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Estratto pubblico del GEAB n.57, pubblicato il 23 Gennaio 2012

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Grazie all'instancabile Franco possiamo pubblicare la traduzione del GEAB 57, appena rilasciata pubblicamente.

 

Fine 2012 – Il neo-protezionismo si afferma come nuovo paradigma del commercio mondiale

 

A causa dell'economia globale1 ri-caduta simultaneamente in recessione, e dei principali eventi politici riguardanti le principali economie del mondo2, ci aspettiamo un forte aumento del protezionismo a partire dalla fine del 2012. Nella sua fase iniziale si presenterà essenzialmente sotto forma di varie barriere non tariffarie, più discrete dei tradizionali dazi doganali, ma sarà causa, nei fatti, del più importante cambiamento nel commercio mondiale, a partire dalla firma del GATT nel 1947 (Accordo Generale sulle Tariffe Doganali e sul Commercio, il predecessore del WTO).

 

Neo-protezionismo: un protezionismo che non si chiamerà più in questo modo e che assumerà una veste moderna

 

Inizialmente queste misure protezionistiche cercheranno di rispettare, a livello formale, i vari trattati multilaterali e le altre disposizioni del WTO (non fosse altro che per guadagnare tempo, attraverso i contenziosi con gli appositi organismi), perché ogni player continuerà in parallelo a cercare di aumentare le proprie esportazioni. I paesi orientati all'esportazione, infatti, come la Germania e la Cina, così come gran parte delle nazioni emergenti, non correranno il rischio d’incoraggiare i loro acquirenti ad erigere le proprie barriere tariffarie.

 

Export: Percentuale in relazione al PIL di vari Paesi – Fonte: CIA Factbook

 

Questa tendenza privilegerà, ovviamente, le zone che beneficiano in misura maggiore del libero scambio (blocchi commerciali). La fine del 2012 sarà, pertanto, la pietra miliare dell’emersione dei blocchi commerciali (Eurolandia-EU, Russia, Turchia e partners strategici mediterranei/Cina-Giappone-ASEAN/America Latina/Nord America,...), che potranno essere sia i pilastri di una nuova governance globale in termini economici e commerciali, che le basi per un futuro conflitto globale, a somma zero, per il prossimo decennio3. Infine altri paesi, come gli Stati Uniti, sono vincolati da accordi di libero scambio4 (anche se sono di poco peso nel medio termine), e sono ora troppo dipendenti dal resto del mondo5 per permettersi il benefit di misure protezionistiche molto visibili, se non altro perché sono a tal punto de-industrializzati che non possono, nel medio termine, compensare le importazioni. Questo è, del resto, uno degli elementi che spiega il ripetuto fallimento delle politiche di aumento dell'occupazione negli Stati Uniti.6

 

Il protezionismo, pertanto, assumerà altre forme.7 C’è infatti tutta una serie di misure più sottili che descriveremo in seguito. Inoltre, a seguito della crisi del 2008, i richiami del G20 di non cadere nel protezionismo hanno sicuramente dato i loro frutti, ma solo per due anni. Senza un segnale di miglioramento dell'economia, un aumento delle misure protezionistiche è stato di recente un argomento sensibile: molti paesi hanno ora in vigore misure protezionistiche più o meno visibili (e/o misure che ne rendano l'adozione più facile, rispetto a quanto l'UE abbia fatto negli ultimi mesi).8

 

La prima di queste ad avere un forte impatto sarà il tasso di cambio. Non sempre, naturalmente, si tratta di una scelta 9, ma il suo andamento può essere influenzato. È uno strumento protezionistico potente, che permette al prezzo delle esportazioni di essere abbassato, ed a quello delle importazioni di essere alzato. Ad esempio, nonostante il loro gran parlare di "Dollaro forte", gli Stati Uniti preferiscono un Dollaro più debole, ed incoraggiano la sua caduta (effetto collaterale del QE2). Anche la Cina beneficia del suo ancoraggio al Dollaro, che le permette di mantenere uno Yuan sottovalutato. Allo stesso modo, nel Regno Unito, non c’è voce a favore della rivalutazione della Sterlina ... Infine, senza essere troppo machiavellici, abbiamo già sottolineato che l'unica cosa buona per uscire dall’isteria dei media, sulla questione greca, è senza dubbio, per i leaders di Eurolandia, quella di evitare ciò che è successo al Franco Svizzero (che ha messo in guardia Eurolandia nel 2008), cioè una pericolosa tassa per l'economia reale.

 

Di sovvenzioni alle esportazioni beneficiano anche prodotti nazionali all'estero. Si pensa, ovviamente, alle sovvenzioni europee ed americane per gli agricoltori, ma anche a quelle cinesi su alcuni prodotti.10 Più sottili i limiti alle esportazioni di commodities (materie prime, prodotti alimentari), che assomigliano al protezionismo: si aumenta il prezzo del prodotto sul mercato internazionale riducendone l'offerta, e contemporaneamente si abbassa il prezzo del prodotto sul mercato nazionale attraverso forniture largamente diffuse: si dà così un forte vantaggio al prodotto nazionale sul mercato interno. Sono inoltre in voga limiti alle esportazioni: la Russia ha recentemente annunciato la limitazione delle esportazioni di petrolio11 e la cessazione delle esportazioni di grano12, la Cina del suo olio13 e delle sue terre rare14 (95% della produzione mondiale), etc ...

 

Ci sono ancora pregiudizi nell'aggiudicazione dei contratti pubblici. Il caso più significativo è il recente “matchAirbus/Boeing per la fornitura di aerei cisterna all'US Air Force15; in Francia, la richiesta all’Air France di comprare aerei Airbus e non Boeing16; l'aumento della quota nazionale negli appalti di stato in Algeria17, il Buy American Act18, ecc ...

 

Infine, stringenti norme ambientali e sanitarie possono escludere alcune importazioni di qualità inferiore, così come avvilenti restrizioni amministrative l'importazione di altri prodotti. Non mancano davvero gli esempi: restrizioni alla commercializzazione di GMC, ad esempio, da parte di alcuni paesi europei; oppure formaggi a latte crudo negli Stati Uniti; oppure carne di manzo contenente ormoni (Unione Europea), oppure automobili inquinanti, ecc.

 

I quattro fattori che, dalla fine del 2012, faranno del protezionismo il nuovo "paradigma"

 

Possiamo analizzare le ragioni dell'aumento del protezionismo attraverso quattro aree: a) le critiche sul libero scambio, b) le conseguenze di un eccessivo debito pubblico, c) la volatilità dei mercati valutari e d) la fine del “regno del dollaro”.

 

a - Le critiche sul libero scambio: il protezionismo non è più un argomento tabù nei circoli del potere, mentre solo due anni fa era impossibile finanche il poterne parlare. Ora è un argomento diventato relativamente comune nella stampa mainstream19 e su Internet.www.protektionismus.de; negli Stati Uniti i siti per la ricerca del «made in USA» (per esempio: Howtobuyamerican.com), ecc" href="#footnote20_uce684u">20 In Eurolandia si pensa ad un suo ritorno, con riferimento alle politiche industriali, ai settori strategici, ecc...21; negli Stati Uniti è un argomento del movimento Tea Party, mentre in Europa aumenta la forza dell'estrema destra, e soprattutto di coloro che sostengono queste idee, etc22... E l'opinione pubblica è assai sensibile al riguardo: alla domanda "sono gli accordi di libero scambio un bene per gli Stati Uniti?", un sondaggio statunitense effettuato nel mese di Ottobre 2010 dà il 44% contrario ed il 35% a favore (i dati erano rispettivamente il 32% ed il 43% nel Novembre 2009!)23; in Francia, il risultato di un sondaggio del Marzo 201124 è stato il seguente (grafico sottostante):

 

Rapporto Francese sul protezionismo - Fonte: IFOP, 16/06/2011

 

Possiamo individuare due ragioni alla base di questa critica al libero scambio: in primo luogo la sua responsabilità, reale o percepita, nella crisi (o, almeno, il fallimento del libero scambio come mezzo per risolvere la crisi) ed, in secondo luogo, l'aumento della disoccupazione e delle disuguaglianze [nonostante le promesse neo-liberali (grafici sottostanti)], ed il deterioramento delle condizioni sociali e dell'ambiente.

 

 

Andamento della diseguaglianza in Germania (coefficient di Gini) e della disoccupazione negli USA (1948-2011) – Fonte: OCDE, BLS

 

Infine, la preoccupazione per la tutela dell'ambiente (rappresentata dal potere dei “Verdi” in Germania, ad esempio) spingerà verso la delocalizzazione della produzione, particolarmente in agricoltura, e verso standards ambientali più elevati. Siamo quindi testimoni di una rivalutazione dell’ideologia dominante, illustrata ad esempio dalla scomparsa del WTO dal dibattito (vedi tabella sottostante).25

 

Rapporto (standardizzato da 0 a 100) delle ricerche di Google per la parola «WTO», 2004-2011 - Fonte: Google

 

b - Debito pubblico: questo aspetto peserà notevolmente sui tanti cambi di governo in Eurolandia e negli Stati Uniti. L’occupazione e la politica industriale saranno al centro dei dibattiti in tutti i Paesi con alti tassi di disoccupazione: la reindustrializzazione e la tutela del mercato del lavoro saranno temi importanti. L'Europa si sta preparando26, negli Stati Uniti lo scontro Democratici/Repubblicani27 promette una bella lotta, il tema dei rapporti con la Cina non mancherà certo di presentarsi 28. Il debito eccessivo di tutti i Paesi sviluppati dovrebbe ulteriormente aggiungersi al protezionismo per due motivi: § - La necessità di riequilibrare i conti, che si tradurrà in misure volte a prevenire la fuga di capitali. Le condizioni finanziarie non consentiranno più la pratica del dumping fiscale, §§ - Il fatto che viviamo in un'epoca caratterizzata dall’"ognun per sé", come dimostrato dalla competizione tra i Paesi per catturare il risparmio globale. In effetti, abbiamo recentemente assistito alla furtiva adozione di leggi, in Europa8 e negli Stati Uniti,29 che potessero consentire il perseguimento di una maggiore politica protezionistica. Infine i paesi sviluppati si stanno rendendo conto che la più moderna capacità produttiva è oggi in Cina, che i discorsi secondo cui "la Cina produce i beni di prima necessità mentre noi quelli avanzati" sono una farsa, perché la Cina sta già muovendo i primi passi (ed anche di più) nel settore aerospaziale, nell’aviazione, nei treni ad alta velocità, nei computers, nelle auto di lusso, etc.  Il tema della reindustrializzazione e del conseguente protezionismo ha un futuro luminoso davanti a sé.

 

c - Volatilità dei mercati valutari: quando i movimenti dei tassi di cambio sono grandi quanto quelli attuali, è chiaro che commerciare con la stessa valuta del proprio cliente fornisce una visione molto più stabile (si sa in anticipo quanto si sarà pagati) ... Il “commercio” preferisce infinitamente la stabilità (non è forse la stabilità dei prezzi l'obiettivo della BCE?). Così, dal momento che le turbolenze monetarie sono tutt'altro che finite, le aziende multinazionali (nonostante la loro iniziale riluttanza), ed il commercio in generale, si concentreranno all'interno di zone economiche integrate, in particolare l’Eurozona (che ha una moneta comune), la zona asiatica (dove lo Yuan è in crescita), ed il Nord-America (zona-Dollaro).30

 

d - Svalutazione del Dollaro: Lo status del Dollaro è sempre più in discussione, e questo processo accelererà perché gli Stati Uniti non sono in grado di ridurre il proprio debito (o persino concordarne la procedura) e rilanciare la propria economia. Da un lato questo fatto dovrebbe tradursi in un calo del 30% del Dollaro, rispetto alle principali valute (vedi i GEAB precedenti) e, dall'altro, nell'uso di altre valute per il commercio sempre più internazionale.31 La svalutazione del Dollaro agirà, sotto forma di protezionismo “subìto”, a favore delle esportazioni statunitensi. Sarà questa svalutazione a permetterne la rinascita? La risposta è negativa per almeno tre motivi: § - Come indicato dal grafico sulle esportazioni, esse svolgono un ruolo limitato nell'economia, soprattutto perché molti prodotti statunitensi non rispettano le norme ambientali o sanitarie dei paesi avanzati (ad esempio i veicoli, che non sono ad alta efficienza energetica, ed i prodotti agricoli GMC o agli ormoni). §§ - Il Dollaro sarà ancora relativamente troppo costoso per lo Yuan o il Peso Messicano: i prodotti degli Stati Uniti non saranno ancora abbastanza competitivi. §§§ - Il prezzo del petrolio, trainato dai consumi dei paesi emergenti, presto riguadagnerà o supererà i livelli attuali, dopo il calo conseguente alla ricaduta dell'economia mondiale: con un Dollaro debole, esso inciderà pesantemente sull'economia degli Stati Uniti.32 Si aggiunga a questo che la fine dello status del Dollaro come valuta di riserva internazionale, mina la capacità degli Stati Uniti di consumare liberamente merci importate, ed anche la loro capacità di prendere denaro in prestito. Pertanto la spinta per la crescita deve essere trovata internamente. Questo paese è sempre stato in grado di gestire il patriottismo economico, patriottismo che farà sì che i suoi leaders adottino le misure protezionistiche viste sopra, nel tentativo di rilanciare l'economia.

 

Quale sarà la reazione degli altri Paesi? Davanti agli Stati Uniti che favoriscono le esportazioni ed ostacolano le importazioni, presto adotteranno essi stessi misure protezionistiche. Tutto ciò dovrebbe avvenire verso la fine del 2012, a seguito della ri-caduta dell'economia in recessione, ed ai cambiamenti politici del 2012. Tuttavia, va tenuto presente che la generazione dei nostri leaders (anche quelli che arriveranno nel 2012) è fortemente influenzata dal concetto di libero scambio, così questi ultimi manterranno, nei propri discorsi, l'illusione del rifiuto del protezionismo, soprattutto immediatamente dopo la ri-caduta dell'economia in recessione.

 

L'emersione dell’era del neo-protezionismo, a partire dal 2013, accelererà le attuali turbolenze geopolitiche

 

Certe zone economiche come l'Unione Europea e gli Stati Uniti sono abbastanza chiuse su sé stesse, in termini commerciali: la somma di esportazioni + importazioni rappresenta solo il 16% del PIL per l'UE, ed il 17% per gli USA .33 Inoltre, entrambe le zone sono altamente integrate ed hanno valute in comune. Esse, naturalmente, saranno le principali attrici di questo sviluppo, perché saranno in grado di sostenerlo e vorranno imporlo agli altri. L'Unione Europea, tuttavia, desidera mantenere buone relazioni con la Russia (per il gas ed il petrolio) e più in generale con i BRICS, il che porterà ad un protezionismo "su misura".

 

Tuttavia, per i BRICS (che sono una rete e non una regione integrata, tanto meno un blocco), questo sviluppo porterà senza dubbio forti tensioni interne perché essi non costituiscono, in questa fase, una zona sufficientemente connessa, in grado di adottare comuni misure protezionistiche. Essi devono accelerare l'attuazione dei trattati di libero scambio tra di loro, in una strategia di cooperazione Sud-Sud,34 ma non possono che, nel breve/medio termine, rimanere complementari ai loro scambi commerciali con l'Europa da un lato, e gli Stati Uniti dall'altro. Dal 2012/2013 l'interesse dei BRICS sarà senza dubbio, attraverso il G20 o vertici bi-multilaterali (come il vertice Euro-BRICS),35 quello di evitare una situazione di conflitto interblocco, e almeno quello di negoziare con successo degli accordi con ciascuna delle due principali regioni integrate.

 

Andamento dell’export Tedesco in Cina (1999-2010) ed investimenti tedeschi all’estero 2006-2009) (%) – Fonte: Spiegel/Bundesbank, 07/2011

 

Il Giappone non può stare fuori dalla sfera cinese, mentre il Regno Unito vedrà la sua posizione diventare sempre più scomoda tra gli Stati Uniti, che si ritirano in Nord America, ed Eurolandia, che si integra sul continente.

 

Per ultimo, ma non per questo meno importante, in un mondo che si sta spezzando in regioni integrate o in blocchi, c’è un tipo d'attività che diventerà rapidamente secondaria: quella svolta da un importante centro finanziario globale. Mentre, al contrario, sta emergendo la richiesta di efficaci centri finanziari regionali. Un'altra brutta notizia per Wall Street e per la City, che anticipa l'enorme prossima ondata di licenziamenti a New York ed a Londra.

 


Traduzione di Franco per il Portico Dipinto

 

  • 1. Le recenti stime di tutti gli organismi di controllo dell'economia mondiale puntano nella stessa direzione, vale a dire una forte revisione al ribasso delle stime di crescita, fatte appena pochi mesi fa per la seconda metà del 2011 e per il 2012. Il rimbalzo delle crisi finanziarie occidentali (nel contesto esplosivo dell’incontrollato debito pubblico), Eurolandia che lentamente partorisce la sua governance economica, la completa paralisi politica negli Stati Uniti nel contesto del ritorno della recessione ... creano una situazione davvero drammatica per il commercio internazionale. Fonte: Le Monde, 2011/09/12, Financial Times, 2011/09/01, CNBC, 2011/08/26
  • 2. Le elezioni presidenziali e/o parlamentari negli Stati Uniti, in Francia, in Spagna, in Italia, probabilmente in Germania (vedi GEAB N . 49), in  Russia, ed un cambio di leadership politica in Cina.
  • 3. Cfr. i due scenari 2010-2020 nel libro di Franck Biancheri  « The World Crisis – The path to the World Afterwards”
  • 4. In particolare il NAFTA con Canada e Messico: un terzo delle loro esportazioni ed un quarto delle loro importazioni
  • 5. In particolare la Cina, attraverso la sua partecipazione al debito degli Stati Uniti, ed anche perché rappresenta il 19% delle importazioni statunitensi. Al di là delle dichiarazioni ufficiali, che minimizzano il deficit statunitense nei confronti della Cina (perché, con 270 miliardi dollari, rappresenta solo il 2% del PIL), si può fare un calcolo un po' ruvido: il reddito medio delle 50 milioni di famiglie più povere (quasi la metà del totale) è di circa 20.000 $/anno. Se noi detraiamo le spese per la casa (compreso l'affitto o il mutuo), il cibo, i trasporti e la salute, possiamo concludere che non vi è meno di $ 8.000 l'anno di spesa per famiglia, ovvero $ 400 miliardi per queste 50 milioni di famiglie, rispetto ai 360 miliardi di dollari di importazioni dalla Cina (che devono essere di almeno $ 500 miliardi, per i margini dei rivenditori e per le svariate tasse USA). In altre parole, la metà delle famiglie americane dipende da tali importazioni. A titolo di esempio, un terzo degli americani fanno acquisti ai negozi Walmart (una catena di supermercati discount), in cui oltre il 70% dei manufatti provengono dalla Cina. Fonte: The Cina Daily, 2004/11/29 e Wikipedia.
  • 6. E non è la recente proposta del Presidente Obama che cambierà qualcosa, perché non prende in esame alcun aspetto strutturale, e sarà in ogni caso ridotta a quasi niente, nel contesto della quasi-guerra civile tra le istituzioni politiche americane
  • 7. Tuttavia, non si può escludere che i dazi doganali riappaiano sul medio termine (2 o 3 anni), perché è la logica conseguenza di un aumento delle più "discrete" misure protezionistiche, che porteranno ad un indebolimento del dialogo sul libero scambio e sulla condivisione ideologica
  • 8. a. b. Fonte: Sidley Austin, 2011/02/28
  • 9. Non si può davvero parlare di protezionismo, se vi è una riduzione indesiderata del tasso di cambio
  • 10. La carta, per esempio. Fonte: ChineObservateurs.com, 2011/05/15
  • 11. Fonte: Les Echos, 2011/05/03
  • 12. Da 2010/08/15 al 07/01/2011. Fonte: Le Monde, 2010/08/15
  • 13. Fonte: Le Figaro, 2011/05/13
  • 14. Fonte: New-York Times, 2010/10/19
  • 15. Cfr., per esempio, Le Point, 2011/02/25
  • 16. Fonte: Le Point, 2011/06/12
  • 17. Fonte: allAfrica.com, 2010/07/19
  • 18. Buy American Act: http://it.wikipedia.org/wiki/Buy_American_Act
  • 19. Ad esempio: una decina di articoli su Le Monde, a partire da Giugno, Paul Krugman sul New York Times del 2009/01/06 critica il libero scambio, etc
  • 20. Per esempio il nuovo sito “Pour un protectionnisme européen”; in Germania il sito www.protektionismus.de; negli Stati Uniti i siti per la ricerca del «made in USA» (per esempio: Howtobuyamerican.com), ecc
  • 21. Caricaturalmente francesi, questi problemi stanno cominciando a guadagnare credibilità sia a Bruxelles che nelle discussioni sulla governance di Eurolandia
  • 22. Anche la sinistra estrema le difende, ma in Europa hanno più influenza nei circoli intellettuali che nell’opinione pubblica
  • 23. Fonte: The Economist, 2010/11/10
  • 24. Cfr. La Tribune, 17/06/2011, l'Istituto Francese per l'Opinione Pubblica, 2011/06/16
  • 25. Figura onnipresente nei negoziati internazionali appena quattro anni fa, il WTO è infatti diventato letteralmente "invisibile". Esattamente come LEAP aveva previsto più di tre anni fa, il futuro del perenne "Doha Round" è ormai alle spalle: o il WTO si ristruttura sulla base di grandi regioni integrate, e tiene conto dei nuovi vincoli eco-sociali in rapida crescita, o diventerà un'istituzione obsoleta prima della metà di questo decennio
  • 26. «Bruxelles vuole ridurre il sistema delle preferenze diffuse». Fonte: La Tribune, 2011/05/11
  • 27. Come abbiamo visto nel mese di agosto, a proposito dell’innalzamento del tetto del debito
  • 28. Cfr., ad esempio, il Washington Post, 2011/08/3
  • 29. Rafforzamento dell’”arsenale” antidumping degli Stati Uniti. Fonti: Reuters, 08/262010; commerce.gov, 2010/08/26
  • 30. L'attuale crisi finanziaria, inoltre, accelera l’uscita delle banche di Eurolandia (che hanno difficoltà ad ottenere Dollari per finanziare le loro operazioni internazionali) dal dollaro USA, per convertirsi in Istituti di Credito in Euro. Il nostro team ritiene che questo sviluppo inizierà sostanzialmente nel 2012, creando di fatto una nuova divisione nel "pianeta finanziario"
  • 31. Cfr., ad esempio, i negoziati tra la Cina e l'Iran per il petrolio, fonte: Business Insider, 25/07/2011
  • 32. Abbiamo visto le misure protezionistiche seguite allo shock petrolifero del 1979, cfr. Wikipedia
  • 33. Fonte: Economy of the European Union ed Economy of the United States, Wikipedia
  • 34. Cfr., ad esempio, il dibattito «l’Africa può portare più che minerali nello scambio Sud-Sud, IPS, 2011/07/13
  • 35. Il grafico sopra che visualizza le esportazioni tedesche, mostra che è nell'interesse di Eurolandia mantenere buoni rapporti con la Cina e con i BRICS in generale, anche se cambia il contesto generale. Vedere la sintetica nota di LEAP/E2020  su questo tema. Fonte: Europe2020, 2011/06/28