Qualche tempo fa un'influenza fuori stagione mi ha costretto a letto per un paio di giorni. Precisamente, da venerdì pomeriggio a domenica sera, in modo da non perdere alcun giorno di lavoro. Se si è casa da soli e ci si ammala il fine settimana, rimane poco da fare, se non sistemare il proprio computer portatile vicino al letto e guardare tutti i film che non si ha mai avuto tempo di guardare (debitamente acquistati o noleggiati in assoluto rispetto della vigente normativa sul diritto d'autore, che non ci azzarderemmo mai e poi mai a violare).
Tra gli altri, mi è capitato There Will Be Blood di P.T. Anderson (Il petroliere in italiano), che ha riscosso un ottimo successo di critica (RottenTomatoes.com gli da un lusinghiero 91%). Il film è tratto da un libro di Upton Sinclair, Oil!, ed il caso ha voluto che poco tempo dopo lo abbia trovato in libreria. Siccome mi pareva avere del potenziale e siccome Sinclair mi era piaciuto in precedenza, ho pensato di regalarmi questi 9 euro.
Come regola generale i film tratti da libri non mi interessano, perché la trasposizione da un medium all'altro non riesce mai. Un racconto che si sviluppa per svariate ore di lettura non potrà mai essere condensato in due ore di immagini in movimento. Ma in questo caso dire che il film è tratto dal libro è decisamente eccessivo: la storia è ambientata in California e uno dei personaggi è un petroliere multimilionario che si è fatto da sé: questi sono i due unici punti di contatto tra libro e film, che per il resto narrano due storie affatto diverse.
Il libro è una sorta di romanzo di formazione che accompagna la vita di Bunny Ross, figlio di un ricco magnate del petrolio, dalla fanciullezza all'età adulta. E' la storia di una vita vissuta a cavallo di due mondi: il mondo dei milionari, dei loro figli, della loro società e delle loro scuole; e il mondo di chi lavora per quei milionari e combatte per un condizioni di vita diverse. Sono due mondi che per certi versi non si incrociano mai e che per altri si scontrano fisicamente. In questa guerra di mondi, Bunny Ross sta nel mezzo, sposa le ragioni dei poveri ma non può cancellare le ragioni del sangue.
Il romanzo viene pubblicato nel 1927 e la storia si colloca nel decennio precedente, a cavallo della Grande Guerra. Durante questi anni, Bunny Ross viene a contatto con tutte le grandi contraddizioni del mondo moderno. Le ragioni dei capitalisti; la loro lotta per sopravvivere alla concorrenza; la necessità di scendere a patti col potere politico, di corromperlo e di usarlo a proprio vantaggio; la presa di coscienza delle masse lavoratrici; la guerra mondiale; l'avvento del bolscevismo; le rivendicazioni salariali. Questo lo sfondo, sul quale il romanzo si snoda attraverso una serie di scontri: scontro di classe e scontro infraclassista; scontro di generazioni e scontro infragenerazionale; scontro di sessi e scontro infrasessista.
In questa complessità di attriti incrociati risiede la grandezza del romanzo: la capacità di descrivere ogni attore dello scontro nella sua completezza e fuori da ogni stereotipo. Nella lotta di classe non c'è il capitalista cattivo contro l'operaio buono. C'è il naturale attrito tra due interessi contrapposti, che vengono riconosciuti come tali da entrambi.
Forse questo romanzo non ha la tensione letteraria de La giungla, né la potenza evocativa di Furore; ciò che lo rende particolarmente affascinante è la capacità di Sinclair di descrivere in 500 pagine gran parte dei mutamenti che sono avvenuti nell'ultimo secolo nella società capitalista occidentale. Il valore di Sinclair sta nel fatto di aver descritto quei mutamenti prima che avvenissero, di essere riuscito a cogliere i primi segnali di cambiamento e a comprendere che essi erano il futuro verso cui ci si stava incamminando allora. Sinclair capisce che i mutamenti che avvengono a livello di elite ricchissime sono talmente importanti da scriverci un libro, tanto prezioso perché quei mutamenti avverranno nelle stesse modalità progressivamente nelle classi sociali inferiori, mano a mano che queste raggiungono una certa prosperità economica.
In Oil! giovani ricchissimi portano avanti la propria liberazione sessuale contro la morale antica. Le giovani donne esigono di esercitare la propria libertà di scelta sia negli affetti che nel lavoro. Abusano di alcol quando il Proibizionismo lo vieta. Si avvicinano alle idee socialiste per un mondo nuovo e migliore. Si oppongono alla guerra. Si impegnano a creare giornali per i lavoratori. Fondano scuole per dare ai poveri la possibilità di studiare.
Vent'anni più tardi, saranno i giovani della beat generation a percorrere gli stessi passi in cerca di una nuova morale e di una nuova libertà. E quarant'anni più tardi, saranno i capelloni, gli hippie, il '68 a riproporre, per l'ultima volta, quelle scelte.
C'è una costante, in tutto questo. Sembra proprio che, non appena una generazione raggiunga un livello economico tale da non avere problemi a mettere il pane in tavola, i suoi figli cerchino la libertà, rifiutino la sua morale e apprezzino nuove forma di sessualità e di divertimento.
Così qualcuno oggi si chiede come mai i giovani non vogliano più “fare la rivoluzione”. E' semplice: chi è giovane oggi torna a pensare con preoccupazione al pane da mettere in tavola; e quando c'è il rischio di non averne, si diventa reazionari.
Leggo che in molti si augurano che la crisi ci renda tutti un po' più poveri, così impareremo ad accontentarci del necessario; altri invece sperano in un collasso generale, così che la povertà spingerà le genti alla rivoluzione, a cacciare i tiranni e a renderci liberi per sempre.
Mi permetto di essere dubbioso. Se davvero avremo un impoverimento generale, avremo anche un'involuzione generale. La libertà si cerca con la pancia piena ed il popolo affamato non fa la rivoluzione; anche perché la storia non ha mai insegnato il contario.
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