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E’ stata allora la deregulation a causare la crisi finanziaria?

La bolla immobiliare negli Stati Uniti e la crisi dei mutui subprime hanno fatto tornare alla ribalta il pensiero di un economista, Hyman Minsky (1992), che aveva elaborato un’interessante teoria sull'instabilità innata delle economie capitaliste.

La tesi di Minsky è che l'economia capitalista, durante i periodi di prosperità tenda da sola a diventare instabile ed a generare quelle bolle speculative il cui scoppio porta alla inevitabile crisi finanziaria.

La spiegazione suona più o meno così: quando le cose vanno bene, per chi è impegnato nelle aree più remunerative dell'economia, diventa molto appetibile indebitarsi. In sostanza più ci si indebita e si investe nel settore favorevole più si fanno soldi. Poiché l'economia sembra solida e le finanze dei debitori sembrano essere in buona salute, anche le banche sono meno restie a concedere prestiti.

Col passare del tempo i debiti si accumulano ed iniziano ad aumentare più dei profitti con i quali i debitori intendono ripagarli. Si arriva quindi ad un punto di non ritorno (Minsky moment) e si innesca la crisi.
 
Minsky fa distinzione tra tre tipologie di debitori:

- Il primo tipo sono gli hedge borrowers, ovvero coloro i quali sono in grado di ripagare sia il montante, sia gli interessi.
 
- La seconda categoria raggruppa gli speculative borrowers, cioè coloro i quali possono ripagare gli interessi ma che devono nuovamente indebitarsi per poter rimborsare il prestito originale.

- La terza categoria è infine quella dei Ponzi borrowers, cioè coloro i quali non possono né pagare gli interessi, né rimborsare il prestito ma fanno affidamento sul fatto che il prezzo degli asset che hanno acquistato continuerà a salire per poter rifinanziare il loro debito.

Durante un periodo di stabilità e crescita, secondo Minsky, le economie capitaliste tendono spontaneamente a muoversi da una situazione in cui vi è una maggioranza di hedge borrowers ad una dominata dalla finanza speculativa dei Ponzi borrowers, sino a giungere all'inevitabile collasso.

Il processo è aggravato dal fatto che le banche, durante il periodo di crescita, cercano di convincere gli investitori a comprare titoli di debito, magari offrendo prodotti finanziari dal nome accattivante o presentati come innovativi.

La ricerca del profitto "sempre più alto" e "ad ogni costo" dirige quindi i risparmi verso investimenti ad elevato rischio e poca sostanza, ma che offrono però un alto rendimento potenziale.

Quando cambiano le condizioni e viene rivelata la vera natura di questi "investimenti" la bolla speculativa scoppia e si genera la crisi.
 
Senza un intervento correttivo dall'alto, sempre secondo Minsky, la crisi può sfociare in un vero e proprio tracollo finanziario ed è quindi compito delle autorità politiche e monetarie intervenire regolamentando il mercato e fornendo liquidità al sistema bancario in modo che non collassi.

Chi segue questa teoria sostiene che negli ultimi anni vi è stato un sostanziale processo di deregulation il quale ha eliminato quegli argini che sono necessari per evitare l’instabilità intrinseca del sistema capitalistico. Tolte queste protezioni era solo questione di tempo perché il fiume straripasse travolgendo tutto e tutti.

La tesi per cui sia stata una generica deregulation a causare il problema nel mercato immobiliare è stata sostenuta da moltissimi politici, tra cui lo stesso Obama  durante i dibattiti presidenziali, ma in pochi hanno indicato quali sono state le leggi che mantenevano la stabilità e la cui abolizione ha permesso il disastro.

Tra questi ultimi vi è William K. Black, che negli anni ’80, nella sua funzione di regolatore, prese severi provvedimenti durante la crisi delle banche Savings & Loans e che in un’intervista a Bill Moyers  mandata in onda alla PBS ha cercato di spiegare che cosa aveva causato la crisi e qual era stato il ruolo del processo di deregulation nel determinarla.

Questa è la sua tesi.

La crisi è stata originata dalla frode perpetuata da chi ha creato i mutui, dalle agenzie di rating, dalle banche di investimento e dalla AIG.

Se è vero che molti dei comportamenti che hanno dato origine alla crisi sono configurabili come frodi, questo tuttavia non giustifica l’equivalenza tra frode e mancanza di regolamentazione.

Uno degli esempi più lampanti di frode è stato quello all’origine dello scandalo Madoff  e non si può certamente sostenere che vi sia stata mancanza di regolamentazione in quel caso.

Infatti, come ricorda Sheldon Richman (2009):

«Le leggi contro le frodi, ovvero contro l’acquisizione con l’inganno della proprietà altrui, non sono mai stati considerati come “regolamentazione del mercato” e non hanno mai costituito un difetto del libero mercato. Sono semplicemente parte della proibizione, presente nella common law del libero mercato, di violare la proprietà altrui».

Al contrario, se la truffa di Madoff ha potuto continuare tanto a lungo , questo è dovuto al fatto che l’agenzia governativa che doveva vigilare, ovvero la SEC, ha ignorato per nove lunghi anni tutte le segnalazioni, effettuate da enti privati, che evidenziavano le irregolarità da parte dell’ex presidente del Nasdaq.

Come ha scritto infatti Harry Markopolos, che per nove lunghi anni aveva presentato alla SEC prove della truffa di Madoff ed aveva chiesto di aprire un’inchiesta,

«Sin dal Maggio 2000, ho fornito all’ufficio regionale di Boston della SEC delle prove che avrebbero dovuto far iniziare un’inchiesta su Madoff. Ho ripresentato queste prove, aggiungendo ulteriore materiale di supporto, molte volte tra il 2000 ed il 2008, un periodo di nove anni. Eppure nulla è stato fatto. [..] Vi è stato un completo fallimento delle agenzie di regolamentazione a cui ci affidiamo perché agiscano da guardiani».
 
Per quanto riguarda invece le agenzie di rating, sino al 2007 era la SEC a fornire loro, de facto, una licenza, creando quindi un oligopolio a tre (Moody’s, Finch, Standard & Poor’s) che è stato rotto solo di recente. In una situazione del genere è molto facile che si creino delle collusioni tra controllori e controllati in cui vengono prodotti rating fraudolenti.

L’FBI aveva nel settembre 2004 lanciato un allarme pubblico su una possibile epidemia di frodi nel mercato dei mutui ma dopo l’11 Settembre  il Dipartimento della Giustizia aveva trasferito, senza rimpiazzarli, 500 specialisti al dipartimento anti-terrorismo e non vi erano quindi abbastanza agenti per indagare sulla vicenda.

Anche qui parlare di deregulation è fuorviante perché in realtà la ragione del trasferimento di quegli agenti è stata tutta politica e finalizzata a spostare le risorse governative per combattere il nemico che, volta per volta, viene percepito come prioritario.

Abolizione del Glass Steagall Act nel 1999, ovvero della legge che impediva alle banche commerciali di comportarsi come banche di investimento.

Questo è invece un chiaro esempio di deregulation ma siamo sicuri che questa misura sia stata una delle cause per la debacle finanziaria? Secondo Sheldon Richman (2008) parrebbe di no.

Il Congresso ha impedito che il CFTC (Commodity Futures Trading Commission) regolamentasse il mercato dei Credit Default Swap

Anche qui siamo di fronte ad un caso di deregulation e sicuramente l’intervento della CFTC avrebbe potuto in qualche modo mitigare alcuni degli effetti distruttivi dei CDS. Siamo sicuri però che la regolamentazione dei Credit Default Swap avrebbe risolto le cose? In quale modo un regolatore, che è spesso prigioniero dell’industria che deve regolamentare, può avere la conoscenza e la volontà di partorire delle regole così precise ed efficaci da rendere inoffensive delle vere e proprie “armi di distruzione di massa finanziarie”, come le ha definite il finanziere Warren Buffett ?

Il governo non ha adottato la Prompt Corrective Action Law, emanata dopo lo scandalo S&L, che rendeva obbligatoria la chiusura delle banche fallite.

Qui è deregulation oppure fallimento del governo? Dopotutto in questo caso la legge esisteva ma è stata l’Amministrazione ad agire con discrezionalità e decidere di non applicarla

In sostanza, più che attribuire la colpa alla deregulation, lo stesso Black sembra puntare il dito contro il governo e le agenzie di controllo che non hanno indagato sui reati di frode che venivano commessi, che non hanno seguito le procedure messe a punto durante gli scandali precedenti e che in sostanza hanno lasciato che il moral hazard nel settore creditizio prosperasse.

In realtà, come vedremo nel prossimo capitolo,  i comportamenti di azzardo morale più che  dalla presunta deregulation sono stati favoriti proprio dalla regolamentazione del mercato immobiliare che intendeva promuovere l’acquisto di una casa anche per quelle fasce di reddito che non se lo potevano permettere.