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La Politica Monetaria

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Le cause della crisi: la politica monetaria della Federal Reserve

Milton Friedman, (2006) ha consacrato in questa maniera la carriera di Alan Greenspan come banchiere centrale:

«Nel corso della nostra lunga amicizia, Alan Greenspan ed io ci siamo generalmente trovati d’accordo sulla teoria e sulla politica monetaria tranne che per una grande eccezione. Io ho per lungo tempo favorito l’uso di strette regole per controllare il quantitativo di moneta creata. Alan sostiene che mi sbagli e sia preferibile, anzi essenziale, agire in modo discrezionale. Ora che dopo 18 anni il suo turno come chairman della Fed è finito, devo confessare che la sua performance mi ha persuaso che aveva ragione lui.

La sua performance è stata davvero straordinaria. Non c’è stato nessun altro periodo di tempo di lunghezza comparabile in cui la Federal Reserve ha funzionato così bene. »

E’ un peccato che Friedman non abbia vissuto abbastanza per ricredersi nuovamente.

La manipolazione del tasso di interesse e la teoria austriaca del ciclo economico

Per sostenere che la causa della bolla immobiliare, e dei cicli economici in generale,  sia da ricercare nei processi di espansione e di contrazione dell’offerta di moneta attuati dalle banche centrali è necessario avere alle spalle una solida teoria economica che spieghi il processo causale tra i due fenomeni. Questa teoria è precisamente l’Austrian Theory of Business Cycle, sviluppata dagli economisti Ludwig Von Mises (1981) e Friedrich Von Hayek (2008a) durante la prima metà del secolo scorso.

Teoria Austriaca del ciclo economico: una teoria del capitale

Quando nei corsi universitari si studia che cosa sia il “capitale”, spesso e volentieri la trattazione viene fatta in modo molto semplificato ed approssimativo. In tutti i vari modelli economici il Capitale, che pure è variegato ed ha una struttura ben definita, viene semplicemente definito con una variabile K, condensando in un numero, una sorta di blob informe ed onnicomprensivo, una struttura complessa e carica di informazioni economiche.

Se però consideriamo la storia del pensiero economico vediamo che, già alla fine dell’800, Eugene Bohm Bawerk aveva mostrato come bisognasse considerare il Capitale nella sua struttura temporale, non come una variabile statica, e definire una relazione tra questa struttura ed il tasso di interesse.
 
Tra gli anni venti e gli anni trenta del Novecento erano poi stati Ludwig Von Mises (1981) e  Friedrich Von Hayek (2008a) a definire in modo ancora più preciso la teoria e spiegare le ripercussioni di una variazione del tasso di interesse sulla struttura del capitale

La teoria esamina due situazioni: la prima in cui il tasso di interesse scende a fronte di un aumento dei risparmi reali e la seconda in cui questa diminuzione avviene a causa di un’espansione monetaria indotta dal sistema bancario.

Crescita economica indotta da un aumento dei risparmi reali

A volte può essere utile utilizzare dei diagrammi grafici riassuntivi per spiegare una teoria economica. Non facciamoci ingannare però: il grafico mostra una realtà semplificata ed è solo utile per comprendere i meccanismi che sono alla base delle leggi economiche e non per effettuare previsioni quantitative.

Nel nostro caso utilizzeremo la teoria del mercato dei fondi mutuabili (loanable funds) per determinare il tasso di interesse all’interno del sistema economico ed osservare poi quali sono le ripercussioni di una sua variazione nell’economia.
 

Fig. 1(a) Domanda ed Offerta di fondi mutuabili (aumento dei risparmi reali)

Il tasso di interesse è il punto di incontro tra la domanda e l’offerta di credito e quindi è un vero e proprio “prezzo”.

Nel nostro caso supponiamo inizialmente che l’offerta di credito sia determinata interamente dal risparmio delle famiglie e che si trovi nella configurazone S. Il tasso di interesse che si determina sul mercato è quindi i ed il livello di investimenti (e dei risparmi) viene individuato dal segmento OA. Ovviamente, poiché il reddito delle famiglie viene diviso tra consumi e risparmio, ad un livello OA di risparmio corrisponderà un preciso livello C di consumi.

Che cosa succede quando le famiglie decidono di risparmiare di più? La curva dell’offerta di credito si sposta verso destra nella configurazione S’. Il tasso di interesse determinato dal mercato sarà quindi più basso, al livello i’ ed il livello di investimenti (e di risparmi) verrà individuato dal segmento OB > OA. Le famiglie, avendo deciso di risparmiare di più, consumeranno quindi di meno, ad un livello C’.

L’economia è ora pronta per crescere in modo sostenibile. Le famiglie hanno segnalato agli imprenditori di voler diminuire i consumi attuali per aumentare quelli futuri ed il risparmio reale che si è creato è proprio ciò che alimenterà gli investimenti necessari per modificare la struttura del capitale ed aumentare la produzione.

Crescita economica indotta da un’espansione monetaria

Vediamo ora che cosa succede quando lo spostamento della curva dell’offerta di credito, dalla configurazione S a quella S’, non è il frutto dell’aumento del risparmio delle famiglie ma di un’espansione monetaria ΔM.

Figura 1(b) Domanda ed offerta di fondi mutuabili (espansione monetaria)

Anche in questo caso il livello degli investimenti si sposta  dal livello OA a quello OB ed il tasso di interesse scende a i’. Le famiglie però continuano ad allocare le proprie risorse tra risparmio e consumi lungo la curva S per cui i risparmi caleranno al livello OC proprio mentre gli investimenti sono aumentati al livello OB.

Che cosa succede all’economia?

Da una parte abbiamo le famiglie che, a fronte di un tasso di interesse minore, hanno deciso di diminuire i risparmi ed aumentare i consumi presenti. Se il tasso di interesse è molto basso l’incentivazione diventa ancora più perversa ed è possibile che le famiglie aumentino i loro consumi ricorrendo anch’esse allo strumento del credito ed annullando di fatto i loro risparmi. Questo è proprio ciò che è successo negli Stati Uniti negli ultimi anni..

Dall’altra parte abbiamo invece gli imprenditori che interpretano il calo del tasso di interesse come il segnale che le famiglie stanno ora risparmiando e saranno quindi pronte ad aumentare i consumi nel prossimo futuro. Il tasso di interesse molto basso fa sì che numerosi progetti di investimento che erano stati inizialmente giudicati fallimentari ora siano visti come profittevoli. Non solo aumentano gli investimenti oltre la capacità di risparmio (overinvestment) ma questi vengono indirizzati verso progetti che sono destinati a fallire (malinvestment).

La struttura del Capitale viene quindi “tirata” in due direzioni: nella sua parte terminale, per far fronte ad un aumento dei consumi ed in quella iniziale, per far fronte all’aumento degli investimenti. Chiaramente questo tipo di crescita non è sostenibile e la situazione è destinata a tradursi in un boom che, dopo un certo periodo, si tramuta in recessione.

 Ludwig Von Mises (2007) ha descritto questo processo con una metafora.

«L’intera classe imprenditoriale si trova nella posizione di un capomastro che deve costruire un edificio avendo a disposizione una scorta limitata di materiali da costruzione. Se quest’uomo sovrastima la quantità delle scorte allora preparerà un progetto che non può essere completato con le risorse che ha a disposizione. Sovradimensionerà le fondazioni e solo più tardi, durante la prosecuzione dei lavori, scoprirà che non dispone dei materiali che sono necessari per il completamento della struttura».

La crisi del 2008/2009 è spiegabile tramite l’Austrian Theory of Business Cycle?

Se osserviamo la storia economica degli ultimi anni la risposta non può che essere un sì. Dopo l’11 Settembre 2001 e ad appena un anno di distanza dallo scoppio della bolla azionaria della New Economy, il Chairman della Federal Reserve Alan Greenspan decise di avviare una politica monetaria espansiva per far “ripartire l’economia”. Il “Maestro” decise così di tagliare il tasso di interesse sino all’1% e tenerlo a quel livello per un anno intero, dal giugno 2003 al giugno 2004.
 
Fig. 2 Tasso di sconto della Federal Reserve

Fonte: Federal Reserve

Il risultato fu una massiccia espansione monetaria che non aveva avuto precedenti nella storia degli Stati Uniti d’America.

Come abbiamo visto la teoria economica austriaca postula che una massiccia iniezione di liquidità nel sistema creditizio provochi da una parte un calo del risparmio delle famiglie e dall’altro un boom insostenibile di investimenti a lungo termine che ora sembrano produttivi a causa del calo dei tassi di interesse.

Se poi consideriamo i tassi di interesse reali, aggiustati per l’inflazione (o meglio ciò che oggi viene chiamato inflazione), l’immagine risulta ancora più chiara. Questi tassi di interesse, infatti, risultavano essere addirittura negativi!
 
Fig 3. Tasso di interesse reale

Fonte: Federal Reserve St. Luois

Nel frattempo le famiglie americane decidevano di non risparmiare praticamente nulla del loro reddito ed anzi fare largo uso dello strumento del credito per aumentare a dismisura i propri consumi proprio durante gli  anni del boom. Il risultato è stato che l’indebitamento delle famiglie americane ha raggiunto il livello record di 13800 miliardi di dollari.

Fig. 4. Tasso di risparmio delle famiglie americane

Fonte. BEA

Il malinvestment: la bolla immobiliare ed il mercato dei mortgage backed securities

Come si è visto la teoria austriaca del ciclo economico prevede che una politica monetaria espansiva si traduce in un boom insostenibile nei primi stadi della catena produttiva. Se esaminiamo il periodo 2002-2006, possiamo notare come la bolla si sia sviluppata nel settore immobiliare e nel settore finanziario dei derivati che vi facevano riferimento.

Come mai il malinvestment si è concentrato in quel mercato e non in un altro? Le cause sono molteplici.

Innanzitutto bisogna notare come negli anni del boom il tasso di interesse richiesto per i mutui a 30 anni, ovvero quelli utilizzati per acquistare le case, hanno raggiunto il livello più basso di sempre.

Fig. 5. Tasso di interesse dei mutui a 30 anni

Fonte: Federal Reserve

Inoltre per la prima volta nella storia degli Stati Uniti, i prezzi delle case hanno continuato a salire anche durante una recessione (quella successiva allo scoppio della bolla dot com), tanto che si inizio a sentir dire che “i prezzi delle case aumentano sempre”, “Il mattone è un investimento sicuro” e così via.

Fig. 6. Confronto tra il tasso di sconto della Fed e l’indice dei prezzi delle case americane

Fonte: Case-Schiller home price index

Tutto questo, unito alle raccomandazioni di Greenspan (2004) nel suo discorso del 23 febbraio 2004,

«Delle recenti ricerche fatte all’interno della Federal Reserve suggeriscono che molti proprietari di case avrebbero potuto risparmiare decine di migliaia di dollari se avessero sottoscritto un mutuo a tasso variabile invece che un mutuo a tasso fisso durante gli ultimi dieci anni»

ha fatto sì che il malinvestment si concentrasse proprio nel settore immobiliare e che i nuovi acquirenti di case decidessero di ricorrere ai mutui a tasso variabile per finanziare il proprio acquisto.

Come ha fatto notare Thomas Woods (2008), sebbene i media abbiano puntato il dito contro i mutui subprime, in realtà sono stati proprio i mutui a tasso variabile, che fossero prime o subprime, a subire il tracollo maggiore quando la bolla è scoppiata

In conclusione le responsabilità della Federal Reserve sono innegabili e danno una chiara illustrazione di come si sviluppa il ciclo economico secondo la teoria del ciclo economico sviluppata da Mises ed Hayek.