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vi ricordate quell'articolo su "Il Giornale" a proposito di banche e signoraggio?

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Carlo
La proprieta' della moneta e'

La proprieta' della moneta e' una proposta alquanto "bizzarra".
Concettualmente potrebbe anche funzionare, in fondo l'Euro funziona, ma ad una piu' attenta analisi s'evidenzia la sua inattuabilita'derivante principalmente da motivi morali.
Economicamente parlando ci ritroveremmo tutti appesi ad un filo pronto a spezzarsi alla prima turbolenza.
La Moneta e' un argomento delicato, da trattare con le pinze.
Finche' non si capira' che deve (DEVE) essere legata indissolubilmente alla materia (al reale) non se ne uscira'.

a.mensa
Ritratto di a.mensa
la storia dovrebbe insegnare......

Nel maggio del 1775 stava approntando i preparativi per la guerra contro la Gran Bretagna, il Congresso fu messo di fronte al dilemma di come finanziare e rifornire l'esercito che l'avrebbe combattuta.
Invece di tassare i cittadini, si decise di ricorrere alla stampa di una moneta di carta, il Continental dollar, e di immetterla sul mercato, con la promessa di accettarlo in pagamento per eventuali tasse future.
Si chiedeva infatti ai singoli stati di ricorrere alla tassazione per “ritirare dal mercato” quei certificati e dar modo così al Congresso di stamparne altri senza che questi si deprezzassero eccessivamente.
Gli Stati, infatti, si guardarono bene dall'imporre nuove tasse e così i certificati rimasero in circolazione, deprezzandosi nei confronti dei “dollari di metallo” ogni giorno di più.
Alla fine della guerra quel pezzo di carta emesso dallo Stato non valeva più nulla tanto che fu coniato il modo di dire “not worth a Continental” (non vale un Continental) per indicare un oggetto di scarsissimo valore.
In tantissimi furono rovinati ma non tutti i contemporanei giudicarono l'operazione come un disastro. Per Benjamin Franklin, anzi, il Continental fu una “macchina meravigliosa” che pagò e tenne rifornito l'esercito, si pagò da solo attraverso il suo deprezzamento e funzionò come una tassa equa.
Diciamo che fu una tassa pagata da chi li aveva incassati .

A pochi anni di distanza, nel vecchio continente, si stava consumando la Grande Rivoluzione che ci ha tramandato i valori della libertà, uguaglianza e fraternità, accompagnati però dal Terrore di Stato e dalla moneta di carta straccia per eccellenza: l'assegnato.
Si stamparono 400 milioni di assegnati nel 1790, poi altri 800, in un'escalation che portò, nel 1795, alla stampa di 33 miliardi di assegnati per coprire le spese statali. A quel punto l'assegnato aveva un potere d'acquisto che era solo più un seicentesimo di quello iniziale per cui si pensò di cambiare.
Si introdusse un'altra moneta, il mandato, che nominalmente valeva 30 assegnati, e si ripartì con la spinta inflazionistica: nel giro di pochi mesi, da febbraio ad agosto del 1796, la nuova moneta era già scesa al 3% del suo valore iniziale.
Ci pensò Napoleone Bonaparte a reinstaurare il sistema monetario metallico, intuendo che fosse più popolare e più saggio per lui depredare le nazioni conquistate invece dei suoi concittadini.

Il campione indiscusso (con John Kennedy) dei sostenitori della moneta di Stato rimane però Abramo Lincoln con i suoi background-color: #FFFF80;">Greenbacks.
Anche qui, nulla di nuovo sotto il sole: una guerra (stavolta civile) da combattere e la necessità di integrare le maggiori entrate garantite dalle nuove tasse e tariffe imposte, con ulteriore liquidità senza ricorrere a prestiti che avrebbero avuto condizioni molto svantaggiose.
Invece di “andare per strada a chiedere prestiti,” tuonavano voci dai banchi del Congresso, “preferiamo affermare la dignità ed il potere del Governo di emettere le proprie banconote.”
E così fu, dal febbraio 1862.
150 milioni di banconote di valore legale per il pagamento di tutti i debiti privati, delle tasse e per l'acquisto di terra e... di titoli di stato.
Le conseguenze furono quelle che ogni economista si aspetterebbe, portando alla scomparsa dalla circolazione delle monete metalliche, al deprezzamento dei background-color: #FFFF80;">Greenbacks e quindi, nel luglio dello stesso anno, ad una nuova emissione governativa: altri 150 milioni.
Alla fine della guerra erano stati stampati più di 400 milioni di background-color: #FFFF80;">Greenbacks ed il cambio con il dollaro (metallico) era sceso dalla parità al 39%.

L’ultimo esempio è quello offerto dalla repubblica di Weimar,che stampò marchi fino a che Il valore del Papiermark crollò da 4,2 per ogni Dollaro statunitense a 1.000.000 di marchi per Dollaro nell'agosto 1923 e a 4.200.000.000.000 per dollaro il 20 novembre. L'1 dicembre venne introdotta una nuova valuta con il tasso di cambio di 1.000.000.000.000 di vecchi marchi per 1 nuovo marco, il Rentenmark.

e questo solo per ricordare ai fans che sostengono l'assegnazione della "stampante" allo stato, cosa è accaduto tutte le volte che quest'idea è stata messa in pratica.

non vorrei mai appartenere ad un club che avesse me come socio

a.mensa
Ritratto di a.mensa
sempre sullo stesso argomento....

a per coloro che non hanno voglia di credere alla storia, li invito ad un semplice ragionamento.
la banca centrale stampa denaro e lo impresta. su tale credito riscuote un interesse.
lo stato è il più gran debitore, verso i cittadini, verso le banche, le finanziarie, l'estero, ecc...
partendo da questo semplice dato di fatto, risulta che la perdita di valore della moneta sia sempre convenuto ai debitori, che possono rimborsare un debito con valuta che vale meno di quella ricevuta prima.
al contrario per i creditori, chesono esattamente la controparte dei debitori.
e si vorrebbe mettere in mano al maggior debitore, proprio lo strumento per deprezzare la moneta ? aumentare il denaro, a parità di beni disponibili, è sempre e solo voluto dire aumentarne i prezzo unitario, ovvero svalutare la moneta.
è questo che si vuole ? è questo che vogliono coloro che con sacrificio hanno risparmiato ?

proviamo invece a discutere se l'ENTITA' dell'interesse riscosso sui prestiti dal sistema bancario, è o no equo !

non vorrei mai appartenere ad un club che avesse me come socio

Hires
Ritratto di Hires
Sulla proprietà della moneta

Di chi è la proprietà della moneta all'atto dell'emissione?

Questa domanda, autentico tormentone a cui i signoraggisti sottopongono il resto della popolazione, è nato da Giacinto Auriti, che, con un atto di citazione, notificato il 24 giugno 1994, sosteneva che
allo stato attuale nessuna legge indicherebbe il proprietario della moneta all'atto dell'emissione
lamentandosi che
in base ad una consuetudine interpretativa contra legem, l'erogazione della moneta sarebbe "effettuata dalla banca centrale addebitando illegittimamente allo Stato ed alla collettivita' l'intero ammontare corrispettivo" in modo da conferire "solo la proprieta' a titolo derivativo per il tempo limitato alla durata del prestito..

..leggi il seguito su questa pagina

in sostanza la conclusione è che:

Possiamo quindi affermare che: le banconote, prima dell'emissione, NON sono moneta, ma semplice pezzi di carta senza valore.

Solo all'atto dell'emissione diventano moneta ed in quel momento sono poste a passivo nel bilancio per la banca centrale, e dunque sono un credito per chi le riceve.

Alla domanda quindi: di chi è la proprietà della moneta all'atto dell'emissione possiamo senza dubbio rispondere: di chi la riceve. Infatti prima la moneta semplicemente non esiste, è solo un pezzo di carta senza valore.

Nyko
Signoraggio: Informazione Corretta

L'obiettivo principale della FED è rappresentato dall'espansione della moneta e del credito in misura adeguata alle necessità di lungo periodo di un'economia in crescita e con prezzi stabiliti [1].

Il metodo cui la Fed ricorre più spesso per modificare la base monetaria è un'operazione di mercato aperto. Analizziamo la dinamica di un acquisto sul mercato aperto, un intervento con cui la banca centrale statunitense acquista, poniamo, titoli di Stato di un singolo individuo per il valore di un milione di dollari: un acquisto sul mercato aperto accresce la base monetaria.

L'ammontare dei titoli di Stato di proprietà della banca centrale è aumentato di un milione di dollari, come indica la voce "titoli di Stato" dal lato delle attività del bilancio. La banca centrale paga i titoli emettendo un assegno su se stessa; colui che ha venduto i titoli riceve in cambio un assegno che ordina alla Fed di pagare (a favore del venditore) un milione di dollari e porta l'assegno alla propria banca, che gli accredita la somma e quindi deposita l’assegno presso la Fed. La suddetta banca ha un conto presso la Fed, sul quale viene accreditato l'importo; di conseguenza, alla voce "depositi bancari presso la Fed", dal lato delle passività di bilancio della banca centrale, si registra un aumento di un milione di dollari. La banca commerciale ha incrementato le proprie riserve di un milione di dollari, riserve che in primo luogo sono detenute come deposito presso la banca centrale.

L'unico aspetto inatteso del processo è forse che la banca centrale può pagare i titoli acquistati consegnando al venditore un assegno emesso su se stessa. Il proprietario finale dell'assegno ha, dunque, un deposito presso la banca centrale, che può essere utilizzato per effettuare pagamenti ad altre banche oppure scambiato con circolante. Come il titolare di un deposito bancario può, in cambio di quest'ultimo, ottenere circolante, così possono fare coloro che hanno un deposito presso la banca centrale. Quando paga i titoli acquistati emettendo un assegno su se stessa, la banca centrale crea base monetaria "con un tratto di penna". Ne consegue, dunque, che la banca centrale può creare base monetaria a sua discrezione, semplicemente acquistando attività, come titoli di Stato, e pagandole con le proprie passività [2].

Note e fonti:
[1] Board of Governors of the Federal Reserve System, The Federal Reserve System. Purposes and Functions, Washington DC 1993;
[2] "Macroeconomia", VII edizione, edizione italiana a cura di Patrizio Tirelli, di Rudiger Dornbusch, Stanley Fischer e Richard Startz, 456, 457.

Tratto da LE PRATICHE BANCARIE ILLECITE NON ESISTONO!!

Ciaoo, Nyko

Hires
Ritratto di Hires
Certo...

Certo che le banche centrali possono creare moneta "con un tratto di penna", sono le uniche a poterlo fare avendone ricevuto disposizione e mandato dagli Stati che le hanno fondate.
Non per nulla girano i proventi dall'emissione della moneta agli Stati stessi.
D'altronde, ci vorrà pure qualcuno che la emetta la moneta. E' appunto lo Stato, tramite la banca centrale fa esso istituita.

cicciolinuks
Ritratto di cicciolinuks
Comunque...

Per un poco andrà bene l'oro per dar valore alla cartamoneta.

Ma prima o poi si capirà che le cose più importanti sono il cibo, i vestiti... al massimo l'energia, non dei lingotti di metallo inutili tenuti nelle banche. Ma sarà tardi allora.

Lo capiscono delle persone più "arretrate", "selvagge".

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Perdonatemi, ma ho faticato tanto a trovarlo (alla fine ci sono riuscito perché mi ricordavo l'espressione "la pallottola che uccise il poeta"), insomma, ho faticato così tanto a trovarlo che ora che l'ho trovato voglio copiarlo anche qui (non si sa mai che il link scadrà)

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Il Vero Debito Estero (lettera di un capo amerindio ai capi europei)

Così sono qua, io, Guaicaipuro Cuatemoc, sono venuto a incontrare i partecipanti a questo incontro. Così sono qua, io, discendente di coloro che popolarono l’America quarantamila anni fa, sono venuto a trovare coloro che la trovarono cinquecento anni fa.

Così ci troviamo tutti: sappiamo chi siamo, ed è già abbastanza. Non abbiamo bisogno di altro.

Il fratello doganiere europeo mi chiede carta scritta con visto per scoprire coloro che mi scoprirono.

Il fratello usuraio europeo mi chiede di pagare un debito contratto da traditori che non ho mai autorizzato a vendermi.

Il fratello leguleio europeo mi spiega che ogni debito si paga con gli interessi, anche fosse vendendo esseri umani e paesi interi senza chiedere il loro consenso.

Questo è quello che sto scoprendo.

Anch’io posso pretendere pagamenti. Anch’io posso reclamare interessi. Fa fede l’Archivio delle Indie. Foglio dopo foglio, ricevuta dopo ricevuta, firma dopo firma, risulta che solamente tra il 1503 ed il 1660 sono arrivati a San Lucar de Barrameda 185mila chili di oro e 16 milioni di chili di argento provenienti dall’America.

Saccheggio? Non ci penso nemmeno!! Perché pensare che i fratelli cristiani disobbediscano al loro settimo comandamento.

Spoliazione? Tanatzin mi guardi dall’immaginare che gli europei, come Caino, uccidano e poi neghino il sangue del fratello!

Genocidio? Sarebbe dar credito a calunniatori come Bartolomeo della Casa che considerarono quella scoperta come la distruzione delle Indie, o ad oltraggiosi come il dottor Arturo Pietri che sostiene che lo sviluppo del capitalismo e dell’attuale civiltà europea sia dovuto all’inondazione di metalli preziosi.

No! Questi 185mila chili di oro e 16 milioni di chili di argento devono essere considerati come il primo dei vari prestiti amichevoli dell’America per lo sviluppo dell’Europa. Pensare il contrario vorrebbe dire supporre crimini di guerra, il che darebbe diritto non solo a chiedere la restituzione immediata ma anche l’indennizzo per danni e truffa. Io, Guaicaipuro Cuatemoc, preferisco credere alla meno offensiva delle ipotesi. Una così favolosa esportazione di capitali non fu altro che l’inizio del piano Mershalltezuma teso a garantire la ricostruzione della barbara Europa, rovinata dalle sue deplorabili guerre contro i culti musulmani, difensori dell’algebra, della poligamia, dell’igiene quotidiana e di altre superiori conquiste della civiltà.

Per questo, avvicinandosi il Quinto Centenario del Prestito, possiamo chiederci: i fratelli europei hanno fatto un uso razionale, responsabile, o perlomeno produttivo delle risorse così generosamente anticipate dal Fondo Indoamericano Internazionale?

Ci rincresce di dover dire di no. Dal punto di vista strategico le dilapidarono nelle battaglie di Lepanto, nelle armate invincibili, nei terzi Reich ed in altre forme di reciproco sterminio, per poi finire occupati dalle truppe yankee della Nato, come Panama (ma senza canale).

Dal punto di vista finanziario sono stati incapaci - dopo una moratoria di 500 anni - sia di restituire capitale ed interessi che di rendersi indipendenti dalle rendite liquide, dalle materie prime e dall’energia a basso costo che gli esporta il Terzo Mondo. Questo deplorevole quadro conferma l’affermazione di Milton Friedman secondo il quale un’economia assistita non potrà mai funzionare e ci obbliga a chiedere - per il loro stesso bene - la restituzione del capitale e degli interessi che abbiamo così generosamente aspettato a richiedere per tutti questi secoli.

Detto questo, vorremmo precisare che non ci abbasseremo a chiedere ai fratelli europei quei vili e sanguinari tassi d’interesse variabile del 20 fino al 30% che i fratelli europei chiedono ai paesi del Terzo Mondo. Ci limiteremo a esigere la restituzione dei materiali preziosi prestati, più il modico interesse fisso del 10% annuale accumulato negli ultimi trecento anni. Su questa base, applicando la formula europea dell’interesse composto, informiamo gli scopritori che ci devono, come primo pagamento del loro debito, soltanto 185mila chili di oro e 16 milioni di chili di argento ambedue elevati alla potenza di trecento. Come dire, un numero per la cui espressione sarebbero necessarie più di trecento cifre, e il cui peso supera ampiamente quello della terra.

Com’è pesante questa mole d’oro e d’argento! Quanto peserebbe calcolata in sangue? Addurre che l’Europa in mezzo millennio non ha saputo generare ricchezze sufficienti a cancellare questo modico interesse sarebbe come ammettere il suo assoluto disastro finanziario e/o la demenziale irrazionalità delle basi del capitalismo.

Tuttavia queste questioni metafisiche non affliggono noi indoamericani. Però chiediamo la firma immediata di una carta d’intenti che disciplini i popoli debitori del vecchio continente e li obblighi a far fede al loro impegno tramite un’immediata privatizzazione o riconversione dell’Europa perché ci venga consegnata per intero come primo pagamento di questo debito storico.

Dicono i pessimisti del Vecchio Mondo che la loro civiltà versa in una bancarotta tale che gli impedisce di tener fede ai loro impegni finanziari o morali. In tal caso ci accontenteremo che ci paghino con la pallottola che uccise il poeta.

Ma non potranno. Perché quella pallottola è il cuore dell’Europa.