Quello della lingua franca è un problema antico quanto il mondo. Quando due popoli, che parlano lingue diverse, vogliono comunicare fra loro, ci sono solo due possibilità: o uno dei due si adatta a parlare la lingua dell’altro, oppure si ricorre ad una terza lingua, conosciuta a sufficienza da ambedue, che viene detta appunto “lingua franca”. Nel primo caso succede che automaticamente una della parti – quella che si adatta a parlare la lingua dell’altro – si ritrovi in posizione di inferiorità psicologica, mentre la seconda soluzione pone le due parti, almeno teoricamente, su un piano di parità. In realtà, anche la seconda soluzione riflette una situazione di inferiorità, non più fra un popolo e l’altro, ma fra tutti i popoli che la utilizzano e quello che detiene il potere nella regione in quel momento.
A ben guardare, infatti, le più importanti lingue franche nella storia della civiltà occidentale sono state il greco, il latino, il francese e l’inglese, ed hanno corrisposto, non a caso, al periodo di predominio della Grecia nel Mediterraneo, al Primo e Secondo Impero Romano, al periodo del colonialismo francese, ed infine a quello del colonialismo inglese. E la metamorfosi dal colonialismo inglese al moderno imperialismo americano non ha fatto che rafforzare l’importanza della lingua inglese, che ormai è diventata per antonomasia la lingua franca in tutto il mondo.
Fu proprio per evitare gli aspetti di “sudditanza psicologica”, fra le altre cose, che sul finire del 19° secolo l’oftalmologo polacco Ludwik Zamenhof decise di creare ”a tavolino” una lingua franca completamente nuova, chiamata Esperanto, che fosse “equidistante” da tutti, in senso culturale, storico e politico. E nonostante l’Esperanto non abbia avuto il successo e la diffusione sperati, sono in molti oggi a sostenere che sarebbe una soluzione decisamente migliore rispetto a quella dell’inglese.
L'inglese infatti, benchè venga spesso definita come una lingua semplice - e questo può anche essere vero, se la si confronta con il russo o con il cinese - non è affatto una lingua facile “in assoluto”.
Come ogni altra lingua infatti si è evoluta con il tempo, grazie all'uso che ne è stato fatto da tutte le popolazioni che l’hanno adottata, integrando quindi anche i risultati della cultura che man mano queste popolazioni producevano.
Questo implica che per utilizzarla in maniera sufficientemente funzionale sia necessario conoscere anche, almeno in parte, la cultura che quella lingua ha generato.
La necessità di una lingua internazionale è particolarmente importante per gli europei perchè questi, pur facendo parte di una sorta di federazione con la stessa moneta, che sta con il tempo uniformando anche le sue leggi ed altre direttive organizzative, non hanno invece nulla in comune riguardo alla lingua.
Del problema si è parlato proprio in sede europea, nel 2007, quando il commissario europeo per il multilinguismo Lenoard Orban ha posto a diversi esperti la domanda "Cosa pensate delle lingua in Europa?"
Riportiamo l’interessante risposta di Claude Piron, linguista e psicologo belga - oltre che famoso esperantista - che dal dal 1957 al 1961 è stato traduttore per l'ONU dalle lingue cinese, inglese, russo e spagnolo al francese.
Risposta di Claude Piron a Lenoard Orban riguardo la domanda "Cosa pensate delle lingua in Europa?".
Signor Commissario, La ringrazio per aver invitato dei semplici cittadini ad esprimere il proprio parere. Lo ritengo un simpatico segno di rispetto per l'uomo della strada.
Il problema delle lingue in Europa è caratterizzato dalla tensione tra due bisogni in apparenza contraddittori: il bisogno di comunicare in modo efficace ed il bisogno di rispettare uguaglianza ed anche identità di ognuno. Avvalersi dell'inglese non è democratico, anzi porta la maggior parte degli Europei all'afasia. Osservi la comunicazione tra due cittadini Europei, di lingua non germanica, sulla trentina e che abbiano studiato l'inglese per sei o sette anni durante l'iter scolastico. Vi reperirà tutti i sintomi dell'afasia: frasi spezzettate, costante ricerca della parola voluta, necessità di numerose ripetizioni per poter capire, pronuncia bloccata o disturbata di alcuni fonemi, ecc. Quanto all'investimento necessario in tempo e fatica, il risultato è piuttosto deludente e riconducibile alla non adattabilità dell'inglese alle esigenze della comunicazione interculturale. Prova oggettiva ne è che un investimento 10 volte minore dà un esito decisamente migliore, laddove la lingua di comunicazione venga scelta con più discernimento.
Non solo avvalersi dell'inglese non è democratico, ma nel modo stesso di presentare il problema alle popolazioni si annida un drammatico deficit di democrazia . Autorità, mass media, elite intellettuale orchestrano, anche in buona fede, un gigantesco inganno collettivo.
1. Viene fatto credere ai non anglofoni che sia possibile imparare bene l'inglese. Questo è vero solo per una limitata percentuale di coloro che parlano una lingua germanica o per coloro che hanno i mezzi di frequentare per 4 o 5 anni una università di lingua inglese, anche se una disuguaglianza tra anglofoni e non anglofoni permane comunque. Inganno. Da una ricerca condotta ad Hannover su 3700 studenti con 8/10 anni d'inglese alle spalle, emerge che solo l'1% è stato classificato nella categoria ottimo e il 4% nella categoria buono, in base alle percentuali di successo riferite al test di lingua. (Oltretutto questi ragazzi si illudevano sulle proprie capacità, ritenendosi il 34% di livello ottimo ed il 38% di livello buono).
2. Viene fatto credere che sia possibile imparare bene l'inglese attraverso l'insegnamento scolastico. La maggior parte dei giovani si lascia ingannare su questo punto e si capisce perchè. Dal punto di vista psicologico infatti è più comodo lasciarsi ingannare piuttosto che dover affrontare la realtà e rendersi conto di essere stati presi in giro. La tendenza a scambiare i propri desideri con la realtà è complice dell'inganno.
3. Viene fatto credere che una volta imparato l'inglese sia possibile comunicare ovunque nel mondo. Inganno. Nell'Europa continentale oltre il 90% della popolazione non è in grado di capire un brano di inglese corrente. Provi in Polonia o in Francia ad esprimersi in inglese con persone incontrate per strada e si accorgerà di essere stato ingannato sull'universalità dell'inglese.
4. Viene fatto credere che lo status dell'inglese come unica lingua globale sia definitivo, che la cosa sia ineluttabile e che pertanto sarebbe assurda la proposta di passare ad altro sistema, fosse anche a termine. La storia insegna che un simile giudizio ha buone probabilità di essere smentito più che di essere convalidato . Nessuno conosce il futuro. Presentare una congettura come un dato di fatto significa ingannare il prossimo.
5. Si opera un inganno quando viene taciuto che per molti versi la fonetica dell'inglese ne fa una lingua particolare, più difficile da pronunciare di gran parte delle altre lingue per la maggioranza della popolazione. Si evita di dire che i tanti suoni vocalici dell'inglese (24) e la presenza di suoni come il /th/ sono una fonte costante di malintesi o di pronuncie ridicole (sentire e riprodurre la differenza tra *fourteen*, *fourty*, *thirteen*, *thirty*, oppure tra *soaks*, *socks*, *sucks*, *sacks*, *sex*, *six*. *seeks*, ecc., è fuori portata per la maggior parte dei non anglofoni.)
6. Si opera un inganno quando si evita di sottolineare che per acquisire la padronanza lessicale dell'inglese occorre una fatica doppia rispetto a quella necessaria per un'altra lingua. In quasi tutte le lingue si riscontra un collegamento formale che agevola la memorizzazione di nozioni connesse: si fa derivare *lunare* da *luna*, *dentista* da *dente*, *disarmo* da *arma*. In inglese invece occorre ogni volta imparare due parole diverse: *moon*/*lunar*, *tooth*/*dentist*, *weapon*/*disarmament*. Inoltre non si ha una buona padronanza dell'inglese se non si conoscono migliaia di doppioni del tipo *buy*/*purchase*, *read*/*peruse*, *freedom*/*liberty*, *threat*/*menace*, ecc. La maggior parte delle lingue funziona benissimo senza un simile ingombro lessicale.
7. Viene fatto credere che l'inglese sia una lingua precisa quanto la maggior parte delle altre lingue. Inganno. L'inglese è decisamente più approssimativo, per via dei pochi riferimenti grammaticali e dei campi semantici spesso troppo vasti, come ad esempio:
a) *Develop an industry* può significare tanto *creare una industria* quanto *sviluppare una industria già esistente*..
b) *Bush warned against attacking Iran* può significare *Bush ha consigliato di non attaccare l'Iran* oppure *Bush (è) messo in guardia (da qualcun altro) contro l'idea di attaccare l'Iran*.
c) Una interprete di mia conoscenza ha iniziato col tradurre *Iraqis today have no power* con *gli iracheni non hanno potere*, laddove il successivo svolgimento del discorso indicava che si sarebbe dovuto tradurre con *In Irak oggi non c'è corrente elettrica*.
d) *English teacher* può riferirsi correttamente sia ad un professore di inglese che insegni la matemateca che ad un professore ungherese che insegni l'inglese.
Potrei moltiplicare gli esempi, ma questi quattro sono sufficienti. Ho lavorato con parecchie lingue e nessuna è così ambigua. Ciò è particolarmente deplorevole, specie per i testi giuridici e scientifici.
8. Si opera un inganno quando si fa credere che l'esperanto è un passatempo, una cosa da dilettanti, che non funziona. Ebbene, se lo paragoniamo, nella pratica, ad altri linguaggi internazionali, cioè ad una buona conoscenza dell'inglese, al broken English, ll'interpretazione simultanea o consecutiva, alla mimica o al linguaggio maccheronico, ecc. ci si rende conto della sua superiorità. Infatti con l'esperanto non si è costretti ad investire un solo centesimo nella comunicazione linguistica ed essendo l'impegno decisamente minore (sei mesi di studio dell'esperanto danno una capacità di comunicazione che in un'altra lingua, inglese compreso, non viene raggiunta nemmeno dopo sei anni), il rapporto costo-efficacia risulta senz'altro più favorevole rispetto ad altri sistemi (vedi Claude Piron, Communication linguistique: etude comparative faite sur le terrain, *Language Problems & Language Planning*, vol. 26, 1, 23-50 o http://claudepiron.free.fr/articlesenfrancais/etudesurterrain.htm).
9. Viene fatto credere che l'inglese sia l'unica risposta alla sfida della diversità linguistica e che i costi che ne scaturiscono siano trascurabili e non riducibili. Inganno. La sostituzione dell'inglese con l'esperanto porterebbe ad una apprezzabile riduzione dei costi sia nell'insegnamento che nelle relazioni internazionali. Inoltre viene fatto credere che il monopolio quasi totale dell'inglese nell'insegnamento sarebbe un vantaggio e non un inconveniente. Si evita di dire che la sua sostituzione con l'esperanto consentirebbe di dedicare ad altri idiomi centinaia di ore di lezione, rendendo in tal modo possibile una effettiva diversificazione nell'insegnamento delle lingue. La scuola tornerebbe a rispecchiare la diversità culturale invece di essere costretta a influenzare gli studenti con un'unica cultura presentata di fatto come superiore alle altre.
Insomma, l'organizzazione linguistica dell'Europa e del mondo in generale si regge su una impressionante serie di inganni, reiterati da un discorso all'altro, da un articolo all'altro, sia perchè i propagatori delle falsità sono in malafede, sia ed è sicuramente il caso più frequente perchè ripetono quanto viene detto senza curarsi di verificare i fatti.
Signor Commissario, Lei conta di fare qualcosa e conta di fare qualcosa la Commissione per ristabilire la verità e consentire agli Europei di scegliere un regime linguistico in piena consapevolezza?
Ci auguriamo di sì, perchè se si continuerà sulla via dell'inerzia, capiremo che la democrazia non avrà più nulla da aspettarsi dalle istituzioni europee. Infatti qualsiasi inganno, anche se divulgato in buona fede, apre la porta alle derive antidemocratiche.
Claude Piron
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Da quando è iniziata l’era di Internet sono anche cresciute le possibilità di diffondere l’Esperanto nel mondo. Esiste già infatti una piccola ma solida comunità esperantista, composta da migliaia di persone, che si incontrano regolarmente in rete su siti, forum ed IRC. Inoltre sono disponibili diversi corsi online per imparare la lingua o perfezionarla, e alcuni addirittura prevedono un tutor che segua lo studente nelle varie fasi, dando un valido supporto professionale. Il tutto avviene gratuitamente.
Ma l’Esperanto soffre oggi dello stesso problema di tante altre “novità impossibili”, che sono ritenute tali solo perchè la nostra chiusura mentale ci impedisce di prenderle seriamente in considerazione.
Noi possiamo solo aggiungere che quasi tutti coloro che hanno deciso di lanciarsi nell'impresa di studiare questa nuova lingua ne sono rimasti entusiasti, al punto fa diventarne spesso degli "evangelisti" loro stessi.
Il resto, se ne avete voglia, scopritelo da soli.
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