Mi par di capire che in Italia (vivo all'estero), come ad ogni settembre, si stia litigando per colpa del Ministro dell'Istruzione. Per un emigrante come me, è bello sapere che a casa certe cose non cambiano mai. La scuola è come la nazionale, tutti si sentono in diritto di dire la loro, e chi sono io? Il figlio della serva? E allora ecco la parola di un docente mancato.
Cos'è la scuola? E' il metodo istituzionalizzato attraverso cui si insegna ai giovani quello che non possono imparare con l'esperienza, sia esso un epinicio o il diritto civile, passando per l'alfabeto e le tabelline.
La scuola come la intendiamo noi nasce con gli Stati nazionali moderni, quando le classi dirigenti capiscono di aver bisogno di una popolazione in grado di saper leggere e scrivere, perché il medioevo era passato da un pezzo e intanto in Inghilterra si erano incaponiti a fare la rivoluzione industriale.
In Italia la scuola rifletteva le condizioni sociali dell'epoca: c'era la scuola per i signori, cioè la classe dirigente, e la scuola per i popolani, che doveva fornire il minimo indispensabile. Poi è venuto il fascismo, che ha fatto la riforma Gentile, ed ha segnato la scuola italiana fino ai giorni nostri. Qui non affronteremo il merito della riforma, ma solo alcune riflessioni di contorno. Quella riforma ha dato vita ad un sistema scolastico profondamente classista. C'erano i licei per i figli dei ricchi, gli istituti tecnici per quelli che potevano permetterselo e il resto si accontentava della terza elementare. In questo periodo in Italia la classe dirigente è anche la classe che ha in mano l'economia. C'è una sostanziale identità tra chi ha il potere economico e chi ha il potere politico. Questa classe dirigente è quindi colei che ha creato la scuola per i propri figli. La scuola italiana nasce quindi intrinsecamente elitaria. Sopra tutti stava il liceo (classico e in seconda istanza scientifico), destinato alla classe dirigente. La sua funzione è abbastanza evidente: concentrarsi sulla formazione ideologica di chi sarà destinato a comandare. I figli dei signori non avevano bisogno di una scuola che insegnasse loro un lavoro, perché tanto sarebbero andati all'università e dopo di essa avrebbero comunque trovato un'occupazione all'altezza della propria provenienza sociale. Quei cinque anni dunque venivano usati per formare ideologicamente i virgulti e conformarli al vivere cui erano destinati. La formazione vera e propria sarebbe avvenuta in seguito.
Gli istituti tecnici erano anch'essi destinati ad un'esigua frazione della popolazione, ed erano – per quel tempo – una ottima forma di educazione, alla fine della quale si poteva aspirare a lavori di un certo prestigio (ricordiamoci che nel 1923 la quasi totalità dei cittadini erano contadini analfabeti che aravano il campo con i buoi).
Il liceo classico era un'ottima scuola perché era per pochi, quei pochi erano ricchi e venivano da famiglie con un alto livello di istruzione, ed era stato creato dalla classe dirigente per soddisfare le proprie esigenze interne. Non c'era l'idea che il figlio di un contadino facesse il classico, s'iscrivesse all'università e magari diventasse podestà. Il liceo classico non era concepito come un mezzo di promozione sociale, bensì come mezzo di distinzione sociale.
Poi il fascismo è caduto, ma la scuola è rimasta la stessa per un bel po'. Solo che l'Italia tutto intorno stava cambiando e un poco alla volta, passo passo, i figli dei contadini hanno cominciato a bussare alle porte degli istituti tecnici e magari dell'università. A questo punto c'è stata la svolta irrazionale della scuola italiana. Invece di rimodulare il sistema formativo nel suo complesso e permettere a tutti di avere accesso all'istruzione, si è pensato semplicemente di aprire le porte e far entrare quelli che gradivano. Ovviamente la cosa non si è notata subito. Nel dopoguerra i figli dei contadini non andavano tutti a scuola, perché molti cercavano ancora di mettere insieme il pranzo con la cena. Ma anno dopo anno la popolazione nel suo complesso ha migliorato le proprie condizioni economiche. E ha cominciato a mandare i figli a scuola.
E così, la scuola d'elite, anziché diventare scuola per tutti, è diventata scuola di massa. Qualcuno ha pensato che se il liceo classico poteva accogliere pochi figli di ricchi istruiti, poteva tranquillamente accogliere anche molti nipoti di contadini analfabeti.
Nel frattempo il potere politico è passato di mano ai nuovi governi democratici, che non erano necessariamente espressione del potere economico. Cioè, chi ha iniziato a mettere le mani sulla scuola nel dopoguerra non aveva più le stesse motivazioni che avevano spinto alla riforma Gentile. Mancava l'interesse a creare una buona scuola, perché si credeva che sarebbe bastato mandare il nipote di un contadino alla scuola che era stata dei ricchi per farlo diventare come i ricchi. Se il liceo classico era un'ottima scuola, chiunque ci fosse andato avrebbe avuto un'ottima istruzione. Invece non è così: una scuola intrinsecamente elitaria non è fatta per accogliere tutti, ma siccome si è deciso che tutti dovevano andarci e non rimanere esclusi, si è stati costretti ad abbassare il livello generale di istruzione impartita, illudendo i figli degli operai e i nipoti dei contadini di avere l'educazione dei ricchi, mentre gli si rifilava una versione scadente.
Col tempo questa idea non poteva che rivelarsi disastrosa. Alle elite economiche la scuola di massa, cioè di bassa qualità, non dà preoccupazioni: loro possono mandare i loro figli ad altre scuole e comunque il loro scopo non è trovare un lavoro a 20 anni.
Il problema sorge per i figli dei non-ricchi, quello sterminato strato sociale medio e medio-basso abbastanza benestante da poter offrire un'istruzione ai propri figli ma non abbastanza ricco da evitare loro di affrontare il mercato del lavoro. Il vero problema è che la stragrande maggioranza degli studenti, pur avendo un'istruzione, non ha un posto di lavoro garantito (come i figli dei ricchi) perché per ogni studente ce ne sono altri dieci come lui. Il ragionamento che è stato fatto è il seguente: per anni la classe dirigente del Paese è uscita dal liceo classico, di conseguenze se io faccio il liceo classico diventerò classe dirigente. In pratica si è confuso l'ordine causale degli eventi. Non è vero che si diventava classe dirigente perché si faceva il classico (come si continua a credere) ma si faceva il classico perché si era classe dirigente.
E così, mentre l'Italia cambiava, si rivoluzionava e entrava nel nuovo millennio, la scuola è rimasta uguale a sé stessa, uno strumento obsoleto costruito a misura di una società che non esiste più. Oltre a questo, non è più nell'interesse di chi ha il potere economico ed è lasciata in mano a chi a il potere politico, che l'ha usata a scopi elettorali. In pratica è stata semplicemente lasciata andare e smossa ogni tanto in modo da recuperar voti alla bisogna: finché la forza d'inerzia le ha permesso di andare avanti ha continuato ed ora che l'inerzia è finita si sta fermando.
Quindi trovo un po' limitate le critiche alla Gelmini, quando il problema è di portata ben maggiore, direi storica, e prescinde le responsabilità del singolo politico al governo. Resta il problema di chi a scuola c'è già e ha bisogno di un'istruzione adeguata. Come ho detto, se siete figli di ricchi, potete fare niente, tanto una sistemazione la troverete. Se invece non provenite da famiglie particolarmente ricche o con una rete di conoscenze particolarmente ampia e utile, mi permetto di dare alcuni consigli a chi è alle superiori e sta decidendo cosa fare dopo il diploma. Magari qualche giovane sta cercando aiuto per scegliere l'università, magari vostro figlio o vostro nipote.
Se state facendo il liceo sapevate fin dal principio che avreste dovuto proseguire negli studi ma se siete in un istituto tecnico e avete deciso per l'università, il discorso vale anche per voi.
Per prima cosa sappiate che finita l'università non vi aspetta un lavoro, vi aspetta la lotta per trovarne uno. Siete in concorrenza con centinaia di migliaia di persone che avranno esattamente il vostro stesso grado di preparazione e la competizione sul mercato sarà estrema. Certo, ci saranno alcuni corsi di studio particolari richiesti dal mercato, ma quasi sicuramente non li frequenterete.
La cosa importante da tener presente è che in Italia il lavoro si trova tramite la vostra rete di relazioni. Scordatevi di mandare ottimi curriculum alle aziende, di fare colloqui iperdifficili e superare test attitudinali. Il posto di lavoro si trova grazie alle relazioni che vi siete costruiti negli anni. Cominciate presto: tutte le persone che ho conosciuto e che hanno un lavoro minimamente all'altezza del loro grado di istruzione lo hanno trovato in questo modo. Gli altri o stanno cercando di fare gli statali (e ve lo sconsiglio, meglio il superenalotto) oppure fanno un lavoro che potevano cominciare a 19 anni con un semplice diploma, cominciando a mettere via soldi e contributi 10 anni prima.
Se però volete evitarvi tutto questo, prendete in considerazione l'opzione più seria: fare l'università all'estero. So che, per un italiano, la parola “estero” fa ricordare le colonne di emigranti con la valigia di cartone, ma i tempi sono cambiati. Studiare per esempio in nord Europa significa avere università di qualità aperte a tutti ed a costi ragionevoli. Non so come funzioni in Spagna o in Francia, ma per esempio conosco la situazione della Germania (ci vivo). Studiare qui ha innanzitutto dei vantaggi sul piano economico. Gli affitti costano poco, il cibo costa poco e l'università costa poco o comunque meno che in Italia. Se in Italia non volete fare i pendolari, vale la pena di venire qui fosse solo per la questione economica. Quando sono arrivato vivevo a Berlino e con i 400 euro al mese che prendevo per lo stage mi pagavo vitto e alloggio (in un appartamento a cinque minuti da Alexanderplatz). Da studenti avete diritto ai mezzi di trasporto gratuiti (o meglio, pagate un abbonamento semestrale che è compreso nelle tasse universitarie) e avete diritto a sconti su moltissime cose, dal cinema ai treni. Se scegliete la Germania dell'ovest, aspettatevi un costo della vita leggermente più elevato, ma comunque non paragonabile a quello italiano. Le infrastruttre sono ottime, la pianificazione del vostro lavoro sarà eccellente e avrete a disposizione biblioteche di alto livello. Inoltre avrete modo di venire a contatto con studenti da tutto il mondo e avrete la possibilità di fare un Erasmus in un altro Paese, allargando ancora di più le vostre conoscenze. Di questo io ho avuto esperienza diretta e mi ha fatto un'ottima impressione.
So che in Inghilterra studiare è molto più costoso, ma in questo caso è possibile ricorrere a borse di studio di vario genere. I Paesi scandinavi sono un'altra meta che ho sentito essere ottima per studiare, come pure Belgio e Olanda. Almeno, questo è quello che mi è stato riferito.
Non abbiate paura della lingua. Potete prendervi un semestre o due per impararla nella città dove volete vivere, non casca il mondo se vi laureate un anno più tardi. Se avete dubbi per la questione economica, non sarà molto peggiore di quella di uno studente fuori sede che dalla Sicilia o dal Friuli si muove a Roma o Milano, anzi, a conti fatti è probabile anche un risparmio, ma dipende molto da dove andate, naturalmente. Considerate poi che in ogni caso laurearsi in Italia significa essere disoccupati e farvi mantenere dalla vostra famiglia a lungo.
Senza contare che vi divertirete come dei matti
Non ascoltate più di tanto quello che i professori delle superiori vi dicono. Vivono nel loro mondo e non hanno idea di quello che aspetta gli studenti italiani, vi dicono quello che gli piace sentir uscire dalla loro bocca, niente più. Non fidatevi troppo nemmeno di quello che le università vi propongono: siccome il loro finanziamento dipende dal numero di iscritti, si venderebbero le madri pur di accaparrarsi uno studente. Qualsiasi facoltà scegliate, vi diranno che il livello occupazionale a meno di un anno dal conseguimento della laurea è altissimo. Palle. Dopo la laurea sarete buttati nella jungla, i posti migliori saranno presi dai figli dei ricchi, poi dai figli di politici/sindacalisti vari, poi da chi è riuscito a costruirsi la propria rete di conoscenze (ho visto gente ottenere posti di alto livello solo perché invece di prepare esami ha fatto il cameriere nei locali giusti e ha conosciuto la gente giusta). Se non siete in una di queste categorie, finirete in un call centre oppure a fare la segretaria. Non pensate che a voi non toccherà, se non farete niente per evitarlo.
Evitate facoltà ridicole dove regalano voti senza far niente. Fate quello che vi piace, ma non lasciatevi andare. Studiare è difficile e se non volete fare alcuna fatica, il posto da centralinista è lì che vi aspetta.
Rendetevi conto che l'Italia non è più quella del boom degli anni '60: siamo un Paese in declino, con un livello culturale infimo, senza grandi prospettive per il futuro e per voi (noi) non c'è posto. La gente se ne va già e se ne va per un motivo. Poiché è meglio agire per scelta che per necessità, pensate bene a quello che volete fare.
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Un paio di note
Trovo questo un punto cruciale:
La cosa importante da tener presente è che in Italia il lavoro si trova tramite la vostra rete di relazioni. Scordatevi di mandare ottimi curriculum alle aziende, di fare colloqui iperdifficili e superare test attitudinali. Il posto di lavoro si trova grazie alle relazioni che vi siete costruiti negli anni.
La logica direbbe che una azienda dovrebbe essere interessata ad avere nel suo organico persone competenti perchè in questo modo produce meglio, ottimizza i costi ed alla fine è più concorrenziale sul mercato.
La realtà è appunto un'altra, e sarebbe interessante capire il perchè :)
Altra cosa: spiace che tra le proposte ed i consigli che dai ai tuoi lettori non ci sia anche quello di mettersi in proprio: non tutti i lavori sono per forza quelli di essere dipendenti di qualcun altro.
Per il resto complimenti come sempre per l'articolo, molto interessante.
Re: un paio di note
Non abbiamo avuto il protestantesimo :-)
In realtà non stavo pensando a cosa consigliare come lavoro, chiaro che esistono sempre parecchie opzioni. Ma credo che se qualcuno si mette in proprio, probabilmente non ha nemmeno bisogno di questo genere di consigli, perché è già molto più "scafato" di quello che sono io :-)