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Quando l'Arte incontra la Vita

Into The Wild (id 2007)


  • genere: Drammatico
  • regia: Sean Penn
  • interpreti: Emile Hirsch, William Hurt, Hal Holbrook
  • produzione: Paramount Vantage

GIUDIZIO: Imperdibile

In due parole

Un piccolo capolavoro completamente ignorato agli Oscar, ma si sa, le cose belle danno fastidio e quelle che invitano a pensare è meglio evitarle come la peste

Recensione

Ma chi è Sean Penn? Un Bohemièn risorto da qualche angolo del Moulin Rouge? In un'epoca in cui vende e tira la cultura della morte, dell'odio e della violenza, se ne esce con uno straordinario inno alla vita e all'amore, quello vero. Non sono molti i film Made in America introspettivi, intimisti. Ma sopratutto non sono molti i film che contengono un'antivirus per la nostra cultura della finzione; che ti tirano un cazzotto in bocca senza doverti mostrare immagini scioccanti se non quelle che la natura ancora ci regala ma che nessuno guarda più.
 

Quello di Penn è un richiamo a ritrovare la nostra vera essenza; un avvertimento a scrollarci di dosso le menzogne che accettiamo di sentire dagli altri, ma anche per quelle che accettiamo di raccontarci per trovare una collocazione nella società del terrore. Senza retorica o facili sentimentalismi da soap opera, ci porta ad interrogarci sulla morte interiore dello spirito che accogliamo come il nostro pane quotidiano. E' un film pieno di amore, per se stessi, per il prossimo, per la natura, per ciò che dobbiamo ritrovare. E' anche un film che riscopre le tempistiche del cinema, che si scrolla di dosso questa mania di realizzare pellicole con montaggi frenetici che inducono a crisi epilettiche. Ci ricorda che la narrazione per immagini, con un montaggio attento è l'essenza del cinema le cui regole sono nate assieme ad esso e sono tutt'ora valide.

E' uno schiaffo all'imbecillità, alla scientifica lobotomizzazione delle masse attraverso il sistema dell'entarteinement. E' una dichiarazione d'amore al cinema e alla vita. E' una denuncia al sistema. E' una ricerca interiore. E' tutto questo e molto di più; sorprendente perchè evita di suscitare certe emozioni attraverso stereotipi abusati come un finto romanticismo

new age o un'altrettanta artificiosa ribellione della serie: "Uno contro tutti". Non è facile evitare simili trappole sempre in agguato ma Sean Penn ci riesce benissimo e ciò che rimane è la sensazione di aver visto un film "sincero", sentito nel cuore prima che nella produzione. Un film che ci dice: "C'è ancora speranza e in fondo dipende soltanto da ognuno di noi".

Un Sean Penn che non rimane nemmeno indifferente nel sottolineare che è a conoscenza del problema delle

"Scie Chimiche". Quattro sequenze che si ripetono nel corso del film insistendo sugli aerei e le loro scie infatti non sono certo una scelta casuale; specialmente quando la prima di esse, mostra una flotta di aerei in formazione che escludono la normalità dell'evento ma nè affermano viceversa l'intenzionalità nel mostrarlo, ribadita sia dalla battuta in sottofondo sul mondo avvelenato, sia nelle ripetizioni successive nel mostrare questi aerei come una presenza persistente.