Ieri ho letto questa intervista sul sito di Micromega e tristi pensieri non mi hanno lasciato per tutto il giorno. Più che il tema trattato, è la prospettiva da cui è originato ad avermi toccato negativamente. Premetto che non ho niente contro l'autore, Emilio Sbaraglia, né contro l'intervistato, Lorenzo Guadagnucci, anzi – se devo essere onesto – non so neanche chi siano (mea culpa); è solo che leggere articoli come questi fa capire per quale motivo la sinistra sembri vivere nell'oltreterreno, in una dimensione parallela inaccessibile ai più. Argomento del discutere sono i processi per il G8 di Genova. Riporto solo le frasi cui mi riferisco:
[...] Pensiamo che per le [...] vicende del G8 di Genova, violenze fisiche gravissime, come quelle compiute nella “macelleria messicana” alla Diaz, o quelle esercitate alla caserma di Bolzaneto contro decine di detenuti (i giudici hanno parlato esplicitamente di tortura), le condanne sono state [di] massimo quattro anni, e coperte per lo più dalla prescrizione. E questo nonostante l’aggravante costituita dal fatto di indossare una divisa e d’essere quindi, in quel momento, rappresentanti dello stato, quindi preposti a garantire i diritti dei cittadini.
La polizia di stato ha ostacolato il corso della giustizia, anziché mettersi a disposizione della magistratura; gli altissimi dirigenti imputati al processo Diaz [...] sono stati promossi a ruoli ancora superiori a processo in corso e hanno tenuto un comportamento processuale indegno di dirigenti di quel rango […].
Nessuno, al vertice dello stato, ha mai pensato di chiedere scusa alle vittime di abusi e violenze.
La voglia di lasciar perdere [...] affiora quando vedi l’indifferenza o il fastidio di chi dovrebbe affiancarti in questa lotta, che ha un valore morale, culturale e politico più che giudiziario. Penso ad alcuni episodi specifici: il no alla commissione parlamentare d’inchiesta dovuto alle improvvise e vili defezioni di alcuni deputati radicali e dell’Italia dei Valori meno di due anni fa; la promozione di Gianni De Gennaro a capo di gabinetto del ministro Amato; gli applausi di quest’estate a Gianfranco Fini alla Festa dei Democratici a Genova quando si è felicitato per la conferma dell’assoluzione di Mario Placanica, il carabiniere che avrebbe ucciso Carlo Giuliani, commentando una sentenza che in realtà infliggeva una pena pecuniaria allo stato italiano per la gestione inadeguata dell’ordine pubblico.
C'è una cosa che mia madre mi ha ripetuto da sempre, forse da prima che imparassi a leggere e scrivere: “ricordati che a noi nessuno ci regala niente”. La frase, presa da sola, non significa molto. Ma le occasioni per cui veniva detta ed il tono di voce con cui veniva espressa le conferivano una valenza così forte da avermela impressa ben a fondo nella mente. Non era il lamento della donnetta inviperita col mondo, significava qualcosa di ben preciso.
Ricordati: ti sto per dire una cosa che tu adesso non capirai, ma che ti servirà quando crescerai.
Che a noi: che alla gente semplice, e tu sei e sarai sempre gente semplice
Nessuno: chi detiene una qualunque forma di potere
Regala niente: proverà a mettertelo nel didietro, magari anche solo per divertimento
E' la saggezza di generazioni di contadini, mezzadri, emigranti, operai, poveri, affamati che si è impressa nel DNA dei loro figli e che ha lasciato in eredità un codice di comportamento utile per vivere in un ambiente ostile.
Allora non comprendevo molto cosa intendesse dire. Sì, certo, sapevo che in qualche modo doveva avere ragione, tua madre mica ti dice le bugie, ma certe cose sono spesso difficili da distinguere: se sei solo nipote di povera gente, se la fame non sai cosa sia, se non hai le mani spaccate dal badile questa morale ti sembra una cosa giusta, ma non applicabile alla realtà circostante. Poi però cresci e capisci cosa voleva dire tua madre quando diceva “ricordati che noi”. Significa che per quanto tu possa star bene economicamente, per quanto tu possa andare a scuola e leggere libri e parlare forbito, sei sempre il nipote di povera gente e “gli altri” non mancheranno mai di fartelo notare. Con la pancia piena le disavventure non sono mai gravi, però si notano i particolari.
Tipo a scuola, quando tu studi e ti devi meritare ogni mezzo voto che ti danno e appena sgarri di una virgola ti cacciano un bel due; mentre il figlio del ricco, il figlio dell'insegnante, il figlio del sindacalista non fanno niente per cinque anni di fila e immancabilmente hanno un media pressoché uguale alla tua. Tipo all'esame di maturità, quando a te la penna trema tra le dita, mentre all'altro capo del corridoio un commissario detta la versione di greco a chi sapete voi. Tipo quando vai a fare l'orale e un altro studente arriva accompagnato dal padre, che a sua volta viene accolto dal presidente della commissione con calorosa stretta di mano e salva di salamelecchi fuori ordinanza. E orale a porte chiuse.
Piccole cose, che non noti neanche al momento, ma che messe in fila ti ricordano chi sei e da dove vieni. Giusto in caso ti fossi montato la testa. Così prendi l'abitudine di mettere in fila tutto. Guardi quello che hanno fatto i tuoi genitori: una vita passata a lavorare a testa bassa e poi un calcio nel culo dal “padrone”, mentre scoprono che decenni di contributi se li sono mangiati qualche politico e qualche dirigente statale; non ricordi di averli mai visti nemmeno parcheggiare fuori dalle linee, però ogni volta che serve un'autorizzazione, un documento o qualunque cosa da parte di un ufficio pubblico stranamente non arrivano, l'incartamento va perso e arriva dopo 10 anni, mentre chi sapete voi tutto è pronto nel giro di 24 ore. Sono anche queste piccole cose, non è che la vita materiale venga compromessa, ma servono per metterti al tuo posto. E se questo succede a chi sta bene economicamente e ha avuto la fortuna di studiare, non è difficile immaginare come sia la quotidianità di chi fa fatica ad arrivare a fine mese.
Non esistono diritti: esiste solo quello che riesci ad ottenere con le tue forze. Tutto il resto, semplicemente, non ti appartiente, poco importa che sia il timbro sul pezzo di carta, il rimborso delle tasse o la sentenza di un processo.
E' da qui che nasce l'atavica avversione italiana per l'autorità: per un popolo che fino a ieri era povero e affamato, essa è uno strumento di sopravvivenza. Il potere non si può combattere e allora si cerca di fotterlo ogni volta che sia possibile.
Capirete che l'articolo di Micromega mi fa sorridere e non poco. Mi par di vederlo il nostro giornalista che, ormai maturo, si becca le randellate della polizia e si meraviglia che la polizia non venga condannata in tribunale. Se nasci dalla parte sfigata del mondo, impari presto che appena un poliziotto compare all'orizzonte, arrivano rogne e stai alla larga, ben alla larga, altro che processi. E di sicuro non vai a Genova, dove di poliziotti ce ne sono decine di migliaia.
Quando anche il nostro giornalista si accorge che il capo della polizia non viene condannato, apriti cielo! E' finita la democrazia, siamo regrediti a Paese incivile, terremoto e traggedia! Eh, perché prima invece... uuuuh, prima si stava di un bene, ma di un bene. Mai visto un abuso da parte della polizia; mai visti agenti infiltrati. E quanti processi contro i capi della polizia! Uscivano anche i DVD con le udienze ogni mercoledì col Corriere.
Che poi lo sappiamo di chi è la colpa, inutile mentirici. La colpa è di Berluscone, che ha fatto diventare l'Italia un Paese meno civile. Quando non c'era Berluscone, infatti, la corruzione non esisteva, i tribunali elargivano giustizia a secchiate, i politici erano onesti e gli agnelli facevano l'amore con i lupi.
E quando domani o dopodomani Berluscone verrà destituito, vedrete come cambierà l'Italia. Nelle scuole i figli dei ricchi non spacceranno più impuniti e i ragazzi bravi ma indigenti verranno portati in palmo di mano; i docenti universitari smetteranno di dare i posti a mogli, figli e nipoti; i tribunali saranno tutti gestiti così bene che l'Onnipotente verrà a prendere appunti per quando dovrà giudicare la grande meretrice; i mafiosi si costituiranno in blocco alla polizia e lupi ed angelli torneranno a fare l'amore come quando Berluscone non c'era.
Sul serio mi chiedo dove vivano questi intellettuali della sinistra. Dev'essere un mondo meraviglioso, a metà strada tra Gilmore Girls e Law & Order. A parte il fatto di non esistere, è chiaro. Così quando ogni tanto vedono che qualcosa non va, si arrabbiano e scrivono a Teletutto perché rimandino in onda le vecchie puntate, che la nuova stagione è peggiorata molto.
Comincio a rivalutare le randellate della polizia: esse non sono punitive, ma umanitarie e, se date in buon numero, è probabile che faranno svegliare anche il più fesso degli intellettuali di sinistra.
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