parte l'imminente accordo tra Trump e Putin sull'Ucraina, la mappa dell'Europa orientale non cambierà tanto presto.

L'idea che Putin intenda resuscitare il vecchio impero sovietico e che Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia, Moldavia e destinazioni occidentali siano le prossime in linea per l'invasione è stata inventata di sana pianta. Il suo scopo era quello di dare alla NATO una ragione per espandersi ancora più a est, fino alle porte della Russia, e di giustificare la chiamata di Washington alla guerra in un territorio che non fa la minima differenza per la sicurezza interna dell'America.

Anche gli archivi della diplomazia post-sovietica americana sono cristallini su questo argomento. Bush senior e il suo Segretario di Stato, James Baker, promisero esplicitamente a Gorbaciov che in cambio dello smantellamento del Patto di Varsavia e dell'unificazione della Germania la NATO non si sarebbe mossa “di un pollice” verso est.

E quella promessa fu fatta per ragioni ovvie: l'Impero Sovietico era scomparso e la minaccia della massiccia Armata Rossa era svanita. Le sue truppe non venivano nemmeno pagate e i suoi carri armati e la sua artiglieria venivano fusi e venduti come rottami. Quindi l'ex-paracadutista George H. W. Bush avrebbe dovuto paracadutarsi nella base aerea di Ramstein in Germania nel 1992, dichiarare vittoria e relegare la NATO a un museo sulla pace mondiale.

Infatti all'epoca il “padre” della dottrina del contenimento e dell'alleanza NATO, il professor George F. Kennan, avvertì che la perpetuazione e l'espansione della NATO in queste circostanze sarebbero state una follia. Quando nel 1998 il Senato votò comunque per estendere la NATO a Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, egli osservò:

“Penso che sia l'inizio di una nuova guerra fredda”, ha detto Kennan dalla sua casa di Princeton. “Penso che i russi reagiranno gradualmente in modo piuttosto avverso e ciò influenzerà le loro linee di politica. Penso che sia un tragico errore. Non c'era alcuna ragione per questo”. [...]

“Dimostra così poca comprensione della storia russa e sovietica. Ovviamente ci sarà una brutta reazione da parte della Russia, e poi [gli espansionisti della NATO] diranno che vi abbiamo sempre detto che i russi sono così, ma questo è semplicemente sbagliato”.

In parole povere, rischiare tutto per far entrare l’Ucraina in un’obsoleta alleanza che era e rimane ben oltre la sua data di scadenza è sicuramente uno degli atti di politica estera più stupidi di tutta la storia americana.

E ora, sulla scia degli eventi epocali dello scorso fine settimana, è finalmente arrivata l'opportunità: nominare, biasimare, svergognare e cacciare dai seggi del potere i distruttori dell'Unipartito della democrazia, della prosperità e della libertà americana che hanno portato la nazione alla sua attuale situazione pericolosa.

Quindi la missione del Presidente Trump che cambierà la storia in questo momento è cristallina. Deve fare di Guerra e Pace la questione preponderante sulle rive del Potomac e mandare i resti dell'Unipartito in uno spasmodico stato di apoplessia vincendo il Premio Nobel per la Pace per aver posto fine a questa guerra inutile con la stessa rapidità con cui Eisenhower fece con la Corea nel 1953.

Così facendo, può portare a termine la grande missione per la quale è stato scelto: frammentare l'Unipartito riunendo così rifugiati da entrambe le parti in una forza politica rivitalizzata che può consentire alla gente dell'entroterra americano di reclamare la propria democrazia dalla classe dirigente corrotta sorta sul Potomac.

Inutile dire che Donald sembra aver centrato la sua missione. Quando Zelensky ha rilasciato la seguente replica alla sua cacciata dalla Casa Bianca, Donald non è rimasto indietro con una risposta perfettamente appropriata.

L'Ucraina “non riconoscerà mai” alcuna annessione russa del territorio che occupa, anche se ciò avvenisse per cercare di garantire un accordo di pace, ha aggiunto Zelensky, e ha ripetuto che accetterebbe un cessate il fuoco solo se fosse seguito da solide garanzie di sicurezza per il suo Paese.

Sebbene la Russia abbia affermato che insisterà per incorporare i territori che occupa, per l'Ucraina si tratterebbe sempre di “un'occupazione temporanea”, ha insistito Zelensky, anche se al momento il suo Paese non ha la forza militare per espellere la Russia da tutta la sua nazione.

Zelensky ha detto che ciò che voleva “dai partner” – un chiaro riferimento alla Casa Bianca – era che ricordassero che la Russia ha lanciato una guerra d’invasione su vasta scala tre anni fa. Non voleva che i politici riscrivessero la storia, ha detto, per suggerire “che ci sono due parti in questa guerra e che non è chiaro chi sia l’aggressore”.

Ebbene sì, in questa guerra c'erano due parti in causa e il vero aggressore aveva sede sulle rive del Potomac, non sulla Moscova/Oka/Volga.

Trump ha risposto con un avvertimento che non si sentiva più nello Studio Ovale dal giugno 1963, quando JFK lanciò il suo breve appello per porre fine alla Guerra Fredda all'American University.

“Questa è la peggiore affermazione che Zelensky potesse fare, e l'America non sopporterà ancora per molto”. Ha aggiunto, riferendosi a Zelensky, che “questo tizio non vuole che ci sia la pace finché avrà il sostegno dell'America [...]”.

“Deve dire che vuole fare la pace”, ha detto Trump prima di lasciare la Casa Bianca venerdì. “Non deve stare lì a dire 'Putin questo, Putin quello', e tutte le altre cose negative. Deve dire che vuole fare la pace. Non deve volere più combattere una guerra”.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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L'influenza decennale cinese su Panama inizia a sbiadire

Mar, 11/03/2025 - 11:11

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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da The Epoch Times

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/linfluenza-decennale-cinese-su-panama)

Circa 10 anni fa l'azienda marittima della famiglia Louis Sola ottenne una concessione per costruire un porto turistico e un porto per crociere su Amador, una strada rialzata situata all'ingresso del Pacifico nel Canale di Panama.

“Questo sarebbe stato il primo porto per crociere nel Pacifico”, affermò Sola, che ora è presidente della Commissione marittima federale degli Stati Uniti.

Tutto è cambiato nel 2017 quando Panama firmò la Belt and Road Initiative col governo cinese. L'iniziativa richiedeva al governo panamense di riconoscere Taiwan come parte della Cina, con grande sorpresa e preoccupazione degli Stati Uniti, i quali si erano posizionati come alleati di Taiwan.

Panama revocò, quindi, la concessione sul terreno dove la famiglia Sola aveva pianificato di spendere $30 milioni per il porto per crociere.

Invece Panama nazionalizzò il progetto, lo diede in concessione a una società cinese e le pagò $300 milioni per costruirlo.

Inoltre il terreno che sarebbe stato utilizzato per costruire il porto turistico venne designato come ambasciata della Repubblica Popolare Cinese.

Alla fine i Sola recuperarono il terreno e le pressioni sia degli Stati Uniti sia che interne posero fine ai piani del governo cinese di costruire un'ambasciata ad Amador.

Più di recente il presidente di Panama ha annunciato lo scorso 2 febbraio che non rinnoverà il suo accordo Belt and Road con il Partito Comunista Cinese, una vittoria significativa per la campagna di pressione del presidente Donald Trump.


L'influenza di Pechino

La storia personale di Sola, raccontata durante un'udienza del 28 gennaio della Commissione per il Commercio, la Scienza e i Trasporti del Senato, sottolinea quello che è diventato un argomento scottante: l'influenza cinese sul Canale di Panama.

La via d'acqua strategica centenaria, ampiamente ignorata dalla politica statunitense per decenni, è diventata il centro della scena nelle crescenti tensioni tra Pechino e Washington.

Le infrastrutture e i porti cinesi sia all'estremità atlantica che a quella pacifica del Canale di Panama hanno fatto temere ad alcuni esperti che Pechino abbia di fatto il controllo di quella via d'acqua strategica, una potenziale violazione del Trattato di neutralità tra Stati Uniti e Panama, che mette a rischio la sicurezza nazionale degli Stati Uniti.

Mentre i leader militari hanno lanciato l'allarme per la crescente influenza del governo cinese nel Canale di Panama e in tutta l'America Latina, la questione è tornata alla ribalta quando il presidente entrante Donald Trump ha annunciato sui social media nel dicembre 2024 che il canale era “esclusivamente di proprietà di Panama, non della Cina”.

Trump si è anche lamentato del fatto che le navi statunitensi, che sono i principali utilizzatori del canale, venivano “fregate” con dazi elevati, un'altra potenziale violazione di suddetto trattato.

Dopo l'insediamento a gennaio, Trump ha affermato che il canale era gestito dal governo cinese e ha giurato di intervenire, provocando smentite da Pechino e Panama.

“La Cina sta gestendo il canale di Panama”, ha detto Trump durante il suo discorso inaugurale. “E non l'abbiamo dato alla Cina. L'abbiamo dato a Panama e ce lo riprenderemo”.


Rischio per la sicurezza nazionale

Secondo Andrés Martínez-Fernández, analista politico dell'America Latina presso la Heritage Foundation, non è necessario che i soldati cinesi siano sul campo affinché il Partito comunista cinese interrompa il canale e metta a repentaglio la sicurezza nazionale degli Stati Uniti qualora questi ultimi fossero coinvolti in un conflitto contro il governo cinese per Taiwan.

Il fatto che due dei cinque porti principali di Panama siano controllati dalla CK Hutchison Holdings con sede a Hong Kong, a Balboa sul lato del Pacifico e a Cristóbal sul lato dell'Atlantico, è una preoccupazione importante per alcuni analisti.

Altrettanto preoccupante, nel 2018 un consorzio cinese guidato dalla China Harbour Engineering Company di proprietà cinese e dalla China Communications Construction Company si è aggiudicato un contratto da $1,4 miliardi per il quarto ponte del canale.

“Il canale è molto vulnerabile a qualsiasi tipo di sabotaggio”, ha detto Martínez-Fernández a The Epoch Times. “E non c'è bisogno che sia una nave da guerra [cinese]”.

Il canale ha un significato sia economico che militare per gli Stati Uniti, perché rappresenta un punto di strozzatura strategico, rendendolo un percorso critico per le navi da guerra statunitensi negli oceani Atlantico e Pacifico in caso di conflitto militare contro il governo cinese.

Ogni anno circa $270 miliardi in merci attraversano il canale, pari al 5% del volume del commercio marittimo globale. Oltre il 70% di questo transita da o verso i porti degli Stati Uniti.

Gli Stati Uniti hanno ceduto la sovranità del Canale di Panama a Panama il 31 dicembre 1999, in base a un trattato firmato nel 1977 dal presidente Jimmy Carter.

L'accordo includeva il Trattato di neutralità, in cui gli Stati Uniti mantenevano il diritto di usare la forza militare per proteggere il canale da aggressioni straniere o minacce alla sua neutralità.

Per Panama, il canale è parte della sua identità nazionale e la sua più grande fonte di guadagno, generando circa $28 miliardi per il Paese negli ultimi 25 anni.

Il presidente panamense José Raúl Mulino ha affermato lo scorso 30 gennaio che sarebbe stato “impossibile” restituire il canale al controllo degli Stati Uniti e che Panama non poteva rimuovere arbitrariamente le concessioni dalle società collegate alla Cina, riferendosi ai porti della Hutchison.

Tuttavia Panama ha annunciato a gennaio che sta verificando le concessioni portuali cinesi.

La Panama Ports Co., controllata da CK Hutchison Holdings, è stata informata di una verifica poco dopo le accuse di Trump secondo cui il Partito comunista cinese controlla la via d'acqua, stando a quanto riporta la Panama Maritime Authority.

Martínez-Fernández ha affermato di credere che la soluzione più diplomatica alla preoccupazione degli Stati Uniti per la sicurezza nazionale sarà quella di ridurre la presenza cinese lungo il canale e i porti.

“Questi investimenti della Cina, attorno al canale, e attorno ad altre parti della regione, nei Caraibi e in Sud America, sollevano molti segnali d'allarme”, ha affermato.

Nel frattempo il governo cinese ha pubblicamente sostenuto la proprietà e il controllo del canale da parte di Panama, facendo leva sull'identità nazionale e sulla sovranità di Panama per rafforzare la propria posizione politica.

Wang Yi, consigliere di stato cinese e ministro degli esteri del Partito comunista cinese, ha definito Panama un “amico e un buon partner” durante una telefonata del 2021 con Erika Mouynes, ministro degli esteri panamense.

Yi ha affermato che la Cina “continuerà a sostenere gli sforzi di Panama per difendere i suoi legittimi diritti e interessi sulla scena internazionale, inclusa la sovranità di Panama sul canale”.


Problemi con la neutralità

Fino a poco tempo fa, quando si volava a Panama, cartelloni pubblicitari della Banca di Cina accoglievano i visitatori.

Secondo i residenti di Panama che hanno parlato con The Epoch Times, i cartelloni sono stati rimossi poco prima che il Segretario di Stato americano Marco Rubio incontrasse il presidente di Panama lo scorso 2 febbraio.

I cartelloni evidenziano l'influenza di Pechino a Panama e Trump, in un post sui social media poco prima della visita di Rubio, ha affermato che Panama stava tentando di rimuovere il 64% dei cartelloni scritti in cinese.

“Sono ovunque nella zona [del Canale di Panama] perché la Cina lo controlla”, ha dichiarato Trump il 28 gennaio. “Panama non la farà franca!”

Sebbene Panama abbia deciso di non rinnovare il suo accordo Belt and Road con la Cina subito dopo la visita di Rubio, resta il fatto che due dei porti chiave di Panama sono controllati da una società con sede a Hong Kong.

La CK Hutchison Holdings ha vinto per la prima volta una gara per gestire quei due porti nel 1997, ma da allora Pechino ha represso l'indipendenza della città e l'ha portata saldamente sotto il controllo del regime comunista.

I porti della Hutchison sono diventati il ​​punto focale delle preoccupazioni degli Stati Uniti, insieme alle aziende cinesi che stanno costruendo un quarto ponte sul canale.

Questo perché il Partito comunista cinese impone alle aziende cinesi di collaborare con le agenzie di intelligence statali.

E di conseguenza ha preso piede negli affari dei porti senza avere investimenti effettivi.

Parlando davanti alla commissione del Senato, Sola ha affermato che, sebbene i porti cinesi a Panama non abbiano contribuito fiscalmente in alcun modo negli ultimi 25 anni, hanno continuato a gestire i porti di Balboa e Cristóbal.

“Non capisco perché Panama dovrebbe consentire a quei due porti di operare e mettere a repentaglio le operazioni che hanno nel canale”, ha affermato.

Sola ha anche detto che ai porti della Hutchison è stato concesso un permesso speciale per operare, perché dirigere le navi dentro o fuori dai loro porti blocca il traffico del canale quando le navi fanno manovra per attraccare.

Un altro aspetto preoccupante per i senatori è stato che Panama ha rinnovato le concessioni ai porti della Hutchison nel 2021 per altri 25 anni senza una gara d'appalto. Sola ha anche detto ai senatori che i porti hanno accettato di pagare tasse arretrate per $150 milioni come parte dell'accordo.

“Possiamo entrare nella semantica dell'Autorità portuale rispetto al controllo, ma il controllo operativo del Canale di Panama è reale da parte del Partito comunista cinese”, ha affermato il senatore Eric Schmitt (R-Mo.). Quest'ultimo ha presentato una risoluzione che chiede a Panama di porre fine alla gestione cinese dei principali porti panamensi.


Potenziali violazioni

Eugene Kontorovich, professore alla facoltà di giurisprudenza Antonin Scalia della George Mason University e ricercatore senior presso la Heritage Foundation, ha testimoniato davanti alla Commissione per il commercio del Senato lo scorso 28 gennaio dicendo che Panama ha potenzialmente violato il Trattato di neutralità con gli Stati Uniti consentendo ai cinesi di gestire quei porti.

Kontorovich ha affermato che il trattato proibisce “l'operazione straniera” del canale. Il grado di controllo del Partito comunista cinese e il coinvolgimento con le società cinesi che gestiscono i porti dovrebbero essere indagati per determinare se si è verificata una violazione, ha affermato.

“Non è necessario aspettare che il canale venga effettivamente chiuso da qualche atto di sabotaggio o aggressione, che, come abbiamo sentito dalla testimonianza, sarebbe devastante per gli Stati Uniti”, ha affermato.

Kontorovich ha inoltre detto che il trattato consente agli Stati Uniti di “difendere il canale da qualsiasi minaccia al regime di neutralità”.

Mentre la Panama Canal Authority (PCA) controlla il funzionamento del canale, il governo panamense ha potere amministrativo sui porti, sui diritti idrici e sul registro navale della nazione, secondo la Federal Maritime Commission.

Tuttavia alcuni sono preoccupati che l'operazione portuale cinese, combinata con la costruzione di un quarto ponte attraverso il canale da parte di aziende cinesi, potrebbe essere utilizzata per bloccare il punto di strozzatura vitale se dovesse scoppiare un conflitto.

“Le aziende cinesi stanno costruendo un ponte sul canale, a un ritmo lento, in modo da impiegare quasi un decennio, e controllano i porti container a entrambe le estremità”, ha affermato il senatore Ted Cruz (R-Texas), presidente della Commissione per il commercio del Senato.

“Il ponte parzialmente completato dà alla Cina la possibilità di bloccare il canale senza preavviso e i porti forniscono alla Cina posti di osservazione pronti per programmare tale azione. Questa situazione pone gravi rischi per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti”.


Influenza o controllo?

Nehemías J. Jaén Celada, un esperto di politiche pubbliche, ha avuto ampi rapporti con il governo cinese come ex-diplomatico panamense in Cina.

Sebbene Pechino abbia molta influenza a Panama, Jaén ha affermato di non credere che ciò equivalga a una violazione del trattato, aggiungendo che non vede basi legali affinché Washington si riprenda il canale.

Quando l'allora presidente panamense Juan Carlos Varela decise di tagliare i legami con Taipei nel 2017 per firmare con la BRI del governo cinese, lo fece pensando che la mossa avrebbe attirato significativi investimenti cinesi.

“Posso dirvi che non esiste un investimento [cinese] enorme nel Paese”, ha detto Jaén a The Epoch Times. “Non è mai successo”.

Le aziende cinesi stanno facendo offerte per progetti e offrendo servizi, ma questo non è la stessa cosa che investire a Panama, ha aggiunto Jaén.

I panamensi vedono il Canale di Panama come parte della loro identità, quindi egli crede che le minacce di Trump di riprenderne il controllo siano parte di una strategia di sicurezza nazionale definibile “quasi sicurezza”.

“Quindi ciò significa che tutti gli ambiti, come commercio, economia, finanza, manifattura, tutti sono sostituiti dalla sicurezza nazionale degli Stati Uniti”, ha affermato Jaén.

“L'obiettivo principale di Trump è solo quello di assicurarsi che l'influenza e la presenza della Cina non si espandano”.

Jaén ha affermato che, nel complesso, l'influenza cinese è diminuita da quando la miniera di rame di Panama è stata chiusa per motivi ambientali.

Ha osservato i dati che mostrano che la Cina si è classificata al primo posto dal 2021 al 2023 in termini di esportazioni panamensi durante l'attività della miniera di rame, ma è scesa al quarto posto l'anno scorso. Jaén crede anche che gli Stati Uniti vogliano impedire al governo cinese di partecipare a un ambizioso progetto ferroviario per collegare Panama City alla città di David, che confina con la Costa Rica.


Spionaggio e sabotaggio

Parte della preoccupazione dei senatori è la propensione del Partito comunista cinese a spiare gli Stati Uniti e i noti attacchi informatici lanciati da Volt Typhoon, un gruppo di hacker sponsorizzato dallo stato cinese. Gli Stati Uniti e i suoi principali partner di intelligence globale, noti come Five Eyes, hanno emesso un avviso il 19 marzo 2024 in merito all'attività di quel gruppo il quale prende di mira le infrastrutture critiche.

Schmitt ha osservato durante l'udienza che le gru di fabbricazione cinesi utilizzate nelle spedizioni sono suscettibili di hacking.

“La ZPMC di proprietà cinese, che fornisce l'80% delle gru portuali statunitensi, ha dotato le proprie gru di modem cellulari che creano vulnerabilità sfruttabili”, ha affermato.

La senatrice Tammy Baldwin (D-Wis.) ha affermato che la capacità del Partito comunista cinese di condurre sorveglianza attraverso i suoi progetti infrastrutturali rende problematico il quarto ponte costruito dai cinesi attraverso il canale.

“È essenziale un campo di gioco sicuro e livellato, cosa che al momento non abbiamo”, ha affermato. “Le attuali pratiche cinesi non lo consentono”.

Secondo la testimonianza all'udienza, il Comando meridionale degli Stati Uniti teme che la sorveglianza possa essere condotta dal quarto ponte sul canale, il quale includerà un sistema di metropolitana leggera.

La PCA è responsabile del transito, delle chiuse di spedizione e del movimento delle imbarcazioni nelle acque del Canale di Panama, insieme alla sicurezza del canale.

L'agenzia ispeziona i progetti sotto la sua giurisdizione, come il quarto ponte sul canale, per garantire la conformità ai requisiti, secondo Ilya Espino de Marotta, vice amministratore del Canale di Panama ed ex-vicepresidente esecutivo di ingegneria e gestione dei programmi per la PCA.

E sebbene non controlli i porti al di fuori del canale, può gestire le emergenze che potrebbero bloccare il traffico del canale con attrezzature specializzate e operatori navali addestrati, ha detto a The Epoch Times.

Sebbene non si siano verificati grossi problemi di sicurezza negli ultimi 30 anni, l'agenzia ha gru galleggianti e un team di risposta rapida pronto a gestire situazioni come una nave in panne o bloccata nel canale.

Il funzionamento del canale è stato modernizzato con computer che gestiscono le sue operazioni, ma può essere azionato manualmente in caso di emergenza, ha detto Espino de Marotta.

La PCA salvaguarda il canale e la sua infrastruttura attraverso la collaborazione con il Dipartimento della sicurezza interna degli Stati Uniti, ha aggiunto.

Tre anni fa la PCA ha iniziato a lavorare con la Cybersecurity and Infrastructure Security Agency degli Stati Uniti, parte del Dipartimento della sicurezza interna, per proteggersi dalle minacce informatiche al canale, ha concluso.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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È ora di far fuori anche gli sprechi nell'FBI

Lun, 10/03/2025 - 11:03

La tesi contro lo stato amministrativo ha molte giustificazioni. Quella principale è che esso è fuori controllo, andando ben oltre di quanto il Congresso gli ha strettamente richiesto di fare, aiutato inoltre da sentenze giudiziarie mal concepite come la dottrina Chevron che richiedeva ai giudici di rimettersi alle interpretazioni delle agenzie governative. Lo stato amministrativo ha raggiunto il suo apice durante la crisi sanitaria; ora le cose stanno cambiando. Prima dell'elezione di Trump, la Corte Suprema aveva avviato il processo di ripristino del governo costituzionale in una serie di decisioni, la più importante delle quali è stato il ribaltamento della dottrina Chevron, rimuovendo la deferenza giudiziaria di fronte all'interpretazione della legge da parte delle agenzie governative. Ciò di cui c'era bisogno era un'amministrazione disposta ad agire su questi nuovi principi legali e ciò si è concretizzato con il DOGE. Il suo assalto alla USAID ha reso evidente che i burocrati avevano un immenso potere clientelare, concedendo sovvenzioni col denaro dei contribuenti a molti destinatari immeritevoli che erano ideologicamente allineati con le amministrazioni precedenti. I contratti presso altre agenzie avevano uno scopo simile. Non solo, ma il DOGE ha continuato la sua campagna di individuazione degli sprechi tagliando il numero dei burocrati e riducendo il numero dei dipendenti pubblici dovunque si potesse fare. Queste prime due misure (annullamento di sovvenzioni e riduzione della forza lavoro pubblica) sono solo un preludio a quello che dovrebbe essere il vero lavoro del DOGE, ovvero ridurre il numero e l'onere delle normative. Se il DOGE dovesse avere successo in questo processo, allora si tratterebbe del più grande risultato di deregolamentazione mai visto nel mondo moderno.

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di David Stockman

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/e-ora-di-far-fuori-anche-gli-sprechi)

Stanno sudando freddo nella palude di Washington. Kash Patel è stato confermato con un voto del Senato di 51-49 come direttore dell'FBI e questo significa che ci sarà una carovana di camion DOGE che trasporterà fuori i licenziati molto presto.

Soprattutto dopo che l'FBI è andata all-in nella campagna per defenestrare Donald Trump nel 2016 e in seguito; il livello di illegalità e di attacchi sfacciati ai processi costituzionali provenienti dall'Edgar Hoover Building non ha letteralmente conosciuto limiti. Presto avremo una documentazione in bianco e nero che dimostrerà che l'FBI non solo sapeva fin dall'inizio che la storia dell'interferenza russa nelle elezioni era una bufala, ma che i funzionari di alto livello dell'FBI erano in realtà complici nella sua fabbricazione/diffusione.

Ma l'illegalità presso la presunta principale agenzia di polizia della nazione non è una novità. Il Federal Bureau of Investigation è un'istituzione canaglia della palude di Washington immersa in una vita di ignominia e disprezzo per la libertà costituzionale e la democrazia.

Il suo predecessore fu creato durante le orribili retate del Procuratore generale Mitchell nel 1918-1919, quando migliaia di cittadini furono arrestati senza mandato, semplicemente per il crimine di avere opinioni socialiste o di sinistra o per simpatizzare con la Germania.

Poi prosperò durante il periodo del proibizionismo negli anni '20. L'abrogazione di quest'ultimo nel 1933 aprì la strada a una corsa ancor più malefica durante l'era di J. Edgar Hoover: una caccia alle streghe comunista e feroce persecuzione di leader per i diritti civili e la pace come Martin Luther King. Infatti la campagna di Hoover per esporre la vita personale del dottor King fu così odiosa da rendere il fatto che la sede centrale dell'FBI sia ancora chiamata “Edgar Hoover Building” è una vergogna nazionale, e una che supera di gran lunga gli oscuri tribunali del sud che prendono il nome da alcuni defunti generali confederati.

Hoover morì nel maggio del 1972, al suo 48° anno di mandato, ma aveva accumulato un dossier così vasto di informazioni compromettenti su tutti i politici e i leader nazionali di Washington che la sua segretaria personale, Helen Gandy, si mise immediatamente a distruggerli per paura che gli uomini di Nixon li potessero usare.

Infatti l'FBI di Hoover aveva archivi di decine di migliaia di americani senza una buona ragione, se non quella di avere opinioni o convinzioni politiche che il direttore dell'FBI disdegnava. Il sottoscritto ci è persino entrato dentro da giovane, non interessato a essere mandato nelle giungle del Sud-est asiatico per massacrare i “gook” che non avevano offeso la gente della nostra contea rurale nel Michigan. A tal proposito mi sono guadagnato un “archivio” all'FBI, qualcosa che considero ancora un distintivo d'onore.

Sfortunatamente la scomparsa di Hoover non portò alla purificazione dell'istituzione che era attesa da tempo. Invece durante la Guerra al Terrorismo divenne una fonte di falsi allarmismi, inganni e stratagemmi di intrappolamento. Ecco solo tre delle più note operazioni dell'FBI durante quel periodo, tutte ovviamente progettate per creare paura nell'opinione pubblica, sollecitare i legislatori e far sì che i budget e i livelli di personale dell'FBI si espandessero inesorabilmente.

  1. The Newburgh Four Case (2009): in questo caso quattro uomini vennero condannati per aver complottato per far esplodere sinagoghe e abbattere aerei militari. L'FBI usò un informatore per incoraggiare e facilitare il complotto, fornendo bombe e armi finte. In realtà non c'era uno straccio di prova che gli imputati fossero predisposti a commettere tali atti, ma furono sistematicamente attirati nella trappola dell'FBI.

  2. The Fort Dix Plot (2007): qui sei uomini vennero arrestati per aver pianificato un attacco a Fort Dix, una base dell'esercito americano nel New Jersey. L'FBI usò un informatore che si infiltrò nel gruppo, li incoraggiò a portare a termine il complotto e piazzò le prove che portarono alla loro condanna.

  3. The Michigan Militia Case (2020): questa truffa coinvolse un piano elaborato per rapire il governatore del Michigan, Gretchen Whitmer. L'FBI usò diversi informatori e agenti sotto copertura per incoraggiare e facilitare il piano. In questo caso il piano si concluse con assoluzioni e un processo nullo perché la facilitazione dell'FBI era goffa e ovvia.

Ciò che alla fine ha portato alla conferma di Kash Patel è stata la palese militarizzazione dell'FBI da parte della nomenklatura dello Stato profondo determinata a distruggere il Presidente degli Stati Uniti nel 2016 e dopo. In tale impresa hanno davvero oltrepassato ogni limite. La vendetta di Donald per l'oltraggiosa incursione dell'FBI nella sua stessa casa dopo aver lasciato l'incarico sarà spietata e senza riserve, e non potrebbe avere uno strumento di rivendicazione più capace e potente del suo direttore dell'FBI appena confermato.

In breve, la conferma di Patel segna la fine di 100 anni di aggressioni allo stato di diritto, non la sua promozione. E, come ho scritto nell'articolo “Come tagliare $2.000 miliardi dal bilancio federale americano”, quella storia è motivo sufficiente per abolire completamente l'FBI.

Il fatto è che non ce n'è mai stato bisogno in primo luogo di questa agenzia, al di fuori dell'opportunismo politico e della promozione di crociate che non rientrano nella competenza del governo federale. Tuttavia, in questa sfera di ingrandimento dello stato, i cosiddetti “conservatori” repubblicani condividono gran parte della colpa a causa della loro visione fuorviante che “legge e ordine” siano un legittimo obiettivo del governo federale.

D'altra parte c'è una ragione valida per cui abbiamo 90.000 unità in governi statali e locali: per decentralizzare, disperdere e silenziare l'esercizio del potere governativo centrale. Quindi l'applicazione delle leggi penali è proprio una di quelle funzioni che è meglio tenere il più lontano possibile dalla capitale della nazione, come dimostra a palate la storia dell'FBI.

In ogni caso l'azione penale e l'applicazione delle sanzioni penali sono già condotte dalle forze di polizia e dai tribunali statali e locali. Ad esempio, attualmente negli Stati Uniti si verificano circa 7,5 milioni di arresti ogni anno, ma solo circa 10.000 di questi vengono eseguiti dall'FBI. Si tratta solo dello 0,14%.

Allo stesso modo, ci sono attualmente 1.214.000 tra poliziotti e personale delle forze dell'ordine nelle buste paga dei governi statali e locali negli Stati Uniti. Ciò si confronta con solo 15.000 ufficiali dell'FBI (su 37.300 dipendenti) coinvolti nell'applicazione della legge penale nazionale. Ciò include tutti gli agenti e il personale di supporto che lavorano su un'ampia gamma di questioni come la criminalità informatica, il traffico di droga, i crimini violenti e i reati dei colletti bianchi, ma è una cifra che ammonta solo all'1,2% del livello delle forze di polizia statali e locali.

 In fin dei conti solo $2,5 miliardi del budget da $11,4 miliardi dell'FBI sono coinvolti in ciò che classifica generosamente come “antiterrorismo”. Direi di tagliare quella cifra del 60% e di trasferire personale e attività a un'unità antiterrorismo da $1 miliardo all'anno nel Dipartimento di Giustizia. Qualsiasi minaccia reale di terrorismo negli Stati Uniti, al contrario di azioni egoistiche escogitate dall'FBI come il complotto sopra menzionato per rapire il governatore del Michigan, può essere facilmente gestita con un budget annuale da $1 miliardo.

Dopodiché il vero mandato di Kash Patel dovrebbe essere quello di raccogliere e rivelare tutti i crimini e gli abusi della storia dell'FBI; creare un museo per disonorarla da qualche parte nell'entroterra americano, forse l'Alabama, come anch'egli ha suggerito; infine chiudere tutto il resto con una riduzione di 34.000 dipendenti e un risparmio sui costi di compensazione diretta di $5,4 miliardi all'anno, insieme ad altri $5 miliardi di risparmi sulle spese generali dell'FBI, sui contratti, sull'occupazione, sui viaggi e altri costi.

Il fatto è che, al di fuori di una funzione antiterrorismo, l'America non ha bisogno dell'FBI per mantenere sicure le comunità, le strade e le case della nazione. Le forze dell'ordine locali possono gestire benissimo tali funzioni.

Dopotutto, non c'è alcuna correlazione tra i tassi di criminalità in America e l'implacabile aumento del budget dell'FBI. Si consideri l'arco di 64 anni del tasso di omicidi negli Stati Uniti raffigurato nel grafico qui sotto.

Il numero di omicidi di 4,7 ogni 100.000 è lo stesso oggi di quello nel 1960; i giovani tra i 16 e i 40 anni commettono la maggior parte dei crimini violenti, quindi è stato essenzialmente il passaggio dall'epoca dei baby boomer al più recente calo demografico nella popolazione a causare l'aumento e la successiva diminuzione del tasso di criminalità come mostrato di seguito.

Tuttavia l'FBI ha sfruttato la paura pubblica della criminalità per giustificare i bilanci che continuavano ad espandersi, soprattutto durante le amministrazioni repubblicane desiderose di sfruttare la questione di legge e ordine. Ad esempio, il budget dell'FBI in dollari costanti (2024) è aumentato del 54% durante l'amministrazione Reagan e del 42% durante gli otto anni di Bush jr.: entrambi gli aumenti hanno superato di gran lunga quello durante le amministrazioni precedenti o successive.

Ovviamente l'implacabile aumento di 7 volte della spesa pro-capite dell'FBI tra il 1960 e il 2024 non ha avuto alcuna correlazione con il grafico demografico di cui sopra. Quindi, alla fine, l'occasione di sradicare finalmente questa agenzia canaglia dalla palude di Washington potrebbe essere finalmente arrivata.

Budget dell'FBI pro-capite in dollari costanti:

• 1960: $5,00

• 1980: $9,00

• 1988: $13,85

• 2000: $20,65

• 2008: $29,25

• 2024: $35,00


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.


Ciò che l'eurodollaro ha dato, l'eurodollaro si sta riprendendo (Parte #3): la fine del carry trade sullo yen e lo sgretolamento della LBMA

Ven, 07/03/2025 - 11:05

 

 

di Francesco Simoncelli

(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/cio-che-leurodollaro-ha-dato-leurodollaro-7ed)

In questa serie di saggi collegati tra loro, e che esplorano il mondo creato dall'eurodollaro, abbiamo inizialmente fatto una panoramica generale di tale mercato e di come si sia evoluto nel corso del tempo; poi abbiamo dato la nostra risposta alla domanda più importante di tutte: chi ha alimentato il mercato dell'eurodollaro per i propri scopi. La risposta: la creatura di Threadneedle Street. Ora c'è un altro tassello da inserire nel mosaico dell'eurodollaro: la BoJ e il carry trade sullo yen che ha caratterizzato l'era della ZIRP. L'incredibile deformazione economica e finanziaria partorita dalla Banca del Giappone, la più attiva durante la cosiddetta era del “consenso delle principali banche centrali del mondo”, ha permesso a Bruxelles e a Londra di attingere da un'ulteriore fonte di finanziamento facile per portare avanti i propri imperi e far guadagnare tempo all'euro e alla sterlina. Quest'ultima è ancora più sotto pressione oggi a causa dello sgretolamento della LBMA, ma questo è un argomento che affronteremo nella seconda parte del saggio di oggi. Il punto fondamentale qui è uno: invertire decenni di ramificazioni del mercato dell'eurodollaro, i quali hanno dato vita a tutta una serie di mostri monetari utili solamente alla City di Londra e alla cricca di Davos per sostenere i loro piani di “ristrutturazione mondiale” e uscirne come punti di riferimento nel sistema successivo. Questo, inutile dirlo, a scapito di quelle nazioni che mettevano “involontariamente” sul piatto la propria ricchezza reale: Stati Uniti e Giappone.


LA FINE DEL CARRY TRADE SULLO YEN

La Banca del Giappone ha infine concluso la sua linea di politica di tassi negativi durata otto anni e ha invertito la maggior parte delle sue strategie di quantitative easing non convenzionali, affermando che il Giappone si sta avvicinando a una nuova era di “inflazione stabile”. Il governatore della BoJ, Kazuo Ueda, ha anche affermato che le linee di politica della banca hanno “raggiunto i loro obiettivi” e ha aggiunto il motivo per cui l'aumento era giustificato: salari e prezzi stanno aumentando costantemente in Giappone. La BoJ sta, quindi, aggiustando il suo obiettivo primario riguardo i tassi d'interesse a breve termine e l'anno scorso ha fatto segnare il suo primo rialzo dei tassi sin dal 2007.

Nel 2016 la Banca del Giappone aveva adottato la NIRP con l'obiettivo di “stimolare i prestiti” per rivitalizzare l'economia stagnante della nazione. Questo approccio, utilizzato anche dalla BCE in Europa, significa fondamentalmente che i depositanti pagano commissioni alle banche per detenere il loro denaro e consente ai mutuatari di ottenere prestiti a costi molto bassi, incoraggiando così la spesa. Una deformazione “necessaria” nel mondo capovolto dell'economia moderna, dove il debito pubblico delle varie nazioni in percentuale del PIL è fuori scala e la bomba demografica continua a ticchettare insistentemente (pensionati in aumento + tassi di natalità in calo). La soppressione dei tassi è andata avanti eseguendo quella che viene chiamata Yield Curve Control: stampare yen per acquistare obbligazioni e abbassarne i rendimenti quando essi salivano troppo in alto e venderle se i rendimenti scendevano troppo in basso.

Utilizzando la YCC il governatore della BoJ, Kuroda, aveva sperato di passare da un QE estremamente accomodante a una posizione monetaria meno accomodante. Per quanto c'abbia provato, ha finito lo stesso per essere accomodante, poiché c’era un’offerta permanente su qualsiasi JGB. La BoJ ha divorato obbligazioni giapponesi giorno dopo giorno, sia attraverso le convenzionali operazioni di “acquisto fisso” sia attraverso le “operazioni di acquisto non programmate”. Entrambi questi strumenti sono stati utilizzati per mantenere bassi i tassi e hanno tenuto operativo il QE come effetto collaterale. 

Ciò è chiaramente visibile nel bilancio della BoJ, dove possiamo osservare la crescita costante delle attività dal 2012 in poi.

In quel periodo accaddero diverse cose importanti. Shinzo Abe assunse il ruolo di Primo Ministro e, subito dopo l'insediamento, svelò la sua strategia economica, nota come “le tre frecce”. Ogni freccia simboleggiava una componente del suo piano economico: la prima rappresentava l'allentamento monetario, la seconda la politica fiscale adattiva e la terza mirava a rappresentare strategie per la crescita e le riforme strutturali. Il 2012 fu anche una pietra miliare nel regno degli obiettivi monetari: sia la FED che la BoJ adottarono un obiettivo di inflazione al 2%. Di conseguenza queste due banche centrali si misero a capo di quel collettivo di banche centrali del mondo che avrebbero adottato una linea di politica identica e sincronizzata, inaugurata dalla Nuova Zelanda nel 1990.

Il Monetary Policy Meeting tenutosi nell'aprile 2013 segnò il debutto di Haruhiko Kuroda come Governatore della Banca del Giappone. Durante quell'incontro fu annunciato qualcosa chiamato Quantitative and Qualitative Monetary Easing: il suo obiettivo primario era di raggiungere un tasso di inflazione del 2% entro un lasso di tempo di circa due anni. La strategia era progettata per combattere la deflazione nella nazione espandendo le dimensioni del suo bilancio e migliorandone la qualità attraverso sia una crescita “quantitativa” che miglioramenti “qualitativi”. In pratica questo significava che la BoJ si sarebbe concentrata non solo sull'acquisto di più asset, ma nello specifico sull'acquisto di più asset illiquidi e rischiosi, rimuovendo di fatto questi titoli “tossici” dal sistema bancario e mettendoli nel bilancio della banca centrale. Ciò avrebbe aumentato il rischio di perdite mark to market per la BoJ, ma questo “non aveva importanza” poiché avrebbe potuto sempre stampare più yen per coprire eventuali perdite.

La BoJ si sarebbe impegnata a proseguire con il suo programma e a potenziarlo se necessario. Il focus si spostò dal tasso d'interesse di riferimento (l'uncollateralized overnight call rate) alla base monetaria. Il piano QQE del 2013 comportava l'espansione annuale della base monetaria di un ammontare compreso tra i ¥60.000 miliardi e i ¥70.000 miliardi. Le componenti principali di questi acquisti includevano:

• JGB: scadenza fino a 40 anni e con una scadenza media di 6-8 anni;

• Fondi negoziati in borsa (ETF): ¥1.000 miliardi;

• Titoli d'investimento nel mercato immobiliare (J-REIT): ¥30 miliardi.

Il piano fu poi ampliato a ¥80.000 miliardi. Questo programma è durato un decennio e nel 2018 gli asset detenuti dalla banca centrale giapponese crebbero fino a diventare più grandi dell'economia giapponese stessa!

Quando la FED ha iniziato il suo ciclo di rialzo dei tassi nel marzo 2022, abbiamo visto un'enorme pressione accumularsi sul sistema finanziario giapponese, e questo ha portato la loro valuta a esplodere.

Tale pressione s'è accumulata per tutta la primavera e l'estate dello scorso anno. A fine aprile 2024 la BoJ ha tenuto una conferenza stampa che ha visto il pair USDJPY salire di ¥3 solo durante il corso delle discussioni. I funzionari sono andati rapidamente nel panico e hanno autorizzato due interventi: uno dopo l'altro in rapida successione. Il Ministero delle finanze, in collaborazione con la banca centrale, ha speso ¥9.000 miliardi in interventi monetari. Le autorità giapponesi di solito non confermano immediatamente se sono intervenute nei mercati valutari, ma spesso avvertono che sono pronte a intervenire se ci sono troppe “operazioni speculative”. Inoltre non bisogna scordarsi di una cosa: il Giappone ha superato la Cina in quanto a possedimenti dei titoli di stato americani ($1.000+ miliardi), oltre a valuta estera pari a $100 miliardi, ed entrambe le cose possono essere utilizzate per difendere lo yen mantenendolo intorno al livello 140-150.

L'obiettivo di questi interventi era semplice: far saltare le posizioni short con quanta più potenza di fuoco possibile, nel modo più casuale possibile, per incutere paura e impedire ai nuovi carry trader di aprire posizioni. Ricordate che i carry trade prendono in prestito in una valuta e prestano, o investono, in un'altra, guadagnando la differenza tra le due operazioni. In genere i carry trader copriranno uno o entrambi i lati della loro operazione in modo che le possibilità di margin call siano basse o inesistenti; tuttavia il costo di impostazione e mantenimento degli swap per farlo erode i profitti.

A tal proposito il Giappone ha rappresentato un gigantesco meccanismo di finanziamento per i carry trader a causa dei suoi tassi d'interesse sotto lo zero: era estremamente economico prendere in prestito in yen, senza contare che a un certo punto i tassi dei depositi a tempo erano addirittura negativi, il che significava che i mutuatari venivano pagati per accendere prestiti.

Ma l'altro motivo per cui il Giappone ha creato un carry trade così grande (che gli analisti di Deutsche Bank hanno stimato in un equivalente sbalorditivo di $20.000 miliardi!) era dovuto alla mancanza di volatilità nella politica monetaria stessa. La Banca del Giappone stava aggiustando il suo QE, le sue bande YCC, ma il tasso d'interesse di base, quello addebitato per i prestiti di riserva dalla banca centrale stessa, non era cambiato. Tenete a mente che il tasso di riferimento della BoJ è il parametro di riferimento su cui vengono giudicati tutti gli altri tassi: quando si muove, si muove l'intero complesso dei tassi... almeno in teoria. Poiché questo tasso è rimasto a -10 punti base sin dal 2016, c'è stata essenzialmente zero volatilità su un'intera gamba, quella del finanziamento del carry trade. Ciò lo ha reso molto più redditizio di quanto non sarebbe stato altrimenti, poiché i trader non dovevano pagare per coprire questo rischio. La stabilità fornita dalla BoJ ha incoraggiato sempre più carry trader a buttarsi a capofitto in questa operazione, cosa che alla fine ha messo straordinaria pressione sullo yen, tanto che si è svalutato del 50% in due anni.

Il risparmiatore medio giapponese è ovviamente quello che ha pagato il prezzo. E i banchieri centrali, che non devono rendere conto a nessuno, hanno continuato questa linea di politica folle per anni.

How the Yen Carry Trade Blows Up

In just 90 seconds! pic.twitter.com/J38dFzDVFj

— Travis Hoium (@TravisHoium) August 5, 2024

La BoJ, però, ha annunciato piani per ridurre gradualmente i suoi acquisti di titoli di stato della metà, fino a ¥3.000 miliardi al mese entro l'inizio del 2026. Ha inoltre dichiarato di aver cessato le sue politiche di controllo della curva dei rendimenti e di allentamento qualitativo e quantitativo. Prevede inoltre di ridurre gradualmente i suoi acquisti di obbligazioni societarie e commerciali con l'obiettivo di eliminare gradualmente queste operazioni nel giro circa di un anno. Sotto la guida di Ueda, la BoJ ha rialzato i tassi di un totale di 50 punti base in meno di un anno. L'aumento ha avuto conseguenze immediate: lo yen ha immediatamente iniziato ad apprezzarsi rispetto al dollaro, scendendo costantemente a 146. Tutti i carry trader USDJPY sono finiti sotto il proverbiale rullo compressore. Viene smantellata tutta quella leva finanziaria che stava spingendo lo yen sopra i 160, con grande approvazione di Ueda che voleva disperatamente fermare la crisi monetaria sul nascere.

Ma niente avviene senza pagarne il prezzo, soprattutto quando si tratta di interventismo economico. Dover raddrizzare la situazione significa imboccare la strada del dolore economico, scelta obbligata quando si tratta di dover correggere anni e anni di deformazioni economiche. Ma qui ci viene incontro la lezione dell'Argentina, noto laboratorio statunitense da quando Milei è salito al potere per vedere a cosa avrebbe portato una terapia shock: dolore nel breve termine, sollievo/prosperità nel lungo termine. Anzi, è passato poco più di un anno e l'Argentina sta già vedendo i benefici che ha avuto la cura Milei nel Paese. La stessa cosa accadrà negli Stati Uniti, soprattutto lungo la scia dei tagli alla spesa pubblica come sta accadendo con lo smantellamento della USAID. Oltre a tagliare la spesa pubblica questo approccio permetterà anche di offrire sollievo alla popolazione in generale attraverso misure fiscali direzionate a puntellare la resilienza degli americani e rafforzare la loro fiducia nel futuro della nazione.

Is the next move for DOGE cutting $5,000 checks to American taxpayers?

Politically, it’s a fantastic idea. And the inflation impact is 60 times smaller than Covid spending.

How would it work? pic.twitter.com/PxBGpYNUnD

— Peter St Onge, Ph.D. (@profstonge) February 28, 2025

La stessa cosa può accadere in Giappone, visto che la BoJ adesso si muove in sintonia con la FED. Il dolore economico si presenterà alle porte della nazione nipponica sotto forma di un pagamento di interessi per il suo gigantesco debito pubblico pari al 13% del PIL. Ma questo non deve spaventare le autorità giapponesi, dato che la partnership con gli USA avrà i suoi vantaggi adesso che questi ultimi si sono liberati dal giogo del LIBOR e possono indirizzare la politica monetaria/fiscale in base alle loro reali esigenze. Per quanto possano essere seri i problemi economici di Stati Uniti e Giappone, a questo punto, non lo saranno di più di quelli di Europa e Inghilterra che hanno svuotato le loro economie della manifattura per finanziarizzarle, forti del fatto che avrebbero avuto un accesso privilegiato alla stampante della FED con cui drenare ricchezza reale americana e quindi sostenersi nel tempo. Non avrebbero potuto rendere ipertrofici i loro Stati sociali altrimenti.

Adesso sono loro a dover metter mano alla stampante o vendere i propri asset, ma con quale collaterale?


LO SGRETOLAMENTO DELLA LBMA

Il mese scorso i caveau della Banca d'Inghilterra hanno assistito a un esodo di oro, poiché i trader si sono affrettati a spostare i lingotti negli Stati Uniti, temendo gli effeti di potenziali dazi sul commercio mondiale. Circa $82 miliardi in oro, il 2% delle riserve totali della BoE, sono stati spediti oltreoceano riducendo l'offerta sul mercato di Londra e facendo schizzare i tassi di prestito a breve termine per l'oro dal 2-3% a quasi il 10%. L'enorme volume di prelievi ha persino causato colli di bottiglia logistici, con tempi di attesa per i prelievi di oro che si sono estesi da pochi giorni un mese fa a 4-8 settimane ora. Questo processo continuerà fino a quando gli acquirenti non si saranno esauriti, o un catalizzatore fondamentale non interverrà per fermare il riscatto indotto dalla paura.

Amazing, absolutely no one discussing the idea of precious metals markets edging toward backwardations and fewer actually understand what this means for prices and the industry.

— bob coleman (@profitsplusid) February 28, 2025

Questa corsa all'oro fisico è un altro segno che la fiducia nei sistemi monetari fiat si sta erodendo, ma non è la prima volta che i mercati mettono alla prova la Banca d'Inghilterra. Prima della recente corsa all'oro, il mercato dei titoli di stato aveva già messo a nudo la fragilità del sistema finanziario del Regno Unito. Anni di politica monetaria ultra-elastica, prestiti governativi senza freni e una banca centrale intrappolata tra la lotta all'inflazione e il mantenimento a galla dei mercati hanno creato la tempesta perfetta. Inoltre i lingotti d'oro conservati presso la Banca d'Inghilterra sono stati scambiati a un prezzo scontato rispetto al mercato generale, poiché i ritardi nei prelievi li rendono meno desiderabili dell'oro conservato in caveau più accessibili... oppure il mercato sta iniziando a valutare il fatto che la BoE potrebbe non avere effettivamente l'oro dichiarato ufficialmente.

La Banca d'Inghilterra svolge un ruolo fondamentale nel mercato dell'oro di Londra, il più grande hub mondiale per il commercio di lingotti. Detiene conti in oro per altre banche centrali, le quali scelgono Londra per la sua convenienza nel prestito o nella vendita di oro. La BoE consente inoltre a determinate entità commerciali (come le bullion bank) di detenere conti in oro presso di essa, il che fornisce liquidità alle banche centrali, e i caveau conservano una parte significativa dei lingotti d'oro “London Good Delivery” che soddisfano gli standard LBMA. L'oro conservato presso la BoE può essere utilizzato per prestiti e swap, il che ovviamente va a cambiare la struttura del mercato. L'oro conservato presso la Banca d'Inghilterra viene quotato a sconti superiori a $5 l'oncia rispetto al prezzo spot di Londra. Questo divario di prezzo potrebbe sembrare piccolo, ma in realtà è enorme, poiché l'oro presso la BoE in genere viene scambiato esattamente in linea con il mercato più ampio di Londra. Dal punto di vista storico eventuali premi o sconti sono sempre risultati minimi, solitamente solo pochi centesimi l'oncia, quindi l'attuale sconto di $5 l'oncia è centinaia di volte più grande del normale!

La Banca d'Inghilterra detiene oltre 400.000 lingotti d'oro, per un valore di oltre $450 miliardi ai prezzi correnti. Questa è solo una frazione delle oltre 8.000 tonnellate di oro immagazzinate a Londra, secondo la LBMA. Tuttavia una parte significativa di tale stock è di proprietà di fondi negoziati in borsa (ETF), altre banche centrali e investitori a lungo termine che potrebbero non essere disposti a vendere. Ciò significa che il mercato è estremamente stretto.

Le banche centrali in particolare non sembrano essere disposte a vendere, anzi sono state impegnate in una frenesia di acquisti di lingotti negli ultimi anni. Nel 2024 gli acquisti di oro sono rimasti forti, confermando una tendenza di aumento a cui abbiamo assistito nell'ultimo decennio, ma soprattutto dopo la crisi sanitaria. Le banche centrali hanno aggiunto 1.045 tonnellate metriche nette alle loro riserve auree, segnando il terzo anno consecutivo di acquisti superiori a 1.000 tonnellate. Questo accumulo è stato alimentato da un gruppo eterogeneo di Paesi, con la Banca nazionale di Polonia in testa che ha aggiunto 90 tonnellate portando le sue riserve totali a 448 tonnellate (il 17% delle sue riserve internazionali totali). Altri acquirenti degni di nota erano la Banca centrale di Ungheria, che ha aumentato le sue riserve di 16 tonnellate, e la Banca nazionale di Serbia, che ha aggiunto 8 tonnellate (grandi cifre per Paesi piccoli in termini di popolazione e PIL).

Il primo trimestre del 2024 aveva anche stabilito un nuovo record per la domanda di oro delle banche centrali, con acquisti netti per un totale di 290 tonnellate. Questa impennata è stata in gran parte attribuita ai grandi acquisti da parte di Cina, Turchia e India, con l'India in testa. Alla fine del 2024 le riserve auree totali delle banche centrali mondiali avevano raggiunto circa 36.699 tonnellate metriche, pari a un enorme 17% di tutto l'oro estratto.

Le banche centrali stanno effettuando una svolta strategica verso l'oro come copertura contro la volatilità economica e un mezzo per diversificare le loro riserve.

A causa di questa massiccia corsa a rispedire l'oro negli Stati Uniti e nel COMEX, i mercati hanno iniziato a lanciare segnali di stress: il tasso di locazione a 1 mese a Londra ha iniziato a salire a dicembre e poi ha superato i massimi di 5 anni a gennaio. Esso rappresenta il rendimento che gli individui che detengono lingotti nei caveau di Londra possono guadagnare prestando il loro metallo a breve termine. L'impennata di questo tasso significa che la domanda è più forte che in qualsiasi altro periodo degli ultimi anni, e di molto anche. Sono principalmente le bullion bank ad alimentare questa domanda, le quali stanno cercando di prendere in prestito più oro possibile per arbitrare la differenza di prezzo tra Londra e New York. Non solo, ma devono passare dalla Svizzera per fondere i lingotti: le barre standard da 400 once scambiate a Londra non possono essere spedite direttamente a New York per la consegna al COMEX, visto che i contratti denominati in tale peso, inaugurati nel 2020, raramente vengono usati. Invece i trader devono “ri-raffinare” i lingotti in barre da 100 once a Zurigo prima di spedirle negli Stati Uniti. Di conseguenza i premi sono saliti fino a $50 per oncia, rendendo l'operazione altamente redditizia per gli arbitraggisti.

Un altro segnale che il mercato è sotto stress è il fatto che i futures sono entrati in backwardation: i prezzi forward a 1 mese vengono scambiati al di sotto dello del livello spot, il che indica che i trader vogliono l'oro subito, e pagheranno un premio per averlo, piuttosto che aspettare un mese per la consegna. La domanda di oro fisico sta salendo alle stelle. La backwardation è più marcata per l'argento. I tassi di locazione a un mese sono saliti all'8%, ben al di sopra di quelli dell'oro.

In ogni caso, le tensioni sul mercato stanno chiaramente preoccupando i funzionari della BoE, così come altre importanti bullion bank. Londra sta venendo prosciugata e i caveau di New York (gestiti da COMEX o banche affiliate al COMEX come JPM) stanno facendo incetta. Mentre questo panico attanaglia Londra e le tempistiche di consegna si allungano a 1-2 mesi, le bullion bank continueranno a darsi da fare per ottenere quanto più oro fisico possibile. Ecco perché lo stanno prendendo in prestito dal mercato (i tassi di locazione stanno esplodendo), ecco perché hanno iniziato a riscattare l'oro detenuto nei caveau della BoE, ecco perché tutti i certificati cartacei legati all'oro hanno iniziato a essere scambiati a un prezzo scontato. L'Imperatore (inglese) è nudo. 

Nel frattempo il COMEX sta importando tutto l'oro su cui riesce a mettere le mani, forse per anticipare le richieste di riscatto dei propri clienti. Se questo processo continua al ritmo attuale, in poche settimane supereranno persino i precedenti record durante la crisi sanitaria. Queste tensioni si manifestano anche in altri mercati dell'oro sintetico: il GLD, il più grande ETF sull'oro negli Stati Uniti, ha visto i suoi tassi di prestito salire alle stelle. L'ETF SPDR Gold conserva il suo oro in diversi caveau, ma quello principale si trova a Londra. L'oro è detenuto sotto forma di lingotti allocati, il che significa che ognuno di essi è specificamente assegnato all'ETF e non può essere utilizzato per altri scopi.

GLD ETF ALERT

The borrowing fee on GLD ETF has gone vertical today.
Similar to SLV ETF pic.twitter.com/grys4KI3l5

— bob coleman (@profitsplusid) February 6, 2025

Molti scrittori, tra cui ANOTHER e FOFOA, hanno costantemente messo in evidenza come sarebbe andata a finire la manipolazione dell'oro cartaceo presso la LBMA e una conseguente rivalutazione reale del metallo giallo. Le rivendicazioni cartacee sono rappresentazioni senza valore e man mano che il capitale si riversa nell'oro fisico, ciò fa schizzare in alto il prezzo di quest'ultimo. Per quanto anche il COMEX non sia un player senza macchie, almeno ha delle regole; la LBMA, invece, non applica alcun freno alla creazione sintetica di oro da investimento. La LBMA e la Banca d'Inghilterra sono l'epicentro della truffa dell'oro sintetico, insieme a molte altre, attirando la domanda verso i derivati e sopprimendo il prezzo dell'oro fisico in modo che i player istituzionali potessero ottenere lingotti a basso costo, e in modo da non sconvolgere l'ordine monetario fiat. Questo schema di Ponzi poteva solo finire in un disastro.


CONCLUSIONE

Il SOFR, la contrazione dell'offerta degli eurodollari, la fine del carry trade sullo yen, la rimarginazione del mercato dell'oro: vengono chiuse tutte quelle scappatoie che possono essere ancora utilizzate da Londra e Bruxelles per attingere indirettamente al bacino della ricchezza reale degli USA. A questo proposito entrambe sono come delle galline senza testa che corrono su e già per l'aia, si notano per lo spettacolo grottesco che danno e per il sangue che schizza ovunque imbrattando qualunque cosa al loro passaggio... ma finisce qui, non hanno alcun peso economico e geopolitico ormai. La rottura del cartello di Davos diventa più palpabile nel momento in cui, in Europa, vengono indetti vertici che non concludono niente e vengono date risposte da “cartolina vacanza” a eventi geopolitici significativi (come quello recente alla Casa Bianca). La velocità con cui l'amministrazione Trump e il DOGE hanno smantellato la USAID era propedeutica a chiudere i rubinetti a tutte quelle ONG e think tank che, con la patina della filantropia, fomentano caos sociale e disordini. Questo significa che gli USA solo adesso si possono focalizzare sulla questione Ucraina, perché in caso di sconfitta della cricca di Davos sul tema della guerra, la risposta successiva di quest'ultima è la violenza per le strade, il terrorismo.

La Germania ad esempio lo sa, il nuovo cancelliere tedesco ha recepito il messaggio. Questa è gente che è disposta a far saltare il tavolo da gioco pur di non cedere le armi, perché sa che sarà destinata all'irrilevanza altrimenti. Togliere finanziamenti a quella coorte di attori eterodiretti all'estero era fondamentale per colpire duramente un potenziale fronte aperto (e di ricatto). Adesso gli agenti infiltrati devono spendere i loro soldi, vendere i loro asset per finanziarsi. E questo causa dolore economico, nonché fratture più marcate nei loro di mercati, quindi lenirli diventa imprescindibile e questo passaggio obbligato passa anche dal rivolgersi direttamente alla fonte che in precedenza si stava fregando indirettamente. La visita di Starmer alla Casa Bianca la scorsa settimana era molto probabilmente dovuta al tipico atteggiamento inglese che vuole rispettati accordi presi sottobanco in precedenza. La vicenda con la Apple è un caso di questo genere, ad esempio. Ma non credo sia andata molto bene...

Questa settimana ognuno ha ottenuto la sua giusta dose di "sberle" https://t.co/tlUykPzE8f

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) March 1, 2025

Ora vediamo grossi movimenti sui mercati. In particolare, il differenziale di rendimento tra il decennale tedesco e quello americano è in caduta libera nelle ultime settimane, dopo un rally artificiale sostenuto dall'illusione di una compiacenza dell'amministrazione Trump con l'establishment europeo e prospettive commerciali “alternative” a quella americana. Inutile dire che questa illusione è stata spacciata dalla stampa inglese... La BoJ, sussidiaria nell'effettivo della FED, continua a lasciar rafforzare lo yen per chiudere eventuali finestre di opportunità a player che possono sfruttare turbolenze sui mercati per “attaccare” gli USA in queste settimane delicate in cui deve passare il Budget Reconciliation affinché i tagli alla spesa pubblica possano andare avanti. E il fatto che siano stati gli USA ad avviare la corsa agli sportelli dell'oro è stata una mossa eccellente per difendersi da eventuali attacchi, in questo modo i nemici vengono spiazzati e hanno altro a cui pensare. Senza contare che il pair USDEUR è sceso ultimamente principalmente perché è stato detto ai singoli stati europei che possono escludere le spese militari dai bilanci ufficiali. Come se le conseguenze della misallocation del capitale possano essere cancellate dalla sigla “off-bufget” (a tal proposito vi invito a leggere il Capitolo 2 del mio ultimo libro, Il Grande Default, per un'analisi approfondita di questo tema).

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Questa storia è passata perlopiù inosservata ma è propedeutica per comprendere il motivo per cui l'oro è tornato sotto i riflettori di recente.https://t.co/p05TkrS7eM

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) February 21, 2025

Infatti la stampa ortodossa e non ortodossa ha sempre posto sotto la propria attenzione il COMEX, “scordandosi” convenientemente della LBMA, il mercato over the counter per eccellenza dove avvengono rehypothecation per ordini di grandezza superiori a quelli degli altri mercati. Gli inglesi sono maestri in questo: dicono cosa c'è che non va e poi sviano la colpa da loro e la danno a qualcun altro. Come fanno a essere efficaci? Perché controllano la maggior parte della stampa finanziaria. Quando si hanno diverse generazioni di persone che sono cresciute immerse in queste consuetudini, è difficile romperle e vedere il mondo con occhi diversi.

Di conseguenza, più che una guerra cinetica o commerciale, quella di oggi è una guerra economica in cui l'obiettivo principale di Washington è bonificare i mercati statunitensi dall'influenza della City di Londra. Ecco perché, ad esempio, è stato messo Bessent al Dipartimento del Tesoro; ecco perché, come contromossa, la City ha cercaro di creare un mercato sintetico dei titoli del Tesoro americani il cui settlement sarebbe avvenuto a Londra;  ecco perché Trump ha detto che l'Europa “serve per fregarci”.


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???? Qui il link alla Prima Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2025/02/cio-che-leurodollaro-ha-dato.html

???? Qui il link alla Seconda Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2025/02/cio-che-leurodollaro-ha-dato_01881802337.html

???? Qui il link alla Quarta Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2025/03/cio-che-leurodollaro-ha-dato_01743587150.html


El Salvador è ancora un Paese filo-Bitcoin

Gio, 06/03/2025 - 11:06

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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da Bitcoin Magazine

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/el-salvador-e-ancora-un-paese-filo)

El Salvador è ancora un Paese in cui Bitcoin è protagonista, nonostante il fatto che quest'ultimo non sia più a corso legale.

Iniziamo con qualche informazione aggiuntiva sulla questione.

Il 29 gennaio 2025 l'Assemblea Legislativa di El Salvador ha votato per rimuovere lo status di corso legale per quanto riguarda Bitcoin.

Ciò significa che le aziende nel Paese non sono più costrette ad accettarlo (non che questa legge fosse strettamente monitorata affinché venisse applicata mentre Bitcoin era ancora considerato a corso legale); tuttavia mi è stato detto che le grandi aziende che operano nel Paese (es. McDonalds, Walmart) potrebbero smettere di accettare Bitcoin come pagamento, cosa che a sua volta potrebbe avere un effetto deleterio sulla sua adozione.

Questo cambiamento è avvenuto approssimativamente un mese dopo che il Fondo Monetario Internazionale ha siglato un accordo con le autorità di El Salvador:

• Quest'ultimo avrebbe ricevuto $1.4 miliardi in prestiti per sostenere le “riforme” del governo in carica;

• Mitigazione dei rischi legati a Bitcoin, la sua accettazione nel settore privato deve essere volontaria, mentre la partecipazione del settore pubblico nelle attività collegate a Bitcoin dovrebbe essere “limitata” (non dovrebbe essere più usato per saldare debiti statali e per pagare le tasse);

• Le operazioni sul wallet creato dal governo salvadoregno, Chivo, dovrebbero essere “smantellate”.

Anche se la notizia che il governo salvadoregno ha cambiato politica su Bitcoin come moneta a corso legale a seguito dell'influenza dell'FMI è un pugno nello stomaco perfino per me, che non sono salvadoregno e non vivo nel Paese, non posso fare a meno di credere che El Salvador sia ancora un Paese filo-Bitcoin.

E questa sensazione non ha fatto che rafforzarsi leggendo ciò che ho visto su X da parte dei sostenitori di Bitcoin in El Salvador.

Evelyn Lemus, co-fondatrice e direttrice del programma di formazione presso Bitcoin Berlin, un'economia circolare basata su Bitcoin all'interno del Paese, non ha intenzione di smettere di insegnare Bitcoin ai salvadoregni.

Just saying it out loud.

Bitcoiners will not stop teaching about Bitcoin and making the adoption happen just because Bitcoin is not legal tender anymore. This means we need to keep pushing harder and keep doing what we do ????????

LFG????
Bitcoin in the hands of people ???? pic.twitter.com/hnMpJmL5c7

— Evelyn Lemus (@Evelynlemus2906) February 2, 2025

Il team di Bit Driver non ha intenzione di cambiare il proprio modello di business, ovvero accettare bitcoin come tariffa dei taxi nel prossimo futuro.

We're still a Bitcoin a company.

— Bitdriver (@bitdriver_sv) February 2, 2025

Mentre John Dennehy, fondatore di Mi Primer Bitcoin, ha espresso preoccupazione per il fatto che il governo di El Salvador stia revocando la sua linea di politica su Bitcoin come valuta a corso legale, lui e il team di Mi Primer Bitcoin intendono raddoppiare il lavoro che stanno svolgendo.

Good morning from El Salvador!

We are now in DAY NINE since the government rescinded Bitcoin as legal tender, at the request of the IMF (effective after 90 days)

This means grassroots, independent Bitcoin education is now MORE important than ever

In response, at… pic.twitter.com/iTXdf0gAoL

— John Dennehy (@jdennehy_writes) February 7, 2025

I leggendari Max e Stacy non hanno ancora espresso pubblicamente l'intenzione di rinunciare a El Salvador nel prossimo futuro.

E l'ufficio Bitcoin di El Salvador, gestito da Stacy, continua ad accumulare bitcoin e a contribuire alla gestione di programmi di formazione nel Paese.

????????EL SALVADOR STACKS ANOTHER 1 BTC TO STRATEGIC RESERVE

El Salvador is still stacking.

Every day.

➡️Total SBR Holdings: 6,071.18 BTC
➡️Total Added Today: +1 BTC
➡️Total Added Past 7 Days: +22 BTC
➡️Total Added Past 30 Days: +60 BTC… pic.twitter.com/y4kv2693BX

— The Bitcoin Office (@bitcoinofficesv) February 7, 2025

La lezione da apprendere è che, nonostante la legge su Bitcoin sia cambiata in El Salvador, i suoi sostenitori nel Paese non hanno battuto ciglio.

Poiché noi siamo Bitcoin, ciò che conta di più è che i salvadoregni di tutti i giorni e tutti gli altri coinvolti nel movimento Bitcoin in El Salvador continuino a portare avanti la missione alla base.

L'FMI potrebbe aver sferrato un colpo, ma i sostenitori di Bitcoin in El Salvador restano fermi nei loro sforzi per promuovere una più ampia adozione dello stesso.

El Salvador è ancora un Paese filo-Bitcoin.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Alleluia! Trump vuole davvero dare una possibilità alla pace

Mer, 05/03/2025 - 11:00

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Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di David Stockman

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/alleluia-trump-vuole-davvero-dare)

Wow! Queste sono le 36 parole più potenti pronunciate da un Presidente degli Stati Uniti, di sempre: “Uno dei primi incontri che voglio avere è con il presidente cinese Xi e il presidente russo Putin, e voglio dire: 'tagliamo a metà il nostro budget militare'. E possiamo farlo”.

Sì, dalle labbra di Donald all'orecchio di Dio e tutto il resto. Gli aspetti pratici e il percorso disseminato di ostacoli da qui a quel punto potrebbero essere insormontabili, ma ciò che il nostro Presidente ha fatto è stato spalancare la Finestra di Overton della discussione sulla sicurezza nazionale. Infatti una volta che si dice di voler intavolare un summit congiunto con i due leader demonizzati dalla stampa e presunti principali nemici dell'America, tutto (e intendiamo proprio tutto) quello che finora era proibito viene rimesso sul tavolo delle trattative per una discussione nuova e aperta.

Dopotutto non è necessario essere esperti dei complessi meccanismi del bilancio della difesa da $850 miliardi per rendersi conto che quando si tagliano le razioni del Pentagono della metà, crolla l'intero quadro di sicurezza nazionale globalista, eredità della fine della Guerra Fredda avvenuta 34 anni fa.

Questo perché bisognerebbe riportare a casa l'Impero e tutto l'apparato di sicurezza nazionale che lo accompagna: 750 basi straniere e 173.000 soldati americani dislocati in 159 Paesi; operazioni della Marina e dell'Aeronautica che abbracciano il globo; alleanze grandi e piccole, dalla NATO allo Stretto di Taiwan, alle cosiddette missioni di mantenimento della pace in tutto il Medio Oriente e nel Nord Africa.

In altre parole, ciò che si può finanziare con appena il 50% dell'attuale bilancio della difesa, come approfondiremo di seguito, è un deterrente nucleare strategico e una difesa impenetrabile delle coste, dello spazio aereo e del territorio sovrano degli Stati Uniti.

È tutto ciò di cui abbiamo realmente bisogno! Raggiungerebbe pienamente l'obiettivo fondamentale della sicurezza nazionale di mantenere liberi e al sicuro i 347 milioni di cittadini americani da Bangor nel Maine a San Diego in California.

Infatti, che lo riconosca o meno, l'audace invito del presidente Trump equivarrebbe a evitare ogni nozione di Impero. Aprirebbe la strada al ritorno a una linea di politica della nazione precedente al 1914 come una Repubblica pacifica, che bada in sicurezza ai fatti suoi dietro i meravigliosi doni della Provvidenza: i grandi fossati dell'Oceano Atlantico e Pacifico che separano la patria americana da qualsiasi potenziale nemico militare in qualsiasi parte del pianeta.

Al momento attuale e per il prossimo futuro, ci sono solo due nazioni solo lontanamente in grado di rappresentare una minaccia militare per la patria americana: la Russia e la Repubblica Popolare Cinese. Tuttavia la realtà strategica di fondo è che la Russia non ha il peso economico necessario per minacciare l'America, e la Cina non ha nemmeno una parvenza di spazio economico per lanciarsi in una campagna di aggressione militare globale.

Per quanto riguarda la Russia e nonostante tutta la demonizzazione di Putin, nessuno ha nemmeno provato a sostenere che sia così stupido da credere che il suo PIL da $2.000 miliardi possa competere con il PIL da $30.000 miliardi degli Stati Uniti.

Infatti tutta la questione dell'orco russo è puramente fantasiosa: l'affermazione secondo cui Putin prenderà i Paesi Baltici, poi la Polonia e poi marcerà attraverso la Porta di Brandeburgo a Berlino sulla strada per la Francia, i Paesi Bassi e attraverso la Manica fino a Londra, supponendo che sia anche talmente stupido da voler occupare il caso disperato dell'Inghilterra.

In altre parole, nell'attuale posizione di politica estera di Washington è implicita l'idea che la Russia possa rappresentare una minaccia seria solo dopo aver attaccato, occupato e militarizzato l'intero continente europeo!

Questa è l'unica via attraverso cui Mosca può ottenere il peso economico, la manodopera e i mezzi militari per minacciare materialmente gli USA. Alla fine della fiera, quindi, la minaccia non sono i russi in sé, ma i tedeschi russificati, i polacchi e le rane francesi.

Naturalmente non c'è un briciolo di prova che questo sia il piano di Putin, o che avrebbe anche lontanamente i mezzi economici e militari per realizzare uno scopo così sinistro se davvero ne fosse incline. Al contrario, l'obiettivo di Putin è molto, molto più modesto: tenere la NATO fuori dal suo cortile in un antico pezzo dell'Impero russo che è stato chiamato Novorossiya, o Nuova Russia, per gran parte della sua storia.

Questo era il nome della regione del Donbass e del Mar Nero prima che Lenin e Stalin creassero il Paese artificiale di nome “Ucraina” per la pura convenienza amministrativa di gestire la loro brutale tirannia. Eppure, anche nel tentativo di riprendersi la metà russa dell'Ucraina, Putin sta avendo difficoltà a radunare la potenza militare necessaria, per non parlare della conquista del resto dell'Europa.

Fortunatamente il vicepresidente Vance ha già lasciato trapelare il segreto e questo dimostra esattamente perché la Russia non è sul sentiero di guerra verso la conquista dell'Europa: dopo l'imminente accordo Trump-Putin non ci sarà più la NATO in Ucraina e il Paese sarà diviso tra le regioni di lingua russa del Donbass, della Crimea e del Mar Nero, da una parte, e le regioni di lingua ucraina e polacca a ovest e sulla riva sinistra del fiume Dnepr, dall'altra.

In ogni caso, è tutto ciò che Putin ha sempre voluto e sarà la prova del nove che screditerà l'idea che Washington debba combattere la Russia per procura lì, per non parlare di doverla combattere in Lussemburgo o sulle scogliere di Dover.

Vale a dire che, una volta risolta la guerra e divisa l'Ucraina, l'operazione militare speciale di Putin si fermerà bruscamente. A sua volta ciò dimostrerà che non esiste nemmeno la più remota prospettiva di un'Europa russificata, e quindi una reale minaccia russa alla sicurezza della patria americana.

Quindi, sì, il bilancio della difesa può essere tagliato del 50% in parte perché i 62.000 soldati americani indicati sopra che ora sono di stanza in Europa potrebbero essere riportati a casa. Ancora più importante, l'adesione e gli impegni degli Stati Uniti alla NATO potrebbero anche essere abbandonati, il che significa che scadrebbe anche l'idea ridicola di essere impegnati ai sensi dell'articolo 5 nella difesa reciproca di piccole nazioni come la Macedonia del Nord, il cui esercito in servizio attivo di 10.000 uomini è inferiore alla forza di polizia di Chicago costituita da 12.000 uomini.

Per quanto riguarda la Cina, la cosa più importante da riconoscere è che è l'esatto opposto del vecchio impero sovietico, il quale si basava sull'autarchia economica e su scarse relazioni commerciali con il mondo al di fuori del Patto di Varsavia. Di conseguenza se fosse stata incline e capace di un'aggressione militare verso il resto dell'Europa e/o persino gli Stati Uniti, per i quali gli archivi ora aperti della vecchia Unione Sovietica rivelano scarse prove a riguardo, non ci sarebbe stata alcuna interruzione collaterale della sua funzione economica di base: un regime socialista di stato centralizzato, che, inutile dirlo, non funziona ma non dipende nemmeno dal commercio con il cosiddetto “mondo libero”.

Al contrario, dopo che Mao ricevette la sua ricompensa nel Paradiso Rosso, la Cina cambiò bruscamente rotta verso il mondo esterno sotto la guida di Deng e dei suoi successori; e lo fecero sotto la bandiera del cosiddetto Capitalismo Rosso, il che equivale a una versione estrema del mercantilismo d'esportazione.

Di conseguenza le esportazioni cinesi sono aumentate di quasi 15 volte nei due decenni tra il 2000 e il 2022, passando da $250 miliardi a $3.600 miliardi all'anno. Così facendo i cinesi si sono sostanzialmente presi in ostaggio, il che significa che ogni provincia, città, villaggio, fabbrica, linea ferroviaria, attività di autotrasporto, magazzino e operazione portuale in lungo e in largo per la Cina si è profondamente impigliata nella produzione economica per i clienti in tutto il pianeta, come raffigurato nel grafico qui sotto. Di conseguenza l'economia cinese crollerebbe sul posto se Pechino interrompesse il flusso giornaliero di $10 miliardi di merci verso l'Europa, le Americhe e il resto dell'Asia.

Infatti se la sua leadership post-Mao fosse stata decisa a conquistare l'estero, la sopravvivenza stessa del regime di Pechino sarebbe stata compromessa dalla conseguente interruzione della più grande fabbrica che il mondo abbia mai visto. Washington ha sprecato 59.000 vite americane e più di 3 milioni di vite vietnamite prima di fuggire definitivamente dal Vietnam, eppure in seguito i cinesi non hanno nemmeno provato a catturare Hanoi, nonostante la teoria del dominio mondiale.

In altre parole, la Cina non è una minaccia militare per gli Stati Uniti, né vi è alcuna prova che sia espansionista, nemmeno nella sua stessa regione. C'è indubbiamente una ragione per cui dopo migliaia di anni, cinesi, coreani, giapponesi, indonesiani, malesi e filippini stanno alla larga l'uno dall'altro; anche perché una riunificazione dei cinesi Han sulla terraferma con i loro parenti a Formosa avrebbe praticamente zero implicazioni per il resto della regione.

Lo stato di Taiwan esiste solo perché Washington lo ha sostenuto nel 1949, quando Chiang Kai-shek perse la guerra civile contro Mao e i rossi. Se Washington si facesse da parte, è probabile che in breve tempo la penisola coreana sarebbe difficilmente distinguibile da Shanghai, dall'altra parte del Mar Giallo.

Vale a dire che gli USA non hanno bisogno della costosissima Settima Flotta e dei Marines americani e di gran parte dell'Aeronautica per contenere la Cina. La gigantesca economia Ponzi di quest'ultima, appollaiata com'è su $50.000 miliardi di debito e oltre $4.000 miliardi all'anno di esportazioni, rappresenta tutto il contenimento di cui la sicurezza militare americana ha effettivamente bisogno.

In fin dei conti, se la politica estera di Donald Trump incentrata sulla strategia “America First” significa qualcosa, è che l'attuale bilancio per la sicurezza nazionale da $1.000 miliardi è il doppio di quanto effettivamente richieda una difesa nazionale adeguata. Infatti non è esagerato dire che, nella ricerca incessante del proprio egoistico ingrandimento, il complesso militare-industriale ha gonfiato enormemente lo Stato militare americano quando ciò di cui c'è realmente bisogno nel 2025 è una sua versione ridimensionata.

E ora Donald ha aperto la porta alla riduzione del pesante bilancio per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, esattamente a questo scopo, aprendo così la strada al ritorno del saggio ammonimento di Thomas Jefferson che esortava: “[,,,] Pace, commercio e onesta amicizia con tutte le nazioni, senza stringere alleanze con nessuna”.

Infatti il modo in cui l'amministrazione Trump avrebbe potuto tagliare della metà la spesa per la difesa è stato delineato molto tempo fa dal grande senatore Robert Taft all'alba della Guerra Fredda. Egli sosteneva che la modesta minaccia alla sicurezza nazionale rappresentata dalla derelitta Unione Sovietica e dal disastro collettivista imposto alla Cina da Mao avrebbero potuto essere facilmente gestiti con:

• Una capacità di ritorsione nucleare strategica che avrebbe scoraggiato qualsiasi possibilità di attacco o ricatto nucleare;

• Una difesa convenzionale delle coste continentali e dello spazio aereo, la quale sarebbe stata estremamente facile da realizzare, dato che l'Unione Sovietica non aveva una Marina degna di nota e la Cina era sprofondata nell'anarchia industriale e agricola a causa dei catastrofici esperimenti di collettivizzazione di Mao.

Questo quadro di riferimento taftiano non è mai cambiato da allora, anche se la tecnologia della guerra nucleare e convenzionale si è evoluta. Con una modesta spesa militare, Washington può mantenere il suo deterrente nucleare e una formidabile difesa della patria senza nessuno degli apparati dell'Impero e senza stivali americani su suolo straniero.

Infatti il caso di una vera linea di politica America First, ovvero il ritorno allo status quo pre-1914 e a una corretta postura militare difensiva, si è notevolmente rafforzato negli ultimi tre decenni. Questo perché nel mondo odierno l'unica minaccia militare teorica alla sicurezza nazionale americana è la possibilità di un attacco nucleare o di un ricatto nucleare. Vale a dire, la minaccia che uno dei suoi due avversari nucleari possa sviluppare una capacità di First Strike letale ed efficace da poter gridare scacco matto e chiedere la resa di Washington.

Fortunatamente né la Russia né la Cina hanno nulla di simile, almeno non senza evitare un annientamento per rappresaglia del loro stesso Paese e del loro popolo se tentassero di colpire per primi. Dopo tutto gli Stati Uniti hanno 3.700 testate nucleari attive, di cui circa 1.800 sono operative in qualsiasi momento. A loro volta queste sono sparse sotto i sette mari, in silos rinforzati e tra una flotta di bombardieri costituita da 66 B-2 e B-52, tutti fuori dal rilevamento o dalla portata di qualsiasi altra potenza nucleare.

Ad esempio, i sottomarini nucleari di classe Ohio hanno ciascuno 20 tubi missilistici, con ogni missile che trasporta una media di 4-5 testate. Sono 90 testate indipendenti per imbarcazione. In qualsiasi momento 12 dei 14 sottomarini nucleari di classe Ohio sono attivamente schierati e sparsi negli oceani del pianeta entro un raggio di tiro di 4.000 miglia.

Quindi, al momento di un ipotetico attacco, si tratta di 1.080 testate nucleari in acque profonde che navigano lungo i fondali oceanici e che dovrebbero essere identificate, localizzate e neutralizzate prima ancora che un potenziale aggressore o ricattatore possa fare qualcosa. Infatti la sola forza nucleare basata in mare è un potente garante della sicurezza nazionale americana. Nemmeno i tanto decantati missili ipersonici della Russia sono riusciti a trovare o a eliminare di sorpresa il deterrente statunitense in mare.

E poi ci sono le circa 300 testate nucleari a bordo dei 66 bombardieri strategici, che non sono nemmeno seduti su un singolo aeroporto in stile Pearl Harbor in attesa di essere annientati, ma si spostano e sono in movimento. Poi ci sono i 400 missili Minuteman III distribuiti in silos estremamente rinforzati nel sottosuolo in una vasta fascia del Midwest superiore. Ogni missile trasporta attualmente una testata nucleare in conformità con il Trattato Start, ma potrebbe essere MIRV in risposta a una grave minaccia, aggravando e complicando ulteriormente il calcolo di un avversario.

Inutile dire che non c'è modo, forma o aspetto in cui il deterrente nucleare americano possa essere neutralizzato da un ricattatore. E questo ci porta al nocciolo della questione su come l'amministrazione Trump potrebbe effettivamente tagliare il budget della difesa del 50%. Vale a dire, secondo le più recenti stime del CBO, la triade nucleare costerà solo circa $75 miliardi all'anno per il suo mantenimento nel prossimo decennio, comprese le quote per gli aggiornamenti periodici delle armi.

Proprio così. La componente fondamentale della sicurezza militare americana richiede solo il 7% dell'enorme budget militare odierno, come dettagliato sistema per sistema nella tabella qui sotto. Quindi nel 2023 la triade nucleare stessa è costata solo $28 miliardi, più altri $24 miliardi per le scorte correlate e l'infrastruttura di comando, controllo e allerta.

Inoltre si stima che la componente chiave di questo deterrente nucleare, la forza missilistica balistica basata sul mare, costerà solo $188 miliardi nell'intero prossimo decennio. Stiamo parlando solo dell'1,9% rispetto ai $10.000 miliardi calcolati dal CBO per lo stesso periodo.

Costo decennale della deterrenza nucleare strategica degli Stati Uniti secondo le stime del CBO, dal 2023 al 2032

Quindi la domanda si ripresenta rispetto all'attuale livello di spesa di base ($989 miliardi) calcolata dal CBO per la difesa tra un paio d'anni: dopo aver accantonato $75 miliardi per la triade nucleare strategica, quanto dei restanti $900+ miliardi sarebbe necessario per una difesa convenzionale delle coste continentali e dello spazio aereo?

Il punto di partenza è che né la Russia né la Cina hanno la capacità militare, il peso economico o l'intenzione di attaccare la patria americana con forze convenzionali. Per farlo avrebbero bisogno di un'enorme armata militare che includa una Marina e un'Aeronautica molte volte più grandi delle attuali forze statunitensi, enormi risorse di trasporto aereo e marittimo, e gigantesche linee di rifornimento e capacità logistiche che non sono mai state nemmeno sognate da nessun'altra nazione sul pianeta.

Avrebbero anche bisogno di un PIL iniziale di $100.000 miliardi per sostenere quella che sarebbe la più colossale mobilitazione di armamenti e materiali nella storia dell'umanità. E questo per non parlare della necessità di essere governati da leader suicidi, cosa che non caratterizza né Putin né Xi, disposti a rischiare la distruzione nucleare dei loro stessi Paesi, alleati e commercio economico per realizzare... cosa? Occupare Denver?

L'idea stessa che ci sia attualmente una minaccia esistenziale alla sicurezza americana è semplicemente folle. Dopo tutto quando si tratta del peso economico richiesto, il PIL della Russia è di appena $2.000 miliardi, non i $100.000 miliardi che sarebbero necessari per mettere le forze di invasione sulle coste del New Jersey. E il suo bilancio della difesa è di $75 miliardi, i quali ammontano a circa quattro settimane di spreco nel mostro da $900 miliardi di Washington.

Allo stesso modo la Cina non ha il peso sostenibile del PIL per pensare di sbarcare sulle coste della California, nonostante l'infinita sottomissione di Wall Street al boom cinese. Il fatto è che la Cina ha accumulato più di $50.000 miliardi di debito in appena due decenni!

Pertanto non è cresciuta organicamente secondo il modello capitalista storico; ha stampato, preso in prestito, speso e costruito come se non ci fosse un domani. Come abbiamo indicato sopra, quindi, il simulacro di prosperità risultante non durerebbe un anno se il suo mercato dell'export globale da $3.600 miliardi, la fonte che mantiene in piedi il suo schema Ponzi, dovesse crollare, che è esattamente ciò che accadrebbe se cercasse di invadere l'America.

Di sicuro i leader totalitari della Cina sono decisamente malvagi dal punto di vista della loro popolazione oppressa, ma non sono stupidi. Restano al potere mantenendo la gente relativamente grassa e felice e non rischierebbero mai di far crollare quello che equivale a un castello di carte economico che non ha nemmeno una vaga approssimazione nella storia umana.

Infatti quando si tratta della minaccia di un'invasione militare convenzionale, i vasti fossati dell'Atlantico e del Pacifico sono barriere ancora più grandi all'assalto militare straniero nel XXI secolo rispetto a quanto hanno già dimostrato di essere nel XIX secolo. Questo perché l'attuale tecnologia di sorveglianza avanzata, i missili antinave e gli stormi di droni farebbero finire un'armata navale nemica a far compagnia allo scrigno di Davy Jones non appena uscisse dalle proprie acque territoriali.

Il fatto è che, in un'epoca in cui il cielo è pieno di risorse di sorveglianza ad alta tecnologia, né la Cina né la Russia potrebbero segretamente costruire, testare e radunare per un attacco a sorpresa una massiccia armata di forze convenzionali senza essere notate a Washington. Non può esserci una ripetizione della forza d'attacco giapponese (Akagi, Kaga, Soryu, Hiryu, Shokaku e Zuikaku) che attraversa il Pacifico verso Pearl Harbor senza essere vista per tempo.

Infatti i due presunti “nemici” americani non hanno alcuna capacità offensiva o di invasione. La Russia ha solo una portaerei, una reliquia degli anni '80 che è in bacino di carenaggio per riparazioni sin dal 2017 e non è equipaggiata né con una falange di navi di scorta né con una serie di aerei da attacco e da combattimento, e al momento nemmeno con un equipaggio attivo.

Allo stesso modo la Cina ha solo tre portaerei, due delle quali sono vecchie e arrugginite, ristrutturate e acquistate tra i resti della vecchia Unione Sovietica (in realtà l'Ucraina!), e non hanno nemmeno catapulte moderne per lanciare i loro aerei d'attacco.

In breve, né la Cina né la Russia spingeranno i loro minuscoli gruppi di battaglia di 3 e 1 portaerei verso le coste della California o del New Jersey in tempi brevi. Una forza d'invasione che avesse una minima possibilità di sopravvivere a una difesa statunitense costituita da missili da crociera, droni, caccia a reazione, sottomarini d'attacco e guerra elettronica dovrebbe essere 100 volte più grande.

Quindi ripetiamolo: non esiste alcun PIL al mondo ($2.000 miliardi per la Russia e $18.000 miliardi per la Cina) che si avvicini anche lontanamente ai $100.000 miliardi che sarebbero necessari per sostenere una simile forza d'invasione senza far crollare l'economia nazionale.

Donald Trump è quindi sulla buona strada per qualcosa di enorme: vale a dire che la capacità di guerra convenzionale di Washington che abbraccia il globo è completamente obsoleta!

A un terzo di secolo dal crollo dell'Impero sovietico e dall'avvio da parte della Cina del suo capitalismo rosso verso una profonda integrazione economica globale, l'impero statunitense rappresenta una forza del tutto estranea e inutile.

Si consideri che Washington equipaggia, addestra e schiera una forza armata di 2,86 milioni di unità, ma piuttosto che essere dedita alla difesa della patria, lo scopo principale è supportare missioni di offesa, invasione e occupazione in tutto il pianeta.

Come illustrato nel grafico sopra, questa obsoleta postura militare imperiale include ancora:

• 119 strutture e circa 34.000 soldati in Germania;

• 44 strutture e 12.250 militari in Italia;

• 25 strutture e 9.275 soldati nel Regno Unito;

• 120 strutture e 53.700 soldati in Giappone;

• 73 strutture e 26.400 soldati in Corea del Sud.

Tutta questa inutile forza militare si erge come un costoso monumento alla vecchia teoria della sicurezza collettiva, che portò alla fondazione della NATO nel 1949 e dei suoi cloni regionali successivi. Ciononostante la tesi dell'Impero e delle sue alleanze globali faceva acqua da tutte le parti già allora. Infatti gli archivi ora aperti della vecchia Unione Sovietica dimostrano in modo conclusivo che Stalin non aveva né i mezzi né l'intenzione di invadere l'Europa occidentale.

La capacità militare che l'Unione Sovietica ha resuscitato dopo il massacro con gli eserciti di Hitler era di natura fortemente difensiva, quindi la presunta minaccia politica comunista in Europa avrebbe potuto essere risolta alle urne elettorali, non sul campo di battaglia. Non avevano bisogno della NATO per fermare un'invasione sovietica.

Inutile dire che, una volta costituito l'impero fatto di basi, alleanze, sicurezza collettiva e incessante ingerenza della CIA negli affari interni dei Paesi stranieri, esso è rimasto attaccato come la colla a Washington, anche se i fatti della vita internazionale hanno dimostrato più e più volte che un impero non era affatto necessario.

Vale a dire che le presunte “lezioni” del periodo tra le due guerre mondiali sono state ribaltate: l'ascesa aberrante di Hitler e Stalin non avvenne perché la brava gente di Inghilterra, Francia e America dormì durante gli anni '20 e '30.

Sorsero dalle ceneri dell'inutile intervento di Woodrow Wilson in una disputa del Vecchio Mondo che non era affare dell'America. L'arrivo nel 1918 di due milioni di ragazzi americani e massicci flussi di armamenti e prestiti da Washington permisero una pace vendicativa dei vincitori a Versailles piuttosto che la fine di una guerra mondiale che avrebbe lasciato tutte le parti esauste, in bancarotta e demoralizzate, e i rispettivi partiti di guerra interna soggetti a un ripudio alle urne.

Invece l'intervento di Wilson sui campi di battaglia in stallo del fronte occidentale diede vita alla rivoluzione in Russia e a Lenin e Stalin, mentre le sue macchinazioni con i vincitori a Versailles favorirono l'ascesa di Hitler.

Certo, alla fine il primo portò fortunatamente alla fine del secondo a Stalingrado. Ma quella avrebbe dovuto essere la fine della questione nel 1945, e, in effetti, il mondo c'era quasi arrivato. Dopo le parate della vittoria, la smobilitazione e la normalizzazione della vita civile procedettero a passo spedito in tutto il mondo.

Ahimè, il Partito della Guerra a Washington, composto da appaltatori militari, agenti governativi e burocrati, cresciuto nel calore della seconda guerra mondiale, non era intenzionato a dare la buonanotte. Invece la Guerra fredda fu partorita sulle rive del Potomac quando il presidente Truman cadde sotto l'incantesimo dei falchi della guerra come il segretario James Byrnes, Dean Acheson, James Forrestal e i fratelli Dulles, che erano restii a tornare alle loro vite banali di banchieri civili, politici o diplomatici.

Quindi nel periodo postbellico il comunismo mondiale non era realmente in marcia, né stava partorendo nuovi Hitler e Stalin. Ma i sostenitori dell'Impero insistevano che invece era così, e che la sicurezza nazionale richiedeva un impero esteso che è ancora con noi oggi.

Quindi non c'è mistero sul perché le guerre sono andate avanti all'infinito, o perché in un momento in cui lo Zio Sam stava perdendo inchiostro rosso come mai prima, una larga maggioranza bipartisan ha ritenuto opportuno autorizzare $1.100 miliardi all'anno per una forza militare eccessiva e sprechi in aiuti esteri che non hanno fatto assolutamente nulla per la sicurezza interna degli Stati Uniti.

Infatti Washington si è trasformata in un fenomeno peculiare della storia mondiale, una capitale di guerra dominata da un complesso panoptico di mercanti d'armi, paladini dell'interventismo estero e dalla nomenklatura dello Stato militare. Mai prima d'ora si era riunita e concentrata sotto un'unica autorità statale una forza egemonica che possedeva così tante risorse fiscali e mezzi militari.

Non sorprende che la Capitale della guerra sul Potomac sia orwelliana fino al midollo. La guerra è sempre e ovunque descritta come la promozione della pace. Il suo stivale da egemonista globale è abbellito dalla forma apparentemente benefica di alleanze e trattati. Questi sono apparentemente progettati per promuovere un “ordine basato sulle regole” e sicurezza collettiva a beneficio dell'umanità, non i giusti obiettivi di pace, libertà, sicurezza e prosperità all'interno della patria americana.

Come abbiamo visto, il fondamento intellettuale di questa impresa è fasullo. Il pianeta non è pieno di potenziali aggressori e costruttori di imperi che devono essere fermati di colpo ai loro confini, per timore che divorino la libertà di tutti, vicini e lontani.

Né il DNA delle nazioni è perennemente infettato da macellai e tiranni incipienti come Hitler e Stalin. Sono stati incidenti una tantum nella storia e completamente distinguibili dalla serie standard di piccole cose quotidiane che in realtà nascono periodicamente. Ma queste ultime disturbano principalmente l'equilibrio dei loro immediati quartieri, non la pace del pianeta.

Quindi la sicurezza nazionale americana non dipende da una vasta gamma di alleanze, trattati, basi militari e operazioni di influenza straniera. Nel mondo odierno non ci sono Hitler, reali o latenti, da fermare. L'intero quadro della Pax Americana e la promozione e l'applicazione di un ordine internazionale “basato sulle regole” con sede a Washington sono un errore epico.

A questo proposito i Padri Fondatori ci hanno visto giusto più di 200 anni fa, durante l'infanzia della Repubblica. Come sostenne John Quincy Adams: “[L'America] si è astenuta dall'interferire nelle preoccupazioni degli altri, anche quando il conflitto era per principi a cui si aggrappa [...]. È la benefattrice della libertà e dell'indipendenza di tutti. È la paladina e la vendicatrice solo della sua stessa libertà”.

Inutile dire che il commercio pacifico è invariabilmente molto più vantaggioso per le nazioni grandi e piccole rispetto all'ingerenza, all'interventismo e all'impegno militare. Nel mondo odierno sarebbe il campo di gioco predefinito sulla scacchiera internazionale, fatta eccezione per il Grande Egemone sulle rive del Potomac. Vale a dire, il principale disturbo della pace oggi è invariabilmente promosso dal pacificatore autoproclamato, che, ironicamente, è la nazione meno minacciata dell'intero pianeta.

Il punto di partenza per una posizione militare trumpiana del tipo “America First” e per un taglio del 50% del bilancio militare è quindi il drastico ridimensionamento dell’esercito statunitense, che conta quasi un milione di uomini.

Quest'ultimo non avrebbe alcuna utilità all'estero perché non ci sarebbe motivo per guerre di invasione e occupazione, mentre le probabilità che battaglioni e divisioni straniere raggiungano le coste americane sono praticamente inesistenti. Con una guarnigione costiera adeguata di missili, droni, sottomarini d'attacco e caccia a reazione, qualsiasi esercito invasore diventerebbe un'esca per squali molto prima di vedere le coste della California o del New Jersey.

Eppure i 462.000 soldati in servizio attivo dell'esercito a $112.000 ciascuno hanno un costo di bilancio annuale di $55 miliardi, mentre le 506.000 forze di riserva dell'esercito a $32.000 ciascuna costano più di $16 miliardi. E in cima a questa struttura ci sono $77 miliardi per operazioni varie e manutenzione, $27 miliardi per approvvigionamenti, $22 miliardi per RDT&E e $4 miliardi per tutto il resto (in base alla richiesta di bilancio per l'anno fiscale 2025).

In totale, l'attuale bilancio dell'esercito ammonta a quasi $200 miliardi e praticamente tutta questa enorme spesa, quasi 3 volte il bilancio totale della difesa della Russia, è impiegata al servizio dell'Impero, non della difesa della patria. Potrebbe essere facilmente tagliata del 70%, o di $140 miliardi, il che significa che la componente dell'esercito degli Stati Uniti assorbirebbe solo $60 miliardi all'anno.

Allo stesso modo la Marina e il Corpo dei Marines degli Stati Uniti spendono $55 miliardi all'anno per 515.000 militari in servizio attivo e altri $3,7 miliardi per 88.000 riservisti. Tuttavia, se si considerano i requisiti fondamentali di una postura di difesa, anche queste forze e spese sono decisamente esagerate.

Per missioni principali intendiamo la componente della Marina della triade nucleare strategica e la grande forza d'attacco e i sottomarini con missili da crociera della Marina. Ecco, di seguito, gli attuali requisiti di manodopera per queste forze chiave:

14 sottomarini nucleari strategici classe Ohio: ogni imbarcazione è composta da due equipaggi composti da 155 ufficiali e soldati semplici, per un fabbisogno di forza diretta di 4.400 unità e un totale complessivo di 10.000 militari, includendo ammiragli, personale di bordo, personale di supporto e personale vigile;

50 Sottomarini lanciamissili d'attacco/da crociera: ogni imbarcazione è composta da due equipaggi composti da 132 ufficiali e soldati semplici, per un fabbisogno diretto di 13.000 persone e un totale complessivo di 20.000 unità, inclusi ammiragli, personale di bordo, ecc.

In breve le missioni principali della Marina secondo una postura militare di difesa coinvolgerebbero circa 30.000 ufficiali e soldati semplici, ovvero meno del 6% dell'attuale forza in servizio attivo della Marina/Corpo dei Marines. D'altro canto le portaerei totalmente inutili, che operano esclusivamente al servizio dell'Impero, hanno equipaggi di 8.000 uomini ciascuno, se si contano le navi di scorta e le suite di aerei.

Quindi gli 11 gruppi di portaerei e la loro infrastruttura richiedono 88.000 militari diretti e 140.000 in totale se si includono il solito supporto e le spese generali. Allo stesso modo, la forza in servizio attivo del Corpo dei Marines è di 175.000 unità, e questo è interamente uno strumento di invasione e occupazione. È totalmente inutile per una difesa della patria.

In breve, ben 315.000, o il 60% dell'attuale forza in servizio attivo della Marina/Corpo dei Marines, lavorano al servizio dell'Impero. Quindi se si ridefiniscono le missioni della Marina per concentrarsi sulla deterrenza nucleare strategica e sulla difesa costiera, è evidente che più della metà della struttura di forza della Marina non è necessaria per la sicurezza della patria. Invece funziona al servizio della proiezione di potenza globale, del controllo delle rotte marittime dal Mar Rosso al Mar Cinese Orientale e della piattaforma per guerre di invasione e occupazione.

Nel complesso, l'attuale bilancio della Marina/Corpo dei Marines ammonta a circa $236 miliardi, se si includono $59 miliardi per il personale militare, $81 miliardi per O&M, $67 miliardi per gli appalti, $26 miliardi per RDT&E e $4 miliardi per tutti gli altri. Un taglio di $96 miliardi, o del 40%, quindi, lascerebbe comunque $140 miliardi per le missioni principali di difesa.

Tra i servizi, i $246 miliardi contenuti nel bilancio dell'Aeronautica sono considerevolmente più orientati a una postura di sicurezza nazionale rispetto a quanto avviene con l'Esercito e la Marina. Sia la branca terrestre Minuteman della triade strategica che le forze dei bombardieri B-52 e B-2 sono finanziate per suddetto scopo.

E mentre una parte significativa del budget destinato all'equipaggio, alle operazioni e all'approvvigionamento di aerei convenzionali e di forze missilistiche è attualmente destinata a missioni all'estero, solo la componente di trasporto aereo e di basi estere di tali spese è al servizio dell'Impero.

In base a una postura militare difensiva una parte sostanziale della potenza aerea convenzionale, che comprende più di 4.000 velivoli ad ala fissa e rotante, verrebbe riconvertita in missioni di difesa della patria. Di conseguenza più del 75%, o $180 miliardi, dell'attuale bilancio dell'aeronautica rimarrebbe in vigore, limitando i risparmi a soli $65 miliardi.

Infine un coltello particolarmente affilato dovrebbe essere fatto calare sulla componente da $181 miliardi del bilancio della difesa che è destinata al Pentagono e alle operazioni generali del Dipartimento della Difesa. Ben $110 miliardi, ovvero il 61% di tale somma (più di 2 volte il bilancio militare totale della Russia), sono in realtà destinati all'esercito di dipendenti civili del Dipartimento della Difesa e ai contractor con sede a DC/Virginia che si nutrono dello Stato militare.

In termini di sicurezza nazionale, molte di queste spese non sono semplicemente inutili, sono in realtà controproducenti. Costituiscono la lobby finanziata dai contribuenti e la forza di spaccio di influenze che mantiene l'Impero in vita e finanziato a Capitol Hill tramite lauti stanziamenti per ogni genere di consulenza, ONG, think tank, istituto di ricerca e innumerevoli altri.

Un'indennità del 38%, o $70 miliardi per le funzioni del Dipartimento della Difesa, soddisferebbe ampiamente le sue reali esigenze. Nel complesso, quindi, ridimensionare la forza del Dipartimento della Difesa genererebbe $410 miliardi di risparmi per l'anno fiscale 2025. Altri $50 miliardi di risparmi potrebbero essere ottenuti anche eliminando la maggior parte dei finanziamenti per l'ONU, altre agenzie internazionali, assistenza alla sicurezza e aiuti economici.

Tenendo conto dell'inflazione nei successivi quattro anni del mandato di Trump, il risparmio complessivo ammonterebbe a $500 miliardi l'anno.

Risparmi sul budget:

• Esercito: $140 miliardi

• Marina/Corpo dei Marines: $96 miliardi

• Aeronautica Militare: $65 miliardi

• Dipartimento della Difesa: $111 miliardi

• Contributi alle Nazioni Unite e aiuti economici e umanitari esteri: $35 miliardi

• Assistenza alla sicurezza internazionale: $15 miliardi

• Risparmio totale, base anno fiscale 2025: $462 miliardi

• Aggiustamento all'inflazione per l'anno fiscale 2029: +$38 miliardi

• Risparmi totali sul bilancio per l'anno fiscale 2029: $500 miliardi

In fin dei conti, il momento di riportare a casa l'Impero è arrivato da tempo. Il costo annuale di $1.300 miliardi dello Stato militare (incluse le operazioni internazionali e i veterani) non è più nemmeno lontanamente sostenibile, ed è stato del tutto inutile per la sicurezza della patria americana.

Tutto questo avrebbe dovuto essere ovvio molto tempo fa, ma la Finestra di Overton era talmente chiusa che la nuda e cruda verità dell'Impero non poteva essere nemmeno messa in discussione. Ma ora Donald Trump ha fatto esattamente questo, e farà tutta la differenza di questo mondo.

Quindi che il vertice tra Trump, Putin e Xi inizi presto e dia inizio al grande definanziamento degli Stati militari di tutto il mondo ormai ipertrofici. Sebbene siamo in ritardo di oltre 100 anni, Donald Trump potrebbe essere la migliore speranza di pace sin dall'agosto 1914.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Sostituire l'imposta sul reddito con i dazi?

Mar, 04/03/2025 - 11:06

Una delle migliori pubblicità che l'amministrazione Trump sta facendo al proprio operato e al mantenimento delle proprie promesse, è la campagna di tagli del DOGE. In solo un mese è stato scoperchiato un gigantesco vaso di vermi e l'emersione di questa corruzione punta nella giusta direzione di ridurre il peso dello stato sulle spalle delle persone. Il simbolo per eccellenza di questa campagna di smaltimento della spesa pubblica è rappresentato dalla USAID. Fondata dal presidente John F. Kennedy il 3 novembre 1961, nel 1998 si è separata dal Dipartimento di Stato diventando un'agenzia autonoma. Ciò ha portato all'uso della USAID come strumento del Dipartimento di Stato e della CIA per programmi politici interni e operazioni segrete all'estero volte a sfuggire alla trasparenza e alla responsabilità. Il giorno dell'insediamento Trump ha firmato l'ordine esecutivo 14158 per istituire e implementare il Dipartimento per l'efficienza governativa (DOGE). Guidato da Elon Musk, il DOGE ha immediatamente iniziato a rivedere centinaia di contratti, locazioni e sovvenzioni inutili in diverse agenzie governative. Al 17 febbraio venivano segnalati $49 miliardi di risparmi sui costi complessivi. Niente male per soli 28 giorni di lavoro. L'agenzia governativa che ha rapidamente catturato l'attenzione del team DOGE per il suo livello scioccante di sprechi, frodi e abusi è stata la USAID. Il 31 gennaio il DOGE ha riferito di aver rescisso sette contratti USAID correlati ai DEI per un valore contrattuale totale di $375,1 milioni. La Casa Bianca ha pubblicato un fact sheet il 3 febbraio intitolato “At USAID, Waste and Abuse Runs Deep” e la Commissione Affari Esteri della Camera ha fatto seguito con un comunicato stampa il 4 febbraio in cui elencava numerosi esempi eclatanti di sprechi della USAID, come milioni di dollari spesi per promuovere l'attivismo DEI e LGBT in diversi Paesi in tutto il mondo e centinaia di milioni di dollari pagati per sostenere la coltivazione di papavero e la produzione di eroina in Afghanistan (a beneficio del regime talebano). Senza contare, poi, le operazioni di intelligence e dei servizi segreti attuate tramite l'USAID (visto che la CIA, ad esempio, non può per legge attuare operazioni segrete senza che il Presidente sia messo al corrente). Dopo che il DOGE ha esposto decenni di sprechi, frodi e abusi estesi da parte della USAID, l'amministrazione Trump ne ha chiuso la sede centrale a Washington il 7 febbraio e sta pianificando di licenziare oltre 10.000 dipendenti e di mantenerne solo 294. Sia Trump che Musk sono favorevoli all'abolizione della USAID come agenzia governativa e allo spostamento di qualsiasi legittima funzione di aiuto estero al Dipartimento di Stato. Come ci ricorda Tucker, abusi come quello della USAID sono stati possibili con la nascita dell'imposta sui redditi, la quale ha parassitato sulla buona volontà e il duro lavoro delle persone che hanno inventato nuovi modi per aumentare il bacino della ricchezza reale. Più è cresciuto quest'ultimo, più è cresciuta la voracità dello stato. Non si può capire l'effetto di un fenomeno se non ne si comprende la causa, ecco perché vi invito assolutamente a leggere il meraviglioso libro di Chodorov, La radice di tutti i mali economici, manoscritto che ho provveduto personalmente a tradurre e che potete trovare nella mia vetrina su Amazon. E se Trump riuscirà davvero a liberarsi dell'imposta sui redditi, allora si meriterà di diritto il suo posto vicino ai grandi personaggi del passato sul Monte Rushmore.

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di Jeffrey Tucker

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/sostituire-limposta-sul-reddito-con)

C'era un tempo, prima del 1913, in cui potevate tenere ogni centesimo che guadagnavate. Non dovevate presentare la dichiarazione dei redditi al governo federale, dicendo loro quanto fatturavate e dando ai burocrati la loro parte. Le vostre finanze erano affari vostri e di nessun altro. Avevate il diritto di guadagnare, possedere e mantenere proprietà, ed era sacrosanto, garantito dalla legge e dalla tradizione degli Stati Uniti.

Non c'erano verifiche, indagini, blocchi di conti, ritenute o altre forme di pagamento coatto. C'erano la vostra produttività e voi, e questo era tutto.

Come si finanziava il governo federale? Le sue entrate provenivano dai dazi ed erano pagati direttamente dagli importatori e indirettamente da produttori e consumatori se i costi potevano essere trasferiti. Come strategia per ottenere entrate, questo approccio era relativamente non invasivo; lasciava la popolazione in pace.

A quei tempi, tuttavia, il governo federale esisteva a malapena rispetto a oggi. Più precisamente, e in termini reali, il governo federale nel 1885 spendeva in dollari aggiustati all'inflazione circa lo 0,05% di quanto spende oggi. Anche allora la gente credeva che fosse troppo grande e voleva che fosse ridimensionato.

Donald Trump ha di recente istruito le persone sulla storia della strategia per le entrate e sta insegnando qualcosa che le persone non sapevano: come quel periodo della storia americana abbia visto la più grande crescita economica mai sperimentata. Ha ragione e ha anche ragione sul fatto che quello era il periodo dei dazi.

La causa e l'effetto, tuttavia, sono poco chiari. I temi principali di quel periodo erano la libertà e il denaro sano/onesto. Il dollaro era coperto dal gold standard e non esisteva una banca centrale. Il governo federale stesso non aveva alcuna presenza nella vita della famiglia americana o del tipico business americano. Questi fatti, più dei dazi, spiegano la differenza tra allora e oggi.

Per inciso, non ricordo un altro presidente degli Stati Uniti che abbia avuto un'opinione così chiara sulla storia economica del XIX secolo. La maggior parte dei commenti dei presidenti si sono limitati a lodi per i Padri Fondatori o per Lincoln, ma hanno tralasciato i dettagli riguardanti le fonti di reddito o le controversie sulle banche nazionali e simili. Trump è diverso, molto fiducioso in questi dettagli della storia che sono stati dimenticati persino dalla maggior parte degli economisti.

Trump ha spiegato che l'imposta sul reddito è arrivata nel 1913 in sostituzione dei dazi. Ha ragione per quanto riguarda la progettazione, ma la realtà storica è stata leggermente diversa. I dazi non sono stati aboliti del tutto. L'imposta sul reddito è semplicemente diventata una seconda e ulteriore fonte di entrate. Poi arrivò la Grande Guerra, finanziata in gran parte dalla banca centrale che fu creata in quello stesso anno.

L'imposta sul reddito e la FED divennero la fonte finanziaria del potere del Leviatano. Entrambe nacquero nel 1913, insieme all'elezione diretta dei senatori che fece saltare la struttura bicamerale del Congresso e mise le grandi città a capo dell'equivalente americano della Camera dei Lord.

La lezione di storia di Trump apre l'opportunità di esaminare tutto questo più da vicino. Egli sembra simpatizzare con la fazione di Hamilton ereditata poi da Henry Clay, il senatore della Virginia che sostenne quello che venne chiamato “il sistema americano”: una linea di politica basata su dazi protettivi, una banca nazionale e sussidi federali per miglioramenti interni in modo da promuovere la crescita economica e la coesione nazionale.

Questo è un riassunto abbastanza buono di quella che sembra essere la posizione di Trump. In termini storici, la visione di Clay contrastava con la visione jeffersoniana, la quale favoriva un governo minuscolo, libero scambio, nessuna banca nazionale, nessuna sovvenzione industriale e una società di piccoli agricoltori che fungesse da motore economico.

Oggi i vecchi dibattiti tra jeffersoniani e hamiltoniani sembrano molto meno rilevanti per la situazione attuale. Sia Hamilton che Clay sarebbero inorriditi dalle dimensioni e dalla portata del potere governativo e si unirebbero volentieri a Jefferson e John Randolph per ridimensionare il Leviatano. Questa è l'ambizione di Trump, essere un agente di cambiamento che renda di nuovo gestibile il governo federale.

Per questo motivo ha lanciato l'idea di abolire l'imposta sul reddito. E tutti hanno detto: sì! Inutile dire che questo finirebbe per negare enormi quantità di entrate al governo federale. Non importa come si facciano i calcoli, non c'è modo che i dazi possano compensare la differenza. L'unica soluzione, quindi, è quella di tagli alla spesa pubblica, che persone come Elon Musk hanno promesso.

Consistent with President @realDonaldTrump’s instructions, all federal employees will shortly receive an email requesting to understand what they got done last week.

Failure to respond will be taken as a resignation.

— Elon Musk (@elonmusk) February 22, 2025

L'ultima volta che il governo federale si finanziava interamente tramite i dazi, la spesa pubblica era solo lo 0,05% di quella odierna. Se la tagliassimo così tanto, sarebbe fantastico, ma non è mai successo niente del genere nella storia americana. Di solito ciò che Washington chiama tagli sono in realtà solo tagli nel ritmo di aumento della spesa.

Senza tagli reali e con una riduzione o eliminazione dell'imposta sul reddito, gli Stati Uniti finiscono con più debito che sarà finanziato dalla Federal Reserve e che si tradurrà in più inflazione. Quest'ultima non è altro che una forma diversa e più subdola di tassazione. Invece di prelevare denaro direttamente dal vostro conto bancario, lo stato riduce il potere d'acquisto dell'unità di denaro stessa.

Torniamo all'idea di abolire l'imposta sul reddito. La miglior tesi mai sostenuta a proposito è quella presentata da un grande giornalista di nome Frank Chodorov (1887–1966) e dal suo meraviglioso libro La radice di tutti i mali economici. Scrisse del 16° emendamento alla Costituzione:

[Esso] non pone limiti alla confisca statale. Lo stato può, ai sensi della legge, prendere tutto ciò che il cittadino guadagna, anche fino al punto di privarlo di tutto ciò che è al di sopra della mera sussistenza, che invece dovrebbe consentirgli di trattenere affinché possa produrre qualcosa da confiscare poi. In qualunque modo si giri questo emendamento, si arriva al fatto che conferisce allo stato un privilegio prioritario su tutta la proprietà prodotta dai suoi sudditi. In breve, quando questo emendamento divenne parte della Costituzione, nel 1913, il diritto assoluto di proprietà negli Stati Uniti fu violato.

Inoltre:

Di nome, era una riforma fiscale. Di fatto, era una rivoluzione. Il sedicesimo emendamento ha corroso il concetto americano di diritti naturali; ha ridotto in ultima analisi il cittadino americano a uno status di suddito, tanto che non ne è consapevole; ha aumentato il potere esecutivo al punto di ridurre il Congresso all'innocuità; e ha permesso al governo centrale di corrompere i singoli stati, un tempo unità indipendenti, per sottometterli. Nessuna monarchia nella storia del mondo ha mai esercitato più potere della nostra presidenza, o ha avuto a disposizione una quantità maggiore di ricchezza della popolazione. Abbiamo mantenuto le forme e le frasi di una repubblica, ma in realtà viviamo sotto un'oligarchia, non di cortigiane, ma di burocrati.

L'abolizione dell'imposta sul reddito ripristinerebbe i diritti di proprietà, i diritti d'impresa e la privacy dei cittadini americani, che non sarebbero più spiati e saccheggiati dal potere arbitrario dello stato.

L'elettorato che favorirebbe una cosa del genere in America è praticamente chiunque. Perché, allora, nessun presidente ha mai promosso un'idea del genere? Proprio perché farlo è incredibilmente illuminante e accresce la consapevolezza. Costringe il popolo americano a rendersi conto che lo stato sta vivendo a sue spese. Per qualsiasi istituzione politica che spadroneggia su una popolazione appena consapevole di questi fatti, una proposta del genere è assai pericolosa.

Non si può aggirare la matematica. Se stiamo davvero parlando di sbarazzarci dell'imposta sul reddito, non esistono dazi abbastanza alti da compensare la differenza. Non c'è altra scelta che tagliare drasticamente la spesa pubblica. Il congelamento del bilancio, il congelamento delle nuove assunzioni, il congelamento delle sovvenzioni in uscita: tutto questo punta nella giusta direzione. Non possiamo escludere la possibilità che l'amministrazione Trump ci porti davvero dove dobbiamo andare.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Il primo anno di Milei: libertà, meno burocrazia, bassa inflazione

Lun, 03/03/2025 - 11:04

Vi ricordate, poco più di un anno fa, quando Milei è stato eletto, una congrega di 108 economisti aveva firmato una lettera in cui si dicevano preoccupati per le sorti dell'Argentina sulla scia delle potenziali riforme in canna al nuovo presidente? Dopo poco più di un anno l'Argentina è praticamente risorta dalle ceneri in cui l'avevano bruciata i peronisti. I lavori pubblici sono stati tagliati, i programmi di welfare sono stati tagliati e i sussidi eliminati. Le aziende statali sono state privatizzate e centinaia di regolamenti sono stati tagliati. Il codice fiscale è stato semplificato e le imposte sulle esportazioni ridotte. Le leggi sul lavoro sono state allentate, il numero di ministeri governativi ridotto ed è stato implementato un blocco per i posti di lavoro pubblici. Dal punto di vista monetario, il peso è stato svalutato e alla banca centrale ordinato di mettere in pausa la stampante monetaria. Queste azioni non sono state indolori, infatti, lo stesso Milei le aveva descritte come una sorta di “terapia d'urto” necessaria per la guarigione economica. L'Argentina stava combattendo contro un'inflazione a tre cifre, la sclerosi economica e la povertà di massa. “In soli 12 mesi abbiamo polverizzato l'inflazione”, ha scritto su X il Ministero dell'Economia; nel frattempo l'economia argentina è uscita ufficialmente dalla recessione. Pensate quello che volete della persona, ma i risultati sono evidenti. Questo perché, come ricordo spesso, l'Argentina di Milei è un “laboratorio statunitense”, un ambiente controllato in cui sperimentare inizialmente suddetta “terapia d'urto”, e adesso il DOGE non sta facendo altro che replicarla negli Stati Uniti (senza contare che anche pubblicamente non si nasconde questa partnership). Inutile dire che non esiste e non esisterà mai il mondo perfetto, ciononostante si può lavorare per ottenere il massimo dai propri principi. Austriaci e libertari, con Trump alla Casa Bianca e Milei alla Casa Rosada, stanno vincendo, quindi va bene essere “cani da guardia” del potere, criticare i passi falsi, ma non buttare nel cestino tutto il loro operato visto che attualmente si stanno opponendo a uno dei progetti più distopici mai concepiti: il Grande Reset. Altrimenti si potrebbe pensare che Austriaci e libertari, abituati a perdere, c'abbiano preso gusto e siano capaci di fare solo questo: ovvero criticare a tutti i costi perché a loro piace il ruolo dei perdenti. La cricca di Davos e i neocon inglesi sono bestie feroci all'angolo e faranno un caos incredibile pur di sopravvivere alla loro sconfitta. Tempi eccezionali richiedono alleati eccezionali, come la FED, il governo statunitense e il governo argentino, se lavorano nella “giusta” direzione... e con l'importanza data a Bitcoin, Tether e l'oro direi che la direzione è quella giusta. Prima pensiamo a sventare il piano diabolico della cricca di Davos, poi penseremo a come migliorare ulteriormente la società.

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di Michael Munger

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-primo-anno-di-milei-liberta-meno)

C'è qualcosa che sta succedendo e quel qualcosa non è esattamente chiaro.

In tutto il mondo c'è una crescente impazienza verso le ortodossie e la condiscendenza della sinistra progressista. Negli ultimi due anni i partiti di destra hanno superato le aspettative elettorali in Belgio, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Ungheria, Polonia e Stati Uniti.

Ma il Paese con più eventi e meno chiarezza è quasi certamente l'Argentina. Poco più di un anno fa Javier Milei è stato eletto presidente in quella che potrebbe essere l'elezione più “improbabile” di sempre. È allettante mettere insieme il successo di Milei con l'inclinazione elettorale generale a destra, ma non è corretto; Milei è diverso. Come ha affermato un podcast prodotto dal The Economist: “Milei è soprattutto un fervente sostenitore dell'economia di libero mercato. Questa è la sua assoluta comprensione guida”.

Questo zelo è sempre stato ai margini dell'ortodossia economica, con i dissidenti accademici etichettati come “econochantas”, un neologismo che combina “economista” con “ciarlatano” o millantatore di frodi. E ha agito in base alle sue convinzioni, non a quelle dell'establishment, in modi insoliti per i funzionari eletti. Quando era membro della Camera dei rappresentanti argentina, annunciò che poiché il suo stipendio mensile era stato sottratto ai contribuenti e quindi “rubato”, lo avrebbe messo a sorte.

Gli obiettivi principali della campagna di Milei e le sue azioni effettive nel suo primo anno in carica includono due cose che nessuno degli altri leader ha mai detto, e tanto meno fatto. La prima è tagliare la spesa; la seconda è ridurre l'ingerenza dello stato nella determinazione dei prezzi.

Prendete in considerazione cosa ha fatto Milei nel suo primo anno:

Riduzione del numero dei dipartimenti del governo da 18 a 8

Sospensione di quei lavori pubblici diversi da quelli assolutamente essenziali

Taglio degli stipendi per i restanti posti di lavoro pubblici

• Mantenimento del tasso di aumento delle pensioni, inferiore al tasso d'inflazione, taglio delle pensioni governative in termini reali

• Surplus di bilancio, mese dopo mese, e ha chiuso il 2024 con un surplus fiscale per la prima volta in più di un decennio

Forte calo dell’inflazione

Aumento delle riserve nazionali di valuta estera, compresi i dollari

Riduzione sostanziale delle normative e dei requisiti per i permessi di viaggio, gli affitti di appartamenti e le nuove costruzioni

Riduzione della spesa pubblica di oltre il 30%

Il simbolo della campagna elettorale di Milei era una “motosierra” (motosega) e la sua minaccia costante ai programmi governativi era “afuera!” ovvero “fuori dai piedi!” Spesso gridava “se viene la motosierra profunda”, annunciando l’arrivo di tagli “profondi” alla spesa.

Il consenso dei media era che i suoi tagli pesanti avrebbero creato una recessione catastrofica, seguita da una tempesta di disordini politici. Ma le cose sono andate così male in Argentina negli ultimi dieci anni che persino alcuni dei suoi detrattori ora ammetterebbero che era necessario un cambiamento.

La popolarità di Milei è rimbalzata dopo alcuni scossoni iniziali. Negli ultimi due mesi è aumentata, mettendo fine all'idea che gli argentini non siano disposti a soffrire a breve termine per una prosperità a lungo termine. Mentre c'è stata una recessione per gran parte del 2024, il quarto trimestre ha visto una crescita e si prevede che l'economia crescerà del 5% o più nel 2025, proprio il tipo di prosperità che era stata promessa. E ci sono buone possibilità di investimenti esteri, come si evince dalla reazione dell'“indice di rischio Paese” di JP Morgan, che è sceso da 2000 (“statene alla larga!”) a 750 (“benvenuti!”).

Ma ci sono altri due aspetti del programma di Milei e del suo successo che non sono stati notati, o almeno che non sono stati commentati molto. Il primo è stato il ripristino dell'ordine e della protezione dei diritti di proprietà da parte della polizia e dell'esercito.

Prima della sua elezione molte parti del Paese, compresi i punti caldi del “narcotraffico” come Rosario, erano enclave senza legge, di violenza delle gang e criminalità di strada. E le città venivano spesso chiuse, per ore o persino giorni, dai “picquetes”, una parola tipicamente argentina per “picchetti”, o file di manifestanti che chiedevano una sorta di prebenda governativa o beneficio speciale. I narcotrafficanti e i picqueteros avevano di fatto distrutto il commercio e i diritti di proprietà in tutto il Paese.

Milei vi ha posto fine. I tassi di criminalità e il numero di omicidi sono diminuiti di oltre il 50%, con i maggiori aumenti nelle aree a cui la precedente amministrazione aveva ampiamente rinunciato. Patricia Bullrich, un'ex-rivale di Milei, è stata nominata alla carica di Direttore del Ministero della Sicurezza. Ha immediatamente annunciato: “Porteremo ordine nel Paese in modo che la gente possa vivere in pace. Le strade non saranno lasciate a loro stesse. Fate sapere loro [ai picqueteros] che se le strade saranno ancora preda delle loro scorribande, ci saranno conseguenze”.

L'altro aspetto del programma di Milei è stato quello di porre fine alla sregolatezza che aveva caratterizzato la politica economica e industriale argentina. Il libro The Road to Serfdom di F. A. Hayek sosteneva che il problema della pianificazione centralizzata e dei controlli sui prezzi, che è ciò che Hayek intendeva con il termine generico “socialismo”, porta a una cascata di regolamentazioni che correggono le distorsioni causate dal precedente ciclo di regolamentazioni che a loro volta correggevano le distorsioni delle linee di politica originali. Cercare di raggiungere obiettivi sociali gestendo i prezzi blocca la funzione informativa di un sistema di mercato che si adatta dinamicamente e porta a gravi inefficienze e carenze.

Milei ha un sostantivo meravigliosamente descrittivo per le sue linee di politica in quest'area: “Sinceramiento los precios relativos”, ovvero “rendere i prezzi precisi (sinceri)”. Definire i prezzi “sinceri” è una mossa geniale, perché dà un volto umano all'azione altrimenti impersonale dei mercati nel segnalare la scarsità. Questa innovazione ha permesso a Milei di affermare (giustamente) che il prezzo delle case e di alcuni alimenti era stato artificialmente basso sotto i governi precedenti e che consentire ai prezzi di trovare il loro livello di mercato avrebbe risolto le carenze croniche di cui le persone avevano sofferto. Sebbene ci siano state obiezioni e tentativi di proteste (sventati dalla repressione dei picqeteros) su questo aumento dell'“inflazione”, Milei è stato in grado di difendere le sue linee di politica come cambiamenti necessari nei prezzi relativi (precios relativos) piuttosto che come una vera e propria inflazione monetaria.

Non sorprende che la promessa di prezzi sinceri abbia stimolato un boom immobiliare, con la costruzione di nuove unità e un gran numero di unità in affitto che erano state bloccate sotto il controllo dei prezzi e che sono tornate sul mercato. La conclusione è che, a un anno dalla sua presidenza, Milei ha superato ogni ragionevole aspettativa, tranne forse la sua. Vale la pena di vederlo in azione e dire la sua frase distintiva, “Viva la libertad, carajo!” Se dovessi tradurla per mia madre, direi che significa “Lunga vita alla libertà, accidenti!” Nessun altro leader mondiale lo dice e Milei lo pensa davvero.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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