Skip to main content

Alle radici della ricerca

 

Diversi anni fa, per la sua tesi di laurea in endocrinologia, il fratello di un mio caro amico fece una ricerca su una certa molecola, che il suo relatore (esimio professore e stimato medico presso un importante polo ospedaliero) aveva particolarmente a cuore. 
All’inizio sembrò filare tutto liscio, la molecola veniva testata secondo i consueti protocolli di laboratorio e il laureando stilava diligentemente le sue brave tabelle. 
Se non che. 
 
Giunto al momento di riepilogare tutti i dati e interpretarli, cioè dar loro un significato e stendere le conclusioni della tesi, il nostro eroe si accorse che i risultati della ricerca stridevano con quanto sostenuto dal suo esimio relatore. La molecola non sembrava avere quei buoni effetti che il professore gli aveva preannunciato…
 
Il nostro coscienzioso laureando espose i suoi dubbi al chiarissimo professore. Il chiarissimo professore gli spiegò che, semplicemente, doveva scrivere nelle conclusioni ciò che egli voleva che scrivesse.  
 
Il nostro eroe non si diede per vinto. Non subito, per lo meno. 
Tentò di spiegare che se qualcuno avesse letto la sua tesi, avrebbe plaudito alla sua correttezza fino al capitolo sui risultati, per poi accorgersi che improvvisamente, tra l’ultima pagina dei risultati e la prima delle conclusioni doveva esserci un qualche buco nero, una sorta di strappo nel tessuto spazio-temporale della Logica. Perché i risultati dei test portavano tutti in una direzione, e le conclusioni ne riassumevano una completamente diversa
 
La storia si conclude con il laureando che si laurea a pieni voti sotto l’ala protettiva del suo influente relatore, presentando una tesi che fa della logica e dell’onestà intellettuale qualcosa di anacronistico, da riporre in soffitta una volta per tutte. 
Era entrato a far parte anche lui del sistema. 
 
Ma perché correre un rischio simile? 
 
Perché, molto semplicemente, le ricerche complete non le legge quasi nessuno. La prassi è leggere l’abstract e per una conoscenza più approfondita saltare direttamente alle conclusioni. 
Nessun ricercatore si prende la briga di verificare il contenuto di uno studio, cioè i dati veri e propri. Ci si limita a leggere le conclusioni ed è in base a quelle che si cita un articolo precedente come fonte o base per la propria ricerca. 
Fallace il primo studio, fallaci tutti i successivi che ad esso si ispirano accettando come dati di fatto le sue conclusioni.1 
 
E’ un gioco sottile, ma incredibilmente comune. E non è nemmeno la parte peggiore della ricerca scientifica odierna.2 
 
Uno studio pubblicato nel 2005 sul Journal of the American Medical Association3 affermava che un terzo dei “più citati studi clinici originali” erano stati poi contraddetti da ricerche successive. I presunti effetti di specifici interventi non esistevano affatto oppure erano stati esagerati
 
Come detto, non è insolito leggere abstract o sommari di importanti studi in cui si afferma che un dato farmaco è sicuro ed efficace, mentre se si esamina il contenuto della ricerca si scopre che i dati indicano invece una pericolosità o una efficacia quasi nulla. 
Uno studio pubblicato su Pediatrics4, per esempio, riscontrò che l’esposizione multipla a vaccini contenenti Thimerosal “risultava in una significativa associazione positiva con tic e maggiori rischi di ritardo nel linguaggio”. Si evidenziavano quindi conseguenze a livello neurologico. Questo è scritto chiaramente all'interno della ricerca. Nonostante ciò, nelle conclusioni dello studio si legge che "non sono state trovate significative associazioni tra vaccini contenenti mercurio ed effetti sullo sviluppo neurologico".
 
Può anche accadere che informazioni fondamentali vengano semplicemente rimosse dallo studio. 
Per esempio, un recente studio pubblicato sul New England Journal of Medicine5 riguardante il vaccino HPV, riportava nelle conclusioni che il vaccino era “altamente efficace”, sebbene i dati della ricerca mostrassero che l’efficacia del vaccino era solo del 17% contro lesioni di alto grado della cervice.
Lo studio evitò inoltre di riportare una serie di informazioni realmente vitali, che avrebbero potuto aiutare le famiglie ad ottenere corrette informazioni sul vaccino. Per esempio, uno studio della FDA6 aveva già nel 2006 evidenziato che il vaccino HPV può “accrescere i danni al collo dell’utero” in ragazze che avevano avuto rapporti prima della vaccinazione.7  
 
Oppure ancora, si progettano spesso ricerche che comparano un gruppo di persone vaccinate con un altro gruppo di persone vaccinate. Uno studio onesto dovrebbe comparare vaccinati con non-vaccinati. Inoltre, i gruppi di controllo (vaccinati) raramente ricevono un vero placebo, che dovrebbe essere una sostanza che non provoca danni8
Per esempio, quando si testa un nuovo vaccino si tende a inoculare in un gruppo il vaccino con il virus attenuato e un adiuvante a base di alluminio, mentre il gruppo di controllo riceve anch’esso una inoculazione con alluminio quando dovrebbe ricevere acqua o altra sostanza non dannosa. Se i vaccini sono comparati in questo modo, cioè usando nel gruppo di controllo sostanze che possono portare a reazioni avverse, il vaccino apparirà facilmente più sicuro di quanto non lo sia in realtà
 
Va inoltre notato che alcuni studi clinici, usati per ottenere la licenza per i vaccini, escludono determinati gruppi di persone. Possono essere per esempio persone troppo giovani, troppo anziane, donne in gravidanza, malati, o persone con altri disturbi preesistenti. Tuttavia, una volta che al vaccino è concessa la licenza, può venire raccomandato per quelle stesse categorie di persone escluse dai test. In modo simile a quanto avviene usando falsi placebo, questa pratica non etica gonfia artificialmente il livello di sicurezza del vaccino e pone molte persone a rischio di reazioni avverse.
 
 
Forse, anzi molto probabilmente, stiamo parlando del più classico dei “segreti di Pulcinella”. 
Cose che chiunque sia “nell’ambiente” sa, ma tace. 
Si comincia all’università. Si entra nel meccanismo del sistema. E si gira nella propria ruota, come bravi criceti. 
 
Lo scrittore Upton Sinclair affermò acutamente: 
“E’ difficile rendere un uomo in grado di comprendere qualcosa, se il suo stipendio dipende dal fatto di non comprenderla”.9
 
Potremmo parafrasare questa osservazione in: 
“E’ difficile che un uomo diffonda informazioni su qualcosa, se il suo stipendio e la sua carriera dipendono dal fatto che quelle informazioni non debbano essere diffuse”.