Skip to main content

La strana vita del Capitano People

Posted in

Il capitano People nacque in un qualsiasi giorno dell'anno con un parto itinerante; cioè un pezzo in Italia, un'altro in Germania e poi negli Stati Uniti, in Giappone, in Francia e in molti altri posti. I genitori si presero cura amorevolmente di lui e la prima cosa che fecero quando ancora non sapeva né chi fosse né dove si trovasse, fu di iniettare nel suo complesso e delicato sistema biologico in fase di assestamento e formazione, un micidiale cocktail di virus e sostanze chimiche. Presi nella morsa di un curioso e atavico terrore che li spingeva a delegare, erano convinti, sulla base di ottime argomentazioni (fidarsi è bene ma un atto di fede è meglio), che il miscuglio tossico fosse esente da controindicazioni 1e che nel peggiore dei casi rispondesse alle regole della cultura letteraria da fumetto: Se una tarantola radioattiva ti morde, invece di procurarti gravi casini per il resto della vita, ti trasforma in Spiderman.

"Da un grande potere derivano grandi responsabilità” disse lo zio morente a Spiderman, ed è esattamente questo che devono aver pensato i genitori del capitano People prima di lanciare una bomba chimica nel corpicino non consenziente del loro amato figlio.

La grande responsabilità per l'immenso potere di gestire una vita durante la sua presa di consapevolezza consisteva nell'affidare le proprie decisioni ai consigli di un medico che doveva a sua volta reggere il peso di una gigantesca responsabilità: quella di proteggere il suo deretano da un'opera di sfondamento che gli avrebbe impedito di sedersi comodamente per molto tempo oltre a negargli l'ultimo modello di SUV, lo shopping della moglie e la playstation del figlio 2.

Fortunatamente il Capitano People era abbastanza forte e anche se non diventò invulnerabile alla Kryptonite, superò la prova, o almeno questo era ciò di cui i genitori volevano a tutti i costi convincersi. Eventuali effetti collaterali infatti, non sarebbero mai stati presi in considerazione perché si sa: di allergie, intolleranze, deficit di attenzione e mille altri piccoli e grandi casini, oggi soffre tanta gente; La colpa è dei tempi o della moderna società; un mantra utile quando le responsabilità diventano astrazioni.

L'imprevedibilità dei sistemi complessi 3non era certo un argomento conosciuto che avrebbero potuto affrontare a tavola; la teoria del caos per loro, era semplicemente l'impossibilità di capire perché la casa fosse sempre in disordine. Di conseguenza, possibili eventi scatenanti che una volta messi in moto, si sarebbero potuti manifestare tra venti o trent'anni sarebbero stati giustificati con l'intervento divino. E' risaputo che quando non si trova una spiegazione, a volte perché nemmeno la si cerca, diventa consigliabile pensare che il grande vecchio che osserva il mondo e che per alcuni lo governa (male), ci ha voluti accanto a sé.

Ma se l'assenteismo dai problemi che generano domande è la pratica più gettonata dagli adulti, per il Capitano People che si affacciava al mondo, ogni novità era l'occasione per provare meraviglia e stimolare la sua giovane mente. I genitori itineranti però, tendono a fidarsi più della stupidità di un computer che della capacità di apprendimento di un giovane essere umano, coltivando la strana convinzione che mentre la tecnologia abbia in sé un qualcosa di magico, un bambino sia l'espressione di un ammasso informe di idiozia e ignoranza a cui bisogna dare forma e insegnare ogni cosa. Gli scienziati osservano, i genitori itineranti no, 4loro sanno per certo, a patto che lo abbiano detto in televisione, al bar, o sulla settimana enigmistica.

Fu così che il Capitano People iniziò a riconoscere dei volti, e poi a vederci sopra delle espressioni più o meno piacevoli; iniziò a sentire dei toni di voce più o meno sostenuti, più o meno minacciosi, ma sopratutto, iniziò ad assorbire le devastanti proiezioni di tutto l'irrisolto universo dei suoi amorevoli genitori che ignari di agire come un'endovenosa, erano convinti di costruire un essere simile o decisamente migliore di loro. 5

Quando per il Capitano People giunse il momento di andare a scuola, si ritrovò addosso un scorza multistrato che aveva già iniziato a minare parte delle migliori opportunità di successo fornitegli da madre natura.

I genitori, addestrati e cresciuti nel credo della delega, continuavano a sentirsi responsabili non chiedendosi mai perché le loro menti non trovassero paradossale il concetto di responsabilità se di fatto le loro azioni erano un continuo riporla in mano a terzi. E dopo le bombe chimiche passarono all'affidamento nelle mani di estranei che vivevano al motto di: “Fidati, gli esperti siamo noi”. 6

Il Capitano People avvertiva che i contrasti tra gli stimoli del mondo esterno, divisi tra quelli che percepiva naturalmente e quelli che arrivavano dalle persone che si occupavano di lui, si facevano via via più profondi e conflittuali. Il suo corpo ad esempio, in continuo movimento, imparava a conoscersi e dimostrava già una notevole abilità nel muovere energie auto-educative ma questa propensione al movimento veniva continuamente castrata dall'imposizione di starsene seduto a un banco finché non gli veniva ordinato di muoversi. Allo stesso modo, quando riceveva il permesso di mettere in moto le articolazioni, doveva seguire una fila, camminare sulla linea bianca per raggiungere la mensa, alzare la mano per andare al gabinetto. Ancora non lo sapeva, ma era iniziato il suo addestramento alla delega e alla sudditanza che si sommava a quello sulla competitività; in classe infatti, iniziavano strani giochi a premi; “dall'innocente” classifica di quelli che già dormivano da soli o ancora con i genitori, finendo con i “cartellini rossi” per quelli che avevano un comportamento giudicato: “sconveniente”. Idee geniali di intraprendenti psicologhe (sempre coperte dal motto: gli esperti siamo noi), che incapaci di gestire la propria vita privata, e motivate da un'ego debordante, sfogavano sugli alunni i loro personali e deliranti manuali di formazione. I segnali contrastanti, ovvero il bipensiero, la capacità cioè ritenere validi due concetti o due affermazioni in antitesi tra loro, erano criteri sconosciuti ai piccoli alunni ma anche agli “esperti” che trovavano perfettamente normale infervorarsi in battaglie sui diritti di eguaglianza 7 per le favole che raccontavano di genitori dello stesso sesso, ma poi riuscivano con estrema facilità a fare distinzioni tra buoni e cattivi, meritevoli e meno meritevoli grazie a cortocircuiti mentali dagli esiti devastanti.

La neolingua prevedeva che Il Capitano People venisse aiutato a crescere come un adulto consapevole in grado di inserirsi nella società. Nei fatti veniva addestrato a obbedire. Nessuno riteneva utile indirizzarlo a trasformarsi in un essere pensante in grado di sviluppare un proprio giudizio critico.

Un corpo reagisce alla malattia, e a volte può essere utile lasciar sfogare una febbre invece di sopprimerla con i farmaci, ma nel mondo del capitano People le cose funzionavano alla rovescia. Il suo corpo si ribellava in istintivamente al bipensiero e al conformismo prima ancora della sua giovane e inesperta mente. Un giorno, quando era più grande, gli impulsi di ribellione si tradussero nel rispondere malamente a suo padre. L'amorevole genitore, che aveva un'alta opinione di sè stesso, delegò ancora una volta le sue responsabilità agendo di conseguenza. Gli mollò infatti un ceffone nella convinzione che il suo amato figlio avrebbe così imparato un'importante lezione sul rispetto. L'incapacità di capire il comportamento del figlio si tradusse nel trasferimento della capacità di capire che veniva ora delegata al figlio stesso. 8

Il Capitano People acquisiva nuovi schemi mentali, vedeva azioni e reazioni, ma l'apprendimento viene spesso confuso con i traumi; oscuri fantasmi come iperattività, deficit di attenzione e sindromi varie (sempre catalogate ed etichettate dagli esperti) rischiavano di portare nuova chimica nel sangue del Capitano People e nuovi sollievi al terrore di pensare dei suoi genitori.

Trascorsero gli anni e il Capitano People non si trasformò in un delinquente, anzi, diventò un uomo di successo, perfettamente inserito nel sistema, riuscì perfino a costruirsi una bella famiglia. La scuola e i genitori se ne presero il merito ma non restò nessuno a chiedersi se il Capitano fosse stato felice, e se la sua capacità di giudizio non fosse stata sostituita da schemi reattivi a predeterminati segnali.

Si fece un'opinione politica, o almeno questa era la sua convinzione, andò a votare, e un bel giorno esplose in una stazione, precipitò con un aereo, affondò con una nave, perdette il suo lavoro, si riempì di debiti, venne mandato in guerra, fu assunto in un call-center, pianse con una prostituta, fu premiato per non contare un cazzo, fu imprigionato perché voleva coltivare pomodori frutta e patate nel suo giardino.

Ma il giorno successivo tornò a votare, pagò le tasse, e osservò sconsolato il mondo che si stava disintegrando. Cercò di sorridere ai suoi figli che amava e fu commosso quando i ragazzi si avvicinarono a lui cercando conforto e aspettando una saggia risposta alle loro infantili domande:

“Perchè il mondo va così male, papà?” Chiese la figlia più giovane con la più disarmante innocenza negli occhi.

“La colpa è degli stranieri” disse il Capitano, “Ma anche dei politici corrotti” aggiunse, “Sono tante le cause, c'è chi non paga le tasse, chi non si prende le proprie responsabilità e non va a votare… Gli uomini sono cattivi… Sono tante le cause...”

“Noi non siamo cattivi, vero papà?” Chiese preoccupato il primogenito.

“No, noi non siamo cattivi… Ma gli altri… Ci sono sempre degli altri...”

Il Capitano People era confuso, in qualche remoto angolo di sé stesso ricordava un tempo in cui le risposte erano facili e non assomigliavano alle scuse; un tempo in cui la mente era solo uno degli strumenti che la vita ti aveva dato, ed era tua, non quella donata da qualcun' altro. 9 Ma non si trattava nemmeno di un ricordo, era solo una percezione di tempi cancellati e riprogrammati.

Il Capitano guardò i suoi figli e loro ricambiarono lo sguardo; dopo qualche esitazione chiese: “Siete felici?”, la risposta tardò quel mezzo secondo di troppo ad arrivare: “Si!” Dissero, ma lui continuava a guardarli negli occhi, quella frazione di tempo in surplus era segno che non avevano compreso bene la domanda. Un'altra domanda però, aveva preso forma nella sua mente e divenne presto il tarlo della sua nuova esistenza.

Mentre si incamminava con i suoi figli verso un prato fiorito, si chiese se i tarli fossero contagiosi e provò a ricordare come dovrebbe vivere un Capitano.

Opzioni visualizzazione commenti

Seleziona il tuo modo preferito per visualizzare i commenti e premi "Salva impostazioni" per attivare i cambiamenti.

Il capitano people

Ritratto di Dusty

Bello, ma un po' troppo denso... andrebbe sviluppato in un libro intero :)

Segnalo che il video di youtube non funziona

Corretto, grazie. Ora

Ritratto di Music-Band

Corretto, grazie. Ora funziona

Relevant Content