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L'uomo in bilico

Prendo spunto dal recente articolo di Pike Bishop e dallo “sgomento” citato da Music-Band nei commenti, per pubblicare una breve recensione di un libro letto diversi anni fa. 

“L’uomo in bilico”
di Saul Bellow

Arnoldo Mondadori Editore, 1966
(Sì, quando i libri costavano 350 lire)

Come spesso accade, i libri arrivano quando uno è pronto a leggerli.
Nel mio caso, questo volumetto ingiallito dal tempo con addosso l’odore degli anni ’60 stazionava nella libreria di mio padre insieme a tanti altri. Là nel mezzo, col dorso ritto ordinatamente impilato fra gli altri suoi consimili. Faceva il bravo libriccino economico, lui, come i bravi soldatini di cui scrive. E un giorno -zac- l’occhio si posa per l’ennesima volta sul suo dorso scialbo e il libro scivola tra le mani.

 

“Sono in altre mani, affrancato da ogni dovere di decidere di me stesso, liberato dalla libertà.”

Così il protagonista dà l’addio ai suoi giorni travagliati di uomo libero e si getta nelle braccia dell’organizzazione militare. Dove non devi pensare né decidere, solo eseguire.

Libertà è responsabilità.
Ci vuole un intero libro che narra le vicissitudini quotidiane e i tormenti interiori di quest’uomo, per arrivare a focalizzare un concetto in apparenza tanto lapalissiano. Un uomo intelligente che viene divorato dagli ingranaggi famelici di una società anti-umana e alienante, un uomo che vive con vero sgomento i suoi giorni di libertà.
E che infine, preso per sfinimento come negli antichi assedi, sceglie consapevolmente di abbracciare la schiavitù.

“Non sono più responsabile di me stesso, e questo mi fa molto piacere.”

annuncia Joseph dando l’addio alla vita civile.

“Il caso aveva fatto dono a un uomo intelligente e sensibile di una insperata libertà, ma il prezzo era stato la solitudine e l’insoddisfazione”, riporta la quarta di copertina.
Tutti sembrano avere un posto nella società: chi al servizio della patria sui fronti di guerra, chi indaffarato nelle attività civili. Joseph, trovatosi inattivo per nove mesi a causa di vicissitudini burocratiche, si scopre sempre più solo, immerso in un mondo dominato da doveri e pensieri imposti in cui anche le relazioni umane sembrano dettate da ciò che si conviene.
La gerarchia militare gli appare infine come l’unica possibilità per non rimanere schiacciato dai tormenti, dallo sgomento e dall’isolamento conseguenti alla sua libertà. Il sistema militare si presenta come un mondo più onesto e schietto rispetto alla società civile, che nasconde lo stesso meccanismo gerarchico, omologante e de-responsabilizzante sotto un’odiosa apparenza di libertà. 

P.S. 
Su Wikipedia Italia si trova di quest’opera un commento di una banalità disarmante:
“Già il primo romanzo di Bellow, L'uomo in bilico (Dangling Man, 1944), è un romanzo diario che contiene i più importanti aspetti dell'impostazione dell'autore. Il protagonista, ben lungi dai costumi americani superomistici, mette da parte il superdinamismo e trascorre un lungo periodo inattivo a riesaminare la propria vita, optando di arruolarsi nell'esercito pur di sottrarsi alle responsabilità del lavoro.” 
La responsabilità del lavoro... 
Quando si dice “leggere e non capirci un tubo”.

 

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o meglio

Ritratto di Calvero

.. quando si dice: - leggere e non volerci capire un tubo. Altroché.

Anche se mi piacerebbe usare altre metafore volgari, invece di "tubo", che all'uopo sarebbero più incisive.

Non l'ho mai letto e non ne sapevo dell'esistenza, purtroppo. A me questi discorsi toccano da vicino, almeno da quello che traspare nella breve recensione, mi sembra tratto sostanzialmente dalla mia storia. Chissà che nel finale non faccia la stessa fine pure io.

Calvero, penso possa

Ritratto di Eileen Morgan

Calvero, penso possa piacerti, se lo trovi fra i libri usati o in biblioteca prendilo. E' un bel romanzo, scritto bene e con ironia (anche se certo resta sempre un filo di amarezza aggrappato alla gola). E' storia conosciuta, sì. Storia comune a quanti vivono in solitudine il proprio senso di alienazione da un sistema schizofrenico e de-umanizzante.
Sono le persone più intelligenti (nel senso più profondo e umano del termine - alla faccia dei Q.I.) e sensibili a sentirsi addosso tutto il peso del mondo, a rischiare di rimanerne schiacciati. Sono le persone empatiche (ne esistono ancora? inizio a credere siano più a rischio di estinzione delle tigri del Bengala) a vedere e a sentire attraverso il velo di Maya. Immersi in un mondo che va al contrario. 

La soluzione dov'è? Chi lo sa...
Joseph sceglie in tutta consapevolezza, dopo mesi di travaglio interiore, di gettarsi nelle braccia dell'esercito, anestetizzando la propria anima, "liberato dalla libertà". Solo eseguire, finalmente. Niente pensare, rimuginare, valutare, scegliere, decidere. Niente responsabilità.
Che liberazione. 
Che peso, questa libertà, eh?

Ritratto di Calvero

Hai detto tutto, che aggiungere? ... eppure non basta mai per comprenderci meglio. 

Grazie per il consiglio, lo leggerò volentieri.