Ospito senz'altro nel nostro blog uno scritto del nostro Manfred che, ne sono sicuro, stimolera' pensieri e - per quanto possibile con la piccola ma qualitativamente eccellente manciata di lettori del nostro blog qui ospitato sul Portico - una discussione foriera di nuovi contributi. Buona lettura.
Takeda Shingen
La parola lustro deriva dal latino lustrum che indicava un rito di purificazione (detto anche lustrazio) il quale veniva effettuato ogni cinque anni. Penso non esista termine più esatto per definire l’arco temporale con cui si determina l’appartenenza di un individuo ad una generazione, la durata di quella impronta unica che la caratterizza e che ritualmente, salvo rare eccezioni, a scadenza fissa si rinnova. Per esempio, io come molti altri appartenenti alla mia generazione, spinti da un istintivo rifiuto, abbiamo abbandonato gli studi una volta accortisi che la scuola, come concepita, manipolava la coscienza degli individui, cercando più o meno coerentemente, una nostra via alla conoscenza. Questa scelta fu naturale conseguenza dello spirito di avventura e cambiamento che animava il periodo della nostra adolescenza. Le strade seguite furono molteplici con esiti diversi ma tutte comportavano un coinvolgimento immediato nella dura realtà giornaliera: in altre parole la necessità di provvedere, fin da subito, a sé stessi pur continuando a inseguire i propri sogni.
Di conseguenza, tutte le nozioni acquisite durante il percorso furono di prima mano, non per interposto mezzo, totalmente frutto dell’esperienza personale, da cui deriva la capacità, almeno la mia, di collocare nel giusto ambito ogni problematica che, pur nuova, si presenti all’orizzonte sociale, semplicemente l'abitudine all'uso del proverbiale buon senso.
Cospirare è nella natura dell’uomo, è una predisposizione naturale come il mentire, quel mentire che si estende fino all’occultare le prove dei propri errori; in certi casi di autodifesa può essere perfettamente legittimo.
Pensate ai segreti che nel piccolo di una famiglia spesso vengono alla luce solamente dopo la dipartita di un suo componente.
Qui iniziano le prime difficoltà.
Un ventenne, ancora come si spera, non toccato da eventi luttuosi, anche se in possesso di fervida immaginazione, troverà ostacoli quasi insormontabili nel capire le motivazioni intrinseche di questo comportamento. Nel migliore dei casi farà tesoro di quanto detto e forse gli capiterà di individuare dei casi simili in altri contesti, per cui avrà la possibilità, pesando le analogie, di approfondire il suo sapere sulle leve che muovono le azioni umane anche quelle apparentemente più irrazionali. Ho riportato questo caso che può sembrare eccezionale poiché è così che funziona.
Forse mi sento costretto a ripetere nozioni che possono apparire datate, ma da quanto leggo e vedo, con una analisi superficiale dei fatti, si vorrebbe comparare il desiderio di cambiamento attuale con momenti simili della storia recente e passata solo per esaltarne la forma odierna come unica e irripetibile grazie alla presenza di internet. Ho la netta sensazione che le conoscenze basilari siano state sostituite con dei concetti corrispondenti solo esteriormente alla natura di certi comportamenti umani, d’altronde siamo da poco usciti dall’era dell’informatica per entrare in quella, completamente virtuale, della “rete” senza peraltro che nella vita reale, dagli anni settanta ad oggi, ci sia stata una minima evoluzione, anzi si può tranquillamente parlare di pieno regresso, dai cui danni nessuno può ritenersi immune. Come da copione consolidato, subito dopo lo stacco dell’ultimo stadio del vettore, la navicella gode immediatamente di vita propria cancellando in un solo colpo, agli occhi dei più, il lavoro fino allora svolto. Infatti ormai ben pochi oggi considerano il “computer” o almeno il “personal computer” qualcosa che possa rimanere indipendente da una connessione ad internet, anzi incominciano a vederlo sotto la spinta delle sempre nuove tecnologie e da come viene loro auspicato di fare, solo come un terminale multimediale che fra poco sostituirà completamente telefono, radio, home video e televisione. Non è più necessaria la pur minima conoscenza di quei processi che nell’era dei pionieri avevano reso un mito, che poteva essere anche giustificato, l’informatica. Come mito sembrano resistere gli hackers, che invece sono già da un pezzo conglobati in un gioco più grande di loro e questa pare sia la loro segreta aspirazione. L’unica forma nuova, rispetto al passato degli strumenti multimediali, risultano i social-networks, ma nuova solo tecnologicamente perché in realtà, ripropongono in maniera virtuale niente altro che quelle “libere” associazioni di persone che più o meno irresponsabilmente vogliono differenziarsi gli uni dagli altri nell’impiegare il tempo libero e che da sempre sono un modello valido dove inserire il controllo occulto del pensiero, mi riferisco alle associazioni in generale, dai circoli della caccia a quelli culturali, ecc... Paradosso, da ciò escludo i partiti politici tradizionali perché ogni intento manipolatorio viene, anche se solo teoricamente, esorcizzato negli statuti interni, ma le implicazioni dovrebbero essere chiare a chi sceglie di partecipare alla vita del partito stesso.
In questi ultimi quarant’anni nel mondo dello spettacolo e della comunicazione, sono sorte invece delle nuove figure professionali che, se pur in certi ruoli sopravvivono a sé stesse, sono andate trasformandosi e acquisendo proprietà di altre figure a loro complementari, in quello che possiamo definire l’industria dell’intrattenimento. L’attuale gestione dei blogs da parte dei blog masters è naturalmente figlia dell’esperienza dei disk jockeys, sia nelle radio commerciali che nelle discoteche vere e proprie, degli spettacoli itineranti dove la competizione tra i partecipanti è il fulcro dell’intrattenimento, della trasformazione del presentatore “classico televisivo” in comico-satirico-politico e interlocutore, in pratica dello sviluppo di quella che ora viene definita scienza della comunicazione che ha conglobato in una unica materia qualsiasi aspetto riguardante l’intrattenimento. La sola definizione “scienza della comunicazione” dovrebbe risultare come una offesa all’intelligenza del pubblico proprio quando la sua funzione di semplice spettatore viene a cadere diventando essa interattiva, se questi capisse la portata del problema e analizzasse il vero significato delle parole. Se per comunicare un messaggio c’è bisogno di uno studio accurato tanto da definirlo scienza ed insegnarne i risultati sperimentati nelle università, a mio avviso significa che come minimo il messaggio non corrisponde esattamente alla realtà e nasconde un tranello nei confronti del destinatario dello stesso e che, per venire convogliato in maniera efficace, ha bisogno di far leva su archetipi consolidati, sì nell’immaginario collettivo ma, come quelli usati nella forzatura pubblicitaria, parzialmente estranei al vero significato della missiva. E' chiaro che la trasformazione del linguaggio scritto e parlato, accompagnato dall'uso sapiente di immagini e musica in una veste graficamente ludica e la struttura falsamente democratica e smaccatamente edonistica dei blogs stessi, sia il vero punto di forza di questa nuova forma di coercizione occulta.
In questi anni la proliferazione selvaggia di "blogs" di ogni genere, ma tutti fermamente protesi a creare correnti di opinione, si può ben paragonare al fenomeno già visto con le prime radio e televisioni commerciali, nate anch'esse, in una parvenza di spontaneismo anarchico, sotto l'egida di una sbandierata nuova forma di libertà. Come le televendite trovarono il terreno su cui legittimarsi, così tematiche al limite dell'illogicità, mimetizzandosi tra argomenti e studi seri, si sono installate dando il via ad una saga di misticismo planetario che furoreggia dalle religioni antiche alle adduzioni, passando per ogni immaginabile teoria del complotto, senza che le menti coinvolte si considerino parte integrante del complotto stesso: catalogati e monitorati in attesa di un futuro impiego, che non ha tardato a venire.
Voglio soffermarmi soprattutto su quei vasi di Pandora che, emuli dell'esperienza "telefonate a microfoni aperti di radio radicale", hanno per anni coltivato quella rabbia frutto dell'alienazione dei tempi, sostenendola con massicce dosi di nichilismo e supponenza a buon mercato, concedendo l'illusione di essere gli unici paladini in lotta contro gli avversari finalmente smascherati, i difensori delle menzogne funzionali al potere, anche essi trincerati sul campo di battaglia virtuale a riproporre, con perfetto tempismo, quel dualismo tanto caro ai manovratori di sempre.
In pratica, affinato dall'esperienza e dalla maggiore potenzialità del mezzo usato, si è riversato in "rete" tutto quell'apparato pubblicitario-politico che, per semplificazione, ho definito "fabbrica del consenso e del dissenso controllato" con tutti gli annessi e connessi, compresa la sottile arte di chi sta in posizione vantaggiosa, di ricondurre a proprio favore le diatribe.
Ora, come avvenuto al tempo delle televisioni commerciali, sembra arrivato il momento di far pagare il "non canone", usando un nonsense alla moda, tanto per unificare gli intenti nel nome del nuovo che avanza legandolo all'esterno, nel mondo reale, ad una figura che ne incarna lo "spirito" e ne legittima politicamente le attese, dando consistenza e risalto a sé stesso e contemporaneamente alla figura del moderno capo bastone, ormai diffusa in rete. Se ho ben capito, sembra esistere una concezione differente nella strutturazione di un blog, che non prevede la figura del blog master, cioè un luogo di discussione dove ognuno sottopone i propri scritti alla visione e ai commenti degli altri senza che, per così dire, ci sia una linea editoriale. Conosco personalmente solo un sito che applica questa “politica” ma, dal numero di interventi e utenti che lo frequentano, devo supporre che la tendenza in rete sia quella di esprimersi e "socializzare" dove la figura del blog master è presente e detta, anche se per sommi capi, la linea del blog.
In questa breve disquisizione sicuramente ci sono imprecisioni e generalizzazioni ma è mio uso né di addentrarmi, quando cerco di spiegare fenomeni non prettamente fisici e soprattutto che riguardano comportamenti sociali, in spiegazioni specialistiche, né di abbracciare l'intero arco delle possibilità statistiche. Mi limito a descrivere quegli effetti a terra che colpiscono il mio intuito.
Già la destinazione di questo scritto mi ha condizionato nell'uso della terminologia e nel dare come acquisite certe conoscenze anche se da me approssimativamente accennate, tanto da renderne difficoltosa la comprensione a chi non avvezzo alla vita dei social networks. Non ho né le capacità né il tempo di creare una versione per "dummies" ma è mia convinzione che in questa sede non sia assolutamente necessario, anche se, per ridare in certi punti il giusto valore a quanto scritto, bisognerebbe sostituire con vocaboli italiani, certamente inesistenti nella lingua corrente, i termini inglesi che condizionano la costruzione stessa delle frasi.
Avrei potuto addentrarmi nella descrizione di come il desiderio di conoscenza di certe persone, possa essere purtroppo condizionato dai vincoli imposti in un database relazionale ma, dato che come nei migliori libri gialli la soluzione dell'enigma nella sua sconcertante banalità sembra quasi rendere inutile il castello probatorio, non l'ho fatto.
Manfred
Nota dell'Autore:
Ciò che ho espresso in questo scritto è frutto di osservazioni personali effettuate sia in “rete” che nella vita reale.
- Pike Bishop's blog
- Login per inviare commenti
- Versione stampabile
- Send by email
Relevant Content
Articoli collegati
Postilla
Vi invito a visionare i posts N° #1067 e N° #1068 nel thread L'ING. KESHE STA FACENDO IL POSSIBILE... sul blog LUOGOCOMUNE come un esempio delle mie osservazioni fatte in rete.
Manfred
Spiegazioni
Io sono un po' tanardo... riesci mica ad essere leggermente più esplicito...?
Riferimenti
Un semplice riferimento a quando nello scritto menzionavo i microfoni aperti di Radio Radicale e l'occasione, allora avuta da molti, di esprimersi in completa "libertà", da cui una aprioristica adulterazione dei freni inibitori, dovuta più alla novità creata dal mezzo usato, che alla reale necessità di comunicare: un esprimersi al di sopra delle righe forzato e fomentato dal martellare degli slogan facenti ormai parte del comportamento collettivo, che ha trovato una cassa di risonanza più valida e continuativa nella rete e precisamente una forma del tutto gratuita e consolidata in certi blogs. Nella mia ricerca pratica nei blogs, cominciata anni or sono, ho dovuto mio malgrado sottostare a fraintendimenti e situazioni ambigue, frutto di tranelli inevitabili nel desiderio di conoscere il fenomeno, però non mi è capitato, nemmeno nei momenti di collera, di avere, come durante la visione di un film, sospeso completamente il giudizio e essermi lasciato trascinare in un mondo totalmente virtuale, dove le regole sociali vanno in qualche maniera a decadere.
Manfred
i più non sono i meno
.. se ci si domanda cos'è un punto di non ritorno e ci si dà la risposta, si potrebbe comprendere che un punto di non ritorno: - è un punto di non ritorno. Lo impareremo? io credo di no.
Sono felice del tuo articolo Manfred, molto interessante, valido, anche se non ben definito nel senso di carpirne una strada, una direzione. Cioè la tua disamina punta a dire .. che? (non è in tono provocatorio, tengo a sottolinearlo).
Quindi valido per cosa? ..beh, intanto punta i riflettori sulla mentalità del gregge e di come si è parametrata al fenomeno internet, ed è qui che giunge il punto di non ritorno, perché, come io ritengo, quando è stato raggiunto, non ci sono cazzi. Punto (a proposito di punti). Come dice Gandalf nel Signore degli Anelli, bisogna sapere cosa fare del tempoo che ci resta ...
.. il fatto è che questa indagine sul modo di considerare una sorta di libero arbitrio all'interno della Rete, manca di una consapecvolezza che parte sempre dalle medesime radici: - la modernità. Quel che avviene in Internet è speculare alle mire, alle ambizioni, dei più. Sono i più che fanno sì che la Rete sia quella che è; così come il Potere è tale in ragione delle nostre deficienze, a loro volta legate alla richiesta di controllo che, come l'individuo, anche la massa chiede in maniera invisibile e fa sì che si materializzino le forze che lo attuano.
Non riesco a capire perché ci sia una concreta onistazione a far finta di non capire che non meritiamo di meglio e ...
... non solo; anche come questa affermazione viene, in soldoni, comunque presa come frase ad effetto, mentre nella sua anima giace la verità dei fatti e il significato diffcilmente assimilabile nella sua pienezza del termine - meritare. Il "Bene & Male" di Stato si fanno sentire anche qui, sempre a distorcere l'essenza dei significati.
I più sono sempre di più
Il buon senso percorre sentieri, evita le strade affollate come fossero peste, imbocca scorciatoie ripide e scoscese che in origine, prima che il giornalismo capovolgesse il senso del termine, avevano il significato di una maggiore fatica, abbandonando la comoda via per raggirare i falsi traguardi, quest'ultimi naturalmente sempre imposti dall'alto.
Non può esistere punto di non ritorno se i traguardi vengono raggirati.
Invece tot milioni di italiani hanno scelto di essere vincenti comprando un gratta e vinci, pensando di percorrere una strada maestra, di nuovo felicemente liberi da ogni responsabilità... tra un vaffa e l'altro!
Manfred
.. i più non sono i meno (2)
Il buon senso percorre sentieri, evita le strade affollate come fossero peste, imbocca scorciatoie ripide e scoscese che in origine, prima che il giornalismo capovolgesse il senso del termine, avevano il significato di una maggiore fatica, abbandonando la comoda via per raggirare i falsi traguardi, quest'ultimi naturalmente sempre imposti dall'alto.
Tutto VERO Manfred e il Buon Senso va meritato e non attraverso il Potere che lo sfrutta solo di passaggio. Puoi girarla come vuoi, Manfred. Queste generazioni sono FOTTUTE e se lo meritano. E Te dimentichi sempre il maledetto CONTINUUM!. Poi: - questo che stai osservando/vivendo .. [ed è quello su cui non si concorda] è il termine di una parabola, di una freccia scoccata decadi fa' .. che ha terminato il suo "Alzo Zero" (se sai cosa significa in balistica) e ora precipita, ma il percorso che Te vedevi Valido è quello che doveva portare a questa decadenza; questa discesa è voluta dal percorso precedente. Il buon senso stabile non è quello che il Potere moderno vorrebbe permettere e millanta (in primis una democrazia), se non nel primo tratto illusorio.
CHE SI INCULINO
Vorrei a questo punto introdurre un luogo comune:
"IL MEDIUM E' IL MESSAGGIO".
E' un luogo comune unicamente perche' il successo galattico di questa frase ha infinitamente superato l'ambito in cui era possibile capirla e lo stesso successo del suo coniatore, Marshall McLuhan http://it.wikipedia.org/wiki/Marshall_McLuhan ed del suo capolavoro http://en.wikipedia.org/wiki/Understanding_Media sul quale, non a caso, non esiste una pagina in italiano su Wikipedia.
Il fatto e' che McLuhan non aveva dimestichezza con la scrittura e percio' eredita tutti i difetti e nessuno dei pregi del media usato nello scrivere i suoi libri (ed era pure professore d'inglese), ed e' percio' chiaro che il suo successo sia dovuto soprattutto al fatto che i farlocchi, quando leggono qualcosa che non riescono a capire, siccome sono farlocchi ignoranti che pensano che la cultura DEBBA essere obligatoriamente noiosa e persino incomprensibile, essi abbiano pensato subito di trovarsi davanti ad un genio, e siccome i farlocchi sono molto piu' numerosi delle persone a posto, assicurarono alla sua frase piu' famosa un imperituro successo.
Il fatto e' che McLuhan era veramente un genio e possiamo vederlo all'opera mentre usa un media piu' congeniale: http://www.youtube.com/watch?v=ImaH51F4HBw
E altresi' un peccato che tutti gli "intellettuali" italiani di fama siano farlocchi, cosi' che nessuno ha mai capito niente di McLughan, nel paese della pizza, pastasciutta e Umberto Eco.
Tornando a noi, per dirlo con le parole di McLuhan, l'effetto del media sulle masse cambia il nostro mondo ma il messaggio e' incidentale. Gli effetti di Internet sulle masse stanno solo ora cominciando a venire esaminati (come sempre da non professionisti, essendo i professionisti, in questo caso dei politicanti farlocchi) e i tipici tratti di questo nuovo mezzo di comunicazione non sono stati ancora codificati organicamente. Di solito i pubblicitari ed i consulenti governativi arrivano prima degli studiosi ad estrapolare le vere potenzialita' di un medium.
Ma bisogna pur cominciare da qualche parte: questo e' il motivo per cui ho accolto con entusiasmo la richiesta alla pubblicazione del breve articolo di Manfred. Bisogna cominciare a considerare quale e' la potenzialita' del mezzo che stiamo utilizzando, a prescindere dal messaggio.
Questo e' l'appunto che posso fare a Manfred: considerare il messaggio come prioritario sul medium nella nostra comprensione del fenomeno e' illusorio. Chiaramente siamo qui per il messaggio, ma, allo stesso tempo non bisogna dimenticare che non tutti condividono questa aspettativa di un messaggio (anche se non lo ammettono apertamente, come quelli che fanno zapping alla TV o hanno paura di stare senza un sottofondo radiofonico continuo per evitare di essere messi a confronto col loro spaventoso vuoto mentale - non che il vuoto mentale sia spaventoso il se, ma spaventa LORO) da acquisirsi, e, soprattutto, che la valenza del messaggio sul nostro futuro anche personale e' in gran parte effetto del medium, non del messaggio in se.
Come per altri media, internet ha inserito nel mondo della comunicazione persone, classi sociali e nazioni che erano fino ad ora escluse o passive. Come in altri momenti, coloro che avessero una forma mentale plasmata ed educata da altri media, sono spiazzati, infastiditi, impauriti e sprezzanti. Ma, come e' sempre storicamente successo, bisogna scendere a patti con qualcosa che gia' modifica il nostro mondo, volenti o nolenti. E pure, rendersi conto che i vari messaggi erano gia' presenti prima e che, curiosamente, non saranno mai piu' gli stessi.
Un soggetto affascinante su cui dovremmo discutere per anni, prima di giungere a qualche conclusione sensata. Ma a cominciare si e gia' a meta' dell'opera...
Buon senso
La malvagità è una somma di stupidità lasciate crescere allo stato brado senza alcuna forma di correzione. Da questo all'apocalisse il passo è stato sempre breve, non necessita di alcun percorso, ogni qualvolta qualcuno ancora più stupido spinge in questa direzione. Assolutamente normale cercare di difendersi a livello personale, usando il buon senso contro le ideologie sia politiche che religiose che sono la summa imposta della stupidità stessa. Questo non lo si fa proponendo altre ideologie ma cercando anche in minima parte di deviare verso il "bene" l'umana deriva.
Manfred
Scusate per gli svarioni nel mio post precedente,
... scrivevo nella pausa pranzo cercando di bere la solita tazza di the con biscotti di avena e, allo stesso tempo, controllare le e-mail del lavoro, cosi' non ho avuto tempo di rileggere.
Ora non e' che sia meglio, ma volevo solo far notare a Manfred che la stupidita' porta sempre ad essere malvagi, ma i malvagi non sempre sono stupidi, almeno non piu' di tutti gli altri.
Il medium è il messaggio
Grazie Pike per la segnalazione di McLuhan, l'intervista che hai linkato è decisamente interessante e ricca di spunti di riflessione.