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Le cause della crisi: il moral hazard nel mercato immobiliare

Dopo questi primi capitoli diventa lecito porsi una domanda: se non sono state le politiche laissez-faire e nemmeno la deregulation ad essere la causa primaria della grave crisi finanziaria del 2008, allora chi è stato?

Alcuni economisti (Woods, 2008) e politici hanno individuato le cause della bolla immobiliare e del disastro finanziario proprio nelle politiche dei governi degli ultimi anni.

Contrariamente alla credenza pubblica che vede le ultime amministrazioni statunitensi come laissez-faire, sarebbe stato proprio l’intervento governativo sul mercato immobiliare a creare la bolla speculativa scoppiata alla fine del 2006 che ha innescato la crisi.

Questa linea di pensiero, condivisa principalmente dagli economisti di scuola austriaca, punta i riflettori sugli incentivi all’azzardo morale contenuti nelle politiche governative volte ad estendere artificialmente la percentuale di cittadini americani proprietaria della propria abitazione e soprattutto sul ruolo della politica monetaria della Federal Reserve nel fornire i mezzi per gonfiare la bolla speculativa.

Che cos’è l’azzardo morale?

Il termine azzardo morale (moral hazard) è stato coniato in microeconomia per indicare il comportamento di chi, dopo aver sottoscritto un contratto, modifica il proprio comportamento confidando sul fatto che la controparte non possa verificare la presenza di dolo o negligenza.

Ad esempio, nel campo assicurativo, per azzardo morale si intende il comportamento di un automobilista che, dopo aver sottoscritto un’assicurazione, adotta un comportamento meno prudente poiché non deve rispondere degli eventuali danni che andrà a causare.

L’azzardo morale, però, si trova anche a livello di macroeconomia e spesso sorge a causa dell’intervento governativo.

Se un operatore economico, ad esempio una banca, è ragionevolmente certo di non dover pagare gli eventuali costi di un investimento rischioso andato male, ad esempio perché lo Stato interverrà scaricando i costi sulla collettività,  allora è molto facile che abbandoni un comportamento di tipo prudente e decida di giocare d’azzardo.

Partecipa in questo modo ad un grande gioco in cui se esce testa si vince mentre se esce croce è la collettività a perdere.

Lo svilupparsi della bolla immobiliare e gli interventi di salvataggio che hanno costellato il suo collasso ricadono proprio in questa categoria di azzardo morale.
 

Una lezione di economia politica

Quando il governo interviene attivamente sui mercati e cerca di sostituire alle leggi economiche la propria volontà politica, spesso e volentieri va ad introdurre degli elementi distorsivi i quali diventano poi, dopo un lasso di tempo magari molto lungo, la causa scatenante di disastri futuri.

Questo perché, come ha scritto Henry Hazlitt (1988) :

«quando entriamo nel campo dell’economia pubblica, certe verità elementari vengono ignorate. Ci sono uomini che sono considerati brillanti economisti i quali disprezzano i risparmi e raccomandano una spesa massiccia e su scala nazionale come via per la salvezza economica; e quando qualcuno fa vedere quali saranno le conseguenze di queste politiche sul lungo termine, questi replicano in maniera disinvolta, come potrebbe fare il figliol prodigo agli avvertimenti del padre: “Nel lungo termine saremo tutti morti.”
[..] Ma la tragedia è che al contrario stiamo già soffrendo le conseguenze di lungo termine delle politiche del remoto o recente passato. Oggi è già quel domani che il cattivo economista di ieri ci incoraggiava ad ignorare.[..]

Si può quindi dire che l’intera disciplina dell’economia [politica] può essere ridotta ad una singola lezione e questa può essere riassunta in una singola frase: “L’arte dell’economia consiste nel guardare non solo alle immediate conseguenze di una scelta politica ma anche a quelle di lungo termine; consiste nel tracciare le conseguenze di quella scelta non solo per un gruppo ma per tutti i gruppi”
 

La lezione di Henry Hazlitt applicata alla bolla immobiliare

«Vogliamo  che tutti in Americani possiedano la propria casa.. Questo è  ciò che vogliamo. »
                George W. Bush, 15 Ottobre 2002

Fannie Mae e Freddie Mac

«Fannie Mae and Freddie Mac hanno promesso di fornire più denaro per i prestatori. Hanno promesso di aiutarci a superare la scarsità di capitali per l’acquisto di una casa a disposizione delle minoranze »
George W. Bush, 15 Ottobre 2002

Nel Settembre 2008 il governo americano ha in pratica nazionalizzato i due colossi pubblico-privati Fannie Mae e Freddie Mac salvandoli dalla bancarotta. Ma qual era il ruolo di queste due GSE (government sponsored enterprises) nel mercato immobiliare e perché sul lungo periodo hanno permesso di creare una gigantesca bolla speculativa?

Fannie Mae e Freddie Mac non sono agenzie che concedono mutui alle famiglie che vogliono comprare una casa ma operano in modo diverso. Comprano, infatti, sul mercato secondario i mutui che sono già stati concessi e poi li “impacchettano” dentro obbligazioni finanziarie che erano giudicate “a basso rischio”.
 
In pratica se una banca prestatrice di ipoteca (mortgage lender) concedeva un mutuo ad una famiglia, poi poteva rivenderlo, insieme ai relativi pagamenti, a Fannie o Freddie, rientrando del capitale prestato e potendo così concedere un ulteriore mutuo. Poiché in questa transazione la banca prestatrice guadagnava i soldi della commissione, essa era incentivata a concedere nuovi mutui fintanto che Fannie Mae e Freddie Mac continuavano a comprarli.

Poiché le due GSE godevano di una speciale linea di credito con il governo e poiché vi era la volontà politica di estendere quanto più possibile il numero di coloro che potevano accedere ad un mutuo, le due agenzie semipubbliche, poco prima della crisi, erano arrivate a detenere o garantire quasi il 50% dei mutui americani, per una cifra che si aggirava sui 5200 miliardi di dollari.

Le banche di investimento che acquistavano le obbligazioni  rilasciate da Fannie e Freddie, inoltre, sapevano che il governo avrebbe avuto un occhio di riguardo per queste due agenzie e non le avrebbe lasciate fallire. Avevano pienamente ragione:  sono state nazionalizzate.

Come denunciava Ron Paul al Congresso già nel 2003 ,

«trasferendo il rischio di una diffusa bancarotta nel mercato dei mutui, il governo accresce la possibilità di un doloroso crac del mercato immobiliare. Questo perché gli speciali privilegi di Fannie e Freddie hanno distorto il mercato immobiliare facendo in modo che queste agenzie attraessero del capitale a cui nelle normali condizioni di mercato non avrebbero accedere.»

 

Il Community Reinvestment Act

«Abbiamo un problema qui in America perché meno della metà degli ispanici e metà degli afroamericani possiede una casa.[..] E’ un gap che dobbiamo colmare insieme per il bene del nostro paese»

George W. Bush, 15 Ottobre 2002

Alcuni economisti, come Stan Liebowitz, hanno spiegato come sono stati proprio i “regolatori” che oggi vengono invocati a gran voce ad imporre un rilassamento dei requisiti per ottenere un mutuo e a gonfiare la bolla dei mutui subprime.

Sin dagli anni ottanta gruppi di attivisti come ACORN iniziarono ad accusare le banche di discriminare le minoranze per quanto riguarda la concessione di mutui. [..] In effetti le richieste di mutuo presentate dalle minoranze venivano respinte più di frequente rispetto ad altri gruppi ma non a causa di una discriminazione razziale ma piuttosto per il fatto che le loro finanze erano più deboli. [..] Nel 1992 uno studio della Fed di Boston concluse che nel mercato dei mutui la discriminazione era sistemica. Lo studio presentava numerosi errori [..] ma tuttavia l’agenda politica ebbe la meglio [..] e la Fed produsse un manuale per i mortgage lenders in cui si affermava che “la discriminazione può essere osservata quando le polizze contengono criteri arbitrari e datati i quali mettono fuori gioco molti dei richiedenti che fanno parte delle minoranze più povere”
 

Quali erano questi criteri?

Alcun di questi criteri “datati” includevano l’entità del mutuo relativamente al reddito, la storia creditizia, la verifica effettiva del reddito.

La revisione del Community Reinvestment Act del 1995 proseguì in questa direzione, richiedendo «alle banche di trovare vie per fornire mutui alle comunità più povere»  e permettendo «agli attivisti delle comunità di recensire annualmente le banche» in modo tale che «le banche che ricevevano una valutazione negativa venissero penalizzate».

Gli incentivi contano

Robert Gordon contesta questa posizione e sostiene invece che la causa della bolla immobiliare sia un chiaro fallimento del mercato.

«Ritenendo che la bolla non sarebbe mai scoppiata, i prestatori hanno approvato mutui a tasso variabile sempre più rischiosi, spesso senza considerare se chi li sottoscriveva avrebbe potuto rimborsarli; le famiglie si lanciarono su questi mutui, gli investitori li comprarono sotto forma di obbligazioni e nel mentre i regolatori se ne stettero con le mani in mano».

Chi sostiene questa teoria però non tiene conto del fatto che, se pure la creazione della bolla immobiliare non è attribuibile in toto a quelle leggi ed a quelle linee di politica economica, tuttavia sono stati gli incentivi distorsivi da esse prodotti a favorire l’insorgere del moral hazard nel settore creditizio ed a creare una gigantesca bolla speculativa.

Ma da dove sono arrivati i soldi per creare questa bolla?

Rispondere a questa domanda significa anche individuare il vero e principale responsabile della crisi, ovvero la Federal Reserve ed in generale il Sistema Monetario Internazionale.