Uno dei miti che è cresciuto man mano che la crisi finanziaria diventava più manifesta è che questa sia stata il risultato delle politiche liberiste e del capitalismo laissez-faire. A sostenere questa linea di pensiero sono in tanti, dal presidente francese Sarkozy , che ha annunciato «la fine del Capitalismo Laissez-faire», all’economista Roubini , sino allo stesso New York Times , che non manca di ricordare come gli Stati Uniti abbiano sempre avuto una mentalità laissez-faire e che negli ultimi 30 anni questo si sia tradotto in una politica di deregulation sempre più spinta.
L’idea di fondo è molto semplice: secondo questa interpretazione il capitalismo laissez-faire affermerebbe che i mercati funzionino meglio quando sono lasciati da soli, senza che lo Stato si preoccupi di regolamentarli, in quanto la regolamentazione avviene al loro interno in maniera automatica ed efficiente. In sostanza il mercato (e si intende in particolare quello finanziario) sa cosa è meglio per lui.
A questa visione gli economisti tornati in voga in questi ultimi mesi propongono un’interpretazione alternativa e totalmente opposta. Il mercato non è affatto guidato da una mano invisibile che trasforma le azioni egoistiche degli individui in benessere collettivo ma anzi, se viene lasciato operare senza adeguata regolamentazione, si trasforma in una giungla dove vige la legge del più forte, il principio della libera concorrenza viene meno e trionfano i monopoli.
Insomma il mercato, lasciato a sé stesso, tende a fallire.
Questa crisi, dopotutto, non è proprio la dimostrazione che le politiche liberiste e la deregulation attuate dell’amministrazione Bush hanno prodotto una situazione di crescita insostenibile sfociata poi in una terribile crisi finanziaria?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo in primo luogo definire che cosa è davvero il Capitalismo laissez-faire e quindi stabilire se politica economica seguita negli ultimi anni si rifaceva proprio a questo modello. Siamo infatti sicuri che l’amministrazione Bush, guidata dal movimento neoconservatore, sia stata nei fatti e non solo a parole, paladina del libero mercato?
Che cos’è il Capitalismo Laissez-faire?
In Human Action L’economista liberale Ludwig Von Mises (2007, p.730), definisce proprio che cosa sia il Capitalismo Laissez-faire, evidenziando come le critiche che vengono poste a questa linea politica siano in realtà basate su di una cattiva interpretazione del significato di laissez-faire.
«Nel diciottesimo secolo in Francia, il detto laissez-faire, laissez passer era la formula in cui alcuni dei campioni della causa della libertà avevano riassunto il loro programma. Il loro scopo era stabilire una società basata sul mercato libero da interventi esterni (unhampered market society). Al fine di raggiungere questo scopo, essi patrocinavano l’abolizione di tutte quelle leggi che impedivano alle persone più industriose ed efficienti di far meglio dei loro concorrenti meno industriosi e meno efficienti e che determinavano una restrizione nella mobilità dei beni e delle persone. Questo era il pensiero che quel detto voleva sintetizzare. »
L’economista austriaco nota però che nella società contemporanea questa formula è diventata sinonimo di «depravazione e di estrema ignoranza». Questo perché gli interventisti hanno voluto interpretare una delle affermazioni del Capitalismo laissez-faire, ovvero che il mercato si regola «in modo automatico», non come una metafora utilizzata per descrivere i complicati processi di mercato ma come un’affermazione di principio e su questo hanno poi basato la loro critica.
Se le cose stessero così, continua Mises,
«è ovvio che fare puro affidamento su dei processi automatici sia estremamente stupido. Nessun uomo ragionevole potrebbe raccomandare seriamente di non far nulla e di lasciare che tutto continui senza che nessuno intervenga in modo attivo con la sua azione (purposive action). Un piano, per il fatto stesso di essere il prodotto di un’azione cosciente (conscious action), è incomparabilmente superiore all’assenza di piani.»
L’economista di Vienna fa però notare che il termine ‘automatico’ in realtà significa «non soggetto al controllo della volontà, attuato in modo inconsapevole» e che quindi l’alternativa non è tra un rigido automatismo ed una cosciente pianificazione ma piuttosto tra «l’azione autonoma di ogni individuo contro l’azione esclusiva del governo, tra la libertà e l’onnipotenza del governo».
Conclude Mises: «Laissez-faire non significa: lasciamo che operino forze meccaniche senza vita. Significa invece: lasciamo che i singoli individui scelgano come vogliono cooperare all’interno della divisione sociale del lavoro; lasciamo che sia il consumatore a determinare che cosa gli imprenditori dovranno produrre».
Capitalismo laissez-faire e neoliberismo
Su cosa sia il neoliberismo si è scritto e discusso molto ma tendenzialmente questo è un termine che viene utilizzato, con tono dispregiativo, per definire le politiche economiche degli Stati Uniti dall’elezione alla presidenza di Ronald Reagan in poi.
I cardini dell’ideologia neoliberista sarebbero:
- Onnipotenza del Mercato: le imprese e le corporation devono essere liberate da ogni controllo governativo, eliminando quanto più possibile i diritti sindacali
- Taglio delle spese sociali dello Stato: ridurre le spese statali nei campi dell’educazione, della sanità ed in tutto quello che costituisce la “rete di salvataggio” per i più poveri.
- Deregulation: eliminare tutte le regole che possono diminuire i profitti delle imprese, ad esempio prescrivendo norme di sicurezza per i lavoratori.
- Privatizzazioni: vendere tutte le aziende di proprietà pubblica ai privati.
- Globalizzazione: estendere a tutto il mondo le politiche neoliberiste e la libera circolazione dei capitali attraverso istituzioni come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale.
Leggendo attentamente questi punti è molto facile riconoscervi le politiche economiche degli ultimi anni ma se tuttavia le confrontiamo con quanto scritto da Mises non possiamo non notare come non vi sia affatto corrispondenza tra queste linee di condotta ed il Capitalismo Laissez-faire.
Questa ideologia che viene chiamata neoliberismo non chiede che il governo non intervenga ma anzi chiede che gli interventi ci siano ed abbiano una direzione ben precisa ovvero favorire alcune grandi imprese, le corporation, garantendo loro dei privilegi attraverso il rilassamento di alcune regole, sconti fiscali ed il conferimento della proprietà di ex monopoli pubblici.
La definizione giusta sarebbe neocorporativismo, non neoliberismo!
Aveva ragione Marx?
Perché allora la maggioranza delle persone e dei media ritiene vera l’affermazione per cui le politiche economiche degli ultimi 30 anni siano l’applicazione delle teorie del capitalismo laissez-faire?
La risposta, secondo George Reisman (2009) è da ricercare nel fatto che il sistema educativo ed i media stessi accettano implicitamente, pur senza essere marxisti, «le idee di Marx riguardo alla natura ed al funzionamento del capitalismo laissez faire»
Scrive Reisman che
«[i media ed il sistema educativo] accettano la dottrina marxista secondo cui, in assenza di intervento governativo, l'interesse personale, il motivo del profitto – “l'ingordigia senza briglie” – degli uomini d'affari e dei capitalisti servirebbero a portare i salari al livello di minima sussistenza estendendo al contempo le ore di lavoro fino il massimo umanamente sopportabile. [..] Continuano argomentando che soltanto l'intervento governativo sotto forma di leggi pro-sindacati e salario minimo, leggi sull'orario massimo, proibizione legale del lavoro infantile e di mandati di governo riguardo alle condizioni di lavoro, abbia aiutato a migliorare la parte del salariato. »
Quante volte abbiamo sentito, negli ultimi mesi, che la crisi è stata causata dalla “logica del profitto”, dall’avidità, dal fatto che lo Stato ha lasciato che fossero le corporation a “fare la politica” e si è chiamato tutto questo “Capitalismo laissez-faire”?
Continua Reisman.
«Nella loro visione, il capitalismo laissez faire e la libertà economica sono una formula per l'ingiustizia e il caos, mentre il governo è la voce e l'agente della giustizia e della razionalità negli affari economici. Così saldamente sono attaccati a questa credenza, che quando vedono ciò che pensano essere la prova dell'ingiustizia e del caos su grande scala nel sistema economico, come nell'attuale crisi finanziaria, presumono automaticamente che sia il risultato del perseguimento dell'interesse personale e della libertà economica che permette di perseguirlo. [..] Il loro timore ed odio della libertà economica e del capitalismo laissez faire e la loro necessità di poterli denunciare come cause di tutto il male economico, sono così grandi che fingono, per loro stessi e per il loro pubblico, che esistano nel mondo di oggi, in cui è chiaro però che non esistono neppure lontanamente. Proclamando che il laissez faire esiste e che è responsabile del problema, possono rivolgere l'intera forza del loro odio per la vera libertà economica ed il vero capitalismo laissez faire contro ogni frammento di libertà economica che riesca in qualche modo ad esistere, e che decidono di designare come bersaglio.»
Ma come ha spiegato Mises, questa visione del Capitalismo laissez-faire è completamente sbagliata e fuorviante e le politiche economiche degli ultimi anni, che hanno indubbiamente derubato una grossa parte della popolazione per arricchire un ristretto numero di interessi corporativi, non hanno nulla a che vedere con il vero liberismo.
Ed Bugos ha scritto che, «la questione oggi è se si produce ciò che richiede il mercato o ciò che vuole il governo».
Come si vedrà nei prossimi capitoli, la bolla immobiliare è nata e si è sviluppata proprio perché si produceva ciò che voleva il governo, produzione finanziata con il denaro creato dal nulla da un ente governativo, la Federal Reserve.
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