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Lasciate fare a Bitcoin

Freedonia - Gio, 21/03/2024 - 11:11

 

 

da Zerohedge

“Lasciatelo fare” è l'espressione che ultimamente usano tutti gli sbarbatelli impertinenti per descrivere qualcuno o qualcosa che non dovrebbe essere interrotto, perché in movimento.

Sappiamo tutti che è stata una settimana mozzafiato per Bitcoin, il quale è salito ben oltre il 20% nel giro di pochi giorni.

Questi movimenti hanno suscitato ancor più interesse per suddetto asset rispetto al lancio degli ETF. Diavolo, anche Morgan Stanley è uscita allo scoperto questa settimana e ha detto che sta pensando di gettarsi sul ring e lanciare un proprio fondo su Bitcoin.

Ho ricevuto numerose telefonate e messaggi e non sono nemmeno un membro di spicco della comunità, né un noto toro di Bitcoin. E quindi non riesco nemmeno a immaginare l’interesse con cui sono stati sommersi massimalisti e sostenitori di lunga data.

Indubbiamente è emozionante, e non riesco nemmeno a immaginare quanto tempo le persone abbiano aspettato per assaporare questo momento, dopo anni di abusi da parte di familiari e disinformati, come me, nonché dubbi generali sull'asset. Ma se c’è una piccola lezione che ho imparato da decenni nei mercati dei capitali, e che credo si possa estendere a tutte le classi di asset, è quella di festeggiare con modestia e prepararsi al peggio.

Potrebbe sembrare la cosa più lontana dalla mente delle persone adesso, ma per me è sempre stato il modo migliore per assaporare il successo. Molte persone che hanno ascoltato il podcast che ho fatto un paio di settimane fa con Peter McCormack sanno che sono state l'arroganza e la superbia ad allontanarmi da Bitcoin all'inizio. Forse è colpa mia se non ho una mente sufficientemente aperta e non ci metto abbastanza del mio: è un errore che mi ha fatto perdere grandi guadagni. Ma oggi parlo come una delle persone che vedono Bitcoin come un successo a lungo termine e sono sinceramente entusiaste di entrare a far parte di tale mondo.

Il mio feed Twitter nell'ultima settimana è stato pieno di persone che festeggiavano trionfalmente, si vantavano e lanciavano strali contro coloro che dubitavano che il prezzo sarebbe mai salito di nuovo. Ecco un esempio: James Lavish, che conosco abbastanza bene da sapere che non gli dispiacerà se lo uso come campione perché sa che lo rispetto da morire.

If you’re a Vanguard advisor, your company protected your clients from a 50% gain in a month in the #Bitcoin ETFs. What would your clients do without you?

— James Lavish (@jameslavish) February 29, 2024

James ha ragione? Si. Potrebbe finire per avere ragione anche tra 50 anni? Sì, potrebbe. Ma è karmicamente corretto pungolare un orso da $7.700 miliardi? Secondo me, no. Preferirei semplicemente assaporare in silenzio la soddisfazione del momento.

Tutti hanno il diritto di celebrare questa azione di prezzo come preferiscono, ma quello che suggerisco oggi è che, dal punto di vista karmico e psicologico, meno si forza la questione e più umiltà si mostra, più Bitcoin si diffonderà nel resto del mondo in modo uniforme e coerente.

Pensate a questo: festeggiare per aver guadagnato una somma esorbitante di denaro o twittare rabbiosamente il vostro successo non porterà altro che due cose.

  1. Allontanerà le persone come me che pensano che un tale comportamento sia generalmente sinonimo di frode;
  2. Entusiasmerà gli investitori con una sofisticatezza inferiore alla media in cerca di ricchezze veloci e non saranno le mani salde di cui Bitcoin ha bisogno per diventare un successo definitivo.

Quello che sto cercando di dire è di lasciar fare ai mezzi d'informazione quello che sanno fare (generalmente essere inutili e inseguire le storie molto tempo dopo che sono accadute) e lasciare che le persone arrivino alla propria consapevolezza di Bitcoin nello stesso modo in cui ho fatto io: da solo, una volta che non mi sono più sentito soffocato dall'insistenza delle fonti esterne.

Il mio interesse in Bitcoin, in particolare quest'anno, è stato del tutto organico: la copertura giornalistica si era attenuata e avevo bloccato un numero sufficiente di persone che lo pubblicizzavano in modo forsennato, affinché potessi avere un po' di chiarezza e una certa tranquillità al riguardo. È stato così che mi sono seduto a studiare come funzionava, seriamente, per la prima volta in assoluto; è stata questa calma, rilassatezza, tabula rasa che mi hanno permesso di cogliere i concetti relativamente complessi di come funzionava e di crederci come faccio adesso.

Penso che, vista la settimana astronomica che abbiamo appena trascorso, sarebbe meglio “comportarci come se avessimo già visto questo film” e ricordare che a volte più si spinge un'idea, più le persone sono inclini a resistervi soprattutto quando si abbaia contro di esse e le si schernisce. Se Bitcoin avesse una capitalizzazione di mercato da $50.000 miliardi sarebbe una storia diversa, ma siamo ancora nelle fasi iniziali di questo corteggiamento con il resto del mondo e, come ogni buona relazione o amicizia, ci dev'essere un genuino interesse organico. Tutti coloro che in passato sono stati soffocati da un partner o da un amico sanno che ciò non fa altro che creare distorsioni e dinamiche malsane. Cose così delicate non possono essere forzate, ma piuttosto accettate volontariamente come un respiro profondo, lento e deciso.

Questo non vuol dire che non credo che questa settimana sia l'inizio di un'adozione molto più ampia che probabilmente farà salire ulteriormente il prezzo di Bitcoin. Come ho detto nel podcast summenzionato, credo che ci sia almeno uno, se non diversi, stati-nazione che stanno cercando d'inserire Bitcoin nei loro bilanci sovrani, e che questo darà il via a un periodo di Teoria dei giochi negli asset digitali mai visti prima d'ora. Pochi giorni dopo averlo detto, Edward Snowden è uscito allo scoperto e ha scritto la stessa cosa.

Prediction: A national government will be revealed this year to have been buying Bitcoin—the modern replacement for monetary gold—without having disclosed that fact publicly.

— Edward Snowden (@Snowden) February 28, 2024

Ma in tutta serietà, sappiamo cosa accadrà se il prezzo continuerà a salire: l'entusiasmo continuerà a volare e le persone matureranno lo stesso scetticismo che io ho impiegato un decennio a scrollarmi di dosso. Ma se me lo chiedete, soprattutto considerando il fatto che sappiamo tutti quanto velocemente i movimenti dei prezzi possano spegnere l'entusiasmo, penso che la comunità farebbe bene a concentrarsi meno sull’aumento del prezzo e più su come spiegare chiaramente e comunicare la trasformazione che si sta svolgendo davanti ai nostri occhi in modo calmo, misurato ed esauriente.

Dopo tutto, con quali persone si vuole affrontare il prossimo ribasso del 20%: maniaci non sofisticati, o investitori misurati che già conoscono e si aspettano la volatilità?

E più tempo dedichiamo a stabilire aspettative ragionevoli che Bitcoin può facilmente superare, invece di fare promesse campate in aria e non offrire risultati soddisfacenti, meno tempo avremo per vantarci di avere ragione. Il viaggio è la ricompensa. Oppure, come dice la Bibbia:

“Quando arriva l'orgoglio, poi arriva la disgrazia, ma con l'umiltà arriva la saggezza”

Proverbi 11:2

Ma penso che se Gesù fosse qui oggi, ci direbbe semplicemente di “lasciar fare a Bitcoin”.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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L’Europa va nel panico mentre Trump risorge dalla tomba politica

Freedonia - Mer, 20/03/2024 - 11:04

 

 

di Tom Luongo

Nelle ultime due settimane sono accadute cose sfiziose: tutto è iniziato con la sentenza per 9-0 da parte della Corte Suprema degli Stati Uniti contro l'utilizzo del 14° emendamento per punire gli oppositori politici. Poi la Malvagia Strega di Kiev, Victoria Nuland, è stata costretta a lasciare il Dipartimento di Stato dopo decenni trascorsi a torturare il mondo con la sua psicopatia.

Poi Donald Trump ha praticamente rimandato a casa Nikki Haley.

Infine il presidente francese Emmanuel Macron, da illusionista quale è, ha fatto capire al mondo che la NATO sarebbe pronta e disposta a inviare truppe in Ucraina. Le truppe di chi? Non quelle francesi, che a questo punto sono buone solo per “fare un safari nell'Africa settentrionale”, secondo il colonnello Doug MacGregor.

Non le navi britanniche, che sembrano non riuscire nemmeno a lasciare i loro porti. Ho come l'impressione che ci sia una sorta di filo conduttore tra i fallimenti della compagnia aerea Boeing e quelli della marina britannica... ma forse potrei apparire fin troppo complottista.

*bong*

No, la risposta è sempre stata che dovevano essere le truppe statunitensi in Europa a combattere la guerra europea che tutti volevano – il Regno Unito, la cricca di Davos e i loro burocrati nell’UE, e i neoconservatori statunitensi – per dissanguare la Russia.

Ovviamente le cose non sono andate secondo i piani ed è l’Ucraina a trovarsi in gravi difficoltà. A dire il vero le scorte dell’Ucraina sono state molto scarse da quando è iniziata la guerra, due anni fa, e in fin dei conti è sempre stata in gravi difficoltà.

E questo ha portato alla situazione che vediamo ora: il sostegno degli Stati Uniti al Progetto Ucraina sta per finire, se non è già finito; il panico in Europa è palpabile.

Tutto ciò era prevedibile se si accettava il quadro secondo cui c’era una divisione al vertice della gerarchia statunitense: una fazione si è impegnata nella visione del futuro disegnata dalla cricca di Davos (la quale implicava Stati Uniti compiacenti, persino sconfitti) e un’altra che ha alzato le barricate e ha detto: “Non penso proprio”.

La proverbiale scritta sul muro era evidente circa otto mesi fa, quando il vertice della NATO a Vilnius si è concluso con le lamentele dell’allora ministro della Difesa britannico, Ben Wallace, il quale avrebbe dovuto sostituire Jens Stoltenberg come segretario generale della NATO e invece è stato scartato nientemeno che da Joe Biden.

Dopodiché non si è più parlato per davvero dell’adesione dell’Ucraina alla NATO. Zelensky è tornato a Kiev a mani vuote dopo che neanche Biden gli ha dato nulla. Poi, a ottobre, il presidente della Camera degli Stati Uniti, Kevin McCarthy, è stato estromesso da un colpo di stato da parte di Matt Gaetz e di una manciata di sostenitori repubblicani della rettitudine fiscale.

Hanno immediatamente convinto il nuovo presidente, Mike Johnson, a contingentare tutti gli ulteriori finanziamenti per gli aiuti esteri e a dirottare i dollari per la sicurezza dei confini nazionali.

E da allora Biden è stato costretto a cercare sotto i divani del Pentagono qualche milione di riserva da inviare in Ucraina. Ne ha trovati 300 l'altro giorno. Per quanto brutte siano le cose, il fatto che la cifra finisca “-oni” anziché con “-ardi” può essere considerata una vittoria.

Il Senato ha cercato di ricattare Johnson con il suo ridicolo disegno di legge che prevedeva aiuti per $95 miliardi e Johnson ha semplicemente “spinto” Chuck Schumer a chiedere una pausa di due settimane. Ora il meglio in cui possono sperare è una cifra più piccola con un contingente di prestiti non destinati agli “aiuti umanitari” – un eufemismo per foderare le tasche.

E nonostante le sue mosse nei confronti dei guerrafondai al Senato, Johnson sta ancora utilizzando gli aiuti all’Ucraina come mezzo per promuovere le riforme dei finanziamenti interni. Ogni giorno in cui si discute su queste cose è un altro giorno che fa scadere il tempo del Progetto Ucraina mentre le forze russe conquistano quotidianamente città e villaggi nel Donbass occidentale.

Ancora una volta, non si tratta di una soluzione ideale, nemmeno con uno sforzo d'immaginazione, ma comunque di una vittoria di Pirro.

Questa è la situazione dopo la scorsa settimana ed è molto migliore rispetto all'inizio dell'anno, poiché questi soldi erano già attesi sei mesi fa.

Ha messo l’Europa nella posizione di rimuovere completamente la maschera: mentre gli Stati Uniti continuano lentamente ad allontanarsi dall’Ucraina, le richieste dell’UE affinché l’America mantenga la rotta si fanno sempre più forti e stridenti.

Ricordate che nel 2022-2023, quando sembrava che gli Stati Uniti fossero determinati ad andare avanti in Ucraina, i leader europei come Macron e altri erano più cauti. Facevano finta di preoccuparsi dei pericoli insiti in un'escalation in Ucraina. Parevano quelli moderati nella stanza della guerra, mentre continuavano a inviare miliardi in aiuti e armi, costringendo tutti a conformarsi.

Il vero evento che ha fatto cadere la maschera dell’Europa in questa guerra è stata la minaccia all’ungherese Viktor Orban di completa devastazione economica se non avesse permesso che il loro pacchetto di aiuti da $50 miliardi passasse al Consiglio Europeo.

Ora che tutti i piani militari della Nuland sono falliti, l’esercito ucraino è stato distrutto per la terza volta e tutti i loro tentativi d'indebolire gli Stati Uniti, giuridicamente ed economicamente (Powell deve invertire la rotta!), sono falliti, l’Europa si ritrova nel panico.

Come suggeriscono sondaggi su sondaggi Trump tornerà alla Casa Bianca a gennaio e ha in programma di porre fine rapidamente agli omicidi e agli altri imbrogli in Ucraina. Orban sta agendo come la voce della ragione di Trump sia nei confronti dell’Europa orientale che della stessa Russia:

Orban, che ha parlato con Trump venerdì nella tenuta di Mar-a-Lago in Florida, non ha spiegato come avrebbe dovuto farlo, ma ha detto che il taglio del flusso di aiuti statunitensi è una parte cruciale del piano.

“Se gli Stati Uniti non forniranno i soldi, gli europei da soli non saranno in grado di finanziare questa guerra, e allora finirà”, ha  detto Orban domenica in un'intervista all'emittente M1.

Durante la sua presidenza Trump si era dimostrato “un uomo di pace”,  ha affermato il leader ungherese. Ha aggiunto poi che questa posizione lo colloca in linea con l’Ungheria, a differenza dell’amministrazione dell'attuale presidente americano, Joe Biden, e di molti membri dell’UE.

“Il governo democratico in carica negli USA e la leadership dell’UE, così come la leadership dei più grandi stati membri dell’UE, sono governi favorevoli alla guerra. Donald Trump è a favore della pace, l’Ungheria è a favore della pace. Alla base di tutto c’è questa differenza”,  ha dichiarato Orban.

Trump è molte cose, ma non è un idiota quando si tratta di soldi. Tagliate il flusso di fondi e metterete fine alla guerra. Il jolly è il sequestro degli asset monetari della Russia all'estero, la cosa più stupida che tutte queste persone potrebbero fare. Per questo non stanno zitti su questo tema.

Da parte sua, Putin ha chiuso con l’attuale regime nell’UE, così come ha chiuso con la giunta Biden negli Stati Uniti. Ha provato a ragionare con loro e tutto ciò che sentiamo è il vetriolo più esagerato dei soliti sospetti, come Macron.

Putin capisce che l’unica diplomazia potrà essere quella con la pistola puntata, oppure nessuna diplomazia. E se l’Ucraina intende intensificare l’azione per conto dell’Europa e attaccare le infrastrutture critiche all’interno della Russia, si toglierà definitivamente i guanti piuttosto che limitarsi a bombardare a tappeto la linea di contatto.

Vi ho detto l’anno scorso che, qualunque cosa pensi l’Occidente, non ci sarà “Nessuna tregua nell'Heartland”. E il modo in cui la Russia poteva battere l’Occidente in Ucraina era continuare a fargli credere di avere una possibilità di vincere, lasciando solo la speranza sufficiente affinché l’Occidente continuasse a incanalare miliardi in un mattatoio.

Ma, a prescindere da tutto ciò, non ci sarà alcuna tregua nell’Heartland. La Russia non si tirerà indietro. La Cina la sosterrà fino alla fine, così come l’OPEC+ e il resto dell’Asia centrale. Non intensificheranno le ostilità di un centimetro oltre il necessario. Permettere all’Occidente di continuare a pensare di poter vincere è la strategia definitiva per sconfiggere un avversario superiore.

E anche se l’Ucraina finisse per essere un tritacarne decennale senza un chiaro vincitore, servirà ogni giorno come avvertimento al resto dell’Asia che non si può tornare indietro e che il loro futuro è migliore con i vicini piuttosto che accettare tangenti per restare viceré sul libro paga dell’Occidente.

Demoni senz'anima come David Cameron e Lindsey Graham pensano che questo sia denaro ben speso, uccidendo russi senza che vengano sacrificate vite europee o americane.

Immagino che neanche gli slavi siano persone.

E odio essere portatore di cattive notizie, ma è esattamente quello che è successo: la Russia ha scaraventato l'Europa nel calderone, che ora assomiglia sempre più a un buco nero politico ed economico. E siamo ben oltre l'orizzonte degli eventi.

Ciò che ha fatto non ha lasciato al mondo alcun dubbio su quale sia il vero programma dietro questa guerra: ha ben poco a che fare con la stessa Russia.

La vera agenda è preservare il modello di business colonialista della vecchia Europa e della Gran Bretagna nel quale gli Stati Uniti sono stati indotti a credere che fossero partner alla pari. Chiaramente non siamo nelle loro teste.

Se ho capito qualcosa negli ultimi anni occupandomi di geopolitica è che ogni volta che pensate di comprendere gli imperativi dietro gli eventi attuali, un altro strato viene rimosso per rivelare una verità ancora più profonda.

E oggi la verità più profonda è che questa è la guerra dell’Europa contro la Russia perché con una vittoria russa in Ucraina essa finirebbe alla mercé di tutti i principali produttori di energia del mondo: Stati Uniti, Russia, Medio Oriente. Non si tratta dell’aggressione della Russia o del ridisegno dei confini attraverso mezzi militari.

Con il loro vero volto rivelato e i loro collaborazionisti nel Campidoglio degli Stati Uniti smascherati, guarderemo questa tragedia protrarsi per un altro anno o due nella speranza che gli Stati Uniti si suicidino; qualunque sia la ragione che li motiva, persone come Mitch McConnell, Graham e John Cornyn venderanno volentieri ciò che resta del Paese per salvare la propria patetica pelle.

Il fatto che lo facciano per un gruppo di eurocrati altrettanto patetici è la parte più tragica di tutta questa vicenda.

Ma è così che alla fine deve avvenire il cambiamento, spingendo i veri motivatori sul davanti del palco, puntando su di loro l'occhio di bue e guardandoli dimenarsi prima di scatenare contro di loro un altro lancio di uova marce.

E quale migliore umiliazione per loro se non quella di un Donald Trump che distribuisce suddette uova?


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Perché la linea tra bene e male tracciata da Solzhenitsyn è importante

Freedonia - Mar, 19/03/2024 - 11:10

 

 

di Barry Brownstein

Vogliamo pensare che il confine tra il bene e il male sia chiaro e che gli individui ricadano in un campo o nell'altro. In Gulag Archipelago, volume 1 Aleksandr Solzhenitsyn scrive: “Se solo fosse tutto così semplice! Se solo ci fossero persone malvagie da qualche parte che commettono azioni malvagie e fosse solo necessario separarle dal resto di noi e distruggerle”.

Poiché il confine tra bene e male non è così lineare come vorremmo, un principio essenziale per organizzare la società è, secondo le parole di F. A. Hayek, quello di garantire che “un uomo cattivo possa fare il minor danno”.

Molti conoscono queste famose parole di Solzhenitsyn in Gulag Archipelago, volume 2: “La linea che separa il bene e il male non passa attraverso gli stati, né tra le classi, né tra i partiti politici, ma attraverso ogni cuore umano e attraverso tutti i cuori umani”.

Coloro che negano questa verità della natura umana spesso credono che dare alle persone etichettate come “buone” – quelle che possiedono la giusta ideologia – abbastanza potere per controllare gli altri risolva il problema dell’organizzazione della società.

La famosa frase di Solzhenitsyn non appare fino a pagina 746 e la maggior parte delle persone non è a conoscenza del contesto: “A poco a poco mi è stato rivelato che la linea che separa il bene...”

Chi ha rivelato questa verità a Solzhenitsyn? Le sue esperienze nel gulag.

Nella stessa sezione del suo libro scrive: “Guardando indietro, ho capito che per tutta la mia vita non avevo compreso né me stesso né i miei sforzi”. Quindi tira fuori ciò che ha visto in sé stesso:

Mi è stato concesso di portare via dai miei anni di prigione sulla schiena curva, che quasi si spezzò sotto il suo peso, questa esperienza essenziale: come un essere umano diventa cattivo e quando buono. Nell'ebbrezza dei successi giovanili mi ero sentito infallibile e per questo ero crudele. Nell'eccesso di potere ero un assassino e un oppressore.

Solzhenitsyn riconosce l’errore di usare le buone intenzioni come guida all’azione: “Nei momenti più malvagi ero convinto di fare del bene ed ero ben fornito di argomenti a mia giustificazione”.

I peggiori cattivi possono illudersi di pensare di fare del bene. Non dovremmo lasciarci ingannare e credere che la libertà possa essere preservata facendo affidamento sulle buone intenzioni delle persone buone.

Date uno sguardo onesto al vostro flusso di pensieri e prendete nota di quanto sia egoista. Sì, fate caso anche i vostri pensieri di gentilezza e generosità verso gli altri; non c’è motivo per cui la società possa fidarsi delle vostre buone intenzioni, o delle mie, con il potere di controllare gli altri.

Per trovare il bene, Solzhenitsyn avrebbe dovuto prima vedere la sua oscurità e poi, dopo averlo fatto, si sarebbe aperta una strada verso il bene: “E solo quando giacevo lì, sulla paglia marcia della prigione, che ho sentito dentro di me i primi moti del bene”.

Dopo la sua famosa frase sulla “linea che separa il bene e il male”, Solzhenitsyn scrive: “Questa linea si sposta. Dentro di noi oscilla con gli anni. E anche nei cuori sopraffatti dal male si conserva una piccola testa di ponte del bene. E anche nel migliore dei cuori, rimane [...] un piccolo angolo di male non sradicato”.

Che la linea tra il bene e il male oscilli è una verità espressa ripetutamente da Solzhenitsyn:

Durante la vita di ogni cuore questa linea [tra bene e male] continua a cambiare posto; a volte viene schiacciata in una direzione dal male esuberante e talvolta si sposta per lasciare spazio sufficiente affinché il bene possa fiorire. Lo stesso essere umano è, in età diverse, in circostanze diverse, un essere umano totalmente diverso. A volte è vicino al diavolo, a volte alla santità.

Chiaramente Solzhenitsyn voleva che capissimo che il nostro lavoro non finisce mai. Coltivare la nostra bontà è il lavoro di una vita.

In entrambi i volumi 1 e 2 Solzhenitsyn ripete il monito di Socrate: “Conosci te stesso”. Nel volume 2 aggiunge: “Non c'è nulla che aiuti e assista il risveglio dell'onniscienza dentro di noi quanto pensieri insistenti sulle proprie trasgressioni, errori, sbagli”.

Il male può passare attraverso ognuno di noi se non lavoriamo per riconoscerlo e scegliere contro di esso. Solzhenitsyn direbbe che ci illudiamo quando pensiamo che il male sia solo al di fuori e questa è una verità che continua a essere confermata.

Di recente Jonathan Mayo ha raccolto nuovi dettagli sull'attacco terroristico del novembre 2008, quando dieci giovani terroristi del gruppo pakistano Lashkar-e-Tayyiba uccisero 164 persone a Mumbai, in India. I loro obiettivi erano normali residenti di Mumbai, persone in un centro ebraico e visitatori di un famoso hotel che accoglie turisti.

Ciò che risalta nell'attacco è che i dieci terroristi erano in comunicazione con i mandanti, inviando loro messaggi dal Pakistan.

Mayo riferisce che mentre i terroristi erano all'hotel Taj Mahal Palace, ricevettero messaggi dai mandanti in Pakistan ed erano “furiosi perché non c'è segno di un incendio al Taj”. Telefonarono quindi ai giovani terroristi: “Non succederà nulla finché non appiccherete il fuoco. Quando le persone vedranno le fiamme inizieranno ad avere paura. E lancia qualche granata, fratello mio. Non c’è nulla di male nel lanciare qualche granata”.

I terroristi nell'hotel sembravano “sopraffatti dall'opulenza dell'hotel e [dissero] ai loro assistenti: 'Ci sono computer qui con schermi ad alta tecnologia! È fantastico!' Il mandante [insistette] affinché appiccassero 'un vero e proprio incendio' nel giro di poco tempo”.

Dopo l’attacco un terrorista venne fermato a un posto di blocco alla stazione ferroviaria e disse: “Per favore, signore, ho fatto quello che ero venuto a fare. Per favore uccidimi”. Il giovane disse alla polizia che “suo padre, un venditore ambulante, lo aveva venduto [al gruppo terroristico], dicendo a suo figlio: 'Avremo soldi, non saremo più poveri'”.

Il confine tra il bene e il male, anche tra i giovani terroristi, si muoveva in tempo reale.

La testimonianza di Solzhenitsyn ci aiuta a vedere che il male non può essere eliminato, ma, secondo le sue parole, “è possibile reprimerlo”.

Se Solzhenitsyn ha ragione riguardo al potenziale del male esistente in ognuno di noi, allora Thomas Sowell, nel suo libro A Concept of Visions, dà un importante avvertimento:

Ogni nuova generazione che nasce è un'invasione della civiltà da parte di piccoli barbari, i quali devono essere civilizzati prima che sia troppo tardi. Le loro prospettive di crescere come persone dignitose e produttive dipendono dall’insieme elaborato di pratiche in gran parte inarticolate che generano valori morali, autodisciplina e considerazione per gli altri.

Steven Pinker ha fatto eco a Solzhenitsyn quando ha scritto: “Gli esseri umani non sono innatamente buoni (così come non sono innatamente malvagi), ma sono dotati di motivazioni che possono orientarli lontano dalla violenza e verso la cooperazione e l’altruismo”.

Sarebbe una scommessa folle aspettarsi che ogni persona cresca civilizzata ed eserciti il ​​proprio libero arbitrio per volgersi verso il bene. La cooperazione e la prosperità umana sono possibili grazie alle tradizioni morali e allo stato di diritto che limita il male.

Quando l’ideologia sfrenata trionfa sui diritti e sulla moralità, scopriamo rapidamente quanto velocemente il male possa trionfare sul bene.

Al contrario, l’ordine sociale creato dal libero mercato espande le nostre opportunità di cooperare con gli altri e, soprattutto, accetta la natura umana per quello che è. Più cooperiamo, più vediamo che il nostro benessere dipende dagli altri. Quanto più profonda è l’interdipendenza, tanto maggiori sono gli incentivi a coltivare il lato buono della natura umana.


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Washington è la capitale della guerra

Freedonia - Lun, 18/03/2024 - 11:11

 

 

di David Stockman

Immaginate se Washington scoprisse che la Russia, o la Cina, avesse piazzato 12 stazioni di spionaggio al confine con il Texas. I politici, già con la bava alla bocca riguardo alle presunte orde di nigeriani, albanesi, cinesi e agenti comunisti di Cuba che già fanno irruzione attraverso i confini dell'America, si straccerebbero le vesti o addirittura soffrirebbero di arresti cardiaci seriali.

E questo per non parlare dell’innesco di una potenziale resa dei conti nucleare, come quella quando Krusciov fece marcia indietro davanti all’insistenza del presidente Kennedy nell’ottobre 1962 affinché i missili sovietici fossero rimossi da Cuba. In quell’occasione l’umanità sfuggì per un pelo all’incenerimento, ma da quel momento in poi almeno fu stabilita una regola d'ingaggio per l’era nucleare.

Vale a dire, non si mettono armi e forze minacciose davanti alla porta del proprio rivale nucleare; è vietato dalle esigenze della sopravvivenza umana e dal buon senso.

Ecco perché è accaduta anche la parte spesso dimenticata della crisi missilistica cubana: JFK accettò di rimuovere 15 missili Jupiter dotati di testate nucleari dalla Turchia in cambio dello smantellamento dei missili sovietici a Cuba, anche se questa parte dell’accordo non fu mai riconosciuta pubblicamente da Washington.

Inoltre poiché a quei tempi c’erano tutte le ragioni per prendere sul serio la minaccia sovietica, non ci fu molta ingerenza da parte di Washington in Cecoslovacchia durante quella che si rivelò essere la rivolta di primavera del 1968. Anche se i sovietici avevano invaso Praga con 500.000 soldati e massacrato brutalmente centinaia di manifestanti, LBJ aveva pianificato un vertice con il leader sovietico Breznev – finché non lo annullò all’ultimo minuto per motivi puramente politici.

Anche quando il Movimento di Solidarnosc in Polonia guadagnò slancio un decennio più tardi, la CIA e le altre estensioni della macchina da guerra occidentale tennero le pistole nella fondina. La maggior parte degli aiuti al movimento di liberazione polacco provenivano dal Papa e dall’AFL-CIO.

Pertanto le regole dell’ingaggio nucleare furono rispettate, nonostante la terribile tirannia dell’Impero sovietico. Negli anni ’80 l’Occidente aveva vinto la Guerra fredda senza sparare direttamente un colpo in direzione di Mosca, o dei suoi vassalli nell’Europa orientale. Questo perché l’impero sovietico stava marcendo dall’interno a causa dei difetti intrinseci del socialismo.

A sua volta la fine dell’Unione Sovietica fornì il contesto per una radicale contrazione dello Stato di Guerra negli Stati Uniti e dei suoi tentacoli globali d'intervento, sovversione, invasione e occupazione. Nel 1991, quando l’Unione Sovietica finì nella pattumiera della storia, non esisteva più alcuna seria minaccia alla sicurezza interna dell’America in nessuna parte dell’intero pianeta.

L’agenda della presunta “Nazione Eccezione” avrebbe dovuto essere la leadership in una campagna mondiale per l’abolizione delle armi nucleari e il disarmo generale; la liquidazione delle istituzioni della Guerra fredda come la NATO, la SEATO, il Patto di Varsavia, ecc.; il definanziamento dell’intero apparato di propaganda e sovversione della Guerra fredda rappresentato da Radio Free Europe, dalle capacità di azioni segrete della CIA e dalle operazioni interventiste del Dipartimento di Stato e dell’Agenzia per lo sviluppo internazionale, tra gli altri.

In poche parole, le condizioni oggettive dei primi anni ’90 rappresentavano un’opportunità storica per Washington di diventare la capitale della pace del pianeta, ma ciò non accadde perché durante l’amministrazione Reagan una cricca crescente di guerrafondai neoconservatori aveva preso il controllo della politica sulla sicurezza nazionale, fornendo così la logica e la copertura politica al complesso militare-industriale affinché continuasse a incamerare enormi quantità di risorse fiscali.

Alla fine degli anni ’80 avevano già raggiunto un aumento massiccio e del tutto inutile della spesa per la difesa. L’ultimo budget di Carter era stato di circa $134 miliardi, ma nel 1990 le amministrazioni Reagan/Bush avevano spinto la spesa per la difesa oltre i $300 miliardi. Peggio ancora, durante questa enorme esplosione venne finanziata una vasta espansione della capacità di guerra convenzionale: le risorse navali, aeree e terrestri necessarie per intraprendere guerre d'intervento e occupazione in tutto il mondo – iniziative che non erano prudenti o pratiche durante la Guerra fredda e capacità che erano, in ogni caso, irrilevanti per la minaccia nucleare sovietica.

Inoltre a sostegno di questa rinnovata capacità d'intervento militare convenzionale si erano verificati grandi aumenti delle capacità di operazioni segrete della CIA sotto la guida di William Casey, così come l’espansione degli strumenti di guerra ideologica presso il nuovo National Endowment for Democracy e aumenti simili nei finanziamenti per le armi di radiodiffusione e di propaganda di Washington.

Nel complesso il bilancio per la sicurezza nazionale – comprese le operazioni internazionali e le spese dei veterani – era pari a $600 miliardi ($ 2023) nel 1990 e avrebbe potuto facilmente essere tagliato a $300 miliardi entro la metà degli anni ’90, sotto l’egida di un governo mossa dalla diffusione della pace nel mondo.

Ahimè, non è accaduto niente del genere. Il presidente Bill Clinton e i suoi compari sessantottini tradirono il movimento pacifista della loro generazione quando arrivarono al potere a causa delle gaffe guerrafondaie di George H. W. Bush. Invece di tagliare il bilancio della difesa mantennero i livelli nominali di spesa in dollari e invece di smantellare la NATO alimentarono un’incessante espansione verso le porte della Russia in violazione delle solenni promesse di Washington di non farlo al momento della riunificazione tedesca.

Di conseguenza non vi fu alcun dividendo di pace e, cosa ancora più importante, nessuno smantellamento dello Stato di Guerra sulle rive del Potomac. Con l'ultimo bilancio di Clinton, la maggior parte dell'ex-Patto di Varsavia era già nella NATO o in attesa di adesione, e il bilancio totale per la sicurezza nazionale, comprese le operazioni internazionali e i veterani, ammontava ancora a $602 miliardi.

Da lì, ovviamente, tutto è partito per la tangente. La mal concepita guerra di Washington al terrorismo e gli interventi seriali in Medio Oriente hanno portato il budget per la sicurezza nazionale a $1.090 miliardi entro la fine dell’amministrazione Bush – un livello al quale il premio Nobel per la “pace” era riuscito a sottrarre meno di $100 miliardi alla fine del suo mandato.

Allo stesso modo la promessa elettorale di Trump di porre fine alle Guerre Infinite è stata rapidamente messa da parte, poiché tutte quelle da lui ereditate sono continuate e lo status quo della NATO è cambiato solo perché i vari membri hanno finto di spendere per la difesa una frazione in più del loro PIL. Donald ha fatto sì che il budget per la sicurezza nazionale crescesse vertiginosamente fino a $1.150 miliardi.

Joe Biden non ha trascorso 50 anni a Washington senza che la malattia della guerra infettasse completamente le sue limitate capacità mentali, quindi le Guerre Infinite si sono intensificate e la circonferenza dello Stato di guerra ha acquisito proporzioni ancora più grandi, arrivando a raggiungere $1.300 miliardi nell’anno fiscale 2024.

E questo è il nocciolo della questione: quello che dovrebbe essere al massimo un budget per la sicurezza nazionale compreso tra $400 e $500 miliardi, ora è pari a tre volte tal livello. Ciò non solo sta alimentando aumenti del debito pubblico, ma, cosa ancora più importante, continua a garantire che quella che avrebbe dovuto essere la capitale della pace rimanga la capitale della guerra.

Inutile dire che una sicurezza nazionale da $1.300 miliardi è una cosa pessima, indipendentemente dalla geografia che occupa un particolare Paese. Questo perché incarna intrinsecamente un vasto complesso militare-industriale che dipende letteralmente da una missione di egemonia globale per giustificare quello che altrimenti sarebbe uno spreco assolutamente orribile di risorse fiscali ed economiche.

Detto in modo diverso, solo un egemone globale ha bisogno di un budget per la sicurezza nazionale da $1.300 miliardi. Non c’è altra motivazione che giustifichi plausibilmente un numero anche lontanamente così grande.

La verità è che non esiste potenza sul pianeta Terra in grado di superare i grandi fossati dell’Atlantico e del Pacifico con un’enorme armata terrestre, aerea e marittima e quindi minacciare militarmente la sicurezza interna dell’America. E per quanto riguarda le armi nucleari, mantenere le 3.750 testate nucleari del Paese nello status di dispiegamento o in modalità standby costa circa $65 miliardi all’anno – una cifra che potrebbe essere aumentata a $100 miliardi per aggiornare i sistemi di lancio esistenti.

Oltre a ciò, qualche centinaia di miliardi per difendere le coste e lo spazio aereo americano gestirebbero più che adeguatamente la presunta minaccia della Russia. E lo stesso vale per la Cina, la quale crollerebbe all’istante se il suo mercato dell'export da $3.500 miliardi dovesse essere tagliato fuori da una guerra contro gli Stati Uniti o l’Europa.

In breve, ogni anno nello Stato di guerra affluiscono ben più di $500 miliardi di risorse fiscali in eccesso. Ciò fornisce l’essenza fiscale per l’autoperpetuazione di questo mostruoso complesso e l’incentivo finanziario per una vasta operazione di lobbying da parte di appaltatori militari, consulenti militari, think tank sulla sicurezza nazionale, ONG e una falange infinita di agenzie e uffici dello Stato Profondo – tutti volti a giustificare quello che oggettivamente è un orrendo spreco.

Le recenti rivelazioni secondo cui la CIA ha gestito attivamente basi, programmi di addestramento e operazioni di raccolta di informazioni alle porte della Russia negli ultimi 10 anni, spiega perché Washington è davvero la capitale della guerra.

Il fatto è che la Russia non rappresenta né adesso, né nel 2014, una minaccia militare per la patria americana. Per dirla tutta, il PIL americano da $27.000 miliardi fa impallidire quello da $2.000 miliardi della Russia. Non potrebbe nemmeno lontanamente schierare un’armata invasiva, la quale richiederebbe $50.000 miliardi in PIL o 25 volte di più quello attuale, e non prevarrebbe mai nemmeno in una corsa agli armamenti nucleari.

Allora perché Washington ha deciso di aiutare a rovesciare il governo dell’Ucraina durante il colpo di stato a Maidan nel 2014 e poi lanciare, in completa violazione delle lezioni del 1962, una vasta operazione della CIA al suo confine, come rivelato dal New York Times?

Semplice: un’istituzione che prospera con $500 miliardi in più di finanziamenti inutili conosce sicuramente la propria vulnerabilità e teme il giorno in cui l’elettorato americano avrà la possibilità di risvegliarsi dal suo sonno. Quindi ha bisogno di minacce esagerate, di nemici evocati e di scontri provocati.

Fortunatamente, però, esiste una soluzione: riportare l’Impero a casa e mettere alla Casa Bianca uno statista forte, informato e coraggioso che possa far fallire la capitale mondiale della guerra prima che sia troppo tardi.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Il quadro generale finora: due anni dopo

Freedonia - Ven, 15/03/2024 - 11:02

 

 

di Francesco Simoncelli

Questa serie annuale è iniziata da quando Powell ha iniziato a rialzare i tassi di riferimento della FED dapprima indirettamente, aumentando il tasso di remunerazione nella struttura pronti contro termine di 5bps, e poi direttamente col raggiungimento del 5,5% del Fed Fund Rate. Il 2021, quindi, e il 2022 hanno rappresentato due anni fondamentali in tutta la storia dell'economia moderna, rivoluzionando un sistema che era stato consolidato sin dalla fine di Bretton Woods. Per quanto audace possa sembrare l'affermazione, ritengo che gli Stati Uniti abbiano dichiarato formalmente indipendenza dal Regno Unito solo nel marzo 2022: pensionamento del LIBOR ed entrata in scena del SOFR. Anche l'UE vuole dichiarare indipendenza dagli USA e non avendo più la fonte primaria di finanziamento, il mercato degli eurodollari che è stato contratto dalle azioni della FED, la sua strada adesso passa attraverso l'unione fiscale e un esercito personale. Tale indipendenza, inizialmente, era stata avviata come una scalata ostile nei confronti degli Stati Uniti, ma inutile dire che le cose sono andate male e la strategia s'è ritorta contro. Per continuare a far fluire i finanziamenti e permettere a questo abominio socioeconomico di continuare a operare, oltre ad avere a disposizione la possibilità di sequestrare/confiscare gli asset dei cittadini europei in caso di estrema necessità (euro digitale), è vitale l'implementazione di una tassazione diretta sotto l'egida della Commissione europea. Non solo, anche la creazione di un esercito europeo e il distacco dalla NATO (non è un caso che quest'ultima sia diventata lo zimbello del mondo, ultima prova a supporto di tale tesi è il caos eruttato nel Canale di Suez).

Di conseguenza sono necessarie diverse prove di forza, come il braccio di ferro infinito tra l'UE e l'Ungheria sulle questioni fiscali e militari. Questo sfoggio di potere è funzionale a puntellare la credibilità all'Eurosistema, colata a picco negli ultimi 4 anni. L'UE deve dimostrare al mondo che ha tutti sotto controllo e se non ce li ha tutti sotto controllo, allora si muoverà per cambiare le regole e mettere tutti sotto controllo. Come si fa altrimenti a vendere migliaia di miliardi in obbligazioni agli investitori se non si ha un meccanismo di garanzia a supporto di tale architettura? Lo stesso meccanismo usato da FMI/Banca Mondiale per tenere in riga i Paesi del Terzo mondo. Il risultato è l'integrazione politica da cui nessuno può uscire, per questo sarà investito fino all'ultimo centesimo di capitale politico affinché ciò si avveri. Non esiste alternativa secondo l'ottica degli eurocrati. Al contempo si spinge l'amministrazione Biden a fare pressione sulla FED affinché torni ad abbassare i tassi in modo che gli eurobond possano essere venduti a tassi di rendimento sotto lo zero, dato che a quelli attuali non sono sostenibili. Perché? Perché il livello di tassazione in Europa è già alto e il rischio è quello di scatenare (ulteriore) caos interno. Soprattutto in un continente in cui lo stato di diritto è stato fatto a pezzi.

L'UE è l'Unione delle Repubbliche Socialiste Europee. È tutto l'opposto di una visione liberale: un governo socialista con deriva ineluttabile verso il comunismo. E il suo scopo ultimo è governare ogni più piccolo cavillo e settore della vita umana.https://t.co/smxRp2lwNR

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) February 8, 2024

Fanno ridere quelli che parlano di "regime" riferendosi SEMPRE agli altri, quando invece ci vivono essi stessi. Ennesimo episodio di stato di diritto calpestato, soprattutto alla luce della recente sentenza della Corte di Amburgo su Usmanov et al.https://t.co/ytyyI7VpF2

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) February 7, 2024

Ennesima pistola fumante che lo stato di diritto in UE è una barzelletta. I valori occidentali, in particolar modo europei, ormai sono furto, mendacia, oppressione e corruzione. https://t.co/die5o2rwuW

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) January 24, 2024

La corruzione dilagante che ha investito l'Occidente è stata alimentata dalla stampa scriteriata di denaro e dall'abbassamento dei tassi d'interesse di riferimento allo zero. Questi due fattori hanno contribuito a creare un ambiente economico in cui gli incentivi erano allineati per peggiorare la situazione. Tale sistema ha approfondito la sua influenza fino a raggiungere livelli impensabili di capillarità all'interno della società, di conseguenza un singolo colpo inferto contro di esso è facilmente assorbibile tramite la sua estrema ramificazione. È lo stesso motivo per cui l'Impero romano, così come quello greco e altri, fu in grado di resistere a diversi eventi avversi che avrebbero potuto spazzarlo via ben prima la data della sua disfatta ufficiale. Allo stesso modo accade oggi: la sfera d'influenza della cricca di Davos, ad esempio, corre talmente in profondità da necessitare di tempo consistente prima che possa essere smantellata. Ecco perché la FED è la carta migliore che si possa giocare per andare in tale direzione, cercando d'invertire la corruzione che ha infestato il Federal Reserve System da Roosevelt in poi. Sto parlando di una fase di transizione in cui la FED e le sorelle regionali tornano a essere quelle stanze di compensazione in concorrenza che erano al momento della loro nascita. Un forte segnale in tale direzione è la possibilità delle banche commerciali statunitensi di emettere la propria valuta digitale e coordinarsi con le FED regionali per l'organizzazione. Solo successivamente si potrà eventualmente discutere e realizzare uno smantellamento del sistema bancario centrale.

Come scrisse Mises in Omnipotent Government:

Data la natura umana così com'è, lo Stato è un'istituzione necessaria e indispensabile. Lo Stato è, se adeguatamente amministrato, il fondamento della società, della cooperazione umana e della civiltà. È lo strumento più vantaggioso e utile negli sforzi dell’essere umano volti a promuovere la felicità e il benessere. Ma è solo uno strumento e un mezzo, non l’obiettivo finale. Non è Dio. È semplicemente costrizione e coercizione; è il potere della polizia. [...] Quando gli esseri umani in carica e i loro metodi non piaceranno più alla maggioranza di una nazione, nelle elezioni successive saranno sostituiti da altri esseri umani e da un altro sistema.

DALLA “RACE TO DEBASE” ALLA “RACE TO THE BOTTOM”

La centralizzazione dei poteri è il vicolo cieco di quella struttura socioeconomica che non riesce più a estrarre valore dalla società nel suo complesso tale da sostenerne la grandezza/diffusione. L'apparato statale, soprattutto in Europa, ha raggiunto dimensioni tali da necessitare di capitali in entrata crescenti. Inutile dire che questa è l'inevitabilità di tutti quei sistemi che scendono lungo la strada della Legge dei rendimenti decrescenti. Come spiegato nel mio precedente pezzo sulle obbligazioni europee SURE, la mobilitazione dei fondi in possesso dei cittadini europei è un escamotage per accelerare la creazione definitiva degli Stati Uniti d'Europa. Ciò che finora è mancato è il potere di tassare direttamente; prima con i bond SURE, poi con i prestiti del PNRR (una cui parte da rimborsare prevede la discrezionalità diretta da parte dell'UE nell'imposizione di tasse sul territorio italiano) e adesso con i bond i guerra si traccia la strada per arrivare a tale risultato.

Ci sono voluti solo 7 giorni affinché la prima notizia avesse il seguito scontato nella seconda. In passato ci voleva di più. Anche questo è un sintomo della Legge dei rendimenti decrescenti.
1) https://t.co/rOyWCWrP3P
2) https://t.co/eVMJ0BfhWj

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) February 24, 2024

Ma questa traiettoria non è altro che uno dei sintomi della malattia più grande chiamata Unione delle Repubbliche Socialiste Europee. Su queste pagine è stato documentato a sufficienza come l'UE, attraverso la regolamentazione, voglia catturare porzioni di valore aggiunto che non emergono spontaneamente dalle sue industrie bensì da quelle estere (principalmente statunitensi e asiatiche). L'industria europea è in ritardo su tutto, in particolar modo il settore tecnologico/digitale, e per quanto si voglia far alfiere della cosiddetta rivoluzione green attraverso i criteri ESG, essi vengono abbandonati progressivamente data la loro natura totalmente insostenibile. Ciò che rappresentano è un pledging allegiance nei confronti di una visione del mondo. Quale? Quella di un maggiore comando/controllo. Inutile dire che chi li sta abbandonando sono gli Stati Uniti, diametralmente opposti a un tale esito. E parallelamente a questo percorse corre anche la centralizzazione dei poteri all'interno della BCE, sia con l'euro digitale che con la moria (intenzionale) delle piccole/medie banche commerciali. Questo a sua volta significa meno risorse monetarie nei confronti della piccola/media impresa che sopravvive grazie alla capillarità del credito erogato da suddetti istituti bancari, i quali, diversamente dagli Stati Uniti, hanno un potere decisionale inferiore. Per quanto utili allo sviluppo locale, essi sono guardati con avversità dalla cittadinanza locale.

La riduzione di liquidità ad appannaggio delle piccole/medie imprese permette di consolidare l'industria in grandi complessi selezionati dall'alto, una monopolizzazione del settore industriale e dei beni prodotti. Inutile dire che il modello di riferimento è quello cinese e la tokenizzazione dei beni (sottoposti a monopolio) attraverso una valuta digitale delle banche centrali crea un'architettura sociale in cui il sequestro e la confisca sono all'ordine del giorno se gli individui non corrono lungo binari predefiniti. Inutile dire che il restringimento delle opzioni, e nel caso particolare il restringimento della platea delle piccole/medie imprese, permette alla pianificazione centrale socialista di dettare meglio il proprio passo. Al contrario la diffusione e la ramificazione sono l'essenza di un mercato fiorente e variegato, in sintonia con una scelta individuale più libera, meno coercitiva e soprattutto più intonata con una crescita organica (bottom up). In sintesi, l'Europa è stata svuotata dalla propria capacità di creare valore aggiunto affinché la classe dirigente (o gli oligarchi, come vengono etichettati altrove) possa continuare a perseguire i propri “sogni di gloria”. O per meglio dire, per sopravvivere a un destino già segnato, ovvero quello di soccombere sotto le contraddizioni di un'economia socialista e di un calcolo economico impossibile da effettuare con precisione e affidabilità.

Sin dalla grande crisi finanziaria è risultato chiaro che il sistema bancario centrale aveva perso il controllo. Infatti il mercato dell'eurodollaro e delle garanzie collaterali che sono eruttate lungo la sua scia d'adozione, hanno generato una serie di distorsioni off-budget impossibili da dirimere da parte dei comitati di gestione all'interno delle banche centrali. I dollari ombra che sono stati creati sulla base di questo sistema hanno mandato in tilt qualsiasi programma di gestione del rischio, cercando di tamponare gli spillover imprevisti e improvvisi che nel tempo sono fuoriusciti. L'era della cosiddetta coordinated central banks monetary policy altro non era che un tentativo di mettere una toppa a una falla gigantesca che è cresciuta di anno in anno, gettando liquidità contro un problema che non era basato su una mancanza della stessa ma di un mismatch sistemico tra i bilanci dei vari player nel mondo finanziario. Gli squilibri, man mano che emergevano, erano di una portata talmente grande da essere impossibili da colmare con l'iniezione di nuovi fondi/riserve all'interno del sistema bancario commerciale. La complessità e la contorsione raggiunta dal mercato degli eurodollari è arrivata a un punto da far ammettere ai diretti interessati nelle stanze dei bottoni che il problema era più grande di loro e il perseguimento di una strategia di quantitative easing infinito non avrebbe fatto altro che scaraventare nell'oblio gli Stati Uniti a vantaggio invece delle altre nazioni, Europa in primis.

Non bisogna soprassedere il fatto che stiamo parlando di dollari ombra e che quindi la loro creazione andava a scapito degli Stati Uniti stessi. Si trattava a tutti gli effetti di una scalata ostile a questi ultimi. Non è un caso che il settore bancario ombra è stato gonfiato di conseguenza. E a sua volta questa esplosione ha permesso sia alla Cina che all'Europa di usare gli USA come garanzia collaterale alle loro espansioni. Per quanto diventato incontrollabile, questo schema ha avuto un'origine: la City di Londra. Non si può dire con esattezza il momento in cui esso è venuto in essere, sta di fatto che la sua evoluzione ha avuto un'accelerazione con il piano Marshall di prestiti all'Europa post-bellica e le guerre di Corea prima e Vietnam poi. Il problema è che all'epoca c'era ancora una certa parvenza di stabilità conferita dal gold-exchange standard adottato a Bretton Woods. Il fallimento del Gold Pool di Londra si può ridurre a questo: dollari ombra incassati in lingotti d'oro. Visto che la FED era allora il punto di riferimento per quanto riguardava il rimborso in oro dei titoli che davano accesso a esso, Nixon si trovò obbligato a rompere definitivamente qualsiasi rapporto tra il dollaro e l'oro. Una soluzione dettata dal panico, dato che non si capiva bene cosa stesse accadendo. La chiusura della finestra dell'oro era una soluzione temporanea che aveva lo scopo di guadagnare tempo per trovare il bandolo della matassa. Inutile dire che le cose sono andate diversamente, perché tale scelta diede ancora più potere a Londra e la finanziarizzazione risultante ha complicato ulteriormente le cose. Soprattutto per gli Stati Uniti, i quali hanno inesorabilmente perso il controllo sulla loro politica monetaria.

Infatti non è un caso che fino al 2022 il tasso di riferimento nel mondo per l'indicizzazione di crediti/debiti era il LIBOR. La sua impostazione avveniva tramite 29 banche europee e solo una americana. Inutile sottolineare chi era avvantaggiato da questo tipo di situazione. Non è un caso, quindi, che nel 2017 sono iniziati i lavori in casa dello zio Sam per introdurre un'indicizzazione dei crediti/debiti basata esclusivamente sul suolo americano: il SOFR, entrato pienamente in vigore nel 2022. A marzo dello stesso anno Powell ha iniziato a rialzare i tassi di riferimento della FED, forte del fatto che i guai finanziari erano sostanzialmente in casa di chi sfruttava il mercato dell'eurodollaro per intascare i profitti e socializzare le perdite negli Stati Uniti. Detto in parole povere, il controllo del dollaro e della politica monetaria statunitense sono tornati a New York/Washington e sono stati allontanati da Londra. È necessario rimarcare un fatto importante: il LIBOR non era usato solo per i prestiti interbancari, ma per qualsiasi cosa nel mondo finanziario; esistono, ad esempio, contratti molto lunghi che sono stati siglati usando questo strumento all'interno di essi. Da parte loro le banche statunitensi sono state schermate da eventuali perdite dal passaggio LIBOR-SOFR attraverso una legge approvata ad hoc nel 2020.

Non solo ma a ciò si aggiunge la fuga di capitali che lasciano l'Europa e volano negli Stati Uniti, contribuendo a puntellare gli istituti bancari. Infatti chi ha più da perdere da questa situazione sono il Regno Unito, la Cina e l'UE, soprattutto perché la mole di derivati che sono eruttati dall'iperestensione del mercato dell'eurodollaro ammonta a oggi a circa $600.000 miliardi. Vi basti sapere che il PIL mondiale è circa $100.000 miliardi. Non bisogna aggiungere che al minimo traballamento, il castello di carte su cui è stato costruito questo gigantesco schema Ponzi non potrà fare altro che crollare. E come ogni schema Ponzi che si rispetti, il furto progressivo ne garantisce la continuità; non appena cambia un tassello fondamentale dello schema, ecco che il tutto rischia di capitolare a terra fragorosamente. Da qui la corsa mondiale ad accaparrarsi risorse reali per proteggersi. E qual è quel Paese nel mondo che ha più risorse di tal tipo? La Russia. E qual è quel continente nel mondo che ha più risorse di tal tipo? L'Africa. E chi, oltre alla Cina, ha espanso la propria sfera d'influenza in Africa soffiando territori all'Europa e alla Francia in particolar modo? La Russia. Non c'è da sorprendersi che Macron abbia il dente avvelenato nei confronti di Putin.

JUST IN - Macron: "We are certainly approaching a moment in our Europe where it will be appropriate not to be cowardly... war has returned to our soil." — BFMTV

— Disclose.tv (@disclosetv) March 5, 2024

L'UE si sta rendendo conto che il suo progetto è stato un fallimento, che il suo progetto politico è stato un disastro, che gli sforzi per essere un concorrente degli Stati Uniti hanno ottenuto il contrario e la data di scadenza potrebbe arrivare il prossimo 30 settembre. Il tempo stringe... Anche perché questo tipo d'impianto socioeconomico, ovverosia quello dell'Unione Europea e della BCE, è maledettamente identico a quello che caratterizzò l'URSS; è possibile affermare che la BCE è la Gosbank 2.0 ed essendo questa la sua natura non è possibile non concludere che il suo fato è segnato. Non tanto per meriti altrui, quanto per i propri demeriti; un suicidio al rallentatore come accaduto nel 1991. Ecco perché l'intera UE si sta spostando verso un'economia di guerra, che ovviamente favorisce l'uso di misure draconiane (tra cui sequestri e confische). Accade l'esatto opposto invece negli Stati Uniti, con Powell e Trump il cui messaggio è “mettiamo a posto prima gli USA piuttosto che ficcare il naso altrove”.

Ed ecco la "prova provata" di quello che dico spesso: la FED, dopo aver messo ordine sul lato monetario dell'equazione, sta cercando d'influenzare la messa in ordine anche di quello fiscale. Attualmente il Congresso e l'amministrazione Biden sono un coacervo d'infiltrati/vandali. https://t.co/iF5RAzlaOH

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) February 6, 2024

Anche Wall Street ha capito l'antifona e si sta adeguando di conseguenza. Come sempre gli americani sono ottimi giocatori e hanno capito prima degli altri le potenzialità di Bitcoin, ad esempio, fornendo terreno fertile ai miner su cui basare le loro operazioni. Questo significa tasse pagate sul suolo americano ed economia di scala che si formano. Non solo, ma ci si fa alfieri di un movimento crescente e di un'industria agli albori che possono migliorare, e non poco, la prosperità americana e di conseguenza fornire un'ulteriore carta da giocare agli USA nella guerra finanziaria di oggi. Che fa invece l'Europa? Batte i piedi a terra e sbraita al cielo. Non solo ha perso la corsa nell'industria tecnologica/digitale e nelle transazioni finanziarie mondiali, ma anche nel campo del criptovalute. L'approvazione dell'ETF su Bitcoin negli USA è una monumentale legittimazione di tale asset agli occhi degli investitori istituzionali. L'approvazione stessa smentisce le parole della BCE. Al che la de-dollarizzazione è solo una favoletta, dato che affrontiamo una de-euroizzazione. Infatti l'entrata in scena del SOFR ha centrato ancora di più l'attenzione del mondo sui titoli di stato statunitensi, il collaterale globale per eccellenza che prima era accessibile facilmente attraverso la creazione ex novo ed ex nihilo dei dollari fantasma, mentre adesso bisogna acquistarli alla vecchia maniera: rafforzando effettivamente il dollaro. Per quanto la Yellen sia disposta a far correre l'inchiostro rosso nel Ministero del Tesoro USA per facilitare la vita agli altri player mondiali, la strategia higher for longer di Powell è quella che sta massacrando a tutti gli effetti i concorrenti degli USA. In questo modo il biglietto verde rimane forte, sfruttando non solo la fuga di capitali finanziari dall'estero, ma anche la paura di coloro che sono pesantemente esposti al mercato dell'eurodollaro e temono un effetto domino dirompente. A ciò bisogna aggiungere anche l'indipendenza energetica degli Stati Uniti.

9/ L'UE sta sacrificando tutto in questa battaglia, soprattutto la propria popolazione, in modo da comprare tempo; invece, come vediamo dal grafico qui sotto, gli USA hanno dato nuovamente scacco ai comunisti europei puntellando un altro settore della loro economia. pic.twitter.com/uVfWcOPE2h

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) January 22, 2024


ZOOM OUT

Il costo del servizio del debito è raddoppiato negli ultimi anni. I tassi d'interesse sono in aumento ovunque e lo è anche l’ammontare del debito totale. Insieme, come una nave intrappolata nel ghiaccio polare, schiacciano lo scafo. Ma l’aumento dei livelli di debito e l’impennata dei pagamenti degli interessi sono destinati a far scattare l’allarme da qualche parte? Debito subprime? Azioni? Immobiliare? Il che ci riporta alla prossima domanda: da dove verrà la prossima Grande Perdita? La cosiddetta “Grande Perdita” è il più grande pericolo finanziario che tutti gli investitori devono affrontare, dato che può spazzare via un’intera carriera fatta di guadagni, risparmi e investimenti. E se avete più di 55 anni, probabilmente non avrete il tempo di riprendervi. Quindi cosa minaccia una grande perdita adesso? Ricordate, dev'essere una grande sorpresa. Allora dov’è?

Le azioni sono ancora costose, sotto certi aspetti sono più costose che mai (soprattutto i principali titoli tecnologici). Ci sorprenderebbe se crollassero? O addirittura se si schiantassero? Non più di tanto. E che dire delle case? Anche loro sono al top della loro gamma; non dovrebbero scendere? Sembra quasi inevitabile che accada, soprattutto perché la famiglia media non può più permettersi la casa media. Nessuna sorpresa nemmeno qui, quindi. E che dire dell’intelligenza artificiale? È l’ultima moda che dovrebbe renderci tutti ricchi. Proprio come Internet ha portato la conoscenza di tutto il mondo a portata di mano, ora l’intelligenza artificiale aiuterà ad aggiustare ciò che era rimasto da aggiustare. Gli “esperti” dicono che aumenterà la produttività così tanto che saremo in grado di pagare i nostri debiti, finanziare la nostra tentacolare industria della potenza di fuoco e far rieleggere ogni politico. E la cosa migliore è che si tratta di una tecnologia perfetta per un impero in declino e mentalmente indebolito: non dobbiamo più pensare a come risollevare le nostre sorti socioeconomiche, l’intelligenza artificiale lo scoprirà per noi.

La mia ipotesi è che l’intelligenza artificiale si rivelerà un grande flop. Le persone la useranno regolarmente. Migliorerà la produttività? Sì e la ridurrà anche in alcuni settori. Gli utenti perderanno il loro tempo giocando e parlando con i robot sessuali, alcuni compiti saranno più facili, altri saranno resi più complicati da ladri, incompetenti e propagandisti potenziati dall’intelligenza artificiale. Nel complesso, farà poca differenza. Renderà ricchi alcuni investitori? Certamente, ma la maggior parte delle affermazioni e delle promesse fatte a favore dell’intelligenza artificiale si riveleranno false e molte persone subiranno delle perdite. Tuttavia la Grande Perdita probabilmente verrà da altrove.

E il mercato obbligazionario? Ha subito il declino più lungo e ripido della sua storia e questo potrebbe suggerire che il peggio è passato. Gli investitori si aspettano un rimbalzo, o addirittura un'inversione, ed è qui che le cose si fanno interessanti. Tutti sanno che “non si combatte la FED”.

Powell, in modo elegante e cortese, ribadisce alla Lagarde e alla cricca di Davos che possono andare al diavolo. Già lo scorso dicembre, quando è iniziata a circolare l'assurda tesi di un taglio dei tassi, scrivevo che era solo un wishful thinking della stampa finanziaria europea https://t.co/WdoTtnzuea

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) March 6, 2024

C’è un tempo per essere un prestatore e un tempo per essere un mutuatario. Il prestito è stato un modo di vivere per gran parte di questo secolo, soprattutto nel profondo della crisi sanitaria. Se aveste bloccato un tasso ipotecario al 3%, avreste potuto fare la migliore mossa finanziaria di tutta la vostra vita. Le rate del mutuo sarebbero state fissate a un tasso d'interesse estremamente basso, mentre sia il pagamento del capitale che quello degli interessi sarebbero stati ridotti, anno dopo anno, dall'inflazione. Anche con un tasso d'inflazione del 4% uno avrebbe ottenuto un profitto sul denaro preso in prestito dell’1% all’anno. Ma mentre i giorni gloriosi dell'accendere prestiti sono finiti, sono invece iniziati i giorni felici del concedere prestiti? È giunto il momento di riacquistare obbligazioni? Oppure no?

Il modello di allocazione del capitale “più stupido” che esista diceva di vendere le azioni quasi 30 anni fa. È “stupido” nel senso che non dice nulla sullo stato del mondo, sul futuro dei tassi d'interesse, o su qualsiasi altra cosa, è semplicemente progettato per contribuire a evitare la “grande perdita” segnalando quando le azioni sono costose in termini di oro. Detto in modo semplice: un investitore evita grandi perdite acquistando azioni quando può comprare le 30 azioni nel Dow Jones per meno di 5 once d’oro; le vende quando superano le 15 once. Nel 1996, ad esempio, questo modello ci diceva di favorire l’oro (rispetto alle azioni). Il massimo storico per le azioni statunitensi arrivò nell'agosto del 1999, con le azioni Dow scambiate a 42 once d'oro. A quanto pare quello non è stato solo un picco per le azioni statunitensi, ma l’apice del potere, della ricchezza e del prestigio della civiltà occidentale. Il bilancio americano era più o meno in pareggio, il debito pubblico era ancora gestibile e, fatta eccezione per il disastroso coinvolgimento in Kosovo, gli Stati Uniti erano in pace. Da allora le cose sono andate in malora.

Innanzitutto l’inflazione non è finita. Non è mai stata “transitoria” e non è stata solo il risultato della frenesia della stampa monetaria 2020-21. I prezzi sono determinati bilanciando la produzione con la quantità di denaro disposta ad acquistarla. Sebbene non sia prevedibile con precisione, è comunque una buona scommessa che quando la produzione diminuisce e la spesa aumenta, i prezzi aumenteranno.

3/ Chi è? I contribuenti. Il metro di misura? Quanto dolore economico sono disposti a sopportare in termini di tempo, denaro ed energia prima che l'avversario cada.https://t.co/RDbHbPocJj

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) March 6, 2024

La de-globalizzazione, le sanzioni, le regole nel mondo del lavoro, i regolamenti capricciosi, le tasse e la burocrazia dilagante – e il peso morto del debito stesso – sono tutti fattori che limitano la produzione. Infatti la produzione reale – misurata dal numero di ore effettivamente lavorate – sta aumentando a meno della metà del tasso del XX secolo.

NEW - Germany's economy is paralyzed and falls noticeably behind compared to other larger European countries — ifo Institute pic.twitter.com/OVFqTin7gf

— Disclose.tv (@disclosetv) March 6, 2024

E sebbene i pianificatori centrali possano aver dichiarato una tregua temporanea sull’inflazione monetaria, hanno aumentato le pressioni inflazionistiche sul fronte fiscale. Mentre la quantità di denaro prestabile è contenuta, i più grandi mutuatari del mondo – gli stati – spendono più denaro che mai. L’ultima sciocchezza dell'amministrazione Biden è che l’invio di armi all’Ucraina e a Israele è “un bene per l’economia”, ma a meno che non si siate alla ricerca di un aereo da caccia Lockheed Martin F-35, i soldi extra per l’industria bellica non fanno altro che ridurre gli investimenti e la produzione nell’economia di consumo. I prezzi salgono, in altre parole. E lo stesso vale per i tassi d'interesse: il denaro sprecato in bombe non è disponibile per acquistare il debito pubblico. Oltre ai nuovi deficit da duemila miliardi di dollari che devono essere finanziati con i risparmi, c’è anche il vecchio debito da rifinanziare. Ci sono circa $8000 miliardi in debito obbligazionario sovrano che matureranno nei prossimi 12 mesi e ciò porterà il fabbisogno di finanziamento totale a quasi $10.000 miliardi. Qualunque cosa accada di conseguenza, i tassi d'interesse molto probabilmente saliranno. I finanziatori potrebbero andare incontro ad un'altra grande perdita sulle loro obbligazioni? Forse. Il mio consiglio è di focalizzarsi sul finanziamento a breve termine.

L’oro, dal canto suo, non gode di “piena fiducia” da parte di nessun governo del mondo, non ha bisogno di essere coperto, nessun grande impero lo emette né garantisce di pagare interessi su di esso. Non rilascia comunicati stampa, non paga dividendi, non ha un direttore per i criteri inclusivi e non gliene frega niente di quello che pensate. Eppure questo “nulla” nel mondo degli investimenti si è rivelato più prezioso del credito più forte che “l’Occidente” aveva da offrire. Le azioni sono all’incirca triplicate in questo secolo: l’indice più ampio, il Wilshire 5.000, è passato da 13.800 nel 1999 a circa 45.191 di recente; l’oro invece è passato da una media di circa $270 l’oncia ai $2.000+ l’oncia – un aumento di quasi 8 volte.

Gli investitori prudenti, nel frattempo, hanno cercato di proteggere la propria ricchezza con bond sovrani che fingevano di essere “sicuri”; hanno perso un terzo del loro valore negli ultimi 40 mesi. Al culmine della bolla obbligazionaria anche i banchieri più intelligenti, i tesorieri aziendali più esperti e i maghi più brillanti di Wall Street brancolavano nel buio. Gli analisti di JP Morgan, ad esempio, avevano affermato che WeWork avrebbe dovuto quotarsi in borsa a $100 milioni; abbiamo scoperto poi che valeva meno di niente. Moltiplicate questi errori di calcolo e speculazioni insensate per milioni, su e giù per la struttura del capitale, e otterrete un’economia bizzarra e falsata – in cui i valori reali sono falsificati dal denaro fasullo, prestato a tassi d'interesse fasulli, per finanziare investimenti fasulli da parte d'imprenditori fasulli in industrie fasulle che producono guadagni fasulli. Questo capitalismo falsato non ha prodotto vera prosperità, ha funzionato solo per arricchire le élite.

Si stima, infatti, che la maggior parte dell’aumento dell’indice S&P 500/mercato azionario sia stato esclusivamente il risultato di riacquisti di azioni proprie effettuati per ridurne il numero e che ciò, a sua volta, abbia aumentato artificialmente i ricavi e gli utili per azione (una volta erano illegali per una buona ragione...). Tutti questi capitali a costo quasi zero sono confluiti nella manipolazione, nella speculazione e nella riduzione della concorrenza, non nell’incremento della produttività, dell’efficienza o dell’innovazione. Il risultato della ZIRP è stata un’economia priva di diversità, dominata da monopoli e cartelli che hanno prodotto beni e servizi di bassa qualità e che praticamente nessuno voleva, riducendo la produttività su più fronti.

L’abbassamento del costo del capitale quasi a zero ha cambiato anche gli incentivi dei leader aziendali e bancari. Gli enormi profitti non derivavano più dallo sviluppo di beni e servizi di qualità superiore o dal miglioramento del servizio clienti, bensì dalla manipolazione dei mercati, dal prestito per gonfiare i prezzi di immobili commerciali e dalla distribuzione dei guadagni ad azionisti e manager. Il capitale a costo quasi zero ha premiato gli speculatori e gli amministratori delegati che hanno sfruttato le strategie finanziarie, non quelli che investono a lungo termine. Tali distorsioni sono fatali perché privano l’economia degli incentivi positivi per l'intera nazione, non solo per le aziende e i già ricchi. L’abbassamento del costo del capitale a zero ha anche distorto l’equilibrio tra quest'ultimo e il mondo del lavoro, poiché i già ricchi, cioè coloro che già possedevano garanzie e flussi di cassa, potevano sfruttare i propri asset e il proprio reddito per prendere in prestito ingenti somme a interessi quasi zero per accaparrarsi ulteirori asset. I percettori di un salario non potevano competere e quindi la ricchezza e il reddito sono affluiti all’1% e al 10% più ricco.

Questa concentrazione di ricchezza e reddito è avvenuta a scapito della classe media, la cui quota della ricchezza nazionale è crollata.

La soppressione del costo del capitale ha anche incentivato l’indebitamento/espansione galoppante del debito totale, andando ad alimentare un carry trade perverso: ci vuole sempre più debito per creare un'unità di PIL, per la precisione $3,50 per ricavare $1 di espansione del PIL. Debito che nel frattempo matura interessi fino a quando non verrà ripagato, cosa che non accade mai per quanto riguarda il debito pubblico e raramente accade nel debito immobiliare commerciale. Invece di essere ripagato il debito vecchio viene semplicemente trasformato in nuovo.

L’abbassamento dei tassi d'interesse quasi a zero ha incoraggiato le imprese, le agenzie e le famiglie a prendere in prestito e a spendere denaro ora piuttosto che in futuro. Il sottoprodotto di questo carry trade è stato sostanzialmente uno: bolle speculative. Le frizioni non tardano a emergere però: l’anticipazione della domanda alla fine assorbe tutto il reddito disponibile, sottopone a leva scriteriata asset come gli immobili commerciali e fa salire l’inflazione dei prezzi poiché il capitale (apparentemente) illimitato insegue beni e materiali limitati.

Infatti nel luglio 2020 il cosiddetto Trend primario degli ultimi 40 anni si è concluso e ne è iniziato uno nuovo che probabilmente durerà per decenni. Ma dobbiamo porci alcune domande: cosa ha causato gli altri grandi movimenti nel mercato obbligazionario? Cosa ha causato il calo dei rendimenti obbligazionari (aumento dei prezzi delle obbligazioni) dal 1920 al 1945? La risposta è semplice: la Grande Depressione e la Seconda Guerra Mondiale. Cosa ha causato l’aumento dei rendimenti obbligazionari dal 1945 al 1980? Un'altra domanda facile: il boom di Eisenhower, seguito da spese folli per la guerra del Vietnam e la Great Society. Cosa ha causato il seguente Trend Primario, lo spettacolare calo dei rendimenti obbligazionari (e l’aumento dei prezzi obbligazionari) dal 1980 al 2020? Facile: Paul Volcker ha spezzato la schiena all'inflazione; poi Bernanke ha spinto i tassi reali sotto lo zero.

Quindi ecco la domanda conclusiva che tutti aspettavano: cosa causerà il prossimo Trend Primario, dal 2020 in poi? La risposta ovvia: troppa spesa, troppo debito, troppa inflazione... e il declino dell’Occidente. Riepilogo esecutivo: negli anni '80 le istituzioni pubbliche erano ancora abbastanza vigorose da tenere sotto controllo l’inflazione. Oggi sono stati così indebolite e corrotte dalle politiche monetarie allentate che non ci si può aspettare che né i governi né le banche centrali prendano decisioni difficili. I budget non saranno bilanciate, le guerre non verranno fermate e l’inflazione non verrà contenuta.

L’“Occidente” è in declino.


CONCLUSIONE

Lo zio Sam vuole riportare in patria il controllo sulla politica monetaria del dollaro e lo ha fatto tramite il passaggio dal LIBOR al SOFR. Al contempo vuole esercitare sufficiente pressione sull'euro per ridimensionarlo, attirando capitali finanziari negli Stati Uniti e forzando la mano degli eurocrati affinché contraggano la domanda in Europa (es. una sorta di “modalità risparmio energetico” e resistere alla tempesta). Non è un caso che l'euro abbia perso terreno anche nei confronti dello yuan negli scambi internazionali; non è un caso che la Germania si stia suicidando industrialmente ed energeticamente; non è un caso che si voglia accelerare i tempi per implementare nella vita di tutti i giorni identità digitale ed euro digitale. In sintesi, per quanto si possano dimenare i pianificatori centrali europei il progetto dell'UE è al capolinea. Dall'altro lato dell'Atlantico, invece, la spinta verso una maggiore indipendenza decisionale da parte dei singoli stati degli USA garantirà un cuscinetto vitale per resistere al cambiamento epocale nell'attuale sistema economico-finanziario. L'approvazione degli 11 ETF su Bitcoin è foriera di una duplice volontà del Paese: riconoscere ufficialmente lo strumento come arma (finanziaria) da usare contro i propri avversari e monito al resto del mondo che fare affari liberamente negli USA è ancora possibile (una gigantesca insegna al neon che recita “Open for business”).

Ciò a sua volta significa che un domani sarà molto più complicato per un qualsiasi politico o capo di stato svegliarsi e dichiarare “illegale” Bitcoin. Infatti, per quanto la BCE batta i piedi, è lei quella che è lo zimbello del mondo. Chi non porterebbe i propri affari negli Stati Uniti dopo che vengono pubblicizzate meno tassazione e meno burocrazia? Su tale scia, infatti, Texas e Florida stanno vedendo un netto miglioramento della loro popolarità in ambito imprenditoriale e fiscale, risucchiando a loro volta risorse da posti che le hanno sperperate piuttosto che mettere a buon frutto (es. California e stato di New York). E per questi stessi motivi non ci sarà mai un dollaro digitale. Prendendo come esempio la legge approvata di recente da Milei sul saldo dei contratti, molti stati degli USA hanno approvato legislazioni che permettono la circolazione di monete parallele al dollaro (oltre a Bitcoin, anche valute digitali locali ancorate all'oro o all'argento). Questi movimenti fanno parte tutti di uno spostamento più grande che vede il ritorno del potere decisionale nelle mani dei singoli stati, com'era nello spirito della “Land of the free”, e lasciare Washington che sia sostanzialmente l'arbitro. E non è poco dato che la Casa Bianca, come l'amministrazione attuale, può essere infiltrata da vandali.

Wall Street ha fiuto per gli affari, per le scommesse rischiose, e l'aver abbracciato negli ultimi anni i criteri ESG ha rappresentato voler puntare sulla riuscita del piano dei vandali (gli infiltrati nell'amministrazione Biden in sintonia con la cricca di Davos). Se Wall Street ha un pregio è quello d'invertire la tendenza quando vede che un trade è perdente; così è stato per la pazzia green. Anche perché continuare a impegnarsi in essa avrebbe significato favorire la Cina, dato che le terre rare sono principalmente un'esportazione a marchio cinese. Inutile dire che in un contesto di de-globalizzazione ciò significherebbe una debolezza e un rafforzamento dell'avversario. Allo stesso modo sarebbe un rafforzamento dell'avversario camminare lungo i binari della BCE adottando un dollaro digitale come progetto federale. Non ci sarà niente del genere negli Stati Uniti, soprattutto perché le grandi banche commerciali ancora posseggono un certo ascendente a livello regionale e non hanno alcuna intenzione di cedere la loro influenza. Una maggiore indipendenza e decentralizzazione dei poteri negli USA passa anche da qui, ovvero dalla carovana di banche commerciali statunitensi, JP Morgan in testa, che si sono mese di traverso ai piani della cricca di Davos. Se la FED fosse finita nelle mani della Brainard, avrebbe accentrato ulteriormente i poteri nella banca centrale americana spazzando via il comparto bancario commerciale (cosa che accadrà in Europa). Invece le grandi banche commerciali potranno eventualmente emettere le loro versioni di valute digitali, in concorrenza, e coordinate dalla Federal Reserve, ma esisterà pur sempre un ambiente in cui la centralizzazione è tenuta a bada. In questo contesto la BCE non sa che pesci pigliare, dato che l'unico modo che essa e l'UE hanno per sopravvivere è quello di centralizzare ulteriormente i loro poteri.


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Quella senatrice che credeva di sapere tutto (e invece non sapeva niente)

Freedonia - Gio, 14/03/2024 - 11:09

 

 

di Joakim Book

I legislatori hanno uno strano rapporto con la magia: per ottenere ciò che fisicamente non può essere fatto, a loro piace agitare bacchette magiche e fingere che sia possibile. La realtà pone un limite al potere politico, una consapevolezza che mal si adatta a coloro che sono responsabili del nostro apparato burocratico da migliaia di miliardi di dollari.

La senatrice Elizabeth Warren è un esempio lampante e da tempo punta il dito contro il mondo (apparentemente magico) degli asset digitali come Bitcoin. Ha co-sponsorizzato il Digital Asset Anti-Money Laundering Act del 2022 con Roger Marshall, il quale tentava di sottoporre suddetti asset a regole che fanno eco a quel sistema normativo da cui le criptovalute sono nate per sfuggire.

Lo scopo del disegno di legge era quello di “colmare le lacune e portare l’ecosistema degli asset digitali a una maggiore conformità con i quadri antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo (AML/CFT) che governano il sistema finanziario nel suo insieme”.

Ciò trasforma decine di migliaia di nodi, wallet, o possessori di bitcoin in società di servizi monetari autorizzate per l'esecuzione di software sui loro computer. Il testo del disegno di legge si scagliava in particolare contro i wallet “unhosted”, i quali sono semplicemente asset che non sono sotto la custodia di una borsa regolamentata o di un'entità simile a una banca, ma posseduti a titolo definitivo invece di essere controparte di un contratto bancario censurabile. Non può esserci privacy finanziaria nel mondo della senatrice.

Alle entità che trasferiscono denaro sarebbe stato richiesto di eseguire il tipo di controlli d'identificazione e di controparte a cui si sottopongono le banche, ma il disegno di legge faceva un ulteriore passo avanti:

Vietare agli istituti finanziari di utilizzare o effettuare transazioni con asset digitali mixati e altre tecnologie che migliorano l’anonimato e di gestire, utilizzare o effettuare transazioni con asset digitali resi anonimi utilizzando tali tecnologie.

Un’analogia per capire l’assurdità di tutto ciò è il contante fisico: utilizzare un bancomat e poi effettuare un deposito bancario è la forma più rudimentale di “tecnologie che migliorano l’anonimato”. Se i senatori riuscissero a ottenere ciò che vogliono, il tipo di privacy consentito dal denaro contante sarebbe escluso nel nuovo mondo di Bitcoin: dobbiamo vedere cosa state facendo e assicurarci che non state spendendo fondi a favore di ciò che disapproviamo.


Affrontare la realtà

Mai prima d’ora una proposta legislativa è stata così risolutamente sconfitta dalla realtà. Essa non scompare semplicemente perché la si etichetta come “riciclaggio di denaro”, o la si collega tangenzialmente al comportamento criminale degli stati canaglia che motivano un tale disegno di legge.

La Warren non poteva veder realizzato il suo piano per tre ragioni: Bitcoin non funziona come crede lei; al Congresso è costituzionalmente vietato di farlo; al protocollo Bitcoin non interessa il movimento della sua bacchetta magica.

Anche se Bitcoin tenta di essere denaro, non è conforme alle proprietà fisiche dei pezzi di carta (o degli istituti bancari regolamentati) che la Warren finge di comprendere. I dollari cartacei circolano e i bonifici bancari vengono effettuati tra banche o nel bilancio della Federal Reserve; qualcosa che ha valore monetario si muove e quindi otteniamo leggi sui trasferimenti di denaro per tenere sotto controllo chi sposta i fondi.

In superficie sembra che Bitcoin funzioni allo stesso modo: ho i miei satoshi in un'app mobile, o in un wallet hardware, premo invio e poi li mando a qualcun altro. Qualcosa di simile al denaro si è spostato, giusto?

Sbagliato. Ciò che cambia sono le parole segrete che permettono a una transazione di essere accettata dalle decine di migliaia di nodi che gestiscono il protocollo Bitcoin. È come passare biglietti segreti al mondo intero, cifrati da un codice segreto.

Non c'è nessuna banca su cui la Warren poteva appoggiarsi per scopi normativi. Ciò che cambia è il riconoscimento a livello di protocollo che qualcun altro ora ha accesso ai fondi, mentre questi ultimi non si spostano mai. L0la L33tz ha scritto su Bitcoin Magazine che “i wallet unhosted trasferiscono la valuta bitcoin tanto quanto la chiave della propria porta sposti la casa”.

La nozione controintuitiva di un sistema monetario che opera senza movimento di denaro deve ancora raggiungere gli uffici dei legislatori americani. Le leggi sul trasferimento di denaro sono tanto inadeguate a regolamentare Bitcoin quanto lo sono per gli inservienti del Campidoglio.

Bitcoin non si muove, quindi come può il software che gestisce il proprio saldo essere soggetto alle leggi sui trasferimenti di denaro? Ma i problemi per la Warren non finiscono qui.

Non puoi. Bitcoin è stato creato per attacchi come questi, tentativi di regolamentarlo o controllarlo. È resistente; il suo registro e le conferme dei blocchi sono completamente insensibili ai gesti di qualsiasi mago. Tre anni fa la Cina ha cercato di vietare il mining di bitcoin – un processo fisico più ovvio del semplice possesso, transazione, o convalida – uno stato molto più autoritario degli Stati Uniti, e non c'è riuscita. Oggi in Cina esistono numerose operazioni di mining in segreto, per non parlare dell’esodo di macchinari negli Stati Uniti, in Canada, in Kazakistan e in Russia. Un’enorme repressione autoritaria con impatto zero su Bitcoin.

Buona fortuna nel sottomettere le semplici transazioni e i metodi di miglioramento della privacy che le persone eseguono sui loro telefoni e computer.

Non ti è permesso. Il Primo Emendamento afferma che il governo federale non può limitare la libertà di parola e, a partire dal caso Bernstein contro Stati Uniti negli anni ’90, la Corte Suprema ha affermato che il codice informatico è parola. Ogni aspetto di Bitcoin è codice informatico: i validatori che eseguono il protocollo sono codice; i wallet “unhosted” e i mixer sono codice; le app che consentono la spesa sono codice. In nessun momento nulla relativo a Bitcoin cessa di essere codice informatico. Fine della discussione.

Non dovresti. Il denaro è un’entità neutrale, un sistema che esiste solamente per facilitare il commercio tra gli esseri umani. Se svolge bene il suo ruolo, anche i malviventi lo useranno. Quando ci si intromette, svolge meno bene la sua funzione e si danneggia il resto della società. I senatori di una galassia lontana, lontana non hanno alcun diritto d'interferire.

Non è possibile rendere illegali le parole, soprattutto perché esistono nella mente umana, a disposizione di chiunque. Quando i nemici di Harry Potter nel fantastico mondo di J. K. Rowling impongono il “Taboo”, un incantesimo che permette ai Mangiamorte di punire chiunque pronunci il nome di Voldemort, lo fanno attraverso l'uso della magia, un regno che fortunatamente il Congresso non ha ancora scoperto.

Non che non c'abbia provato a scoprirlo, però, come abbiamo appreso quando la senatrice Warren ha cercato di regolamentare il codice informatico che le persone eseguono quando usano Bitcoin. I pianificatori centrali cercano sempre di pianificare ciò che va oltre la loro comprensione – e spesso oltre le loro capacità.

La buona notizia è che non è stato approvato e mai lo sarà; è il tipo di marketing grazie al quale la Warren è diventata piuttosto nota. La cattiva notizia è che riflette la visione sbagliata di molti legislatori e di molte altre persone comuni.

Si può essere a favore di Bitcoin, opporsi a esso, o essere disinteressati nei suoi confronti. Ciò che non si può fare è manipolarne il funzionamento e poi provare a usare il potere dello stato per farlo comportare come si vorrebbe che si comportasse. L'ignoranza non è una buona ragione per oltrepassare la propria autorità.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Schumpeter su come l’istruzione superiore distrugge la libertà

Freedonia - Mer, 13/03/2024 - 11:01

 

 

di Jeffrey Tucker

Uno di quei libri che offre infiniti spunti di riflessione è Capitalism, Socialism, and Democracy (1943) di Joseph Schumpeter. Non è un trattato sistematico, si tratta piuttosto di una serie di osservazioni sugli enormi problemi che affliggevano quei tempi e i nostri. Molti sono attratti dall’economia, altri dalla storia e altri ancora dalla sociologia e dalla cultura.

La prospettiva di Schumpeter era a dir poco eclettica: era un partigiano dell’ordine borghese – istruito nella Vienna fin de siecle – ma a metà del secolo era convinto che la civiltà fosse destinata a essere sostituita da un amalgama di socialismo/fascismo. Non perché il capitalismo stesso fosse fallimentare, ma perché esso genera i semi della propria distruzione: produce talmente tanta ricchezza che è troppo facile fare a meno del fondamento istituzionale/culturale che rende possibile tutto ciò.

Concentriamoci, però, su un'affascinante intuizione riguardante l'istruzione superiore, solo una piccola parte del tutto. Schumpeter riteneva che l’Occidente fosse diretto a portare sempre più persone nell’ovile accademico con corsi e diplomi, lontano dal lavoro manuale e verso attività intellettuali. Non intendeva semplicemente diventare accademici, ma persone che avrebbero lavorato a partire da e con un apparato ideologico e filosofico – una classe di lavoratori dell'informazione – sempre più distante dalla produttività effettiva.

In altre parole, parlava dell’ascesa della classe manageriale che avrebbe popolato ogni campo, tra cui il giornalismo e i media generalisti in cui i lavoratori sono distaccati dalle conseguenze nel mondo reale delle idee che promuovono. Sarebbero arrivati a formare una classe propria con un potere culturale unico e un interesse comune nella costruzione di sistemi sociali e politici che avrebbero avvantaggiato loro stessi a spese degli altri.

Vediamo cosa scrisse e tenete presente che eravamo nel 1943.

Una delle caratteristiche più importanti delle fasi successive della civiltà capitalista è la vigorosa espansione dell’apparato educativo e in particolare delle strutture per l’istruzione superiore. Questo sviluppo era ed è non meno inevitabile dello sviluppo della grande unità industriale, ma, a differenza di quest’ultima, è stato ed è favorito dall’opinione pubblica e dai poteri pubblici in modo tale da andare molto più in là di quanto sarebbe accaduto con il vapore.

Qualunque cosa possiamo pensare su questo e altri punti di vista, e qualunque sia la causa precisa, ci sono diverse conseguenze che incidono sulla dimensione e sull’atteggiamento del gruppo intellettuale.

In primo luogo, nella misura in cui l'istruzione superiore aumenta l'offerta di servizi nelle linee professionali, quasi professionali e infine in tutte le linee dei “colletti bianchi” oltre il punto determinato da considerazioni costo-rendimento, ciò può creare un caso particolarmente importante di disoccupazione settoriale.

In altre parole, il sovvenzionamento dell’istruzione superiore stessa avrebbe finito per creare molti più intellettuali accreditati di quanto la società ne avesse effettivamente bisogno o delle richieste del mercato. Quindi queste persone si sarebbero trovate ad affrontare una sorta d'insicurezza lavorativa date le loro capacità in un mercato limitato.

In secondo luogo, insieme o al posto di tale disoccupazione, si vanno a creare condizioni di lavoro insoddisfacenti: occupazione in lavori inferiori agli standard o con salari inferiori a quelli dei lavoratori manuali meglio pagati.

Questa è un'osservazione interessante e rimane vera anche oggi. Un camionista guadagna molto di più di un professore e di un giornalista alle prime armi; un elettricista o un ingegnere viene pagato più di qualunque laureato in discipline umanistiche. Anche i migliori scrittori e influencer ottengono salari più bassi rispetto ad analisti finanziari e contabili, campi in cui la formazione e le credenziali si svolgono al di fuori dell’accademia.

In terzo luogo, potrebbe creare un tipo di disoccupazione particolarmente sconcertante. La persona che ha frequentato un college o un'università diventa psichicamente inoccupabile nelle occupazioni manuali senza necessariamente che acquisisca l'occupabilità, ad esempio, nel lavoro professionale. Il suo fallimento può essere dovuto alla mancanza di capacità naturali – perfettamente compatibili con il superamento dei test accademici – o a un insegnamento inadeguato; ed entrambi i casi, in termini assoluti e relativi, si verificheranno con maggiore frequenza man mano che un numero sempre maggiore di persone verrà arruolato nell'istruzione superiore e man mano che la quantità d'insegnamento richiesta aumenterà indipendentemente da quanti insegnanti e studiosi la natura sceglierà di presentare. I risultati del trascurare questo aspetto e dell’agire secondo la teoria secondo cui le scuole, i college e le università sono solo una questione di soldi, sono troppo ovvi da essere ulteriormente sottolineati. I casi in cui su una dozzina di aspiranti per un posto di lavoro, tutti formalmente qualificati, non ce n'è uno che possa occuparlo in modo soddisfacente, sono noti a chiunque abbia a che fare con le nomine, cioè a chiunque sia esso stesso qualificato a giudicare.

Tutti coloro che sono disoccupati, o hanno un impiego insoddisfacente o inoccupabili, scivolano verso vocazioni in cui gli standard sono meno definiti o in cui contano attitudini e aspirazioni di ordine diverso. Vanno a ingrossare le fila degli intellettuali in senso stretto, il cui numero aumenta quindi in modo sproporzionato; vi entrano in uno stato d'animo completamente scontento.

Il malcontento genera risentimento e spesso si razionalizza in quella critica sociale che, come abbiamo visto prima, è comunque l'atteggiamento tipico dello spettatore intellettuale nei confronti delle persone, delle classi e delle istituzioni soprattutto in una civiltà razionalista e utilitaristica. Si finisce in una situazione in cui c'è un gruppo ben definito di proletari e un interesse di gruppo che va a modellare un atteggiamento collettivo che spiegherà l’ostilità verso l’ordine capitalista in modo molto più realistico di quanto potrebbe fare la teoria – essa stessa una razionalizzazione in senso psicologico; la giusta indignazione dell’intellettuale per i torti del capitalismo rappresenta la deduzione logica da fatti scandalosi e che non è migliore della teoria degli innamorati secondo cui i loro sentimenti non rappresentano altro che la deduzione logica delle virtù dell'amato. Inoltre la nostra teoria spiega anche il fatto che questa ostilità aumenta, invece di diminuire, a ogni conquista dell’evoluzione capitalistica.

L’ostilità del gruppo intellettuale – che equivale a disapprovazione morale nei confronti dell’ordine capitalista – è una cosa e l’atmosfera generale ostile che circonda il motore capitalista è un’altra. Quest'ultima è il fenomeno veramente significativo e non è semplicemente il prodotto della prima, bensì deriva in parte da fonti indipendenti, alcune delle quali sono state menzionate prima; fintanto che è così il gruppo intellettuale si crogiolerà in essa.

Bisogna ammettere che questo passaggio è davvero illuminante, soprattutto perché è stato scritto nel 1943. In quell’anno solo circa il 15% della popolazione era iscritta al college, per un totale di 1,1 milioni di persone negli Stati Uniti. Oggi circa il 66% le persone che si diplomano al liceo si iscrivono all'università, ovvero 20,4 milioni nella fascia di età pertinente. Si tratta di un cambiamento piuttosto gigantesco da allora a oggi.

Pertanto qualunque fosse il problema osservato da Schumpeter sui laureati – la mancanza di reali competenze, l’insicurezza del lavoro, il risentimento contro la produttività genuina, il bisogno di scherzare con l’opinione pubblica senza conseguenze – oggi è decisamente peggiorato.

Gli ultimi anni hanno visto la formazione dell’egemonia di una classe dirigente che non ha alcuna esperienza in qualsiasi attività commerciale nel mondo reale. Sventolando i loro diplomi e curriculum si sentono autorizzati a dettare legge su tutti gli altri e a martellare all'infinito il sistema della libera impresa affinché si conformi alle loro immaginazioni sulle priorità sociali e culturali, indipendentemente da ciò che le persone o la realtà economica richiedono per davvero.

Il passaggio verso ogni sorta di priorità nei confronti di un “Grande Reset” rappresenta un esempio un eccellente. I criteri DEI (diversità equità inclusione) nel campus, i criteri ESG (ambiente società governance) nel mondo aziendale, le risorse umane nella gestione di tutto, i veicoli elettrici nei trasporti, gli hamburger impossibili come carne, vento e solare come fonti di energia, e chi più ne ha più ne metta: sono tutti prodotti di quelle stesse forze descritte da Schumpeter.

Sono nati da quegli intellettuali cresciuti in ambienti universitari, implementati e applicati poi da persone con un mercato limitato per il loro bagaglio di conoscenze, tentando quindi di riorganizzare il mondo per garantire meglio il loro posto al suo interno. Questa è la classe di esperti che secondo Schumpeter avrebbe smantellato la libertà come la conosciamo.

Sicuramente le persone che hanno governato durante i catastrofici lockdown non erano i professionisti e tanto meno i lavoratori che consegnavano il cibo o i proprietari di piccole imprese o anche gli epidemiologi sul campo. No, erano i tecnocrati e i burocrati che hanno dovuto affrontare zero conseguenze per aver sbagliato e che ancora oggi si nascondono o incolpano qualcun altro. I loro piani per ora sono di tenere la testa bassa e sperare che tutti dimentichino, finché un giorno poi potranno riemergere per gestire la prossima crisi.

In questo modo vediamo che Schumpeter aveva assolutamente ragione. La crescita dell’istruzione superiore di massa non ha generato un settore della società più saggio e responsabile, ma esattamente il contrario. L'aveva previsto 80 anni fa; ci è voluto del tempo, ma sarebbe giustificato chiamarlo profeta.

E dove siamo oggi? Un’intera generazione sta ripensando il modello. È davvero vantaggioso sborsare sei cifre, rinunciare a quattro anni di vera e propria esperienza lavorativa, gravarsi di oltre 20 anni di debiti, il tutto per finire in una vasta burocrazia di miserabili che non fanno altro che complottare la fine della libertà e della vita per tutti gli altri? Forse c'è un altro modo.

E cosa ci guadagnano le persone dalla scelta del college e della scuola di specializzazione? Date un'occhiata ai sistemi di credenziali nella maggior parte delle professioni oggi: hanno tutti il ​​proprio sistema educativo, completo di test, e questo vale per contabilità, preparazione fiscale, ingegneria di ogni tipo, project management, diritto e medicina (ovviamente), attuari, preparazione di contratti, ospitalità, genealogia, logistica, informatica e computer, gestione delle emergenze, geologia e molto altro ancora.

Ogni campo ha un'organizzazione professionale e ognuna di esse ha una credenziale. Ogni credenziale prevede un esame e ogni esame ha un libro di testo. Ogni libro di testo ha metodi estesi di apprendimento del materiale per consentire agli studenti di apprendere e questi sistemi non riguardano l’ideologia e la socializzazione, bensì le competenze reali di cui si ha bisogno in un mercato autentico.

In altre parole, è il mercato stesso a rendere l’università obsoleta.

La spinta a forzare tutti a frequentare l’istruzione superiore si è rivelata una gigantesca deviazione di energie finanziarie e umane e, proprio come previsto da Schumpeter, non ha fatto alcun favore alla causa della libertà. Ha solo finito per generare debiti, risentimento e uno squilibrio delle risorse umane tale che le persone che detengono il potere sono le stesse che hanno meno probabilità di possedere le competenze necessarie per migliorare gli standard di vita generali. Anzi, stanno peggiorando le cose.

L'avvertimento preveggente di Schumpeter ha colto nel segno e questa è una tragedia.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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La morte del denaro facile è stata sopravvalutata

Freedonia - Mar, 12/03/2024 - 11:11

 

 

di Brendan Brown

I resoconti sulla fine dell’attuale ciclo di allentamento monetario, parafrasando Mark Twain, sono stati estremamente sopravvalutati. Le analisi di mercato contemporanee sono piene di commenti di come la FED e la BCE stiano ridimensionando la precedente volontà di un taglio dei tassi in primavera e lodano le banche centrali, in particolare la FED, per aver dimostrato indipendenza politica in vista delle elezioni.

Il quadro più ampio suggerisce il contrario: all’indomani della crisi sanitaria la politica monetaria è stata ancora una volta palesemente influenzata dalla politica.

Sì, sia negli Stati Uniti che in Europa, le banche centrali hanno avuto la faccia tosta di rivendicare il merito di aver rallentato l’aumento dei prezzi al consumo. La verità è che hanno approfittato dell’aumento dal lato dell’offerta derivante dall’attenuarsi delle dislocazioni durante la crisi sanitaria per perseguire un’inflazione monetaria continua, ma ora parzialmente camuffata. Con una moneta sana/onesta i prezzi al consumo sarebbero tornati ai livelli pre-pandemia; infatti alcuni vecchi sintomi – e anche alcuni nuovi – dell’inflazione degli asset nell’ultimo anno circa svelano l'arcano.


Quando il sistema bancario centrale promuove il denaro facile durante un anno elettorale

Una sequenza di tagli dei tassi prima delle elezioni non è essenziale per dimostrare una polarizzazione motivata politicamente, anche se alcuni episodi saltano palesemente all'occhio nel piccolo laboratorio della storia. Il più noto fu la linea di politica della FED durante la presidenza Arthur Burns nel periodo precedente la rielezione di Nixon nel novembre 1972, seguita un anno dopo dall'inizio di un crollo del mercato azionario e da una recessione. Meno evidenziato nei libri di storia, ma altrettanto significativo, è stato il ciclo di allentamento in vista delle elezioni americane nel 2004. 

Iniziò con la nomina da parte del presidente Geroge W. Bush del famoso neo-keynesiano Ben Bernanke a governatore della FED nell’ottobre 2002 e successivamente con la negoziazione di una proroga di metà mandato per Alan Greenspan come presidente. Il risultato: la politica monetaria intraprese un “percorso fortemente stimolatorio”, evidenziato dai tagli dei tassi fino a livelli allora anormalmente bassi. La continua crescita della produttività, guidata dalla rivoluzione informatica, e l’esplosione della globalizzazione incentrata sulla Cina, contribuirono a mantenere bassa l’inflazione dei prezzi al consumo almeno fino al giorno delle elezioni. All’epoca la conclusione della Grande Crisi Finanziaria era ancora lontana più di due anni.

L’attuale ciclo della politica monetaria non è radicato nei tagli dei tassi a livelli anormalmente bassi, piuttosto la grande decisione nella politica monetaria è stata quella di bloccare l’enorme perdita di potere d’acquisto del denaro durante la crisi sanitaria, pur continuando con un orientamento inflazionistico. Di conseguenza alla fine del 2023 il dollaro e l’euro hanno perso rispettivamente il 17 e il 15% del loro potere d’acquisto sin dalla fine del 2019.

Cosa si nascondeva dietro questa decisione? Ovviamente non esiste alcuna traccia scritta nella propaganda della FED (e della BCE) o nelle deliberazioni del Congresso (e del Parlamento). Gli indizi più importanti provengono dal silenzio di tutte le parti sulle considerazioni principali: l’agevolazione della spesa pubblica e l’imposizione di ingenti tasse tramite l’inflazione dei prezzi, la contropartita di un forte taglio del valore reale del debito pubblico al di sotto di una linea di tendenza in forte aumento. Sia chi nomina i governatori delle banche centrali che i ratificatori parlamentari/congressuali si sono uniti a tal processo decisionale.

Il proseguimento di una politica monetaria lassista può essere visto in vari sintomi dell'inflazione dei prezzi degli asset: temperature elevate in alcuni settori del mercato azionario, una crescita dilagante del credito privato e, sì, spread creditizi ai minimi storici nei mercati del credito pubblico ad alto rendimento (tranne per i titoli di qualità molto scadente). È vero, alcuni dati hanno indicato una certa resilienza superficiale, ma essi confondono solo le acque data la disfunzione del sistema monetario e la disintermediazione incentivata dalla burocrazia incalzante.


La strategia della FED

I banchieri centrali sono fermamente convinti che stanno portando avanti una linea di politica disinflazionistica, puntando il dito a tassi nominali elevati e rendimenti reali normalizzati nel mercato TIPS (Treasury Inflation-Protected Securities).

E a quanto pare non importa se i tassi d'interesse nominali siano una guida lacunosa per le condizioni monetarie, o se i rendimenti reali nel mercato TIPS potrebbero essere ben più bassi dopo un aggiustamento ai premi di liquidità; senza contare poi le distorsioni nel calcolo dell’IPC e il possibile ripudio delle clausole d'indicizzazione. I bassi spread creditizi ricordano un altro periodo di elevata inflazione monetaria accompagnata da alti tassi d'interesse nominali: la seconda grande inflazione del 1976-77 (che si sovrappose alla fallita campagna di rielezione del presidente Ford).

Quando e dove ha avuto luogo questa decisione politica di proseguire lungo la strada dell’inflazione monetaria? Nel caso delle nomine della FED, la rinomina di Powell all’inizio del 2022 rappresenta una componente importante della risposta. La Casa Bianca e i ratificatori del Senato hanno senza dubbio capito che questi individui non si sarebbero allontanati dal percorso più conveniente dal punto di vista politico, soprattutto quando era in corso un mega aumento della spesa fiscale.

Su questa strada non vi è alcuna ragione convincente per tagliare i tassi adesso. Un taglio potrebbe arrivare a metà anno per simboleggiare il trionfo sull’inflazione tornata in linea con gli obiettivi della banca centrale e un atterraggio morbido. Implicitamente il calcolo politico si è basato sul presupposto che gli elettori non avrebbero messo in dubbio il trionfo sull’inflazione dei prezzi e che avrebbero ignorato la perdita cumulativa di potere d’acquisto del denaro, sebbebe alcuni sondaggi suggeriscano il contrario.


La situazione in Europa

Nel caso dell’Europa il ciclo monetario influenzato dalla politica ha origine in Germania. Il potere di nomina, soprattutto da parte dell’egemone tedesco, ha svolto un ruolo chiave nell’esercitare un’influenza della politica sull'impostazione della politica monetaria.

Nel crepuscolo della sua amministrazione la cancelliera Merkel espresse il proprio sostegno a Christine Lagarde come nuovo presidente della BCE piuttosto che sostenere la linea più dura del presidente della Bundesbank, Jens Weidmann. Ciò coincideva con la strategia, alla fine fallita, del suo partito CDU di fare campagna elettorale per i voti del centrosinistra filoeuropeo piuttosto che dell'estrema destra. Poi, alla fine del 2021, il nuovo cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz ha nominato Joachim Nagel – il vice capo della sezione regolamentazione bancaria presso la BRI – presidente della Bundesbank invece di selezionare un accademico di tradizionale convinzione monetarista.

Le elezioni tedesche sono previste per il 2025, ma potrebbero svolgersi prima a causa dell’attuale crisi nei colloqui sul finanziamento del bilancio tra i partner della coalizione di governo. Le elezioni imminenti sono già una forza da non sottovalutare per spiegare la politica monetaria europea. Le grandi sfide per gli attuali partner della coalizione (SPD, Verdi, FDP) includono l’ascesa dell’estrema destra (ADP) e un nuovo partito populista nell’estrema sinistra.

Di conseguenza Berlino non prende sul serio la disinflazione, ma nei suoi messaggi presenta comunque una patina di rispetto per la moneta forte, in modo da non turbare gli elettori nostalgici dell’era del marco tedesco. Quindi non ha senso alcuna fretta di tagliare i tassi. Ogni capo della BCE, inclusa l’attuale ex-politica Christine Lagarde, esercita un’abile diplomazia su Berlino, dato che la Germania è fondamentale per la continuazione dell’Unione monetaria europea.

Con l’evolversi dell’apparente resistenza su entrambe le sponde dell’Atlantico nei confronti di tagli anticipati dei tassi, ci sono due importanti scenari alternativi da prendere in considerazione. Il primo è un accumulo endogeno di pressione che poi sfocerà in crisi finanziaria; il secondo prevede che l’inflazione dei prezzi degli asset acquisisca slancio nel corso dell’anno.

Le dinamiche politiche innescherebbero un taglio dei tassi in risposta a qualsiasi rischio percepito di deflazione dei prezzi degli asset. Le lezioni apprese dalla ritardata risposta monetaria ai terremoti creditizi iniziati nella primavera del 2007 sono ben note agli strateghi politici di oggi. Finora, però, non si registrano terremoti, ma difficoltà per le piccole banche non sistemiche negli Stati Uniti, in Germania, Svizzera e Giappone. Il problema è stato sempre il coinvolgimento in crediti inesigibili su immobili commerciali e gran parte del problema negli Stati Uniti è costituito da immobili adibiti ad uffici.

Il secondo scenario, caratterizzato da un’intensificata inflazione dei prezzi degli asset, non produrrebbe alcuna azione. Una virulenta inflazione dei prezzi degli asset si manifesterebbe sotto forma di nuove spinte speculative in importanti settori dei mercati insieme a un ulteriore calore nei mercati del credito. Questo accumulo di inflazione dei prezzi degli asset potrebbe andare di pari passo con un continuo calo dei dati pubblicati sull’indice dei prezzi al consumo, un precursore con un notevole ritardo rispetto all’altro sintomo dell’inflazione monetaria: l’aumento dell’inflazione effettiva dei prezzi al consumo. La logica nella politica sarebbe contraria a qualsiasi risposta preventiva.

In sintesi, l’attuale politica monetaria motivata politicamente potrebbe produrre una ricaduta in un’inflazione intensificata seguita da una crisi, forse ben oltre le imminenti elezioni. Oppure la deflazione dei prezzi degli asset potrebbe emergere prima delle elezioni e portare a una risposta monetaria immediata e forte.

L’entità dell’inflazione monetaria presente e futura e i tempi, o l’entità, dell’inflazione o della deflazione dei prezzi degli asset sono – come sempre – una questione di congetture per i contemporanei. Infatti questa volta le cose potrebbero essere ancora più difficili da prevedere a causa dei problemi legati ai dati e al grado di disfunzionalità del sistema monetario. Come dicono i francesi, plus ça change plus ç'est la même choose – più le cose cambiano, più restano uguali.


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In che modo Carl Menger e gli Austriaci hanno contribuito a orientare la teoria economica nella giusta direzione

Freedonia - Lun, 11/03/2024 - 11:09

 

 

di Pedro Goulart

Adam Smith, nel suo libro del 1776 La ricchezza delle nazioni, stabilisce i principi guida dell’ortodossia economica classica, i quali hanno fatto da guida al paradigma economico inglese. Nonostante una tradizione più incentrata sul colbertismo (tra il XVI e il XVII secolo) e sulla fisiocrazia (dal XVIII secolo in poi), l’economia classica è riuscita a penetrare nell’ambiente accademico francese grazie a nomi come Jean-Baptiste Say e Anne Robert Jacques Turgot.

Nel suo libro La ricchezza delle nazioni Adam Smith presenta un'analisi completa dei principi dell'economia, delineando i fondamenti del liberalismo economico e fornendo una struttura concettuale dell'economia politica che ha poi permesso l'avvento di diverse correnti di pensiero (al di fuori del paradigma classico). David Ricardo, all'inizio del XIX secolo, ebbe un impatto significativo sull'evoluzione del pensiero economico. La sua influenza fu sostanziale nella formazione delle basi teoriche del marxismo, soprattutto per quanto riguarda la teoria del valore-lavoro, la teoria dei salari e del reddito.

Inoltre i contributi di Ricardo si rifletterono anche nella successiva scuola neoclassica, rappresentata da figure come Alfred Marshall e Léon Walras. Il passaggio dalle teorie classiche all'approccio neoclassico comportò una reinterpretazione dei concetti già esaminati in chiave matematica e basati su modelli di equilibrio.

Uno dei principi fondamentali che guidano la teoria economica di Adam Smith è il concetto di divisione del lavoro. Questo principio rappresenta un tassello centrale che permea l’intera struttura smithiana per ciò che concerce il miglioramento delle condizioni materiali umane e la modernizzazione dei beni capitali. L’idea centrale della divisione smithiana del lavoro è che, specializzandosi gli individui in aree specifiche della produzione di beni e servizi, si verifica un aumento significativo dell’efficienza e della produttività complessive. Smith illustra come questa specializzazione porti non solo all'ottimizzazione dei talenti individuali, ma anche alla massimizzazione della produzione totale della società.

Nel contesto della discussione sulla divisione del lavoro è pertinente far notare che la Scuola Austriaca, invece di negare l'importanza di questo principio, sostiene una prospettiva che differisce dalla visione di Adam Smith. La Scuola Austriaca ovviamente riconosce che la progressiva divisione del lavoro, come sottolineato dallo stesso Smith, ha contribuito in modo significativo all’aumento della produttività e, quindi, al miglioramento del benessere umano.

Tuttavia è importante sottolineare che, nell'opera Principles of Economics, Carl Menger – uno studioso del quadro teorico di Smith – elabora l'idea secondo cui la divisione progressiva del lavoro non deve essere considerata l'unica causa di tutti i progressi nella produttività. Menger dice che, sebbene si tratta di un fattore rilevante, esiste una complessità di altri elementi altrettanto essenziali che svolgono un ruolo importante in tal processo.

Menger propone l'esempio di una tribù indigena che, a causa di fattori circostanziali, inizia a utilizzare la divisione del lavoro. Individui che sono cacciatori, pescatori, agricoltori, guerrieri, badanti, amministratori, ecc. che svolgono un’ampia gamma di compiti sempre più specifici per il contesto tribale. Menger afferma che, sebbene l’aumento della produttività – cioè l’efficienza derivante dalla divisione del lavoro – sia estremamente importante, l’aumento marginale della produttività non porta al pieno sviluppo qualitativo della produzione dei beni in sé.

Il guadagno in efficienza è il risultato dell'organizzazione degli attori di mercato produttivi, dove ciascuno svolge funzioni specifiche secondo le proprie capacità e inclinazioni. Tuttavia è importante sottolineare che la divisione smithiana del lavoro può solo portare a uno stato in cui gli attori di mercato produttivi hanno la capacità materiale di utilizzare suddetto processo, poiché lo sviluppo tecnico fornisce loro tale capacità. Possiamo quindi dedurre che utilizzando solo la divisione smithiana del lavoro – nonostante i guadagni quantitativi e il miglioramento delle condizioni materiali entro limiti tecnici e tecnologici – la tribù non ottiene un miglioramento qualitativo delle condizioni materiali.

Menger evidenzia un punto cruciale che venne poi approfondito dai suoi studenti Eugen von Böhm-Bawerk e Friedrich Freiherr von Wieser: una teoria che stabilisce una connessione tra il benessere materiale, i beni capitali in un’economia e la capacità produttiva. Menger stabilisce brillantemente la relazione tra i nessi causali nelle catene di produzione e lo sviluppo delle condizioni materiali umane.

Se un popolo, invece di dedicarsi semplicemente ad attività più primitive – limitandosi cioè solo a raccogliere e utilizzare beni disponibili di ordine inferiore (negli stadi più primitivi generalmente beni del primo e del secondo ordine) – cominciasse a lavorare con beni del terzo e del quarto ordine, o di ordine superiore, e per soddisfare i propri bisogni ricorresse alla lavorazione dei beni di ordine superiore, soprattutto se ogni passo in questa direzione è accompagnato da un'adeguata divisione del lavoro, osserveremo senza dubbio quel progresso nel benessere che Adam Smith era disposto ad attribuire esclusivamente a quest'ultimo fattore (divisione del lavoro).

Ciò significa che, abbandonando la comodità di trattare solo beni di ordine inferiore o di consumare direttamente beni di prim'ordine, gli attori di mercato produttivi stabiliscono sempre più collegamenti causali ed estese reti di relazioni tra beni di ordine superiore e i beni complementari di ordine inferiore.

Utilizzando collegamenti causali tra beni di ordine diverso, lo sviluppo tecnologico avviene attraverso il miglioramento della produzione dei beni di ordine superiore. Gli attori di mercato produttivi non solo utilizzano tipologie diverse di beni per sviluppare beni del primo ordine, ma creano anche un’interconnessione tecnologica e produttiva tra i diversi ordini dei beni, promuovendo quindi lo sviluppo tecnologico. Le complesse interconnessioni tecnologiche e produttive tra i diversi ordini dei beni generano un ciclo di feedback positivo. Man mano che gli attori di mercato produttivi elaborano beni di ordine superiore e migliorano l’efficienza nella produzione di questi beni, si verifica un miglioramento nella qualità e nella quantità dei beni complementari.

Quanto più complessa è la produzione che comporta la lavorazione dei beni di ordine superiore e la creazione di intricati collegamenti causali tra questi beni e i loro complementi sottostanti, tanto maggiore diventa lo sviluppo tecnologico. Questa complessità favorisce un’interconnessione dinamica tra le diverse fasi della filiera produttiva, stimolando l’innovazione, l’efficienza e il miglioramento continuo della qualità e della quantità dei prodotti. Il risultato è un “circolo virtuoso” che contribuisce al progresso economico e sociale, fornendo una maggiore diversità di beni, una maggiore produttività e migliori condizioni di vita nella società.

Per consolidare la comprensione di tutto ciò, la teoria mengeriana stabilisce che una società primitiva è quella che si occupa esclusivamente di raccogliere beni del primo ordine e, al massimo, di trasformare beni del secondo ordine in beni del primo ordine. Possiamo osservarlo nei gruppi nomadi di cacciatori-raccoglitori, dove l'emergere di beni del primo ordine costituisce una mera casualità, cioè non hanno alcuna influenza sul miglioramento e sulla preparazione di questi beni; li usano semplicemente nel modo in cui la natura li fornisce. Con l'avvento dell'agricoltura, possiamo vedere una catena sempre più grande di legami causali utilizzati per la produzione e il miglioramento di beni con ordini sempre più elevati.

Stabilito il nesso causale dei beni di ordine superiore sempre più distanti dal bene del primo ordine, il vero artefice del passaggio dallo stato di bisogno allo stato di soddisfazione attraverso la sua utilità estrinseca, queste catene di nessi causali forniscono un maggiore controllo e direzione della produzione e del miglioramento dei beni. In questo modo lo sviluppo di legami causali massimizza gli attori di mercato, i quali – a causa della necessità di ottimizzare l’allocazione delle risorse nel processo produttivo – potranno sperimentare i benefici derivanti dalla divisione del lavoro.

Allo stesso modo Böhm-Bawerk basa la sua teoria della produzione sul concetto di legami causali di Menger, estendendo e migliorando ulteriormente le idee sulla produzione economica. Il punto cruciale della teoria bawerkiana: quando adottiamo vie di produzione indirette, otteniamo risultati superiori. Ciò deriva dallo sviluppo cumulativo dei beni strumentali durante tutto il processo produttivo, consentendo un progressivo miglioramento dell’efficienza e della qualità dei beni finali.

Nel contesto dei metodi di produzione indiretta, Böhm-Bawerk sottolinea l’importanza d'indirizzare le risorse verso la creazione e la continua espansione di beni capitali. Pertanto, nella teoria bawerkiana, la produzione con mezzi indiretti – caratterizzata dall’uso strategico dei beni capitali in combinazione con le “forze della natura” – è intrinsecamente legata alle condizioni materiali che influenzano il processo produttivo e questo è il cosiddetto processo di produzione capitalistico, il quale avviene attraverso i beni strumentali.

Attraverso l’analisi acuta dei precursori della Scuola Austriaca, diventa evidente che la divisione smithiana del lavoro – fondamentale per la specializzazione e l’efficienza produttiva – è stata possibile solo attraverso lo sviluppo meticoloso dei nessi causali mengeriani e della produzione capitalistica bawerkiana. La comprensione delle relazioni nelle catene di produzione tra beni del primo ordine e beni di ordine superiore, combinata con l’applicazione strategica dei beni capitali e l’incorporazione delle forze della natura, stabilisce le basi indispensabili per il progresso economico. La visione globale delineata, basata sui principi di Menger e migliorata dalla teoria bawerkiana, evidenzia che il potenziale naturale di miglioramento della produzione derivante dalla divisione del lavoro si realizza solo quando è radicato in una profonda comprensione dei nessi causali e nell’applicazione efficace dei metodi di produzione indiretti.


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No, la “scienza” non ha dimostrato che Mises aveva torto sul socialismo

Freedonia - Ven, 08/03/2024 - 11:02

 

 

di Benjamin Williams

In risposta alle numerose carenze dell'Unione Sovietica, della Cina di Mao Zedong e del Venezuela, il ritornello “Non era vero socialismo” è emerso come un grido di battaglia tra gli apologeti dello stesso. Alcuni ammettono i fallimenti di questi regimi e li attribuiscono al capitalismo piuttosto che al socialismo. Alcuni si rifiutano di riconoscere il fallimento in qualunque modo; vedono questi esperimenti come autentici esempi di “socialismo reale” e li percepiscono come inequivocabili successi.

Com'è possibile? Non abbiamo montagne di prove che questi regimi sono risultati in fallimenti catastrofici? Ovviamente sì, ma questi socialisti affermano altresì di avere montagne di prove a loro favore – almeno sufficienti per cogliere il capitalista alla sprovvista. Alla maggior parte degli americani è stato insegnato per tutta la vita che l’URSS era l’inferno in Terra, ma come potrebbero reagire quando vengono fornite loro fonti che mostrano dati della CIA in cui si diceva che i cittadini sovietici vivevano una vita migliore degli americani o che l’Unione Sovietica aveva risolto il problema dei senzatetto? Queste affermazioni sono ovviamente false, ma gli scettici in generale le trovano allettanti.

People often claim that capitalism performed better than socialism in terms of poverty and human development in the 20th century. This story is repeated so frequently that no one ever even bothers to back it up.

Is it true? ????

— Jason Hickel (@jasonhickel) May 22, 2022

La cosa più scioccante di tutte è che i socialisti affermano di avere la prova definitiva che il socialismo è migliore del capitalismo. Citano uno studio del 1986 che paragonava i Paesi “socialisti” a quelli “capitalisti”, utilizzando l’indice della qualità fisica della vita il quale includeva fattori come il tasso di mortalità infantile, l’aspettativa di vita, l’apporto calorico giornaliero, i medici pro capite e l’alfabetizzazione degli adulti di una determinata nazione. Lo studio concludeva che “i dati indicano che i Paesi socialisti generalmente hanno raggiunto migliori risultati in termini di qualità fisica della vita rispetto ai Paesi capitalisti a livelli equivalenti di sviluppo economico”.

Socialist states had lower infant mortality, lower child death rate, longer life expectancy, better literacy, better secondary education, better food access, more doctors and nurses, and better physical quality of life. https://t.co/b0mMnk1PBL

— Jason Hickel (@jasonhickel) May 22, 2022


Cattiva scienza?

Quello studio esaminava oltre un centinaio di Paesi e li divideva in vari gruppi in base al loro sistema economico. L’unica variabile di controllo aggiuntiva era lo sviluppo economico, che veniva misurato utilizzando il prodotto nazionale lordo pro capite. I sistemi economici erano suddivisi in pianificati centralmente (socialisti) e di mercato (capitalisti) utilizzando le classificazioni delle Nazioni Unite. I risultati sembravano contraddire il fatto che, in un’economia pianificata centralmente, il calcolo economico è tecnicamente impossibile.

Secondo Hans-Hermann Hoppe, il socialismo “deve essere concettualizzato come un’interferenza istituzionalizzata o un’aggressione contro la proprietà privata e le rivendicazioni sudi essa”. Un’economia socialista abolisce l’istituzione stessa della proprietà privata. Ludwig von Mises dimostrò che con l’abolizione della proprietà privata (e, per estensione, dello scambio di beni capitali), i segnali di prezzo non possono più indicare ai produttori dove le risorse debbano essere allocate in modo più efficiente e razionale. Quando produrre un bene costa cinquanta dollari, ma può essere venduto solo per cinque, è chiaro che il prodotto finale ha meno valore per i consumatori rispetto ai fattori produttivi stessi. Senza tali segnali, i pianificatori centrali vanno alla cieca.

Se le economie socialiste sono epistemologicamente incapaci di produrre risultati migliori, perché i dati mostravano il contrario? I Paesi capitalisti avevano risultati migliori di quelli socialisti, tuttavia poiché questi erano “ad alto reddito” non contavano. Il modo in cui i Paesi venivano confrontati utilizzando lo “sviluppo economico” garantiva che Giappone, Finlandia, Canada, Stati Uniti, Danimarca, Norvegia, Svezia e Svizzera non venivano paragonati a Paesi come URSS, Cuba e Cina. Questo era un caso di bias di selezione intenzionale.

Un sistema economico non è l’unico fattore del successo di una nazione. Altri come la geografia, la religione e la guerra possono influenzare la crescita economica e il benessere fisico. In quello studio quasi tutti i Paesi della categoria capitalista si trovavano in Africa, mentre quasi nessuno dei Paesi socialisti proveniva dal continente. L’Africa non solo aveva una delle aree geografiche meno ospitali, ma il periodo dello studio era pieno di guerre e conflitti.

Lo studio non teneva conto delle innumerevoli variabili che incidevano sulla qualità della vita in quei Paesi. Gli autori non ci provarono nemmeno e ciò rende il loro esercizio un cattivo uso della scienza.


Dati errati?

Per amor di discussione potremmo supporre che tutti questi confronti fossero equi e che non abbiamo bisogno di controllare più variabili. Anche così riscontreremmo numerosi problemi.

Gli autori dello studio affermarono d'aver preso i dati dalla Banca Mondiale, ma la maggior parte di essi riguardo i Paesi socialisti provenivano dai rispettivi governi. A essere onesti, gli autori non ebbero accesso immediato alle informazioni di cui invece disponiamo oggi, ma i loro pappagalli moderni non hanno scuse a tal proposito. Nel 1989 due economisti di origine sovietica, Vladimir Popov e Nikolai Shmelev, pubblicarono un libro che rivelava l’assoluto disordine dell’economia sovietica. In The Turning Point scrissero che le statistiche ufficiali erano distorte attraverso la “completa falsificazione dei dati” e che quelle statistiche richiedevano “un’importante revisione”.

Gli storici S. G. Wheatcroft, Mark Harrison e R. W. Davies sostenevano nel 1994 che quelle distorsioni avvenivano perché c’erano “forti incentivi per i partecipanti al sistema ad ogni livello ad esagerare i risultati riportati”. Questa era solo una delle tante conseguenze delle quote introdotte dalla pianificazione centrale. Anche se non tutti sapevano queste cose durante la Guerra Fredda, oggi sono di dominio pubblico.

La falsificazione dei dati non si è fermata all'Unione Sovietica. Oggi i regimi socialisti come Cuba pubblicano continuamente statistiche inaffidabili che fanno sembrare i loro cittadini molto più ricchi degli altri. Gli apologeti affermano che Cuba ha un’aspettativa di vita migliore rispetto a quella degli Stati Uniti, ma questo punto è stato smentito più e più volte. L’economista Roberto Gonzalez ha trovato prove che i medici cubani riclassificano le morti precoci neonatali (infantili) come morti fetali tardive in modo da rispettare le quote. Ciò fa apparire il tasso di mortalità infantile molto più basso di quello che è in realtà, pertanto le statistiche socialiste sono inaffidabili.


Non era vero capitalismo!

Anche se accettiamo la presunzione dei socialisti secondo cui tutti i dati sono perfettamente affidabili, i problemi con lo studio del 1986 non si fermano qui. Come stabilito in precedenza, gli autori dello studio usarono le classificazioni delle Nazioni Unite per separare i Paesi socialisti da quelli capitalisti. Il problema? Le Nazioni Unite sbagliarono terribilmente le cose e gli autori lo sapevano. L'ONU non riuscì a classificare né Cuba né la Jugoslavia come economie pianificate, eppure nello studio entrambe furono etichettate come “socialiste”. Gli autori corressero l'errore dell'ONU, ma solo parzialmente. Cuba e la Jugoslavia non erano gli unici Paesi etichettati erroneamente: almeno diciannove economie pianificate furono etichettate come “economie di mercato” dalle Nazioni Unite.

La Siria fu etichettata come un’economia di mercato o capitalista sia dalle Nazioni Unite che dagli autori dello studio del 1986. Il Partito Arabo Socialista Ba'ath della Siria divenne il partito al potere nel 1963 e nell'ottobre di quell'anno il congresso siriano adottò proposte con termini come “lotta di classe” e “socialismo scientifico”. Nel 1986 il governo dominava l’economia, rappresentando i tre quinti del prodotto interno lordo. È giusto etichettare un Paese come un fallimento capitalista quando il settore privato rappresentava meno della metà dell’economia?

Un altro Paese che lo studio aveva orgogliosamente etichettato come “capitalista” era la Birmania. Dal 1962 al 1988 fu sottoposta a un piano chiamato la Via Birmana al Socialismo. Nel febbraio 1963 fu decretata la legge sulla nazionalizzazione delle imprese e tutte le principali industrie furono nazionalizzate, compreso il petrolio, le banche, i giornali e altro ancora. Oltre quindicimila aziende private furono nazionalizzate e la Birmania divenne un’economia pianificata di tipo sovietico.

Questi due esempi mostrano che le classificazioni economiche utilizzate nello studio erano quasi del tutto insensate. I Paesi etichettati erroneamente erano tra i Paesi con i risultati più scarsi nello studio, quindi tali errori hanno distorto in modo significativo i risultati finali.


La controprova

A partire dagli anni '80 è giusto dire che l'analisi empirica è migliorata in modo significativo. Studi più recenti e rigorosi tendono a trovare risultati molto diversi rispetto a quelli ottenuti dai due marxisti nel 1986. Uno studio del 2018 ha esaminato quarantaquattro Paesi eurasiatici per variabili come religione, geografia, ascendenza culturale e comunismo per vedere il loro impatto sull’indice dello sviluppo umano, salute, reddito e istruzione. La variabile “comunismo” è equivalente alla classificazione del “socialismo” nello studio del 1986. Gli autori hanno scoperto che il comunismo “predice in modo significativamente negativo gli indici di sviluppo umano, reddito e salute”. Questi risultati di uno studio più rigoroso dipingono una storia molto diversa rispetto a quella del documento del 1986.

Nel 2013 un articolo degli economisti Joshua Hall e Robert Lawson ha esaminato oltre quattrocento articoli accademici che utilizzavano l’indice Fraser Economic Freedom of The World e ne esaminavano gli effetti su varie misure della qualità della vita. Cos’è l’indice della libertà economica mondiale? Secondo gli autori in esso “i punteggi più alti vengono assegnati alle nazioni con proprietà più sicure, commercio più libero, moneta e prezzi più stabili, meno spesa pubblica e meno regolamenti”.

Gli economisti hanno scoperto che “oltre i due terzi” degli studi riscontravano che la libertà economica corrisponde a buoni risultati come “una crescita più rapida, migliori standard di vita, più felicità, ecc.” Meno del 4% di essi riteneva che la libertà economica fosse associata a risultati negativi, come l’aumento della disuguaglianza di reddito. L’evidenza empirica suggerisce in modo schiacciante che il capitalismo fornisce una qualità della vita sostanzialmente migliore senza “quasi nessun compromesso negativo”.


Conclusione

Lo studio di Shirley Cereseto e Howard Waitzkin del 1986 non riesce a dimostrare che un sistema economico socialista sia superiore a uno capitalista in termini di qualità fisica della vita. I dati sono pieni di difetti e non si avvicinano a confutare la tesi di Mises secondo cui il calcolo economico in un ambiente socialista è impossibile. Inoltre una rigorosa ricerca scientifica e un'analisi storica verificano empiricamente le conclusioni teoriche di Mises.


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In che modo gli ETF su Bitcoin potrebbero influire sul portafoglio d'investimento medio

Freedonia - Gio, 07/03/2024 - 11:08

 

 

da Cointelegraph

L'11 gennaio la Securities and Exchange Commission (SEC) degli Stati Uniti ha approvato 11 exchange-traded fund (ETF) spot su Bitcoin, un traguardo che potrebbe avere un impatto significativo sull'investitore medio.

Gli ETF hanno fatto registrare volumi di scambi a otto cifre nei primi tre giorni di negoziazione. BlackRock e Fidelity hanno visto rapidamente afflussi da parte degli investitori, con l'iShares Bitcoin Trust di BlackRock che ora ha oltre $1 miliardo di asset in gestione.

Alcuni degli afflussi provengono da investitori che sono passati da altri prodotti d'investimento in criptovalute, con il Grayscale Bitcoin Trust (GBTC) che ha fatto registrare oltre $1 miliardo di deflussi in pochi giorni. I sostenitori dell'ETF su Bitcoin ritengono che tali prodotti finanziari possano attirare ulteriori investitori, poiché consente loro di ottenere esposizione a BTC senza gestire le chiavi private.


BITCOIN COME STRUMENTO CONTRO L’INFLAZIONE

Lucas Kiely, chief investment officer di Yield App, ha dichiarato a Cointelegraph che gli ETF offrono agli investitori l'opportunità di aumentare la diversificazione del proprio portafoglio, poiché Bitcoin “può aiutare a distribuire il rischio e a diversificare il profilo di rendimento”.

Stefan Rust, AD dell'aggregatore indipendente di dati economici Truflation, ha dichiarato a Cointelegraph che vede Bitcoin come una delle migliori classi di asset da “acquistare per combattere l'inflazione” e che “ogni famiglia dovrebbe possedere Bitcoin”.

Rust ha aggiunto che l’inflazione è una “tassa nascosta sulla famiglia media” e ha superato la crescita economica, il che significa che il potere d’acquisto delle famiglie si sta erodendo. Ha affermato che negli ultimi tre anni gli Stati Uniti hanno registrato un tasso di inflazione del 22%, mentre il loro prodotto interno lordo è cresciuto di circa il 5-6% nello stesso periodo, il che significa che “la famiglia media ha visto la propria ricchezza diminuire di circa il 16% in termini reali”. Ha poi aggiunto:

In questo ambiente, Bitcoin è un buon bene rifugio. È un asset limitato e questa scarsità garantirà che il suo valore cresca insieme alla domanda, rendendola in definitiva una buona classe di asset per immagazzinare valore o addirittura aumentarlo.

Rust ha affermato che gli ETF su Bitcoin consentiranno una nuova suite di prodotti finanziari, poiché “ci saranno futures e collateralizzazione associati a questo ETF”. Gli investitori, ha aggiunto, potranno “scommettere sul prezzo dell’ETF tra sei o 12 mesi e acquistare coperture contro i suoi movimenti nello stesso periodo”.

Ha detto anche che alla fine sarà possibile “prendere in prestito o addirittura sottoscrivere un mutuo contro l'ETF su Bitcoin” poiché la nuova classe di asset “replica il sistema finanziario esistente”.

Gli ETF su Bitcoin possono rendere più semplice per tutti investire in valute digitali, ha affermato Rust, anche se non hanno familiarità con le sfumature del mondo delle criptovalute, poiché questi fondi “porteranno a un’ulteriore democratizzazione delle opportunità d'investimento, rendendo la classe di asset digitale accessibile a un pubblico più vasto”.

L’ascesa degli ETF su Bitcoin potrebbe avere un impatto significativo sul sistema finanziario esistente legittimandolo come classe di asset. Resta da vedere quale impatto ciò avrà sul portafoglio della famiglia media, ma gli studi suggeriscono che un’allocazione conservativa potrebbe fare molto.


MIGLIORARE L'ALLOCAZIONE DI UN PORTAFOGLIO 60/40

I gestori finanziari sostengono da decenni che un cosiddetto portafoglio di equilibrio, composto per il 60% da azioni e per il 40% da obbligazioni o altri prodotti a reddito fisso, potrebbe offrire un buon rischio e un buon rendimento agli investitori disposti ad assumersi un livello moderato di rischio.

Da allora il portafoglio 60/40 è diventato una strategia d'investimento classica che si dice raggiunga il giusto equilibrio tra crescita e stabilità, con le azioni che aiutano a spingerlo più in alto assumendosi un rischio più elevato e le obbligazioni che lo stabilizzano con i loro rendimenti più bassi e più stabili.

Rust ha osservato che per la famiglia media gli ETF su Bitcoin potrebbero rappresentare un'opportunità di diversificazione e di allocare tra l'1% e il 5% in tale asset.

Parlando con Cointelegraph, Sui Chung, AD della società CF Benchmarks di proprietà di Kraken, ha affermato che la diversificazione “è spesso considerata l'unico pasto gratis nel mondo degli investimenti” in quanto può “ridurre il rischio e allo stesso tempo migliorare i potenziali rendimenti”. Ha poi aggiunto:

Ora che l'ETF ha aperto la proprietà di BTC a una fascia più ampia d'investitori, l'attrazione principale che molti vedranno è il potenziale di diversificazione che può offrire a un portafoglio misto di asset.

CF Benchmarks ha di recente pubblicato una ricerca in cui si afferma che “le principali sfide dell'investimento in Bitcoin sono decidere esattamente la giusta dimensione per il proprio investimento iniziale” e come mantenere l'esposizione successivamente.

Bitcoin è noto per avere cicli con ribassi significativi e rialzi affascinanti, il che significa che gli investitori devono scegliere di allocare un importo abbastanza grande da contribuire ai rendimenti dei loro portafogli ma altrettanto piccolo da consentire di resistere alla volatilità.

L'azienda ha scoperto che anche un'allocazione dell'1% nei confronti di Bitcoin ha “aumentato i rendimenti senza aumentare materialmente il rischio complessivo del portafoglio”, con la deviazione standard che aumenta materialmente solo quando l'esposizione a BTC supera il 5% se il portafoglio viene ribilanciato frequentemente. Una simile allocazione, rileva il documento di ricerca, potrebbe portare a un miglioramento compreso tra l’8% e il 40% del rendimento aggiustato per il rischio: l’indice di Sharpe.

In un'intervista a Cointelegraph, Zach Pandl, direttore generale della ricerca presso Grayscale Investments, ha affermato che Bitcoin è un “investimento relativamente ad alto rischio e potrebbe non essere adatto a tutti gli investitori”, sottolineando quelli che necessitano di capitale nel breve o medio termine.

Secondo Pandl gli investitori che scommettono sul portafoglio 60/40 “non possono produrre rendimenti paragonabili a quelli degli ultimi 40 anni perché il lungo calo dell’inflazione è finito”.

Pur sottolineando che gli ETF “saranno probabilmente il modo più conveniente e senza problemi per le famiglie medie d'investire in Bitcoin”, perché molte delle complessità legate alle tasse vengono risolte dal prodotto finanziario, Pandl ha aggiunto che quest'ultimo non compromette il ruolo di Bitcoin come asset di riserva.

Nonostante tutti questi vantaggi, gli ETF spot su Bitcoin potrebbero non essere la soluzione migliore per ogni investitore e, per alcuni, in alcuni scenari, sarebbe addirittura consigliabile evitarli.


RISCHI DEI FONDI D'INVESTIMENTO SU BITCOIN

Pur affermando che investire in Bitcoin può “sostituire altre strategie che offrono miglioramento del rendimento, diversificazione o entrambi”, Pandl ha affermato che le caratteristiche delle criptovalute possono cambiare nel tempo, inclusa la loro correlazione con altri asset. Di conseguenza gli investitori dovrebbero rivalutare regolarmente i loro portafogli.

Rust di Truflation ha anche sottolineato gli svantaggi associati agli ETF su Bitcoin, compreso il rischio di custodia, poiché investire in Bitcoin tramite un ETF “mette la responsabilità nelle mani di terzi e abbiamo tutti visto che ciò può comportare un potenziale rischio di perdite”.

Sebbene le società che gestiscono questi ETF spot su Bitcoin abbiano esperienza, “stiamo ancora entrando in una nuova dimensione”. Sebbene l'autocustodia sia spesso il metodo d'investimento preferito, non tutti gli utenti vogliono custodire i propri BTC.

Anche gli ETF sui futures hanno un problema nascosto: i costi di rollover. Secondo Rust questi possono “erodere in modo significativo i rendimenti nel tempo” e, sebbene gli ETF spot su Bitcoin non soffrano di costi di rollover, gli investitori non detengono Bitcoin attraverso di essi; detengono azioni di un fondo che segue il prezzo di BTC.

Al di là del rischio di controparte, ciò significa anche che gli investitori non sono in grado di partecipare al più ampio ecosistema delle criptovalute, compreso quello della finanza decentralizzata. Detenere direttamente Bitcoin, aggiunge Rust, offre anche un maggiore grado di privacy e una minore suscettibilità alla confisca in caso di cambiamenti legali o politici.

Per Kiely di Yield App, gli ETF spot su Bitcoin, gli ETF su futures e gli investimenti diretti su Bitcoin sono “essenzialmente la stessa cosa dal punto di vista dei rendimenti”, con l'unica differenza delle commissioni di gestione associate agli ETF “più piccole rispetto a quelle dell’asset stesso”.

Guardando al futuro, Kiely ritiene che gli ETF contribuiranno all'influenza di Bitcoin nel più ampio sistema finanziario:

Nei prossimi 5-10 anni gli ETF sulle criptovalute costituiranno una parte importante dell’allocazione agli strumenti alternativi in un’ampia gamma di portafogli d'investimento. Ciò li metterebbe alla pari con altre opzioni d'investimento alternative, le quali includono gli ETF sull’oro.

Anche se l’introduzione di ETF spot su Bitcoin potrebbe aumentare la fiducia degli investitori, e i dati suggeriscono che un’allocazione conservativa in Bitcoin sarebbe stata vantaggiosa in passato, è probabile che, man mano che BTC matura come classe di asset, le caratteristiche per cui è noto potrebbero cambiare.

Vale la pena notare che questo cambiamento potrebbe essere positivo o negativo, suggerendo che Bitcoin rappresenta anche un cambio di paradigma per il tradizionale portafoglio 60/40 e, come minimo, dovrebbe essere incluso nel portafoglio medio.


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L’élite occidentale: il suo sviluppo e il suo tradimento

Freedonia - Mer, 06/03/2024 - 11:02

 

 

di Finn Andreen

L’élite occidentale è diventata oligarchica; la sua influenza politica ed economica è sproporzionata e persino dannosa per la società. È necessario ripercorrerne l'evoluzione storica ed esporne gli obiettivi attuali.

In primo luogo bisogna riconoscere che è naturale e necessario che la società abbia un’élite. Murray Rothbard scrisse dell’ideale degli “aristocratici naturali” che “vivono in libertà e armonia con i loro simili, e si elevano esercitando la loro individualità e mettendo le loro più alte capacità al servizio dei loro simili, sia tramite un’organizzazione che producendo in modo efficiente per i consumatori”.

Una società libera ha bisogno di questi “aristocratici naturali” perché sono loro i motori principali e le ispirazioni. Le grandi iniziative imprenditoriali vengono generalmente intraprese da chi è lungimirante e motivato, disposto a fare più sacrifici e ad assumersi più rischi rispetto alla persona media. L’intera società beneficia indirettamente delle iniziative di queste persone.

Il problema, quindi, non è l’esistenza di un’élite di per sé, ma il fatto che essa non sia più composta principalmente da “aristocratici naturali”. Oggi è composta da quelli che Rothbard chiamava “aristocratici artificiali”: “Coloro che governano mediante la coercizione”; cioè con l'aiuto dello stato. I pensatori “machiavellici” furono i primi a descrivere in modo sistematico questa élite oligarchica; si riferivano alla “minoranza organizzata e dominante”, in contrapposizione alla maggioranza disorganizzata e controllata.

Come scrisse Gaetano Mosca nella sua opera La classe dirigente: “Il potere politico non è mai stato, e mai sarà, fondato sul consenso esplicito delle maggioranze. Esso è sempre stato, e sempre sarà, esercitato dalle minoranze organizzate, che hanno avuto, e avranno, i mezzi, diversi secondo i tempi, per imporre la loro supremazia sulle moltitudini”.

Infatti quando diventa oligarchica, la minoranza dominante usa la coercizione per influenzare le decisioni politiche e persino i valori sociali, nei propri interessi economici e ideologici. Tuttavia non è onnipotente e onnisciente; il suo potere non è mai pienamente acquisito e non sempre esercita la sua influenza con grande abilità.

Come altrove, le società occidentali hanno sempre avuto “minoranze organizzate”, ma queste si sono evolute nel tempo. Il potere politico di questa élite è costantemente aumentato, insieme all’espansione dello stato e del capitalismo clientelare che esso facilita. Per citare ancora Mosca: “Nella misura in cui lo Stato assorbe e distribuisce una parte maggiore della ricchezza pubblica, i leader della classe dominante hanno maggiori mezzi ' influenza arbitraria sui loro subordinati e sfuggono più facilmente al controllo di chiunque”.

Non si deve dare per scontato che l’introduzione della “democrazia” abbia ridotto l’influenza di questa minoranza dominante sulla società, poiché questo sistema politico è stato inesorabilmente accompagnato da un notevole sviluppo del potere statale. Infatti anche in una “democrazia liberale”, la maggioranza disorganizzata e generalmente disinformata non ha praticamente alcuna influenza, ad esempio, sulle politiche estere e monetarie dei propri governi.


Tre fasi di sviluppo

È possibile identificare tre fasi nell'evoluzione della minoranza dominante. Nel corso del XIX secolo questa minoranza era abbastanza vicina all’élite naturale e ideale sopra descritta. In assenza di stati forti e istituzioni sovranazionali, le minoranze dominanti (al plurale) avevano una prospettiva più nazionale che internazionale, cercavano il potere economico piuttosto che politico ed erano più orientate all’industria che alla finanza. In Francia il conte di Saint-Simon, in una lettera aperta al re Luigi XVIII, scrisse degli “industriali” come “i leader naturali e permanenti del popolo”.

Queste minoranze pensavano sempre prima ai propri interessi (sebbene fossero anche filantropi). Tuttavia gli investimenti di queste minoranze dominanti contribuirono notevolmente all’aumento della prosperità di cui godette l’Occidente durante il “lungo” XIX secolo.

Il loro rapporto con il resto della società era quindi piuttosto simbiotico, nonostante le tensioni legate alle condizioni sociali della prima industrializzazione. Ad esempio, fino alla Prima Guerra Mondiale queste minoranze al potere erano impegnate nella deflazione e nel libero scambio e mantenevano un certo livello di controllo monetario attraverso il gold standard.

La moderna minoranza dominante si consolidò poi con lo sviluppo del capitalismo finanziario alla fine del XIX secolo, attorno al potere crescente e sempre più politico dei “banchieri internazionali” e delle loro famiglie allargate. Lo storico Carroll Quigley li descrisse (i Rothschild, i Morgan, i Rockefeller e gli altri) così:

Queste famiglie di banchieri rimasero diverse dai banchieri ordinari in modi distintivi: erano cosmopolite e internazionali; erano vicini ai governi e si preoccupavano particolarmente delle questioni relative al debito pubblico; [...] erano quasi equamente dediti alla segretezza e all’uso segreto dell’influenza finanziaria nella vita politica.

In questa seconda fase emerge la minoranza dominante occidentale, internazionale, politicizzata e principalmente orientata finanziariamente. Questa descrizione del nucleo della minoranza dominante occidentale è ancora la stessa oggi, nonostante i grandi cambiamenti avvenuti nel sistema finanziario nell’ultimo mezzo secolo. Intorno a questo nucleo, ovviamente, vanno annoverati leader politici e alti funzionari pubblici, così come editori e redattori nei media generalisti e leader di molte multinazionali occidentali.

Come accennato, questa politicizzazione della minoranza dominante è strettamente legata alla rapida espansione del ruolo dello stato nella società a partire dalla fine del XIX secolo, il quale aumentò dapprima il suo controllo sulla produzione (controllo statale sulle industrie chiave), poi sul denaro (rinuncia al gold standard), poi sul consumo eccessivo (introduzione del controllo sui prezzi). Come scrisse Albert Jay Nock: “È più facile impossessarsi della ricchezza (dei produttori) che produrla; e finché lo Stato renderà l’appropriazione della ricchezza una questione di privilegio legalizzato, la disputa per esso andrà avanti”.


Fase 3: globalismo messianico e nefasto

Con la Seconda Guerra Mondiale e l’ascesa del keynesismo, l’inflazione monetaria – questo flagello artificiale sulla maggioranza – divenne uno strumento importante per l’arricchimento dei grandi istituti bancari. Con la finanziarizzazione delle economie occidentali negli anni ’70, gli interessi della minoranza dominante iniziarono a divergere chiaramente dagli interessi dell’economia “reale” basata sulla produzione alla quale partecipa la maggioranza. L’élite oligarchica occidentale entrò quindi nella sua terza fase.

Negli ultimi decenni questa minoranza dominante è diventata molto più ambiziosa e aggressiva di quanto non fosse in passato. Ora è pienamente intrisa di una missione ideologica, addirittura messianica: cambiare il mondo. Il ritorno sugli investimenti e il controllo delle risorse non sono più gli unici o addirittura i più importanti obiettivi; l’attuale minoranza al potere ha un desiderio tecnocratico di plasmare le società, di controllarne e dirigerne l’evoluzione. Infatti il suo scopo oggi può essere riassunto in una parola: comando/controllo. Si tratta di controllare tutto: persone, finanza, cibo, energia, salute e persino la natura.

Ciò significa indebolire gli stati-nazione accelerando il trasferimento della sovranità nazionale alle autorità sovranazionali. Per convincere la maggioranza che il globalismo politico è l’unica speranza per l’umanità, le crisi sono state fabbricate e presentate come insolubili a livello dello stato sovrano. Le tre principali crisi create a questo scopo sono la “crisi climatica”, la “crisi” sanitaria e la “crisi” migratoria. Quest’ultima serve anche a diluire le nazioni etnicamente omogenee e quindi a diminuire la naturale resistenza sociale e culturale al globalismo politico.

Le Nazioni Unite e le istituzioni governative e le organizzazioni non governative che orbitano intorno a esse svolgono un ruolo chiave. Per citare alcuni esempi, adesso è necessario dare all’Organizzazione Mondiale della Sanità il potere d'introdurre uno strumento sanitario digitale che consenta il controllo delle popolazioni con il pretesto di preoccuparsi per la salute pubblica; l’Unione Europea vuole imporre obblighi e restrizioni sul comportamento degli individui e delle aziende europee (si veda la Direttiva sul reporting di sostenibilità aziendale, il Digital Services Act e il Green Deal); l’introduzione delle valute digitali delle banche centrali consentirà il controllo di tutte le singole transazioni economiche; il relativo wallet digitale consentirà l’introduzione di un sistema di credito sociale, in stile cinese.

"There will be control."

President of the European Central Bank, Christine Lagarde, admits the EU's new CBDC—the digital euro—will be used to impose control.

EU citizens already face imprisonment or fines for engaging in cash transactions above €1000, but the introduction of… pic.twitter.com/mokPl7hskt

— Wide Awake Media (@wideawake_media) November 25, 2023

Tutte queste iniziative sono coordinate dal World Economic Forum e rappresentano passi progressivi verso l’obiettivo d'istituire un governo mondiale sotto il controllo della minoranza finanziaria dominante in Occidente.


Contro un nemico del popolo

Questi piani nefasti della minoranza dominante rappresentano ovviamente una minaccia significativa alla libertà individuale su scala mondiale. Purtroppo sono già stati parzialmente implementati. Non è altro che un tradimento da parte della minoranza dominante nelle proprie società; essa è diventata nel tempo un nemico del popolo, le cui maggioranze non hanno altra scelta che opporsi.

È obbligatorio ritornare alla situazione prevalente durante parte del diciannovesimo secolo, quando la minoranza dominante era costituita principalmente da un’élite economica; dovrebbe essere composta essenzialmente dagli “aristocratici naturali” di cui parlava Rothbard.

Quando la libertà è così a rischio come lo è oggi, vengono in mente queste parole di Ludwig von Mises: “Ognuno porta sulle spalle una parte della società; nessuno è sollevato dalla sua parte di responsabilità. [...] Che lo voglia o no, ogni essere umano è trascinato nella grande lotta storica, nella battaglia decisiva nella quale la nostra epoca ci ha scaraventato”.


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Il modello boom/bust di Milton Friedman: la corda di chitarra

Freedonia - Mar, 05/03/2024 - 11:11

 

 

di Frank Shostak

Alcuni economisti sono del parere che sia possibile migliorare la nostra comprensione della realtà attraverso una metafora. A questo proposito il leader della scuola di pensiero monetarista, Milton Friedman, era del parere che la metafora della corda di chitarra avrebbe potuto aiutare a svelare il segreto dei cicli economici.

Secondo questa metafora, più forte è la tensione verso il basso, più forte sarà la risalita della corda. Friedman concluse quindi che un forte crollo è seguito da un forte boom.

Per Friedman ciò che contava era avere un modello in grado di replicare le fluttuazioni dei dati; non gli interessava se il modello fosse corrisposto al mondo reale.

L'obiettivo finale di una scienza positiva è lo sviluppo di una teoria o di un'ipotesi che produca previsioni valide e significative su fenomeni non ancora osservati. [...] La domanda rilevante da porsi riguardo ai presupposti di una teoria non è se siano realistici, poiché non lo sono mai, ma se costituiscano un’approssimazione sufficientemente buona per lo scopo in questione. E a questa domanda si può rispondere solo verificando se la teoria funziona, cioè se fornisce previsioni sufficientemente accurate.

Friedman sosteneva che, analogamente a quanto accade con la corda di una chitarra, più l’economia viene colpita, più forte dovrebbe rimbalzare. Nel suo modello una forte contrazione della produzione è seguita da una grande espansione; una lieve contrazione, da una lieve espansione.

Seguendo tale modello, Friedman concluse che non c'è alcuna connessione tra l’entità di un’espansione economica e l’entità della successiva contrazione economica.

Vari studi sembravano aver confermato il modello di Friedman. Il 4 novembre 2019 Bloomberg fece riferimento a uno studio di Tara Sinclair che utilizzava tecniche matematiche avanzate che sembravano confermare l’ipotesi di Friedman: negli Stati Uniti le recessioni profonde sono seguite da forti riprese, ma non il contrario. Secondo Bloomberg altri ricercatori avevano ottenuto risultati simili per altri Paesi. Secondo questo modo di pensare le opinioni di Ludwig von Mises e Murray Rothbard, dove la dimensione di un bust è correlata alla dimensione del boom precedente, sono false.

È tuttavia discutibile che vari metodi statistici e matematici possano dimostrare o confutare una struttura di pensiero. Questi metodi sono un altro modo di descrivere gli eventi, ma non di spiegarli. Non ci dicono quali sono le cause delle oscillazioni nei dati, bensì descrivono solo le loro fluttuazioni.


Cicli boom/bust e la banca centrale

Riteniamo che il quadro analitico di Friedman manchi della definizione di cicli boom/bust.

Secondo Ayn ​​Rand:

Una definizione è un'affermazione che identifica la natura delle unità sussunte in un concetto. Si dice spesso che le definizioni stabiliscano il significato delle parole. Questo è vero, ma non esatto. Una parola è semplicemente un simbolo visivo-uditivo utilizzato per rappresentare un concetto; una parola non ha altro significato se non quello del concetto che simboleggia, e il significato di un concetto consiste nelle sue unità. Non sono le parole, ma i concetti che l’uomo definisce – specificandone i referenti. Lo scopo di una definizione è quello di distinguere un concetto da tutti gli altri concetti e quindi di mantenere le sue unità differenziate da tutti gli altri.

Lo scopo di una definizione è quindi quello di distinguere un dato gruppo di cose da altre. Dato che una definizione fornisce l'essenza di un particolare concetto, ovviamente non possono essere arbitrarie. In ogni momento è determinata dai fatti della realtà, nel contesto della propria conoscenza.

Per accertare la definizione dei cicli di espansione e contrazione è necessario identificarne l’essenza: la forza trainante alla loro base. È utile tornare indietro nel tempo, quando è iniziato il fenomeno del ciclo boom/bust. Secondo Murray Rothbard:

Prima della rivoluzione industriale, avvenuta intorno alla fine del XVIII secolo, non si verificavano periodi di boom e depressione regolarmente ricorrenti. Si verificava un'improvvisa crisi economica ogni volta che qualche re muoveva guerra o confiscava le proprietà dei suoi sudditi; ma non vi era traccia di fenomeni peculiarmente moderni di oscillazioni generali e abbastanza regolari nelle fortune economiche, di espansioni e contrazioni.

Sembra che il ciclo boom/bust sia in qualche modo legato al mondo moderno. Ma qual è il nesso? Riteniamo che la fonte dei ricorrenti cicli di espansione e contrazione si riveli essere il presunto “protettore” dell’economia: la banca centrale.

Le sue linee di politica, volte a correggere le conseguenze indesiderate che derivano dai suoi precedenti tentativi di stabilizzare l’economia, sono fattori chiave dietro i ricorrenti cicli di espansione e contrazione.

I funzionari nelle banche centrali si considerano l’entità responsabile e autorizzata a portare l’economia sul percorso di una crescita economica stabile e di prezzi stabili (decidono quale dovrebbe essere il “giusto” percorso di crescita stabile). Di conseguenza qualsiasi deviazione da tal percorso determina le risposte di suddetti funzionari in termini di orientamento più restrittivo o più accomodante.

Queste risposte agli effetti delle linee di politica precedenti sui dati economici danno origine alle fluttuazioni del tasso di crescita dell’offerta di denaro e, di conseguenza, ai cicli ricorrenti di boom/bust.

Si osservi che la politica monetaria allentata della banca centrale, che si traduce in un’espansione dell’offerta di denaro, mette in moto uno scambio di nulla per qualcosa, il che equivale a una deviazione del risparmio reale da attività che creano ricchezza ad attività che la sprecano. Nel processo questa deviazione indebolisce chi crea ricchezza reale e questo a sua volta indebolisce la loro capacità di far crescere il bacino complessivo dei risparmi reali.

L’emergere di attività sulla scia di una politica monetaria allentata è ciò che incarna un “boom” economico. Tuttavia una volta che la banca centrale restringe la propria politica monetaria, ciò rallenta la deviazione del risparmio reale verso chi spreca ricchezza reale. Le attività nate sulla scia della precedente politica monetaria allentata ricevono meno sostegno; finiscono nei guai e ne emerge una crisi economica.

Da ciò possiamo dedurre che l’essenza dei cicli boom/bust è la politica monetaria della banca centrale.


La forza del boom determina la forza della crisi

Si osservi che durante una crisi economica si verifica la liquidazione di varie attività emerse durante il boom precedente. Quante più attività di questo tipo sono nate durante il boom economico, tanto maggiore sarà la necessità di ripulirle – di conseguenza tanto maggiore sarà la recessione economica.

Si noti ancora una volta che gli aumenti dell’offerta di denaro sono il risultato della politica monetaria accomodanti della banca centrale. Questi aumenti danno luogo a diverse attività che non riescono a reggersi “con le proprie gambe”. Le chiamiamo bolle.

Pertanto un atteggiamento monetario allentato da parte della banca centrale e un conseguente aumento dello slancio dell’offerta di denaro portano all’emergere di attività in bolla, mentre un atteggiamento più restrittivo le fanno scoppiare. 

Si noti che senza accertare l'essenza dell'oggetto d'indagine si potrebbero elaborare tutti i tipi di modelli di questo mondo “convalidati” mediante metodi statistici e matematici. Si osservi ancora una volta che senza accertare l’essenza dei cicli di espansione e contrazione, qualsiasi cosiddetta convalida, ovvero la “tortura dei dati”, sarà di natura opinabile.

Per Friedman tutto va bene finché il modello riesce a fare previsioni accurate. Dato che egli non stabilì l’essenza dei cicli di espansione e contrazione, è discutibile che il suo quadro analitico possa accertarne le cause. Di conseguenza la sua conclusione, secondo cui le forti recessioni precedono i forti boom e non il contrario, è a dir poco carente.


Conclusioni

Vari studi che utilizzano tecniche matematiche avanzate hanno presumibilmente confermato l'ipotesi di Milton Friedman secondo cui forti recessioni aprono la strada a forti boom. Tuttavia questi ultimi non precedono le prime. Secondo questo modo di pensare, opinioni come quelle presentate da Ludwig von Mises e Murray Rothbard, dove la dimensione di un bust è correlata alla dimensione del boom precedente, sono false. Dato che Friedman non definì l’essenza dei cicli di boom/bust, è opinabile se il suo quadro analitico possa spiegare le cause dei cicli di boom/bust. Di conseguenza la conclusione di Friedman secondo cui le forti recessioni precedono i forti boom, e non il contrario, è discutibile.


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La scandalosa persecuzione nei confronti di Julian Assange

Freedonia - Lun, 04/03/2024 - 11:08

 

 

di Connor O'Keeffe

Due settimane fa c'è stato il secondo e ultimo giorno di quello che potrebbe essere il processo di estradizione definitivo a Julian Assange. Da quasi cinque anni il governo degli Stati Uniti sta lavorando per far estradare negli Stati Uniti il ​​fondatore di Wikileaks, accusato di aver violato la legge sullo spionaggio.

Ispirato dalla pubblicazione dei Pentagon Papers di Daniel Ellsberg nel 1971, Julian Assange ha fondato Wikileaks nel 2006. La visione di Assange era quella di sviluppare un portale online in cui gli informatori potessero presentare prove di illeciti aziendali o governativi senza doversi identificare o rischiare di esporsi. Una volta inviati, team di volontari e giornalisti avrebbero analizzato i documenti per determinarne la legittimità; se poi ritenuto autentico, avrebbero pubblicato il materiale direttamente su Internet in modo che le persone avessero potuto vederlo.

Negli ultimi quindici anni Wikileaks ha svelato una serie di storie importanti. Molte delle informazioni provenivano dai diari di guerra in Afghanistan e Iraq, insieme alle cosiddette soffiate dai diplomatici, tutti pubblicati nel 2010. I documenti trapelati rivelavano che non solo il governo degli Stati Uniti aveva commesso numerosi crimini di guerra in Iraq e Afghanistan nel primo decennio di guerra al terrorismo, ma c’erano stati sforzi ufficiali per insabbiarli.

I diari di guerra in Iraq hanno anche portato alla luce molti dettagli sull'uso della tortura da parte della Central Intelligence Agency (CIA). E, come scrive il giornalista Keven Gosztola nel suo eccellente libro sul caso di Assange, dopo che il presidente Barack Obama si rifiutò di perseguire chiunque fosse coinvolto, o di risarcire i sopravvissuti, le soffiate dai diplomatici hanno rivelato che i funzionari americani “si erano intromessi nei sistemi giudiziari francesi, tedeschi, italiani e spagnoli per proteggere gli agenti della CIA, gli ufficiali militari statunitensi e i funzionari dell’amministrazione Bush dai procedimenti giudiziari” legati al programma di tortura.

Nel 2016 decine di migliaia di e-mail di alti funzionari democratici e del Comitato nazionale democratico sono trapelate a Wikileaks. Contenevano rivelazioni politicamente dannose per la campagna elettorale di Hillary Clinton – come dettagli su una serie di discorsi privati ​​che il candidato aveva tenuto ai dirigenti di Wall Street – e persino alcune prove di vera e propria corruzione, come il fatto che il Comitato Nazionale Democratico avesse condiviso le domande imminenti con la Clinton prima dei dibattiti delle primarie.

3rd email shows CNN's Donna Brazile rigging Clinton v Sanders debate by leaking more questions to Clinton in advance https://t.co/v9ScXfB1zb pic.twitter.com/d1SpNQgl3n

— WikiLeaks (@wikileaks) October 31, 2016

Un anno dopo l’organizzazione fondata da Assange cancellò ogni possibilità d'essere vista di buon occhio da parte della Casa Bianca di Donald Trump quando pubblicò i cosiddetti documenti Vault 7. Le fughe di notizie dettagliavano aspetti delle capacità di guerra informatica da parte della CIA, in particolare la capacità dell'agenzia di monitorare e controllare a distanza le auto più recenti, le smart TV, i personal computer, i browser web e la maggior parte degli smartphone.

Le fughe di notizie fecero infuriare l'allora direttore della CIA Mike Pompeo. In risposta rivolse l'attenzione dell'agenzia ad Assange, a cui era stato concesso asilo presso l'ambasciata ecuadoregna a Londra cinque anni prima. La CIA convinse UC Global, la società spagnola responsabile della sicurezza dell'ambasciata, a registrare segretamente Assange, anche mentre incontrava i suoi avvocati, e a spedire le registrazioni alla CIA: un piano di cui il capo della società sarebbe stato successivamente accusato nei tribunali spagnoli.

E secondo uno straordinario articolo di Yahoo News a firma di Zach Dorfman, Sean Naylor e Michael Isikoff, la CIA di Pompeo avrebbe poi “complottato per rapire il fondatore di Wikileaks” convincendo i dipendenti della UC Global a lasciare “accidentalmente” la porta dell'ambasciata aperta. Inoltre “alcuni alti funzionari della CIA e dell’amministrazione Trump hanno addirittura discusso dell’uccisione di Assange, arrivando al punto di richiedere "bozze" o "opzioni" su come assassinarlo”. Secondo le deposizioni dei dipendenti della UC Global, il piano migliore era avvelenarlo.

Evidentemente è stato scelto un approccio diverso. Nel 2018 gli Stati Uniti incriminarono Assange per aver cospirato per ottenere materiale riservato nel 2010. Un anno dopo l'Ecuador ne revocò l'asilo, portando al suo arresto nell'aprile 2019 da parte della polizia di Londra. Il mese successivo gli Stati Uniti chiesero l’estradizione e aggiunsero diciassette accuse di spionaggio contro Assange.

Il processo di estradizione si è trascinato per quasi cinque anni, in gran parte a causa delle preoccupazioni sulla sicurezza di Assange durante la custodia. E sulla base dei resoconti di Dorfman, Naylor e Isikoff, questa è una preoccupazione molto ragionevole.

Ci sono tanti aspetti assurdi e scandalosi di ciò che il governo degli Stati Uniti ha fatto, sta facendo e intende fare a Julian Assange. Il principale tra questi è il fatto che tutto ciò di cui i pubblici ministeri vogliono accusarlo ai sensi della Legge sullo spionaggio ricade nell'attività giornalistica legale e comune. Il fatto che i giornalisti spesso cerchino, ottengano e pubblichino materiale riservato è la ragione per cui il governo degli Stati Uniti è stato riluttante a perseguire il fondatore di Wikileaks. Se il giornalismo di Assange è un crimine, lo è altrettanto gran parte del giornalismo sul New York Times, sull’Associated Press e su ogni altro importante organo d'informazione del Paese.

Stranamente il procuratore capo degli Stati Uniti ha cercato di eludere questo fatto scomodo suggerendo che Assange non aveva diritto di appellarsi al Primo Emendamento perché è australiano. Ma ricordate una cosa: lo stanno accusando di violazione della Legge sullo spionaggio, una legge statunitense. In altre parole, i pubblici ministeri statunitensi ritengono che un giornalista straniero che opera al di fuori degli Stati Uniti debba rispettare la legge statunitense, ma che il governo statunitense non sia vincolato dalle proprie leggi perché quello stesso giornalista è uno straniero che opera al di fuori degli Stati Uniti.

Julian Assange non è una spia, né un terrorista e né un agente democratico o repubblicano. È un giornalista che ha previsto il potenziale di Internet per dare potere e proteggere gli informatori (il sistema d'invio anonimo immaginato da Assange e dai suoi colleghi è ora standard in tutto il settore dell'informazione).

Il motivo per cui Assange è stato sottoposto a varie forme di detenzione per quasi dodici anni non è perché abbia commesso realmente dei crimini, ma perché ha messo in imbarazzo l’establishment politico.

Oggi quello stesso establishment politico finge indignazione per il presunto omicidio del dissidente russo Alexei Navalny, così come per l’incarcerazione del reporter del Wall Street Journal Evan Gershkovich a Mosca, il tutto mentre cerca di gettare un giornalista occidentale in isolamento per il resto della sua vita per aver osato rivelare storie davvero incriminanti.

Spetta a quelli di noi che hanno davvero a cuore la verità e che si oppongono non solo ai misfatti dei regimi stranieri che i nostri governi vogliono rovesciare ma, cosa più urgente, all’autoritarismo già all’opera nei nostri Paesi, chiedere a chi è al potere nel Regno Unito e negli Stati Uniti di attenersi ai principi che finora hanno solo finto d'incarnare. E tutto inizia con il far cadere le accuse contro Julian Assange.

Se si rifiutano di farlo, ciò rivelerà di più su di loro di quanto potrebbe fare qualsiasi giornalista dissidente.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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“Credere obbedire combattere”, il precetto del nuovo mercato obbligazionario europeo

Freedonia - Ven, 01/03/2024 - 11:07

 

 

di Francesco Simoncelli

La cosa straordinaria è che nessuno pensa che ciò che sta accadendo sia davvero straordinario, ovverosia fuori dall'ordinario: cose che una volta consideravamo criminali, ora sono rispettabili e, soprattutto, perseguibili come buona pratica. I peccati sono ora considerati virtù; la stupidità, l’incompetenza e la corruzione sono ormai prerequisiti per ricoprire una carica pubblica. Gli acquisti di titoli sovrani in Europa, in particolare in Italia, fanno segnare cifre sostenute, come se gli investitori non se ne preoccupassero. I bilanci statali non vengono più presi in considerazione, né inseriti in un calcolo ossequioso profitti/perdite; non viene fatto alcun tentativo per allineare i deflussi alle entrate. Invece, in una forma d'improvvisazione della tenuta dei conti, la spesa pubblica italiana corre senza freni, senza alcuna discussione seria a riguardo o dissenso. Il governo italiano è come un'auto piena di ubriachi che sfreccia lungo l'autostrada mentre discutono su cosa ascoltare alla radio.

Ancora più straordinario, le persone continuano a prestare denaro al governo italiano, in una sorta di delirio mistico che aspetta con irrequietezza un taglio dei tassi della BCE. E che ci crediate o no, c'è stato un tempo in cui la gente pensava che l'omicidio di massa e la distruzione di massa fossero al di sotto del disprezzo. Sebbene l’ONU li abbia solennemente messi fuori legge entrambi, oggi sono caratteristiche rispettabili della politica estera. Dopo aver vissuto il 2023, mi chiedo: come può il 2024 superare questi traguardi? Quale cosa sciocca, maligna e spaventosa accadrà quest’anno? Piuttosto che fingere di poter conoscere il futuro, diamo un’occhiata a che tipo di sorprese potrebbe valer la pena di prepararsi.

In primo luogo, un capitombolo del sistema bancario europeo. Questo è un fattore che va analizzato più a fondo, dato che si tratta dello sviluppo su cui ruota tutta la propaganda di guerra europea e gli sforzi fiscali messi in campo per dare respiro alla BCE affinché non sia la prima a distaccarsi dal vagone “rialzo dei tassi” avviato dalla FED. Perché se dovesse essere la prima a farlo, allora è game over per l'UE e i suoi sogni di pianificazione centralizzata. Come ripetuto spesso su queste pagine, il vero malato economico nel mondo finanziario è il sistema bancario commerciale europeo. Inutile dire che gli stress test non sono affidabili come strumento di diagnosi di un malessere nel sistema bancario commerciale. Di conseguenza per tenerlo in piedi sono necessarie costanti iniezioni di liquidità affinché si abbia la percezione che esso sia ben puntellato in caso di shock "esogeno". La cancrena che sobbolle sotto la superficie è stata alimentata da anni di tassi d'interesse negativi, i quali hanno creato una pletora di titoli tossici (una volta che sono stati rialzati i tassi di riferimento) che tengono sommersi i bilanci delle varie banche europee. Nessuno è spaventato dalle banche americane, ma tutti sono spaventati dalle banche europee e dalla loro condizione di mina vagante. Data l'interconnessione moderna del sistema finanziario, un crollo che avviene in un angolo remoto del mondo da parte di un player di cui nessuno aveva avuto notizia fino a quel momento può far vacillare un'istituzione di rilievo dall'altro capo del mondo. A tal proposito rileggere la storia di LTCM è propedeutico.

E come se non bastasse, ciò s'inserisce in un quadro geopolitico che vede scontrarsi Stati Uniti ed Europa.

1/ A un certo punto qualcuno in Europa s'è svegliato e ha capito che s'erano persi uno sviluppo tecnologico/industriale (hardware, software, innovazione) cruciale del XXI secolo. Adesso l'UE tenta di stare al passo a colpi di burocrazia, multe e sanzioni.https://t.co/ZUKlIWAbSK

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) February 19, 2024

2/ Al solito, qual è lo scopo? Dato che in UE sono inesistenti aziende tecnologiche competitive, il tentativo è quello di muovere una guerra commerciale ai grandi poli industriali elettronici (americani e asiatici).

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) February 16, 2024

Altra tessera che s'inserisce nel mosaico più ampio che descrivo sin da quando Powell ha rialzato i tassi: esiste una corrente megapolitica che vuole vandalizzare gli USA (sostenuta dall'UE) e un'altra che vuole ricostruirli lungo binari sostenibili.https://t.co/y9T7fkm6jp

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) February 13, 2024

La paura di contagi sistemici è quella che sta guidando personaggi di spicco, come Bezos ad esempio, a scaricare le azioni delle proprie società e incamerare liquidità. Per quanto siano le banche europee l'anello debole all'interno del sistema finanziario mondiale, questa gente non vuole finire nel fuoco incrociato. Infatti per quanto la stampa generalista abbia enfatizzato il fallimento di alcune banche americane l'anno scorso, esse si trovavano tutte nel distretto di competenza della FED di San Francisco. Nessuna banca è fallita nel distretto di competenza della FED di New York. Al contrario il deterioramento dei bilanci bancari europei non ha confini demarcati e passa per Francia, Germania, Italia, ecc. Stando così le cose è necessaria una giustificazione credibile affinché il denaro continui a scorrere ora che Powell ha chiuso i rubinetti del mercato dell'eurodollaro: la guerra in Ucraina, o per meglio dire, un riciclaggio attraverso di essa. Tutta la fanfara dei media generalisti di questi giorni riguardo la morte di Navalny è stata solo una sporca strumentalizzazione dell'evento affinché si creasse la giustificazione morale e si accettasse/accelerasse l'emissione di titoli pari a €100 miliardi per “aiutare” l'Ucraina.

Bisogna mantenere l’Ucraina in vita per giustificare la spesa di altri €100 miliardi da riciclare nelle banche francesi e tedesche sull'orlo del fallimento, sedute su ingenti perdite derivanti da tutto il debito acquistato durante il periodo della NIRP.

Facciamo un passo indietro e spieghiamo meglio questa faccenda e perché l'élite europea ci tiene tanto. La leadership dell’UE, la quale abbraccia fortemente l'agenda della cricca di Davos, ha lavorato per conferire alla Commissione europea il potere d'imporre tasse potere attraverso l’emissione di obbligazioni e un meccanismo fiscale centralizzato. L'impianto di questa architettura è stato testato dopo il COVID con le obbligazioni SURE. E badate bene, non esiste scoperta dei prezzi in questo tipo di mercato, dal momento che sono un enorme strumento politico: danno alla Commissione Europea la possibilità d'imporre tasse per pagare la cedola dello 0,1% su di essi. Nonostante tutta la grancassa con cui sono stati presentati alla platea degli investitori questi ultimi sono ancora seduti su perdite del 40% su tali titoli. Se il primo giro viene venduto con uno sconto del 40-50%, quale cedola si dovrà offrire per convincere qualcuno ad acquistare il giro successivo? E questo è uno dei motivi per cui c’è tanta urgenza affinché le banche centrali, la BCE più di tutte, abbassi i tassi.

Fonte

L’UE non può permettersi di raccogliere il capitale di cui ha bisogno per completare i suoi piani d'integrazione fiscale con una BCE costretta al 4,5% per tenere il passo della FED. C'è disperata necessità che questi tassi tornino vicini allo zero per finanziare i grandi sogni di un futuro totalitario senza idrocarburi. La linea di politica di tassi “più alti più a lungo” di Powell sta mettendo sotto pressione non solo il sistema bancario europeo, ma anche i suoi obiettivi politici. Niente di tutto questo è lontanamente sostenibile ai tassi attuali e per chiunque pensi che gli Stati Uniti siano più vulnerabili rispetto all’UE, vi invito a prendere in considerazione l'inabissarsi dell'euro nel commercio internazionale. Si parla tanto di de-dollarizzazione, infatti, ma nei numeri reali c'è una de-euroizzazione.

Questi titoli di guerra sono supportati dai soliti sospetti della militarizzazione dell’UE: il presidente francese Emmanuel Macron e il presidente del Consiglio europeo Charles Michel. E, date le premesse, spenderanno tutto il capitale politico necessario per imporre questa architettura ai cittadini europei. Inoltre ora dovrebbe essere chiaro che questo è il motivo per cui ce l'hanno a morte con Viktor Orban per aver bloccato il pacchetto di aiuti da €50 miliardi all’Ucraina.

"O con noi, o contro di noi" è l'essenza di quella farsa in Europa che ancora alcuni hanno il coraggio di chiamare democrazia.https://t.co/nrA8iOTl6A

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) January 26, 2024

Questo è solo l’inizio dei piani dell'élite europea/cricca di Davos per trasferire la sovranità dalle mani degli stati membri a Bruxelles, ma per vendere tutto questo agli investitori devono dimostrare al mondo di avere sotto controllo tutte le voci ribelli. Il debito sovrano è garantito attraverso la tassazione e la capacità produttiva della popolazione; l’UE non ha nessuna delle due. E questo, a sua volta, ci porta alla seconda sorpresa a cui eventualmente prepararsi: l'implementazione effettiva dell'euro digitale. Le voci di una CBDC europea, infatti, si stanno facendo sempre più insistenti. Questa accelerazione è proporzionale al tempo che si esaurisce nella clessidra della cricca di Davos per trovare una fonte alternativa all'eurodollaro con cui finanziarsi. Senza contare che rappresenta un modo per sottrarre quote di mercato a Visa e Mastercard; non dimenticate la guerra in atto tra USA ed Europa (a ciò bisogna aggiungere anche la mela avvelenata delle aziende europee che delocalizzano negli Stati Uniti, le quali si portano dietro il coacervo di burocrazia emanato dall'UE). E dati i pericoli insiti nell'euro digitale, ci sarà una particolare rapacità nei confronti dei risparmi degli individui, dei loro investimenti, delle loro energie e, soprattutto, del loro tempo. Quest'ultimo è la variabile che la cicca di Davos vuole disperatamente. Ora che Powell ha chiuso i rubinetti dei dollari fantasma, tutti quei progetti distopici che avevano in mente stanno andando in frantumi. Ecco perché quest'anno volevano “ricostruire ponti”. JP Morgan, e Dimon in particolare, ha mostrato loro un bel dito medio. A casa loro. Gli USA andranno avanti per la loro strada, cercando di ricostruire i mercati dei capitali interni e isolandosi ancor di più dal resto del mondo dal punto di vista energetico/economico (es. accorciando le supply chain). Il problema è che la cricca di Davos, insieme a tutti quelli che si abbeveravano dalla fonte degli eurodollari, preferiscono veder bruciare il mondo piuttosto che darsi per vinti. E questo è qualcosa che tutti sanno nel mondo della megapolitica. Ecco perché il mondo si sta pericolosamente riarmando.

Il segretario generale della Nato Stoltenberg: “Il confronto con la Russia potrebbe durare decenni, accelerare produzione di armi”

China’s Shipyards Are Ready for a Protracted War. America’s Aren’t.

'Mosca ha usato per la prima volta il missile ipersonico Zirkon'

L'Iran lancia missile balistico a lungo raggio da una nave

Biden administration is leaning toward supplying Ukraine with long-range missiles

Ciò rappresenta la terza sorpresa da prendere in considerazione: una guerra più grande e più pericolosa. Finora la guerra reale è rimasta circoscritta nell'ambito finanziario, con qualche esplosione di guerra cinetica a macchia di leopardo. Speriamo che rimanga tale e che il riarmo sia solo una politica di rischio calcolato. Ma, soprattutto, speriamo che la cricca di Davos esaurisca tempo e denaro prima di una guerra cinetica su larga scala. Tale esito potrebbe realizzarsi se si verificasse la quarta sorpresa: tassi d'interesse ancora più alti. Oltre ai deficit attuali i vari governi del mondo hanno debiti che ora devono essere rifinanziati a tassi d'interesse molto più alti. I grandi acquirenti istituzionali di obbligazioni vorranno protezione dalle evidenti crisi future. Default, inflazione, o semplicemente tassi più alti sono tutti buoni motivi per richiedere rendimenti più elevati. Gli Stati Uniti si sono preparati a questa eventualità e non a caso Powell è stato il primo a rialzare i tassi di riferimento della FED nel 2022 quando è stato ufficializzato, qualche mese prima, il SOFR ovvero l'indicizzazione dei debiti statunitensi non più tramite uno strumento internazionale (LIBOR) bensì nazionale. In questo modo sono stati colti due piccioni con una fava: far vedere che il vero malato del mondo è l'UE, e non gli USA, forzare la mano del Congresso a mettere ordine nel lato fiscale dell'equazione.

Ed ecco la "prova provata" di quello che dico spesso: la FED, dopo aver messo ordine sul lato monetario dell'equazione, sta cercando d'influenzare la messa in ordine anche di quello fiscale. Attualmente il Congresso e l'amministrazione Biden sono un coacervo d'infiltrati/vandali. https://t.co/iF5RAzlaOH

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) February 6, 2024

La quinta sorpresa: la recessione. I media generalisti dicono agli investitori che non ci sarà né un hard landing, né un soft landing; anzi non ci sarà alcun atterraggio e i prezzi degli asset finanziari rimarranno alti... presumibilmente per sempre. Ma la combinazione di tassi d'interesse più alti, fallimenti aziendali e consumatori a corto di soldi porterà infine a quella recessione che si sta negando. Quando scrivo “porterà” intendo sui titoli dei giornali e nei notiziari, dato che in crisi/recessione ci siamo già nei fatti... i numeri invece, beh, quelli possono essere aggiustati.

2/ Ovviamente questa gente che s'impegna per innalzare il picco della stupidità umana non si chiede "a che prezzo". Ce lo dice l'Handelsblatt qual è.https://t.co/9u4C1QtgXo

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) February 7, 2024

I rischi principali, cari lettori, sia nel mercato azionario, nel mercato obbligazionario, nell’economia o nella geopolitica, hanno tutti come risultato guai più grossi all'orizzonte. Ognuno di essi, da solo o insieme, provocherebbe una crisi di tale portata, se ufficializzata, da ridurre le entrate fiscali a fronte di una spesa pubblica crescente. I deficit pubblici dovrebbero, quindi, essere gonfiati ulteriormente, i tassi d'interesse salirebbero, le aziende, sopravvissute fino a quel momento con le unghie e i denti, fallirebbero, le azioni crollerebbero e il clamore – probabilmente panico, di tagliare i tassi d'interesse e tornare ad acquistare debito pubblico con denaro fasullo – sarebbe irresistibile. Attenzione, come sempre, a un particolare: chi brama di tagliare i tassi è la BCE, non la FED. Gli USA, come ripeto spesso, si trovano in vantaggio in quella famosa gara al ribasso, anche nota come race to the bottom, rispetto all'Europa, la quale invece guida la carovana verso l'abisso.

“Inflate or Die”, il ritornello rimane lo stesso. Nei prossimi mesi vedremo più note basse che alte, più “Die” che “Inflate”, ma quello sarà solo un preludio. Potremmo definirlo una sorta di riscaldamento, mentre l'orchestra accorda gli strumenti, prende il ritmo per intonare una sinfonia e inizia a suonare un motivo che ricalca le note dell'Argentina pre-Milei.


LA SINFONIA DELLA DISTRUZIONE

Sui mercati il 2023 ci ha ricordato che ci sono sempre sorprese. Chi avrebbe mai pensato che le azioni avrebbero dato vita a uno dei più grandi mercati rialzisti di sempre mentre allo stesso tempo i tassi d'interesse stavano salendo al ritmo più veloce della storia economica? E chi avrebbe potuto prevedere un aumento così forte del “costo del denaro” senza una recessione (ufficiale)? In realtà la risposta per tutti può essere solo una: la liquidità.

Queste erano “sorprese”, ma nessuna di esse cambia il quadro di riferimento: guardare oltre i movimenti del mercato e i titoli politici. Ciò che voglio descrivere sono le tendenze di base a lungo termine che determinano il corso della storia: la “megapolitica”.

Nei mercati la tendenza primaria è cambiata. È vero, i prezzi delle azioni sono vicini ai massimi storici, ma non se aggiustati all’inflazione e sebbene accadano molte cose sorprendenti, il cosiddetto Trend Primario riflette un movimento più importante. Dai tori agli orsi, dall’avidità alla paura, dall’ottimismo alla disperazione: l’epoca delle bolle seriali è finita. Certo, ci saranno ancora delle bolle ma non saranno tenute gonfie dal ciclo del credito o dalla FED. Ci sono schemi per tutto. Quando ascoltate un brano musicale, ad esempio, potete anticipare dove andrà a finire anche se non l’avete mai sentito prima. Le storie hanno un inizio e una fine, eroi e cattivi, fallimenti e successi. Esistono due modelli fondamentali per gli esseri umani – maschio e femmina – e ognuno di essi segue la stessa sequenza di base: dalla nascita alla morte, dalle ceneri alle ceneri. Non ci sono eccezioni. Anche i tassi d'interesse seguono schemi e i rendimenti hanno toccato il minimo storico nel luglio 2020. Da allora i rendimenti (e i tassi d'interesse) sono saliti, anche se non così in alto come probabilmente dovrà accadere alla fine.

Mettendo tutto ciò in prospettiva, il ciclo dei tassi d'interesse – dal massimo al minimo e viceversa – ha iniziato il suo ultimo viaggio di andata e ritorno all’incirca negli anni '50: ci sono voluti tassi più alti per i primi 30 anni e giù per i successivi 40. Perché ci sia voluto così tanto tempo, è opinabile; tutto quello che si sa per certo è che i tassi d'interesse gettano una lunga ombra e voi non volete rimanere bloccati all'interno di tale ombra. Potreste pensare che questo ciclo di rialzo dei tassi finirà presto, poiché la BCE inizierà a tagliarli entro la fine dell’anno. Ma nel profondo, al di là delle voci e dei titoli dei giornali, qualcosa è cambiato. La BCE potrebbe tagliare i tassi, ma il proverbiale genio dell’inflazione è ormai fuori dalla lampada. L’aumento dell’offerta di denaro porta a prezzi al consumo più alti e ora tutti lo sanno. Pertanto è improbabile che i tassi reali, aggiustati all’inflazione, vedano di nuovo qualcosa di simile ai minimi del 2020-2021 nel corso della nostra vita.

E questo aspetto dovrebbe far riflettere non poco coloro che continuano a essere fuorviati dalla propaganda italiana riguardo “l'investimento” in titoli di stato. Diversamente dagli investimenti in azioni od obbligazioni legati ad attività nel settore privato, che puntano a sviluppare/migliorare la capacità produttiva della relativa industria e quindi (indirettamente) ne beneficia anche il resto della popolazione, “investire” in titoli sovrani significa sviluppare/migliorare la rapacità del fisco. Infatti un'azienda che emette titoli punta a migliorare il flusso di cassa aggiungendo valore; i titoli sovrani, invece, puntano a migliorare il flusso di cassa togliendo valore... anche a chi ha investito in essi. Questa è una distinzione che fa fatica a farsi strada nell'immaginario collettivo, sottoponendo tutti indistintamente a una partita di giro ridicola col solo scopo di far sopravvivere e giustificare lo spreco sistematico rappresentato dalla spesa pubblica. Questo piccolo, ma importante, elemento di consapevolezza serve a mettere meglio in prospettiva questa breve digressione che farò sul cosiddetto Btp Valore. Già è iniziata la pubblicità a favore della prossima emissione, ma ci sono dei punti che val la pena di considerare per smascherare la propaganda al soldo di questo strumento tutt'altro che conveniente. Come prima cosa salta all'occhio la volontà di incanalare questi titoli nelle tasche dei cosiddetti “piccoli risparmiatori”, in modo da toglierli dalle mani degli “speculatori esteri” Detto in parole povere, questa affermazione serve a due cose: dare una parvenza di stabilità al mercato obbligazionario italiano, soprattutto ora che la BCE ha un equity negativo ed è legata mani e piedi nei confronti di un taglio dei tassi, e arginare l'azione dei bond vigilantes.

Ci sono voluti solo 7 giorni affinché la prima notizia avesse il seguito scontato nella seconda. In passato ci voleva di più. Anche questo è un sintomo della Legge dei rendimenti decrescenti.
1) https://t.co/rOyWCWrP3P
2) https://t.co/eVMJ0BfhWj

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) February 24, 2024

La presenza di quest'ultimi è un bene, non un male, perché impedisce a chi emette i titoli di adagiarsi sugli allora e riduce la possibilità che il capitale consegnato nelle sue mani venga sprecato. Gli italiani sono pessimi vigilanti da questo punto di vista, basta ad esempio guardare lo stato in cui languono le infrastrutture del Paese per capire che gli investimenti in tali titoli non verranno usati per potenziare/migliorare/sviluppare il territorio, ma dirottati altrove e quindi sperperati. Poi emerge una fede quasi dogmatica nel fatto che la BCE abbia raggiunto il picco per quanto riguarda il rialzo dei tassi e quindi questi strumenti andranno a rappresentare un ottimo mezzo per migliorare anche il rendimento del capitale iniziale. Peccato che chi osserva i mercati inverta causa ed effetto, dato che le banche centrali seguono le banche commerciali e non viceversa. E queste ultime ci suggeriscono, dalle loro azioni, che il rialzo dei tassi non è affatto finito. Soprattutto perché non hanno fiducia nella capacità industriale del Paese.

E questo ci porta a inserire nell'analisi anche la produzione industriale dell'Italia, la quale è stata a dir poco deprimente l'anno scorso e non ci sono margini di miglioramento all'orizzonte (se si considera anche il caos nel Canale di Suez che non ha prospettive di risoluzione affatto brevi). Se poi si aggiungono anche il flop dei veicoli elettrici (il cui incentivo alla produzione è puramente artificiale), la burocrazia dilagante dell'UE e la mancanza di creazione di valore aggiunto all'interno dell'UE in termini di tecnologia digitale, ci sono tutti gli elementi affinché si guardino questi strumenti finanziari per quello che in realtà sono: un gigantesco buco nell'acqua e un dolore economico per tutti.

1/ Finché gli incentivi statali scorrono a pacchi, allora ci si può baloccare con visioni future psichedeliche. Mondi fatti di colonnine a ogni angolo, emissioni 0 e mini pale eoliche che oltre a produrre energia ti tolgono la polvere da sotto il tappeto.https://t.co/sctCtGrVTw

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) February 14, 2024

Un altro sviluppo “megapolitico” a cui stiamo assistendo è il declino dell’impero occidentale. Non importa cosa pensate o cosa volete, anche gli imperi hanno cicli di vita. E quello occidentale pare abbia iniziato la fase di declino intorno al 1999; da allora le sue guerre sono state dei disastri, la crescita del suo PIL è stata quasi dimezzata, la sua linea di politica estera un disastro e il suo debito è cresciuto a dismisura. Probabilmente la parte più notevole di questo elenco di fallimenti è quella meno sottolineata: il debito. Chi avrebbe mai immaginato che l'Occidente – la zona più ricca e potente del mondo – non potesse permettersi di pagare i propri conti e dovesse gravare le generazioni future con migliaia di miliardi di debiti? Il declino di un impero può essere gestito con garbo, o vergognosamente; o l’impero si tira indietro di propria volontà, oppure viene smantellato; o esegue una ritirata ordinata, oppure subisce una disfatta disastrosa.

Il modo più intelligente per gestire la situazione è tagliare drasticamente le spese, pareggiare il bilancio, contingentare il sistema bancario centrale e non farsi coinvolgere in guerre costose e impossibili da vincere. Insomma, adottare la cosiddetta cura Milei. Gli imperi, tuttavia, sono come i tossicodipendenti. Sì, anche questo fa parte degli schemi sopraccitati. Sono corrotti, incompetenti e alla disperata ricerca della prossima soluzione facile.


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I pericoli di un Bitcoin sintetico

Freedonia - Gio, 29/02/2024 - 11:10

 

 

da Bitcoin Magazine

Tenete ancora i vostri bitcoin su un exchange?

Lasciate che vi racconti una storia di cosa succede quando li tenete lì. Potreste rimanere sorpresi di sapere cosa significa per le vostre partecipazioni.

Chiamiamo il nostro personaggio Bill. Egli osserva con cautela bitcoin da anni, sentendone parlare di sfuggita e leggendo articoli. Dopo aver inavvertitamente risparmiato un sacco di soldi, decide infine di comprarne qualcuno. Un amico gli ha detto di dare un'occhiata a Coinbase, Binance o un altro exchange popolare e “affidabile” per acquistarli.

Quindi Bill crea un account e carica una sua foto, i suoi documenti, il numero di previdenza sociale, l'indirizzo e ogni altro dettaglio rilevante sulla sua vita fino a raggiungere la schermata “Acquista Bitcoin”. Poi pensa tra sé e sé: “Non ho bisogno d'imparare tutti questi complicati dettagli tecnici sui wallet hardware e sull'autocustodia: voglio solo che i miei bitcoin siano al sicuro”.

Bill esamina il sito web dell'exchange e decide che gli esperti di sicurezza dell'exchange, con le loro fantastiche contromisure crittografiche all'avanguardia, siano più bravi di lui a proteggere i suoi bitcoin.

Bill è molto soddisfatto di sé stesso dopo aver preso questa decisione: non solo l'exchange gli facilita investire in bitcoin, ma gli dà tranquillità sapendo che qualcun altro è responsabile della protezione dei suoi beni da qualsiasi tipo di furto o attività dannosa. Dopotutto, perché dovrebbe preoccuparsi di cose del genere quando invece ci sono professionisti che possono occuparsene?

Da allora Bill è abbastanza a suo agio con l’idea di fidarsi degli exchange: le sue coin ora sono al sicuro dai suoi stessi errori!


QUANDO LA FIDUCIA SCOMPARE: LA CADUTA DI FTX

Poi una mattina Bill guarda il telegiornale e scopre che l'exchange FTX aveva appena sospeso i prelievi ed era a riscio di perdita “accidentale” per $10 miliardi, circa un terzo della sua capitalizzazione di mercato.

Come può un'azienda con il proprio logo sulla facciata di un grande stadio e un amministratore delegato invitato da CNBC, Bloomberg e addirittura finito davanti al Congresso (!) degli Stati Uniti per parlare delle risorse digitali e della regolamentazione, perdere – o probabilmente rubare – così tanto sotto gli occhi di tutti?

Fonte

Ora Bill è bloccato tra l'incudine e il martello. Sebbene sospettoso del proprio exchange, impostare il proprio wallet hardware continua a sembrare difficile e spaventoso. Richiede d'investire in un dispositivo fisico, acquisire le conoscenze necessarie per proteggerlo adeguatamente e tenere traccia del backup della frase seed. Anche se apprendesse le nozioni di base, c'è ancora il rischio di smarrire il suo dispositivo o di archiviare in modo improprio il suo backup e perdere l'accesso ai suoi bitcoin.

FTX è stato scioccante, ma sicuramente l'exchange di Bill non si comporterebbe mai allo stesso modo. La gente se ne accorgerebbe prima e lui avrebbe il tempo di uscire... giusto?


MOTIVI PER TOGLIERE I PROPRI BITCOIN DAGLI EXCHANGE

È chiaro che affidare i propri bitcoin a un exchange comporta il rischio di svegliarsi una mattina e scoprire che non ci sono più. Se invece usate un waller hardware, questo non può accadere.

Tuttavia c'è un altro grande motivo per cui è importante togliere i propri bitcoin dagli exchange: il prezzo.

In che modo l'autocustodia potrebbe influenzare il prezzo di Bitcoin? Tutto in economia dice che l’acquisto e la vendita influenzano il prezzo di mercato di un bene, non chi lo detiene. Tuttavia l'autocustodia è molto importante per valutare il prezzo e ha a che fare con qualcosa che chiamerò “BTC sintetico”.


LA PROSSIMA GRANDE NOVITÀ: BITCOIN SINTETICI

Diamo un'occhiata a come funziona un exchange facendo un esempio ipotetico con uno chiamato ExchangeCorp, posseduto e gestito da un allegro imprenditore di nome Bernie. ExchangeCorp crea un modo semplice per acquistare bitcoin e assume un team di esperti in sicurezza per assicurarsi che gli hacker siano tenuti a bada. Nel corso del tempo e attraverso grandi campagne di marketing, ExchangeCorp conquista la fiducia di trader e investitori, convincendone molti a depositare i propri bitcoin sull'exchange.

Quando gli utenti conservano i propri bitcoin su ExchangeCorp, l'Ad Bernie e il suo team mantengono il controllo su tali coin. I clienti hanno un diritto su di esse: possono accedere e vedere il loro saldo, nonché richiedere di prelevarle. Tuttavia se Bernie vuole trasferire tali coin ad altr, è tecnicamente in grado di farlo senza il permesso dei clienti.

Quando Bernie guarda i saldi nel caveau di ExchangeCorp, è felice di vedere decine di migliaia di bitcoin che i suoi clienti hanno depositato. Dato che ExchangeCorp sta andando bene, entrano sempre più bitcoin che in uscita.

Quindi Bernie ha un'idea: potrebbe prestare alcune di quelle coin dei clienti, guadagnare interessi e ottenere le coin indietro senza che nessuno se ne accorga. Diventerebbe più ricco e il rischio che un numero sufficiente di clienti di ExchangeCorp chiedano prelievi tutti in ​​una sola volta per portare a zero il saldo del suo caveau è minuscolo. Quindi Bernie presta migliaia di coin qua e là agli hedge fund e alle imprese.

Le banche tradizionali sono persino peggiori di ExchangeCorp. E dal marzo 2020 possono prestare il 100% dei vostri soldi!

Ora c'è un'altra serie di affermazioni da considerare. I clienti vantano un credito nei confronti dei loro bitcoin presso ExchangeCorp, ma quest'ultimo non ha più i bitcoin veri e propri: vanta solo un credito sulle coin che ha prestato. Ciò che i clienti ora hanno è un credito su bitcoin sintetici detenuti da ExchangeCorp e i bitcoin veri si trovano nelle mani dei mutuatari.

È qui che le cose si fanno strane. Tutti i clienti di ExchangeCorp pensano ancora di avere un diritto diretto sui bitcoin reali detenuti in modo sicuro da ExchangeCorp, mentre invece essi si trovano nelle mani di coloro che hanno preso in prestito da ExchangeCorp, e quelle entità lo stanno svendendo sul mercato.

Cosa succede quando ExchangeCorp presta una grande quantità di bitcoin depositati dai suoi clienti? Molti bitcoin extra iniziano a fluttuare nel mercato, perché gli investitori che pensano di detenere bitcoin reali detengono solo BTC sintetici. Tutta quell’offerta extra di bitcoin sul mercato assorbe la pressione di acquisto, che ne sopprime il prezzo.

Diamo un'occhiata a un semplice grafico domanda/offerta:

Quando i BTC sintetici entrano nel mercato, poiché gli attori di mercato non sono consapevoli che questa nuova offerta non è reale, hanno lo stesso effetto di un aumento dell’offerta di bitcoin reali, finché la frode non viene scoperta.

Questa storia ipotetica assomiglia in qualche modo alle recenti notizie su FTX?


I BITCOIN SINTETICI AL CENTRO DELLA FRODE DI FTX

La storia di ExchangeCorp e Bernie è esattamente la storia di FTX e del suo fondatore Sam Bankman-Fried, redatta con alcuni complessi da salvatore del mondo, studi sulle droghe e orge poliamorose.

Prestando i fondi dei clienti, FTX ha sostanzialmente gonfiato l'offerta di bitcoin approfittando della fiducia riposta dagli utenti in esso. FTX ha creato tonnellate di BTC sintetici.

Quanti ne avrebbe potuti creare? Non possiamo essere sicuri delle cifre esatte data la sua contabilità assolutamente orribile, ma la stima seguente suggerisce che FTX aveva 80.000 BTC sintetici sui suoi libri contabili: bitcoin dovuti ai clienti che non erano coperti da bitcoin reali.

Ciò rappresentva uno sbalorditivo 24% dei circa 330.000 nuovi bitcoin creati quell’anno attraverso il mining. Si trattava di un sacco di bitcoin extra che entravano nel mercato di cui nessuno, a parte un piccolo gruppo di addetti ai lavori di FTX, era a conoscenza!

Quick math:
-330k BTC mined / year this halving era
-FTX has -$1.4B in BTC on books, meaning 80k BTC
-Assuming incurred this year, means FTX "increased" BTC supply issuance 25% this year
-Others likely did same

No wonder we're under prior cycle highs.
Halving math interference.

— Jesse Myers (Croesus ????) (@Croesus_BTC) November 17, 2022

È impossibile dire dove sarebbe andato il prezzo senza che l’offerta extra di bitcoin entrasse nel mercato, ma possiamo essere quasi certi che il prezzo sarebbe salito più in alto rispetto al 2021.

Sebbene il crollo di FTX sia recente, la sua storia ci fornisce moniti riguardo i pericoli degli asset sintetici e la manipolazione dei prezzi. La storia dell’incapacità dell’oro di resistere alla cattura centralizzata, ad esempio, può dirci dove è diretto Bitcoin se continuiamo a fidarci degli exchange e di terze parti che li detengono al nostro posto.


LA CADUTA DELL'ORO

Un tempo l'oro veniva utilizzato nelle transazioni quotidiane: basta una visita a un museo di storia per vedere le collezioni di antiche monete d'oro che un tempo circolavano nei mercati locali. La narrativa tradizionale riguardo la scomparsa dell’oro come valuta di transazione ci dice che era diventato troppo ingombrante, o troppo prezioso, per continuare a funzionare bene come mezzo per acquistare generi alimentari e altri beni di consumo giornalieri.

Tuttavia questa storiella omette alcuni componenti chiave che emergono solo quando tracciamo l’evoluzione dalle monete d’oro alle banconote cartacee e ai conti bancari digitali.

Secoli fa, le banche iniziarono a prendere l’oro dei clienti in cambio di banconote, offrendo loro una misura di sicurezza e un mezzo più conveniente per effettuare transazioni. Tuttavia affidare a una banca il proprio metallo prezioso significava che essa poteva prestarlo o fare cattivi investimenti senza il consenso del depositante. Quando una banca si trovava intrappolata tra cattivi prestiti e un alto tasso di prelievi da parte dei depositanti, doveva dichiarare bancarotta e chiudere, lasciando molti clienti senza un soldo con crediti sintetici sull’oro che a quel punto non valevano più nulla.

Poi sono arrivate le banche centrali per “risolvere” il problema delle banche in bancarotta. Le banche centrali detenevano oro a nome delle persone e delle banche commerciali, dando loro banconote come ricevute per il loro oro. Nel 1960 le disponibilità ufficiali delle banche centrali rappresentavano circa il 50% di tutte le riserve auree estratte, con le relative banconote in circolazione. Alle banche commerciali e agli individui non importava, dal momento che ogni banconota era convertibile in un determinato peso d’oro dalla banca centrale che l’aveva emessa.

Avete fatto caso alla nota in alto a sinistra? Questa banconota da $5 della Federal Reserve, conosciuta anche come banconota da $5, è rimborsabile in oro.

Ciò avrebbe funzionato bene, se non fosse stato per il fatto che le banche centrali, in particolare la Federal Reserve negli Stati Uniti, iniziarono a creare più banconote di quanto oro ci fosse a copertura. Creare più banconote di quanto la FED avesse in oro equivaleva essenzialmente a creare oro sintetico, poiché ogni banconota era un credito su quell’oro. Farlo in segreto significava che la FED stava manipolando il prezzo dell’oro, data l’offerta extra circolante di cui il mercato non era a conoscenza. Quando molti depositanti di oro presso la Federal Reserve – come il governo francese – iniziarono a mettere in discussione le riserve auree in suo possesso e a creare la minaccia di una corsa agli sportelli, il governo degli Stati Uniti dovette intervenire.

Nel 1971 tutto ciò giunse al culmine con lo shock di Nixon. Una sera il presidente Nixon annunciò che gli Stati Uniti avrebbero temporaneamente smesso di convertire le banconote in oro.

Questa sospensione temporanea dei prelievi non è mai stata revocata. Poiché tutte le valute erano collegate all’oro attraverso gli Stati Uniti dollari in base agli accordi di Bretton Woods, lo shock di Nixon fece sì che il mondo intero abbandonasse immediatamente il gold standard. Tutte le valute erano ora solo pezzi di carta, invece di banconote che davano al detentore un diritto su una certa quantità d'oro.

Fonte

Ciò è stato realizzabile solo perché l’oro, nel tempo, è stato depositato nelle banche commerciali e poi nelle banche centrali. Una volta che le banche centrali sono entrate in possesso della maggior parte dell’oro, hanno potuto manipolarne il prezzo e rimuoverlo completamente dal commercio quotidiano. La gente comune ha scelto la comodità delle banconote piuttosto che la sicurezza di detenere oro, e ne ha pagato il prezzo.

Invece di una moneta neutrale coperta da un metallo prezioso difficile da estrarre e impossibile da sintetizzare, le valute sono diventate facili da stampare e quindi altamente politicizzate. Mantenere il dollaro in cima alla catena alimentare non richiedeva più moderazione e buona gestione per garantirne il sostegno in oro. Invece sono state necessarie spedizioni militari e una forte attività di polizia per garantire che i vari e cittadini del mondo continuassero a utilizzare il dollaro per effettuare transazioni.

Un ritorno all’oro a questo punto sarebbe poco pratico: le reti commerciali mondiali coprono una distanza troppo grande e le transazioni avvengono a una velocità troppo elevata. Con la valuta cartacea e, infine, con i sistemi bancari digitali, ciò che abbiamo guadagnato in velocità e comodità lo abbiamo perso in solidità e neutralità. Di conseguenza abbiamo perso i nostri risparmi, la nostra coesione sociale e le nostre istituzioni politiche.


IMPEDIRE LA CADUTA DI BITCOIN

Togliere i vostri bitcoin dagli exchange non è solo una buona pratica per la vostra sicurezza, ma protegge anche il prezzo di Bitcoin. Le nostre libertà dipendono dal fatto che gli individui abbiano il controllo sulla propria ricchezza. Quando la affidiamo ad aziende o stati, ripercorriamo la strada già percorsa dall’oro.

Grazie alla divisibilità e alla natura digitale di Bitcoin, è possibile superare gli ostacoli che hanno impedito all’oro di sostenere la nostra economia moderna e interconnessa. Bitcoin può supportare un mercato mondiale, ma ci arriverà solo se ognuno di noi possiede il proprio bitcoin.

Non lasciate che banchieri e burocrati manipolino il prezzo di Bitcoin: toglieteli dagli exchange e metteteli sul vostro hardware/software wallet.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Le regole fiscali non compromettono gli investimenti, ma lo sperpero degli stati sì

Freedonia - Mer, 28/02/2024 - 11:04

 

 

di Mihai Macovei

Per evitare che il debito pubblico salisse alle stelle sulla scia della crisi finanziaria mondiale del 2009, la Germania inserì un “freno al debito” nella sua costituzione. Tale freno pone limiti rigorosi ai livelli del debito pubblico e limita l’indebitamento dello stato. Questa regola fiscale raggiunse il suo scopo e il debito pubblico seguì un percorso discendente, calando di circa 15 punti percentuali in rapporto al prodotto interno lordo (PIL) sin dalla sua introduzione. Tuttavia lo stato l'ha sospesa durante la pandemia e ha contratto ulteriori €370 miliardi di debito nel 2020 e nel 2021. Ha anche cercato di aggirare suddetta regola in diverse occasioni istituendo fondi fuori bilancio, come un fondo speciale da €100 miliardi per spese militari durante la guerra in Ucraina.

Nel 2022 il parlamento tedesco ha deciso di trasferire circa €60 miliardi dal debito inutilizzato e contratto durante la crisi sanitaria in un nuovo fondo per il clima e finanziare la transizione verde della Germania. Con sorpresa di tutti, la Corte Costituzionale tedesca ha dichiarato illegale questa mossa, lasciando i politici a grattarsi la testa su come pagare i sussidi previsti. Invece di rendersi conto che la carenza di finanziamenti è dovuta principalmente a un sistema di welfare gonfiato e a un’economia stagnante, i verdi e i politici di sinistra danno la colpa al freno all’indebitamento e cercano di sbarazzarsene.


Le regole possono migliorare la performance fiscale

Il freno al debito tedesco limita l’indebitamento strutturale netto dello stato allo 0,35% del PIL all'anno, ma mantiene una certa flessibilità consentendo ulteriori prestiti durante le recessioni. Inoltre la norma può essere sospesa in caso di calamità naturali o situazioni di emergenza, com'è avvenuto dal 2020 al 2022 a causa della pandemia. Il freno al debito tedesco è molto più severo del quadro fiscale dell’Unione Europea, il quale consente invece un deficit strutturale pari al 3% del PIL all’anno. La normativa fiscale tedesca è una delle più severe al mondo, sia per il suo obiettivo numerico che per il suo ancoraggio costituzionale.

Anche la Svizzera ha introdotto un freno all’indebitamento più di vent’anni fa. La norma fu approvata da un’ampia maggioranza di elettori in un referendum costituzionale e successivamente servì da modello per il governo tedesco. Inoltre i cantoni svizzeri beneficiano di una lunga tradizione di regole fiscali e di autonomia fiscale decentralizzata. Un altro esempio calzante è quello della Svezia, anch’essa ha un rigido quadro fiscale basato su regole numeriche, come un obiettivo di surplus strutturale di bilancio pari allo 0,3% del PIL e un tetto del debito pubblico pari al 35% del PIL.

Negli ultimi trent’anni le regole fiscali sono diventate molto popolari e il numero di Paesi che le hanno introdotte è passato da meno di dieci nel 1990 a oltre un centinaio nel 2021, secondo il Fondo monetario internazionale (FMI). L’adozione di regole fiscali è stata spesso guidata da crisi finanziarie ed economiche che hanno innescato forti aumenti del debito pubblico; diversi Paesi dell’UE hanno adottato norme nazionali analoghe al quadro fiscale comune dell’UE stessa.

Con un numero così elevato di Paesi che utilizzano regole fiscali, ci si potrebbe chiedere perché il debito pubblico sia cresciuto a dismisura in tutto il mondo negli ultimi anni. La risposta è semplice: la definizione delle regole fiscali è fondamentale e, in molti Paesi, le regole sono troppo morbide o la loro attuazione è troppo permissiva. Le regole fiscali sono efficaci solo quando sono accompagnate da un forte impegno politico, da una solida base giuridica per garantirne un’adeguata applicazione e da un rigoroso monitoraggio da parte di istituzioni fiscali indipendenti.

Un’indagine condotta dall’Amministrazione federale delle finanze svizzera ha concluso che le regole migliorano la performance fiscale in termini di migliori saldi di bilancio, riduzione del debito e riduzione della volatilità della spesa. Inoltre la ricerca empirica ha dimostrato che le regole fiscali sono associate a previsioni di bilancio più accurate e a un miglioramento dei rating dei titoli sovrani. Ciò spiega perché anche i Paesi con regole fiscali più morbide, come l’Australia e i Paesi Bassi, beneficiano comunque di una migliore pianificazione di bilancio a medio termine e di migliori risultati fiscali. Negli ultimi anni il debito pubblico è sceso a livelli moderati in Germania e in altri Paesi con regole fiscali – nonostante la pandemia e la guerra in Ucraina – mentre è cresciuto raggiungendo livelli molto elevati negli Stati Uniti e nel Regno Unito (Grafico 1). Di fatto il Government Accountability Office degli Stati Uniti raccomanda agli stessi d'introdurre regole fiscali rigorose e di correggere il loro “percorso fiscale insostenibile a lungo termine”.

Grafico 1: debito pubblico. Fonte: dati del “ World Economic Outlook Database ”, Fondo monetario internazionale, consultati il ​​31 gennaio 2024


Le regole fiscali non compromettono gli investimenti pubblici

Nonostante il suo successo, il freno al debito è finito oggetto di forti critiche sia da parte degli esperti che dei politici di sinistra in Germania. Lo descrivono come “troppo zelante” e una “camicia di forza” sugli investimenti pubblici, mettendo in pericolo l’ecologizzazione e la modernizzazione dell’economia tedesca. Per diverso tempo il freno al debito è stato il capro espiatorio dei sottoinvestimenti tedeschi nelle infrastrutture: ferrovie, ponti, scuole e infrastrutture digitali.

Questo non è vero. In primo luogo, i €60 miliardi rappresentano solo circa l’1,5% del PIL e difficilmente rappresentano un punto di svolta in un Paese come la Germania dove il governo spende ben il 50% del PIL. In secondo luogo, se la Germania non riesce a finanziare gli investimenti pubblici con questa enorme dotazione di bilancio, allora il problema è altrove: consumi pubblici eccessivi, spesa sociale eccessiva, burocrazia asfissiante e normative ambientali.

Come controesempio, in Corea gli investimenti pubblici in rapporto al PIL sono più del doppio che in Germania, mentre la spesa pubblica totale è circa la metà (cioè il 25% del PIL), e non ci sono molte lamentele nei confronti delle infrastrutture coreane. In terzo luogo, la regola fiscale tedesca è piuttosto flessibile in quanto persegue un obiettivo di deficit strutturale nel corso del ciclo economico e consente clausole di salvaguardia in caso di emergenza in modo da non penalizzare gli investimenti in tempi di aggiustamento fiscale.

In linea di principio, le regole fiscali non costituiscono un ostacolo agli investimenti pubblici; garantiscono solo che quest’ultimo sia finanziato in modo trasparente dalle entrate fiscali e non dai deficit pubblici e dal debito galoppante. La stessa indagine dell’Amministrazione federale delle finanze svizzere ha mostrato che la maggior parte degli studi esaminati suggerisce che le regole fiscali possono compromettere gli investimenti pubblici solo se applicate rigidamente, mentre le regole fiscali con flessibilità incorporata non compromettono gli investimenti pubblici. In realtà si può sostenere che disciplinando i consumi correnti, riducendo l’onere del debito e minimizzando il costo del capitale, le regole fiscali offrono maggiore margine di manovra per gli investimenti, sia pubblici che privati. Il Grafico 2 mostra che i Paesi con regole fiscali rigide, come Svizzera e Svezia, hanno in realtà investimenti pubblici più elevati rispetto ai più dissoluti Regno Unito e Stati Uniti, mentre la Germania non resta molto indietro.

Grafico 2: Investimenti pubblici. Fonte: dati tratti da “Government at a Glance 2023”, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, consultati il 31 gennaio 2024


Investimenti pubblici & investimenti di mercato

Un elemento chiave che la maggior parte degli esperti sembra ignorare è che non tutti gli investimenti pubblici sono utili e produttivi. È un dato di fatto, gli investimenti pubblici possono essere piuttosto dispendiosi se sono motivati ​​politicamente, mal pianificati, gestiti burocraticamente e soggetti a frode e corruzione. Secondo il Fondo monetario internazionale i Paesi sprecano in media circa un terzo della spesa per le infrastrutture a causa di inefficienze, e la perdita può arrivare fino alla metà in quei Paesi a basso reddito. Secondo Murray Rothbard gli investimenti pubblici rappresentano una deviazione delle risorse economiche dai loro usi più produttivi determinati dagli individui nei processi di mercato. Attraverso un’errata allocazione dei fattori di produzione, l’utilità sociale ed economica della spesa pubblica può essere negativa in molti casi.

Le inefficienze degli investimenti pubblici sono certamente più limitate nel caso della Germania che nei Paesi a basso reddito. Tuttavia la transizione della Germania verso la neutralità dell'anidride carbonica entro il 2045 è un progetto motivato politicamente. La sua giustificazione scientifica e le azioni politiche proposte sono altamente discutibili e non hanno nulla a che fare con le preferenze dei consumatori. La maggior parte degli “investimenti verdi” sono in realtà un mucchio di sussidi per fabbriche di veicoli elettrici e batterie, infrastrutture di ricarica, piste ciclabili, capacità di produzione di idrogeno e altri progetti che gli individui altrimenti non avrebbero intrapreso.

Inoltre il fondamento democratico di questo mega progetto nazionale è molto fragile. La transizione verde comporta un prezzo enorme, stimato in circa €6.000 miliardi, ovvero il 150% del PIL tedesco. Normalmente richiederebbe un voto tramite referendum piuttosto che l’attuazione tramite decisioni dall’alto da parte di politici vicini al Partito dei Verdi. Quest'ultimo ha ottenuto solo il 15% dei voti nelle ultime elezioni e da allora il suo sostegno pubblico è diminuito. Come gli svizzeri, anche la maggioranza dei tedeschi sostiene invece il freno all'indebitamento, secondo un sondaggio dell'emittente ZDF.

Probabilmente è giunto il momento che le élite politiche tedesche riconoscano che la loro ambiziosa agenda verde è difficilmente sostenibile, dato il debole potenziale di crescita del Paese e l’enorme fardello del suo stato sociale. Invece di rimuovere il freno all’indebitamento e finanziare gli enormi costi della transizione verde attraverso la porta sul retro, dovrebbero piuttosto chiederne l’approvazione pubblica in modo democratico.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Milei ha dimostrato che le idee contano

Freedonia - Mar, 27/02/2024 - 11:03

La presenza di Milei a Davos era strettamente legata al tema di quest'anno di tale incontro: “Ricostruire ponti”. La cricca, che come facciata ha questo forum annuale, ha realizzato di essersi spinta troppo oltre nelle proprie ambizioni di un controllo capillare della società, scatenando come sottoprodotto una guerra (al momento solo finanziaria) tra le élite del mondo. Chiamiamola una tregua. Per quanto non demordano nel voler applicare la loro visione, hanno dovuto altresì rendersi conto che il socialismo/collettivismo può comprare tempo, ma esso è scarso e, se non adeguatamente allocato, porta inevitabilmente al fallimento di quei piani presumibilmente ben congegnati. Per quanto possano essere abbondanti le risorse economiche della popolazione da cui attingere, esse sono destinate a esaurirsi. Questa è la lezione che ha ricordato Milei, nella teoria; a quella pratica c'ha pensato Jamie Dimon. Il messaggio di questi due era: “Non ci possono essere ponti con i socialisti”; anche in astratto, rimane pur sempre un problema di manutenzione. Milei, dal suo canto, per dimostrare questo punto non ha dovuto far altro che ricordare la storia del suo Paese: il modello peronista di pianificazione macroeconomica ha portato l’Argentina a fondo. Ciò significa che è tra le nazioni peggiori in termini di libertà economica, con misure deplorevoli riguardo apertura al commercio, politica monetaria e protezione della proprietà. Una volta l’Argentina era nella fascia più alta delle nazioni più ricche del mondo, ora si trova a fianco di Paesi del calibro di Libia, Serbia e Mauritius. Le forze della megapolitica che fanno riferimento alla cricca di Davos stanno utilizzando motivazioni diverse per tenere in piedi la struttura del furto sistematico: razza, immigrazione, cambiamento climatico, valuta digitale, ecc. Queste idee sono state impiantate dalle élite attraverso figure di spicco e i media generalisti, finanziate con fondi pubblici. Più i loro tentativi spingono verso un'accelerazione, più dimostrano la loro disperazione. E tutto sommato è un bene, dato che ciò è sintomo di un’opportunità per puntellare, invece, quelle idee su cui poggia la civiltà occidentale. Se Mises definì il ventesimo secolo il secolo del socialismo, noi potremmo definire il ventunesimo come il secolo del libertarismo.

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di G. Patrick Lynch

Javier Milei è andato al World Economic Forum e ha dominato facilmente il palco, rimproverando la Gente di Davos con arguzia e saggezza. Mentre la maggior parte dei partecipanti arrivava con i propri jet privati, Milei ha preso un volo commerciale sfoggiando le sue tipiche basette e un sorriso leggermente malizioso. Insieme al suo aspetto unico, un'altra sua caratteristica sono i costanti moniti sui fallimenti del collettivismo. E francamente nessun altro leader politico presente all’evento poteva dire di saperne di più sui pericoli delle economie collettiviste. Se non avete mai sentito uno dei discorsi, o visto una delle sue apparizioni in TV, vi esorto caldamente a farlo. In particolare, poi, quello tenuto a Davos.

L’ampiezza della sua conoscenza della storia e della teoria economica è notevole. Rimarrete commossi dalla passione che mette nelle sue discussioni e presentazioni e vi chiederete perché altri leader politici non possono eguagliare le sue capacità ed energia. I politici non sono stupidi, tutt'altro, ma il loro idealismo tende a erodersi mentre inseguono i voti lasciando dietro di sé i loro principi. Non Milei. Potrebbe non riuscire nella sua missione di smantellare la burocrazia sclerotica e la disfunzionale banca centrale argentina, ma è stato fermamente chiaro su ciò in cui crede e su ciò che sta cercando di fare: salvare l’Argentina da quasi un secolo di governance fiscale e monetaria distruttiva.

A Davos ha iniziato presentando la tesi di Angus Deaton sull’importanza dei sistemi di mercato nel promuovere lo sviluppo economico sin dal 1800. Ha anche citato, per nome, Israel Kirzner, e sembrava quasi Ayn Rand quando ha descritto gli imprenditori come eroi e i burocrati parassiti. Milei ha evidenziato come dare la giusta importanza ai fallimenti dello stato sia fondamentale e ha respinto le affermazioni neoclassiche sui presunti fallimenti del mercato. Era quasi come se il suo pubblico fosse la Mont Pelerin Society, non Davos.

I media internazionali hanno cercato di collegare Milei all’ex-presidente Donald Trump, al populismo di destra e ad altri politici anti-establishment. Non c’è dubbio che Milei stia affrontando le élite argentine, e Trump e i suoi sostenitori stanno trasmettendo un messaggio anti-élite simile a chiunque sia disposto ad ascoltarlo. È anche vero che Trump e tanti suoi sostenitori (come il presidente della Heritage Foundation, Kevin Roberts, intervenuto anch'egli al World Economic Forum) abbiano cercato di adulare Milei con tanti complimenti sui social media riguardo il suo discorso a Davos. Anche se il campo di Trump potrebbe allinearsi con Milei, le politiche offerte dai nazionalisti economici hanno poca, se non nessuna, somiglianza con il coraggio economico del parvenu argentino. Piuttosto che sul risentimento economico offerto dai populisti americani di destra, le politiche di Milei si basano sulla sua conoscenza di un pensiero economico sano e di successo, sebbene politicamente impopolare.

Le idee di Milei sono un insieme coerente di principi interconnessi basati su un impegno incondizionato a favore del libero mercato, a favore di un'economia politica liberale classica. Lui, insieme a milioni di argentini, ha sperimentato per anni come un intervento statale pervasivo danneggi gravemente un’economia. Dopo la sua vittoria su una piattaforma volta a invertire il furto e la mala gestione, Milei deve ora affrontare gli interessi radicati che hanno tratto vantaggio da questa vasta rete di capitalismo clientelare. Milei sarà fortunato se riuscirà anche solo a fermare l'emorragia e rimettere in carreggiata l'Argentina.

Il libero scambio rimane un fattore chiave nel produrre crescita, per quanto alcune persone vogliano distorcere i fatti al riguardo.

La popolarità di Milei tra i giovani di tutta l'America Latina è dovuta alla scintilla di speranza che ha fornito loro in Paesi impantanati per anni proprio nell'ingerenza politica che i nazionalisti desiderano espandere. Forse lo stile e la sostanza di Milei potrebbero contagiare Trump e i populisti conservatori, imaprando qualcosa da lui.


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Ben fatto, Trump! Lo spreco nel pacchetto da $118 miliardi dell'Unipartito era nato morto

Freedonia - Lun, 26/02/2024 - 11:14

 

 

di David Stockman

Il grande talento di Donald Trump nell’arena politica è far esplodere le cose e, in questo caso più di altri, tale attributo si è rivelato estremamente utile. Ci riferiamo al suo colpo mortale nei confronti del cosiddetto pacchetto di riforme bipartisan sull’immigrazione e al pot-pourri di finanziamenti da $118 miliardi che ne è derivato.

Sebbene la fine di questo pacchetto abbia il carattere di una demolizione incontrollata piuttosto che di un’iniziativa politica mirata, presenta alcune virtù collaterali salvifiche. Forse la folle guerra per procura di Washington contro la Russia in Ucraina fallirà per mancanza di finanziamenti, incoraggiando così i capi più sani di mente dell'esercito ucraino a mandare Zelensky nel suo rifugio della CIA in America Centrale e a negoziare una spartizione pacifica di un Paese messo insieme da Lenin, Stalin e Krusciov.

Allo stesso modo, Israele ha bisogno solo di aumentare le tasse di 2-3 punti percentuali del PIL per generare i $14 miliardi in aiuti che lo Zio Sam non fornisce. Anche così, però, il bilancio della difesa di Israele rappresenterebbe un peso molto inferiore sul suo PIL da $550 miliardi rispetto ai primi 50 anni della sua esistenza.

Inoltre quando all’elettorato israeliano verrà mostrato che la combriccola di Netanyahu non ha un bancomat nel Campidoglio degli Stati Uniti, potrebbe iniziare a eleggere governi disposti a perseguire onestamente un modus vivendi con la popolazione palestinese e i vicini arabi.

Per quanto riguarda i $10 miliardi extra per gli aiuti umanitari, è una bella liberazione. Si tratta di una mancia del 20% in aggiunta ai $50 miliardi già presenti nel bilancio federale per gli aiuti esteri e l’assistenza alla sicurezza, nessuno dei quali contribuisce alla sicurezza interna dell’America.

Quindi mettendo fine alle componenti del pacchetto “avventure all’estero” si risparmierebbero $85 miliardi e si costituirebbe un primo passo verso la sanità fiscale sulle rive del Potomac.

Ma l’ironia è che lo spreco ancora più grande nel pacchetto sono i $20 miliardi necessari per fermare la cosiddetta invasione di immigrati. Solo che l’“invasione” è autoinflitta da un sistema di controllo dell’immigrazione americano completamente distrutto che invita letteralmente milioni di migranti a venire al confine degli Stati Uniti e infrangere la legge con il pretesto di chiedere “asilo” ai sensi del diritto e delle tutele internazionali.

Quindi basta sistemare il sistema dell'immigrazione e non ci sarà nemmeno bisogno dei $30 miliardi dell'attuale bilancio federale per i relativi Dipartimenti, per non parlare del 50% extra, o $15 miliardi, forniti a queste agenzie dall'accordo del Senato.

Il punto di partenza, quindi, è riconoscere che la stragrande maggioranza dei 2,43 milioni di persone arrestate durante gli “incontri” al confine sudoccidentale nell’anno fiscale 2022 erano migranti economici, non rifugiati politici. Per dirla tutta, ben 808.400 di loro, ovvero il 33%, erano solo di nazionalità messicana. Ma da quando Washington ha dichiarato che il nostro vicino del sud è uno stato fuorilegge dal quale i suoi cittadini devono fuggire per paura nei confronti della propria vita e incolumità fisica?

Certo, ci sono un numero modesto di persone che sono vittime dei feroci cartelli della droga, ma attenzione: i cartelli della droga messicani sono stati favoriti anche a Washington, a causa della sua idiota guerra alla droga. Quindi basta abrogare le leggi sulla droga, e smantellare la DEA e le sue agenzie collegate, e non ci saranno più i signori della droga messicani da cui fuggire.

Allo stesso modo, altri 705.500 degli arrestati in questi “incontri” provenivano dall’America centrale. Molti dei Paesi che si trovano lì potrebbero essere definiti stati semi-falliti in cui la criminalità è piuttosto elevata, ma in realtà non si tratta di oppressione politica e non sono molto diversi dalla maggior parte delle principali città degli Stati Uniti.

Ad esempio, 213.000 di questi incontri sono avvenuti con migranti provenienti dall’Honduras, dove il tasso di omicidi era di 36 su 100.000 abitanti nel 2022, rendendolo il peggiore di tutti in America Centrale. Oltre a ciò, i 231.565 incontri che hanno coinvolto migranti provenienti dal Guatemala riguardavano un Paese il cui tasso di omicidi era di appena 17 su 100.000 abitanti; i 163.876 incontri con migranti nicaraguensi provenivano da un Paese con un  tasso di omicidi di 6,7 ogni 100.000 abitanti; e i 97.030 di El Salvador fuggivano da un Paese il cui tasso di omicidi era di appena 8,0 ogni 100.000 abitanti.

Anche nel caso del Messico, cartelli della droga e tutto il resto, il tasso di omicidi nel 2022 era di 25,0 su 100.000 abitanti.

Il tasso di omicidi nelle principali città degli Stati Uniti è molto più alto a quello del Messico e dell’America centrale. Di seguito sono riportati i tassi di omicidi ogni 100.000 abitanti per alcune importanti città degli Stati Uniti nel 2021, così come il tasso di 6,3 ogni 100.000 abitanti per gli Stati Uniti nel loro insieme. Il tasso complessivo degli Stati Uniti è evidentemente nella stessa misura di El Salvador/Nicaragua, suggerendo che, mentre gran parte dell’America centrale potrebbe trarre vantaggio da un sistema giuridico più forte, stiamo parlando solo di grado, non del presunto incubo di caos omicida che spesso si è addotto come giustificazione per spiegare le orde di richiedenti asilo al confine degli Stati Uniti.

Infatti ognuna di queste città americane ha un tasso di omicidi più alto dello stesso Messico, la presunta fonte di omicidi e caos al confine degli Stati Uniti; e anche tassi che sono molto, molto più alti di quelli di tutta l’America centrale, ad eccezione dell’Honduras.

Tasso di omicidi ogni 100.000 abitanti nelle prime 10 città degli Stati Uniti nel 2021: 

• St. Louis: 64,0

• Baltimora: 58,6

• Detroit: 41,0

• Milwaukee: 42,5

• New Orleans: 40,6

• Cleveland: 33,7

• Atlanta: 32,0

• Los Vegas: 31,4

• Memphis: 27,1

• Newark: 25,6

• Stati Uniti: 6,3

Infatti altri tre Paesi dell’emisfero occidentale nell’elenco sopra suggeriscono chiaramente che non sono gli omicidi e i dittatori da cui i migranti fuggono, piuttosto dal socialismo e dalla povertà. Ben 462.000, ovvero il 19% degli “incontri” nell’anno fiscale 2022, sono avvenuti con cittadini di Cuba, Haiti e Venezuela. I rifugiati politici dalle carceri di Castro lasciarono l'isola per Miami decenni fa, quindi i fuggitivi di oggi sono semplicemente vittime della povertà comunista, come è essenzialmente il caso anche di Haiti e del Venezuela.

Infatti se si guarda al PIL pro capite dei principali Paesi dell’America Latina da cui arrivano la stragrande maggioranza degli “incontri” al confine degli Stati Uniti, è dannatamente evidente che si tratta di forze economiche sotto forma di carenza di manodopera qui e profonda povertà là. Rispetto al PIL pro capite degli Stati Uniti pari a $65.425 nel 2022, ecco le cifre comparabili per 11 principali fornitori di migranti dell’America Latina. In tutti i casi il rapporto varia da più di 40:1 a un minimo di 6:1 (rispetto al paradiso comunista di Cuba).

PIL pro capite 2022: 

• Haiti: $1.600

• Nicaragua: $2.090

• Honduras: $2.750

• El Salvador: $4.700

• Venezuela: $3.980

• Guatemala: $ 5.475

• Ecuador: $6.300

• Perù: $6.475

• Colombia: $6.500

• Cuba: $7.490

• Messico: $10.820

• Stati Uniti: $65.425

Inutile dire che i rifugiati economici provenienti da questi Paesi sono incentivati ​​a fingere di arrivare per ottenere asilo politico. Questo perché non esistono quote di immigrazione legale, o carte verdi, per i lavoratori non qualificati e non stagionali oltre ai 4.300 all'anno consentiti nelle categorie EW3 ed EW8.

Naturalmente questo è un piccolo buco nel sistema legale delle quote. I geni di Washington hanno ritenuto opportuno ammettere legalmente un totale di 1.018.349 di immigrati nel 2022, ma solo lo 0,4% di questi rientrava nelle categorie di quote per lavoratori non qualificati e poco qualificati.

Eppure queste ultime categorie sono esattamente quelle in cui l’America registra una grave carenza di manodopera. Quindi non sorprende affatto se milioni di rifugiati economici a sud del confine vogliano migrare qui nella tradizione storica di lavorare sodo, costruirsi una vita migliore e contribuire alle tasse e a tutti gli altri aspetti della società americana.

In pratica, i 2,43 milioni di migranti “arrestati” dalla polizia di frontiera nell’anno fiscale 2022 sono stati costretti da una follia normativa a:

• Infrangere la legge attraversando il confine per essere arrestati.

• E poi richiedere lo status di asilo attraverso una procedura burocratica contorta che può richiedere mesi, se non anni, per essere completata e che esige dai richiedenti il fornire prove esaustive riguardo l'effettivo pericolo nel loro Paese d’origine, quando ciò che conta davvero è la loro capacità di lavorare, vivere e diventare buoni cittadini degli Stati Uniti.

Inoltre, in contrasto con il semplice limite per l’ingresso di lavoratori non qualificati, ecco un riepilogo delle categorie normative attraverso le quali i restanti 1.013.998 di immigrati legali sono arrivati ​​in America nel 2022. E la stragrande maggioranza di questi è arrivata con visti concessi nei consolati statunitensi all’estero, in modo ordinario facendosi timbrare i documenti allo sportello di controllo passaporti dei cittadini non statunitensi.

E nessuno di quei 1.013.998 di persone ha aggiunto un briciolo alla brulicante “invasione” dei confini.

Immigrati legali nel 2022 per le principali categorie normative: 

Parenti stretti di cittadini statunitensi: 428.268

• Altre preferenze basate sulla famiglia: 166.041

• Dottorati di ricerca e operai specializzati e loro familiari: 265.933

• Rifugiati e richiedenti asilo: 83.096

• Lotteria della diversità: 43.233

• Iracheni e afgani impiegati dal governo americano: 11.911

• Vittime di criminalità e altre categorie politiche: 15.536

Lavoratori non qualificati: 4.351

Inutile dire che quanto sopra è solo un riassunto della mostruosità normativa che passa per il sistema nazionale di controllo delle quote di immigrazione. Se si selezionano le 428.268 carte verdi emesse sotto la voce “parenti stretti”, ad esempio, si ottengono i seguenti numeri.

Carte verdi 2022 emesse per parenti prossimi di cittadini statunitensi per categoria di quota: 

• R1/R6/CR1/CR6/B1/B6, Coniugi di cittadini statunitensi: 222.565

• W1/W6, altri coniugi, vedove o vedovi: 1.201

• CF1/F1, fidanzate e fidanzati: 14.846

• IR2/IR7/CR2/CR7, Figli di cittadini statunitensi: 52.163

• IH3/IH8/IH4, Adottati in base alla Convenzione dell'Aja: 971

• IR3/IR4/IR8/IR9, Orfani adottati all'estero: 571

• IR5/IR0, genitori di cittadini statunitensi maggiorenni: 132.428

• IBO, genitori di cittadini statunitensi maltrattati all'estero: 77

• Altro: 3.446

E queste sono le categorie normative più semplici e dirette. A titolo di confronto, si consideri solo la ripartizione della quota 2022 per i 162.514 lavoratori di Prima e Seconda Priorità ammessi legalmente in base alle “preferenze basate sull’occupazione”:

• E11/E16, Lavoratori con capacità straordinarie: 7.499

• E12/E17: Professori o ricercatori eccellenti: 4.447

• E13/E18. Dirigenti o manager multinazionali eccezionali: 10.290

• E21/E25. Professionisti con titoli di studio avanzati: 54.491

• E14/E15/E19/E20/E22/E23/E27/E28, Coniugi e figli delle quattro categorie sopra indicate: 85.787

Proprio così. La più grande carenza nell’economia americana oggi è quella dei lavoratori poco qualificati e non qualificati, eppure i burocrati di Washington hanno fatto spazio a 20 volte più coniugi e figli di professori, dirigenti, laureati e lavoratori con abilità “straordinarie” rispetto ai semplici vecchi lavoratori comuni.

In una parola, i lobbisti della Silicon Valley e delle aziende Fortune 500 si sono assicurati di poter ottenere tutti i dottorati di ricerca e i dipendenti high-tech di cui hanno bisogno attraverso un processo ordinato di elaborazione dei visti nei consolati all’estero. Indubbiamente Facebook e Google hanno pagato fior di quattrini ai lobbisti e agli avvocati di Washington che hanno mantenuto aperte le porte delle loro carte verdi.

Ma se siete un operaio, non così tanto. In primo luogo, siate pronti a rischiare la vita e l’incolumità fisica e a essere privati di ogni centesimo che avete dai “coyote” che vi portano al confine con gli Stati Uniti e poi vi presentate all’arresto e alla detenzione in campi di concentramento improvvisati. Successivamente pianificate di rimanere nel limbo per mesi, se non anni, in attesa dell'udienza per l'asilo mentre pagate le spese degl iavvocati; e poi molto probabilmente finirete per essere rimandati a casa quando non potrete dimostrare di essere stati sufficientemente in pericolo, ad esempio, in Costa Rica, il nuovo punto caldo per i vacanzieri americani alla moda.

Dall’altra parte un datore di lavoro a corto di manodopera a Kansas City potrebbe ritenere che l’attuale  costo di $217 per un biglietto dell’autobus dalla Costa Rica all’aeroporto locale sia un vero affare, poiché ammonterebbe a sole 29 ore di busta paga con il salario minimo. Cioè, un costo di assunzione molto modesto coincidente con l'occupazione di posti di lavoro in un magazzino di Kansas City, in un fast food, o in un cantiere edile.

Allo stesso tempo il migrante economico potrebbe anche considerare un biglietto aereo da $217 un vero affare rispetto alla tariffa da $3.000 a $15.000 addebitata dai coyote per il pericoloso viaggio dalla Costa Rica al Rio Grande, per non parlare dei mesi e persino degli anni. nel processo di richiesta di asilo.

E questa possibilità porta direttamente all’aspetto molto più importante: se ci fosse un’altra categoria di controllo dell’immigrazione, magari etichettata “GW10”, che sta per “Lavoratore ospite, percorso di 10 anni verso la cittadinanza”, ci sarebbero delle orde al confine? No.

L’Unipartito sarebbe finalmente libero dalla battaglia su come razionalizzare e riformare il programma di asilo. Non litigherebbe più sul limite delle 5.000 ammissioni di asilo al giorno come tetto o livello minimo, né litigherebbe più su come calcolare i limiti secondari settimanali e annuali, o come riavviare il flusso di asilo una volta attivata la chiusura delle frontiere e innumerevoli altri inutili guai legislativi e normativi.

La risposta è No perché un programma GW10 smaschererebbe lo sporco segreto dell'intero fenomeno dell'“invasione” dei confini. In altre parole, un programma GW10 potrebbe essere elaborato attraverso le 249 ambasciate e consolati statunitensi sparsi in tutto il pianeta: meccanismi burocratici ordinati che elaborano letteralmente milioni di domande all’anno sia per visti di viaggio temporanei che per visti di immigrazione permanente, giorno dopo giorno.

Invece i richiedenti asilo devono arrivare al confine tra Texas e il Sud-ovest piuttosto che accedere a questo sistema locale perché, beh, i consolati statunitensi non sono in grado di spiegare prontamente l’insulto implicito al Paese ospitante. Dopotutto concedere asilo a cittadini presumibilmente “perseguitati” presso il consolato americano a Città del Messico, ad esempio, equivarrebbe ad aiutare e favorire presunti nemici dello stato messicano.

Proprio così. Ci sono centinaia di categorie di persone che si rivolgono ai consolati statunitensi per ottenere visti di viaggio, ricongiungimenti familiari, permessi di lavoro, permessi di studio, permessi sportivi, permessi legati all'intrattenimento, all'insegnamento e molto altro, ma non per fuggire dall’oppressione del proprio Paese.

Infatti la disconnessione è così evidente che vale la pena sottolineare i Paesi di origine dei 55.882 immigrati legali nell’anno fiscale 2022 nell’ambito della Lotteria della Diversità, che da soli hanno rappresentato 13 volte più carte verdi nell’anno fiscale 2022 rispetto all’intera categoria dei lavoratori non qualificati.

Questi immigrati sono arrivati ​​qui a decine di migliaia attraverso un'ordinata lotteria con sede nei consolati statunitensi condotta in più di 170 nazioni sparse in tutto il pianeta. E la lotteria ha prodotto più carte verdi “diversità” solo per Algeria e Albania rispetto al numero totale di lavoratori ammessi nelle quote di lavoratori non qualificati (EW3/EW8).

Immigrati della lotteria della diversità per l'anno fiscale 2022 per Paese: 

• Algeria: 2.380

• Albania: 2054

• Camerun: 1.705

• Congo: 903

• Kenia: 1.157

• Sudan: 1.704

• Arabia Saudita: 450

• Yemen: 625

• Afghanistan: 723

• Marocco: 2.559

• Ruanda: 661

• Togo: 838

• Zimbabwe: 1.142

• Siria: 240

• Cambogia: 166

• Giordania: 713

• Mongolia: 196

• Armenia: 1.308

• Kazakistan: 865

• Moldavia: 481

• Fiji: 537

• Cuba: 612

• 147 altre nazioni: 34.863

• Lotteria della diversità totale: 55.882

In breve, tutti questi nuovi titolari della carta verde nella lotteria della diversità sono stati processati nei consolati e nelle ambasciate statunitensi dei Paesi indicati. Non c’è stata congestione al confine, nessuna violazione della legge, nessun arresto, nessuna incarcerazione temporanea, nessuna attesa prolungata nella fase di richiesta di asilo.

In altre parole, la risposta non è un programma di trattamento dell’asilo più ampio, più severo e più costoso secondo il cosiddetto compromesso bipartisan, ma un cambiamento politico che ridurrebbe drasticamente i 2,5 milioni di “incontri” annuali al confine sudoccidentale reindirizzando il flusso dei migranti per motivi economici a un processo di candidatura GW10. Nel caso del Messico, ad esempio, ci sono 10 consolati sparsi in tutto il Paese, come mostrato di seguito, e ci sono strutture simili in tutta l'America centrale e meridionale, così come nel resto del mondo.

Nell’ambito di un sistema di politica dell’immigrazione che includesse un programma su larga scala per i lavoratori ospiti, non ci sarebbe bisogno di una chiusura delle frontiere o di un test contorto, come nel pacchetto del Senato, per riaprire successivamente il processo di asilo. Infatti ci sarebbero probabilmente solo poche migliaia di richiedenti asilo alla frontiera e ai porti d'ingresso in qualsiasi momento, perché i milioni di persone in cerca di lavoro che attualmente invadono il confine verrebbero processati nei loro Paesi d’origine dai burocrati del Dipartimento di Stato. E quest’ultimo processo potrebbe essere notevolmente migliorato con un elenco computerizzato delle persone in cerca di lavoro a cui potrebbero accedere tutti i datori di lavoro statunitensi che cercano lavoratori già preselezionati e pre-approvati.

Nell’ambito di tale programma GW10 i lavoratori ospiti non avrebbero diritto ai benefici sociali negli Stati Uniti per 10 anni e potrebbero rimanere negli Stati Uniti finché un datore di lavoro non validerebbe il loro status lavorativo di ospite, con un’opzione per ottenere la cittadinanza dopo 10 anni di lavoro e pagamento delle tasse.

Inutile dire che questo approccio basato sull’economia eliminerebbe il 95% delle folle radunate al confine tra Stati Uniti e Messico. Ciò che rimarrebbe del tentativo d'ingresso illegale sarebbe il piccolo numero di criminali, spacciatori, terroristi e disadattati che non potrebbero qualificarsi per un visto di lavoratore ospite.

Inoltre, con le “minacce” ridotte a poche migliaia anziché ai milioni attuali, la polizia di confine potrebbe mantenere il confine così “sicuro” da stupire anche Donald Trump. E potrebbe farlo con budget e manodopera significativamente inferiori rispetto a quelli di cui dispone oggi!

Come porre fine al caos al confine degli Stati Uniti: permessi di lavoro presso i consolati statunitensi.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Sovranismo, parte #4: l'ascesa della proprietà e del crimine organizzato

Freedonia - Ven, 23/02/2024 - 11:05

 

 

di Robert Breedlove

Nella Parte #3 abbiamo esaminato la mega-politica, i modelli storici e macrostrutturali della civiltà e, più nello specifico, le variabili che modellano l’organizzazione socioeconomica. Questa discussione ci ha portato attraverso la logica della violenza, il processo associato allo sviluppo sociale e la Teoria dei giochi evolutivi incorporata negli affari umani. Oggi scaveremo nuovamente nella storia, esplorando le origini dello Stato, della criminalità organizzata e della proprietà per vedere come questi costrutti sociali cambieranno con l’ascesa del sovranismo durante l’era digitale.


Denaro, Stato e criminalità organizzata 

“Un cambiamento apparentemente semplice nella natura del lavoro può alterare radicalmente l’organizzazione della società.”

~ The Sovereign Individual

Contrariamente al pensiero comune, lo Stato non è il creatore del denaro. In verità, è il contrario. Quando una società inizia a impegnarsi nel commercio, beneficia della divisione del lavoro e accumula un surplus economico. Il primo grande cambiamento verso una società più ricca avvenne con la transizione dalla caccia/raccolta come modalità predominante di esistenza umana a uno stile di vita più stabile incentrato sull’agricoltura. Infatti l’agricoltura è stata il punto di partenza della cultura della civilizzazione – come afferma Will Durant:

La prima forma di cultura è l’agricoltura. È quando ci si mette a coltivare la terra e si accumulano provviste per il futuro che si trova il tempo e la ragione per essere civilizzati.

Quando una società diventa sufficientemente sofisticata da impegnarsi nel commercio, il denaro diventa la merce più commerciata, dando così origine all’accumulo di capitale. La commerciabilità di una merce è un termine equivalente a liquidità o vendibilità. L’impegno dello Stato nasce per tutelare i surplus economici o i risparmi generati dal commercio denominato in denaro. Pertanto il commercio significa l’esistenza del denaro e quest'ultimo alimenta un maggiore surplus economico, il che crea domanda per servizi di protezione prodotti dallo Stato. Quest'ultimo non può esistere in una società in cui il risparmio e il denaro non esistono. Con l’avvento del denaro, una società agricola s'indirizzò verso quella specializzazione economica necessaria per consentire alla violenza e alla protezione dalla violenza di diventare servizi commerciabili. Per queste ragioni l’agricoltura è fondamentale per l’organizzazione della violenza.

“Una divisione del lavoro che consentisse alla specializzazione d'impiegare la violenza era insopportabile in quelle società in cui il cibo in eccedenza non poteva essere immagazzinato [...]. I raccolti e gli animali domestici allevati dagli agricoltori erano beni preziosi; potevano essere immagazzinati, accumulati e rubati.

~ The Sovereign Individual

Many believe government is the originator of money.

In truth, money is the originator of government. The regional gang that controls your money is your government.

Money is the ultimate implement of human governance. #Bitcoin is breaking the governmental stranglehold on money.

— Robert ₿reedlove (@Breedlove22) December 7, 2020

Commercio, denaro e risparmio sono le realtà economiche alla base dell’emergere dello Stato. Nell’era agricola il risparmio significava raccolti, animali domestici, terreni migliorati, edifici e strumenti che gli agricoltori avevano faticato a creare. I beni agricoli erano preziosi: in quanto strumenti chiave per il sostentamento e la sopravvivenza, le persone tentavano di immagazzinarli in modo sicuro e di ottenerli con “ogni mezzo necessario”. La criminalità organizzata è nata per le stesse ragioni dello Stato: l’esistenza di risparmi saccheggiabili. Pertanto la protezione era una preoccupazione primaria per i primi imprenditori dell’era agricola. In tal senso il servizio commerciabile della violenza e la protezione da essa sono due facce della stessa medaglia: i monopolisti potevano addebitare un tributo fino alla quasi totalità dei risparmi degli agricoltori e i cittadini non avevano altra scelta se non quella di pagare. A seconda del lato del confine in cui qualcuno si trovava, lo Stato di uno era l'associazione a delinquere di un altro.

Per queste brutali ragioni economiche (e ironiche), le riscossioni dei pagamenti per la protezione dal saccheggio furono imposte attraverso la tassazione.


Tassazione: predazione sistematica

“La tassazione è un furto, puro e semplice, anche se si tratta di un furto su grande scala e che nessun criminale comune potrebbe sperare di eguagliare. È un sequestro obbligatorio delle proprietà degli abitanti, o sudditi, dello Stato.”

~ Murray Rothbard

L’agricoltura ha reso possibile l’accumulo di ricchezza. Gli antenati dello Stato e della criminalità organizzata – i primi specialisti della violenza – trovarono sempre più redditizio saccheggiare, o proteggere dal saccheggio, i risparmi legati all’agricoltura.

La produzione della più antica riserva di valore – il cibo – ha dato origine alla divisione del lavoro necessaria a sostenere la specializzazione della violenza. Come tutte le altre imprese umane, lo Stato originariamente colmò una lacuna nella domanda sul libero mercato. Accumulando l’energia solare sotto forma di cibo, le società agricole creavano anche un “vaso di marmellata” per tutte quelle mani limitrofe che l'avessero notato. L’istituzione dello Stato è nata per proteggere dai furti il cibo e i beni destinati alla produzione alimentare. La tassazione, quindi, è una forma più prevedibile di furto per finanziare la protezione contro forme più grandi e meno prevedibili. Di fronte alla perdita totale derivante dalla confisca, la tassazione è ancora oggi considerata dalla maggior parte degli imprenditori come il “minore dei due mali”.

Generando qualcosa che valeva la pena saccheggiare e proteggere, l’agricoltura ha reso più redditizi gli investimenti in armi e tecnologie difensive. Ne seguì una corsa agli armamenti verso strumenti più affilati e specializzazione nel loro utilizzo, in cui coloro che riuscivano a scoprire determinati vantaggi strategici o tecnologici ottenevano pretese sproporzionate sui surplus economici prodotti dall’agricoltura e, successivamente, dall’attività commerciale. In questo modo l’agricoltura ha sostenuto l’organizzazione della violenza e della criminalità – per lo più saccheggio sotto forma di coscrizione, inflazione e tassazione. Poiché l’accumulo dei risparmi comportava considerazioni strategiche sia sul saccheggio che sulla protezione dei beni, creava anche requisiti di contabilità. Il commercio, le imprese e la tassazione non erano possibili senza una tenuta dei registri affidabile. Infatti la Stele di Rosetta – una delle opere scritte più antiche – consisteva principalmente in tabelle fiscali.

I simboli dei conti nei registri di imprenditori, contabili ed esattori delle tasse erano i precursori della lingua scritta: un’innovazione che avrebbe trasformato completamente l’umanità. La scrittura ha consentito il trasferimento e l'accumulo di conoscenze nel tempo con maggiore fedeltà e capacità rispetto alla sola parola. Insieme al risparmio del tempo che l’innovazione stava concedendo agli esseri umani, migliorandone la produttività, il linguaggio scritto è diventato uno strumento fondamentale di maggiore astrazione, comprensione e coscienza. Le istituzioni sociali furono in grado di raggiungere nuove vette grazie alla scrittura e l’organizzazione socioeconomica finì per essere dominata da varie istituzioni monolitiche nel corso della storia, tra cui le varie monarchie, la Chiesa e più tardi lo Stato-nazione. Indipendentemente dalla forma assunta da queste varie istituzioni, tutte esistevano per preservare (e occasionalmente saccheggiare) il concetto socioeconomico più importante: la proprietà.


Principi primi della proprietà

“Il diritto alla vita è la fonte di tutti i diritti – e il diritto alla proprietà è la loro unica attuazione. Senza diritti di proprietà, nessun altro diritto è possibile. Poiché l’essere umano deve sostenere la propria vita con i propri sforzi, quell'essere umano che non ha diritto al prodotto dei suoi sforzi non ha i mezzi per sostenere la propria vita.”

~ Ayn Rand

Contrariamente al pensiero comune, la proprietà non è un bene. Una casa, un'auto, o una quota di capitale aziendale sono asset. La proprietà è la relazione reciprocamente riconosciuta ed esclusiva tra il proprietario di un bene e qualsiasi bene particolare. Un atto, un titolo, o un certificato azionario sono la commemorazione degli interessi di proprietà di un proprietario rispettivamente a una casa, a un'auto, o a una quota di capitale aziendale. Essendo una relazione piuttosto che un elemento particolare, l'essenza di ogni proprietà è puramente informativa.

La proprietà è descritta con impareggiabile eloquenza alla voce “Proprietà” nell’Enciclopedia di scienze politiche di Lalor:

Se l'essere umano acquista diritti sulle cose è perché è attivo, intelligente e libero; con la sua attività si propaga sulla natura esterna; con la sua intelligenza la governa e la piega a suo uso; con la sua libertà stabilisce tra sé ed essa il rapporto di causa ed effetto e lo fa suo. [...] Dove c’è, in un Paese civile, una zolla di terra, una foglia, che non porti questa impronta della personalità dell’essere umano? In città siamo circondati dalle opere degli esseri umani; camminiamo su un marciapiede o su una strada battuta; è l'essere umano che ha reso sana la terra un tempo fangosa, che ha preso dal fianco di una collina lontana la selce o la pietra che la ricopre. Viviamo in case; è l'essere umano che ha estratto la pietra dalla cava, che l'ha intagliata, che ha spiantato il bosco; è il pensiero dell'essere umano che ha disposto adeguatamente i materiali e ha fatto un edificio di ciò che prima era roccia e legno. E in campagna l'azione dell'essere umano è ancora presente ovunque; ha coltivato la terra e generazioni di lavoratori l'hanno addolcita e arricchita; le opere dell'essere umano hanno arginato i fiumi e creato fertilità laddove le acque avevano portato solo desolazione. [...] Ovunque s'individua una mano potente che ha plasmato la materia e una volontà intelligente che l'ha [...] adattata [...] al soddisfacimento dei propri bisogni. La natura ha riconosciuto il suo padrone ed egli si sente a suo agio nella natura. Quest'ultima è stata da lui appropriata per il suo uso; è diventata sua; lei è di sua proprietà. Questa proprietà è legittima; costituisce un diritto altrettanto sacro per l'essere umano quanto lo è il libero esercizio delle sue facoltà. È sua perché è venuta interamente da lui e non è altro che un'emanazione del suo essere. Davanti a lui non c'era quasi altro che materia e grazie a lui esiste ricchezza intercambiabile, vale a dire articoli aventi un valore acquisito da qualche industria, dalla manifattura, dalla manipolazione, dall'estrazione o semplicemente dal trasporto. Dall'immagine di un grande maestro, che è forse di tutta la produzione materiale quella in cui la materia ha la parte più piccola, al secchio d'acqua che il portatore attinge dal fiume e porta al consumatore, la ricchezza, qualunque essa sia, acquista il suo valore solo per le qualità comunicate, e quest'ultime fanno parte dell'attività umana, dell'intelligenza, della forza. Il produttore ha lasciato nella cosa un frammento della propria persona che in tal modo è divenuto prezioso e può quindi essere considerato un prolungamento delle facoltà dell'essere umano sulla natura esterna. Come essere libero appartiene a sé stesso; la causa è la forza produttiva; l'effetto è la ricchezza prodotta. Chi oserà contestare il suo titolo di proprietà così chiaramente segnato dal sigillo della sua personalità? [...] È allora che dobbiamo [...] ritornare all'essere umano, creatore di ogni ricchezza [...] è con il lavoro che l'essere umano imprime la sua personalità sulla materia. È il lavoro che coltiva la terra e fa di un deserto non occupato un campo appropriato; è il lavoro che fa di una foresta inesplorata un bosco regolarmente ordinato; è il lavoro, o meglio, una serie di laboratori popolati spesso da una successione numerosissima di operai, che ricava canapa da seme, filo dalla canapa, stoffa dal filo, vestito dalla stoffa; che trasforma l'informe pirite, raccolta nella miniera, in un elegante bronzo che adorna qualche luogo pubblico, e ripete a un popolo intero il pensiero di un artista. [...] La proprietà, resa manifesta dal lavoro, è parte dei diritti della persona di cui è emanazione; come essa è inviolabile finché non si estende fino a entrare in collisione con un altro diritto; come essa è individuale, perché ha origine nell'indipendenza dell'individuo e perché, quando più persone hanno cooperato alla sua formazione, l'ultimo possessore la acquista con valore, il frutto del suo lavoro personale, l'opera di tutti i compagni di lavoro che lo hanno preceduto [...].

In senso stretto, la proprietà è un elenco di “chi possiede cosa”. Archiviazione affidabile, l'aggiornamento e la comunicazione delle informazioni contenute in questo elenco sono l'applicazione nativa della proprietà. Dal punto di vista storico la proprietà ha subito una limitazione universale: la necessità di fidarsi (e pagare) di un’autorità per mantenere questo elenco e prevenirne la falsificazione o la duplicazione. A causa delle realtà tecnologiche dell’Era Analogica, questo collo di bottiglia limitava l’utilità della proprietà facendo sì che le sue transazioni comportassero ritardi e spese significativi.

Prima di Bitcoin raggiungere il consenso sullo stato del patrimonio immobiliare era un processo costoso, lento e complesso. Istituzioni analoghe come governi, banche centrali e sistemi giudiziari esistono quasi esclusivamente per soddisfare questa funzione: il raggiungimento del consenso sui rapporti di proprietà degli attori di mercato. Come si dice: “il possesso è i nove decimi della legge”. Peggio ancora, ogni volta che non è stato possibile raggiungere il consenso sui diritti di proprietà tra gli Stati attraverso mezzi politici, è scoppiato un conflitto. Se adeguatamente considerata, la proprietà rappresenta praticamente tutta l’attività criminale.


Agricoltura, proprietà e criminalità

“Ovviamente nessuno si accontenterebbe di faticare per tutta la stagione di semina solo per vedere qualcun altro prendere ciò che ha prodotto. L’idea di proprietà è emersa come inevitabile conseguenza dell’agricoltura, ma la chiarezza del concetto di proprietà privata è stata attenuata dalla logica della violenza che ha accompagnato anche l’introduzione dell’agricoltura.”

~ The Sovereign Individual

Il calo della produttività agricola, insieme ad una confluenza di altri fattori favorevoli alla centralizzazione del potere, si verificò durante la transizione dell'Europa dal Medioevo alla Rivoluzione Feudale nell'anno 1000. Contribuirono in modo determinante a questa centralizzazione le variabili mega-politiche del clima, della microbiologia e e tecnologia. Con le popolazioni ancora in ripresa dalla caduta di Roma, l’offerta di manodopera era in eccesso, causandone la svalutazione mentre venivano poste maggiori richieste sulla terra. L'eredità causò la frammentazione dei titoli fondiari e i mercati immobiliari iniziarono di nuovo ad emergere. Un improvviso calo delle temperature devastò i raccolti durante gli ultimi decenni del X secolo; seguirono gravi carestie. L’arrivo della peste peggiorò le cose e fece indebitare gli agricoltori. Quando i rendimenti dei raccolti non si ripresero, le terre vennero sequestrate dai creditori. Infine i rapporti di potere furono destabilizzati in seguito all’emergere della cavalleria pesante come forza militare. Spinti da semplici innovazioni come la staffa (che migliorava la potenza offensiva di un cavaliere) e il ferro di cavallo chiodato (che migliorava la durata di un cavallo da guerra), i cavalieri a cavallo divennero rapidamente la forza marziale dominante dell'epoca.

“Chiunque abbia un'armatura e un cavallo ora poteva diventare una legge a sé stante.”

~ The Sovereign Individual

Dotati di armature e armi troppo costose per i contadini, i cavalieri divennero inarrestabili saccheggiatori nelle campagne europee. Erano anche ingovernabili da parte delle autorità politiche grazie ai loro armamenti. Nel tentativo di frenarne la violenza, la Chiesa divenne determinante nell’attuazione del feudalesimo avviando un movimento noto come “La Pace di Dio”. Questa interdizione da parte della Chiesa comportava la conversione delle proprietà immobiliari dei contadini in possedimenti feudali. In cambio della sicurezza della servitù della gleba, i piccoli agricoltori accettarono di cedere le loro proprietà ai cavalieri con poteri megapolitici, che divennero i loro signori, catturando la maggior parte del surplus economico generato assumendosi i rischi di capitale della proprietà. Gli agricoltori vendettero sé stessi e i loro discendenti alla servitù della gleba come strategia di sopravvivenza in condizioni mega-politiche sfavorevoli alla loro posizione nella società. E qui troviamo un principio di realtà fisica: la garanzia della sicurezza è antitetica alla libertà.

Quando la produttività agricola è elevata, ciò significa che una maggiore quantità di energia solare viene sfruttata e incanalata in tutta la società. Catturare più energia porta a un’ideazione accelerata, all’accumulo di capitale e alla crescita della popolazione. Finché questa produttività non si basa sull’accesso a sistemi controllati centralmente come l’idraulica o le fonderie, la libertà e i diritti di proprietà degli individui tendono ad aumentare di pari passo, poiché un tale ambiente favorisce l’imprenditorialità. Nelle società più imprenditoriali il settore immobiliare inizia quindi a riflettere una forma di proprietà più moderna, nel senso che è interamente posseduto anziché affittato. Ciò consente ai relativi proprietari di sopportare maggiori rischi e di guadagnare maggiori benefici associati alle iniziative agricole. I risparmi accumulati dai singoli agricoltori permisero loro di autoassicurarsi e reinvestire in altre imprese commerciali. Tirandosi su in questo modo, alcuni agricoltori si elevarono al di sopra dei contadini e ottennero una ricchezza indipendente.

Nelle aree in cui la produttività agricola era bassa, o dipendeva dall’accesso a sistemi centralizzati, la libertà e i diritti di proprietà dei lavoratori rimanevano minimi. I vincoli di accesso centralizzato hanno incentivato nel tempo il gatekeeping, la ricerca di rendite e la concentrazione del potere in meno mani (una dinamica ancora inerente al sistema bancario centrale). Questa è una realtà economica inevitabile: quando la produttività è bassa, lo sono anche i profitti, e le economie di scala sono di maggiore importanza, il che fa sì che la centralizzazione e la violenza diventino le strategie dominanti per l'allocazione delle risorse. Poiché i comportamenti umani emergono da condizioni limite, le dinamiche di potere centralizzato inquinano le personalità che le persone sviluppano. Come si suol dire: “Nessun essere umano è migliore dei suoi incentivi”; o come disse Lord Actor: “Il potere tende a corromper, e il potere assoluto corrompe in modo assoluto”. In sintesi: i diritti di proprietà e le libertà tendono a fiorire quando la creazione di ricchezza è positiva e in aumento; al contrario la scarsità amplifica le divisioni, la malvagità e la violenza all’interno di una popolazione – una ragione fondamentale per cui la lente d’ingrandimento centralizzata della scarsità – l’inflazione – è velenosa per la società, e perché una moneta con un’inflazione terminale allo 0% – l’unica proprietà inviolabile del mondo – è molto importante.


Bitcoin: proprietà inviolabile

Bitcoin potrebbe essere una nuova tecnologia, ma come idea è molto più antica. Quando nel 1983 gli fu chiesto come avrebbe risolto i problemi geopolitici senza violenza, Buckminster Fuller rispose:

Cerco sempre di risolvere i problemi con qualche artefatto, qualche strumento o invenzione che renda obsoleto ciò che fanno le persone, in modo da rendere questo particolare tipo di problema non più rilevante. La mia risposta sarebbe quella di sviluppare una rete energetica mondiale, una rete elettrica che coinvolga tutti. All’improvviso non ci sarebbero più problemi nazionali, né internazionali. La nostra nuova base economica non sarebbe rappresentata dall’oro o dai dollari; sarebbero i kilowattora.

Chiaramente Fuller non aveva idea che Bitcoin sarebbe nato un giorno, ma era abbastanza preveggente da comprendere le implicazioni della proprietà inviolabile sulla pace degli stati. Allora qual è il rapporto di Bitcoin con il concetto socioeconomico di proprietà?

Bitcoin reinventa i contorni della proprietà. Combinando il costo di riproduzione (quasi a zero) insito in Internet e nelle tecnologie digitali con l’irriproducibilità del tempo e dell’energia, Bitcoin è un sistema radicalmente nuovo per registrare le transazioni immobiliari in un registro indiscutibile. In quanto pura informazione codificata in modo irreversibile attraverso il processo termodinamico del dispendio energetico, Bitcoin è una proprietà ottimizzata per il rapporto costo-efficacia, la velocità di liquidazione e la correttezza del registro. Come ha scritto il venture capitalist Marc Andreessen nel 2014:

Bitcoin ci offre, per la prima volta, la possibilità di trasferire un pezzo unico di proprietà digitale a un altro utente, in modo tale che il trasferimento sia garantito, sicuro e protetto; tutti sanno che il trasferimento è avvenuto e nessuno può contestarne la legittimità. Le conseguenze di questa svolta sono difficili da sopravvalutare.

I diritti di proprietà privata possono essere chiamati anche responsabilità di proprietà privata. Un proprietario è incentivato ad assumersi la responsabilità dei beni che possiede per massimizzarne l'utilità e la longevità. Come scrisse Matilda Betham-Edwards:

Date a un essere umano il possesso sicuro di una roccia brulla e guardatelo trasformarla in un giardino. Date a un essere umano un affitto di 9 anni su un giardino e guardatelo trasformarlo in un deserto. La magia della proprietà trasforma la sabbia in oro.

L’inflazione della valuta fiat è una violazione della proprietà privata – il movimento arbitrario di ricchezza da un gruppo di mani all’altro. L’inflazione è un’ingiustizia imposta dalla legge; disincentiva la prudenza e innesca una diffusa abdicazione di responsabilità tra gli attori di mercato. Privati di ogni mezzo affidabile per immagazzinare valore nel tempo, essi sono disincentivati ​​a pensare al lungo termine, disintegrando così la moralità sociale. Coloro che non hanno voce in capitolo sono i più colpiti dall’inflazione: i nascituri, i poveri e l’ambiente su cui vengono esternalizzati i suoi costi. Nel presente l’aumento dei prezzi si traduce in una maggiore scarsità, la quale incentiva il comportamento egoistico e la divisione sociale, e un ampliamento del divario di ricchezza poiché i prezzi degli asset vengono gonfiati artificialmente. Ma come dice Jordan Peterson “le opportunità si nascondono dove la responsabilità è stata abdicata”. L’inflazione della valuta fiat è l’abdicazione di responsabilità che spinge l’opportunità di puntare su Bitcoin. Esso è l’unica salvezza dell’umanità: un’arca di energia crittografata progettata specificamente per resistere alle tempeste socioeconomiche dell’inflazione.

Essendo lo strato base per un’interazione commerciale con fiducia ridotta al minimo nello spazio digitale, Bitcoin può teoricamente sostenere protocolli di livello superiore (come RGB) utili per effettuare transazioni su qualsiasi forma di proprietà privata in modo decentralizzato, totalmente libero da qualsiasi autorità di controllo centralizzato. Disintermediare il consenso sulla proprietà e decentralizzare le interazioni digitali è dirompente per il concetto stesso di proprietà. I regimi-Stato-nazione abituati a controllare questa funzione sociale basilare durante l’Era Analogica si trovano ad affrontare un brusco risveglio durante l’ascesa del sovranismo.

Bitcoin, una proprietà puramente informativa con sicurezza integrata che massimizza la libertà individuale, altera questo precetto per l’Era digitale. Il sovranismo è una rivoluzione socioeconomica basata sugli inviolabili diritti di proprietà privata intrinseci a Bitcoin. Quando la proprietà diventerà a prova di saccheggio, le istituzioni politiche moderne basate sul saccheggio vacilleranno, insieme ai personaggi modellati dai precetti dell'Era Analogica. Nella quinta parte esploreremo l’estinzione della politica e le sue allegorie storiche in ciò che The Sovereign Individual chiama i “Paralleli tra il declino senile della Santa Madre Chiesa e lo Stato paternalista”.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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???? Qui il link alla Prima Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2023/12/sovranismo-parte-1-distruzione-creativa.html

???? Qui il link alla Seconda Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2024/01/sovranismo-parte-2-bitcoin-sistema.html

???? Qui il link alla Terza Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2024/01/sovranismo-parte-3-mega-politica-la.html

???? Qui il link alla Quinta Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2024/03/sovranismo-parte-5-lestinzione.html

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