Quello della lingua franca è un problema antico quanto il mondo. Quando due popoli, che parlano lingue diverse, vogliono comunicare fra loro, ci sono solo due possibilità: o uno dei due si adatta a parlare la lingua dell’altro, oppure si ricorre ad una terza lingua, conosciuta a sufficienza da ambedue, che viene detta appunto “lingua franca”. Nel primo caso succede che automaticamente una della parti – quella che si adatta a parlare la lingua dell’altro – si ritrovi in posizione di inferiorità psicologica, mentre la seconda soluzione pone le due parti, almeno teoricamente, su un piano di parità. In realtà, anche la seconda soluzione riflette una situazione di inferiorità, non più fra un popolo e l’altro, ma fra tutti i popoli che la utilizzano e quello che detiene il potere nella regione in quel momento.
A ben guardare, infatti, le più importanti lingue franche nella storia della civiltà occidentale sono state il greco, il latino, il francese e l’inglese, ed hanno corrisposto, non a caso, al periodo di predominio della Grecia nel Mediterraneo, al Primo e Secondo Impero Romano, al periodo del colonialismo francese, ed infine a quello del colonialismo inglese. E la metamorfosi dal colonialismo inglese al moderno imperialismo americano non ha fatto che rafforzare l’importanza della lingua inglese, che ormai è diventata per antonomasia la lingua franca in tutto il mondo.
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