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ZATOICHI - la furia degli Dèi

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Nella mitologia greca vi era una Dea chiamata Nemesi che, in qualche modo, potrebbe essere erroneamente accomunata con quella romana della Giustizia. Interessante notare come la Dea Nemesi non cavalchi gli stessi principi Giuridici di quella romana. Infatti, basti sapere che la famosa benda sugli occhi, simbolo d’imparzialità, non le riguarda. Questi concetti diverranno utili per comprendere la storia di Zatoichi. Non solo utili, ma anche affascinanti, giacché il nostro eroe è paradossalmente cieco.

Ancora più curioso è studiare questi aspetti, sapendo come la maggior parte della Critica cinematografica, che concede a Kitano non pochi e sperticati apprezzamenti, si sia fatta sfuggire questa magnifica metafora che accomuna nell’anima e nello spirito, culture così distanti da quella occidentale.

Non so, e sinceramente non l’ho nemmeno indagato, se Takeshi Kitano fosse in qualche modo consapevole di questi “rimbalzi” mitologici, ma si può acutamente apprezzarne il mestiere con cui li interpreta. L’incursione nel “Genere Samurai”, da parte di Kitano (è bene farlo presente) si rifà a un personaggio tradizionale della sua cultura (quell’appunto di Zatoichi) per molte volte portato sul grande schermo e in TV …ed è proprio in ragione di aver manipolato un grande classico della letteratura giapponese che il regista ha reso affascinante la sua opera e vinto la sfida di condurlo a nuova vita…

… e una cosa tengo ad anticiparla: - m’interessa meno considerare gli aspetti che riguardano gli stilemi ricalcati dal Maestro Kurosawa, cui Kitano è rispettosamente debitore, poiché un’ampia eco della critica ha già detto molto in merito, quindi, non abbiatevene, preferisco gettarmi più sulla poetica che questo film ha impresso in me e probabilmente in molti altri, sperando sia corroborante per appassionarsi a una lettura particolareggiata di un film strepitoso.

 

Passi illuminati.

Un termine di cui si abusa, per darsi arie intellettuali o forse per insignire qualcuno di meriti che non ha, è quello della - poetica. Se ragioniamo su come questo termine si conceda distrattamente anche a un regista come Nolan per i suoi Batman, allora si potrà intuire come la capacità di suggestionare possa essere confusa con la poetica. Innanzitutto la poetica di un autore, in maniera contraddittoria non è al servizio della storia che è raccontata, ma è libera. Come un vento degli Dei, soffia sulle immagini di una storia, portando lo spirito degli spettatori in altri luoghi da quelli raccontati, più specificatamente nell’anima del regista stesso. L’autore che riesce a liberare e a rendere sinergico questo rapporto contraddittorio tra “vento irreale” e rappresentazione, altri non è, che un maestro.

Poetica è il passo incerto del vecchio massaggiatore che cammina solitario per le strade del Giappone del XIX° secolo. Il bastone che gli fa da guida dice del suo stato di cecità, ma non tutti sanno che nell’anima di quel bastone si cela un’affilatissima lama d’acciaio. Il panorama rurale si sussegue tra abitazioni isolate e piccoli villaggi, tra terre coltivate e strade sterrate, dove uomini, donne e bambini che le percorrono sono metafora del loro stesso vagare. Proprio un incrocio di quelle strade, fotografato nelle prime battute del film, assurge a nodo esistenziale. Le persone che lo attraversano sono soltanto destini che s’incontrano e si perdono tra loro. I contadini, come maschere di un teatro a cielo aperto, lavorano la terra e danzano coreografie surreali giocando con la musicalità dei loro gesti e della colonna sonora, mentre la colonna sonora gioca e approfitta degli attrezzi della terra per farne strumenti musicali. Kitano, e lo dico senza timore di smentita, rivela, come solo Fellini sapeva fare, la vita dalla vita stessa. Lo fa imbrigliando i simbolismi potenti che, proprio come per la sua Katana, si nascondono nei gesti più semplici e negli oggetti più miseri. Li imbriglia, li trattiene, li subordina fino alla vendetta che deve scatenare. Così come la Katana dipinge col sangue quei significati, così Zatoichi diviene nemesi per coloro che quei significati calpestano.

Poetica è il significato che proprio alla strada sterrata dà questo cineasta e possiamo tentare di spiegarlo con paragone coraggioso:

- così come il nostro immenso Totò, chiamava la Morte - 'A livella, spiegando magistralmente il senso effimero del nostro vivere stupido e vanitoso, prima che la morte dia l’ineluttabile lezione a tutti; così Kitano riesce a dipingere gli uomini in un tratto di penna, un passaggio ironico, un gioco di camminamenti, delle strade che, infinite, bianche, rimangono imperturbabili alle scelte di chi le percorre e conducono ognuno al suo destino.

 

Vendetta tremenda vendetta.

La tragedia del potere che in ogni dove si ripete, anche qui non può fare eccezione. La povera gente è vessata e oltraggiata da famiglie di criminali che grazie all’aiuto di “guardie del corpo” professioniste, si contendono il territorio e il potere. Ammazzano, estorcono e violentano…

 … così, ai margini di un mondo che sembra scorrere al fianco del protagonista, il massaggiatore cieco attraversa luoghi e persone o col suo spirito o con la sua spada: - non c’è una terza soluzione. Ai confini stessi della narrazione, Kitano muove il suo eroe con minimale presenza, in una straordinaria pantomima, ed è questa scelta a portare lo spettatore a concentrarsi sui significati più profondi e a considerare i dialoghi solo la sfumatura finale di un percorso; a volte comico, a volte grottesco, a volte la romantica percezione di un mondo che non c’è più. 

Zatoichi è una figura riservata, misteriosa e non per questo oscura, che esercita forte simpatia sugli umili ma inquieta i prepotenti. Lui sente la loro puzza; loro, il terrore di un’incombenza. Il regista, che come dovrebbe esser noto è anche il nostro attore principale, sovverte, senza dissacrarlo, l’immaginario tradizionale di questi racconti. Spinge sullo stilismo visivo portando il genere storico dei Samurai a superare i ritmi del dramma e dell’epica, della violenza e del coraggio, guidando la realtà oggettiva e drammatica nell’intimità dei personaggi, fin nei loro sogni e soprattutto, nella dolcezza di un’innocenza perduta. La magia si compie …

… ed è a questo punto che l’irriverenza stilistica porta i generi a confrontarsi tra loro, a ricordarci come i diversi mondi che ci abitano, siano tutti coinvolti e tesi nel desiderio di una rivincita. Così la sceneggiatura: - una traccia delicata e sfuggente che, contaminando la tradizione, Kitano traduce in gioco e spettacolo. Il bastone che nasconde l’arma imbattibile può essere atipicamente rosso; i capelli di Zatoichi, biondi; i suoi occhi, come si scoprirà alla fine, azzurri. Il sangue che sgorga dagli squarci sui corpi, sono fiumi naif … che insieme con altri e pochi colori più accesi, servono a distinguere la realtà storica da quella di Kitano. Come quando, in un’inquadratura dall’alto, sarà un ombrello rosso, comicamente mezzo sfasciato, a farci comprendere la profondità di campo di una sequenza, insieme alla genuinità di chi lo usa teneramente per proteggersi dalla pioggia. Come si era detto? … appunto, cose da Maestri. Il sangue, essenza fisica e metafisica, è un fumetto, certo tragico ma usato come lo userebbe un pittore che, ispirato da impetuosi turbamenti, dà al caos un suo personale e indiscutibile ordine.

 

Dèi e pagliacci.

Non ho citato a caso il nostro Totò. Kitano, come il nostro amico napoletano, è anche un comico ed è certamente questa sua vena artistica a concedere le migliori intuizioni per consegnare alla tragedia la sua veridicissima assurdità. Nessuna tragedia può esimersi da ciò e… il pagliaccio, maschera che nasconde le verità inaccettabili, lo sa. Purtroppo anche gli Dei lo sanno. La Dea Nemesi, in contrasto con quella mitologica de la Giustizia, nonostante possa condurre a medesime risoluzioni, distribuisce gioia e dolore con potere persecutorio, spietato, non è cieca e non vuole sapere di una visione d’insieme, non attende interpellanze, non si concede ai codici di una morale. Giunge come un ladro di notte e non è interessata alle conseguenze.

Ora il passo di Zatoichi è inquadrato con clamore, la povera gente sente di appartenere al vento degli Dei e accettano la vendetta incondizionata di un cieco sotto mentite spoglie. I suoi passi sono anche quelli dei deboli: - un onore da compiersi mai spiegato e solamente individuabile attraverso le immagini di un quadro violento, tra Ronin, Samurai e gioco d'azzardo.

Prima di “uccidere” la testa del Drago (e che si nascondeva - proprio come Zatoichi - sotto mentite spoglie), il nostro eroe dovrà sconfiggere l’ultimo avversario degno della sua furia in un duello che sarà quello più malinconico. Un Guerriero formidabile che aveva perso il suo onore, per forza maggiore rimasto nella trincea dei tiranni, sarà costretto ad affrontare Zatoichi. Verrà ucciso in riva al Mare. Luogo, quest'ultimo, ormai mitico per Kitano, presente sempre nelle sue opere, cui ognuno può sentirsi libero di dare una valida interpretazione... e sarà proprio lì, sulla battigia tra i riflussi delle onde, che il corpo senza vita del Ronin verrà inquadrato per l'ultima volta.

  

TAMBURI E SERPENTI.

Zatoichi ha scovato il male, affronta i Ninja, ultimo scudo del drago e li annienta senza la minima titubanza. Il villaggio, desolato, in penombra, fatale, attraversato dal massaggiatore cieco, si alterna con la sequenza teatrale di un ballo emozionante e coinvolgente a ogni livello, ove tutti i protagonisti salvati da Zatoichi festeggiano in una danza Dionisiaca il ritrovato equilibrio. Il crescendo che potremmo definire come quello dei fuochi d'artificio, zampilla di mille luci dorate, occhi sfavillanti e costumi festosi. Ma ora, davanti la Sua Nemesi, il cattivo si rassegna alla fine mostrando i tatuaggi che dicono della sua anima infernale. Zatoichi non gli renderà l’onore e spiazzando sia lo spettatore che la sua vittima, squarcia gli occhi del vecchio tiranno con un fendente trasversale …

 … sarà la cecità la sua punizione, non la morte. Il sangue del dragone, rosso porpora, schizzerà dal suo viso e vivrà nello splendore di un suono di festa, mentre i grandi tamburi, battuti con potenza e folklore, porteranno le pulsazioni del cuore alla frequenza di una liberazione tanto agognata. In quella festa, saranno i sorrisi di due fratelli a dirci tutto. Sin da bambini attendevano la loro vendetta, erano bambini quando scamparono alla morte, mentre i loro genitori venivano traditi e trucidati. Saranno loro a darci il senso di una giustizia profonda quanto magnificamente ineffabile.

Kitano fa esplodere la sua malinconia attraverso la liturgia del sangue e dalle profondità della satira e sarà Zatoichi stesso a rivelare il suo segreto a un avversario:- fingersi ciechi è l’unica maniera per sentire meglio.

La musica è ormai una gioia collettiva, uno spettacolo di comunione e ricostruzione e sarà in quel momento che Zatoichi inciamperà sul terreno. Ricorderà così a se stesso come con gli occhi spalancati non veda niente ...

… e a noi tutti, che il ritorno all’innocenza è un sogno senza fine e la vita, una lama nella notte.

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Ritratto di Calvero

Pardòn ... ho corretto un po di refusi qui e la, e sistemato meglio dei passaggi. Ora dovrebbe essere apposto :)

Considerazioni

Ritratto di Tuareg69

Superbo Calvero: analisi lucida ed illuminante di questa pellicola, preziosa scoperta casuale (come ben sai tu), visto che è spesso – se non sempre – il caso a fornirci le cose migliori.

 

Aggiungo alcune mie personalissime considerazioni sparse [PIENE DI SPOILER]...

 

Un film su tre storie che si intrecciano, ognuna con i temi cari al “Genere Samurai”:

- la GIUSTIZIA, o meglio, il senso di questa di Zatoichi;

- l'ONORE perduto del Ronin Genosuke, alla ricerca del quale perderà anche quel poco che gliene era rimasto (il cui termometro è l'insofferenza, fino al tragico epilogo, della sua protetta);

- la VENDETTA dei fratelli Naruto.

Il tutto con scelte stilistiche assolutamente estranee al Genere stesso, compresa la verve comica di alcune scene che in un contesto tale sembrerebbe una lampante contraddizione, ma non per questo poco credibile... anzi!

 

Per ignoranza mia non so se il mare sia un filo conduttore della filmografia di Kitano: di sicuro lo è l'acqua in questo film dove, oltre alla citata morte del Ronin, un temporale diventa il filo conduttore della memoria che riporta Zatoichi ad un precedente duello con otto avversari e, soprattutto, riporta i fratelli Naruto al ricordo dell'innocenza perduta, ultima vittima dell'infame aggressione alla loro famiglia.

 

Un film dove tutto non è come appare: un cieco che non è un cieco, una geisha che non è una donna, un oste che non è oste, l'aiutante dell'oste che non solo non è tale, ma è molto di più in un rovescio delle parti dove tutto è il contrario di quel che sembra.

 

Fino al ballo conclusivo, dove i fratelli liberati dal fardello della vendetta ritornano allegoricamente bambini; un ballo che è un vero e proprio Tip-Tap! Una forma di risarcimento pretesa da Kitano (secondo me) al cinema hollywoodiano, che per anni ha letteralmente depredato il “Genere Samurai” nelle sue produzioni Western: non quello di frontiera (quello dell'esplorazione e con gli indiani, per intenderci), ma quello di confine dove vigeva la legge del più forte (laddove di Legge non ce n'era) in attesa dell'Eroe che venisse a rimettere le cose a posto (“I magnifici sette” non è stato l'unico caso, ma solo la punta dell'iceberg).

 

Dimenticavo: la genialata del duello tra Zatoichi e Genosuke è l'antesignano ed il precursore di quello tra Holmes e Moriarty in "Sherlock Holmes - Gioco di ombre"!

 

Un grande film, non c'è che dire...

Soddisfazioni

Ritratto di Calvero

Citazione:
Aggiungo alcune mie personalissime considerazioni sparse [PIENE DI SPOILER]...

 

.. altroché, Tuareg: - la triade Giustizia, Onore e Vendetta, è il motore che muove quest'opera. Hai fatto bene a evidenziarlo. A me piace elaborare queste Tesine (quando le scrivo non penso di fare delle recensioni) per portare il cinema ad una dimensione parallela, oltre l'analisi che comunque gli riguarda. Come conseguenza, mi auguro che avvicini gli animi sensibili e li incuriosisca.

 

Vai tranquillo, che per come l'hai buttato giù, il tuo contributo più che un commento è un'ulteriore e importante sviluppo dell'articolo e ho notato con piacere che sei innamorato di questo film, si vede :) ...

 

Purtroppo quando ho iniziato a formulare la mia tesina ho dovuto fare una cernita severa sui concetti che volevo trattare. Quella di non parlare delle influenze di Kurosawa, invece, è una scelta precisa che a differenza degli altri tagli, non l'ho fatto per alleggerire il testo, ma per non distrarre. E sta bene ...

 

... ma altre cose importanti potevano essere trattate, mannaggia:- ho tagliato discorsi sulla colonna sonora, sulla comicità, sul teatro Kabuki, sul simbolismo, sulle coreografie degli scontri (avevo studiato degli approfondimenti) e sul romanticismo dell'eroe solitario. 

 

Citazione:
Un film dove tutto non è come appare: un cieco che non è un cieco, una geisha che non è una donna, un oste che non è oste, l'aiutante dell'oste che non solo non è tale, ma è molto di più in un rovescio delle parti dove tutto è il contrario di quel che sembra.

 

Figata, no? cool  .. geniale

 

Citazione:
Fino al ballo conclusivo, dove i fratelli liberati dal fardello della vendetta ritornano allegoricamente bambini; un ballo che è un vero e proprio Tip-Tap! Una forma di risarcimento pretesa da Kitano (secondo me) al cinema hollywoodiano, che per anni ha letteralmente depredato il “Genere Samurai” nelle sue produzioni Western: non quello di frontiera (quello dell'esplorazione e con gli indiani, per intenderci), ma quello di confine dove vigeva la legge del più forte (laddove di Legge non ce n'era) in attesa dell'Eroe che venisse a rimettere le cose a posto (“I magnifici sette” non è stato l'unico caso, ma solo la punta dell'iceberg).

 

MOLTO bello. Una chicca:- sappi che non è così "secondo te", anzi :) .. Kitano ha addirittura spiegato come gli stessi giapponesi ignorino che il Tip Tap (se pur culturalmente rappresentato in altri modi da quello occidentale) è parte della tradizione originale giapponese.

 

Citazione:
Dimenticavo: la genialata del duello tra Zatoichi e Genosuke è l'antesignano ed il precursore di quello tra Holmes e Moriarty in "Sherlock Holmes - Gioco di ombre"!

 

Per questa invece ti ringrazio particolarmente, mi era sfuggita la relazione. In gamba.

Non avertene però, se sei appassionato dagli Holmes di Ritchie, ma quei due film sono l'esempio di una tra le propagande più sottili e intelligenti del decennio. Pensa che stavo per farci un Topic su LC - all'epoca.

 

Per la questione del Mare nella poetica di Kitano, innanzitutto, dici bene Te, quando fai notare la questione dell'acqua e probabilmente una risposta certa nessuno può darla ed è giusto sia così, anzi, sacrosanto. La mia opinione sul "Mare" l'avevo scritta nella bozza e poi l'ho tagliata, in soldoni era questa l'idea:

 

- Dal canto mio, credo suggerisca di una forza tra le più potenti del pianeta, che per quanto immensa e sconfinata riesce a toccare le rive della terra ferma sia con irruenza spietata, sia con una delicatezza al limite dell'incredibile, come una carezza s'infrange sul mondo. Probabilmente questo si riflette in qualche modo nella filosofia orientale di cosa è forza, cosa dolcezza, insieme a qualcosa di infinito come solo l'orizzonte del mare sa incutere e stupire.

Citazione:

Un grande film, non c'è che dire...

 

... e sopratutto andrebbe consigliato sempre, per il semplice fatto che si sgancia da ogni possibilità di essere manipolato dalla propaganda e dai generi. Si sgancia molto anche da altri film di Kitano, oltretutto. Forse è il meno personale, ma sicuramente una perla unica. Una boccata d'aria fresca.

 

Non avertene però, se sei

Ritratto di Tuareg69

Non avertene però, se sei appassionato dagli Holmes di Ritchie, ma quei due film sono l'esempio di una tra le propagande più sottili e intelligenti del decennio. Pensa che stavo per farci un Topic su LC - all'epoca.

Beh, a questo punto non sarebbe male se ne parlassi qui sul Portico, visto che consideri questi film tra le propagande meglio riuscite... wink

Il fatto è che non sono appassionato degli Holmes di Ritchie... ma totalmente obnubilato da qualsiasi cosa sia riferita a Sherlock Holmes! indecision

Una passione nata da bambino sui libri di Conan Doyle che è poi andata di pari passo con la passione per il cinema: malgrado siano i meno fedeli in assoluto ai romanzi (sotto OGNI punto di vista: storico, letterario, contenutistico), i film con Basil Rathbone sono di gran lunga i più belli! E nello stesso tempo i più legati alla propaganda anglo-americana della seconda guerra mondiale, periodo nel quale sono state girate la maggior parte delle pellicole...

Riguardo alle produzioni televisive, quelle con Jeremy Brett non hanno assolutamente eguali, per la fedeltà al famigerato Canone, ovvero i romanzi ed i raccondi di Doyle... Un MUST per gli appassionati!

Concludo questo CLAMOROSO OT (sorry and sorry again, Calvero) segnalando la serie TV "Sherlock" ambientata ai giorni nostri con Benedict Cumberbatch (quello di "La talpa" e "Star Trek - Into Darkness")... di gran lunga la più bella e originale, ma a suo modo tradizionale, rivisitazione del personaggio.

P.S.: al di là delle tue possibili considerazioni sull'Holmes di Ritchie, questi non ha colto il personaggio così lontano dal suo romanzesco originale (di Doyle, intendo): è realmente rissoso e psicotico come nessuno aveva realmente rappresentato nelle precedenti edizioni del personaggio di A.C.D.!

elementare Tuareg :)

Ritratto di Calvero

Mi prendi in castagna così come sono sicuro che le tue analisi corrispondano al vero. Purtroppo non mi sono mai appassionato alla figura di Holmes ... da ragazzino seguivo Ellery Queen in TV (se lo conosci), più di lì non sono andato cool

... mi piace molto BENEDICT come attore, e non è per niente che l'ultimo Star Trek, non avesse avuto lui come cattivo, non avrebbe funzionato minimamente, è lui che tiene in piedi la baracca.

Per la questione propaganda, il comune denominatore dei due film su Sherlock Holmes di Ritchie (ma Revolver è il suo vero capolavoro) riguarda una sottile operazione che in soldoni, indottrina nell'inconscio degli spettatori che le cospirazioni sono solo appannaggio di suggestioni e che il sospettarle non fa onore alla nostra mente. Veicolato attraverso una sceneggiatura che è la copia carbone una dell'altra (concettualmente), già dice tutto di un'operazione ben pianificata, questo viene ad impremersi ancora più fortemente se colui che è l'eroe risolutore, nell'immaginario collettivo è - per antonomasia - il più intelligente e scaltro detective del mondo. L'attore Robert D. Jr va a rincarare la dose, essendosi, gia in quel biennio, fissato nell'immaginario collettivo come il più intelligente e scaltro scienziato del mondo, Ironman. Et voilà

 

Tutto questo, come dici te, di là dalla critica dei film e soprattutto di Ritchie come regista, che comunque meriterebbe un approfondimento ;) 

 

Revolver

Ritratto di Tuareg69

Leggendo il tuo ultimo commento, mi sono preso cura di procurare e vedere "Revolver" di Ritchie, che ovviamente conoscevo per "Snatch" e "RocknRolla" (oltre agli "Sherlock Holmes").
Ho appena finito di vederlo...

Non so se sono di nuovo di fronte a "I soliti sospetti" o a una sorta di "Identità" di Mangold...

Dannato Calvero! wink Fammelo rivedere altre due o tre volte e ne riparliamo... SICURO!!!