Una serie di letture coincidenti mi ha fatto ragionare riguardo ad un argomento e, poiché è noto che le umane vicende siano organizzate sì da dare materia a questo blog, ho ritenuto giusto scriverci un post.
Contemporaneamente, in contesti diversi, mi è capitato di sentire lamentarsi parecchie persone dello stato della "produzione culturale" contemporanea. A ben pensarci, è un tema ricorrente. Ricordo ai tempi dell'università un vecchio professore di letteratura greca che trattava gli autori di età tardo ellenistica e romana (gente morta più di 2000 anni fa) come dei giovani capelloni drogati, incapaci di scrivere due righe in croce.
Poi hanno fatto la loro comparsa i nostalgici degli anni '80, dicendo che come allora non ci si diverte più, che i giovani hanno perso lo spirito di quei tempi e che musica come quella non la fanno più. A parte il fatto che sono le stesse cose che si dicevano degli anni '60 e degli anni '70, io mi ricordo abbastanza bene gli anni '80, ed erano francamente orrendi. Musica terribile, vestiti al limite del farsesco e serial killer in giacca e cravatta: rimpiangere gli anni '80 non può essere un pensiero razionalmente determinato. Ok, c'erano i Goonies e Teen Wolf. Ciononostante...
Il tocco finale però l'ho notato girellando per forum e blog di videogiochi. Voi non ci crederete, ma una larga parte dei videogiocatori si lamenta in continuazione di come i videogiochi non siano più quelli di una volta, che i ragazzini di oggi non hanno idea di come sia un vero videogioco e che non sanno più divertirsi come una volta.
Ciò mi ha fatto riflettere. Se si può essere un laudator temporis acti persino riguardo ai videogiochi, qualcosa nell'evoluzione è andato storto (per tutti gli altri, l'intelligent design non era così intelligent).
Ma cosa si cela davvero dietro alla constatazione che la produzione culturale moderna è di così bassa, infima qualità? Vediamo.
Per cominciare, bisogna definire rispetto a cosa. Quando la produzione culturale era migliore? Una volta... ma una volta quando? Dove si pone il terminus a quo?
I più colti partono sempre da Omero. Facciamo finta di essere colti. Dividiamo per semplicità la storia tra prima della stampa a caratteri mobili e dopo. Tutta la produzione precedente, da Omero in poi, per essere arrivata a noi deve essere stata conservata su un qualche supporto. In altre parole, tutto quello che non poteva essere salvato su un supporto durevole, non è arrivato a noi. Di quello che è messo su supporto durevole, nel corso dei secoli si è selezionato in base a vari criteri cosa continuare a mantenere su un supporto. Di questo, gran parte è andata perduta con gli incendi delle biblioteche di Alessandria e Pergamo. Durante il medioevo, quando pergamene e soldi per i manoscritti non ce n'erano molti, bisognava selezionare quali libri continuare a copiare, e lì di sicuro ne sono andati persi molti altri. Con l'avvento della stampa, le cose sono migliorate, ma solo leggermente. Un incunabolo era un oggetto estremamente costoso e quindi ci si pensava due volte prima di stampare un'opera. Col tempo i costi si sono abbassati, ma in ogni caso il tempo ha fatto perdere traccia di molte opere del 500 o del 600. E per venire a tempi più recenti, pensiamo anche a tutta la produzione libraria o musicale dell'800: di essa rimane solo una selezione ristretta.
Insomma, quando ci lamentiamo di com'era migliore la produzione culturale di una volta, in realtà ci riferiamo a quello che a noi è rimasto dopo una serie di filtri che hanno impedito al 99% di essa di arrivare a noi; filtri oggettivi (la musica antica e i dipinti non avevano supporto durevole), filtri qualitativi (sono state scelte le opere migliori), filtri economici (un libro costa molto, devo scegliere cosa tramandare), filtri ideologici (siete un monaco amanuense: copiate la Bibbia o il De Rerum Natura che nega la Bibbia?), filtri sociali (la cultura popolare non si trasmette e non viene insegnata a scuola). Senza dimenticare che quello che rimane dopo questa scrematura diventa lo standard culturale di riferimento; detto in parole povere, se siete una persona con un'istruzione medio-alta, avrete passato i primi 25 anni della vostra vita a farvi insegnare che quello è “bello” e il resto della vostra vita a crederci e ad insegnarlo ad altri.
Se invece osserviamo la produzione culturale contemporanea, la vediamo nella sua interezza, senza che nessun filtro venga applicato, perché esso si può applicare solo ex post. Tranne quello economico, l'unico che si applica nel momento stesso della pubblicazione, anche se di fatto è un filtro che non funziona a causa della riduzione dei costi quasi a zero. E così si viene costantemente sottoposti alla produzione culturale che non distingue tra bello o brutto, di valore o privo di valore; essendo tuttavia il bello per definizione un sottoinsieme della produzione culturale (se tutto è bello non è più bello), l'impressione è di una produzione mediocre tendente al brutto. L'errore sta nel considerare la produzione passata come se fosse tutta la produzione, e nel paragonarla alla presente.
Più corretto sarebbe affermare che la produzione culturale presente è mediamente peggiore della migliore selezione della produzione passata. Ma poiché questo suona come scontato e banale, dobbiamo senz'altro concludere che non si stava meglio quando si stava peggio e che avere musica di bassa qualità e libri tipo Twilight è il prezzo da pagare per essere vivi.
E comunque una cosa è vera: giochi come Monkey Island e Grim Fandango non li fanno più.
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