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7 buoni motivi per sentirsi filo-israeliani | 2

Seconda parte dell'articolo pubblicato qui

 
2. Propaganda 
2.1 Controllo delle parole 
2.2 Controllo delle informazioni 
 
2.1 
Quanto esposto nel punto 1.2 trova la sua naturale continuazione in questo secondo punto. Se finora abbiamo illustrato motivi facilmente risolvibili (ignoranza su fatti storici e di attualità), ci troviamo ora ad affrontare un capitolo molto più delicato, che ci coinvolge tutti da vicino e che opera in modo alquanto subdolo. 
Si tratta del modo con cui chi sta al potere instilla nelle nostre menti concetti e realtà. 
Da quando nasciamo non siamo mai soli: fin da piccoli, grazie alla scolarizzazione di massa, abbeveriamo le nostre giovani e ingenue menti alle verità che ci vengono graziosamente fornite a scuola, secondo programmi stabiliti dallo Stato e nei tempi e modi da esso prescritti. E' lì che inizia il nostro rapporto deleterio con la propaganda. 
Propaganda è innanzitutto controllo delle parole e dei concetti ad esse associati.
Un grande scrittore, Philip Dick, ebbe a scrivere: "Chi controlla le parole, controlla le persone che usano le parole". Ne sapeva qualcosa anche George Orwell, che in "1984" ci ha fornito la chiave per comprendere la realtà, esponendoci il funzionamento della "neolingua" che non è altro che il meccanismo con cui funziona la propaganda. 
Se sei in grado di associare un certo concetto a una parola, cioè di controllare il significato attribuito a quel termine, sarai in grado di controllare chiunque usi quella parola. 
Potrai così, per esempio, associare alla parola "pace" immagini di militari armati fino ai denti, aerei che sganciano bombe, villaggi sperduti in un angolo ignoto della carta geografica che esplodono: riuscirai così a fare in modo che le persone associno mentalmente, e inconsciamente, militari e villaggi bombardati con la pace. Ironico, vero? Ma funziona. 
Più sopra ho utilizzato il termine "instillare", e per una buona ragione: perché questa parola illustra perfettamente l'opera di propaganda in atto nelle nostre menti1. Uno stillicidio costante di parole e concetti a cui siamo sottoposti prima a scuola e poi a casa, tramite i TG e gli altri programmi della TV, principale e spesso unica fonte di informazioni per gran parte delle persone. 
La propaganda, tramite il controllo delle parole, nel tempo crea nei nostri cervelli delle vere e proprie connessioni neurali, delle "corsie preferenziali" che uniscono saldamente determinati termini e fanno scattare precise reazioni in presenza di specifiche parole, senza che ce ne rendiamo conto a livello conscio. Un esempio: provate a verificare quali sono le reazioni delle persone a parole come "antisemitismo" e "terrorismo".  
 
2.2 
A questo bisogna poi aggiungere, più nello specifico, la propaganda legata allo Stato d'Israele. Quanti conoscono per esempio il termine "sionismo"? E quanti tra questi sono in grado di spiegarne il significato e la storia? 
Vi siete mai chiesti perché autorità e alte cariche dello Stato, tra cui recentemente lo stesso Napolitano, tuonano parole di fuoco contro chiunque esponga dubbi o faccia domande riguardo l'operato dello Stato d'Israele o la storia della Shoà?2 
Ci sono termini ben precisi e diversi fra loro, che sono stati manipolati e mischiati per confondere le idee a chi già ha grosse lacune conoscitive sulla storia e l'attualità della Palestina. Questi termini sono principalmente: sionismo, semita, antisionismo, antisemitismo, ebreo, palestinese, terrorista. Provate a dare un significato preciso a ciascuna di queste parole: molte persone non ne saranno in grado, o non ne daranno il giusto significato; ma non per loro incapacità mentale, bensì perché questi termini sono stati talmente mistificati nei loro significati da risultare confusi e indefiniti. E ciò perché in questo modo è possibile instillare in noi, per esempio, la falsa uguaglianza "antisionista = antisemita". 
Così, viene bollato con l’appellativo di "antisemita" (anche qui, usato non nella sua accezione originaria ma nel significato di "antiebreo"3) chiunque si permetta per esempio di: 
  • esporre dubbi o riserve sull'operato dello Stato d'Israele, 
  • esporre dubbi, di qualunque tipo, sulla storia comunemente accettata dell'olocausto nazista, 
  • chiedere di verificare le fonti su cui si fonda la storia comunemente accettata dell'olocausto e di continuare l'indagine storica, 
  • chiedere di indagare i retroscena storici della creazione dello Stato d'Israele, 
  • criticare il sionismo, 
  • indagare le fonti finanziarie del regime nazista. 
Tutte queste persone sono invariabilmente etichettate come "antisemite" e relegate nell'angolo dei criminali da disprezzare4. Tanto criminali che, in diversi stati europei, uno storico che pubblichi articoli o libri in cui esamina la shoà fornendo informazioni che contrastano, anche in minima parte, con la storia comunemente accettata, viene messo in prigione5
La ricerca storica sulla shoà non gode di quella libertà garantita per altri settori della ricerca storica e che è il fondamento di qualunque progresso nella conoscenza e nella scienza. E' un capitolo chiuso su cui non è lecito indagare ulteriormente. Perché? 
E perché non è possibile esporre dubbi o critiche all'operato dello Stato d'Israele, pena la marchiatura indelebile di "antisemita"? 
(Scommetto che molti, al solo leggere le parole "olocausto" e "dubbi" nella stessa frase, abbiano avuto uno scatto di stizza e repulsione. Nessuna sorpresa. La propaganda ha funzionato.) 
 
Allo stesso modo e secondo lo stesso meccanismo, la propaganda ha lavorato con gran zelo per instillarci l’idea che Israele sia giustificabile in tutto ciò che fa, in quanto vittima dell’olocausto. Lo Stato d’Israele è l’unico al mondo a godere del “diritto” di perpetrare un genocidio facendosi scudo con un genocidio precedente. 
 
Abbiamo solo accennato, in realtà, al vastissimo e complesso tema della propaganda, ma si può iniziare ad approfondirne la conoscenza partendo per esempio da un articolo di Federico Povoleri: "Propaganda: se la conosci la eviti"1.
 
Vorrei chiudere questa seconda parte raccomandando la visione di un documentario prodotto dal regista ebreo Yoav Shamir: "Diffamazione"6. Vi si trova la realtà che nessun media si azzarda a raccontarci. 
 

A breve la terza parte dell'articolo.
La prima parte si trova a questo indirizzo