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Tess - di Polanski

Qualcosa non mi permette di inserire le classificazioni dell'articolo: - Divertissement e Cinema. La prima vorrebbe dare un senso di distrazione, se mai ci si potesse distrarre in questi giorni. La seconda è solo ovvia. Pubblico qui la recensione che avevo già scritto su altri Siti. La cacciata da Luogocomune mi ha in qualche modo incatenato l'articolo che aveva pochi giorni di gestazione, però mi ha fornito della possibilità di migliorare l'esposizione: e qui lo libero.

Se avete visto l'ultimo film [schifosamente propagandistico] di Quentin Tarantino «C'era una volta a Hollywood» potreste ricordarvi di una particolare sequenza nella quale ci si può titillare di emozioni con una meravigliosa Margot Robbie (la protagonista che interpreta l'iconica Sharon Tate sul finire degli anni '60), quindi vederla entrare in un locale ...

 
Qui sotto la foto che ho scattato io direttamente sul mio televisore, del momento nel film di Tarantino sopra descritto. Ho lasciato appositamente i sottotitoli
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... e lì ritirare il Romanzo «Tess dei D'Urberville» di Thomas Hardy, essendosene Lei innamorata dopo averlo letto e, a sua volta, al fine di condividerlo con chi ama, farne dono al regista suo marito - il meno iconico, ma non meno mitico: - Roman Polanski.

Quanto poi la sequenza con Margot Robbie di «C'era una volta a Hollywood» possa essere stata o meno romanzata da Tarantino, più o meno immaginata; arbitrariamente o meno messa in scena dal revisionismo postmodernista Tarantiniano, non possiamo darlo per certo, ma ... sì può evincere comunque che di cosa attinente alla realtà trattasi, visto e considerato che Polanski stesso rilascerà interviste e svariate dichiarazioni le quali rendono consapevoli che la sua Sharon aveva discusso con lui di questo testo straordinario (scritto sul finire dell '800) e del grande romanziere che ne fu l'artefice. Tantoché (e forse qualcuno deve avere avuto i brividi come Me, se non il magone) quando si sarà premuto il tasto Play sul lettore del DVD o BLURAY di Tess, vedremo apparire nella sequenza iniziale una minuta e dolcissima didascalia: «.. to Sharon».

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La mia intenzione era di fare una recensione sia del capolavoro letterario di Thomas Hardy, sia del capolavoro di Roman Polanski, insieme. Troppo ambizioso come progetto e me ne sono reso conto tardi. Così ho elaborato al volo una sorta di divertissement tra opera filmica e opera letteraria.

A mio gusto, Thomas Hardy risiede nell'olimpo dei romanzieri insieme a Melville che, se pur con ragioni diverse, la potenza narrativa dei nostri «Nobili Selvaggi» si accomuna in un ossimoro perfetto: il dono della penna per entrambi - Melville e Hardy - pervasi da una forza religiosa letteraria incomparabile. «Religiosa» non è necessariamente leggibile in senso teologico, ove persino una concezione atea non risulterebbe fuori posto in tali dinamiche. Una forza ricca di elementi intrisi nel concetto di Volontà e ben al di là di legittimare i protocolli biologici quale unica Legge di Vita. In Hardy, la Vita è intesa come amore totalizzante verso essa, finanche e di più nel momento la si trovasse avversa, ingiusta, bastarda e giunge, ci investe, sospinta da forze spietatamente ineludibili. Ma va detta meglio, è Tess l'elemento catalizzatore che propone al di là delle morali questa forza dirompente. Si usa la parola «Amore» ed è un amore devoto ai propri istinti e, il romanticismo, solo una possibile conseguenza; e ancora non ci siamo: la definizione vorrebbe che di «Amor Fati» si parlasse.

In un'epoca quale la nostra dove la cultura è diventata distrazione confezionata per ignavi omologati e asserviti a un imperialismo mentale oltre che degradatamente politico, ecco che - insieme a Tess - trovarsi minoritari rispetto a una massa idiotizzata, ci dà la cifra dell'inevitabilità dei nostri istinti a fronte di qualunque imperialismo mentale. Una scelta che diviene naturale, individuato l'olezzo che giunge alle nostre narici. Essere minoritari non è solo ineludibile: è fatale.

Consci di come nella nostra Era, ogni reale sperimentazione è bandita, quindi la crescità stessa è bandita, ci si trova sommersi in parole inutili, suoni inutili, immagini invadenti che non ci lasciano pensare (come dice il grande Goffredo Fofi) ed ecco che, dicevamo, consci di questo e non solo, un film come Tess di Polanski, ci mette nella vivida condizione di sospenderci in immagini, suoni, racconti e personaggi senza che l'opera filmica si riveli quale strumento per convincere, poiché si mostra libera ...

... come la cultura di Stato non permette, con la sua maledetta industria del dominio.

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La penosa constatazione è di come nel Cinema si sia creato il paradosso dei paradossi. Nonostante oggi si possa ricostruire qualsiasi cosa più di ieri, nell'arte della rappresentazione; abituati a qualsiasi possibilità scenica e scenografica; con investimenti massicci e ultra-milionari dei blockbuster, ecco che per un effetto psicologico e percettivo (a mio avviso ancora da identificare), per opere come questa si rischia di non rendersi conto - se non con un duro regime di purificazione - dell'amore assoluto che pervade, dal particolare al generale, dal generale al particolare, il film di Polanski, in una messa in scena incredibile.

Non è che sia solo il Cinema a morire, è il nostro sguardo che sta morendo.

Nastassia e Roman durante la lavorazione
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La scelta di Nastassja kinski per la sua Tess è commovente. Voglio credere che Polanski si sia affidato alle stesse parole di chi l'ha creata dalla sua penna: « Ed era proprio quel tocco d'imperfezione in una pretesa perfezione che ispirava una struggente tenerezza, poiché contribuiva a donarle umanità » questi era Tess per Hardy e questi diverrà Tess per Polanski.

Consiglio a chi non l'avesse fatto, di vedersi il film e dopo leggere il romanzo. Non si potrà essere traditi. E potrebbe essere un esperimento molto interessante. Lo consiglio. Non sarebbe un controsenso come potrebbe esserlo per altri casi riguardanti un'opera letteraria dirottata s'una sceneggiatura. Non credo che un tale rapporto simbiotico si sia così ripetuto in nome di un adattamento cinematografico, soprattutto se si parla di un Romanzo di tale altezze e dai sottesi delicati che lo riguardano. Se, nel libro, il rapporto di Tess con la Natura è strabiliantemente infuso da Hardy rivelando dalla natura stessa una figura panteistica spietata e onnisciente, temibile e viva di una volontà propria, inspiegabile ma intelligibile, sino a sfiorare le forze degli astri oltre la volta celeste e sospettarne così il perché dei simbolismi; ecco che nel film, il rapporto delle dinamiche psicologiche che ci violentano attraverso gli sguardi di una Nastassja Kinski - indescrivibili sulle pagine di qualsiasi libro - sguardi che struggono l'anima, non potevano essere narrati meglio da Hardy, come Polanski ha potuto fare attraverso la grammatica del cinema.

Il genio di Polanski per questo film, ha fatto sì che per detrazione si ottenesse paradossalmente un valore superiore alla somma di tutti gli elementi che aveva deciso di lasciare nell'adattamento. Qui la differenza tra i grandi Cineasti e i Maestri. Si può essere veramente dei grandi Cineasti, eppure neanche avvicinarsi al più piccolo dei Maestri. E Polanski non è tra i piccoli.

L'avventura di Tess, una giovanissima ragazza preda di un mondo in piena idiosincrasia tra le proprie morali e le differenze di classe, ci condurrà - e senza prenderci per mano - nella più Schopenahueraiana delle figure memorabili e delicatamente potenti nella storia della letteratura. La purezza e l'innocenza di Tess non sono quelle della santità, ma di una rigorosa presa di coscienza che Lei avverte nel suo spirito. Far sì che sia all'altezza del suo cuore e dei suoi istinti insieme. Qui, la forza inaudita di un racconto di quell'epoca.

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La premessa all'inizio di questa recensione, la quale parafrasa una sequenza dell'ultimo film di Tarantino, non voleva essere una curiosità introduttiva, ma far sì che si sollevasse ancora una volta - e nella maniera più intelligente possibile - la più emblematica se non amletica delle questioni quando parliamo di cinema, laddove il tutto si sublima nel chiedersi con fervore e appassionata inquietudine se sia l'arte a imitare la vita o la vita a imitare l'arte ...

... e così, in un parallelo non meno struggente della bellezza di Tess con la struggente bellezza di Sharon Tate: con Polanski, voglio credere che il suo film sia un atto d'amore e un atto di rabbia incontenibile e umile al contempo, laddove china la testa alle forze dell'universo, piangendo silenziosamente quel dolore.

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Problema classificazione articoli

Ritratto di Dusty

Nota di servizio: purtroppo ha smesso di funzionare la classificazione degli articoli, per un motivo sconosciuto.

Il problema è purtroppo l'estrema obsolescenza del codice usato per il sito, devo darmi una sbrigata a studiare come mettere in piedi il nuovo.