Fede come patate (Faith like Potatoes - 2006)
- genere: Drammatico
- regia: Regardt Van Der Bergh
- interpreti: Frank Rautenbach, Jeanne Wilhelm, Hamilton Dlamini
- produzione: CinemaVerità
GIUDIZIO: Indigesto
In due parole
Recensione
Tratto da una storia vera, recita una didascalia all'inizio, e non abbiamo alcuna difficoltà a crederlo. Il metodo però utilizzato dal regista per raccontarla sembra uno spot pubblicitario della Chiesa sul modello di quelli realizzati per chiedere la donazione dell'uno per mille. Il tema dell'amore e della fede è trattato in un modo talmente superficiale e attraverso una serie di dialoghi che sembrano presi direttamente da qualche predica di una chiesa di periferia, che la pellicola risulta indigesta e i personaggi non hanno alcuna credibilità così come il tema della fede viene banalizzato a tal punto da risultare ridicolo. In pratica, questo agricoltore scozzese ateo che vive in sudafrica tra mille difficoltà e che nonostante un animo buono ha un carattere scorbutico, assiste ad una messa dove si reca controvoglia per compiacere la moglie e nella quale non accade nulla di significativo ma, senza apparenti motivi, viene folgorato dalla fede e comincia a parlare con Dio che a detta sua gli risponde pure.
Ma non è finita quì, ad un certo punto, Dio parla ancora all'agricoltore e gli chiede pure di trascurare la famiglia per dedicarsi alle prediche e quando la moglie gli chiede: "E tu? Che gli hai risposto?" L'agricoltore risponde: "Berrò questo calice" (Dio salva i raccolti ma divide le famiglie per la causa) Il film continua a muoversi in un delirio di frasi pompose e ridicole che manco le telenovelas di un tempo... Per arrivare poi al momento tragico. Un giorno accade una disgrazia, L'agricoltore porta a fare un giro in trattore il figlioletto di un parente, ma questo scivola e finisce sotto alle ruote.
Disperazione e sensi di colpa; ma come? ho trascurato la famiglia, fatto miracoli, parlato con Dio e adesso mi ritrovo nella beffarda posizione di aver provocato indirettamente una disgrazia di questa portata? Tragedia generale come è naturale che sia, crisi di fede dell'agricoltore? Sembra di si, ma dura solo un momento; sapete come si risolve il tutto? Storia vera o (poco) geniale trovata del regista? In piena notte il padre del bambino morto se lo sogna, poi telefona all'agricoltore, gli racconta il sogno e gli dice: "Mi ha detto che non voleva tornare indietro". Ottimo tutto risolto, spariti i sensi di colpa e via, di nuovo tutti felici e contenti a festeggiare con salsicce e un fiasco di lambrusco. Pronti per l'ultimo grande miracolo: piantare patate in piena siccità e scoprire alla fine che anche se non ha piovuto, Dio ha regalato un raccolto di patate spettacolare; e tutto grazie alla fede: "Grandi miracoli necessitano di situazioni impossibili".
Beh! Che dire, non abbiamo letto il libro autobiografico da cui è tratto il film, ma ci auguriamo sinceramente il libro rappresenti una riflessione più profonda sulla fede e sulla spiritualità e che la superficialità e la propaganda malcelata e insulsa del film sia opera soltanto del regista e forse dei finanziatori. Non ci sogneremmo mai di criticare concetti come la fede o la spiritualità, ma quando vengono trattati in questo modo, sono un insulto per le persone dotate di intelletto e sensibilità.
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