Immaginate un padre di famiglia, però a capo di una famiglia molto ampia, di quelle di una volta – diciamo – non di quelle di oggi.
Questo padre di famiglia ha in mano la gestione economica di questo gran numero di persone, perché lui ha deciso così. In cambio, questa famiglia si aspetta che egli prenda le decisioni importanti e offra pace e tranquillità. Il padre, in questa posizione di superiorità, comincia a governare secondo quello che ritiene il meglio per tutti. Siccome non è tonto, capisce che per mantenere la pace in famiglia deve mantenere innanzitutto la propria autorità su tutti e, per fare questo, deve accontentare tutti.
Allora comincia a gestire la famiglia in questo modo: i guadagni di ogni membro della famiglia vengono incamerati dal padre per metà. Con questi soldi, il padre s'impegna a fornire a tutti i membri della famiglia quello che viene ritenuto essenziale per vivere, anche in caso di difficoltà economiche.
Col tempo, un po' per tenere buoni i membri più poveri, un po' per aumentare il proprio prestigio, il padre di famiglia comincia a spendere più soldi di quelli che incamera con i guadagni dei membri. Per non sfigurare di fronte alla famiglia, comincia a fare debiti di nascosto. E all'inizio sembra funzionare: i parenti hanno tutti la macchina, i vestiti firmati e vanno a mangiare al ristorante il sabato sera. Ogni anno però deve spendere un po' di più e deve fare un po' di debito in più. Nel giro di qualche anno, questo padre di famiglia si trova a doversi confrontare con un debito che è pari a più del doppio di tutti i soldi che in un anno la sua famiglia in teoria riesce a movimentare. Più gli interessi, per pagare i quali è costretto ad utilizzare larga parte dei soldi che invece dovrebbero essere utilizzati, come pattuito, per fornire cose utili ai familiari.
La faccenda si fa sempre più seria e alla fine il padre non riesce più a nasconderla. I membri della famiglia sono disperati: i più poveri chiedono al padre di famiglia di prendere più soldi ai più ricchi per continuare ad avere le stesse cose che avevano in precedenza. I più ricchi gli chiedono di prenderne meno, in modo che tutti abbiano più soldi in tasca e possano far fronte come possono ai problemi.
Il padre cerca di barcamenarsi come può, ma non c'è niente da fare. L'unico modo per uscirne, in teoria, sarebbe di continuare a prendere metà dei ricavi della famiglia, smettere di spenderli per qualsiasi cosa e ripianare i debiti e – magari – gli interessi. Però questo non sarebbe possibile, a meno di gettare in miseria i suoi familiari, per i quali egli era la principale fonte di benessere.
Voi cosa fareste al posto suo?
Ecco, la stessa cosa sta accadendo con lo Stato italiano. Per anni ha preso i nostri soldi dalle nostre tasche, ha fatto debiti, ha speso in lungo ed in largo allo scopo di farci credere che eravamo tutti ricchi, salvo poi trovarsi di fronte ad un debito talmente enorme da non poter essere mai ripianato in alcun modo. Come in quella famiglia la maggior della popolazione sta lentamente scivolando nella povertà, pur avendo lavorato una vita e pur avendo pagato in anticipo per una sanità, una scuola e delle pensioni di cui non usufruiranno mai perché quei soldi devono essere usati per pagare dei debiti che loro non hanno contratto mai.
Ora, qualsiasi cosa sentiate dire dal vostro politico del cuore è una sciocchezza. A meno che non vi dica “Signori, we are in a world of shit”, ogni parola che esca dalla sua bocca non ha più valore del mozzicone di sigaretta schiaccato dal rimorchio spargiletame di un trattore Fiat 415 in una mattina di nebbia a metà dicembre.
E quindi, poiché alla domanda “cosa fareste voi?” l'unica risposta sarà il boccheggiare tipico del pesce rosso mentre vi guarda con aria confusa nel rendersi conto che l'avete spostato dalla sua confortevole boccia ad una più ostile pentola che bolle sul fornello, l'unico suggerimento che mi permetto di dare è di cambiare domanda.
Cosa fareste se foste i figli di quel padre?
Se fossi io, gli direi: “Padre, per una vita ci hai cullato nell'illusione che tu agissi per il nostro bene. I buchi che ornano il retro dei miei pantaloni dimostrano il contrario. Ora, siccome sono diventato grande, ho deciso che non ho bisogno di te per vivere, né per scegliere cosa sia giusto o sbagliato. Quindi da oggi io non ti do più un soldo. I tuoi debiti te li paghi tu, perché non riesco a trovare nessuna ragione (e bada che ho cercato in ogni cassetto di casa) per cui io li debba pagare di tasca mia. Come dici? Senza i miei soldi non riusciresti a fare niente, nemmeno a mangiare? Peccato, vorrà dire che morirai di fame. Ciao babbino, stammi bene.”
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