Si, ancora oggi va di moda che la "sorgente di tutti mali" siano i capitalisti. Devono essere alquanto timidi perchè nonostante mi sforzi di scovarli non mi sembra che ce ne siano. Anzi. Il fatto è che invece viviamo nel periodo delle certezze, tutto deve essere garantito. Non c'è spazio per l'imprevidibilità, non è contemplata. Quindi come risultato tutti cercano di agire per il proprio tornaconto, usando violenza sugli altri. E' capitalismo ciò? Salvare il culo alle banche nel 2008 alle banche è capitalismo? Rubare e redistribuire a cazzo di cane i soldi fa parte della mentalità capitalistica? Privatizzare i profitti e socializzare le perdite è capitalismo? O forse i capitalisti si sono "trasformati" in qualcos'altro? Frank Chodorov non aveva la palla di vetro eppure, già nel 1962, riuscì a "prevedere" il futuro...
[Estratto da Out of Step2 (1962)]
Nel secolo sin da cui Marx propose le teorie su cui basò l'inevitabilità dell'incombente socialismo, ognuna delle sue teorie si è rivelata fallace, fino ad ora in cui i socialisti dichiarati evitano di menzionarle. Ed ancora, il socialismo è con noi. Non è arrivato attraverso Marx, ma da metodi di cui egli non prese nota.
Ora sarebbe meglio tentare di dare una definizione di socialismo. Il compito sarebbe senza speranza se coinvolgesse l'inclusione di ogni dottrina ancora esistente tra le moltitudini di sette o individui che ne rivendicano il nome. Una volta c'era accordo tra tutti loro al fine di generare la "società buona" di cui parlavano (ma non con gli ingredienti di quella "società buona"); si trattava semplicemente di proprietà pubblica e di operazioni dei mezzi di produzione e scambio. In altre parole la nazionalizzazione dell'industria.
Ma negli anni recenti la nazionalizzazione ha di per sé perso il favore di molti socialisti, in particolare in Inghilterra e Germania, semplicemente perchè il proletariato ha visto la nazionalizzazione al lavoro e non pensa che sia la soluzione. I loro salari sono aumentati di una tale entità sotto la proprietà privata del capitale che non hanno alcun interesse nel cambiare il sistema.
Così la leadership sta minimizzando la nazionalizzazione nei suoi programmi e sta piuttosto sottolineando il bisogno dell'interventismo del governo negli affari economici della nazione. Sono a favore del controllo e della regolazione da parte del governo, della tassazione pesante e del "welfare". In breve il socialismo si è calmato dall'invocare un forte governo, a questa condizione: che quel governo sia migliore se governato da socialisti. Sebbene parlino della società ideale e promettono di realizzarla, il loro interesse principale è quello di prendere le redini del governo.
Solo nei paesi comunisti, come la Russia e la Cina, il capitalismo di Stato è — il possesso dello Stato e le operazioni di tutto il capitale — in piena fioritura. In tutti gli altri paesi — repubblicani o monarchici, "liberi" o no — l'interventismo è la regola, sebbene per essere sicuri, c'è una netta inclinazione dei loro regimi al governo ad impossessarsi di certe forme di capitale. Se l'inclinazione può essere arginata solo il tempo ce lo dirà. Le probabilità sono avverse, semplicemente perchè in una economia altamente integrata ogni industria influisce su molte altre e lo Stato potrebbe essere obbligato ad estendere le sue operazioni a campi contigui ai quali ha chiesto una mano.
Così quando il Tennessee Valley Authority3 fu incaricato di fornire ai suoi clienti elettricità sovvenzionata, essi sono aumentati di un tale numero che la dirigenza ha dovuto potenziare il suo stabilimento originariamente idroelettrico con elettricità generata dal vapore. Il monopolio del governo sui portalettere lo ha condotto ad invadere l'industria dei pacchi postali, come anche quella del trasferimento di denaro. In Francia il monopolio dello Stato sulle ferrovie è stato esteso ad altre e competitive forme di trasporto, mentre in Inghilterra il monopolio dello Stato sulla sanità ha condotto alla sua intrusione nelle industrie farmaceutiche.
In America, dove la tradizione dell'individualismo è riluttante nell'ammettere il fatto, il capitalismo di Stato sta facendo passi in avanti. In quale altro modo chiamereste il possesso del governo di vasti stabilimenti idreoelettrici, o l'entrata del governo nel business immobiliare, o le sue considerevoli operazioni bancarie?
Se ancora il governo non ha ancora acquisito il controllo delle ferrovie, la loro regolazione da parte del governo le porterebbe alla bancarotta semmai questo fosse forzato ad entrare nel campo come proprietario ed operatore; il prototipo di questa eventualità è la metropolitana di New York.
Il possesso del governo del 40% della terra della campagna sarà a tempo debito aumentata dal pignoramento delle case, delle industrie ed uffici in cui ha garantito mutui ed il governo sarà infine risucchiato nel business del settore immobiliare.
Molte industrie sono coì dipendenti dai contratti del governo, o dai sussidi, che la loro proprietà privata è solo una formalità; in effetti il governo le possiede realmente ed ingaggia apparenti proprietari per gestirle. Cosicché, perfino in questo paese, il capitalismo di Stato è un bambino energico che promette di crescere.
Ma non è il capitalismo di Stato che identifica il socialismo. Potrebbe essere la sua ultima caratteristica, ma nel presente il socialismo è confinato alla regolazione statale o al controllo dell'industria e all'interventismo negli affari privati delle persone. Se questo fosse socialismo — come dichiarano gli stessi socialisti — allora ne abbiamo a iosa, perfino in questo paese.
Bè se la realizzazione della profezia di Marx non può essere attribuita alle sue teorie, come può essere spiegato ciò? E' il risultato finale delle pratiche istituite dai capitalisti. Sono loro che devono essere biasimati.
Il capitale consiste nei prodotti del lavoro messi da parte per facilitare una maggiore produzione ed i capitalisti sono coloro che possiedono ed operano simili accumulazioni. Con questa capacità essi possono solo portare benefici alla società. Ma i possessori del capitale non sono mai stati soddisfatti nel raccogliere i profitti della produzione. In più sin dall'inizio del capitalismo essi hanno cercato di aumentare le loro entrate assicurandosi dal governo in carica alcuni privilegi speciali ed attuabili.
Lo scopo di produrre beni e servizi per gli scambi era una necessità accettata, ma il sommum bonum era l'acquisizione tramite il re di sovvenzioni, brevetti e sussidi che avrebbero reso loro profitti dal monopolio, ovvero, profitti superiori ed al di sopra di quelli che avrebbero potuto essere raccolti in un mercato competitivo. Il loro scopo era di vivere come i nobili che non rendevano alcun servizio per le rendite che raccoglievano dai loro locatari.
Dal momento che la terra era difficile da ottenere, i capitalisti inventarono modi e mezzi in base a cui con l'aiuto della legge e del re potessero trovarsi in una posizione di monopolio. Brevetti e concessioni esclusivi che proibivano agli altri di entrare in certe linee del business, cartelli in cui nessuno tranne i membri potevano entrare in certi mercati, riduzione dei rischi della competizione e tariffe protettive e sussidi erano i meccanismi preferiti.
La pratica di andare in cerca di speciali privilegi da parte dell'establishment politico fu trasportata in questo paese e fu integrata nell'economia non appena fu organizzato il governo. Si prenda, ad esempio, il business delle poste. All'inizio, quando era nelle mani del congresso coloniale, i contratti erano garantiti ai portalettere (capitalisti) per trasportare la posta da una città ad un'altra. I contratti richiedevano il trasporto di un certo numero di lettere in ogni sacco postale sulla sella; se c'erano più di quelle date da consegnare i portalettere si rifiutavano di portare l'eccesso, forzando così il governo a contrattare per un secondo cavallo. Non c'era abbastanza posta per riempire i sacchi postali del secondo cavallo, così i capitalisti aumentarono le loro entrate facendo portare pacchetti per i mercanti; ma il secondo cavallo era disponibile ed era per questa disponibilità che il governo pagava.
Questa pratica è continuata fino ai giorni nostri nel pagamento alle linee aeree per la disponibilità di spazio nei loro cargo, non per l'attuale trasporto di posta. E' un sussidio, un privilegio speciale, che il contribuente deve pagare e non ha nulla a che fare col capitalismo.
I magnati ferroviari non erano soddisfatti di una concessione esclusiva per far andare i treni da due punti, ma dovettero essere corrotti con ampie garanzie sulle terre confinanti le loro tratte, il che li portò, senza alcun investimento di capitale, nel business spesso lucrativo del settore immobiliare. La fabbricazione e la vendita di liquori fu quasi fin dall'inizio messa sotto licenza dal governo, limitando così la competizione. Il business delle spedizioni è stato altamente sovvenzionato, principalmente attraverso contratti postali, con la scusa che la marina mercantile fosse necessaria in tempo di guerra.
Le quote sullo zucchero furono imposte dal governo al fine di favorire i coltivatori delle barbabietole da zucchero. La tariffa di protezione era un "diritto" acquisito dai produttori perfino prima della ratificazione della Costituzione. E, in tempi recenti, ai contadini sono stati garantiti enormi doni per la coltivazione. In molti modi i produttori, chiamati capitalisti, sono stati favoriti dal governo a spese dei consumatori.
Ora il punto è che lo Stato non garantisce privilegi senza un quid pro quo. Ogni privilegio coinvolge il prendere qualcosa in cambio di nulla; non è mai uno scambio onorevole e pertanto deve essere imposto. E' coinvolto il potere coercitivo dell'establishment politico.
Lo Stato, lontano dall'essere una finzione impersonale, è costituito da uomini che sono chiamati politici ma le cui inclinazioni non sono diverse da quelle degli altri uomini. La sola differenza tra il politico ed il resto dell'umanità è che egli è investito col potere di obbligare gli altri uomini a fare ciò che non vogliono fare, o che si trattengono dal fare quello che vogliono fare.
Il politico è interessato nelle prerogative della carica. Pertanto quando usa il potere a lui assegnato per favorire gli interessi di alcune persone o gruppi in particolare, domanda in cambio un'estensione delle sue prerogative.
Infatti il privilegio reale che garantisce richiede un'ampliamento dei suoi poteri, poichè il privilegio deve essere fatto rispettare. I brevetti richiedono un ufficio brevetti, le tariffe richiedono un accurato "custom service" ed una flotta marina abbastanza grande, i cartelli devono essere regolati, i sussidi all'agricoltura ed i controlli devono essere amministrati da un dipartimento, i doni devono essere distribuiti con parsimonia dagli agenti. Ogni privilegio garantito dallo Stato richiede un ampliamento del suo personale, del suo prestigio e del suo potere — e delle sue entrate attraverso le tasse.
I capitalisti — chiamati così — non hanno mai cavillato sul prezzo. Infatti in cambio dei privilegi redditizi hanno sostenuto lo Stato nella sua richiesta di poteri addizionali regolatori, poichè senza questi poteri i loro privilegi non avrebbero significato nulla.
Tuttavia in questo business di distribuzione di privilegi, lo Stato non avrebbe potuto confinare per sempre la sua clientela ai possessori dei mezzi di produzione. All'inizio, ai tempi del feudalesimo, ogni cosa era tenuta in perfetto ordine limitando i privilegi alla classe che possedeva le terre. Ma presto una classe imprenditrice in crescita entrò in scena; e, in cerca di privilegi, chiese un posto nel governo. Lo ottenne, non a causa dei "diritti degli uomini", ma offrendo al re il suo sostegno finanziario nelle lotte con lord rivali o principi esteri. Una volta nel governo questi capitalisti si presero cura di loro stessi.
Molto presto le masse turbolente e rumorose, che pagavano per i privilegi, iniziarono a far sentire la loro presenza, e richiesero una voce nel governo attraverso il voto. Il voto è, per definizione, un pezzo di sovranità; la teoria è che la sovranità risiede nei cittadini che la trasferiscono ai loro agenti, il cui esercizio dell'autorità fa guadagnare loro valore morale. Ma la richiesta di voto non fu mai motivata da un principio astratto; venne da una classe economicamente depressa e l'inganno è stata la promessa di miglioramento. Dal momento che i proprietari terrieri ed i capitalisti guadagnarono molto dalla cooperazione con lo Stato, sembrava ragionevole supporre che il proletariato ne avrebbe allo stesso modo beneficiato se avesse potuto ficcare il muso dentro la mangiatoia.
Mai il voto è stato usato per abolire il privilegio; è sempre stato usato per richiederne di nuovi o apportare un cambiamento nei beneficiari. La tecnica dei gruppi di pressione è niente meno che mettere insieme molti pezzi minuscoli di sovranità in un efficiente strumento di commercio. Il privilegio è una proposta da banco.
Il commercio del privilegio per il potere ha attratto molti verso lo Stato. Il proletariato non ha mai avuto realmente accesso al privilegio dello Stato; era in realtà dato loro dai politici affamati di potere in cambio del loro suffragio. Ogni sussidio al "povero" (in una democrazia) era pensato da un burocrate o un candidato, il candidato per raggiungere la preferenza politica, il burocrate per migliorare le sue prerogative ed i suoi benefici.
Il "povero", essendo umano, come lo sono anche i capitalisti, votava per qualcosa in cambio di niente; sarebbe stato discutibile se il "povero", diversamente dai capitalisti, avesse saputo che agendo così stava aumentando il potere dello Stato.
Il potere dello Stato è in esatta proporzione con le sue entrate tributarie. La polizia — la burocrazia — deve essere pagata per i suoi servizi e più grandi saranno le entrate tributarie, più grande sarà la burocrazia.
Infatti la grandezza della burocrazia può essere usata come una misura del potere dello Stato. I padri fondatori erano ben preoccupati di questo fenomeno e cercarono di limitare l'area dell'interventismo statale mettendo stretti limiti nei suoi poteri tributari. Ma tutto quello fu fatto per nulla quano l'emendamento dell'imposta sul reddito fu aggiunto alla Costituzione. Senza le entrate tributarie il socialismo è impossibile; con esse il socialismo è inevitabile.
Ora, il "povero" paga la maggior parte delle tasse. E' necessariamente così, perchè il salario nazionale contiene la maggior parte della ricchezza del paese ed è pertanto la più fruttuosa fonte di tassazione.
Lo Stato non è preoccupato del benessere del "povero" — o anche del "ricco" — ma prende dove il prendere rende bene; ed i salari del paese sono una cornucopia su cui lo Stato non può soprassedere. Così coloro che hanno null'altro che il loro lavoro da vendere pagano i doni offerti loro, come anche l'amministrazione dei sussidi, sebbene, per essere sicuri, credano (e gli viene detto) che stanno prendendo qualcosa in cambio di niente, che il "ricco" paga tutte le tasse.
I capitalisti, d'altra parte, guadagnano qualcosa dai privilegi di cui godono. In primo luogo ci sono feritoie nelle leggi tributarie che permettono loro di evitare di pagare le tasse in proporzione ai loro guadagni. Queste feritoie sono necessariamente messe nelle leggi, poichè lo Stato riconosce che l'accumulo di capitale deve essere incoraggiato oppure non ci sarà alcuna produzione su cui tassare; ovvero, se non c'è capitale non ci può essere alcun salario da tassare.
In secondo luogo molti capitalisti si approfittano direttamente o indirettamente dall'acquisizione di potere da parte dello Stato. Quando lo Stato diventa il più grande compratore di beni e servizi nel paese (poichè deve, visto che riduce il potere d'acquisto della gente), è un cliente che vale la pena soddisfare. Alcuni capitalisti lavorano interamente per lo Stato, ed i loro profitti sono di fatto derivati dalle tasse; non possono obiettare all'accumulo di potere dello Stato. Anche il piccolo capitalista, il mercante, intasca i suoi profitti dal potere d'acquisto messo nelle mani dei lavoratori nelle fabbriche che operano per lo Stato, o dai sussidi dati a chi si da malato.
Non importa quanto lo Stato prenda dal capitalista, c'è sempre qualcosa per lui affinchè possa riformare il suo capitale e qualcosa per andare avanti. In queste circostanze, mentre potrebbe obiettare allo Stato il suo intervento nei propri affari, la sua obiezione è basata sulla sconvenienza personale, non sul principio; in linea di principio, egli è a favore dello Stato.
In realtà, è così che il proletario si nutre dei doni dello Stato. La sua sola obiezione allo Stato è che non gli da abbastanza; vuole sempre di più. Quando il suffragio fu esteso la domanda per privilegi speciali aumentò, e lo Stato per adempiere i suoi scopi ha soddisfatto la domanda con prontezza; infatti fu lo Stato che mise in primo luogo tale idea nella testa del proletario.
Ora, ogni privilegio ammonta ad un vantaggio economico ed un vantaggio è accompagnato da uno svantaggio; qualcuno deve pagare per il vantaggio. Quando, a tempo debito, la domanda per qualcosa in cambio di niente eccede le entrate tributarie dello Stato — o il punto in cui è politicamente poco saggio per quel momento incrementare il tasso di tassazione — lo Stato stampa denaro (o i bond, che è praticamente la stessa cosa). Questa è inflazione. L'inflazione è una tassa nascosta, poichè deruba i risparmiatori dei loro risparmi. E', infatti, una tassa sul capitale.
Una società in cui tutti sono ladri è impossibile; qualcuno deve produrre qualcosa affinchè gli altri possano rubarla. Ma lo Stato non sa ciò e continua a prendere tutto quello su cui può mettere le mani, sia che aumenti la tassazione o l'inflazione, per alleviare il suo insaziabile appetito per il potere. A lungo andare tassa direttamente sul capitale — non soddisfatto da quello che intasca dall'inflazione — ed a quel punto sia il lavoro che il capitale vengono abbandonati. Perchè lavorare quando non c'è nulla da guadagnare facendolo?
E' allora che il socialismo si realizza; lo Stato si impossessa della struttura del capitale del paese, o una parte di essa, nello sforzo di far continuare la produzione cosicché abbia qualcosa da tassare. Lo Stato deve vivere secondo la sua natura. Quando lo Stato si impossessa del capitale abolisce tutti i privilegi, sia per i capitalisti sia per i lavoratori, ed i suoi tirapiedi costituiscono la sola classe privilegiata; ognuno lavora per loro. Il socialismo è il prodotto finale di un'economia prosciugata dai privilegi.
Ciò è inevitabile? Si, se i capitalisti continuano a fare comunella con lo Stato. Agendo così stanno involontariamente scavando la fossa del capitalismo.
Traduzione per Il Portico Dipinto di Johnny Contanti
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