La prigione delle certezze
La traduzione in italiano dell'opera scritta da Wendy McElroy esplora Bitcoin a 360°, un compendio della sua storia fino ad adesso e la direzione che molto probabilmente prenderà la sua evoluzione nel futuro prossimo. Si parte dalla teoria, soprattutto quella libertaria e Austriaca, e si sonda come essa interagisce con la realtà. Niente utopie, solo la logica esposizione di una tecnologia che si sviluppa insieme alle azioni degli esseri umani. Per questo motivo vengono inserite nell'analisi diversi punti di vista: sociologico, economico, giudiziario, filosofico, politico, psicologico e altri. Una visione e trattazione di Bitcoin come non l'avete mai vista finora, per un asset che non solo promette di rinnovare l'ambito monetario ma che, soprattutto, apre alla possibilità concreta di avere, per la prima volta nella storia umana, una società profondamente e completamente modificabile dal basso verso l'alto.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-prigione-delle-certezze)
Nel saggio, La società degli algoritmi, ho esplorato come l'ordinamento algoritmico e la manipolazione delle informazioni abbiano creato realtà frammentate in cui non condividiamo più una comprensione comune dei fatti. Oggi approfondirò il rovescio della medaglia: perché le nostre menti si aggrappano alle convinzioni nonostante le prove di manipolazione.
Un detto, attribuito a Mark Twain, recita: “È più facile ingannare le persone che convincerle di essere state ingannate”. Vero o no, racchiude in sé una realtà psicologica: una volta che ci siamo affezionati a una convinzione, abbandonarla può sembrare quasi impossibile.
Nei miei lavori precedenti ho esplorato come il nostro panorama informativo sia sistematicamente progettato attraverso la divisione algoritmica (Ingegnerizzare la realtà), le narrazioni istituzionali (Leggere tra le bugie) e il rifiuto sistematico del riconoscimento degli schemi (Non può essere vero). Comprendere questi sistemi esterni è solo la prima metà dell'equazione, l'altra è dentro di noi: i meccanismi psicologici che ci rendono restii a cambiare idea anche di fronte a prove schiaccianti.
Perché sbagliare fa male
Di recente parlavo con un amico di eventi storici che non tornano. Quando gli ho suggerito di prendere in considerazione alcune prove che mettessero in dubbio la narrazione ufficiale sull'11 settembre, si è subito zittito, non perché sia poco intelligente o poco curioso, ma perché “ha perso un amico quel giorno”. Il suo legame emotivo con l'evento ha creato una fortezza psicologica che nessuna prova può penetrare. Allo stesso modo molti di coloro che hanno difeso con zelo le politiche anti-COVID ora riconoscono che “sono stati commessi degli errori”, ma insistono sul fatto che “gli esperti avevano buone intenzioni”. Questa non è una resa dei conti; è una razionalizzazione.
Un articolo dell'Atlantic che ho appena letto, intitolato Perché il giudizio sul COVID è così unilaterale (versione non a pagamento), illustra perfettamente questa resistenza psicologica al cambiamento di convinzioni. Jonathan Chait, l'autore, critica i conservatori, dimostrando al contempo la stessa cecità cognitiva che sto descrivendo: liquidando gli “errori” dei progressisti come semplici errori in buona fede piuttosto che come fallimenti sistematici che hanno devastato vite umane. Da nessuna parte riconosce la censura che ha schiacciato il dissenso.
Questo si collega direttamente a quanto ho scritto sulle realtà parallele. La mia esperienza personale illustra questa divisione: quando mi sono espresso contro gli obblighi di vaccinazione, molti nella mia cerchia personale e professionale non sono riusciti a difendere le proprie posizioni con la scienza o la logica. Invece di impegnarsi hanno smesso di comunicare con me. Ora viviamo in linee temporali separate che ho descritto nel saggio citato all'inizio di questo pezzo. Non sono amareggiato, solo confuso dalla facilità con cui i legami umani si sono fratturati quando le convinzioni sono state messe in discussione. Provo compassione nel cuore, ma non dimenticherò la rapidità con cui le persone hanno rivelato le loro vere priorità quando il conformismo sociale è entrato in conflitto con l'indagine aperta.
Queste reazioni rivelano qualcosa di profondo sulla psicologia umana: ammettere di essere stati manipolati non è semplicemente una questione di elaborazione di nuove informazioni. Richiede di affrontare la possibilità che la nostra comprensione della realtà – e forse la nostra stessa identità – sia stata costruita sulla falsità.
Il costo dell'ammissione
Si pensi ai vaccini a mRNA. Per i genitori che si sono precipitati a far vaccinare i propri figli, o per i medici che li hanno promossi con entusiasmo ai pazienti, riconoscere i potenziali danni non significa semplicemente aggiornare la propria valutazione del rischio; significherebbe affrontare l'insopportabile possibilità di aver danneggiato le persone che più amavano.
Gli operatori sanitari hanno avuto la priorità nella vaccinazione, coinvolgendoli fin da subito nella narrazione. Una volta somministrata l'iniezione e imposto il vaccino ai pazienti, la vostra identità – giudizio professionale, etica, immagine di voi stessi come medico – dipende dalla sua certezza. Il costo dell'ammissione di un errore diventa psicologicamente proibitivo.
Il costo diventa di gran lunga personale. Diversi amici ora portano i loro figli dai cardiologi per problemi sviluppati dopo la vaccinazione. Solo uno ha confidato in privato di credere che quelle iniezioni abbiano causato la condizione di suo figlio. Per gli altri, riconoscere questa possibilità significherebbe affrontare un senso di colpa insopportabile: quello di aver potuto danneggiare il proprio figlio seguendo quello che ritenevano essere un consiglio medico presumibilmente responsabile.
Questo spiega perché alcuni dei più convinti sostenitori di questi interventi siano spesso gli operatori sanitari che li hanno somministrati. Come hanno dimostrato lo psicologo Leon Festinger e i suoi colleghi nel loro studio del 1957, When Prophecy Fails, quando le prove contraddicono una convinzione fondamentale, molte persone non abbandonano la convinzione, ma la rafforzano, ignorando le prove.
La trappola dell'identità
Gli stessi meccanismi psicologici operano nel dibattito sui giovani transgender. I genitori che hanno supportato la transizione medica dei propri figli si trovano ad affrontare un ostacolo psicologico insormontabile al riconsiderare la propria decisione, indipendentemente dalle prove emergenti sui rischi o sui tassi di rimpianto.
Osservando gli amici che affrontano questo terreno con i propri figli, sono colpito dai parallelismi con altre forme di radicamento delle proprie convinzioni. I genitori che hanno dato il via libera alla transizione dei propri figli si trovano nella stessa trappola: riconsiderare il percorso rischia di comportare l'ammissione di una potenziale catastrofe.
Più pubblico è il loro sostegno, più alta è la posta in gioco. Una volta che avete annunciato con orgoglio la transizione di vostro figlio sui social, testimoniato davanti ai consigli scolastici sull'importanza dell'assistenza che conferma il genere, o siete stati celebrati come un “genitore modello”, la trappola dell'identità si chiude. Cambiare idea non significa semplicemente adattarsi a nuove informazioni: è una forma di suicidio sociale e psicologico.
L'aspetto del contagio sociale è impressionante. Un'amica mi ha di recente raccontato che nella classe di terza media di sua figlia, in un'esclusiva scuola privata di New York, quasi il 50% delle ragazze si identifica ora in qualcosa di diverso dal genere femminile. Ai miei tempi molte di quelle ragazze si sarebbero semplicemente laccate le unghie di nero e avrebbero detto di essere goth.
Prendendo le distanze dalla narrazione attuale, credo che ciò a cui stiamo assistendo sia una moda passeggera piuttosto che una rivelazione sulla natura umana, rimasta in qualche modo nascosta nel corso della storia fino ad oggi. Questa prospettiva non nega l'esperienza di nessuno, ma la colloca semplicemente nel contesto di come gli adolescenti hanno sempre navigato nelle acque turbolente della scoperta di sé.
Ciò che mi spezza il cuore è vedere questi ragazzi affrontare l'adolescenza, già di per sé difficile, con autentico dolore e confusione. Le loro difficoltà meritano di essere prese sul serio, ma temo che, invece di aiutarli a esplorare l'identità in modi che preservino le opzioni future, ci siamo affrettati a medicalizzare quelle che potrebbero essere fasi di sviluppo normali, spesso portando a interventi irreversibili prima che abbiano pienamente sviluppato il loro senso di sé.
Naturalmente la disforia di genere esiste, e chi ne soffre merita non solo compassione e dignità, ma anche il nostro incrollabile sostegno. La mia preoccupazione non riguarda l'affermazione delle identità, ma la tempistica e la permanenza delle decisioni mediche. Non permettiamo ai ragazzini di farsi tatuaggi, di arruolarsi nell'esercito, o di fare altre scelte che cambiano la vita proprio perché comprendiamo la psicologia dello sviluppo. Eppure, in questo ambito, la cautela ponderata viene etichettata come odio, rendendo quasi impossibili conversazioni significative.
Quando l'autorità acceca
Oltre all'identità, c'è anche la nostra fiducia nell'autorità: si pensi agli esperimenti di Milgram a Yale negli anni '60, i quali rivelarono la preoccupante tendenza dell'umanità a obbedire all'autorità anche quando ciò viola la nostra bussola morale. I partecipanti a quegli esperimenti continuarono a somministrare quelle che ritenevano essere dolorose scosse elettriche perché un tizio in camice da laboratorio li aveva rassicurati che era necessario.
Il nostro parallelo moderno è sorprendente: professionisti istruiti hanno sospeso il loro giudizio e le loro preoccupazioni etiche perché i funzionari della sanità pubblica in posizioni di autorità li hanno rassicurati sulla necessità di misure senza precedenti. Quando gli esperti hanno raccomandato politiche senza precedenti storici, o prove a supporto, molte persone istruite hanno aderito istintivamente, non per attenta valutazione, ma per rispetto verso l'autorità.
“Fidatevi della Scienza™” è diventato l'equivalente moderno de “L'esperimento deve continuare” di Milgram: una frase che mette fine al pensiero, concepita per annullare il giudizio individuale. Questa deferenza non era un segno di comprensione scientifica, ma il suo opposto: la sostituzione dell'autorità alle prove.
Lo scudo dello status
Nel saggio, L'illusione degli esperti, ho esplorato come la nostra classe di professionisti spesso confonda le credenziali con la saggezza. Questa dinamica crea un altro ostacolo al cambiamento delle convinzioni: la protezione dello status.
Per molti professionisti istruiti, il loro status sociale dipende dall'essere percepiti come informati e razionali. Ammettere di essersi sbagliati su questioni importanti minaccia non solo le loro convinzioni, ma anche il loro status. Se avete costruito la vostra identità basandovi sulle “prove”, o sul “seguire la scienza”, riconoscere di essere stati fuorviati mette in discussione il vostro concetto di voi stessi.
Questo spiega la veemenza con cui molti hanno difeso le politiche relative al COVID sempre più incoerenti. Il loro forte attaccamento non era alle politiche in sé, ma alla loro immagine di seguaci razionali di una guida esperta. Cambiare posizione non è stato semplicemente un aggiornamento dei fatti: ha significato perdere la faccia.
Come il nostro cervello combatte la verità
La ricerca in neuroscienze cognitive suggerisce un'intuizione intrigante: il nostro cervello elabora le sfide riguardo le nostre convinzioni fondamentali in modo simile a come elabora le minacce. Quando ci vengono presentate prove che contraddicono opinioni profondamente radicate, le persone spesso sperimentano una risposta fisiologica allo stress, non solo un disaccordo intellettuale. I nostri circuiti neurali sono progettati per proteggere la nostra visione del mondo con la stessa vigilanza della nostra sicurezza fisica.
Questo spiega perché presentare i fatti raramente cambia l'opinione pubblica su questioni cariche di emotività. Quando qualcuno risponde a prove contrarie con rabbia o rifiuto, non è testardo, ma sta vivendo una risposta neurologica di minaccia.
Il nostro cervello si è evoluto per dare priorità all'accettazione sociale rispetto alla verità oggettiva – un vantaggio per la sopravvivenza in contesti tribali, dove il rifiuto poteva significare la morte. Questo crea una vulnerabilità critica: siamo programmati per conformarci alle credenze del nostro gruppo sociale anche quando le prove suggeriscono che sono sbagliate.
Come possiamo quindi superare questo problema primordiale di cablaggio?
Spezzare l'incantesimo
Se la psicologia umana crea una resistenza così forte al cambiamento delle convinzioni, come possiamo sperare di superarle? Il primo passo è la compassione: capire che questi meccanismi non sono segno di stupidità, ma di umanità.
Quando qualcuno si rifiuta di riconoscere anche prove schiaccianti che contraddicono le sue convinzioni, non è necessariamente disonesto o irrazionale. Si sta proteggendo da un danno psicologico che sembra reale quanto un pericolo fisico.
Per superare queste barriere è necessario:
Creare spazi sicuri per il dubbio: le persone hanno bisogno di ambienti in cui mettere in discussione non significhi un rifiuto immediato. Quanto più è socialmente costoso esprimere dubbi, tanto più le convinzioni diventano radicate.
Preservare la dignità: il cambiamento diventa possibile quando le persone riescono a salvare la faccia. Ciò significa concentrarsi sui sistemi piuttosto che sui fallimenti personali, consentendo alle persone di aggiornare le proprie convinzioni senza sentirsi stupide.
Costruire fiducia attraverso valori condivisi: prima di mettere in discussione le convinzioni di qualcuno, stabilite un terreno comune. Le persone sono più ricettive alle verità difficili provenienti da coloro che percepiscono che possano condividere i loro valori fondamentali.
Pazienza nel processo: il cambiamento di convinzione avviene in genere gradualmente, non con conversioni drastiche. Una persona potrebbe porsi domande in privato molto prima di cambiare posizione pubblicamente.
Iniziare con domande, non con affermazioni: il metodo socratico rimane il più efficace. Le domande che stimolano la riflessione spesso hanno successo laddove le sfide dirette falliscono.
Cosa c'è in gioco
Non si tratta solo di vincere le discussioni politiche o di avere ragione. I meccanismi psicologici che ci impediscono di aggiornare le false credenze creano vulnerabilità che si estendono a ogni aspetto della società.
Una popolazione incapace di riconoscere la manipolazione diventa sempre più suscettibile. Quando non riusciamo ad ammettere di aver sbagliato sulle armi di distruzione di massa dell'Iraq, siamo vulnerabili alla prossima narrazione sulla guerra. Quando non riusciamo a riconsiderare i danni del lockdown, siamo pronti per la prossima risposta alle emergenze. Quando non riusciamo a mettere in discussione l'influenza dell'industria farmaceutica, siamo indifesi contro il prossimo intervento a loro vantaggio.
Come ho esplorato nel saggio, Gesti vuoti, questa resistenza psicologica è all'origine di alcuni dei nostri momenti più bui, periodi in cui persone altrimenti buone partecipano alla persecuzione, perché riconoscere la verità significherebbe confrontarsi con la propria complicità.
La mente compartimentata
L'ostacolo più profondo al cambiamento delle convinzioni potrebbe essere quello che ho descritto come la frammentazione della mente, ovvero la nostra capacità di compartimentare le informazioni in modo così efficace che le contraddizioni possono coesistere senza creare la dissonanza che potrebbe indurre a riconsiderare le cose.
La vera crescita richiede quella che ho definito “mente integra”: la capacità di gestire la complessità senza rifugiarsi in narrazioni semplicistiche, di riconoscere schemi senza soccombere alla paranoia, di mantenere i principi senza demonizzare chi non è d'accordo.
Questa integrità non è solo intellettuale, ma anche emotiva: imparare a tollerare il disagio dell'incertezza e il dolore di ammettere un errore. È una forma di maturità psicologica che il nostro attuale contesto informativo scoraggia attivamente.
Il coraggio di riconsiderare le cose
La questione non è se voi o io siamo stati manipolati: lo siamo stati tutti, in vari modi. Ho sicuramente creduto a narrazioni che poi si sono rivelate false e ho dovuto affrontare lo scomodo processo di riconsiderare posizioni profondamente radicate. La differenza non sta nella nostra immunità all'inganno, ma nella nostra volontà di riconoscerlo quando emergono le prove. Un segno di vera intelligenza non sono le credenziali che si possiedono, o la conoscenza che si possiede, ma la volontà di riconsiderare i propri punti di vista quando nuove informazioni vengono alla luce.
Coloro che sembrano più restii a cambiare idea sono spesso quelli che hanno investito di più nello status quo, sia a livello professionale, sociale, o psicologico. La loro resistenza non è prova di un'intelligenza inferiore, ma di un più profondo investimento nei sistemi che hanno plasmato il loro successo.
Nel frattempo coloro che hanno meno da perdere dal cambiamento del sistema – la classe operaia, gli emarginati, coloro che hanno assistito in prima persona al fallimento del sistema – spesso mostrano uno scetticismo più radicato nei confronti delle narrazioni istituzionali.
Comprendere queste barriere psicologiche non significa abbandonare la ricerca della verità; significa piuttosto avvicinarsi ad essa con maggiore compassione, riconoscendo che dietro ogni strenua difesa di una falsa narrazione si cela una paura profondamente umana di ciò che potrebbe costare cambiare idea.
Siamo stati tutti manipolati: è universale. La differenza sta nel saperci fare i conti. Una società che non ci riesce diventa sempre più vulnerabile. La verità richiede non solo sistemi migliori, ma anche consapevolezza di sé, rendendo la riconsiderazione delle cose un atto di coraggio, non di sconfitta.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Cosa succederebbe se il prezzo di Bitcoin salisse all'infinito?
La traduzione in italiano dell'opera scritta da Wendy McElroy esplora Bitcoin a 360°, un compendio della sua storia fino ad adesso e la direzione che molto probabilmente prenderà la sua evoluzione nel futuro prossimo. Si parte dalla teoria, soprattutto quella libertaria e Austriaca, e si sonda come essa interagisce con la realtà. Niente utopie, solo la logica esposizione di una tecnologia che si sviluppa insieme alle azioni degli esseri umani. Per questo motivo vengono inserite nell'analisi diversi punti di vista: sociologico, economico, giudiziario, filosofico, politico, psicologico e altri. Una visione e trattazione di Bitcoin come non l'avete mai vista finora, per un asset che non solo promette di rinnovare l'ambito monetario ma che, soprattutto, apre alla possibilità concreta di avere, per la prima volta nella storia umana, una società profondamente e completamente modificabile dal basso verso l'alto.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/cosa-succederebbe-se-il-prezzo-di)
C'è chi ce l'ha con Bitcoin.
Non hanno affatto apprezzato questa nuova moneta quando ne hanno sentito parlare per la prima volta. Più la studiano, meno apprezzano il modo in cui sta sfidando i monopoli della moneta fiat e, paradossalmente, ciò peggiora la loro prospettiva. E se siete un economista affermato presso una banca centrale, il vostro evidente conflitto di interessi offusca ancora di più il vostro giudizio.
Nel novembre 2022 Ulrich Bindseil e Jürgen Schaaf della Banca Centrale Europea si sono affrettati a gioire per il calo di Bitcoin. Dal suo massimo storico dell'anno precedente, Bitcoin ha subito quello che ha subito ogni altra classe di asset a causa dell'inasprimento delle condizioni monetarie. Se si aggiungono le esplosioni settoriali degli exchange e degli hedge fund legati alle crittovalute (FTX, Celsius, Three Arrows Capital ecc.), Bitcoin perse il 75% del suo valore rispetto al suo massimo in dollari. Bindseil e Schaaf dichiararono con sicurezza che quella era la fine di Bitcoin, la sua “ultima resistenza”. Era sempre stata una bolla e ora era scoppiata.
Due anni dopo, sono tornati, non con delle scuse, dato che Bitcoin ha raggiunto nuovi massimi storici e ha superato i prezzi pre-FTX, ma con un documento che indaga Le conseguenze distributive di Bitcoin.
Negli ultimi giorni l'articolo ha ricevuto molte critiche immeritate, soprattutto, credo, da parte di persone che hanno letto il titolo, letto velocemente l'abstract e, secondo il datore di lavoro di questi autori (la BCE), hanno concluso che doveva essere spazzatura.
Può anche essere spazzatura, ma non per le ragioni ipotizzate dai commentatori online.
5/ In all the years I've been monitoring the bitcoin space, this is by far the most aggressive paper to come from authorities. The gloves are off. It's clear that these central bank economists now see bitcoin as an existential threat, to be attacked with any means possible.
— Tuur Demeester (@TuurDemeester) October 19, 2024
Buttate le prime due sezioni fuori dalla finestra
Gli autori tentano – in modo orribile e senza successo – di descrivere cosa sia e cosa faccia Bitcoin. Giocano con i primi scritti di Satoshi Nakamoto e ridefiniscono i termini per discutere della mediazione nelle transazioni PayPal (?!). Citano importanti sostenitori di Bitcoin e cercano di collegarli alle campagne elettorali americane. Il saggio è pieno di errori e puzza di qualcuno che non ha mai effettuato una transazione Bitcoin.
Con aria seria, questi altrimenti stimati studiosi della moneta affermano: “Anche 16 anni dopo la sua nascita, i veri pagamenti in Bitcoin, ovvero ‘on chain’, sono ancora macchinosi, lenti e costosi”.
Una rapida occhiata a mempool.space mentre scrivo (5 sat/vbyte, ovvero circa $0,30 per una transazione standard) – o in qualsiasi momento negli ultimi mesi – avrebbe dissipato questa idea (per non parlare della rete Lightning che consente comodi pagamenti al dettaglio). Nessuno di questi metodi di trasferimento di valore può essere considerato “lento” o “macchinoso” rispetto al vecchio mosaico di pagamenti fiat: $5-25 per i pagamenti Automated Clearing House? Commissioni di bonifico internazionale? Avete provato a inviare denaro dalla banca durante il fine settimana?
Di cosa parla realmente il documento
Bindseil e Schaaf hanno scritto un'ottima panoramica dello stato della letteratura economica sulle bolle speculative. Ci viene anche offerto un interessante riassunto di due pagine del dibattito “lean” contro “clean” nella politica macroprudenziale.
Ma non è questo il punto. Quello che offrono è un modello semplice e facilmente comprensibile di ciò che accade alla distribuzione dei beni reali quando un asset si apprezza in modo indefinito.
Iniziano col presupporre che Bitcoin sia un asset in continua crescita senza apportare miglioramenti produttivi alla società, ovvero che la sua esistenza e il suo utilizzo non arricchiscano l'economia. In base a questa ipotesi – che ritengono “ragionevole”, a quanto pare insieme alla “maggior parte degli economisti” – un mondo basato su Bitcoin non migliora la situazione economica.
Diversamente dai lettori più attenti che non si erano lasciati scoraggiare dalle obiezioni errate nella prima metà dell'articolo, la maggior parte aveva ormai già smesso di leggere. Dopo anni di cattiva gestione monetaria da parte delle banche centrali, eccessi fiscali, tentativi di censura/de-banking e stampa di moneta che hanno portato l'“inflazione” in cima alle preoccupazioni dei consumatori, liquidare un sistema di politica monetaria non discrezionale e di moneta a offerta fissa e non censurabile come privo di qualsiasi scopo produttivo è un elaborato esercizio di giustificazione del ridicolo.
E basare l'intera tesi su questo presupposto, fa diventare banale anche la conclusione:
• Se il valore (reale) di un asset aumenta in modo permanente;
• se tale asset non migliora in qualche modo il funzionamento produttivo dell'economia;
• se l’autorità monetaria si oppone al vento per mitigare il consumo aggiuntivo alimentato dall’effetto ricchezza mediante il restringimento delle condizioni monetarie (“crowding in”).
La conclusione è chiara: la società ridistribuisce beni e servizi reali dai ritardatari e dai non possessori a coloro che hanno acquisito il bene per primi. Alcune persone vivono una vita agiata a spese di tutti gli altri.
Non abbiamo bisogno di modelli, affiliazioni alla BCE e nemmeno di un diploma di scuola superiore per capirlo. Se queste condizioni valgono per Bitcoin, allora l'apprezzamento del suo tasso di cambio equivale solo a una ridistribuzione della ricchezza.
Naturalmente questa ipotesi non regge: Bitcoin ha sicuramente un impatto positivo e concreto sulla produttività, ovunque, dalla sovranità del consumatore alla gestione della rete elettrica, dall'eliminazione degli addebiti all'eliminazione delle commissioni sulle carte di credito e dei trasferimenti bancari internazionali. Una moneta unificata a livello globale e istantaneamente liquidata che scavalca il mercato più antico del mondo, limita gli eccessi fiscali ed elimina praticamente la cattiva gestione monetaria.
Anche se chiudessi gli occhi, non riuscirei a vedere come tutto ciò non possa avere un impatto produttivo positivo sull'economia mondiale.
Inoltre la logica di questo modello giocattolo è un po' sospetta: come potrebbe, ad esempio, un asset aumentare di valore per sempre senza miglioramenti produttivi nel nostro modo di fare le cose? I ritardatari e i non detentori trasferiscono valore economico acquistando volontariamente l'asset o ricevendolo in pagamento, quindi epistemologicamente devono vedervi una qualche virtù – come minimo servizi monetari.
Cosa questo abbia a che fare specificamente con Bitcoin è un mistero. Gli autori hanno violato esplicitamente quella che ho definito la regola n°4 su come non attaccare Bitcoin (“assicuratevi che la proprietà di Bitcoin che state attaccando non sia peggiore nel sistema attuale”). Se un banchiere centrale ritiene che Bitcoin sia dannoso perché il suo apprezzamento viene ridistribuito da chi non lo possiede ancora a chi lo possiede – senza in qualche modo arricchire produttivamente il resto di noi – il sistema monetario fiat lo fa già su una base di mille miliardi di dollari.
Esempio: i mercati immobiliari disfunzionali nella maggior parte dei Paesi occidentali. Una combinazione di tendenze sociali, stampa di moneta, trattamento fiscale dei debiti e calo dei tassi di interesse sui mutui ha trasformato gli immobili in conti di risparmio della maggior parte delle famiglie. Eppure, per citare una frase di Bindseil e Schaaf su Bitcoin, il mercato immobiliare non “aumenta il potenziale produttivo dell'economia; le conseguenze del continuo aumento di valore sono essenzialmente ridistributive”.
Chi ha ottenuto prestiti a basso costo per accedere in anticipo al mercato immobiliare in continua espansione ha ricevuto un beneficio patrimoniale pagato da chi è arrivato dopo. Nella misura in cui regimi monetari infinitamente elastici e una popolazione mondiale in crescita possono mantenere in vita e in espansione questo premio monetario, ci troviamo ora nella stessa situazione da cui gli autori avevano temerariamente messo in guardia, con la loro ipotetica versione di uno standard Bitcoin.
Se, come sembrano insinuare gli autori, un Bitcoin dal valore reale in costante aumento è moralmente ingiusta – “problematica da una prospettiva sociale” – dovrebbero basarsi su argomentazioni morali anziché economiche. Anche partendo da presupposti inadeguati sul ruolo di Bitcoin nel sistema finanziario attuale e futuro, è difficile capire dove stia il “problema”.
Ciò che Bindseil e Schaaf non includono nella loro analisi è che lo status quo non è neutrale in termini di valore né, per quanto si possa immaginare, ideale. È un peccato che trascurino il caso più interessante (accurato, reale?) in cui Bitcoin ha implicazioni produttive per l'economia.
Capisco che sarebbe difficile per due ricercatori di una banca centrale, comprati e pagati dalla stampante monetaria, guardare oltre la magnificenza di quella creazione orribile.
Se qualcosa aumenta di valore senza migliorare la situazione di tutti noi, la società “cede” beni e servizi reali ai loro proprietari. Questo è banale. Ma se il bene migliora effettivamente il funzionamento delle nostre economie, i primi a beneficiarne sono coloro che c'hanno creduto per primi qualunque sia l'oggetto d'investimento in discussione.
Questa è una buona cosa e, in un certo senso, è così che dovrebbero funzionare le economie di mercato (finanziarie).
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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The Brown University Fundraising/Hedge Fund Racket
Despite sitting on an $8 billion endowment, Brown University apparently can’t afford even one security camera in or outside the engineering school building where two students studying for a final exam were murdered and nine others shot last week.
The post The Brown University Fundraising/Hedge Fund Racket appeared first on LewRockwell.
Tucker Carlson Claims Trump Will Declare A New War Against Venezuela In His Address This Evening
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Come l'UE paga i media generalisti per promuovere le sue narrazioni
La traduzione in italiano dell'opera scritta da Wendy McElroy esplora Bitcoin a 360°, un compendio della sua storia fino ad adesso e la direzione che molto probabilmente prenderà la sua evoluzione nel futuro prossimo. Si parte dalla teoria, soprattutto quella libertaria e Austriaca, e si sonda come essa interagisce con la realtà. Niente utopie, solo la logica esposizione di una tecnologia che si sviluppa insieme alle azioni degli esseri umani. Per questo motivo vengono inserite nell'analisi diversi punti di vista: sociologico, economico, giudiziario, filosofico, politico, psicologico e altri. Una visione e trattazione di Bitcoin come non l'avete mai vista finora, per un asset che non solo promette di rinnovare l'ambito monetario ma che, soprattutto, apre alla possibilità concreta di avere, per la prima volta nella storia umana, una società profondamente e completamente modificabile dal basso verso l'alto.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/come-lue-paga-i-media-generalisti)
La leadership non eletta dell'Unione Europea (UE), palesemente corrotta, sta ora pagando i media generalisti per promuovere i programmi delle sue “élite”. Secondo una relazione recente intitolata, Brusells' media machine: European media funding and the shaping of public discourse, di Thomas Fazi e pubblicata sul think tank europeo MCC Brussels, l'UE ha speso fino a €1 miliardo solo nell'ultimo decennio in questo processo.
Presentando i progetti come “lotta alla disinformazione” e “promozione dell'integrazione europea”, l'UE ha stanziato denaro dei contribuenti, stimato in modo prudente a €80 milioni all'anno, per “progetti mediatici”, senza includere i finanziamenti indiretti, come i contratti pubblicitari.
La relazione dimostra inoltre che l'UE gestisce un “complesso mediatico europeo” altamente sofisticato, attraverso il quale riesce a plasmare le narrazioni mediatiche su sé stessa e sui suoi programmi.
Secondo la relazione di Fazi:
La Commissione europea, solo attraverso il suo programma “Partnerariati giornalistici”, con un bilancio cumulativo che ad oggi si avvicina ai €50 milioni, supervisiona un vasto ecosistema di collaborazioni mediatiche nell'UE. Nel corso degli anni queste hanno incluso centinaia di progetti, che spaziano da campagne promozionali pro-UE a discutibili iniziative di “giornalismo investigativo” e ampi sforzi di “anti-fake news”. E questo si aggiunge alle campagne pubbliredazionali finanziate attraverso il programma “Misure di informazione per la politica di coesione dell'UE”, per un totale di €40 milioni finora [...].
Ancora più preoccupante è il ruolo centrale svolto dalle principali emittenti pubbliche europee in questo processo. Questi progetti dimostrano che non si tratta di collaborazioni isolate, ma piuttosto di un rapporto semi-strutturale in evoluzione tra le istituzioni dell'UE e le reti di media pubblici.
A quanto pare la Commissione europea ha letteralmente pagato quasi tutto e tutti nel mondo dei media, il che significa che tutti, dalle agenzie di stampa ai media generalisti, dalle emittenti pubbliche alle altre organizzazioni mediatiche, sono nelle mani della Commissione europea, in misura maggiore o minore.
Alcuni esempi.
Tra le agenzie di stampa, da cui dipendono praticamente tutti i mezzi di informazione per i loro servizi, la Commissione europea ha investito denaro in:
L'Agence France-Presse ha ricevuto €7 milioni dall'UE, l'ANSA (Italia) €5,6 milioni, la Deutsche Presse-Agentur (Germania) €3,2 milioni, l'Agencia EFE (Spagna) €2 milioni, l'Associated Press (AP) €1 milione, l'agenzia di stampa Lusa (Portogallo) €200.000, l'agenzia di stampa polacca €500.000 e l'agenzia di stampa di Atene €600.000.Anche una selezione di organi di informazione è stata pagata dalla Commissione europea:
Euronews (paneuropeo) €230 milioni, ARTE (Francia) €26 milioni, Euractiv (paneuropeo) €6 milioni, Gazeta Wyborcza (Polonia) €105.000, 444.hu (Ungheria) €1,1 milioni, France TV (Francia) €400.000, GEDI Gruppo Editoriale (Italia) €190.000, ZDF (Germania) €500.000 e Bayerischer Rundfunk (Germania) €600.000.Le emittenti pubbliche hanno ricevuto quanto segue:
Deutsche Welle (Germania) €35 milioni, France Médias Monde €16,5 milioni, France Télévisions €1 milione, RAI Radiotelevisione italiana (Italia) €2 milioni, RTBF (Belgio) €675.000, RTP (Portogallo) €1,5 milioni, Radiodiffusione pubblica estone ERR €1 milione, RTVE (Spagna) €770.000 e TV2 (Danimarca) €900.000.
Organizzazioni mediatiche come Reporters Without Borders (Francia) e Journalismfund Europe (Belgio) hanno ricevuto rispettivamente €5,7 milioni e €2,6 milioni. Un'organizzazione olandese che si definisce indipendente, Bellingcat, ha ricevuto €440.000.
Questi numerosi esempi di media e organizzazioni giornalistiche sono solo quelli interni all'UE. Quest'ultima, tuttavia, sta conducendo un'operazione di influenza su larga scala anche al di fuori dell'UE, ovviamente sotto la benevola formulazione propagandistica di “sostegno alla libertà e al pluralismo dei media” – come se l'UE sapesse tutto di libertà e pluralismo. I progetti si sono concentrati in particolare sui media in Ucraina, Armenia, Azerbaigian, Georgia, Moldavia, Russia, Bielorussia e nei Balcani occidentali.
Non c'è nulla di trasparente in nessuno di questi finanziamenti.
Secondo la relazione sono opachi e difficili da scoprire.
È logico, tuttavia, che l'UE cerchi di nascondere il più possibile la propria influenza.
La relazione conclude:
Il sistema di finanziamento dei media nell'UE [...] crea dipendenze finanziarie, incentiva il conformismo narrativo e promuove un ecosistema in cui le voci dissenzienti vengono emarginate, il tutto sotto le virtuose insegne di “combattere la disinformazione”, “promuovere i valori europei” e “costruire una sfera pubblica europea”.
La portata dell'interconnessione istituzionale tra gli organi dell'UE e i principali attori nei media – dalle emittenti pubbliche alle agenzie di stampa fino ai canali online – non può essere liquidata come innocua o accidentale. Costituisce un conflitto di interessi sistemico che compromette la capacità dei media di funzionare come pilastro indipendente della democrazia. Anche in assenza di un'interferenza editoriale diretta, la dipendenza strutturale da sovvenzioni e contratti dell'UE è sufficiente a esercitare un effetto dissuasivo sul giornalismo critico e a incoraggiare un allineamento di riflesso con le posizioni ufficiali dell'UE.
Purtroppo l'UE appare come un regime profondamente corrotto e antidemocratico, che si aggrappa disperatamente al potere attraverso il traffico di influenze e l'imposizione di una censura pesante.
Centinaia di milioni di europei continuano a subire queste tattiche. Quando si sveglieranno finalmente?
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una mancia in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.
Trump potrebbe finire per innescare il “Grande Reset”?
La traduzione in italiano dell'opera scritta da Wendy McElroy esplora Bitcoin a 360°, un compendio della sua storia fino ad adesso e la direzione che molto probabilmente prenderà la sua evoluzione nel futuro prossimo. Si parte dalla teoria, soprattutto quella libertaria e Austriaca, e si sonda come essa interagisce con la realtà. Niente utopie, solo la logica esposizione di una tecnologia che si sviluppa insieme alle azioni degli esseri umani. Per questo motivo vengono inserite nell'analisi diversi punti di vista: sociologico, economico, giudiziario, filosofico, politico, psicologico e altri. Una visione e trattazione di Bitcoin come non l'avete mai vista finora, per un asset che non solo promette di rinnovare l'ambito monetario ma che, soprattutto, apre alla possibilità concreta di avere, per la prima volta nella storia umana, una società profondamente e completamente modificabile dal basso verso l'alto.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/trump-potrebbe-finire-per-innescare)
I notiziari sono stati in fermento durante l'incontro tra Russia, Cina e India nella città portuale cinese di Tianjin. Vladimir Putin, Xi Jinping e Narendra Modi si sono assicurati di presentare un fronte unito all'evento, almeno in termini economici, ed è chiaro che i legami militari tra Cina e Russia si stanno consolidando. Lo Shanghai Cooperation Gathering viene trattato dai media come un monito agli Stati Uniti di fronte all'acuirsi delle tensioni commerciali.
I giornalisti occidentali sembrano piuttosto euforici di fronte alla notizia, insinuando che le politiche tariffarie di Donald Trump stiano unendo i nemici dell'America e formando un asse anti-USA. La sinistra odia Trump a tal punto che non mi sorprenderei di vederla tifare per Putin e i BRICS tra un anno o due.
Notizia dell'ultimo minuto per chi non lo sapesse: i BRICS hanno formato la loro alleanza fin dall'era Obama. Non è una novità e non ha nulla a che fare con Trump.
Ho seguito la formazione dell'alleanza BRICS sin dal 2009 e la motivazione principale del blocco economico (in apparenza) è sempre stata quella di rompere con il dollaro come valuta di riserva mondiale. I leader dei BRICS chiedono da anni la fine del dollaro e l'introduzione di un nuovo sistema monetario globale. Tuttavia il piano non è incentrato sull'Oriente come molti pensano. In altre parole, se sperate che i BRICS “pongano fine alla globalizzazione” vi sbagliate di grosso.
Infatti nel 2009 sia la Russia che la Cina hanno proposto l'idea di una moneta globale gestita dall'FMI, un'organizzazione che molti ritengono controllata dagli Stati Uniti. La realtà è che è controllata dai globalisti e i globalisti non hanno alcuna lealtà verso alcuno stato nazionale; sono fedeli solo ai propri interessi.
Qualcuno potrebbe sostenere che la situazione sia cambiata radicalmente dal 2009, ma non sono d'accordo. La Cina è ormai inesorabilmente legata al paniere DSP dell'FMI e la Russia rimane un membro attivo dell'FMI nonostante la guerra in Ucraina. È importante capire che ci sono sempre due linee temporali diverse quando si tratta di eventi mondiali: c'è il teatro internazionale più pubblicizzato e poi ci sono le operazioni delle istituzioni globaliste che esistono al di fuori della geopolitica.
A mio avviso, i globalisti non sono necessariamente gli “ingegneri” dietro ogni conflitto o crisi, ma si posizionano per trarne vantaggio ogni volta che è possibile. E giocano su entrambi i fronti di ogni conflitto per trarne il massimo beneficio. In altre parole, gruppi come l'FMI, la Banca Mondiale, la BRI, il WEF e conglomerati da migliaia di miliardi di dollari come BlackRock e Vanguard corteggeranno i BRICS tanto quanto corteggiano l'Occidente quando si tratta di realizzare un'economia mondiale centralizzata.
Non è un segreto come dovrebbe apparire questo “nuovo ordine mondiale”. I partecipanti a Davos hanno discusso apertamente delle loro visioni per anni e durante la pandemia si sono tolti la maschera e si sono crogiolati nell'“inevitabile” attuazione del loro “Grande Reset”. In sintesi, ecco cosa vogliono le élite per l'economia futura: un sistema globale senza denaro contante; una valuta digitale mondiale costruita attorno a un paniere di CBDC; monitoraggio con l'IA di tutti i registri finanziari; una “sharing economy” in cui ogni proprietà privata è abolita; l'uso del “de-banking” per controllare il dibattito pubblico – il che significa che potete dire quello che volete, ma potreste perdere l'accesso ai vostri conti e forse persino al mercato del lavoro; controllo e riduzione della popolazione; neo-feudalesimo in cui le nazioni pagano tasse ai globalisti per “fermare il cambiamento climatico causato dall'essere umano” (che non esiste).
Queste tasse vengono poi ridistribuite tra le varie nazioni per incentivarne la cooperazione. E, in ultima analisi, l'introduzione del Reddito di Cittadinanza Universale come mezzo per rendere ogni individuo dipendente dal governo centralizzato per il proprio sostentamento, in modo che non pensiate mai di ribellarvi.
Questo è ciò che l'élite di Davos intende quando parla di “Grande Reset”. Tuttavia in articoli recenti ho notato che i globalisti sono rimasti stranamente in silenzio nell'ultimo anno. Non sono più così audaci nei loro discorsi come lo erano durante la pandemia e i loro piani sembrano davvero arenarsi.
Ho visto i media, diversi banchieri centrali e leader politici riferirsi a questo problema come al “reset economico” di Donald Trump e trovo questa narrazione intrigante. Di cosa stanno parlando esattamente? Sono in atto reset concorrenti e, in tal caso, significa che l'agenda globalista è stata fatta deragliare?
Il reset di Trump e la fine di Bretton Woods
Il reset di Trump, se così possiamo chiamarlo, sembra affondare le sue radici nell'inversione di tendenza degli accordi di Bretton Woods del secondo dopoguerra, in base ai quali gli Stati Uniti divennero di fatto il motore finanziario dell'economia globale. Fu allora che si consolidò lo status del dollaro come valuta di riserva mondiale, che l'America divenne il polo dei consumi per l'Occidente e che fu fondata la NATO.
Sembrava un affare allettante per gli americani, ma ricoprire questo ruolo è costoso. Sta lentamente ma inesorabilmente distruggendo la nostra economia attraverso debito e inflazione.
Molti presidenti hanno utilizzato dazi mirati sin dalla Seconda guerra mondiale, ma nessuno ha imposto dazi drastici come Trump. Spesso paragonati ai dazi Smoot-Hawley di Herbert Hoover, erroneamente attribuiti all'innesco della Grande Depressione (in realtà furono le banche internazionali e la Federal Reserve a causarla), i dazi sulle importazioni di Trump mettono i bastoni tra le ruote al commercio post-Bretton Woods e soffocano il globalismo, costringendo le grandi aziende a ridurre le esternalizzazioni all'estero.
Come ho già sottolineato più volte, le multinazionali NON sono entità di libero mercato, ma entità socialiste, costituite dai governi e protette da speciali privilegi giuridici ed economici. Se un'azienda è “troppo grande per fallire” e ha quindi diritto al denaro dei contribuenti attraverso salvataggi e QE, allora non è un meccanismo di libero mercato. Pertanto non dovremmo preoccuparci se vengono tassate tramite dazi.
Francamente, penso che il globalismo aziendale e l'interdipendenza economica dovrebbero essere aboliti, anche con la forza, se necessario.
Decentralizzazione legittima o caos controllato?
I dazi di Trump, insieme ai tagli ai sussidi esteri e ad altre politiche economiche, potrebbero, nel giro di pochi anni, sconvolgere completamente il globalismo così come lo conosciamo. Quindi, in un certo senso, si tratta effettivamente di una sorta di “reset economico”. Ma ecco il problema: gli sforzi di Trump potrebbero finire per accelerare il reset globalista anziché contrastarlo?
Come accennato in precedenza, la creazione di stretti legami tra i Paesi BRICS è in corso sin dal 2009 e il loro obiettivo principale è stato quello di porre fine alle strutture create dagli accordi di Bretton Woods. In passato hanno dichiarato di volere un nuovo sistema monetario gestito dall'FMI. Che i BRICS ne siano consapevoli o meno, i loro sforzi per sviluppare le CBDC e spodestare gli Stati Uniti si inseriscono direttamente nel piano globalista.
L'FMI e la BRI hanno lavorato diligentemente (e silenziosamente) per costruire un quadro transfrontaliero per le CBDC e l'FMI ha pianificato la propria valuta digitale globale basata sul paniere dei DSP. La BRI a volte si riferisce a questo sistema come “registro unificato”.
Le élite bancarie stanno elaborando un'alternativa al dollaro in preparazione di un imminente scontro tra Stati Uniti e BRICS? E il “reset” di Trump è un catalizzatore di questa crisi?
Sostengo i dazi di Trump per una serie di ragioni. Credo che il globalismo debba finire; credo che la produzione nazionale debba tornare negli Stati Uniti e che le aziende debbano pagare un prezzo per la loro esternalizzazione. Non credo che gli americani debbano fungere da principale polo di consumo per il mondo intero e non credo che sia nostro compito sovvenzionare il pianeta. Credo anche che nulla cambierà se non verranno adottate misure drastiche nel breve termine.
Ma comprendo anche la realtà: se gli Stati Uniti smettessero di svolgere il ruolo che hanno svolto sin dalla Seconda Guerra Mondiale, la maggior parte delle nazioni del pianeta si troverebbe ad affrontare una sconvolgente crisi. Gli Stati Uniti rappresentano circa il 30% del consumo globale, forniamo la stragrande maggioranza degli aiuti esteri globali (circa $70-100 miliardi all'anno), su cui molti Paesi hanno imparato a fare affidamento, siamo il principale mercato di esportazione per il mondo e non esiste un sostituto realistico, il dollaro e il sistema SWIFT sono i principali motori del commercio globale.
Il reset di Trump costringerebbe davvero la maggior parte delle nazioni a una situazione disperata? Una situazione che le costringerebbe a cercare una soluzione alternativa che altrimenti non accetterebbero? I globalisti sono in agguato per offrire quella soluzione sotto forma di un loro “Grande Reset” e di un sistema monetario digitale mondiale?
In un modo o nell'altro l'attuale interdipendenza economica deve scomparire. Le multinazionali devono fare i conti dopo decenni di protezione e trattamento speciale, la produzione deve tornare negli Stati Uniti, gli americani devono smettere di pagare per il resto del mondo attraverso gli aiuti esteri. Ma se intendiamo intraprendere questa strada, dobbiamo anche smantellare tutte le organizzazioni globaliste.
Credo che queste istituzioni intendano sfruttare l'instabilità causata dalla rottura degli Stati Uniti con gli accordi di Bretton Woods; credo che si siano posizionate, come sempre, per trarre vantaggio da qualsiasi potenziale conflitto che potrebbe derivarne. Non si può permettere loro di usare le nostre necessarie riforme come trampolino di lancio per realizzare i mali del loro Grande Reset.
Un vero “reset” richiederà che la distruzione delle istituzioni globaliste diventi una priorità. Altrimenti qualsiasi azione economica da noi intrapresa potrebbe in ultima analisi favorire la loro agenda.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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The Murder of Rob Reiner
The amazing Mark Groubert (aka Lordbuckly) is one of the most interesting men in the world! This legendary raconteur has known virtually everyone and been everywhere in his epic lifetime and eclectic careers in media, writing and editing, in magazines, tabloids, newspapers, television and radio, books, feature film and documentary screenwriter and producer. He is one of the great freelance journalists and survivors in the disparate competitive literary and artistic cultures of the late 20th century and early 21st centuries.
In this special edition podcast of Wassup With Lordbuckly? he addresses the brutal murder of mega-Hollywood star Rob Reiner and his wife Michelle Singer Reiner on last Sunday, December 14, 2025. Groubert, with his exceptional background and connections to the Hollywood elite, provides a unique insider’s prospective and revealing insights on this unfolding tragedy only he could elucidate. His breaking reporting of LAPD anomalies in the investigation is phenomenal!
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The Murder of Rob Reiner
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Australian PM: After Bondi Beach Massacre, We Need Tougher Gun Laws!
Typical politician. When government fails, it’s all the more evidence that we need much more of it.
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Il caos nel governo francese segnala un crescente rischio per l'Eurozona
L'oro che sale di prezzo non è solo il ripudio del dollaro come valuta fiat. Per anni non è stato in un bull market primario perché faceva nuovi massimi in rapporto alla rupia, al rublo, al dong, al pèso... ma non alla valuta di riferimento mondiale. Quando l'oro rompe al rialzo rispetto al dollaro e a tutte le altre valute allora è una cosa diversa; in questo scenario possiamo avere sia l'oro che il DXY che salgono in tandem. Quindi, sì, il mondo sta correndo verso l'oro e i motivi, a mio giudizio, sono due. Sicuramente non è per l'inflazione, visto che gli USA si trovano in un ambiente in cui il credito si sta contraendo (l'IA non compenserà questo assetto). No, si tratta di rischio geopolitico e istituzionale. Le valute fiat stanno mostrando crepe strutturali, i mercati obbligazionari stanno mostrando crepe strutturali, la capacità di emettere nuovo debito in base al bacino fiscale sta mostrando crepe strutturali. Ci stiamo allontanando da un mondo globalizzato dove il commercio sarà propriamente valutato, scevro dalle distorsioni protezionistiche e monetarie alimentate da un sistema estorsivo/estrattivo piuttosto che produttivo. Più in profondità, lo spostamento dalla “consensus politics” di matrice anglo-francese alla “power politics” di matrice sino-russa-statunitense. Lo Stato profondo italiano è di gran lunga peggiore di quello americano dato che è più vecchio. La mera sopravvivenza politica della Meloni in questo ambiente, con colpi al cerchio e alle botte, è di per sé una vittoria. In questo caso particolare potremmo dire che l'Italia è un proxy di quello che si potrà vedere negli USA dove l'oro verrà rivalutato ai prezzi correnti (inizialmente) spostando finalmente il cartellino del prezzo dai ridicoli $42 l'oncia. Infatti così come Milei e l'Argentina sono stati un esperimento anticipato per quanto riguarda tagli e ridimensionamento dello stato nell'economia, la Meloni e l'Italia potrebbero essere l'esperimento in materia di aumento dell'equity. Per l'UE e la BCE è un anatema: sia dal punto di vista di bilancio che di credibilità dell'unione (a livello di facciata). L'incalzante censura europea altro non è che l'anticamera di un processo più ampio volto a impedire che i capitali (rimanenti) in Europa lascino il continente, soprattutto quando dovrà arrivare l'haircut sui debiti insostenibili europei. Potremmo definire la mossa sull'oro della Meloni come un messaggio mafioso indiretto degli USA all'UE. Soprattutto in chiave risolutiva del conflitto tra Russia e Ucraina. Comunque non bisogna farsi illusioni: sia l'amministrazione Trump che di riflesso quella Meloni non riusciranno a risolvere decenni di sconquassi durante i loro attuali termini di governo. Siamo ancora sulla soglia di una trasformazione, la quale richiederà come minimo 10 anni per essere portata a termine. E comunque meglio questa di prospettiva che il mondo distopico e tirannico della cricca di Davos & Co.
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di Thomas Kolbe
(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-caos-nel-governo-francese-segnala)
Il Primo Ministro francese François Bayrou non ha ottenuto la fiducia del Parlamento a settembre, ponendo fine al suo governo. Sebbene i mercati siano rimasti sostanzialmente calmi, ciò non significa che la crisi del debito francese sia stata rinviata.
Dopo soli nove mesi di mandato, il quarto governo del presidente Emmanuel Macron è crollato. Il Primo ministro, François Bayrou, ha perso il voto di fiducia sul suo bilancio incentrato sull'austerità con 364 voti a favore e 194 contrari. Bayrou ha poi annunciato le sue dimissioni.
Bayrou ha riconosciuto la gravità della situazione
Bayrou si era assunto la responsabilità della grave situazione delle finanze pubbliche francesi e ha tentato di imporre un programma di risanamento fiscale. Con un debito pubblico al 114% del PIL e una previsione di indebitamento netto del 5,4% per quest'anno, il piano includeva tagli alla spesa per €44 miliardi, il congelamento delle pensioni e la riduzione di due festività nazionali: misure pensate come un'ancora di salvezza per l'economia in difficoltà.
Sia la maggioranza parlamentare che ampi settori della società francese si sono opposti al programma di riforme. Gli scioperi generali sono fioccati.
Con le dimissioni di Bayrou, l'indeciso Emmanuel Macron si è ritrovato ad affrontare il compito di nominare un quinto Primo ministro in due anni. Fino alle prossime elezioni dell'aprile 2027 qualsiasi governo, indipendentemente dalla sua composizione, si troverà ad affrontare gli stessi problemi. Qualsiasi forma di consolidamento fiscale sarà affossata da fazioni politiche radicate. La Francia è bloccata in una situazione di stallo politico, cosa che rende il consolidamento del debito apparentemente impossibile.
La strada verso il disastro
Questa bizzarra situazione rivela che l'élite politica francese – e sempre più in tutti gli stati dell'UE sotto pressione dei propri debiti – non riesce più a far prevalere le necessità economiche sulle divisioni ideologiche. Il mancato voto di fiducia è stato l'ennesimo chiodo nella bara dell'UE e presto si manifesterà sui mercati come un problema per l'Eurozona, man mano che gli investitori si renderanno conto dell'impotenza politica della Francia.
Prima delle sue dimissioni Bayrou ha apertamente criticato lo stile di vita francese, individuando nello Stato sociale un problema critico. Ora sperimenta in prima persona che chiunque metta in discussione i numerosi privilegi del sistema di welfare viene punito senza pietà dal punto di vista politico. La Francia difende la sua società fondata ormai sui trasferimenti sociali come una vacca sacra, anche se questa posizione conduce direttamente alla catastrofe fiscale.
Il rischio di contagio in Europa
Per i mercati finanziari gli eventi di Parigi non sono una buona notizia. Gli “OAT” francesi, i titoli del Tesoro, hanno mostrato scarsa reazione immediata al crollo del governo. Poi, però, sono stati sottoposti a crescenti pressioni a causa della crisi sovrana incombente. I rendimenti sono aumentati e lo spread rispetto ai Bund tedeschi, il benchmark europeo, si è ampliato fino a 90 punti base, segnalando un rischio crescente.
I titoli di Stato francesi sono ora scambiati con un premio di rischio significativo, molto simile al debito britannico. Il rischio di contagio incombe sull'Eurozona se i mercati si rivolgessero ad altre nazioni ad alto debito come Spagna, Italia, o Grecia, innescando una reazione a catena che ricorderebbe la precedente crisi del debito sovrano.
La Francia rimane in subbuglio e la attende un altro test cruciale: Fitch pubblicherà la sua valutazione del rating creditizio.
Sebbene un declassamento immediato sia improbabile – la Francia si attesta già su AA- con outlook negativo – un rientro nella categoria A è ora una possibilità concreta. Ciò costringerebbe gli investitori istituzionali a vendere obbligazioni francesi, aumentando ulteriormente i costi di rifinanziamento e aggravando la spirale del debito francese. Il Paese perderebbe gradualmente il suo status di benchmark “quasi privo di rischio” nell'Euroarea.
Valutazione dei rischi
Un andamento simile è emerso sui mercati monetari, dove l'euro ha addirittura guadagnato leggermente rispetto al dollaro. Segnali dell'imminente crisi del debito sovrano potrebbero provenire anche dai metalli preziosi: oro e argento hanno temporaneamente raggiunto massimi storici, confermando una costante tendenza al rialzo sostenuta dalla domanda delle banche centrali in tutto il mondo.
Gli investitori privati e gli operatori istituzionali dovrebbero prendere nota: la consapevolezza delle imminenti crisi sovrane è aumentata dopo i gravi shock di mercato diciotto mesi fa. L'oro offre un rifugio sicuro senza rischio di controparte.
La BCE si trova di fronte a un difficile equilibrio: in caso di un nuovo intervento, dovrà bilanciare il controllo dell'inflazione con la stabilità finanziaria. L'aumento degli spread può distorcere la trasmissione della politica monetaria, costringendo a misure mirate di liquidità senza abbandonare del tutto la stretta monetaria. I commentatori di mercato avvertono di un “inverno nervoso” per gli spread dell'Eurozona.
Scontro inevitabile
La Banca Centrale Europea, ultimo baluardo dell'Eurozona in caso di vendite obbligazionarie dettate dal panico, è rimasta invisibile durante il caos francese. La calma degli scambi dopo il fallimento del voto di fiducia e i rendimenti stabili dei titoli di stato francesi e dell'euro suggeriscono che la BCE potrebbe essere intervenuta silenziosamente con acquisti di supporto selettivi. La conferma arriverà con il prossimo rapporto del TCI, che rivelerà le transazioni delle banche centrali.
Fino ad allora, le speculazioni continueranno, a meno che le fughe di notizie non vengano a galla prematuramente.
I cinici potrebbero sostenere che i mercati si sono abituati al dramma francese e stanno semplicemente aspettando il capitolo successivo, cosa che potrebbe riguardare problemi di liquidità. Nel complesso la graduale svendita del debito pubblico a lungo termine sui mercati globali continua. La Francia rimane sotto stretta osservazione a causa delle continue turbolenze politiche e delle sfide fiscali irrisolte.
La grande resa dei conti sul mercato obbligazionario incombe come una nube oscura e l'incessante accumulo di debito pubblico scatenerà prima o poi violente tempeste. L'architettura finanziaria globale poggia su fondamenta fragili: un sistema monetario fiat basato su debito sovrano che per essere “gestito” ha bisogno di dosi crescenti di inflazione.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.
It is Time to End the Ignorance, Obfuscation and Hypocrisy on the Middle East
In early 1975, I took an in-depth special course on the Middle East at the University of Tulsa by one of my favorite political science professors. It proved to be one of the most impactful intellectual experiences of my life, with ongoing consequences for decades.
The professor was Joseph R. Rudolph Jr.
I was, like most students I was acquainted with, as well as most other persons in my community, someone profoundly ignorant and unaware of the actual situation in the Middle East beyond the headlines and the propaganda from the establishment regime media.
Most of the other students in the course were from the region, particularly Saudis and one Israeli. It dramatically opened my eyes and mind to the historic and geopolitical reality and background to the century’s old conflicts in the area.
Simultaneous, something else in 1975 was happening at the UN.
The United Nations resolution that declared Zionism a form of racism was General Assembly Resolution 3379, passed in 1975, which stated, “Zionism is a form of racism and racial discrimination”. However, this controversial resolution was revoked in 1991 by General Assembly Resolution 46/86, with a vote of 111-25, effectively nullifying its original declaration.
Key Details:
Resolution 3379 (1975): Adopted by the UN General Assembly, it equated Zionism (the Jewish people’s national liberation movement) with racism and racial discrimination, influenced by Arab states, communist nations, and some developing countries.
Revocation in 1991: Following the end of the Cold War and shifting global politics, the UN General Assembly voted to repeal Resolution 3379, demonstrating a significant change in international consensus.
In essence, while the resolution existed and labeled Zionism as racism, it is no longer an active UN stance, having been officially rescinded.
It is truly time to end the ignorance, obfuscation and hypocrisy on the Middle East.
Both sides in the Middle East conflagration were founded and fueled by vicious terrorist entities who waged unspeakable violence on innocent populations.
There is blood on the hands of both the Zionists behind the State of Israel and the Arab and Muslim terrorists in Iran, Iraq, Saudi Arabia, Syria, Lebanon, and Egypt.
Terror Out of Zion: Irgun Zvai Leumi, LEHI, and the Palestine Underground, 1929-1949
Devil’s Game: How the United States Helped Unleash Fundamentalist Islam — Book by Robert Dreyfus
“The most clear and engaging history of the deadly, historic partnership between Western powers and political Islam.”—Salon.com
Devil’s Game is the first comprehensive account of America’s misguided efforts, stretching across decades, to dominate the strategically vital Middle East by courting and cultivating Islamic fundamentalism.
Drawing on extensive archival research and interviews with dozens of policy makers and CIA, Pentagon, and foreign service officials, Robert Dreyfuss follows the trail of American collusion from support for the Muslim Brotherhood in 1950s Egypt, to links with Khomeini and Afghani jihadists, to longstanding ties between radical Islamists and the leading banks of the West. The result is as tragic as it is paradoxical: originally deployed as pawns to foil nationalism and communism, extremist mullahs and ayatollahs now dominate the landscape, thundering against freedom of thought, science, women’s rights, secularism—and their former patron.
Chronicling a history of double-dealing, cynical exploitation, and humiliating embarrassment that continues to this day, Devil’s Game reveals a pattern that, far from furthering democracy or security, ensures a future of blunders and blowback.
The Time for Ignorance, Obfuscation and Hypocrisy on the Middle East is Over.
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It is Time to End the Obfuscation and Hypocrisy on the Middle East
In early 1975, I took an in-depth special course on the Middle East at the University of Tulsa by one of my favorite political science professors. It proved to be one of the most impactful intellectual experiences of my life, with ongoing consequences for decades.
The professor was Joseph R. Rudolph Jr.
I was, like most students I was acquainted with, as well as most other persons in my community, someone profoundly ignorant and unaware of the actual situation in the Middle East beyond the headlines and the propaganda from the establishment regime media.
Most of the other students in the course were from the region, particularly Saudis and one Israeli. It dramatically opened my eyes and mind to the historic and geopolitical reality and background to the century’s old conflicts in the area.
Simultaneous, something else in 1975 was happening at the UN.
The United Nations resolution that declared Zionism a form of racism was General Assembly Resolution 3379, passed in 1975, which stated, “Zionism is a form of racism and racial discrimination”. However, this controversial resolution was revoked in 1991 by General Assembly Resolution 46/86, with a vote of 111-25, effectively nullifying its original declaration.
Key Details:
Resolution 3379 (1975): Adopted by the UN General Assembly, it equated Zionism (the Jewish people’s national liberation movement) with racism and racial discrimination, influenced by Arab states, communist nations, and some developing countries.
Revocation in 1991: Following the end of the Cold War and shifting global politics, the UN General Assembly voted to repeal Resolution 3379, demonstrating a significant change in international consensus.
In essence, while the resolution existed and labeled Zionism as racism, it is no longer an active UN stance, having been officially rescinded.
It is truly time to end the obfuscation and hypocrisy.
Both sides in the Middle East conflagration were founded and fueled by vicious terrorist entities who waged unspeakable violence on innocent populations.
There is blood on the hands of both the Zionists behind the State of Israel and the Arab and Muslim terrorists in Iran, Iraq, Saudi Arabia, Syria, Lebanon, and Egypt.
Terror Out of Zion: Irgun Zvai Leumi, LEHI, and the Palestine Underground, 1929-1949
Devil’s Game: How the United States Helped Unleash Fundamentalist Islam — Book by Robert Dreyfus
“The most clear and engaging history of the deadly, historic partnership between Western powers and political Islam.”—Salon.com
Devil’s Game is the first comprehensive account of America’s misguided efforts, stretching across decades, to dominate the strategically vital Middle East by courting and cultivating Islamic fundamentalism.
Drawing on extensive archival research and interviews with dozens of policy makers and CIA, Pentagon, and foreign service officials, Robert Dreyfuss follows the trail of American collusion from support for the Muslim Brotherhood in 1950s Egypt, to links with Khomeini and Afghani jihadists, to longstanding ties between radical Islamists and the leading banks of the West. The result is as tragic as it is paradoxical: originally deployed as pawns to foil nationalism and communism, extremist mullahs and ayatollahs now dominate the landscape, thundering against freedom of thought, science, women’s rights, secularism—and their former patron.
Chronicling a history of double-dealing, cynical exploitation, and humiliating embarrassment that continues to this day, Devil’s Game reveals a pattern that, far from furthering democracy or security, ensures a future of blunders and blowback.
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Il drenaggio della LBMA e la ricapitalizzazione della classe media americana (Parte #2)
(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-drenaggio-della-lbma-e-la-ricapitalizzazione-c3b)
Dall'anno scorso l'oro è salito del 100%. Le attenzioni sul metallo giallo abbracciano tutto lo spettro degli investimenti: dalle figure istituzionali fino giù ai semplici investitori al dettaglio. Per motivi di bilancio, certo, ricapitalizzare economie disastrate ha bisogno di collaterale credibile. Ma in particolar modo per motivi geopolitici, dato che dal 2022, come documentato nel mio ultimo libro Il Grande Default, gli Stati Uniti stanno iniziando a mettere ordine in uno dei mercati ombra più velenosi per la loro sopravvivenza in quanto nazione indipendente: quello degli eurodollari. L'assorbimento di tutta la leva finanziaria che negli anni è stata accumulata, ed è pronta a far nuotare nude le persone tanto per parafrasare Warren Buffett, richiede una facciata di credibilità e affidabilità con cui portare avanti un tal processo. A tal proposito l'amministrazione Trump ha un piano fattibile e inaugurare una nuova era di prosperità per l'America. La prima cosa che ha fatto è stata innescare una corsa agli sportelli della LBMA. Trump il debito lo conosce e sa come ristrutturare per uscire dalla bancarotta, l'ha fatto una mezza dozzina di volte nella sua vita. Sa cosa lo aspetta e ha un piano per rivedere il ruolo del dollaro nel commercio mondiale. Sarà di gran lunga la cosa più importante che accadrà al sistema monetario dal 15 agosto 1971, ma questa in realtà non è una storia sull'oro: è un segnale che qualcosa di enorme sta arrivando ed è molto più grande del semplice oro o del denaro.
L'oro non è un asset qualsiasi, il suo valore reale va oltre il mondo finanziario: è l'unico asset su cui tutti i governi concordano quando l'incertezza sistemica scuote i mercati mondiali. Come descritto nel mio libro un cambiamento epocale è in atto e le autorità hanno bisogno di placare possibili eruzioni di panico. E quello a Londra è significativo. A partire dallo scorso novembre, subito dopo la vittoria di Trump, l'oro ha iniziato a volare da Londra verso gli Stati Uniti. L'enorme quantità di oro richiesto in forma fisica ha fatto sì che la LBMA (London Bullion Market Association) dilatasse i tempi delle consegne, facendoli passare da due giorni a due mesi. E c'è un'altra cosa: quasi tutto l'oro che lasciava Londra era diretto a New York. Ciò significa che qualcuno ai vertici di Wall Street e del governo statunitense ha preso una decisione sulla politica economica di Trump.
Il grande acquirente statunitense ha preso in consegna quasi 30 milioni di once, ovvero oltre il 10% di tutto l'oro che si dice possiedano gli Stati Uniti. Ma ecco il punto: altre banche centrali stanno prendendo in consegna da anni ormai, come quella cinese ad esempio. Tra l'altro, l'acronimo per il futuro prossimo è ARC, ovvero partnership commerciale tra America, Russia e Cina. Schermaglie e attriti che leggete sui canali d'informazione principali non sono altro che rumore di fondo; è il trend primario quello che conta. Il fatto che l'UE non figuri in questo assetto in divenire è dovuto a una cosa sola: non esisterà più, tra l'altro già adesso non esiste più a livello informale per quanto voglia affermare la sua presenza attraverso una normazione socio-economica a raffica. L'amministrazione Trump non sta monetizzando l'oro solo perché altre banche centrali lo stanno acquistando, ha un piano per collateralizzare tutto e riportare gli Stati Uniti sulla strada della prosperità attraverso la produttività.
È una visione colossale e ambiziosa, tanto che i commentatori a tutti i livelli hanno dato per scontato che la politica monetaria e commerciale americana siano problemi irrisolvibili. È per questo che gli sprechi portati a galla dal DOGE ed Elon Musk sono solo la punta dell'iceberg. La differenza tra le amministrazioni precedenti e questa è che Trump ha un piano concreto per risanare il debito, cambiare la natura del denaro speso e riportare posti di lavoro in patria. Se ho ragione l'obiettivo finale di questo piano è ridisegnare la mappa delle catene di approvvigionamento statunitensi, il che sarà fantastico per gli investitori in un settore in difficoltà da 5 anni a questa parte. Senza contare che avrà un impatto enorme su chiunque abbia risparmi in dollari. Infatti il piano di Trump va oltre l'oro e affronta:
• L'insostenibile debito pubblico statunitense;
• La ricchezza strategica degli Stati Uniti;
• La mancanza di posti di lavoro buoni nel settore manifatturiero negli Stati Uniti;
• Gli elevati squilibri commerciali;
• Il difetto fatale del dollaro ancorato all'estero.
Rivalutare l'oro ai prezzi reali è solo la prima mossa e questo mi porta alle menti dietro questo riassetto degli Stati Uniti. Bessent è un uomo riservato, un miliardario che si è fatto da sé e non ha nulla da guadagnare dall'essere chiamato a ricoprire una carica pubblica. Per ora gli credo quando dice di voler sistemare qualcosa di profondamente imperfetto nel sistema americano. Forse Bessent si rivelerà l'ennesimo burocrate “chiacchiere e distintivo”, ma per ora sembra che sia sincero nel suo piano di sistemare gli Stati Uniti ed evitare che precipitino nell'abisso.
Se si vuole capire cosa sta succedendo, perché l'oro sta fuggendo da Londra e come tutto questo si collega, bisogna tornare a questo pezzo della Reuters dello scorso febbraio. Bessent non è uno stupido, sa che il modo più veloce per “monetizzare il lato degli attivi nel bilancio degli Stati Uniti” è rivalutare l'oro. Questa è la prima mossa del grande gioco a cui sta giocando l'amministrazione Trump. L'oro, che già fuggiva da Londra da novembre, ha iniziato a lasciare Londra per New York a un ritmo ancora più frenetico. Così tanto oro ha lasciato Londra e così velocemente che la gente si è spaventata, e i ritardi sono passati da due giorni a due mesi. Non ci sono dubbi: quando le nazioni richiedono la consegna fisica di oro tutto in una volta significa che sta succedendo qualcosa di grosso.
L'osservazione di Bessent, però, di “mettere a frutto gli asset” non riguarda solo l'oro, sta progettando un nuovo sistema monetario, qualcosa di simile a una Bretton Woods 3.0. Se il piano avrà successo, non solo “monetizzerà il lato degli attivi nel bilancio degli Stati Uniti”, libererà anche gli Stati Uniti dall'onere di detenere la valuta di riserva mondiale. Per avere successo Trump dovrà anche creare un Fondo Sovrano degli Stati Uniti. In una recente intervista Lutnik descrive esattamente cosa intende fare Trump con questo Fondo Sovrano.
In veste di amministratore delegato di Cantor Fitzgerald, Lutnik è un insider di Wall Street. Se c'è qualcuno che sa come monetizzare gli asset, sono Lutnik e i suoi collaboratori. Questo Fondo Sovrano monetizzerà non solo l'oro, ma ogni asset legato agli Stati Uniti: terreni, petrolio, diritti minerari... tutto. Tutto questo verrà aggiunto al bilancio statunitense nella colonna degli attivi. Il Fondo Sovrano cambia l'intero concetto di protezione del patrimonio nazionale statunitense.
Ecco come funzionerebbe.
Il giacimento petrolifero ANWAR è una sezione al largo della costa dell'Alaska, ha più riserve petrolifere comprovate dell'Arabia Saudita. Entra in gioco il Fondo Sovrano e produce royalties. Pensate se il governo degli Stati Uniti riscuotesse royalties su quel petrolio per sempre. Tra le innumerevoli altre risorse inutilizzate negli Stati Uniti c'è la miniera di Pebble nella baia di Bristol, in Alaska. Ci sono 80 miliardi di libbre di rame, 107 milioni di once d'oro e molti altri minerali importanti in attesa di essere messi in produzione. A questa grande risorsa americana è stata negata l'autorizzazione per timore che un fiume a 20 miglia di distanza, che alimenta una pesca al salmone, potesse essere influenzato dalle attività minerarie. E se, invece di concedere licenze minerarie, gli Stati Uniti si limitassero a percepire una percentuale sui profitti sui territori statunitensi? È un modello che non è mai stato sperimentato in America, ma che funziona già in altre parti del mondo per Paesi come l'Arabia Saudita, la Norvegia e la Cina.
Negli Stati Uniti c'è una quantità sorprendente di ricchezza disponibile, se si pensa a un modello in cui la burocrazia scompare e gli asset americani vengono finalmente sbloccati e messi a frutto. Al momento ci vogliono dieci anni o più per ottenere le licenze e i permessi necessari per estrarre o trivellare su terreni statunitensi. E se ci volessero poche settimane o mesi? Milioni di acri di terra negli Stati Uniti, un'abbondanza di ogni risorsa immaginabile, confluiranno nel Fondo Sovrano e saranno messi a frutto per gli americani. L'oro che esce da Londra è la prova che questo piano è già in atto.
Non è altro che un “riallineamento delle linee di politica” per gli Stati Uniti e il resto del mondo, un'iniziativa che ha il potenziale di scatenare una prosperità e una ricchezza inimmaginabili...m a non senza dolore. L'obiettivo finale del piano di Trump è quello di eliminare il peso che gli Stati Uniti hanno per avere la valuta di riserva mondiale. Ci viene sempre detto che avere la valuta di riserva mondiale è un privilegio esorbitante, ma quasi nessuno ne comprende il lato oscuro. Già nel 1959 Triffin affermò pubblicamente che l'unico modo in cui gli Stati Uniti avrebbero potuto continuare a godere di uno status di valuta di riserva mondiale sarebbe stato quello di accumulare deficit commerciali sempre maggiori. Questo è il grave peso che deriva dalla sua emissione. Qualunque Paese si trovi ad affrontarlo è destinato ad avere una valuta innaturalmente forte, il che può sembrare positivo, ma in realtà non lo è.
Qualunque vantaggio gli Stati Uniti abbiano ottenuto dall'emissione della valuta di riserva mondiale è ormai in gran parte svanito. Trump lo sa meglio della maggior parte dei politici: se non riuscite a produrre nulla da esportare, la vostra sicurezza e prosperità sono un'illusione. Stephen Miran, in A User's Guide to Restructuring the Global Trading System, individua il vero difetto che ha condotto gli Stati Uniti verso l'abisso.
• La domanda di asset di riserva denominati in dollari
• Porta a inevitabili squilibri commerciali e a un ambiente manifatturiero statunitense debole.
In altre parole, avere la valuta di riserva mondiale non è solo una benedizione è anche una maledizione. La domanda artificiale di dollari li mantiene perennemente e innaturalmente alti in valore rispetto a tutte le altre valute. Il motivo per cui questo è un problema per gli americani è che non possono produrre negli Stati Uniti beni che siano competitivi con altri Paesi. Un dollaro forte rende le esportazioni statunitensi incredibilmente costose, e non competitive. Questo è il vero problema che Trump sta cercando di risolvere. È la vera motivazione dietro l'arrivo dell'oro a New York, l'imminente cambio di sistema monetario, il Fondo Sovrano e le minacce di dazi.
Se volete una prova di questo svantaggio, guardate la Cina negli ultimi 30 anni e più... poi guardate gli Stati Uniti. La Cina ha compiuto il più grande miracolo nella storia economica, facendo uscire 800 milioni di cinesi dalla povertà in una sola generazione. Nel frattempo gli Stati Uniti sono stati devastati. Ci sono altre ragioni, ma una delle principali è che è diventato più economico inviare valuta fiat all'estero e far produrre beni altrove. Così posti di lavoro e macchinari industriali hanno lasciato gli Stati Uniti. Miran identifica il motore della rovina: ciò che deve essere smantellato affinché gli Stati Uniti possano riprendersi e riacquistare lustro e gloria attraverso la produttività. L'obiettivo è riportare posti di lavoro e capacità produttiva negli Stati Uniti, ma non si tratta solo di questo: il piano di Trump offre agli Stati Uniti anche una nuova ricchezza nel campo delle materie prime, ovvero le risorse necessarie per ricostruire le catene di approvvigionamento statunitensi. Ecco perché si parla tanto di Groenlandia.
Gli Stati Uniti devono quindi ricostruire le catene di approvvigionamento, ma ci sono delle conseguenze, una delle quali è un periodo di dolorosi aggiustamenti. Trump non vuole solo un dollaro più debole, vuole un dollaro radicalmente svalutato rispetto a tutte le altre valute del mondo; ma questio significa ri-dollarizzazione, non de-dollarizzazione. Una volta completata questa svalutazione, l'oro potrebbe addirittura superare i $20.000 l'oncia, il che equivarrebbe a una svalutazione del dollaro del 90%. Può sembrare orribile, ma è solo di poco inferiore alla svalutazione degli anni '70, quando il dollaro perse il 75% del suo potere d'acquisto. Tra l'altro è quello che sarebbe dovuto accadere all'indomani della Brexit affinché le esportazioni inglesi divenissero più economiche. Invece la sterlina è stata tenuta innaturalmente alta affinché l'UE non perisse sotto i colpi di uno svantaggio economico. Gli infiltrati della cricca di Davos non hanno lavorato solamente contro gli USA, ma anche contro Londra punendo la proverbiale “Little Britain” per aver scelto di schierarsi con le élite inglesi che vedevano un futuro diverso da quello di Bruxelles.
Con l'oro già in pancia e quello dreanto dalla LBMA, il debito pubblico statunitense verrebbe abbattuto drasticamente.
Questa tattica ha già funzionato due volte in passato: negli ultimi due cambi di sistema monetario. Nel 1985 il mondo si riunì per firmare gli Accordi del Plaza per svalutare un dollaro innaturalmente forte. All'epoca il Giappone era “il cattivo”. Leggete qualsiasi cosa di quell'epoca e vedrete le stesse accuse di concorrenza sleale rivolte al Giappone che oggi sentite rivolte alla Cina. Sotto la minaccia di dazi, il Giappone e gli altri partner commerciali degli USA si sedettero al tavolo delle trattative e accettarono di collaborare alla svalutazione del dollaro. Prima di allora c'era stato lo shock di Nixon e gli Accordi Smithsonian. Ora sarà il turno degli Accordi di Mar-a-Lago.
Trump non è stupido, vuole più di una semplice valuta debole: vuole cambiare la natura dell'economia statunitense copiando la Cina. La vera sfida è la necessità di una valuta che reindirizzi le catene di approvvigionamento. L'essenza del “miracolo cinese” non sta solo nel fatto che la Cina ha assorbito i posti di lavoro manifatturieri mondiali negli ultimi 30 anni: ha un modello di investimenti sostenuti dallo stato. È la politica industriale cinese che Trump desidera maggiormente emulare. In Cina le grandi aziende redditizie sono obbligate a reinvestire nel Paese, non possono delocalizzare tutti i loro profitti e pagare poche o nessuna tassa come fanno le élite e le corporazioni negli Stati Uniti. Il piano di Trump richiederà lo stesso alle aziende statunitensi ed è già in atto: Apple ha annunciato un investimento da $500 miliardi in America a fine febbraio. Non si tratta solo di tecnologia: due giorni dopo Lilly ha annunciato un piano da $27 miliardi per riportare la produzione farmaceutica negli Stati Uniti. Aspettatevi di vedere molti annunci come questi man mano che le aziende aderiranno al piano di Trump.
Per la prima volta da decenni le aziende hanno un incentivo a investire di nuovo nella produzione produttiva di beni reali, all'interno degli Stati Uniti. Qualsiasi vantaggio gli Stati Uniti abbiano ottenuto dall'esportazione di valuta fiat all'estero in cambio di elettronica e BMW... è finito. Non perché Trump voglia che finisca, ma perché deve finire; l'economia americana non può più permettersi questo privilegio. Per decenni la principale esportazione degli Stati Uniti è stata la valuta fiat. Questo debito insostenibile è in definitiva il risultato di uno squilibrio commerciale insostenibile con altre nazioni. Miran chiarisce che nulla di buono può accadere finché l'onere di avere la valuta di riserva non sarà condiviso con gli altri partner commerciali. Significa che il dollaro perderà il suo status? Probabilmente. Quindi cosa c'entra questo con la Cina, il prezzo dell'oro e il Fondo Sovrano?
I cinesi hanno risolto lo stesso problema creando essenzialmente un sistema monetario a due livelli: una valuta che circola all'esterno e una all'interno. La Cina considera le sue risorse naturali un bene da sfruttare a beneficio della nazione. Il governo cinese agisce come una società di venture capital, effettuando investimenti industriali chiave e concentrando il settore privato sulle priorità nazionali. Con il suo Fondo Sovrano l'America farà lo stesso. Amate il sistema cinese o odiatelo, non si può discutere sui progressi cinesi. Nel 1978 l'America produceva 18 milioni di auto all'anno, mentre la Cina solo 5.000-10.000. Facciamo un salto al 2024: la produzione automobilistica americana è scesa a soli 10 milioni di veicoli. E la Cina? È ora il più grande produttore di veicoli al mondo, con 30 milioni di auto prodotte l'anno scorso.
Anche l'industria automobilistica giapponese ha iniziato con debolezza, ma poi si è evoluta verso l'alta qualità con marchi noti per l'affidabilità come Toyota. Anche la Cina si è evoluta e ora produce ottime auto. Sono così buone e così economiche che probabilmente non le sarà mai permesso di venderle negli Stati Uniti; distruggerebbero qualsiasi industria automobilistica rimasta.
Il piano di Trump sfrutterà tutte le strategie efficaci che riuscirà a trovare per trasformare l'America di nuovo in un motore di creazione di ricchezza, soprattutto quelle che i suoi avversari hanno già dimostrato essere valide. Il Fondo Sovrano Americano è il luogo in cui migliaia di miliardi di dollari di valore saranno conservati e utilizzati internamente negli Stati Uniti. Ci sarà anche un sistema monetario statunitense a due livelli? Potete scommeterci: stablecoin interne emesse dalle banche commerciali e con riserve decise da istituto a istituto, e Tether che si interfaccerà con l'estero. È questo il motivo per cui si parla tanto della Groenlandia, del Canada come 51° stato e del Canale di Panama.
CONCLUSIONE
L'attuale sistema monetario mondiale ha bisogno di una correzione. Gli Stati Uniti si ritrovano un debito pubblico da $38.000 miliardi, centinaia di migliaia di dollari di altre passività e non possono più mantenere il sistema post-1971. Il lavoro costa troppo, tutto costa troppo. Quindi se gli Stati Uniti non riescono a riportare posti di lavoro in patria e a smettere di stampare/spendere denaro che non hanno, nulla cambierà. Ecco perché Trump sta prendendo una decisione drastica: sta agendo in previsione di ciò che il mondo intero sa che deve arrivare: un nuovo accordo monetario.
Che si tratti di un'ironia della storia o altro, Trump è il candidato ideale per il compito in questione, dato che ha più “esperienza” di qualsiasi altro leader mondiale nella ristrutturazione dopo una bancarotta. Ora userà la sua esperienza per creare un nuovo ruolo per il dollaro e porre fine al peso di essere la valuta di riserva mondiale, riportando gli Stati Uniti al vertice della piramide geopolitica per gli anni a venire. Ma la cosa più importante è lo smantellamento della finanziarizzazione dal mercato delle commodity di Londra, punto focale della strategia di drenaggio della LBMA. Infatti tale strategia mira al pieno controllo del mercato dei futures sulle commodity da parte di Washington affinché esso sia incentrato sulla consegna degli asset sottostanti dai produttori ai consumatori. Il modo più veloce per ricostruire le catene di approvvigionamento e intermediare in modo appropriato produzione, domanda e offerta nel tempo, creando altresì una curva affidabile dei prezzi nel tempo.
Per anni il COMEX e la LBMA hanno soppresso i prezzi di oro e argento tramite la creazione di offerta sintetica e hanno applicato lo stesso metodo anche ad altre commodity. Perché? L'oro ha visto crearsi attorno a sé un mercato dei futures per due motivi principalmente: per la sua funzione di coordinatore tra produzione/consumo nel tempo, per la sua funzione di speculazione sulle valute. L'introduzione di offerta sintetica nel metallo giallo ha scardinato la funzione primaria del mercato dei futures dal trading effettivo dell'oro: l'oro sintetico avrebbe impostato al margine il prezzo dell'oro fisico. Affinché si possa invertire questa deformazione non basta solo il COMEX che inverte la rotta, ma anche lo Shanghai Gold Exchange ad esempio. Infatti l'istituzione di questa entità ha creato nel tempo un arbitraggio che s'è rifiutato di chiudersi tra Londra e New York: l'oro fisico, mal prezzato in Occidente, è fluito verso Est. Poi sono entrati in gioco l'amministrazione Trump e Bessent che hanno iniziato a fare la stessa cosa nei confronti della LBMA, cambiando il ruolo del COMEX: esso si occuperà della consegna fisica, come lo Shanghai Gold Exchange, tornando a intermediare in modo corretto produzione/consumo nel tempo tramite i futures, mentre GLD e SLV si occuperanno della speculazione tra i metalli e le valute fiat.
Chi rimane col cerino in mano? Londra.
Ecco, sostanzialmente, cosa è successo al prezzo dell'oro finora e il motivo per cui continua a salire: è stata innescata una corsa alla consegna di metallo fisico, cosa che ha sconquassato il meccanismo di prestito/leasing di rivendicazioni sull'oro intermediato da Londra. Qui la verità è una sola: non è Washington a essere a corto di oro fisico, bensì Londra. Poi, con Trump che imposta un sistema di dazi nei confronti del resto del mondo, ciò rinforza ulteriormente la necessità delle altre nazioni di acquisire oro con cui garantire e pagare i propri deficit/avanzi commerciali. Ecco perché le banche centrali stanno continuando ad acquistare oro, perché era il momento esatto per scatenare un attacco contro la LBMA da parte di Bessent/Trump e perché il loro potenziale proxy nel cuore dell'UE, l'Italia, può far leva sul metallo giallo in presunto possesso della BCE per aggiungere ulteriore pressione su Londra, la cricca di Davos e Bruxelles.
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Lo Stato profondo italiano è di gran lunga peggiore di quello americano dato che è più vecchio. La mera sopravvivenza politica della Meloni in questo ambiente, con colpi al cerchio e alle botte, è di per sé una vittoria.https://t.co/Su9ojWwyfY
Ora passiamo all'argento. Questo metallo attualmente è in backwardation, ovvero il prezzo spot è più alto di quello tra un mese (cosa che non dovrebbe accadere in situazioni normali, infatti dovrebbe essere il contrario dato che esiste un costo per conservare l'asset fisico). Quando si viene a creare questo fenomeno significa che c'è un'enorme domanda nel presente, tale da far arrivare la backwardation al record di quasi $3. Attualmente abbiamo una backwardation di $1.50 fino al dicembre 2026/inizio 2027. Questa situazione ci suggerisce che la separazione tra funzione di coordinamento produzione/consumi e funzione di speculazione si sta ulteriormente diversificando tra oro e argento: oro che si prende la parte legata alla speculazione sulle valute fiat e l'argento che si prende, invece, quella legata al coordinamento della produzione/consumi. Infatti l'argento rimarrà sostanzialmente un metallo industriale; il rame sarà il prossimo sulla lista, seguito successivamente da alluminio, piombo, zinco, nickel e cobalto... tutti metalli trattati sulla London Metals Exchange. Anche perché se non si smantella la finanziarizzazione delle commodity a Londra, come possono pensare gli Stati Uniti di re-industrializzarsi se ne hanno il controllo tramite i futures?
Chiaramente non è possibile pronosticare ex-ante dove andranno i prezzi delle commodity, però ciò che conta davvero qui è che il meccanismo con cui si viene a formare il prezzo di asset strategici sta cambiando. Questo a sua volta comporterà lo sgonfiamento della finanziarizzazione degli asset e della leva monetaria e l'inflazione (dei prezzi) di quella porzione dell'economia globale influenzata dalle commodity; chiamatela anche l'evoluzione della stagflazione. In breve, deflazione di quegli asset basati sul credito e inflazione di quegli asset legati alle commodity in termini di prezzi di clearing.
Affinché si possa impedire al resto del mondo di andare nel panico, però, i prezzi degli asset finanziari (asset basati sul credito) devono rimanere ragionevolmente stabili. Ecco perché, a livello globale, un nuovo sistema commerciale sta emergendo tra America, Russia e Cina. I russi comprano yuan ed emettono bond denominati in yuan. I cinesi comprano dollari ed emettono bond denominati in dollari. Gli americani emetteranno un nuovo bond sovrano coperto dall'oro. All'improvviso avremo un sistema collateralizzato in cui tutti e tre i tipi di obbligazioni saranno coperte dall'oro. Tether è l'avanscoperta in questo senso, rappresentando l'interfaccia monetaria estera degli Stati Uniti con cui si dovranno confrontare tutti coloro che vorranno esporsi al biglietto verde. E il suo sarà un sistema alternativo all'eurodollaro collateralizzato dall'oro. A differenza dell'euro e di potenziali versioni digitali dello stesso...
Tutto bello... apparentemente... ma manca la parte più importante: qual è il collaterale? https://t.co/CIS16XJFpU
— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) December 2, 2025E indovinate un po' chi rimane, ancora una volta, col cerino in mano?
Negli Stati Uniti, nel frattempo, s'incanalano le risorse liberate verso la classe produttiva. Come discusso nella Prima Parte di questo saggio abbiamo:
• la IPO di Fannie/Freddie e il cambio di passo nella gestione dei mutui americani;
• le leggi sulle stablecoin che permettono alle banche regionali di tokenizzare i depositi e sovvenzionare i mutui a livello locale in modo che i profitti di tali prestiti rimangano sul posto e non vengano riciclati tramite il sistema del debito finendo nelle mani di creditori all'estero.
Ma come hanno fatto finora Londra e Bruxelles a rimanere a galla? La risposta è nel grafico qui sotto: comprando i titoli di stato più affidabili al mondo, ovvero quelli americani. Solo il mese scorso la Spagna ha aumentato del 15% le sue riserve di bond americani, mettendosi in testa alla carovana di coloro che devono comprare tale asset “alla luce del giorno” e possono usare molto meno i sotterfugi del mercato dell'eurodollaro o del sistema bancario ombra. Infatti il punto di raccordo per tenere in qualche modo vivi questi due meccanismi di accesso “facilitato” ai bond americani è il Canada. Sin dallo scorso marzo, e dall'insediamento di Carney, vi avevo messo in guardia che sarebbe stato svuotato della propria ricchezza per sostenere i suoi referenti all'estero: Londra e Bruxelles. Ogni mese le percentuali di possedimenti di titoli di stato americani posseduti dal Canada oscillano, perché se un mese compra quello successivo vende a Londra (e succursali) e Bruxelles a sconto tramite accordi di swap. Nel processo il Canada viene distrutto e liquidato.
L'oro che sale di prezzo e la backwardation dell'argento stanno segnalando che tutti gli attacchi scagliati da Londra e Bruxelles nei confronti degli USA e del SOFR, tramite il mercato obbligazionario americano, sono falliti. Presto si aggiungerà anche un altro barometro a segnalare questo e altri fallimenti: il rame. Freeport McMoRan, uno dei più grandi produttori di rame al mondo, ha fatto sapere che smetterà di seguire il meccanismo d'impostazione mondiale per il rame. Un altro modo per dire che hanno deciso di mandare al diavolo i futures sul rame sulla London Metals Exchange. Ma la vera rottura del giocattolo noto come finanziarizzazione si avrà quando anche il petrolio, l'asset fondamentale su cui gira la società moderna e che non può muoversi con una volatilità settimanale del 7% come accade ora, verrà depennato dalla lista dei futures intermediati a Londra. Il Brent Crude, il riferimento per eccellenza oggi quando si tratta di impostare un prezzo per l'asset fisico sottostante, è un contratto completamente finanziarizzato. Non esiste neanche un solo barile di petrolio consegnato come saldo del contratto. È solo speculazione finanziaria rispetto, invece, a Shanghai o al WTI presso il COMEX.
Gli inglesi ovviamente non sono stupidi e hanno un “Piano B” nel caso in cui non riuscissero nel loro intento di “dissuadere” la colonia scappata e ribelle. Il processo di liquidazione del Regno Unito altro non è che lo spostamento della City di Londra in un altro luogo, probabilmente Dubai. Anche l'amministrazione Trump l'ha capito ed è per questo che continua a pacificare quelle aree nel mondo in cui gli inglesi avevano forte ascendente (l'ultima in ordine cronologico il Rwanda). In questo modo li fa rimanere laddove stanno creando devastazione e li costringe, loro malgrado, a “godersi” i frutti velenosi del loro operato, erigendo al contempo un muro finanziario e commerciale intorno all'Europa intera, trasformandola nell'ultimo film di Soi Cheang e lasciando che chi è all'interno si scanni tra di loro.
Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una mancia in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.
???? Qui il link alla Prima Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2025/12/il-drenaggio-della-lbma-e-la.html
Come i trader e i miner aggirano il divieto cinese su Bitcoin e le altre crittovalute
La traduzione in italiano dell'opera scritta da Wendy McElroy esplora Bitcoin a 360°, un compendio della sua storia fino ad adesso e la direzione che molto probabilmente prenderà la sua evoluzione nel futuro prossimo. Si parte dalla teoria, soprattutto quella libertaria e Austriaca, e si sonda come essa interagisce con la realtà. Niente utopie, solo la logica esposizione di una tecnologia che si sviluppa insieme alle azioni degli esseri umani. Per questo motivo vengono inserite nell'analisi diversi punti di vista: sociologico, economico, giudiziario, filosofico, politico, psicologico e altri. Una visione e trattazione di Bitcoin come non l'avete mai vista finora, per un asset che non solo promette di rinnovare l'ambito monetario ma che, soprattutto, apre alla possibilità concreta di avere, per la prima volta nella storia umana, una società profondamente e completamente modificabile dal basso verso l'alto.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/come-i-trader-e-i-miner-aggirano)
Nonostante il divieto imposto da Pechino al trading di crittovalute, gli investitori cinesi stanno trovando modi innovativi per entrare nei mercati degli asset digitali.
Il governo cinese ha messo divieti alle crittovalute numerose volte, tra cui il divieto del 2013 per le banche che operavano in crittovalute, il divieto del 2017 sulle ICO e sugli exchange, seguito dal divieto di trading e mining di Bitcoin nel 2021.
Nonostante ciò accedere alle crittovalute in Cina continentale non è poi così difficile, ha dichiarato a Cointelegraph l'investitore pseudoanonimo Lowell.
Lowell è una neolaureata che si descrive come una trader di crittovalute a tempo pieno. Avrebbe potuto intraprendere una carriera nel suo campo di studi, ma afferma che un lavoro “normale” non può eguagliare i profitti che può ottenere con le crittovalute.
I divieti imposti dalla Cina non sono sempre chiari ed efficaci. Sebbene il trading e le attività commerciali in crittovalute siano vietati, esistono canali attraverso cui gli investitori possono entrare nel mercato globale.
I trader locali affermano di acquistare e vendere le loro crittovalute ad altri investitori tramite trading peer-to-peer su exchange centralizzati come OKX e Binance. Sebbene il Great Firewall cinese ne impedisca l'accesso, gli utenti esperti dotati di VPN possono accedere ai siti web e alle app di cui hanno bisogno.
Gli investitori cercano anche opportunità redditizie nella DeFi, come l'utilizzo di bot o l'assunzione di studenti per la distribuzione di airdrop, che per alcuni è diventata una quasi-industria.
Le crittovalute non sono totalmente illegali in Cina
In realtà i token crittografici non sono di per sé illegali in Cina, ha spiegato a Cointelegraph Robin Hui Huang, professore di diritto presso l'Università Cinese di Hong Kong. Anche il loro scambio rientra in una zona grigia.
“In Cina le persone possono detenere crittovalute. Possono anche scambiarle con altri beni, ma tali scambi non sono protetti dalla legge, ovvero se la controparte viola il contratto, non è disponibile alcuna tutela legale”.
Sebbene la legge non protegga queste transazioni non le vieta nemmeno, pertanto i privati possono scambiare crittovalute con altri beni se concordano reciprocamente di farlo e rispettano i propri impegni, ha aggiunto Huang.
Fuori dalla Cina continentale, circolano voci alimentate da importanti opinion leader della comunità delle criptovalute, tra cui il miliardario fondatore di Galaxy Digital, Mike Novogratz, che suggeriscono che Pechino potrebbe prendere in considerazione l'idea di revocare il divieto sulle crittovalute.
Tuttavia gli esperti hanno dichiarato a Cointelegraph che le probabilità che questa voce sia vera sono piuttosto basse.
Fanno riferimento ai recenti sviluppi riguardanti la valuta digitale della banca centrale cinese, lo yuan digitale, evidenziati durante il terzo Plenum del Comitato centrale del Partito comunista cinese, presieduto dal presidente Xi Jinping.
Il divieto al mining di Bitcoin in Cina non riesce a vietarlo all'atto pratico
Sebbene il divieto al mining di Bitcoin in Cina sia stato ampiamente riportato da quasi tutti i principali organi di informazione nel 2021, non è riuscito a impedirlo nel Paese.
Secondo Daniel Batten, ricercatore ESG di Bitcoin, ciò è dovuto al fatto che il divieto è stato erroneamente presentato come più severo di quanto non fosse in realtà. Egli sostiene che un'analisi più approfondita della sua formulazione suggerisce che la legge in realtà proibisce l'apertura di nuove mining farm e contiene semplicemente una “dichiarazione d'intenti” secondo cui l'attività di mining avrebbe dovuto essere gradualmente eliminata a causa del consumo di elettricità, degli obiettivi climatici e dell'associazione col riciclaggio di denaro sporco.
Non è facile reperire cifre precise e molte sembrano obsolete, ma la maggior parte delle stime suggerisce che la Cina rappresenti ancora almeno un quinto dell'hashrate globale.
Secondo i dati del Center for Alternative Finance dell'Università di Cambridge e della World Population Review, la Cina rappresenta circa il 21,1% del totale, mentre il fondatore di CryptoQuant, Ki Young Ju, ha pubblicato un grafico che mostra che le mining pool cinesi rappresentano il 54% dell'hashrate globale. Non tutti i miner di una pool si trovano in Cina, ha sottolineato, ma ha anche aggiunto: “Alcune mining farm potrebbero ancora operare in segreto in Cina, con le autorità che potrebbero nascondere i dati”.
Despite China's ban on #Bitcoin mining, Chinese mining pools still hold nearly 54% market share.
While not all participants in these pools are Chinese, some mining farms might still be operating covertly in China, with authorities possibly concealing data. https://t.co/OqEYB5R69w pic.twitter.com/JKCvcj2R3X
VPN e app di trading rendono le crittovalute disponibili in Cina
Gli utenti di crittovalute in Cina sono ovviamente a conoscenza dei divieti sul trading, ma trovano modi creativi per aggirarli senza attirare l'attenzione delle autorità.
“La maggior parte dei trader di crittovalute in Cina non parla di queste cose perché sa che la Cina è fatta così”, ha affermato Lowell.
Oggigiorno i canali di trading P2P sono disponibili sui social media o sugli exchange, consentendo agli utenti di acquistare crittovalute con lo yuan tramite bonifici bancari, WeChat Pay, o Alipay, due dei principali sistemi di pagamento del Paese.
OKX e Binance sono due degli exchange più popolari nella rete di Lowell, anche se personalmente preferisce il primo. Come potete vedere nell'immagine qui sotto, Binance offre vendite P2P in yuan nella regione cinese. I due exchange non hanno risposto alla richiesta di commento di Cointelegraph.
Gli utenti hanno la possibilità di selezionare la valuta yuan e la regione cinese nel mercato P2P di Binance.“Posso accedere a queste due app. Uso un iPhone e posso scaricarle dallo store di Hong Kong, o da quello di altri Paesi”, ha affermato Lowell, aggiungendo che le app non sono disponibili sull'App Store continentale di Apple.
L'accesso alle app in Cina è regolato da un ambiente internet più restrittivo rispetto a quello sperimentato dagli utenti al di fuori del Paese. Questo sistema, noto come “Great Firewall”, blocca l'accesso a domini popolari come Google e Facebook, tra molti altri.
Cointelegraph ha contattato una fonte nella Cina continentale per testare l'accesso agli exchange di crittovalute. Il test ha confermato che gli utenti non possono accedere ai siti web di Binance e OKX senza utilizzare VPN. Le applicazioni mobile per questi exchange sono accessibili senza VPN.
Alcuni progetti come MakerDAO impediscono agli utenti di accedere al protocollo tramite VPN, ma ciò avviene principalmente per paura di essere citati in giudizio dalle autorità di regolamentazione statunitensi anziché da quelle cinesi.
Ricerche su VPN in Cina nel tempo. (Google Trends)Wayne Zhao, ex-amministratore delegato della società di analisi TokenInsight con sede a Pechino, si è trasferito a Singapore per avviare il suo progetto DeFi BitU. Afferma che l'utilizzo di una VPN è quasi una seconda natura per gli utenti di Internet della Cina continentale.
“Utilizzare una VPN è una scelta di buon senso per chi vuole visitare Google o YouTube”, afferma Zhao. Lo stesso vale per le piattaforme DeFi.
Per le piattaforme fornire agli utenti l'accesso P2P rappresenta una “zona grigia” che rischia di portare gli enti regolatori a colpirle e a colpire i loro dirigenti, ha dichiarato a Cointelegraph Joshua Chu, co-presidente dell'associazione Hong Kong Web3.
“Ciò potrebbe comportare ingenti spese legali, anche se non sempre si giunge a un procedimento penale, soprattutto una volta entrati in Cina”, ha affermato Chu, citando come esempio la recente detenzione di un dirigente di Binance in Nigeria.
Caccia agli airdrop in Cina
Le negoziazioni di crittovalute in Cina sono limitate alle opzioni P2P, ma non è l'unico modo per ottenere token.
Lowell ha tratto notevoli profitti dagli airdrop, tra cui $50.000 dalla campagna ENA di Ethena e $40.000 da StarkNet.
Secondo almeno tre fonti locali, in Cina la caccia agli airdrop ha raggiunto un livello industriale.
Proprio come il mining di Bitcoin era un tempo accessibile ai privati che utilizzavano i computer portatili nelle loro camere da letto, ma col tempo è diventato un'attività redditizia con aziende che investono in attrezzature professionali e riempiono i magazzini, i cacciatori di airdrop stanno ora investendo in tecnologie e attrezzature avanzate per massimizzare la loro redditività.
La Cina è terza dopo Corea del Sud e Giappone, seguita da Taiwan e Hong Kong. Prima del divieto del 2021, la Cina era leader nel settore per valore ricevuto dalle crittovalute. (Chainalysis)Zhao attribuisce l'aumento degli airdrop all'era del move-to-earn durante la pandemia, resa popolare da StepN, un progetto basato su Solana che premia gli utenti con i suoi token GST per gli spostamenti.
“Quando le persone hanno iniziato a scoprire che è possibile guadagnare soldi con il cellulare, è stato naturale pensare di poterlo fare con centinaia di cellulari contemporaneamente”, ha raccontato Zhao a Cointelegraph.
I cacciatori di airdrop automatizzano le transazioni con bot su protocolli emergenti che ritengono possano pianificare un futuro airdrop, o addirittura le registrano manualmente con più dispositivi.
I protocolli sono a conoscenza del fatto che gli utenti utilizzano bot per automatizzare le transazioni per ottenere i loro airdrop e adottano misure per limitarli.
Ma i cacciatori di airdrop adottano soluzioni creative per aggirare gli ostacoli. Alcuni di essi assumono addirittura studenti per condurre transazioni che replicano i comportamenti organici onchain.
“Il mio amico ha guadagnato molto più di me con gli airdrop perché ha assunto degli studenti universitari per effettuare transazioni per lui”, ci ha raccontato Lowell.
“Avevo circa 30 o 40 account, ma loro ne hanno circa 200”, ha aggiunto.
I trader e le aziende di crittovalute esistono ancora, ma c'è sempre un rischio
Qualsiasi attività nel settore delle crittovalute in Cina comporta sempre il rischio di una chiusura improvvisa.
“È già successo a un mio caro amico”, ci ha raccontato Zhao.
“Ha ricevuto solo un avviso che diceva: ‘Spiacenti, non potete più farlo. Dovete chiudere’, e questo era tutto. Pochi giorni dopo ha dovuto chiudere bottega”.
I trader P2P corrono dei rischi poiché non esiste un intermediario affidabile.
Acquistano crittovalute direttamente da sconosciuti, spesso senza conoscere l'origine degli asset. Questo comporta il rischio di partecipare inconsapevolmente al riciclaggio di denaro sporco, o di essere ritenuti colpevoli per associazione con altre attività illegali.
A causa di tali rischi, Lowell afferma di preferire rivolgersi a conoscenti personali, sebbene questa opzione sia limitata.
“Quando vendo ai miei amici, so che non faranno cose illegali e non verrò arrestata”, ci ha detto.
“Quindi sono disposta a vendere i miei USDT a persone che conosco, ma potrebbero non avere sempre così tanti soldi, quindi devo anche usare gli exchange”.
I piani per la CBDC smentiscono le voci sull'inversione del divieto sulle crittovalute
Winston Ma, professore associato di giurisprudenza alla New York University, ha dichiarato a Cointelegraph che è improbabile che Pechino revochi il divieto alle crittovalute, in quanto intende puntare tutto su una CBDC.
L'anno scorso Pechino ha tenuto la sua terza sessione plenaria, un incontro di alti funzionari del Partito Comunista. L'incontro ha deciso di promuovere il renminbi a livello internazionale, con particolare attenzione allo yuan digitale, come riportato dall'agenzia stampa statale Xinhua.
La Cina considera la sua CBDC l'unica moneta digitale legale, rendendo illegali tutte le altre valute digitali, incluso Bitcoin, come mezzo di pagamento.
“Ci si può aspettare che la banca centrale agisca a pieno ritmo, perché il mandato arriva dal Comitato Centrale. Più autorevole di così non si può”, ha affermato Ma.
Ma afferma anche che il rinnovato slancio per la CBDC cinese punta verso la direzione “completamente opposta” di un'inversione al divieto sulle crittovalute.
I trader locali hanno tutto ciò di cui hanno bisogno
Zhao di BitU ritiene che, nonostante le negoziazioni continuino, la domanda di crittovalute in Cina sia attualmente bassa e poi parla delle performance di trading dei fondi negoziati in borsa (ETF) sulle crittovalute lanciati di recente a Hong Kong.
Ai cittadini cinesi è vietato accedere agli ETF, a meno che non siano in possesso di un permesso di soggiorno temporaneo o permanente.
“Abbiamo visto tutti cosa è successo all'ETF di Hong Kong. Il volume degli scambi è pessimo”, ha affermato Zhao.
“Il motivo è che la maggior parte delle persone nella Cina continentale, o a Hong Kong, che sono disposte ad acquistare Bitcoin, o altre crittovalute, lo hanno già fatto”.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Perché le teorie economiche di Keynes hanno fallito all'atto pratico
La traduzione in italiano dell'opera scritta da Wendy McElroy esplora Bitcoin a 360°, un compendio della sua storia fino ad adesso e la direzione che molto probabilmente prenderà la sua evoluzione nel futuro prossimo. Si parte dalla teoria, soprattutto quella libertaria e Austriaca, e si sonda come essa interagisce con la realtà. Niente utopie, solo la logica esposizione di una tecnologia che si sviluppa insieme alle azioni degli esseri umani. Per questo motivo vengono inserite nell'analisi diversi punti di vista: sociologico, economico, giudiziario, filosofico, politico, psicologico e altri. Una visione e trattazione di Bitcoin come non l'avete mai vista finora, per un asset che non solo promette di rinnovare l'ambito monetario ma che, soprattutto, apre alla possibilità concreta di avere, per la prima volta nella storia umana, una società profondamente e completamente modificabile dal basso verso l'alto.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/perche-le-teorie-economiche-di-keynes)
Un recente post di Daniel Lacalle, intitolato I keynesiani si sono sbagliati sull'economia statunitense... di nuovo, ha evidenziato il crescente divario tra la teoria economica di John Maynard Keynes e la realtà. Nonostante le previsioni fiduciose dei principali economisti keynesiani, l'economia statunitense nel 2025 continua a sfidare le aspettative. Il ciclo di tightening della Federal Reserve non ha innescato il tanto sbandierato “atterraggio duro” e la crescita si è dimostrata più resiliente. Allo stesso tempo l'inflazione rimane piuttosto rigida, ma comunque in calo, e l'economia si rifiuta di seguire i percorsi lineari e ordinati suggeriti dai modelli dei libri di testo.
Quest'ultimo imbarazzo per l'ortodossia di Keynes è parte di una storia molto più ampia. I fallimenti non sono isolati errori di calcolo, ma il risultato prevedibile di un quadro imperfetto a cui i policymaker si sono aggrappati per decenni. L'economia keynesiana non solo ha “sbagliato” nell'inquadrare il 2025, ma ha ripetutamente fallito nel mantenere le sue promesse per oltre quarant'anni. E le conseguenze stanno diventando impossibili da ignorare.
In sostanza, l'economia keynesiana è ingannevolmente semplice: quando la domanda del settore privato diminuisce, lo stato dovrebbe indebitarsi e spendere per colmare il divario. L'idea è che iniezioni temporanee di stimoli fiscali possano attenuare i cicli economici, ridurre la disoccupazione e riportare rapidamente l'economia alla piena capacità.
Ma la parola chiave qui è “temporaneo”. John Maynard Keynes era chiaro: gli stati dovrebbero avere deficit durante le recessioni e surplus durante le espansioni. Il debito contratto per salvare l'economia dovrebbe essere ripagato una volta che le condizioni si saranno normalizzate.
Tuttavia, nella pratica, questa disciplina non si è mai concretizzata. I politici hanno scoperto che gli elettori apprezzavano gli stimoli ma detestavano l'austerità. Dagli anni '70 i deficit sono diventati una caratteristica permanente della politica fiscale statunitense, indipendentemente dal ciclo economico. I risultati sono preoccupanti: il debito pubblico statunitense supera ora il 120% del PIL, i programmi di welfare sono strutturalmente sottofinanziati e ogni crisi richiede interventi più ampi con benefici economici decrescenti.
La pandemia di COVID-19 è stata l'esperimento keynesiano per eccellenza. Tra il 2020 e il 2022 il governo federale ha iniettato oltre $5.000 miliardi in stimoli fiscali nell'economia, integrati dalla Federal Reserve che ha tagliato i tassi di interesse a zero e ha ampliato il proprio bilancio di $120 miliardi al mese. Secondo il modello keynesiano, questo stimolo monetario e fiscale senza precedenti avrebbe dovuto inaugurare un boom economico duraturo.
Il fallimento della crescita artificiale
Tuttavia, come abbiamo osservato nel pezzo MMT Was Tried And Failed, l’enorme flusso di stimoli ha temporaneamente stimolato la crescita economica “portando nel presente” la domanda futura, ma ha anche creato diversi problemi.
Il problema più evidente è stato l'impatto di una domanda in forte aumento su un'economia colpita nell'offerta. Con l'economia “ferma” a causa delle restrizioni imposte dallo stato, l'ondata degli stimoli ha portato a un aumento della domanda. Dato il principio economico di base della differenza tra domanda e offerta, i prezzi sono aumentati. Come previsto, ciò ha portato a un'impennata massiccia dell'inflazione (dato che la maggior parte degli americani ha pagamenti fissi per l'assistenza sanitaria e gli immobili, la terza misura nel grafico qui sotto mostra qual è il costo della vita per la maggior parte ogni mese.)Fondamentalmente l'inflazione, escludendo i settori immobiliare e sanitario, è salita a quasi il 12% durante l'ondata di spesa alimentata dagli stimoli fiscali. Tuttavia, oggi, con il rallentamento dell'economia e il progressivo indebolimento di tali stimoli, il tasso di inflazione è sceso ad appena l'1,61%.
In secondo luogo il “boom economico” creato dallo stimolo della domanda continua a svanire, mentre l'economia si normalizza lentamente tornando a circa $3,50 di debito per generare $1 di attività economica. Dopo i lockdown l'economia ha raggiunto livelli senza precedenti, avvicinandosi al 17,5% di crescita nominale. In un'economia bloccata il sottoprodotto di tutta quella domanda è stato un'impennata dell'inflazione ai massimi degli ultimi 40 anni, con un picco superiore al 9% nel 2022. Cinque anni dopo l'inflazione continua a scendere verso l'obiettivo del 2% della FED, ma rimane stabile poiché i residui degli stimoli monetari e fiscali continuano a fluire attraverso il sistema.
La trasmissione interrotta della politica monetaria
Un ulteriore fallimento della politica keynesiana moderna è la sua eccessiva dipendenza dalle banche centrali. Attraverso tagli dei tassi e allentamento quantitativo (QE), lo stimolo monetario è diventato la soluzione ideale per qualsiasi rallentamento economico. Ciononostante il meccanismo di trasmissione tra politica monetaria e attività economica reale si è rotto. Gli interventi artificiali e la MMT non hanno funzionato nella realtà perché il sistema di trasmissione sottostante non funzionava.
La promessa di qualcosa in cambio di niente non perderà mai il suo fascino, quindi la MMT dovrebbe essere vista come una forma di propaganda politica piuttosto che come una vera linea di politica economica o pubblica. E come ogni propaganda, dobbiamo combatterla con appelli alla realtà. La MMT, dove i deficit non contano, è un luogo irreale.Nel frattempo la velocità della moneta, ovvero il ritmo al quale il denaro passa di mano nell'economia, pur riprendendosi in parte dalla crisi economica, continua a mostrare un andamento decrescente. In altre parole la FED può iniettare liquidità, ma non riesce a farla circolare in modo produttivo. L'andamento della velocità non offre prospettive incoraggianti per la crescita del PIL.
Se prendiamo in considerazione l'indebolimento dei tassi di crescita economica e il conseguente calo dell'inflazione, riflesso diretto dell'indebolimento della domanda dei consumatori, le banche hanno pochi incentivi ad ampliare i prestiti ai tassi attuali, soprattutto in un contesto di normative più severe e scarsa qualità del credito.
Un problema fondamentale è che i modelli keynesiani presuppongono una relazione lineare di causa-effetto tra spesa pubblica e produzione economica. Si concentrano quasi esclusivamente sulla domanda aggregata, trascurando dinamiche critiche come la saturazione del debito, le fragilità delle catene di approvvigionamento e i circuiti di feedback dei mercati dei capitali globali.
Nell'economia odierna, altamente finanziarizzata, la spesa pubblica non circola in modo efficiente. Come già notato, gran parte di essa rimane intrappolata nei mercati finanziari, gonfiando i prezzi degli asset anziché stimolare gli investimenti produttivi. I tassi di interesse estremamente bassi, un altro segno distintivo della politica keynesiana, scoraggiano il risparmio e incoraggiano la speculazione alimentata dal debito. Ciò distorce l'allocazione del capitale, causando investimenti impropri in asset improduttivi come azioni meme, immobili speculativi e iniziative tecnologiche non redditizie. La maggior parte dei benefici rimane intrappolata nel 10% più ricco dell'economia, il quale detiene circa l'88% degli asset finanziari al netto dell'inflazione.
In altre parole i ricchi trattengono le iniezioni monetarie, mentre l'inflazione tassa i poveri.
Lacalle ha evidenziato questa discrepanza tra le teorie di Keynes e la realtà economica: molti economisti mainstream hanno ripetutamente previsto una recessione nel 2023-2024 che non si è mai verificata, hanno sottovalutato la persistenza dell'inflazione e hanno interpretato male l'impatto della stretta fiscale. Questi errori di previsione mettono in luce difetti più profondi nel modo in cui i keynesiani modellano l'economia moderna.
Gli avvertimenti di Hayek si sono rivelati profetici
La Scuola economica Austriaca, in particolare le idee di Friedrich Hayek, contrastano nettamente con il pensiero keynesiano. Gli economisti Austriaci ritengono che un periodo prolungato di bassi tassi di interesse e di eccessiva creazione di credito crei un pericoloso squilibrio tra risparmio e investimento. In altre parole i bassi tassi di interesse tendono a stimolare l'indebitamento presso il sistema bancario, il che porta, come ci si aspetterebbe, all'espansione del credito. Questa espansione del credito, a sua volta, aumenta l'offerta di moneta.
Pertanto, come ci si aspetterebbe in ultima analisi, il boom generato dal credito artificiale diventa insostenibile, poiché l'indebitamento stimolato artificialmente cerca opportunità di investimento in diminuzione. Infine il boom generato dal credito artificiale si traduce in investimenti improduttivi. Quando la creazione esponenziale di credito artificiale non è più sostenibile, si verifica una “contrazione del credito”, che in ultima analisi riduce l'offerta di moneta. I mercati alla fine “si svuotano”, il che determina una riallocazione delle risorse verso impieghi più efficienti.
I politici moderni si rifiutano di consentire questo processo naturale. Ogni recessione si traduce in stimoli più aggressivi, i quali non fanno altro che ritardare le necessarie correzioni. Il risultato è stato un inarrestabile accumulo di squilibri economici. Le imprese inefficienti sopravvivono grazie al debito a basso costo, le aziende zombi proliferano e l'innovazione ne risente. Ogni espansione economica è più debole della precedente e ogni ripresa dipende da interventi più incisivi per restare in atto.
Forse il più grande equivoco perpetuato dagli economisti keynesiani è che gli stimoli finanziati dal debito siano un pasto gratis. In realtà il servizio del debito e l'aumento dei costi di servizio del debito diventano un significativo ostacolo economico. Il Congressional Budget Office prevede che il pagamento degli interessi negli Stati Uniti supererà la spesa per la difesa nazionale nei prossimi anni e si avvicinerà a $1.500 miliardi all'anno entro il 2030. Naturalmente questo presuppone che i tassi rimangano ai livelli attuali. La prossima crisi, che è diventata più comune dall'inizio del secolo, abbasserà significativamente i tassi. Come già mostrato, una riduzione dei tassi dell'1% avrebbe un impatto significativo sulle passività future.
Non si tratta solo di una questione fiscale, ma di un freno macroeconomico. Spendere dollari per pagare gli interessi li devia da infrastrutture, istruzione, o investimenti produttivi. Peggio ancora, l'aumento del debito spiazza gli investimenti privati, distorce i mercati dei capitali e riduce la flessibilità necessaria per rispondere a crisi future.
Conclusione: la teoria economica di Keynes ha fallito
Negli ultimi 40 anni ciascuna amministrazione e la Federal Reserve hanno continuato ad operare secondo le politiche monetarie e fiscali di Keynes, convinti che il modello funzionasse. La realtà, tuttavia, è che la maggior parte della crescita aggregata dell'economia è finanziata dalla spesa in deficit, dall'espansione del credito e dalla riduzione del risparmio.
Ciò ha ridotto gli investimenti produttivi e ha rallentato la produzione economica. Con il rallentamento dell'economia e la diminuzione dei salari, i consumatori hanno contratto maggiore indebitamento, riducendo i risparmi. Il risultato dell'aumento dell'indebitamento ha richiesto un reddito maggiore per onorare i debiti, anziché alimentare un aumento dei consumi.
In secondo luogo, la maggior parte dei programmi di spesa pubblica ridistribuisce il reddito dai lavoratori ai disoccupati. Gli economisti keynesiani sostengono che ciò aumenta il benessere di molti colpiti dalla recessione, ma i loro modelli ignorano che la riduzione della produttività genera uno spostamento di risorse verso la redistribuzione e lontano dagli investimenti produttivi.
Tutti questi problemi hanno pesato sulla prosperità complessiva dell'economia. Ciò che è più significativo è l'incapacità degli attuali economisti, che ancora sostengono le politiche monetarie e fiscali sopraccitate, di rendersi conto del guaio quando cercano di “risolvere un problema di debito con altro debito”.
Ecco perché le politiche economiche di Keynes hanno fallito, dal “Cash for clunkers” al “Quantitative easing”. Ogni intervento ha portato nel presente i consumi futuri o stimolato i mercati finanziari. Promuovere i consumi futuri lascia un “vuoto” nel futuro che deve essere continuamente colmato. Tuttavia creare un effetto ricchezza artificiale riduce i risparmi, che invece potrebbero essere utilizzati per investimenti produttivi.
È tempo di svegliarci e di renderci conto che siamo sulla stessa barca.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Adam Smith sul senso del dovere e “la grande divisione” dello spirito umano
La traduzione in italiano dell'opera scritta da Wendy McElroy esplora Bitcoin a 360°, un compendio della sua storia fino ad adesso e la direzione che molto probabilmente prenderà la sua evoluzione nel futuro prossimo. Si parte dalla teoria, soprattutto quella libertaria e Austriaca, e si sonda come essa interagisce con la realtà. Niente utopie, solo la logica esposizione di una tecnologia che si sviluppa insieme alle azioni degli esseri umani. Per questo motivo vengono inserite nell'analisi diversi punti di vista: sociologico, economico, giudiziario, filosofico, politico, psicologico e altri. Una visione e trattazione di Bitcoin come non l'avete mai vista finora, per un asset che non solo promette di rinnovare l'ambito monetario ma che, soprattutto, apre alla possibilità concreta di avere, per la prima volta nella storia umana, una società profondamente e completamente modificabile dal basso verso l'alto.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/adam-smith-sul-senso-del-dovere-e)
Ichiro Suzuki è stato inserito nella Baseball Hall of Fame quest'estate. Con il suo controllo di mazza pressoché ineguagliabile, Ichiro ha collezionato dieci stagioni consecutive con più di 200 hit validi e il record stagionale di 262 hit validi.
Il discorso di accettazione di Ichiro nella Baseball Hall of Fame era incentrato sul suo dovere nei confronti dei tifosi e dei compagni di squadra: “Quando i tifosi usano il loro tempo prezioso per venire a vederti giocare, hai la responsabilità di dare il massimo per loro, che vinciamo o perdiamo con 10 punti di scarto”.
Se si ascolta la maggior parte degli atleti moderni, si notano subito cliché facilmente falsificabili sulla fiducia in sé stessi come chiave del successo. Meno persone parlano dei propri doveri e responsabilità.
Ichiro sottolineava che le sue “abilità” non erano “migliori di quelle degli altri”. Al contrario, era sul palco perché “la pratica e la preparazione quotidiane”, insieme alla volontà di prestare attenzione ai “piccoli dettagli”, sono state il “fondamento” del suo “successo”. Ichiro incarnava non solo la ricerca moderna sul ruolo della pratica, ma anche ciò che Adam Smith, nel suo The Theory of Moral Sentimets, identificava come il desiderio di “lode” rispetto al mero desiderio di “lode”.
Smith sosteneva che, mentre un applauso immeritato può deliziare una persona debole, una persona saggia cerca di guadagnarselo. La lode falsa, scriveva Smith, “dovrebbe essere più mortificante di qualsiasi censura e dovrebbe evocare perpetuamente nella nostra mente la più umiliante di tutte le riflessioni, il riflesso di ciò che dovremmo essere, ma di ciò che non siamo”. Se pensate che influencer, figli nepo, o persone che hanno ottenuto il loro lavoro grazie ai criteri DEI, abbiano una vita felice, Smith potrebbe non essere d'accordo: “Solo i più deboli e superficiali tra gli uomini possono essere deliziati da quella lode che loro stessi sanno essere del tutto immeritata”.
Il miglior consiglio di Ichiro era di non attribuire mai il controllo di sé stessi a forze esterne. I lanciatori non ti battono, piuttosto, pensava, “è perché c'era qualcosa che avresti potuto fare meglio assumendoti le tue responsabilità”. Questa convinzione ha portato Ichiro al costante impegno di migliorare; ha concluso la sua carriera come uno dei soli 33 giocatori nella storia con oltre 3.000 hit validi.
Adam Smith vorrebbe farci sapere che la stessa mentalità che Ichiro ha applicato alla sua carriera vale per tutti gli individui. Smith ci ha lasciato una guida per diventare più rispettosi del senso del dovere e meno influenzati dalle nostre emozioni. Possiamo scegliere attivamente di uscire dalla narrativa distorta che si agita nella nostra testa, che giustifica sempre ciò che facciamo.
Smith ci ha consigliato di rivolgerci allo “spettatore imparziale” che è in noi: “Non potremo mai esaminare i nostri sentimenti e le nostre motivazioni, non potremo mai formulare alcun giudizio su di essi, a meno che non ci allontaniamo, per così dire, dalla nostra posizione naturale e non ci sforziamo di vederli a una certa distanza da noi”.
Non si trattava di un mero esercizio accademico; Smith voleva che fossimo in trincea, a mettere in pratica ciò che contempliamo: “La speculazione più sublime del filosofo contemplativo difficilmente può compensare la negligenza del più piccolo senso del dovere”.
Il senso del dovere ci garantisce di poter lavorare tutti insieme in modo stabile e prevedibile, anche quando i nostri sentimenti personali prendono il sopravvento. Possiamo rispettare le regole morali generali, anche quando sentimenti personali che migliorano la vita, come l'onestà, la gratitudine o la gentilezza, sembrano essere assenti.
Se pensate che Adam Smith sostenesse l'idea di un individuo che rivendica il proprio interesse personale, definito dalle proprie passioni, contro il resto del mondo, probabilmente non l'avete mai letto. Smith era chiaro: “La grande divisione dei nostri affetti è tra egoismo e benevolenza”, e dobbiamo domare il nostro lato egoistico.
L'idea di senso del dovere di Smith era convincente e diretta. In primo luogo ci spiegava che l'umanità “è fatta per l'azione [...] per promuovere, attraverso l'esercizio delle [nostre] facoltà [...] cambiamenti nelle circostanze esterne, sia [nostre] che degli altri”.
Poi ci chiedeva di onorare il nostro scopo in modo da “poter evocare tutto il vigore della [nostra] anima e tendere ogni nervo, al fine di produrre quegli obiettivi che sono lo scopo del [nostro] essere”.
Smith ci spiegava che diventiamo degni di lode seguendo “regole generali di condotta” che chiamava “un senso del dovere, un principio di massima importanza nella vita umana e l’unico principio in base al quale la maggior parte dell’umanità è in grado di dirigere le proprie azioni”.
Le nostre buone intenzioni sono insufficienti e non adempiono al nostro senso del dovere. Smith scrisse che alla persona “che non ha compiuto alcuna azione importante”, ma che esprime “i sentimenti più giusti, più nobili e più generosi”, non è dovuto nulla.
Smith ci forniva una scheda di valutazione per distinguere coloro che sono degni della nostra ammirazione da coloro che, per mancanza di autocontrollo, sono “inutili”.
Quando scegliamo di essere persone senza valore, siamo in balia dei nostri sentimenti. Non credo che questo prevalga sul nostro senso del dovere. Smith scrisse che la persona affidabile e di sani principi “aderisce, in ogni occasione, con fermezza e risolutezza alle sue massime”. Ichiro l'ha vissuto in prima persona, senza mai vacillare fino all'ultima stagione. Questa adesione al proprio senso del dovere è esattamente ciò che, secondo Smith, distingue una persona d'onore da chi “agisce in modo vario e casuale, a seconda che l'umore, l'inclinazione o l'interesse prevalgano”.
Potete guardare il football per otto ore in una splendida giornata autunnale invece di lanciare la palla a vostro figlio; potete provare soddisfazione nel rimproverare un collega perché non la vede come voi; potete pensare che Curb Your Enthusiasm sia una guida alla vita e serbare rancore perché qualcuno ha violato una regola che vi siete inventati; potete guardare l'ennesima serie TV ininterrottamente invece di coltivare la vostra mente per preservare la libertà. Con tali azioni Smith direbbe che avete scelto di essere inutili e vorrebbe che prendeste in considerazione una scelta diversa.
È l'“autocontrollo” che ci permette di dedicarci al nostro senso del dovere e di non scegliere la via dell'inutilità. Smith sapeva che siamo “argilla grezza” che non potrà mai raggiungere la perfezione, ciononostante definisce la persona di “perfetta virtù”, “l'oggetto del nostro più alto amore e ammirazione” come “colui che unisce, al più perfetto controllo dei propri sentimenti originali ed egoistici, la più squisita sensibilità sia per i sentimenti suoi che per quelli altrui”.
Invito il lettore a fare proprio questo: prendetevi un momento e riflettete su un problema attuale che sta creando ansia e conflitto; prestate attenzione alla narrazione interiore che spiega il problema dal vostro punto di vista. Se riuscite a notarla, potete anche distogliere l'attenzione dalle vostre autogiustificazioni. Mentre lo fate, notate se emerge un'altra prospettiva che vi richiama al vostro dovere.
Probabilmente Ichiro non ha mai letto Adam Smith, ma capiva che la sua vita non consisteva semplicemente nel mettersi a proprio agio. Nella performance di Ichiro, vediamo le possibilità di migliorare le nostre prestazioni nelle imprese della vita quando diamo retta al nostro senso del dovere. L'assenza di scopo che molti hanno adottato, sostiene il filosofo Bernardo Kastrup, è un modo per “liberarci da qualsiasi spiacevole sensazione di responsabilità o dovere”. Per coloro che non hanno uno scopo, il senso del dovere migliorerebbe immediatamente la loro vita.
C'è in gioco più di quanto possiamo immaginare. Smith ci aiutava a comprendere che la civiltà progredisce, o regredisce, a seconda della nostra adesione al senso del dovere e della nostra volontà di ignorare i sentimenti transitori, allontanandoci dalle passioni che distruggono la società: “L'esistenza stessa della società umana [...] crollerebbe” se perdessimo il senso del dovere e scivolassimo nell'inutilità come impostazione predefinita della nostra vita.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Here Comes The $12 Billion Farm Aid Bill – Is There A Better Way?
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‘Fourth Reich’: Musk Strikes Back At EU ‘Tyrants’ After X Fine
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Chancellor Friedrich Merz has filed more speech crime charges against detractors than anyone else in the history of the Federal Republic
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Trump’s Henchmen Keep Calling Their War Slut President A Peacemaker
Writes Bill Madde:
I keep thinking of the look of anguish on Candidate Trump’s face when he promised to end our war with Russia in Ukraine and the Israeli slaughter of the Palestinians in Gaza prior to the 11/25 elections. He really feigned sympathy for those being killed with our financial and military support. Now, however, President Trump is a totally different person. Killing is fine as long as he thinks that he’s selling the murder to the masses with B.S. justifications.
Maybe a good presidential ticket for 2028 would include either or both Congressman Massie and Congresswoman Greene although our controllers would probably take extreme action to guarantee that it never happens. Our controllers, the financial benefactors of most of our Washington politicians and the major owners of Corporate America, lose control and profits when America First, pro-Constitution politicians gain influence. And, after all, it is all about money and power.
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