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Riflessioni a margine di una giornata d'autunno

Ieri pomeriggio passeggiavo per la grande via dello shopping, indossando il mio completo in tweed e assaporando la mia pipa Dunhill, e ripassavo con la memoria i brani più noti del diario del conte di Wellington, quando una gazzarra assai peculiare mi ha distolto dai miei pensieri. Torto il collo in direzione del frastuono, ho scorto un assembramento di persone di fronte ad un palco eretto nella piazza. Ho riconosciuto subito una tipica manifestazione della cultura pop contemporanea: la campagna elettorale. In effetti da un po' di tempo la città è tappezzata da manifesti pubblicitari che recano dei messaggi inintelleggibili perché scritti seguendo la grafia tipica degli SMS e delle chat: una lunga lista di SPD, CDU, FDP, LG, MFG... avrei dovuto pensarci.

Non fraintendetemi, io sono un grande estimatore della cultura pop: mi è dispiaciuto che Michael Jackson sia morto; i Queen sono parecchio simpatici e trovavo Christina Aguilera adorabile, prima che diventasse un'attrice hard. Anche se non comprenderò mai il fanatismo e gli schiamazzi di fronte ad un palco.

In quel gran baccano sono riuscito a cogliere due o tre parole, che poi sono le stesse che tutti vanno ripetendo da settimane (cioè da quando hanno visto che la Linke ha stravinto gridandole ad ogni angolo di strada): “basta soldi alle banche”; e non ho potuto fare a meno di pensare ad uno di questi signori quando sarà al governo.

M'immagino la prossima crisi di liquidità delle banche e vedo un rappresentate dei banchieri che si incontra con il politico.

I due si siedono e sanno già quale sia lo scopo dell'incontro. Il politico parte dicendo che ovviamente lui non può dare alle banche in difficoltà nemmeno un centesimo, principalmente perché ha promesso l'esatto contrario due mesi prima e perché ha già finanziato a fondo perduto l'industria automobilistica per tre volte nel giro di una settimana.

A questo punto il banchiere assume l'espressione tipica del tedesco quando ti sta per inculare: sorriso largo e compiacente, aria bonaria e pacioccosa e inizia a parlare come se si rivolgesse ad un bambino di 6 anni. “Signor politico, lei non capisce. Lei deve darci i soldi, perché altrimenti se lei non ci da i soldi, noi diciamo a tutti che non ne abbiamo più e ci rifiutiamo di darne ai nostri correntisti, cioè ai suoi elettori. In questo modo scateniamo una bella ondata di panico, che spingerà tutti i suoi elettori a ritirare i propri soldi da tutte le banche, che non potranno fare fronte alla richiesta e dovranno chiudere. Ci prenderemmo tutti i soldi delle imprese e smetteremmo di fare credito a chiunque. A questo punto solo l'Onnipotente sa cosa potrebbe succedere. Forse la fine del mondo?”

Il politico, che non sa resistere al fascino di un uomo autorevole che gli dice con gentilezza cosa fare, si limita a fare sì con la testa, estrae il blocchetto degli assegni e chiede iniziare il salvataggio mettendoci i propri soldi.

A quel punto mi sono rimesso la pipa in bocca e ho continuato la mia passeggiata pomeridiana, sorridendo tra me e me ed invidiando un poco l'entusiasmo di quei giovani per i loro idoli.