Spesso si dice, in un tentativo forse inconscio di sminuire e ignorare le implicazioni dell'effetto placebo, che questo abbia efficacia solo su disturbi di tipo nervoso (ansia, timidezza, depressione) e nella cura del dolore.
Al di là del fatto che ciò non è vero, come vedremo fra poco, resta fermo che se anche fosse così, gli effetti dell'assumere un placebo scatenano vere reazioni chimiche all'interno del nostro corpo, mediate dal cervello (dimostrate con l'uso di TAC, PET e fMRI). [1]
Non si può quindi relegare impunemente l'effetto placebo a mero accenno, nel tentativo di nascondere le fondamentali implicazioni che comporta per la nostra visione della vita e del mondo.
Il prof. Dobrilla dell'Università di Parma scrive su Dialogo sui farmaci:
L’effetto placebo medio si aggira intorno al 40%, ma in alcune malattie (schizofrenia, ansia, depressione, cefalea, colon irritabile, dispepsia non organica) un significativo miglioramento placebo-indotto si può registrare persino nel 60-80% [2] (...)
Sono influenzabili dal placebo non solo i sintomi e le malattie ritenuti“psicosomatici” (non immaginari!), ma anche affezioni organiche come l’osteoartrosi e l’artrite reumatoide, l’ulcera, alcuni tipi di tumore e una serie di parametri oggettivi (pressione arteriosa, motilità e secrezioni gastrointestinali, diametro pupillare, glicemia, cortisolo, ECG, temperatura corporea, numero leucocitario, reazione anticorpale).
(...) La chirurgia stessa può costituire un potente placebo e dare risultati positivi non in virtù dell’atto chirurgico in sé.
Un miglioramento clinico significativo, e in certi casi anche ecocardiorafico di pazienti con angina pectoris, è stato infatti registrato in pazienti che credevano di subire un trattamento chirurgico ma che di fatto non venivano operati (...).
Analoga l’efficacia della placebo surgery in soggetti con dolori addominali attribuiti ad aderenze secondarie a precedenti interventi chirurgici: la “finta” lisi di aderenze per via laparoscopica è risultata di efficacia pari a quella della lisi veramente attuata.
Lo stesso dicasi per gli interventi artroscopici in pazienti con grave artrite/artrosi del ginocchio: il lavaggio previa artroscopia della cavità articolare o la rimozione degli eventuali frammenti tessutali intracavitari hanno prodotto un miglioramento clinico non superiore a quello dei soggetti artroscopizzati ma non sottoposti ad alcun’altra manovra.
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Note:
[1] L'esempio più recente è l'articolo apparso sul n. 5951 della rivista Science, del 16 ottobre 2009: "Direct Evidence for Spinal Cord Involvement in Placebo Analgesia".
Qui l'abstract on-line su Science
Qui un articolo nelle news di Newscientist
[2] Ben superiore all'efficacia degli psicofarmaci comunemente prescritti per depressione e disturbi psichiatrici.
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