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The Murder of Rob Reiner

Lew Rockwell Institute - 5 ore 41 min fa

The amazing Mark Groubert (aka Lordbuckly) is one of the most interesting men in the world! This legendary raconteur has known virtually everyone and been everywhere in his epic lifetime and eclectic careers in media, writing and editing, in magazines, tabloids, newspapers, television and radio, books, feature film and documentary screenwriter and producer. He is one of the great freelance journalists and survivors in the disparate competitive literary and artistic cultures of the late 20th century and early 21st centuries.

In this special edition podcast of Wassup With Lordbuckly? he addresses the brutal murder of mega-Hollywood star Rob Reiner and his wife Michelle Singer Reiner on last Sunday, December 14, 2025. Groubert, with his exceptional background and connections to the Hollywood elite, provides a unique insider’s prospective and revealing insights on this unfolding tragedy only he could elucidate. His breaking reporting of LAPD anomalies in the investigation is phenomenal!

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Australian PM: After Bondi Beach Massacre, We Need Tougher Gun Laws!

Lew Rockwell Institute - Lun, 15/12/2025 - 20:31

Typical politician.  When government fails, it’s all the more evidence that we need much more of it.

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Il caos nel governo francese segnala un crescente rischio per l'Eurozona

Freedonia - Lun, 15/12/2025 - 11:10

L'oro che sale di prezzo non è solo il ripudio del dollaro come valuta fiat. Per anni non è stato in un bull market primario perché faceva nuovi massimi in rapporto alla rupia, al rublo, al dong, al pèso... ma non alla valuta di riferimento mondiale. Quando l'oro rompe al rialzo rispetto al dollaro e a tutte le altre valute allora è una cosa diversa; in questo scenario possiamo avere sia l'oro che il DXY che salgono in tandem. Quindi, sì, il mondo sta correndo verso l'oro e i motivi, a mio giudizio, sono due. Sicuramente non è per l'inflazione, visto che gli USA si trovano in un ambiente in cui il credito si sta contraendo (l'IA non compenserà questo assetto). No, si tratta di rischio geopolitico e istituzionale. Le valute fiat stanno mostrando crepe strutturali, i mercati obbligazionari stanno mostrando crepe strutturali, la capacità di emettere nuovo debito in base al bacino fiscale sta mostrando crepe strutturali. Ci stiamo allontanando da un mondo globalizzato dove il commercio sarà propriamente valutato, scevro dalle distorsioni protezionistiche e monetarie alimentate da un sistema estorsivo/estrattivo piuttosto che produttivo. Più in profondità, lo spostamento dalla “consensus politics” di matrice anglo-francese alla “power politics” di matrice sino-russa-statunitense. Lo Stato profondo italiano è di gran lunga peggiore di quello americano dato che è più vecchio. La mera sopravvivenza politica della Meloni in questo ambiente, con colpi al cerchio e alle botte, è di per sé una vittoria. In questo caso particolare potremmo dire che l'Italia è un proxy di quello che si potrà vedere negli USA dove l'oro verrà rivalutato ai prezzi correnti (inizialmente) spostando finalmente il cartellino del prezzo dai ridicoli $42 l'oncia. Infatti così come Milei e l'Argentina sono stati un esperimento anticipato per quanto riguarda tagli e ridimensionamento dello stato nell'economia, la Meloni e l'Italia potrebbero essere l'esperimento in materia di aumento dell'equity. Per l'UE e la BCE è un anatema: sia dal punto di vista di bilancio che di credibilità dell'unione (a livello di facciata). L'incalzante censura europea altro non è che l'anticamera di un processo più ampio volto a impedire che i capitali (rimanenti) in Europa lascino il continente, soprattutto quando dovrà arrivare l'haircut sui debiti insostenibili europei. Potremmo definire la mossa sull'oro della Meloni come un messaggio mafioso indiretto degli USA all'UE. Soprattutto in chiave risolutiva del conflitto tra Russia e Ucraina. Comunque non bisogna farsi illusioni: sia l'amministrazione Trump che di riflesso quella Meloni non riusciranno a risolvere decenni di sconquassi durante i loro attuali termini di governo. Siamo ancora sulla soglia di una trasformazione, la quale richiederà come minimo 10 anni per essere portata a termine. E comunque meglio questa di prospettiva che il mondo distopico e tirannico della cricca di Davos & Co.

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di Thomas Kolbe

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-caos-nel-governo-francese-segnala)

Il Primo Ministro francese François Bayrou non ha ottenuto la fiducia del Parlamento a settembre, ponendo fine al suo governo. Sebbene i mercati siano rimasti sostanzialmente calmi, ciò non significa che la crisi del debito francese sia stata rinviata.

Dopo soli nove mesi di mandato, il quarto governo del presidente Emmanuel Macron è crollato. Il Primo ministro, François Bayrou, ha perso il voto di fiducia sul suo bilancio incentrato sull'austerità con 364 voti a favore e 194 contrari. Bayrou ha poi annunciato le sue dimissioni.


Bayrou ha riconosciuto la gravità della situazione

Bayrou si era assunto la responsabilità della grave situazione delle finanze pubbliche francesi e ha tentato di imporre un programma di risanamento fiscale. Con un debito pubblico al 114% del PIL e una previsione di indebitamento netto del 5,4% per quest'anno, il piano includeva tagli alla spesa per €44 miliardi, il congelamento delle pensioni e la riduzione di due festività nazionali: misure pensate come un'ancora di salvezza per l'economia in difficoltà.

Sia la maggioranza parlamentare che ampi settori della società francese si sono opposti al programma di riforme. Gli scioperi generali sono fioccati.

Con le dimissioni di Bayrou, l'indeciso Emmanuel Macron si è ritrovato ad affrontare il compito di nominare un quinto Primo ministro in due anni. Fino alle prossime elezioni dell'aprile 2027 qualsiasi governo, indipendentemente dalla sua composizione, si troverà ad affrontare gli stessi problemi. Qualsiasi forma di consolidamento fiscale sarà affossata da fazioni politiche radicate. La Francia è bloccata in una situazione di stallo politico, cosa che rende il consolidamento del debito apparentemente impossibile.

 

La strada verso il disastro 

Questa bizzarra situazione rivela che l'élite politica francese – e sempre più in tutti gli stati dell'UE sotto pressione dei propri debiti – non riesce più a far prevalere le necessità economiche sulle divisioni ideologiche. Il mancato voto di fiducia è stato l'ennesimo chiodo nella bara dell'UE e presto si manifesterà sui mercati come un problema per l'Eurozona, man mano che gli investitori si renderanno conto dell'impotenza politica della Francia.

Prima delle sue dimissioni Bayrou ha apertamente criticato lo stile di vita francese, individuando nello Stato sociale un problema critico. Ora sperimenta in prima persona che chiunque metta in discussione i numerosi privilegi del sistema di welfare viene punito senza pietà dal punto di vista politico. La Francia difende la sua società fondata ormai sui trasferimenti sociali come una vacca sacra, anche se questa posizione conduce direttamente alla catastrofe fiscale.


Il rischio di contagio in Europa

Per i mercati finanziari gli eventi di Parigi non sono una buona notizia. Gli “OAT” francesi, i titoli del Tesoro, hanno mostrato scarsa reazione immediata al crollo del governo. Poi, però, sono stati sottoposti a crescenti pressioni a causa della crisi sovrana incombente. I rendimenti sono aumentati e lo spread rispetto ai Bund tedeschi, il benchmark europeo, si è ampliato fino a 90 punti base, segnalando un rischio crescente.

I titoli di Stato francesi sono ora scambiati con un premio di rischio significativo, molto simile al debito britannico. Il rischio di contagio incombe sull'Eurozona se i mercati si rivolgessero ad altre nazioni ad alto debito come Spagna, Italia, o Grecia, innescando una reazione a catena che ricorderebbe la precedente crisi del debito sovrano.

La Francia rimane in subbuglio e la attende un altro test cruciale: Fitch pubblicherà la sua valutazione del rating creditizio.

Sebbene un declassamento immediato sia improbabile – la Francia si attesta già su AA- con outlook negativo – un rientro nella categoria A è ora una possibilità concreta. Ciò costringerebbe gli investitori istituzionali a vendere obbligazioni francesi, aumentando ulteriormente i costi di rifinanziamento e aggravando la spirale del debito francese. Il Paese perderebbe gradualmente il suo status di benchmark “quasi privo di rischio” nell'Euroarea.

 

Valutazione dei rischi

Un andamento simile è emerso sui mercati monetari, dove l'euro ha addirittura guadagnato leggermente rispetto al dollaro. Segnali dell'imminente crisi del debito sovrano potrebbero provenire anche dai metalli preziosi: oro e argento hanno temporaneamente raggiunto massimi storici, confermando una costante tendenza al rialzo sostenuta dalla domanda delle banche centrali in tutto il mondo.

Gli investitori privati ​​e gli operatori istituzionali dovrebbero prendere nota: la consapevolezza delle imminenti crisi sovrane è aumentata dopo i gravi shock di mercato diciotto mesi fa. L'oro offre un rifugio sicuro senza rischio di controparte.

La BCE si trova di fronte a un difficile equilibrio: in caso di un nuovo intervento, dovrà bilanciare il controllo dell'inflazione con la stabilità finanziaria. L'aumento degli spread può distorcere la trasmissione della politica monetaria, costringendo a misure mirate di liquidità senza abbandonare del tutto la stretta monetaria. I commentatori di mercato avvertono di un “inverno nervoso” per gli spread dell'Eurozona.


Scontro inevitabile

La Banca Centrale Europea, ultimo baluardo dell'Eurozona in caso di vendite obbligazionarie dettate dal panico, è rimasta invisibile durante il caos francese. La calma degli scambi dopo il fallimento del voto di fiducia e i rendimenti stabili dei titoli di stato francesi e dell'euro suggeriscono che la BCE potrebbe essere intervenuta silenziosamente con acquisti di supporto selettivi. La conferma arriverà con il prossimo rapporto del TCI, che rivelerà le transazioni delle banche centrali.

Fino ad allora, le speculazioni continueranno, a meno che le fughe di notizie non vengano a galla prematuramente.

I cinici potrebbero sostenere che i mercati si sono abituati al dramma francese e stanno semplicemente aspettando il capitolo successivo, cosa che potrebbe riguardare problemi di liquidità. Nel complesso la graduale svendita del debito pubblico a lungo termine sui mercati globali continua. La Francia rimane sotto stretta osservazione a causa delle continue turbolenze politiche e delle sfide fiscali irrisolte.

La grande resa dei conti sul mercato obbligazionario incombe come una nube oscura e l'incessante accumulo di debito pubblico scatenerà prima o poi violente tempeste. L'architettura finanziaria globale poggia su fondamenta fragili: un sistema monetario fiat basato su debito sovrano che per essere “gestito” ha bisogno di dosi crescenti di inflazione.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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It is Time to End the Ignorance, Obfuscation and Hypocrisy on the Middle East

Lew Rockwell Institute - Dom, 14/12/2025 - 08:08

In early 1975, I took an in-depth special course on the Middle East at the University of Tulsa by one of my favorite political science professors. It proved to be one of the most impactful intellectual experiences of my life, with ongoing consequences for decades.

The professor was Joseph R. Rudolph Jr.

I was, like most students I was acquainted with, as well as most other persons in my community, someone profoundly ignorant and unaware of the actual situation in the Middle East beyond the headlines and the propaganda from the establishment regime media.

Most of the other students in the course were from the region, particularly Saudis and one Israeli. It dramatically opened my eyes and mind to the historic and geopolitical reality and background to the century’s old conflicts in the area.

Simultaneous, something else in 1975 was happening at the UN.

The United Nations resolution that declared Zionism a form of racism was General Assembly Resolution 3379, passed in 1975, which stated, “Zionism is a form of racism and racial discrimination”. However, this controversial resolution was revoked in 1991 by General Assembly Resolution 46/86, with a vote of 111-25, effectively nullifying its original declaration.

Key Details:

Resolution 3379 (1975): Adopted by the UN General Assembly, it equated Zionism (the Jewish people’s national liberation movement) with racism and racial discrimination, influenced by Arab states, communist nations, and some developing countries.

Revocation in 1991: Following the end of the Cold War and shifting global politics, the UN General Assembly voted to repeal Resolution 3379, demonstrating a significant change in international consensus.

In essence, while the resolution existed and labeled Zionism as racism, it is no longer an active UN stance, having been officially rescinded.

It is truly time to end the ignorance, obfuscation and hypocrisy on the Middle East.

Both sides in the Middle East conflagration were founded and fueled by vicious terrorist entities who waged unspeakable violence on innocent populations.

There is blood on the hands of both the Zionists behind the State of Israel and the Arab and Muslim terrorists in Iran, Iraq, Saudi Arabia, Syria, Lebanon, and Egypt.

Terror Out of Zion: Irgun Zvai Leumi, LEHI, and the Palestine Underground, 1929-1949

Devil’s Game: How the United States Helped Unleash Fundamentalist Islam — Book by Robert Dreyfus

 

.pdf format of this volume.

“The most clear and engaging history of the deadly, historic partnership between Western powers and political Islam.”—Salon.com

Devil’s Game is the first comprehensive account of America’s misguided efforts, stretching across decades, to dominate the strategically vital Middle East by courting and cultivating Islamic fundamentalism.

Drawing on extensive archival research and interviews with dozens of policy makers and CIA, Pentagon, and foreign service officials, Robert Dreyfuss follows the trail of American collusion from support for the Muslim Brotherhood in 1950s Egypt, to links with Khomeini and Afghani jihadists, to longstanding ties between radical Islamists and the leading banks of the West. The result is as tragic as it is paradoxical: originally deployed as pawns to foil nationalism and communism, extremist mullahs and ayatollahs now dominate the landscape, thundering against freedom of thought, science, women’s rights, secularism—and their former patron.

Chronicling a history of double-dealing, cynical exploitation, and humiliating embarrassment that continues to this day, Devil’s Game reveals a pattern that, far from furthering democracy or security, ensures a future of blunders and blowback.

The Time for Ignorance, Obfuscation and Hypocrisy on the Middle East is Over.

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It is Time to End the Obfuscation and Hypocrisy on the Middle East

Lew Rockwell Institute - Dom, 14/12/2025 - 07:00

In early 1975, I took an in-depth special course on the Middle East at the University of Tulsa by one of my favorite political science professors. It proved to be one of the most impactful intellectual experiences of my life, with ongoing consequences for decades.

The professor was Joseph R. Rudolph Jr.

I was, like most students I was acquainted with, as well as most other persons in my community, someone profoundly ignorant and unaware of the actual situation in the Middle East beyond the headlines and the propaganda from the establishment regime media.

Most of the other students in the course were from the region, particularly Saudis and one Israeli. It dramatically opened my eyes and mind to the historic and geopolitical reality and background to the century’s old conflicts in the area.

Simultaneous, something else in 1975 was happening at the UN.

The United Nations resolution that declared Zionism a form of racism was General Assembly Resolution 3379, passed in 1975, which stated, “Zionism is a form of racism and racial discrimination”. However, this controversial resolution was revoked in 1991 by General Assembly Resolution 46/86, with a vote of 111-25, effectively nullifying its original declaration.

Key Details:

Resolution 3379 (1975): Adopted by the UN General Assembly, it equated Zionism (the Jewish people’s national liberation movement) with racism and racial discrimination, influenced by Arab states, communist nations, and some developing countries.

Revocation in 1991: Following the end of the Cold War and shifting global politics, the UN General Assembly voted to repeal Resolution 3379, demonstrating a significant change in international consensus.

In essence, while the resolution existed and labeled Zionism as racism, it is no longer an active UN stance, having been officially rescinded.

It is truly time to end the obfuscation and hypocrisy.

Both sides in the Middle East conflagration were founded and fueled by vicious terrorist entities who waged unspeakable violence on innocent populations.

There is blood on the hands of both the Zionists behind the State of Israel and the Arab and Muslim terrorists in Iran, Iraq, Saudi Arabia, Syria, Lebanon, and Egypt.

Terror Out of Zion: Irgun Zvai Leumi, LEHI, and the Palestine Underground, 1929-1949

Devil’s Game: How the United States Helped Unleash Fundamentalist Islam — Book by Robert Dreyfus

 

.pdf format of this volume.

“The most clear and engaging history of the deadly, historic partnership between Western powers and political Islam.”—Salon.com

Devil’s Game is the first comprehensive account of America’s misguided efforts, stretching across decades, to dominate the strategically vital Middle East by courting and cultivating Islamic fundamentalism.

Drawing on extensive archival research and interviews with dozens of policy makers and CIA, Pentagon, and foreign service officials, Robert Dreyfuss follows the trail of American collusion from support for the Muslim Brotherhood in 1950s Egypt, to links with Khomeini and Afghani jihadists, to longstanding ties between radical Islamists and the leading banks of the West. The result is as tragic as it is paradoxical: originally deployed as pawns to foil nationalism and communism, extremist mullahs and ayatollahs now dominate the landscape, thundering against freedom of thought, science, women’s rights, secularism—and their former patron.

Chronicling a history of double-dealing, cynical exploitation, and humiliating embarrassment that continues to this day, Devil’s Game reveals a pattern that, far from furthering democracy or security, ensures a future of blunders and blowback.

The Time for Ignorance, Obfuscation and Hypocrisy on the Middle East is Over.

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Il drenaggio della LBMA e la ricapitalizzazione della classe media americana (Parte #2)

Freedonia - Ven, 12/12/2025 - 11:02

 

 

di Francesco Simoncelli

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-drenaggio-della-lbma-e-la-ricapitalizzazione-c3b)

Dall'anno scorso l'oro è salito del 100%. Le attenzioni sul metallo giallo abbracciano tutto lo spettro degli investimenti: dalle figure istituzionali fino giù ai semplici investitori al dettaglio. Per motivi di bilancio, certo, ricapitalizzare economie disastrate ha bisogno di collaterale credibile. Ma in particolar modo per motivi geopolitici, dato che dal 2022, come documentato nel mio ultimo libro Il Grande Default, gli Stati Uniti stanno iniziando a mettere ordine in uno dei mercati ombra più velenosi per la loro sopravvivenza in quanto nazione indipendente: quello degli eurodollari. L'assorbimento di tutta la leva finanziaria che negli anni è stata accumulata, ed è pronta a far nuotare nude le persone tanto per parafrasare Warren Buffett, richiede una facciata di credibilità e affidabilità con cui portare avanti un tal processo. A tal proposito l'amministrazione Trump ha un piano fattibile e inaugurare una nuova era di prosperità per l'America. La prima cosa che ha fatto è stata innescare una corsa agli sportelli della LBMA. Trump il debito lo conosce e sa come ristrutturare per uscire dalla bancarotta, l'ha fatto una mezza dozzina di volte nella sua vita. Sa cosa lo aspetta e ha un piano per rivedere il ruolo del dollaro nel commercio mondiale. Sarà di gran lunga la cosa più importante che accadrà al sistema monetario dal 15 agosto 1971, ma questa in realtà non è una storia sull'oro: è un segnale che qualcosa di enorme sta arrivando ed è molto più grande del semplice oro o del denaro.

L'oro non è un asset qualsiasi, il suo valore reale va oltre il mondo finanziario: è l'unico asset su cui tutti i governi concordano quando l'incertezza sistemica scuote i mercati mondiali. Come descritto nel mio libro un cambiamento epocale è in atto e le autorità hanno bisogno di placare possibili eruzioni di panico. E quello a Londra è significativo. A partire dallo scorso novembre, subito dopo la vittoria di Trump, l'oro ha iniziato a volare da Londra verso gli Stati Uniti. L'enorme quantità di oro richiesto in forma fisica ha fatto sì che la LBMA (London Bullion Market Association) dilatasse i tempi delle consegne, facendoli passare da due giorni a due mesi. E c'è un'altra cosa: quasi tutto l'oro che lasciava Londra era diretto a New York. Ciò significa che qualcuno ai vertici di Wall Street e del governo statunitense ha preso una decisione sulla politica economica di Trump.

Il grande acquirente statunitense ha preso in consegna quasi 30 milioni di once, ovvero oltre il 10% di tutto l'oro che si dice possiedano gli Stati Uniti. Ma ecco il punto: altre banche centrali stanno prendendo in consegna da anni ormai, come quella cinese ad esempio. Tra l'altro, l'acronimo per il futuro prossimo è ARC, ovvero partnership commerciale tra America, Russia e Cina. Schermaglie e attriti che leggete sui canali d'informazione principali non sono altro che rumore di fondo; è il trend primario quello che conta. Il fatto che l'UE non figuri in questo assetto in divenire è dovuto a una cosa sola: non esisterà più, tra l'altro già adesso non esiste più a livello informale per quanto voglia affermare la sua presenza attraverso una normazione socio-economica a raffica. L'amministrazione Trump non sta monetizzando l'oro solo perché altre banche centrali lo stanno acquistando, ha un piano per collateralizzare tutto e riportare gli Stati Uniti sulla strada della prosperità attraverso la produttività.

È una visione colossale e ambiziosa, tanto che i commentatori a tutti i livelli hanno dato per scontato che la politica monetaria e commerciale americana siano problemi irrisolvibili. È per questo che gli sprechi portati a galla dal DOGE ed Elon Musk sono solo la punta dell'iceberg. La differenza tra le amministrazioni precedenti e questa è che Trump ha un piano concreto per risanare il debito, cambiare la natura del denaro speso e riportare posti di lavoro in patria. Se ho ragione l'obiettivo finale di questo piano è ridisegnare la mappa delle catene di approvvigionamento statunitensi, il che sarà fantastico per gli investitori in un settore in difficoltà da 5 anni a questa parte. Senza contare che avrà un impatto enorme su chiunque abbia risparmi in dollari. Infatti il piano di Trump va oltre l'oro e affronta:

• L'insostenibile debito pubblico statunitense;

• La ricchezza strategica degli Stati Uniti;

• La mancanza di posti di lavoro buoni nel settore manifatturiero negli Stati Uniti;

• Gli elevati squilibri commerciali;

• Il difetto fatale del dollaro ancorato all'estero.

Rivalutare l'oro ai prezzi reali è solo la prima mossa e questo mi porta alle menti dietro questo riassetto degli Stati Uniti. Bessent è un uomo riservato, un miliardario che si è fatto da sé e non ha nulla da guadagnare dall'essere chiamato a ricoprire una carica pubblica. Per ora gli credo quando dice di voler sistemare qualcosa di profondamente imperfetto nel sistema americano. Forse Bessent si rivelerà l'ennesimo burocrate “chiacchiere e distintivo”, ma per ora sembra che sia sincero nel suo piano di sistemare gli Stati Uniti ed evitare che precipitino nell'abisso.

Se si vuole capire cosa sta succedendo, perché l'oro sta fuggendo da Londra e come tutto questo si collega, bisogna tornare a questo pezzo della Reuters dello scorso febbraio. Bessent non è uno stupido, sa che il modo più veloce per “monetizzare il lato degli attivi nel bilancio degli Stati Uniti” è rivalutare l'oro. Questa è la prima mossa del grande gioco a cui sta giocando l'amministrazione Trump. L'oro, che già fuggiva da Londra da novembre, ha iniziato a lasciare Londra per New York a un ritmo ancora più frenetico. Così tanto oro ha lasciato Londra e così velocemente che la gente si è spaventata, e i ritardi sono passati da due giorni a due mesi. Non ci sono dubbi: quando le nazioni richiedono la consegna fisica di oro tutto in una volta significa che sta succedendo qualcosa di grosso.

L'osservazione di Bessent, però, di “mettere a frutto gli asset” non riguarda solo l'oro, sta progettando un nuovo sistema monetario, qualcosa di simile a una Bretton Woods 3.0. Se il piano avrà successo, non solo “monetizzerà il lato degli attivi nel bilancio degli Stati Uniti”, libererà anche gli Stati Uniti dall'onere di detenere la valuta di riserva mondiale. Per avere successo Trump dovrà anche creare un Fondo Sovrano degli Stati Uniti. In una recente intervista Lutnik descrive esattamente cosa intende fare Trump con questo Fondo Sovrano.

In veste di amministratore delegato di Cantor Fitzgerald, Lutnik è un insider di Wall Street. Se c'è qualcuno che sa come monetizzare gli asset, sono Lutnik e i suoi collaboratori. Questo Fondo Sovrano monetizzerà non solo l'oro, ma ogni asset legato agli Stati Uniti: terreni, petrolio, diritti minerari... tutto. Tutto questo verrà aggiunto al bilancio statunitense nella colonna degli attivi. Il Fondo Sovrano cambia l'intero concetto di protezione del patrimonio nazionale statunitense.

Ecco come funzionerebbe.

Il giacimento petrolifero ANWAR è una sezione al largo della costa dell'Alaska, ha più riserve petrolifere comprovate dell'Arabia Saudita. Entra in gioco il Fondo Sovrano e produce royalties. Pensate se il governo degli Stati Uniti riscuotesse royalties su quel petrolio per sempre. Tra le innumerevoli altre risorse inutilizzate negli Stati Uniti c'è la miniera di Pebble nella baia di Bristol, in Alaska. Ci sono 80 miliardi di libbre di rame, 107 milioni di once d'oro e molti altri minerali importanti in attesa di essere messi in produzione. A questa grande risorsa americana è stata negata l'autorizzazione per timore che un fiume a 20 miglia di distanza, che alimenta una pesca al salmone, potesse essere influenzato dalle attività minerarie. E se, invece di concedere licenze minerarie, gli Stati Uniti si limitassero a percepire una percentuale sui profitti sui territori statunitensi? È un modello che non è mai stato sperimentato in America, ma che funziona già in altre parti del mondo per Paesi come l'Arabia Saudita, la Norvegia e la Cina.

Negli Stati Uniti c'è una quantità sorprendente di ricchezza disponibile, se si pensa a un modello in cui la burocrazia scompare e gli asset americani vengono finalmente sbloccati e messi a frutto. Al momento ci vogliono dieci anni o più per ottenere le licenze e i permessi necessari per estrarre o trivellare su terreni statunitensi. E se ci volessero poche settimane o mesi? Milioni di acri di terra negli Stati Uniti, un'abbondanza di ogni risorsa immaginabile, confluiranno nel Fondo Sovrano e saranno messi a frutto per gli americani. L'oro che esce da Londra è la prova che questo piano è già in atto.

Non è altro che un “riallineamento delle linee di politica” per gli Stati Uniti e il resto del mondo, un'iniziativa che ha il potenziale di scatenare una prosperità e una ricchezza inimmaginabili...m a non senza dolore. L'obiettivo finale del piano di Trump è quello di eliminare il peso che gli Stati Uniti hanno per avere la valuta di riserva mondiale. Ci viene sempre detto che avere la valuta di riserva mondiale è un privilegio esorbitante, ma quasi nessuno ne comprende il lato oscuro. Già nel 1959 Triffin affermò pubblicamente che l'unico modo in cui gli Stati Uniti avrebbero potuto continuare a godere di uno status di valuta di riserva mondiale sarebbe stato quello di accumulare deficit commerciali sempre maggiori. Questo è il grave peso che deriva dalla sua emissione. Qualunque Paese si trovi ad affrontarlo è destinato ad avere una valuta innaturalmente forte, il che può sembrare positivo, ma in realtà non lo è.

Qualunque vantaggio gli Stati Uniti abbiano ottenuto dall'emissione della valuta di riserva mondiale è ormai in gran parte svanito. Trump lo sa meglio della maggior parte dei politici: se non riuscite a produrre nulla da esportare, la vostra sicurezza e prosperità sono un'illusione. Stephen Miran, in A User's Guide to Restructuring the Global Trading System, individua il vero difetto che ha condotto gli Stati Uniti verso l'abisso.

• La domanda di asset di riserva denominati in dollari

• Porta a inevitabili squilibri commerciali e a un ambiente manifatturiero statunitense debole.

In altre parole, avere la valuta di riserva mondiale non è solo una benedizione è anche una maledizione. La domanda artificiale di dollari li mantiene perennemente e innaturalmente alti in valore rispetto a tutte le altre valute. Il motivo per cui questo è un problema per gli americani è che non possono produrre negli Stati Uniti beni che siano competitivi con altri Paesi. Un dollaro forte rende le esportazioni statunitensi incredibilmente costose, e non competitive. Questo è il vero problema che Trump sta cercando di risolvere. È la vera motivazione dietro l'arrivo dell'oro a New York, l'imminente cambio di sistema monetario, il Fondo Sovrano e le minacce di dazi.

Se volete una prova di questo svantaggio, guardate la Cina negli ultimi 30 anni e più... poi guardate gli Stati Uniti. La Cina ha compiuto il più grande miracolo nella storia economica, facendo uscire 800 milioni di cinesi dalla povertà in una sola generazione. Nel frattempo gli Stati Uniti sono stati devastati. Ci sono altre ragioni, ma una delle principali è che è diventato più economico inviare valuta fiat all'estero e far produrre beni altrove. Così posti di lavoro e macchinari industriali hanno lasciato gli Stati Uniti. Miran identifica il motore della rovina: ciò che deve essere smantellato affinché gli Stati Uniti possano riprendersi e riacquistare lustro e gloria attraverso la produttività. L'obiettivo è riportare posti di lavoro e capacità produttiva negli Stati Uniti, ma non si tratta solo di questo: il piano di Trump offre agli Stati Uniti anche una nuova ricchezza nel campo delle materie prime, ovvero le risorse necessarie per ricostruire le catene di approvvigionamento statunitensi. Ecco perché si parla tanto di Groenlandia.

Gli Stati Uniti devono quindi ricostruire le catene di approvvigionamento, ma ci sono delle conseguenze, una delle quali è un periodo di dolorosi aggiustamenti. Trump non vuole solo un dollaro più debole, vuole un dollaro radicalmente svalutato rispetto a tutte le altre valute del mondo; ma questio significa ri-dollarizzazione, non de-dollarizzazione. Una volta completata questa svalutazione, l'oro potrebbe addirittura superare i $20.000 l'oncia, il che equivarrebbe a una svalutazione del dollaro del 90%. Può sembrare orribile, ma è solo di poco inferiore alla svalutazione degli anni '70, quando il dollaro perse il 75% del suo potere d'acquisto. Tra l'altro è quello che sarebbe dovuto accadere all'indomani della Brexit affinché le esportazioni inglesi divenissero più economiche. Invece la sterlina è stata tenuta innaturalmente alta affinché l'UE non perisse sotto i colpi di uno svantaggio economico. Gli infiltrati della cricca di Davos non hanno lavorato solamente contro gli USA, ma anche contro Londra punendo la proverbiale “Little Britain” per aver scelto di schierarsi con le élite inglesi che vedevano un futuro diverso da quello di Bruxelles.

Con l'oro già in pancia e quello dreanto dalla LBMA, il debito pubblico statunitense verrebbe abbattuto drasticamente.

Questa tattica ha già funzionato due volte in passato: negli ultimi due cambi di sistema monetario. Nel 1985 il mondo si riunì per firmare gli Accordi del Plaza per svalutare un dollaro innaturalmente forte. All'epoca il Giappone era “il cattivo”. Leggete qualsiasi cosa di quell'epoca e vedrete le stesse accuse di concorrenza sleale rivolte al Giappone che oggi sentite rivolte alla Cina. Sotto la minaccia di dazi, il Giappone e gli altri partner commerciali degli USA si sedettero al tavolo delle trattative e accettarono di collaborare alla svalutazione del dollaro. Prima di allora c'era stato lo shock di Nixon e gli Accordi Smithsonian. Ora sarà il turno degli Accordi di Mar-a-Lago.

Trump non è stupido, vuole più di una semplice valuta debole: vuole cambiare la natura dell'economia statunitense copiando la Cina. La vera sfida è la necessità di una valuta che reindirizzi le catene di approvvigionamento. L'essenza del “miracolo cinese” non sta solo nel fatto che la Cina ha assorbito i posti di lavoro manifatturieri mondiali negli ultimi 30 anni: ha un modello di investimenti sostenuti dallo stato. È la politica industriale cinese che Trump desidera maggiormente emulare. In Cina le grandi aziende redditizie sono obbligate a reinvestire nel Paese, non possono delocalizzare tutti i loro profitti e pagare poche o nessuna tassa come fanno le élite e le corporazioni negli Stati Uniti. Il piano di Trump richiederà lo stesso alle aziende statunitensi ed è già in atto: Apple ha annunciato un investimento da $500 miliardi in America a fine febbraio. Non si tratta solo di tecnologia: due giorni dopo Lilly ha annunciato un piano da $27 miliardi per riportare la produzione farmaceutica negli Stati Uniti. Aspettatevi di vedere molti annunci come questi man mano che le aziende aderiranno al piano di Trump.

Per la prima volta da decenni le aziende hanno un incentivo a investire di nuovo nella produzione produttiva di beni reali, all'interno degli Stati Uniti. Qualsiasi vantaggio gli Stati Uniti abbiano ottenuto dall'esportazione di valuta fiat all'estero in cambio di elettronica e BMW... è finito. Non perché Trump voglia che finisca, ma perché deve finire; l'economia americana non può più permettersi questo privilegio. Per decenni la principale esportazione degli Stati Uniti è stata la valuta fiat. Questo debito insostenibile è in definitiva il risultato di uno squilibrio commerciale insostenibile con altre nazioni. Miran chiarisce che nulla di buono può accadere finché l'onere di avere la valuta di riserva non sarà condiviso con gli altri partner commerciali. Significa che il dollaro perderà il suo status? Probabilmente. Quindi cosa c'entra questo con la Cina, il prezzo dell'oro e il Fondo Sovrano?

I cinesi hanno risolto lo stesso problema creando essenzialmente un sistema monetario a due livelli: una valuta che circola all'esterno e una all'interno. La Cina considera le sue risorse naturali un bene da sfruttare a beneficio della nazione. Il governo cinese agisce come una società di venture capital, effettuando investimenti industriali chiave e concentrando il settore privato sulle priorità nazionali. Con il suo Fondo Sovrano l'America farà lo stesso. Amate il sistema cinese o odiatelo, non si può discutere sui progressi cinesi. Nel 1978 l'America produceva 18 milioni di auto all'anno, mentre la Cina solo 5.000-10.000. Facciamo un salto al 2024: la produzione automobilistica americana è scesa a soli 10 milioni di veicoli. E la Cina? È ora il più grande produttore di veicoli al mondo, con 30 milioni di auto prodotte l'anno scorso.

Anche l'industria automobilistica giapponese ha iniziato con debolezza, ma poi si è evoluta verso l'alta qualità con marchi noti per l'affidabilità come Toyota. Anche la Cina si è evoluta e ora produce ottime auto. Sono così buone e così economiche che probabilmente non le sarà mai permesso di venderle negli Stati Uniti; distruggerebbero qualsiasi industria automobilistica rimasta.

Il piano di Trump sfrutterà tutte le strategie efficaci che riuscirà a trovare per trasformare l'America di nuovo in un motore di creazione di ricchezza, soprattutto quelle che i suoi avversari hanno già dimostrato essere valide. Il Fondo Sovrano Americano è il luogo in cui migliaia di miliardi di dollari di valore saranno conservati e utilizzati internamente negli Stati Uniti. Ci sarà anche un sistema monetario statunitense a due livelli? Potete scommeterci: stablecoin interne emesse dalle banche commerciali e con riserve decise da istituto a istituto, e Tether che si interfaccerà con l'estero. È questo il motivo per cui si parla tanto della Groenlandia, del Canada come 51° stato e del Canale di Panama.


CONCLUSIONE

L'attuale sistema monetario mondiale ha bisogno di una correzione. Gli Stati Uniti si ritrovano un debito pubblico da $38.000 miliardi, centinaia di migliaia di dollari di altre passività e non possono più mantenere il sistema post-1971. Il lavoro costa troppo, tutto costa troppo. Quindi se gli Stati Uniti non riescono a riportare posti di lavoro in patria e a smettere di stampare/spendere denaro che non hanno, nulla cambierà. Ecco perché Trump sta prendendo una decisione drastica: sta agendo in previsione di ciò che il mondo intero sa che deve arrivare: un nuovo accordo monetario.

Che si tratti di un'ironia della storia o altro, Trump è il candidato ideale per il compito in questione, dato che ha più “esperienza” di qualsiasi altro leader mondiale nella ristrutturazione dopo una bancarotta. Ora userà la sua esperienza per creare un nuovo ruolo per il dollaro e porre fine al peso di essere la valuta di riserva mondiale, riportando gli Stati Uniti al vertice della piramide geopolitica per gli anni a venire. Ma la cosa più importante è lo smantellamento della finanziarizzazione dal mercato delle commodity di Londra, punto focale della strategia di drenaggio della LBMA. Infatti tale strategia mira al pieno controllo del mercato dei futures sulle commodity da parte di Washington affinché esso sia incentrato sulla consegna degli asset sottostanti dai produttori ai consumatori. Il modo più veloce per ricostruire le catene di approvvigionamento e intermediare in modo appropriato produzione, domanda e offerta nel tempo, creando altresì una curva affidabile dei prezzi nel tempo.

Per anni il COMEX e la LBMA hanno soppresso i prezzi di oro e argento tramite la creazione di offerta sintetica e hanno applicato lo stesso metodo anche ad altre commodity. Perché? L'oro ha visto crearsi attorno a sé un mercato dei futures per due motivi principalmente: per la sua funzione di coordinatore tra produzione/consumo nel tempo, per la sua funzione di speculazione sulle valute. L'introduzione di offerta sintetica nel metallo giallo ha scardinato la funzione primaria del mercato dei futures dal trading effettivo dell'oro: l'oro sintetico avrebbe impostato al margine il prezzo dell'oro fisico. Affinché si possa invertire questa deformazione non basta solo il COMEX che inverte la rotta, ma anche lo Shanghai Gold Exchange ad esempio. Infatti l'istituzione di questa entità ha creato nel tempo un arbitraggio che s'è rifiutato di chiudersi tra Londra e New York: l'oro fisico, mal prezzato in Occidente, è fluito verso Est. Poi sono entrati in gioco l'amministrazione Trump e Bessent che hanno iniziato a fare la stessa cosa nei confronti della LBMA, cambiando il ruolo del COMEX: esso si occuperà della consegna fisica, come lo Shanghai Gold Exchange, tornando a intermediare in modo corretto produzione/consumo nel tempo tramite i futures, mentre GLD e SLV si occuperanno della speculazione tra i metalli e le valute fiat.

Chi rimane col cerino in mano? Londra.

Ecco, sostanzialmente, cosa è successo al prezzo dell'oro finora e il motivo per cui continua a salire: è stata innescata una corsa alla consegna di metallo fisico, cosa che ha sconquassato il meccanismo di prestito/leasing di rivendicazioni sull'oro intermediato da Londra. Qui la verità è una sola: non è Washington a essere a corto di oro fisico, bensì Londra. Poi, con Trump che imposta un sistema di dazi nei confronti del resto del mondo, ciò rinforza ulteriormente la necessità delle altre nazioni di acquisire oro con cui garantire e pagare i propri deficit/avanzi commerciali. Ecco perché le banche centrali stanno continuando ad acquistare oro, perché era il momento esatto per scatenare un attacco contro la LBMA da parte di Bessent/Trump e perché il loro potenziale proxy nel cuore dell'UE, l'Italia, può far leva sul metallo giallo in presunto possesso della BCE per aggiungere ulteriore pressione su Londra, la cricca di Davos e Bruxelles.

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Lo Stato profondo italiano è di gran lunga peggiore di quello americano dato che è più vecchio. La mera sopravvivenza politica della Meloni in questo ambiente, con colpi al cerchio e alle botte, è di per sé una vittoria.https://t.co/Su9ojWwyfY

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) December 1, 2025

Ora passiamo all'argento. Questo metallo attualmente è in backwardation, ovvero il prezzo spot è più alto di quello tra un mese (cosa che non dovrebbe accadere in situazioni normali, infatti dovrebbe essere il contrario dato che esiste un costo per conservare l'asset fisico). Quando si viene a creare questo fenomeno significa che c'è un'enorme domanda nel presente, tale da far arrivare la backwardation al record di quasi $3. Attualmente abbiamo una backwardation di $1.50 fino al dicembre 2026/inizio 2027. Questa situazione ci suggerisce che la separazione tra funzione di coordinamento produzione/consumi e funzione di speculazione si sta ulteriormente diversificando tra oro e argento: oro che si prende la parte legata alla speculazione sulle valute fiat e l'argento che si prende, invece, quella legata al coordinamento della produzione/consumi. Infatti l'argento rimarrà sostanzialmente un metallo industriale; il rame sarà il prossimo sulla lista, seguito successivamente da alluminio, piombo, zinco, nickel e cobalto... tutti metalli trattati sulla London Metals Exchange. Anche perché se non si smantella la finanziarizzazione delle commodity a Londra, come possono pensare gli Stati Uniti di re-industrializzarsi se ne hanno il controllo tramite i futures?

Chiaramente non è possibile pronosticare ex-ante dove andranno i prezzi delle commodity, però ciò che conta davvero qui è che il meccanismo con cui si viene a formare il prezzo di asset strategici sta cambiando. Questo a sua volta comporterà lo sgonfiamento della finanziarizzazione degli asset e della leva monetaria e l'inflazione (dei prezzi) di quella porzione dell'economia globale influenzata dalle commodity; chiamatela anche l'evoluzione della stagflazione. In breve, deflazione di quegli asset basati sul credito e inflazione di quegli asset legati alle commodity in termini di prezzi di clearing.

Affinché si possa impedire al resto del mondo di andare nel panico, però, i prezzi degli asset finanziari (asset basati sul credito) devono rimanere ragionevolmente stabili. Ecco perché, a livello globale, un nuovo sistema commerciale sta emergendo tra America, Russia e Cina. I russi comprano yuan ed emettono bond denominati in yuan. I cinesi comprano dollari ed emettono bond denominati in dollari. Gli americani emetteranno un nuovo bond sovrano coperto dall'oro. All'improvviso avremo un sistema collateralizzato in cui tutti e tre i tipi di obbligazioni saranno coperte dall'oro. Tether è l'avanscoperta in questo senso, rappresentando l'interfaccia monetaria estera degli Stati Uniti con cui si dovranno confrontare tutti coloro che vorranno esporsi al biglietto verde. E il suo sarà un sistema alternativo all'eurodollaro collateralizzato dall'oro. A differenza dell'euro e di potenziali versioni digitali dello stesso...

Tutto bello... apparentemente... ma manca la parte più importante: qual è il collaterale? https://t.co/CIS16XJFpU

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) December 2, 2025

E indovinate un po' chi rimane, ancora una volta, col cerino in mano?

Negli Stati Uniti, nel frattempo, s'incanalano le risorse liberate verso la classe produttiva. Come discusso nella Prima Parte di questo saggio abbiamo:

• la IPO di Fannie/Freddie e il cambio di passo nella gestione dei mutui americani;

• le leggi sulle stablecoin che permettono alle banche regionali di tokenizzare i depositi e sovvenzionare i mutui a livello locale in modo che i profitti di tali prestiti rimangano sul posto e non vengano riciclati tramite il sistema del debito finendo nelle mani di creditori all'estero.

Ma come hanno fatto finora Londra e Bruxelles a rimanere a galla? La risposta è nel grafico qui sotto: comprando i titoli di stato più affidabili al mondo, ovvero quelli americani. Solo il mese scorso la Spagna ha aumentato del 15% le sue riserve di bond americani, mettendosi in testa alla carovana di coloro che devono comprare tale asset “alla luce del giorno” e possono usare molto meno i sotterfugi del mercato dell'eurodollaro o del sistema bancario ombra. Infatti il punto di raccordo per tenere in qualche modo vivi questi due meccanismi di accesso “facilitato” ai bond americani è il Canada. Sin dallo scorso marzo, e dall'insediamento di Carney, vi avevo messo in guardia che sarebbe stato svuotato della propria ricchezza per sostenere i suoi referenti all'estero: Londra e Bruxelles. Ogni mese le percentuali di possedimenti di titoli di stato americani posseduti dal Canada oscillano, perché se un mese compra quello successivo vende a Londra (e succursali) e Bruxelles a sconto tramite accordi di swap. Nel processo il Canada viene distrutto e liquidato.

L'oro che sale di prezzo e la backwardation dell'argento stanno segnalando che tutti gli attacchi scagliati da Londra e Bruxelles nei confronti degli USA e del SOFR, tramite il mercato obbligazionario americano, sono falliti. Presto si aggiungerà anche un altro barometro a segnalare questo e altri fallimenti: il rame. Freeport McMoRan, uno dei più grandi produttori di rame al mondo, ha fatto sapere che smetterà di seguire il meccanismo d'impostazione mondiale per il rame. Un altro modo per dire che hanno deciso di mandare al diavolo i futures sul rame sulla London Metals Exchange. Ma la vera rottura del giocattolo noto come finanziarizzazione si avrà quando anche il petrolio, l'asset fondamentale su cui gira la società moderna e che non può muoversi con una volatilità settimanale del 7% come accade ora, verrà depennato dalla lista dei futures intermediati a Londra. Il Brent Crude, il riferimento per eccellenza oggi quando si tratta di impostare un prezzo per l'asset fisico sottostante, è un contratto completamente finanziarizzato. Non esiste neanche un solo barile di petrolio consegnato come saldo del contratto. È solo speculazione finanziaria rispetto, invece, a Shanghai o al WTI presso il COMEX.

Gli inglesi ovviamente non sono stupidi e hanno un “Piano B” nel caso in cui non riuscissero nel loro intento di “dissuadere” la colonia scappata e ribelle. Il processo di liquidazione del Regno Unito altro non è che lo spostamento della City di Londra in un altro luogo, probabilmente Dubai. Anche l'amministrazione Trump l'ha capito ed è per questo che continua a pacificare quelle aree nel mondo in cui gli inglesi avevano forte ascendente (l'ultima in ordine cronologico il Rwanda). In questo modo li fa rimanere laddove stanno creando devastazione e li costringe, loro malgrado, a “godersi” i frutti velenosi del loro operato, erigendo al contempo un muro finanziario e commerciale intorno all'Europa intera, trasformandola nell'ultimo film di Soi Cheang e lasciando che chi è all'interno si scanni tra di loro.


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???? Qui il link alla Prima Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2025/12/il-drenaggio-della-lbma-e-la.html


Come i trader e i miner aggirano il divieto cinese su Bitcoin e le altre crittovalute

Freedonia - Gio, 11/12/2025 - 11:03

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “La rivoluzione di Satoshi”: https://www.amazon.it/dp/B0FYH656JK 

La traduzione in italiano dell'opera scritta da Wendy McElroy esplora Bitcoin a 360°, un compendio della sua storia fino ad adesso e la direzione che molto probabilmente prenderà la sua evoluzione nel futuro prossimo. Si parte dalla teoria, soprattutto quella libertaria e Austriaca, e si sonda come essa interagisce con la realtà. Niente utopie, solo la logica esposizione di una tecnologia che si sviluppa insieme alle azioni degli esseri umani. Per questo motivo vengono inserite nell'analisi diversi punti di vista: sociologico, economico, giudiziario, filosofico, politico, psicologico e altri. Una visione e trattazione di Bitcoin come non l'avete mai vista finora, per un asset che non solo promette di rinnovare l'ambito monetario ma che, soprattutto, apre alla possibilità concreta di avere, per la prima volta nella storia umana, una società profondamente e completamente modificabile dal basso verso l'alto.

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da CoinTelegraph

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/come-i-trader-e-i-miner-aggirano)

Nonostante il divieto imposto da Pechino al trading di crittovalute, gli investitori cinesi stanno trovando modi innovativi per entrare nei mercati degli asset digitali.

Il governo cinese ha messo divieti alle crittovalute numerose volte, tra cui il divieto del 2013 per le banche che operavano in crittovalute, il divieto del 2017 sulle ICO e sugli exchange, seguito dal divieto di trading e mining di Bitcoin nel 2021.

Nonostante ciò accedere alle crittovalute in Cina continentale non è poi così difficile, ha dichiarato a Cointelegraph l'investitore pseudoanonimo Lowell.

Lowell è una neolaureata che si descrive come una trader di crittovalute a tempo pieno. Avrebbe potuto intraprendere una carriera nel suo campo di studi, ma afferma che un lavoro “normale” non può eguagliare i profitti che può ottenere con le crittovalute.

I divieti imposti dalla Cina non sono sempre chiari ed efficaci. Sebbene il trading e le attività commerciali in crittovalute siano vietati, esistono canali attraverso cui gli investitori possono entrare nel mercato globale.

I trader locali affermano di acquistare e vendere le loro crittovalute ad altri investitori tramite trading peer-to-peer su exchange centralizzati come OKX e Binance. Sebbene il Great Firewall cinese ne impedisca l'accesso, gli utenti esperti dotati di VPN possono accedere ai siti web e alle app di cui hanno bisogno.

Gli investitori cercano anche opportunità redditizie nella DeFi, come l'utilizzo di bot o l'assunzione di studenti per la distribuzione di airdrop, che per alcuni è diventata una quasi-industria.


Le crittovalute non sono totalmente illegali in Cina

In realtà i token crittografici non sono di per sé illegali in Cina, ha spiegato a Cointelegraph Robin Hui Huang, professore di diritto presso l'Università Cinese di Hong Kong. Anche il loro scambio rientra in una zona grigia.

“In Cina le persone possono detenere crittovalute. Possono anche scambiarle con altri beni, ma tali scambi non sono protetti dalla legge, ovvero se la controparte viola il contratto, non è disponibile alcuna tutela legale”.

Sebbene la legge non protegga queste transazioni non le vieta nemmeno, pertanto i privati possono scambiare crittovalute con altri beni se concordano reciprocamente di farlo e rispettano i propri impegni, ha aggiunto Huang.

Fuori dalla Cina continentale, circolano voci alimentate da importanti opinion leader della comunità delle criptovalute, tra cui il miliardario fondatore di Galaxy Digital, Mike Novogratz, che suggeriscono che Pechino potrebbe prendere in considerazione l'idea di revocare il divieto sulle crittovalute.

Tuttavia gli esperti hanno dichiarato a Cointelegraph che le probabilità che questa voce sia vera sono piuttosto basse.

Fanno riferimento ai recenti sviluppi riguardanti la valuta digitale della banca centrale cinese, lo yuan digitale, evidenziati durante il terzo Plenum del Comitato centrale del Partito comunista cinese, presieduto dal presidente Xi Jinping.


Il divieto al mining di Bitcoin in Cina non riesce a vietarlo all'atto pratico

Sebbene il divieto al mining di Bitcoin in Cina sia stato ampiamente riportato da quasi tutti i principali organi di informazione nel 2021, non è riuscito a impedirlo nel Paese.

Secondo Daniel Batten, ricercatore ESG di Bitcoin, ciò è dovuto al fatto che il divieto è stato erroneamente presentato come più severo di quanto non fosse in realtà. Egli sostiene che un'analisi più approfondita della sua formulazione suggerisce che la legge in realtà proibisce l'apertura di nuove mining farm e contiene semplicemente una “dichiarazione d'intenti” secondo cui l'attività di mining avrebbe dovuto essere gradualmente eliminata a causa del consumo di elettricità, degli obiettivi climatici e dell'associazione col riciclaggio di denaro sporco.

Non è facile reperire cifre precise e molte sembrano obsolete, ma la maggior parte delle stime suggerisce che la Cina rappresenti ancora almeno un quinto dell'hashrate globale.

Secondo i dati del Center for Alternative Finance dell'Università di Cambridge e della World Population Review, la Cina rappresenta circa il 21,1% del totale, mentre il fondatore di CryptoQuant, Ki Young Ju, ha pubblicato un grafico che mostra che le mining pool cinesi rappresentano il 54% dell'hashrate globale. Non tutti i miner di una pool si trovano in Cina, ha sottolineato, ma ha anche aggiunto: “Alcune mining farm potrebbero ancora operare in segreto in Cina, con le autorità che potrebbero nascondere i dati”.

Despite China's ban on #Bitcoin mining, Chinese mining pools still hold nearly 54% market share.

While not all participants in these pools are Chinese, some mining farms might still be operating covertly in China, with authorities possibly concealing data. https://t.co/OqEYB5R69w pic.twitter.com/JKCvcj2R3X

— Ki Young Ju (@ki_young_ju) July 1, 2024


VPN e app di trading rendono le crittovalute disponibili in Cina

Gli utenti di crittovalute in Cina sono ovviamente a conoscenza dei divieti sul trading, ma trovano modi creativi per aggirarli senza attirare l'attenzione delle autorità.

“La maggior parte dei trader di crittovalute in Cina non parla di queste cose perché sa che la Cina è fatta così”, ha affermato Lowell.

Oggigiorno i canali di trading P2P sono disponibili sui social media o sugli exchange, consentendo agli utenti di acquistare crittovalute con lo yuan tramite bonifici bancari, WeChat Pay, o Alipay, due dei principali sistemi di pagamento del Paese.

OKX e Binance sono due degli exchange più popolari nella rete di Lowell, anche se personalmente preferisce il primo. Come potete vedere nell'immagine qui sotto, Binance offre vendite P2P in yuan nella regione cinese. I due exchange non hanno risposto alla richiesta di commento di Cointelegraph.

Gli utenti hanno la possibilità di selezionare la valuta yuan e la regione cinese nel mercato P2P di Binance.

“Posso accedere a queste due app. Uso un iPhone e posso scaricarle dallo store di Hong Kong, o da quello di altri Paesi”, ha affermato Lowell, aggiungendo che le app non sono disponibili sull'App Store continentale di Apple.

L'accesso alle app in Cina è regolato da un ambiente internet più restrittivo rispetto a quello sperimentato dagli utenti al di fuori del Paese. Questo sistema, noto come “Great Firewall”, blocca l'accesso a domini popolari come Google e Facebook, tra molti altri.

Cointelegraph ha contattato una fonte nella Cina continentale per testare l'accesso agli exchange di crittovalute. Il test ha confermato che gli utenti non possono accedere ai siti web di Binance e OKX senza utilizzare VPN. Le applicazioni mobile per questi exchange sono accessibili senza VPN.

Alcuni progetti come MakerDAO impediscono agli utenti di accedere al protocollo tramite VPN, ma ciò avviene principalmente per paura di essere citati in giudizio dalle autorità di regolamentazione statunitensi anziché da quelle cinesi.

Ricerche su VPN in Cina nel tempo. (Google Trends)

Wayne Zhao, ex-amministratore delegato della società di analisi TokenInsight con sede a Pechino, si è trasferito a Singapore per avviare il suo progetto DeFi BitU. Afferma che l'utilizzo di una VPN è quasi una seconda natura per gli utenti di Internet della Cina continentale.

“Utilizzare una VPN è una scelta di buon senso per chi vuole visitare Google o YouTube”, afferma Zhao. Lo stesso vale per le piattaforme DeFi.

Per le piattaforme fornire agli utenti l'accesso P2P rappresenta una “zona grigia” che rischia di portare gli enti regolatori a colpirle e a colpire i loro dirigenti, ha dichiarato a Cointelegraph Joshua Chu, co-presidente dell'associazione Hong Kong Web3.

“Ciò potrebbe comportare ingenti spese legali, anche se non sempre si giunge a un procedimento penale, soprattutto una volta entrati in Cina”, ha affermato Chu, citando come esempio la recente detenzione di un dirigente di Binance in Nigeria.


Caccia agli airdrop in Cina

Le negoziazioni di crittovalute in Cina sono limitate alle opzioni P2P, ma non è l'unico modo per ottenere token.

Lowell ha tratto notevoli profitti dagli airdrop, tra cui $50.000 dalla campagna ENA di Ethena e $40.000 da StarkNet.

Secondo almeno tre fonti locali, in Cina la caccia agli airdrop ha raggiunto un livello industriale.

Proprio come il mining di Bitcoin era un tempo accessibile ai privati che utilizzavano i computer portatili nelle loro camere da letto, ma col tempo è diventato un'attività redditizia con aziende che investono in attrezzature professionali e riempiono i magazzini, i cacciatori di airdrop stanno ora investendo in tecnologie e attrezzature avanzate per massimizzare la loro redditività.

La Cina è terza dopo Corea del Sud e Giappone, seguita da Taiwan e Hong Kong. Prima del divieto del 2021, la Cina era leader nel settore per valore ricevuto dalle crittovalute. (Chainalysis)

Zhao attribuisce l'aumento degli airdrop all'era del move-to-earn durante la pandemia, resa popolare da StepN, un progetto basato su Solana che premia gli utenti con i suoi token GST per gli spostamenti.

“Quando le persone hanno iniziato a scoprire che è possibile guadagnare soldi con il cellulare, è stato naturale pensare di poterlo fare con centinaia di cellulari contemporaneamente”, ha raccontato Zhao a Cointelegraph

I cacciatori di airdrop automatizzano le transazioni con bot su protocolli emergenti che ritengono possano pianificare un futuro airdrop, o addirittura le registrano manualmente con più dispositivi.

I protocolli sono a conoscenza del fatto che gli utenti utilizzano bot per automatizzare le transazioni per ottenere i loro airdrop e adottano misure per limitarli.

Ma i cacciatori di airdrop adottano soluzioni creative per aggirare gli ostacoli. Alcuni di essi assumono addirittura studenti per condurre transazioni che replicano i comportamenti organici onchain.

“Il mio amico ha guadagnato molto più di me con gli airdrop perché ha assunto degli studenti universitari per effettuare transazioni per lui”, ci ha raccontato Lowell.

“Avevo circa 30 o 40 account, ma loro ne hanno circa 200”, ha aggiunto.


I trader e le aziende di crittovalute esistono ancora, ma c'è sempre un rischio

Qualsiasi attività nel settore delle crittovalute in Cina comporta sempre il rischio di una chiusura improvvisa.

“È già successo a un mio caro amico”, ci ha raccontato Zhao.

“Ha ricevuto solo un avviso che diceva: ‘Spiacenti, non potete più farlo. Dovete chiudere’, e questo era tutto. Pochi giorni dopo ha dovuto chiudere bottega”.

I trader P2P corrono dei rischi poiché non esiste un intermediario affidabile.

Acquistano crittovalute direttamente da sconosciuti, spesso senza conoscere l'origine degli asset. Questo comporta il rischio di partecipare inconsapevolmente al riciclaggio di denaro sporco, o di essere ritenuti colpevoli per associazione con altre attività illegali.

A causa di tali rischi, Lowell afferma di preferire rivolgersi a conoscenti personali, sebbene questa opzione sia limitata.

“Quando vendo ai miei amici, so che non faranno cose illegali e non verrò arrestata”, ci ha detto.

“Quindi sono disposta a vendere i miei USDT a persone che conosco, ma potrebbero non avere sempre così tanti soldi, quindi devo anche usare gli exchange”.


I piani per la CBDC smentiscono le voci sull'inversione del divieto sulle crittovalute

Winston Ma, professore associato di giurisprudenza alla New York University, ha dichiarato a Cointelegraph che è improbabile che Pechino revochi il divieto alle crittovalute, in quanto intende puntare tutto su una CBDC.

L'anno scorso Pechino ha tenuto la sua terza sessione plenaria, un incontro di alti funzionari del Partito Comunista. L'incontro ha deciso di promuovere il renminbi a livello internazionale, con particolare attenzione allo yuan digitale, come riportato dall'agenzia stampa statale Xinhua.

La Cina considera la sua CBDC l'unica moneta digitale legale, rendendo illegali tutte le altre valute digitali, incluso Bitcoin, come mezzo di pagamento.

“Ci si può aspettare che la banca centrale agisca a pieno ritmo, perché il mandato arriva dal Comitato Centrale. Più autorevole di così non si può”, ha affermato Ma.

Ma afferma anche che il rinnovato slancio per la CBDC cinese punta verso la direzione “completamente opposta” di un'inversione al divieto sulle crittovalute.


I trader locali hanno tutto ciò di cui hanno bisogno

Zhao di BitU ritiene che, nonostante le negoziazioni continuino, la domanda di crittovalute in Cina sia attualmente bassa e poi parla delle performance di trading dei fondi negoziati in borsa (ETF) sulle crittovalute lanciati di recente a Hong Kong.

Ai cittadini cinesi è vietato accedere agli ETF, a meno che non siano in possesso di un permesso di soggiorno temporaneo o permanente.

“Abbiamo visto tutti cosa è successo all'ETF di Hong Kong. Il volume degli scambi è pessimo”, ha affermato Zhao.

“Il motivo è che la maggior parte delle persone nella Cina continentale, o a Hong Kong, che sono disposte ad acquistare Bitcoin, o altre crittovalute, lo hanno già fatto”.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Perché le teorie economiche di Keynes hanno fallito all'atto pratico

Freedonia - Mer, 10/12/2025 - 11:11

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “La rivoluzione di Satoshi”: https://www.amazon.it/dp/B0FYH656JK 

La traduzione in italiano dell'opera scritta da Wendy McElroy esplora Bitcoin a 360°, un compendio della sua storia fino ad adesso e la direzione che molto probabilmente prenderà la sua evoluzione nel futuro prossimo. Si parte dalla teoria, soprattutto quella libertaria e Austriaca, e si sonda come essa interagisce con la realtà. Niente utopie, solo la logica esposizione di una tecnologia che si sviluppa insieme alle azioni degli esseri umani. Per questo motivo vengono inserite nell'analisi diversi punti di vista: sociologico, economico, giudiziario, filosofico, politico, psicologico e altri. Una visione e trattazione di Bitcoin come non l'avete mai vista finora, per un asset che non solo promette di rinnovare l'ambito monetario ma che, soprattutto, apre alla possibilità concreta di avere, per la prima volta nella storia umana, una società profondamente e completamente modificabile dal basso verso l'alto.

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di Lance Roberts

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/perche-le-teorie-economiche-di-keynes)

Un recente post di Daniel Lacalle, intitolato I keynesiani si sono sbagliati sull'economia statunitense... di nuovo, ha evidenziato il crescente divario tra la teoria economica di John Maynard Keynes e la realtà. Nonostante le previsioni fiduciose dei principali economisti keynesiani, l'economia statunitense nel 2025 continua a sfidare le aspettative. Il ciclo di tightening della Federal Reserve non ha innescato il tanto sbandierato  “atterraggio duro” e la crescita si è dimostrata più resiliente. Allo stesso tempo l'inflazione rimane piuttosto rigida, ma comunque in calo, e l'economia si rifiuta di seguire i percorsi lineari e ordinati suggeriti dai modelli dei libri di testo.

Quest'ultimo imbarazzo per l'ortodossia di Keynes è parte di una storia molto più ampia. I fallimenti non sono isolati errori di calcolo, ma il risultato prevedibile di un quadro imperfetto a cui i policymaker si sono aggrappati per decenni. L'economia keynesiana non solo ha “sbagliato” nell'inquadrare il 2025, ma ha ripetutamente fallito nel mantenere le sue promesse per oltre quarant'anni. E le conseguenze stanno diventando impossibili da ignorare.

In sostanza, l'economia keynesiana è ingannevolmente semplice: quando la domanda del settore privato diminuisce, lo stato dovrebbe indebitarsi e spendere per colmare il divario. L'idea è che iniezioni temporanee di stimoli fiscali possano attenuare i cicli economici, ridurre la disoccupazione e riportare rapidamente l'economia alla piena capacità.

Ma la parola chiave qui è “temporaneo”. John Maynard Keynes era chiaro: gli stati dovrebbero avere deficit durante le recessioni e surplus durante le espansioni. Il debito contratto per salvare l'economia dovrebbe essere ripagato una volta che le condizioni si saranno normalizzate.

Tuttavia, nella pratica, questa disciplina non si è mai concretizzata. I politici hanno scoperto che gli elettori apprezzavano gli stimoli ma detestavano l'austerità. Dagli anni '70 i deficit sono diventati una caratteristica permanente della politica fiscale statunitense, indipendentemente dal ciclo economico. I risultati sono preoccupanti: il debito pubblico statunitense supera ora il 120% del PIL, i programmi di welfare sono strutturalmente sottofinanziati e ogni crisi richiede interventi più ampi con benefici economici decrescenti.

La pandemia di COVID-19 è stata l'esperimento keynesiano per eccellenza. Tra il 2020 e il 2022 il governo federale ha iniettato oltre $5.000 miliardi in stimoli fiscali nell'economia, integrati dalla Federal Reserve che ha tagliato i tassi di interesse a zero e ha ampliato il proprio bilancio di $120 miliardi al mese. Secondo il modello keynesiano, questo stimolo monetario e fiscale senza precedenti avrebbe dovuto inaugurare un boom economico duraturo.


Il fallimento della crescita artificiale

Tuttavia, come abbiamo osservato nel pezzo MMT Was Tried And Failed, l’enorme flusso di stimoli ha temporaneamente stimolato la crescita economica “portando nel presente” la domanda futura, ma ha anche creato diversi problemi.

Il problema più evidente è stato l'impatto di una domanda in forte aumento su un'economia colpita nell'offerta. Con l'economia “ferma” a causa delle restrizioni imposte dallo stato, l'ondata degli stimoli ha portato a un aumento della domanda. Dato il principio economico di base della differenza tra domanda e offerta, i prezzi sono aumentati. Come previsto, ciò ha portato a un'impennata massiccia dell'inflazione (dato che la maggior parte degli americani ha pagamenti fissi per l'assistenza sanitaria e gli immobili, la terza misura nel grafico qui sotto mostra qual è il costo della vita per la maggior parte ogni mese.)

Fondamentalmente l'inflazione, escludendo i settori immobiliare e sanitario, è salita a quasi il 12% durante l'ondata di spesa alimentata dagli stimoli fiscali. Tuttavia, oggi, con il rallentamento dell'economia e il progressivo indebolimento di tali stimoli, il tasso di inflazione è sceso ad appena l'1,61%.

In secondo luogo il “boom economico” creato dallo stimolo della domanda continua a svanire, mentre l'economia si normalizza lentamente tornando a circa $3,50 di debito per generare $1 di attività economica. Dopo i lockdown l'economia ha raggiunto livelli senza precedenti, avvicinandosi al 17,5% di crescita nominale. In un'economia bloccata il sottoprodotto di tutta quella domanda è stato un'impennata dell'inflazione ai massimi degli ultimi 40 anni, con un picco superiore al 9% nel 2022. Cinque anni dopo l'inflazione continua a scendere verso l'obiettivo del 2% della FED, ma rimane stabile poiché i residui degli stimoli monetari e fiscali continuano a fluire attraverso il sistema.


La trasmissione interrotta della politica monetaria

Un ulteriore fallimento della politica keynesiana moderna è la sua eccessiva dipendenza dalle banche centrali. Attraverso tagli dei tassi e allentamento quantitativo (QE), lo stimolo monetario è diventato la soluzione ideale per qualsiasi rallentamento economico. Ciononostante il meccanismo di trasmissione tra politica monetaria e attività economica reale si è rotto. Gli interventi artificiali e la MMT non hanno funzionato nella realtà perché il sistema di trasmissione sottostante non funzionava.

La promessa di qualcosa in cambio di niente non perderà mai il suo fascino, quindi la MMT dovrebbe essere vista come una forma di propaganda politica piuttosto che come una vera linea di politica economica o pubblica. E come ogni propaganda, dobbiamo combatterla con appelli alla realtà. La MMT, dove i deficit non contano, è un luogo irreale.

Nel frattempo la velocità della moneta, ovvero il ritmo al quale il denaro passa di mano nell'economia, pur riprendendosi in parte dalla crisi economica, continua a mostrare un andamento decrescente. In altre parole la FED può iniettare liquidità, ma non riesce a farla circolare in modo produttivo. L'andamento della velocità non offre prospettive incoraggianti per la crescita del PIL.

Se prendiamo in considerazione l'indebolimento dei tassi di crescita economica e il conseguente calo dell'inflazione, riflesso diretto dell'indebolimento della domanda dei consumatori, le banche hanno pochi incentivi ad ampliare i prestiti ai tassi attuali, soprattutto in un contesto di normative più severe e scarsa qualità del credito.

Un problema fondamentale è che i modelli keynesiani presuppongono una relazione lineare di causa-effetto tra spesa pubblica e produzione economica. Si concentrano quasi esclusivamente sulla domanda aggregata, trascurando dinamiche critiche come la saturazione del debito, le fragilità delle catene di approvvigionamento e i circuiti di feedback dei mercati dei capitali globali.

Nell'economia odierna, altamente finanziarizzata, la spesa pubblica non circola in modo efficiente. Come già notato, gran parte di essa rimane intrappolata nei mercati finanziari, gonfiando i prezzi degli asset anziché stimolare gli investimenti produttivi. I tassi di interesse estremamente bassi, un altro segno distintivo della politica keynesiana, scoraggiano il risparmio e incoraggiano la speculazione alimentata dal debito. Ciò distorce l'allocazione del capitale, causando investimenti impropri in asset improduttivi come azioni meme, immobili speculativi e iniziative tecnologiche non redditizie. La maggior parte dei benefici rimane intrappolata nel 10% più ricco dell'economia, il quale detiene circa l'88% degli asset finanziari al netto dell'inflazione.

In altre parole i ricchi trattengono le iniezioni monetarie, mentre l'inflazione tassa i poveri.

Lacalle ha evidenziato questa discrepanza tra le teorie di Keynes e la realtà economica: molti economisti mainstream hanno ripetutamente previsto una recessione nel 2023-2024 che non si è mai verificata, hanno sottovalutato la persistenza dell'inflazione e hanno interpretato male l'impatto della stretta fiscale. Questi errori di previsione mettono in luce difetti più profondi nel modo in cui i keynesiani modellano l'economia moderna.


Gli avvertimenti di Hayek si sono rivelati profetici

La Scuola economica Austriaca, in particolare le idee di Friedrich Hayek, contrastano nettamente con il pensiero keynesiano. Gli economisti Austriaci ritengono che un periodo prolungato di  bassi tassi di interesse e di eccessiva creazione di credito crei un pericoloso squilibrio tra risparmio e investimento.  In altre parole i bassi tassi di interesse tendono a stimolare l'indebitamento presso il sistema bancario, il che porta, come ci si aspetterebbe, all'espansione del credito. Questa espansione del credito, a sua volta, aumenta l'offerta di moneta.

Pertanto, come ci si aspetterebbe in ultima analisi, il boom generato dal credito artificiale diventa insostenibile, poiché l'indebitamento stimolato artificialmente cerca opportunità di investimento in diminuzione. Infine il boom generato dal credito artificiale si traduce in investimenti improduttivi. Quando la creazione esponenziale di credito artificiale non è più sostenibile, si verifica una “contrazione del credito”, che in ultima analisi riduce l'offerta di moneta. I mercati alla fine “si svuotano”, il che determina una riallocazione delle risorse verso impieghi più efficienti.

I politici moderni si rifiutano di consentire questo processo naturale. Ogni recessione si traduce in stimoli più aggressivi, i quali non fanno altro che ritardare le necessarie correzioni. Il risultato è stato un inarrestabile accumulo di squilibri economici. Le imprese inefficienti sopravvivono grazie al debito a basso costo, le aziende zombi proliferano e l'innovazione ne risente. Ogni espansione economica è più debole della precedente e ogni ripresa dipende da interventi più incisivi per restare in atto.

Forse il più grande equivoco perpetuato dagli economisti keynesiani è che gli stimoli finanziati dal debito siano un pasto gratis. In realtà il servizio del debito e l'aumento dei costi di servizio del debito diventano un significativo ostacolo economico. Il Congressional Budget Office prevede che il pagamento degli interessi negli Stati Uniti supererà la spesa per la difesa nazionale nei prossimi anni e si avvicinerà a $1.500 miliardi all'anno entro il 2030. Naturalmente questo presuppone che i tassi rimangano ai livelli attuali. La prossima crisi, che è diventata più comune dall'inizio del secolo, abbasserà significativamente i tassi. Come già mostrato, una riduzione dei tassi dell'1% avrebbe un impatto significativo sulle passività future.

Non si tratta solo di una questione fiscale, ma di un freno macroeconomico. Spendere dollari per pagare gli interessi li devia da infrastrutture, istruzione, o investimenti produttivi. Peggio ancora, l'aumento del debito spiazza gli investimenti privati, distorce i mercati dei capitali e riduce la flessibilità necessaria per rispondere a crisi future.


Conclusione: la teoria economica di Keynes ha fallito

Negli ultimi 40 anni ciascuna amministrazione e la Federal Reserve hanno continuato ad operare secondo le politiche monetarie e fiscali di Keynes, convinti che il modello funzionasse. La realtà, tuttavia, è che la maggior parte della crescita aggregata dell'economia è finanziata dalla spesa in deficit, dall'espansione del credito e dalla riduzione del risparmio. 

Ciò ha ridotto gli investimenti produttivi e ha rallentato la produzione economica. Con il rallentamento dell'economia e la diminuzione dei salari, i consumatori hanno contratto maggiore indebitamento, riducendo i risparmi. Il risultato dell'aumento dell'indebitamento ha richiesto un reddito maggiore per onorare i debiti, anziché alimentare un aumento dei consumi.

In secondo luogo, la maggior parte dei programmi di spesa pubblica ridistribuisce il reddito dai lavoratori ai disoccupati. Gli economisti keynesiani sostengono che ciò aumenta il benessere di molti colpiti dalla recessione, ma i loro modelli ignorano che la riduzione della produttività genera uno spostamento di risorse verso la redistribuzione e lontano dagli investimenti produttivi.

Tutti questi problemi hanno pesato sulla prosperità complessiva dell'economia. Ciò che è più significativo è l'incapacità degli attuali economisti, che ancora sostengono le politiche monetarie e fiscali sopraccitate, di rendersi conto del guaio quando cercano di  “risolvere un problema di debito con altro debito”.

Ecco perché le politiche economiche di Keynes hanno fallito, dal “Cash for clunkers” al “Quantitative easing”. Ogni intervento ha portato nel presente i consumi futuri o stimolato i mercati finanziari. Promuovere i consumi futuri lascia un “vuoto” nel futuro che deve essere continuamente colmato. Tuttavia creare un effetto ricchezza artificiale riduce i risparmi, che invece potrebbero essere utilizzati per investimenti produttivi.

È tempo di svegliarci e di renderci conto che siamo sulla stessa barca.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Adam Smith sul senso del dovere e “la grande divisione” dello spirito umano

Freedonia - Mar, 09/12/2025 - 11:10

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “La rivoluzione di Satoshi”: https://www.amazon.it/dp/B0FYH656JK 

La traduzione in italiano dell'opera scritta da Wendy McElroy esplora Bitcoin a 360°, un compendio della sua storia fino ad adesso e la direzione che molto probabilmente prenderà la sua evoluzione nel futuro prossimo. Si parte dalla teoria, soprattutto quella libertaria e Austriaca, e si sonda come essa interagisce con la realtà. Niente utopie, solo la logica esposizione di una tecnologia che si sviluppa insieme alle azioni degli esseri umani. Per questo motivo vengono inserite nell'analisi diversi punti di vista: sociologico, economico, giudiziario, filosofico, politico, psicologico e altri. Una visione e trattazione di Bitcoin come non l'avete mai vista finora, per un asset che non solo promette di rinnovare l'ambito monetario ma che, soprattutto, apre alla possibilità concreta di avere, per la prima volta nella storia umana, una società profondamente e completamente modificabile dal basso verso l'alto.

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di Barry Brownstein

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/adam-smith-sul-senso-del-dovere-e)

Ichiro Suzuki è stato inserito nella Baseball Hall of Fame quest'estate. Con il suo controllo di mazza pressoché ineguagliabile, Ichiro ha collezionato dieci stagioni consecutive con più di 200 hit validi e il record stagionale di 262 hit validi.

Il discorso di accettazione di Ichiro nella Baseball Hall of Fame era incentrato sul suo dovere nei confronti dei tifosi e dei compagni di squadra: “Quando i tifosi usano il loro tempo prezioso per venire a vederti giocare, hai la responsabilità di dare il massimo per loro, che vinciamo o perdiamo con 10 punti di scarto”.

Se si ascolta la maggior parte degli atleti moderni, si notano subito cliché facilmente falsificabili sulla fiducia in sé stessi come chiave del successo. Meno persone parlano dei propri doveri e responsabilità.

Ichiro sottolineava che le sue “abilità” non erano “migliori di quelle degli altri”. Al contrario, era sul palco perché “la pratica e la preparazione quotidiane”, insieme alla volontà di prestare attenzione ai “piccoli dettagli”, sono state il “fondamento” del suo “successo”. Ichiro incarnava non solo la ricerca moderna sul ruolo della pratica, ma anche ciò che Adam Smith, nel suo The Theory of Moral Sentimets, identificava come il desiderio di “lode” rispetto al mero desiderio di “lode”.

Smith sosteneva che, mentre un applauso immeritato può deliziare una persona debole, una persona saggia cerca di guadagnarselo. La lode falsa, scriveva Smith, “dovrebbe essere più mortificante di qualsiasi censura e dovrebbe evocare perpetuamente nella nostra mente la più umiliante di tutte le riflessioni, il riflesso di ciò che dovremmo essere, ma di ciò che non siamo”. Se pensate che influencer, figli nepo, o persone che hanno ottenuto il loro lavoro grazie ai criteri DEI, abbiano una vita felice, Smith potrebbe non essere d'accordo: “Solo i più deboli e superficiali tra gli uomini possono essere deliziati da quella lode che loro stessi sanno essere del tutto immeritata”.

Il miglior consiglio di Ichiro era di non attribuire mai il controllo di sé stessi a forze esterne. I lanciatori non ti battono, piuttosto, pensava, “è perché c'era qualcosa che avresti potuto fare meglio assumendoti le tue responsabilità”. Questa convinzione ha portato Ichiro al costante impegno di migliorare; ha concluso la sua carriera come uno dei soli 33 giocatori nella storia con oltre 3.000 hit validi.

Adam Smith vorrebbe farci sapere che la stessa mentalità che Ichiro ha applicato alla sua carriera vale per tutti gli individui. Smith ci ha lasciato una guida per diventare più rispettosi del senso del dovere e meno influenzati dalle nostre emozioni. Possiamo scegliere attivamente di uscire dalla narrativa distorta che si agita nella nostra testa, che giustifica sempre ciò che facciamo.

Smith ci ha consigliato di rivolgerci allo “spettatore imparziale” che è in noi: “Non potremo mai esaminare i nostri sentimenti e le nostre motivazioni, non potremo mai formulare alcun giudizio su di essi, a meno che non ci allontaniamo, per così dire, dalla nostra posizione naturale e non ci sforziamo di vederli a una certa distanza da noi”.

Non si trattava di un mero esercizio accademico; Smith voleva che fossimo in trincea, a mettere in pratica ciò che contempliamo: “La speculazione più sublime del filosofo contemplativo difficilmente può compensare la negligenza del più piccolo senso del dovere”.

Il senso del dovere ci garantisce di poter lavorare tutti insieme in modo stabile e prevedibile, anche quando i nostri sentimenti personali prendono il sopravvento. Possiamo rispettare le regole morali generali, anche quando sentimenti personali che migliorano la vita, come l'onestà, la gratitudine o la gentilezza, sembrano essere assenti.

Se pensate che Adam Smith sostenesse l'idea di un individuo che rivendica il proprio interesse personale, definito dalle proprie passioni, contro il resto del mondo, probabilmente non l'avete mai letto. Smith era chiaro: “La grande divisione dei nostri affetti è tra egoismo e benevolenza”, e dobbiamo domare il nostro lato egoistico.

L'idea di senso del dovere di Smith era convincente e diretta. In primo luogo ci spiegava che l'umanità “è fatta per l'azione [...] per promuovere, attraverso l'esercizio delle [nostre] facoltà [...] cambiamenti nelle circostanze esterne, sia [nostre] che degli altri”.

Poi ci chiedeva di onorare il nostro scopo in modo da “poter evocare tutto il vigore della [nostra] anima e tendere ogni nervo, al fine di produrre quegli obiettivi che sono lo scopo del [nostro] essere”.

Smith ci spiegava che diventiamo degni di lode seguendo “regole generali di condotta” che chiamava “un senso del dovere, un principio di massima importanza nella vita umana e l’unico principio in base al quale la maggior parte dell’umanità è in grado di dirigere le proprie azioni”.

Le nostre buone intenzioni sono insufficienti e non adempiono al nostro senso del dovere. Smith scrisse che alla persona “che non ha compiuto alcuna azione importante”, ma che esprime “i sentimenti più giusti, più nobili e più generosi”, non è dovuto nulla.

Smith ci forniva una scheda di valutazione per distinguere coloro che sono degni della nostra ammirazione da coloro che, per mancanza di autocontrollo, sono “inutili”.

Quando scegliamo di essere persone senza valore, siamo in balia dei nostri sentimenti. Non credo che questo prevalga sul nostro senso del dovere. Smith scrisse che la persona affidabile e di sani principi “aderisce, in ogni occasione, con fermezza e risolutezza alle sue massime”. Ichiro l'ha vissuto in prima persona, senza mai vacillare fino all'ultima stagione. Questa adesione al proprio senso del dovere è esattamente ciò che, secondo Smith, distingue una persona d'onore da chi “agisce in modo vario e casuale, a seconda che l'umore, l'inclinazione o l'interesse prevalgano”.

Potete guardare il football per otto ore in una splendida giornata autunnale invece di lanciare la palla a vostro figlio; potete provare soddisfazione nel rimproverare un collega perché non la vede come voi; potete pensare che Curb Your Enthusiasm sia una guida alla vita e serbare rancore perché qualcuno ha violato una regola che vi siete inventati; potete guardare l'ennesima serie TV ininterrottamente invece di coltivare la vostra mente per preservare la libertà. Con tali azioni Smith direbbe che avete scelto di essere inutili e vorrebbe che prendeste in considerazione una scelta diversa.

È l'“autocontrollo” che ci permette di dedicarci al nostro senso del dovere e di non scegliere la via dell'inutilità. Smith sapeva che siamo “argilla grezza” che non potrà mai raggiungere la perfezione, ciononostante definisce la persona di “perfetta virtù”, “l'oggetto del nostro più alto amore e ammirazione” come “colui che unisce, al più perfetto controllo dei propri sentimenti originali ed egoistici, la più squisita sensibilità sia per i sentimenti suoi che per quelli altrui”.

Invito il lettore a fare proprio questo: prendetevi un momento e riflettete su un problema attuale che sta creando ansia e conflitto; prestate attenzione alla narrazione interiore che spiega il problema dal vostro punto di vista. Se riuscite a notarla, potete anche distogliere l'attenzione dalle vostre autogiustificazioni. Mentre lo fate, notate se emerge un'altra prospettiva che vi richiama al vostro dovere.

Probabilmente Ichiro non ha mai letto Adam Smith, ma capiva che la sua vita non consisteva semplicemente nel mettersi a proprio agio. Nella performance di Ichiro, vediamo le possibilità di migliorare le nostre prestazioni nelle imprese della vita quando diamo retta al nostro senso del dovere. L'assenza di scopo che molti hanno adottato, sostiene il filosofo Bernardo Kastrup, è un modo per “liberarci da qualsiasi spiacevole sensazione di responsabilità o dovere”. Per coloro che non hanno uno scopo, il senso del dovere migliorerebbe immediatamente la loro vita.

C'è in gioco più di quanto possiamo immaginare. Smith ci aiutava a comprendere che la civiltà progredisce, o regredisce, a seconda della nostra adesione al senso del dovere e della nostra volontà di ignorare i sentimenti transitori, allontanandoci dalle passioni che distruggono la società: “L'esistenza stessa della società umana [...] crollerebbe” se perdessimo il senso del dovere e scivolassimo nell'inutilità come impostazione predefinita della nostra vita.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Trump’s Henchmen Keep Calling Their War Slut President A Peacemaker

Lew Rockwell Institute - Lun, 08/12/2025 - 15:13

Writes Bill Madde:

I keep thinking of the look of anguish on Candidate Trump’s face when he promised to end our war with Russia in Ukraine and the Israeli slaughter of the Palestinians in Gaza prior to the 11/25 elections.  He really feigned sympathy for those being killed with our financial and military support.  Now, however, President Trump is a totally different person.  Killing is fine as long as he thinks that he’s selling the murder to the masses with B.S. justifications. 

Maybe a good presidential ticket for 2028 would include either or both Congressman Massie and Congresswoman Greene although our controllers would probably take extreme action to guarantee that it never happens.  Our controllers, the financial benefactors of most of our Washington politicians and the major owners of Corporate America, lose control and profits when America First, pro-Constitution politicians gain influence.  And, after all, it is all about money and power.

 

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President Franklin D. Roosevelt Declares War on Japan

Lew Rockwell Institute - Lun, 08/12/2025 - 15:01

Pearl Harbor — December 7, 1941 — “A Date Which Will Live In Infamy”

Comprehensive, chronological record of the Pearl Harbor event and the major historical and geopolitical consequences outlined and described in the form of numerous authoritative articles, essays, books, documentaries, presentations, both primary and secondary sourced.

 

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Perché la diversificazione sta fallendo nell'era degli investimenti passivi

Freedonia - Lun, 08/12/2025 - 11:13

La notizia del superamento della soglia dei $38.000 miliardi di debito pubblico americano è stata oscurata dalla pessima situazione fiscale francese, dalla pessima situazione fiscale tedesca, dalla pessima situazione fiscale inglese, ecc. Chiedetevi: perché? Perché Trump sta superando le forche caudine di cambiare il modo in cui gli Stati Uniti si finanziano cestinando il vecchio sistema inglese tasse/debito con quello basato sui dazi. Ormai è un anno, da quando ho pubblicato il mio libro Il Grande Default, che dico che l'UE non sopravvive se gli Stati Uniti decidono di difendersi dal punto di vista monetario, politico e fiscale. In questo ambiente l'Europa si trasforma in un cumulo di macerie fumanti: il capitale globale resterà in un abisso come quello della Germania o preferirà spostarsi in un Paese che vedrà $5.000 miliardi in investimenti nei prossimi 10 anni? Nel processo il debito sovrano dell'Europa rimane esposto, mentre invece quello americano no. Se voi faceste parte della compagine inglese/europea, quale storia spingereste di più sui canali d'informazione e sui social? Ovviamente che gli Stati Uniti hanno un debito insostenibile, che non riescono a equilibrare il bilancio, che sono prossimi all'implosione, che Trump non sa quello che sta facendo, ecc. Vi accorgete di essere raggirati dai venditori di fumo quando si punta il dito esclusivamente sugli aspetti negativi di una faccenda, “scordandosi” quelli positivi. Quando bisogna saggiare la salute di un'azienda, si procede attraverso l'analisi SWOT: tutte le lettere devono essere analizzate, non solo alcune. Allo stesso modo i passivi di una nazione non raccontano tutta la storia.

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di Lance Roberts

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/perche-la-diversificazione-sta-fallendo)

La diversificazione è stata la spina dorsale delle  strategie “buy and hold” negli ultimi decenni. È stata una manna per i consulenti finanziari che non potevano gestire attivamente i portafogli e ha creato un'enorme industria di Exchange-Traded Fund (ETF) che ha permesso un'ulteriore semplificazione degli investimenti. Il messaggio era semplice: “Acquistate un paniere di asset, valutati al costo medio del dollaro, e col tempo aumenterete il vostro patrimonio”.

Ma dove è nata questa rivoluzione del marketing? Basata sul presupposto dell'investimento indicizzato, ha creato grandi aziende come Vanguard, Fidelity, BlackRock e altre. Per rispondere a questa domanda, dobbiamo tornare indietro nel tempo, al 1952. Allora Harry Markowitz rivoluzionò le strategie di investimento con la sua teoria della scelta nei portafogli. Il suo lavoro, per il quale ricevette il premio Nobel, diede origine a quella che oggi conosciamo come Modern Portfolio Theory (MPT), secondo cui i portafogli migliori non si concentrano sui singoli titoli, ma sull'interazione tra gruppi di asset.

L'obiettivo era combinare asset non correlati per ridurre la volatilità complessiva, ottimizzando al contempo i rendimenti. Questo modello incoraggiava gli investitori a distribuire il rischio attraverso la diversificazione. Fondamentalmente presupponeva che gli asset non si sarebbero mossi tutti insieme in periodi di stress. Questa teoria ha costituito il fondamento della costruzione dei portafogli per decenni, soprattutto per gli investitori istituzionali. La sua strategia ha funzionato ben prima dell'inizio del secolo, quando i settori cambiavano la loro leadership e gli asset si muovevano in modo indipendente in base a driver economici distinti. All'epoca la diversificazione tra classi di asset, settori e aree geografiche era un modo affidabile per ridurre il rischio nei portafogli.

Tuttavia, negli ultimi 15 anni, a seguito della crisi finanziaria, il contesto di investimento è cambiato. Interventi monetari e fiscali, politiche sui tassi di interesse delle banche centrali, la maturità delle strategie di trading algoritmiche e computerizzate, e la concentrazione hanno ridotto il valore della diversificazione. Come mostrato, qualsiasi portafoglio “diversificato” tra azioni a grande, media e piccola capitalizzazione, mercati internazionali ed emergenti, immobili e oro ha fatto registrare una performance significativamente inferiore rispetto a un portafoglio investito esclusivamente nell'indice S&P 500. Inoltre, in periodi di crisi, come il 2020, la diversificazione non è riuscita a proteggere gli investitori dalla recessione, poiché le correlazioni sono scese a  “1”.

La realtà è che i mercati sono cambiati.

I presupposti che sostenevano la Modern Portfolio Theory, la non correlazione tra asset, le relazioni stabili e il comportamento razionale dei prezzi si sono erosi. Le banche centrali hanno iniettato liquidità, distorto i rendimenti e soppresso la volatilità. Nel frattempo gli investimenti passivi hanno rimodellato il modo in cui il denaro fluisce verso le azioni.

Il presupposto fondamentale della diversificazione è la pressione esercitata da cambiamenti strutturali che Markowitz non avrebbe potuto prevedere.


L'impatto degli investimenti passivi sulla struttura del mercato

L'investimento passivo si è evoluto da strategia di nicchia a forza dominante nei mercati azionari. Fondi indicizzati ed ETF rappresentano ora oltre la metà del capitale azionario statunitense. Questi veicoli allocano il capitale in base alla capitalizzazione di mercato, non alla valutazione, ai fondamentali, o alla qualità aziendale. Con l'aumentare del flusso di denaro in questi fondi, le aziende più grandi ricevono la quota maggiore di nuovo capitale. Questo ha creato un potente circolo vizioso, in cui il prezzo guida i flussi e i flussi guidano il prezzo.

Questo cambiamento ha radicalmente modificato l'efficacia della diversificazione. Gli investitori che pensano di avere una diversificazione su più ETF spesso hanno esposizioni sovrapposte agli stessi pochi titoli a grande capitalizzazione. Ad esempio, Apple, Microsoft e Nvidia sono le principali partecipazioni negli ETF tecnologici, nei fondi a dividendi e nei portafogli a grande capitalizzazione. Negli Stati Uniti ci sono circa 4.000 ETF e 771, circa il 20%, detengono Apple. Pertanto se si possiede un fondo indicizzato S&P, un ETF indicizzato Nasdaq e un ETF focalizzato sul comparto tecnologico, si hanno più partecipazioni nelle stesse società. Questa sovrapposizione aumenta il rischio e la concentrazione nei portafogli. Ciò che sembra diversificazione è spesso solo un'esposizione duplice mascherata da equilibrio.

Come evidenziato nel pezzo, The Bull Market Is Alive And Well, i primi 10 titoli azionari hanno un peso considerevole nell'indice S&P 500, il quale assorbe $0,36 per ogni dollaro investito. Inoltre i primi 10 titoli azionari hanno un impatto sull'indice S&P 500 pari a quello dei 440 titoli peggiori messi insieme.

Inoltre i primi dieci titoli dell'indice S&P 500 rappresentano ora oltre il 70% del rendimento dell'intero indice. Questi titoli dominano la performance della maggior parte dei portafogli, anche quelli che in superficie appaiono ampi. Poiché i flussi passivi continuano a distorcere i meccanismi di mercato, la capacità della diversificazione tradizionale di ridurre il rischio è diminuita. Asset che un tempo si comportavano in modo indipendente ora salgono e scendono insieme, rendendo i portafogli più vulnerabili in caso di correzione dei mercati.

Ma è qui che si verifica il declino della Modern Portfolio Theory, la quale presuppone che le classi di asset non si muovano all'unisono. Storicamente, questo era vero. Le correlazioni settoriali variavano tipicamente tra 0,3 e 0,6, consentendo alla diversificazione di attenuare i rendimenti. Quando una parte del mercato scendeva, le altre potevano salire, o rimanere stabili. Questa dinamica conferiva resilienza ai portafogli. Oggi, però, quelle correlazioni si stanno rompendo. Durante periodi di stress nei mercati, le correlazioni raggiungono picchi fino a 0,9. Quasi tutte le classi di asset subiscono vendite contemporaneamente, annullando il beneficio protettivo della diversificazione.

Questo cambiamento è guidato dall'aumento della proprietà passiva, la quale ha accresciuto il legame tra azioni, settori e persino classi di asset. Ricerche accademiche di INSEAD e UC Irvine confermano che le aziende con un elevato tasso di proprietà passiva diventano più volatili e mostrano un maggiore co-movimento, soprattutto durante le fasi di vendita. Gli interventi delle banche centrali hanno aggiunto un ulteriore livello di distorsione, sopprimendo la determinazione dei prezzi e gonfiando indiscriminatamente i prezzi degli asset. Sono i flussi di liquidità, non i fondamentali, a guidare gran parte del comportamento dei mercati.

Persino i portafogli concepiti per essere “per tutte le stagioni” o “a parità di rischio” non sono riusciti a fornire protezione durante le brusche recessioni. La diversificazione fallisce quando tutto è legato agli stessi flussi e alle stesse narrative. L'illusione di equilibrio si rompe proprio quando è più necessaria. Questo contesto ha reso più difficile affidarsi alle strategie tradizionali di allocazione degli asset.

Pertanto, dato questo cambiamento nelle dinamiche di mercato, gli investitori devono ora pensare in modo diverso alla gestione del rischio.


Nuovi approcci alla diversificazione in un mercato concentrato

Sì, la diversificazione è ancora importante. Anzi, ora è più importante che mai. Sebbene i tradizionali vantaggi della diversificazione si siano indeboliti a causa delle elevate correlazioni e della concentrazione nei mercati, la necessità di ridurre il rischio rimane invariata. L'obiettivo non è eliminare la volatilità, ma gestirla in modo intelligente. Ciò significa garantire che i portafogli possano resistere alle flessioni del mercato, pur continuando a partecipare ai rialzi quando cambiano i vertici aziendali o emergono nuove tendenze.

La diversificazione superficiale non è più sufficiente in un mercato sempre più guidato da flussi passivi e dominato da pochi titoli a grande capitalizzazione. Possedere più fondi o classi di asset non garantisce protezione se le esposizioni sottostanti si sovrappongono. Gli investitori devono andare più a fondo e guardare oltre le etichette, analizzando i veri fattori di rischio e rendimento. Ecco sette strategie per ottenere una diversificazione più efficace nel contesto attuale:

  1. Limitare la sovrapposizione tra le partecipazioni: per ridurre il rischio di concentrazione nel vostro portafoglio, assicuratevi di limitare le posizioni duplicate tra i vostri fondi.

  2. Dare priorità a titoli di alta qualità: ridurre l'esposizione ampia a favore di aziende con utili costanti, basso debito e vantaggi competitivi duraturi. I titoli di qualità tendono a essere più resilienti nei cicli di mercato.

  3. Allocare in base a fattori di investimento, non solo settoriali: diversificare in base a fattori come valore, dimensione, momentum e bassa volatilità. Queste caratteristiche rispondono in modo diverso alle condizioni economiche, creando una diversificazione più efficace rispetto ai soli spread settoriali.

  4. Non dimenticare la liquidità: quando arrivano mercati incerti, ricordate il valore della liquidità come copertura contro il rischio di volatilità.

  5. Utilizzare la gestione attiva laddove aggiunge valore: i fondi tattici o i gestori attivi possono destreggiarsi tra operazioni affollate ed evitare le esposizioni sistematiche insite negli indici passivi.

  6. Incorporare modelli di allocazione alternativi: esplorare strategie basate sul rischio come la parità gerarchica del rischio (HRP), che si adattano alle correlazioni mutevoli e distribuiscono il rischio in modo più uniforme rispetto agli approcci tradizionali media-varianza.

  7. Monitorare le correlazioni nel tempo: le correlazioni sono dinamiche, soprattutto nei periodi di stress. Rivedere regolarmente il portafoglio per assicurarsi che i propri investimenti non si muovano in sincronia nei momenti più critici.

Ciascuno di questi passaggi è progettato per ripristinare lo scopo principale della diversificazione: il controllo del rischio senza sacrificare l'opportunità di rendimento.

In un mercato in cui la proprietà diffusa non garantisce più sicurezza, la disciplina e un'analisi più approfondita fanno la differenza.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una mancia in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.


Trump’s War on Venezuela

Lew Rockwell Institute - Lun, 08/12/2025 - 05:01

During the past few weeks, the Trump Administration has engaged in an illegal and immoral war against Venezuela. The war violates both United States law and international law. Even more important, it violates the principles of just war set forward by Murray Rothbard.

Wars almost always bring atrocities with them, and unfortunately, Trump’s war on Venezuela is no exception. According to an account published by the Washington Post on November 28, “As two men clung to a stricken, burning ship targeted by SEAL Team 6, the Joint Special Operations commander followed the defense secretary’s order to leave no survivors. The longer the U.S. surveillance aircraft followed the boat, the more confident intelligence analysts watching from command centers became that the 11 people on board were ferrying drugs. Defense Secretary Pete Hegseth gave a spoken directive, according to two people with direct knowledge of the operation. ‘The order was to kill everybody,’ one of them said. A missile screamed off the Trinidad coast, striking the vessel and igniting a blaze from bow to stern. For minutes, commanders watched the boat burning on a live drone feed. As the smoke cleared, they got a jolt: Two survivors were clinging to the smoldering wreck. Hegseth’s order, which has not been previously reported, adds another dimension to the campaign against suspected drug traffickers.”

People were aghast at this barbarous display, and in response, the Trump Administration put out a transparently lame excuse. It tried to shift the blame to the admiral in charge of the operation. “President Donald Trump said on Sunday that he would not have wanted a second strike on the boat and said Hegseth denied giving such an order. But White House spokeswoman Karoline Leavitt said on Monday that Hegseth had authorized Admiral Frank Bradley to conduct the strikes on September 2. ‘Secretary Hegseth authorized Admiral Bradley to conduct these kinetic strikes. Admiral Bradley worked well within his authority and the law directing the engagement to ensure the boat was destroyed and the threat to the United States of America was eliminated,’ Leavitt said. Leavitt said the strike was conducted in ‘self defense’ to protect U.S. interests, took place in international waters and was in line with the law of armed conflict. ‘This administration has designated these narco- terrorists as foreign terrorist organizations,’ Leavitt said. Starting in September, the U.S. military has carried out at least 19 strikes against suspected drug vessels in the Caribbean and off the Pacific coasts of Latin America, killing at least 76 people.”

Trump’s alleged “concern” for so-called “narco-terrorism” is hypocritical. Trump pardoned a former president of Honduras who was serving a long prison term for bringing an enormous amount of cocaine into the U.S. Somehow, that doesn’t qualify as “narco-terrorism.” Trump’s South America policy is getting more ridiculous by the day. As ‘Moon of Alabama’ reports, “Yesterday he announced a pardon for the former president of Honduras, Juan Orlando Hernández, who is serving a 45-year sentence for partnering with drug traffickers who had allegedly shipped 400 tons of cocaine to the United States. He also endorsed a right-wing candidate Nasry ‘Tito’ Asfura for Sunday’s election in Honduras. Asfura belongs to the same party as Hernández.”

It transpires that Venezuela is not a major supplier of drugs to the U.S., despite all the hoopla from Trump. As Finian Cunningham reports, “Venezuela’s role in narcotics trafficking to the United States is not significant compared with other Latin American countries, according to the UN’s Office on Drugs and Crime. Colombia and Peru are more important as cocaine sources. The U.S. Drug Enforcement Administration has denoted Mexico as the biggest source of illicit fentanyl, which is responsible for most American overdose deaths.

I said earlier that Trump’s war on “narco-terrorism” violates international law, and Cunningham offers a succinct summary of the relevant points: “The United Nations Charter explicitly outlaws every aspect of Trump’s conduct towards Venezuela. Article 2:3 mandates that all disputes must be settled through peaceful means. Article 2:4 prohibits the use or threat of military force.”

I also said that Trump’s policy violates American law. As law professor Michael Ramsey notes, “The Constitution’s Article I, Section 8 specifically lists as a power of Congress the power ‘to declare War,’ which unquestionably gives the legislature the power to initiate hostilities. . . Most people agree, at minimum, that the Declare War Clause grants Congress an exclusive power. That is, Presidents cannot, on their own authority, declare war.”

Now, let’s look at what I said was the most important thing we need to consider in assessing Trump’s aggressive and illegal war: Murray Rothbard’s account of just war. Here is what he says: “Much of ‘classical international law’ theory, developed by the Catholic Scholastics, notably the 16th-century Spanish Scholastics such as Vitoria and Suarez, and then the Dutch Protestant Scholastic Grotius and by 18th- and 19th-century jurists, was an explanation of the criteria for a just war. For war, as a grave act of killing, needs to be justified. My own view of war can be put simply: a just war exists when a people try to ward off the threat of coercive domination by another people, or to overthrow an already-existing domination. A war is unjust, on the other hand, when a people try to impose domination on another people, or try to retain an already existing coercive rule over them.

“During my lifetime, my ideological and political activism has focused on opposition to America’s wars, first because I have believed our waging them to be unjust, and, second, because war, in the penetrating phrase of the libertarian Randolph Bourne in World War I, has always been ‘the health of the State,’ an instrument for the aggrandizement of State power over the health, the lives, and the prosperity, of their subject citizens and social institutions. Even a just war cannot be entered into lightly; an unjust one must therefore be anathema.

“I would like to mention a few vital features of the treatment of war by the classical international natural lawyers, The classical international lawyers from the 16th through the 19th centuries were trying to cope with the implications of the rise and dominance of the modern nation-state. They did not seek to ‘abolish war,’ the very notion of which they would have considered absurd and utopian. Wars will always exist among groups, peoples, nations; the desideratum, in addition to trying to persuade them to stay within the compass of ‘just wars,’ was to curb and limit the impact of existing wars as much as possible. Not to try to ‘abolish war,’ but to constrain war with limitations imposed by civilization.

“Specifically, the classical international lawyers developed two ideas, which they were broadly successful in getting nations to adopt: Above all, don’t target civilians. If you must fight, let the rulers and their loyal or hired retainers slug it out, but keep civilians on both sides out of it, as much as possible. The growth of democracy, the identification of citizens with the State, conscription, and the idea of a ‘nation in arms,’ all whittled away this excellent tenet of international law. Preserve the rights of neutral states and nations. In the modern corruption of international law that has prevailed since 1914, neutrality’ has been treated as somehow deeply immoral. Nowadays, if countries A and B get into a fight, it becomes every nation’s moral obligation to figure out, quickly, which country is the ‘bad guy,’ and then if, say, A is condemned as the bad guy, to rush in and pummel A in defense of the alleged good guy B.”

In sum, what Murray is saying is that a just war must be defensive; a nation must be trying to stop an invasion. And even in a defensive war, you must follow certain restraints. You cannot attack non-combatants. Shipping narcotics to the U.S. is not waging war, however much we might oppose attempts to do this.

Moreover, blowing up people who are clinging to a boat so that they won’t drown is cowardly and dastardly. Only those utterly without a conscience could do such a thing. Let’s do everything we can to oppose Trump’s unjust war against Venezuela!

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Enumerated Powers are Ignored so You Can’t Pay for your Home, Car, or Vacation

Lew Rockwell Institute - Lun, 08/12/2025 - 05:01

Sorry, but most of you are guilty of Ignorance and Apathy when you voted for a lying, charismatic Democrat, Communist, or Republican in Congress. None of these politicians give a damn about the people; they are only concerned about reelection and how much they can steal. Democrats and Communists are mean and ruthless, the Republicans are mealy-mouthed and weak.

You voted for your own destruction. So your only hope is to 1. vote every incumbent out of office and replace him/her with America-First Patriots, 2. replace the corrupt FBI with honest law enforcement who will jail every corrupt government official and employee, or 3. most importantly, demand that Congress obey the Enumerated Powers in the Constitution.

The Enumerated Powers specify exactly what the Federal Government can do; all other functions are reserved for the States and the People.The corrupt Traitors in government ignore the Enumerated Powers and usurp whatever functions they please, which is Treason and is impoverishing the people.

IT IS IMPOSSIBLE TO HAVE A CONSTITUTIONAL REPUBLIC UNLESS ENUMERATED POWERS ARE FOLLOWED. OTHERWISE, MOST OF GOVERNMENT IS BUT A CRIMINAL ENTERPRISE WITH NO LEGAL BASIS FOR EXISTENCE AND SUBJECT TO REVOLUTION!

I have no fear of contradiction when I say that if government follows the Enumerated Powers that we would be living in extreme luxury. Therefore, we must do everything possible to force government to comply with the Enumerated Powers.

It goes without saying that every Democrat, Communist, and Republican hates President Trump because he is responsible for reducing their take from bribes and kickbacks. Of course, the Republicans don’t admit that they, too, hate Trump.

The prostitutes you elected will continue to impoverish you until the Economic Collapse that is hanging over our heads takes over and we lose everything. Responsible Economists know how dire our situation is, but the Elites and their subservient Politicians don’t give a damn.

If you limit the government to only its Enumerated Powers, you eliminate a majority of Government Expenses that are being spent, unlawfully funding a Criminal Enterprise, Welfare, and Communism that is rightfully a responsibility of the states to determine. Defunding the unconstitutional government functions would result in an almost instant and fantastic prosperity for those who work. Those who can work…and don’t…will starve.

The following is a quote from Publius Huldah and a copy from her blog (https://publiushuldah.wordpress.com/). She is an expert on Constitutional Law. I recommend that you save this powerful information: “Art. I, Sec. 8, clause 1, US Constitution, grants to Congress the authority to spend money on whatever THEY think is a good idea is a false interpretation which has been used to evade the constitutional limits on the federal gov’s power.  The only lawful powers Congress has over the Country at large are the enumerated powers…

WE delegated to Congress the following Enumerated Powers over the Country at Large:

Article I, § 8, clauses 1-16 :

(1) To lay certain taxes;

(2) To pay the debts of the United States;

(3) To declare war and make rules of warfare, to raise and

support armies and a navy and to make rules governing the

military forces; to call forth the militia for certain purposes,

and to make rules governing the militia;

(4) To regulate commerce with foreign Nations, and among

the States, and with the Indian Tribes;

(5) To establish uniform Rules of Naturalization;

(6) To establish uniform Laws on Bankruptcies;

(7) To coin money and regulate the value thereof;

(8) To fix the standard of Weights and Measures;

(9) To provide for the punishment of counterfeiting;

(10) To establish post offices and post roads;

(11) To issue patents and copyrights;

(12) To create courts inferior to the supreme court; and

(13) To define and punish piracies and felonies committed on

the high seas, and offenses against the Laws of Nations.

Other provisions of Our Constitution delegate to

Congress powers over the Country at Large to make

laws regarding:

(14) An enumeration of the population for purposes of

apportionment of Representatives and direct taxes (Art. I, § 2, 3);

(15) Elections of Senators & Representatives (Art. I, §4, cl. 1)

and their pay (Art. I, § 6);

(16) After 1808, to prohibit importation of slaves (Art. I, § 9, 1); 2

(17) After 1808, to restrict migration (immigration) to these

United States (Art. I, §9, cl. 1);

(18) A restricted power to suspend Writs of Habeas Corpus

(Art. I, §9, cl. 2);

(19) To revise and control imposts or duties on imports or

exports which may be laid by States (Art. I, § 10, cl. 2 &3)

(20) A restricted power to declare the punishment of Treason

(Art. III, §3, cl. 2);

(21) Implementation of the Full Faith and Credit clause (Art.

IV, §1); and,

(22) Procedures for amendments to The Constitution (Art. V).

( end of copy from her Blog )

It is impossible to have a Constitutional Republic unless the Enumerated Powers are complied with by the federal government… and they are not. The only way to have unlimited prosperity is to follow the Constitution; the alternative is to continue as we are, taking us into a total Economic Collapse and probably a civil war. It is up to citizens to force government to comply with the law. I think President Trump and Congress will have a hell of a time freeing themselves from control by the Zionist Jewish Lobby and the Parasitic Super-Rich Ruling Class. But I must admit that Trump saved us from a civil war and has done many great things with a corrupt government that hated him and the people

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Donald Trump on a Roll All Week

Lew Rockwell Institute - Lun, 08/12/2025 - 05:01

There is always something new and exciting coming out of Washington. Last week’s big story centered on the presumed prerogative of the United States to kill people anywhere in the world without necessarily having to make the legal or moral case that they deserved death. Inevitably, the impulse to do just that derives from the very top of the government system with President Donald J Trump having on a number of occasions verbalized his national security policy, such as it is, by explicitly stating that whenever his administration encounters “enemies” of the US, the newly renamed Secretary of War would exercise the right to “kill them.” Trump claims that as president he can “do whatever he wants,” suggesting that he has never read the US Constitution.

Admittedly the brain-addled Trump is not the first US president to adopt such a de facto policy of L’État, c’est moi, though he may be the first to openly admit it. George W Bush “legalized” torture through his embrace of the “global war on terror” with him in the role of the “new sheriff in town.” He was succeeded by Barack Obama, who held weekly meetings in the White House to draw up lists of American citizens and others overseas who would be assassinated by drones. He notably killed the two al-Awlakis, a father and son from Arizona residing in Yemen, in that fashion. Joe Biden went one step further, by proxy, providing Israel with the arms and political support to carry out the genocide deaths of a minimum of 100,000 Gazans. When privately challenged by his staff on the policy, he responded “I am a Zionist” and refused to consider pressuring Israeli Prime Minister Benjamin Netanyahu to moderate his actions.

But when it comes to Trump, one has to give him credit for his ability to turn multiple deaths into an ongoing comic routine complete with making up funny but demeaning names for the women journalists who question him during press conferences. In the past few weeks, Trump’s insults, tantrums, and threats have exploded. To Nancy Cordes, CBS’s White House correspondent he whined: “Are you stupid? Are you a stupid person? You’re just asking questions because you’re a stupid person.” And he complained that the New York Times’ correspondent Katie Rogers was “third rate … ugly, both inside and out.” But the most extreme put-down went to White House correspondent Catherine Lucey: “Quiet. Quiet, piggy.” But even worse went to Democratic lawmakers who told military members to defy illegal orders: they were described as guilty of “sedition … punishable by DEATH.”

As a man obsessed by himself, Trump has, in his own mind, elevated every slaughter into a narrative that demonstrates his own genius and political savvy. Last week Trump hosted two major events that demonstrated how low the leadership of the United States of America will go to promote nonsense. The first was a gathering at the United States Institute of Peace where what was ostensibly designated the site for the signing of a peace agreement between Rwanda and the Democratic Republic of the Congo turned out to be all about Trump, both literally and figuratively.

Earlier in the year, when the Department of Government Efficiency (DOGE) headed by Elon Musk policy was in bloom stripping jobs and work from the government payrolls, the Institute of Peace was more-or-less seized and shut down by White House intervention, which included Trump’s describing the Institute as a “bloated, useless entity.” It was a move that is now being disputed in court as the Institute is largely government funded and was created by a law passed by Congress, but it is not under the control of the Executive Branch.

Currently, however, the Institute has been rebranded and the front of its building on Connecticut Avenue in the District of Columbia now bears large bronze letters above its own name spelling out “Donald J Trump,” a clear allusion to the president’s purported expertise as a peace maker. The State Department announced on Monday that the institute had been renamed “The Donald J Trump Institute of Peace” to honor and “reflect the greatest dealmaker in our nation’s history”. Trump claims having brought peace to eight international conflicts, though that assertion has been widely debunked and even ridiculed. Trump’s adding his name to the building facade appears to be a continuation of his effort to portray himself as a great diplomatic deal-maker as he campaigns for a Nobel Peace Prize in 2026, a distinction that he appears to greatly covet.

And the new inscription was not all. Trump was the self-anointed prime speaker at the event held there last week which enabled him to talk about himself. He referred to another meeting on Friday to draw up the final line-up for next year’s US-Canada-Mexico FIFA soccer world cup. The meeting was to be held at the John F Kennedy Center for the Performing Arts in Washington, but Trump made a deliberate slip of the tongue in referring to it as the “Trump Kennedy Center.”

Trump has already loaded the Kennedy Center’s board with his supporters and has been pushing to rename the opera house after his wife and the building itself after himself. This impending takeover has reportedly resulted in many performers canceling out and also a dramatic decline in attendance by the public. At the Friday FIFA gathering itself, Trump was perhaps predictably awarded a special first time ever issued “peace prize” by the soccer association organizers! FIFA President Gianni Infantino presented the award saying “You definitely deserve the first FIFA Peace Prize for your action, for what you have obtained in your way, but you obtained it in an incredible way. And you can always count, Mr. President, on my support, on the support of the entire … soccer community to help you make peace and make the world prosper.” Trump called receiving the award “one of the great honors” of his life. It might be noted that FIFA is concerned lest Trump disrupt the World Cup games that will be played in the US, which he has already somewhat threatened to do, if he is not allowed to benefit from the publicity and name recognition! Some reports suggest that the whole performance was cringeworthy with Trump placing the medal around his own neck!

And, as is always the case with Trump, there has been still more. There was a discussion by Trump last week regarding the Dulles International Airport in nearby Virginia, with the White House pushing for it to be “improved.” He made an actual inspection stop at the facility and afterwards described the current airport as “…not a good airport. It should be a great airport, and it’s not a good airport.” He described the main terminal building as “incorrectly designed” and added: “We’re going to turn that around and we’re going to make Dulles airport – serving Washington and Virginia, Maryland, etc – we’re gonna make that into something really spectacular. We have an amazing plan for it.” The improvement would apparently feature renaming it for guess-whom.

And let’s not forget the “large” triumphal arch or is it a Trump-Full arch that might be coming on the Potomac shore outside the Arlington National Cemetery and the bill in Congress to add Trump’s large head to the Mount Rushmore Memorial in South Dakota. At least Washington DC has not yet been scheduled for renaming to honor Trump, but that will perhaps be coming next. But don’t despair, as Trump had yet another opportunity to shine last week when he issued a proclamation on Tuesday commemorating the December second two-hundred-thirty-second anniversary of the United States’ declaration of the Monroe Doctrine. It included: “Today, my Administration proudly reaffirms this promise under a new ‘Trump Corollary’ to the Monroe Doctrine: That the American people—not foreign nations nor globalist institutions—will always control their own destiny in our hemisphere… Reinvigorated by my Trump Corollary, the Monroe Doctrine is alive and well—and American leadership is coming roaring back stronger than ever before.”

Like the invention of the “Trump Corollary,” Trump never fails to take advantage of any opportunity to praise himself by name and will use all the power that he has assumed to be incumbent on his office to do so. The sad part is that the self-praise is largely an illusion, as Trump the peacemaker is more accurately a warmaker in terms of what he has done vis-à-vis his supine groveling before Netanyahu and Jewish billionaire money. Gaza under the “Trump Peace Plan” is an atrocity that has now devolved into a hand-off for Israel to kill more Palestinians thanks to Trump. Likewise for the ceasefire in Lebanon, which is a ticket for Netanyahu to murder Lebanese, and likewise for the settlement in Syria. And what about bombing Iran? And Somalia, whose people were described last week by Trump as “garbage”?

And speaking of Somalis and other nations that are considered too disgusting to entertain the entry of their citizens into the land of the free and the home of the brave, Trump has now said he wants to “permanently” end migration from third-world countries while “expediting mass deportations” of citizens of those countries who are already in the United States. Homeland Security Secretary Kristi Noem wants to add at least eleven more countries to President Trump’s 19 country travel ban, reporting on X how she met with Trump this week and recommended “a full travel ban on every damn country that’s been flooding our nation with killers, leeches, and entitlement junkies. WE DON’T WANT THEM. NOT ONE.”

Interestingly, the ban could, if applied strictly as described by Noem, be used to block Israelis’ entry into the US as a plausible case can easily be made by citing their demonstrated behavior vis-à-vis their neighbors and in Israel itself that they are “killers, leeches and entitlement junkies.” That would certainly be good news, particularly if Israel falls apart as one might hope for and many of them would want to be coming over here to the US where they would apply their skills in corrupting our government and buying and suborning the media.

In another move that I have no doubt that both the Trump White House and the Israel Lobby will be watching closely, an Ohio Republican Senator Bernie Moreno has introduced a bill to establish that citizens of the United States “must have sole and exclusive allegiance to the US.” He said “Being an American citizen is an honor and a privilege — and if you want to be an American, it’s all or nothing. It’s time to end dual citizenship for good.”

The “Exclusive Citizenship Act of 2025” means that no one may be a citizen or national of the US while simultaneously having any foreign citizenship. And a US citizen who voluntarily acquires foreign citizenship would have to relinquish their US citizenship after the date of enactment. And those who have dual citizenship would have to submit a written renunciation of the foreign citizenship to the secretary of State or a written renunciation of US citizenship to the secretary of Homeland Security no later than one year after the enactment of the act. An individual who doesn’t comply will be deemed to have voluntarily relinquished United States citizenship for purposes of section 349(a) of the Immigration and Nationality Act. Any individual deemed to have relinquished citizenship is “appropriately recorded in Federal systems and treated as an alien for purposes of the immigration laws.”

The initiative is interesting and the policy is similar to that which is in place in many foreign countries. Here in America, the Israel Lobby and some particular members of Congress and on the White House staff will be working hard to stop it! It was, in fact predictably an Israeli, whose Supreme Court case Afroyim v. Rusk (1967), led to the current determination that a US citizen cannot automatically lose his or her citizenship unless he or she willingly surrenders it. Though specific numbers cannot be confirmed, approximately 200,000 to 600,000 US citizens with Israeli citizenship currently live in Israel. In the US, the estimated number of Israeli-Americans is approximately 191,000.

It is difficult to discern how popular the bill to end dual citizenship might be, but one suspects that many Americans are getting very tired of hearing about the atrocities being committed on the West Bank by all those dual national “Israeli” settlers from Brooklyn! And then there is the all-powerful Israel Lobby, with all those dual national Jewish billionaires and Hollywood types asserting how they are victims of “antisemitism” and need special benefits and laws written to protect them. Trump’s top campaign donor is, for example, Israeli Miriam Adelson, who has contributed more than $100 million to the Republicans while also demanding policies beneficial to Israel, including promotion of the Gaza genocide. Trump has taken her money and complied with her every wish. Time to end all that!

Reprinted with permission from Unz Review.

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The Triumph of the UniParty: Debt, Decay, and Imminent Fiscal Breakdown

Lew Rockwell Institute - Lun, 08/12/2025 - 05:01

Today’s number is 41X, representing the change in the public debt since early 1981, when Ronald Reagan’s first fiscal challenge, ironically, was the unavoidable need to raise the ceiling on the public debt. That is, right out of the starting blocks he had been compelled to embrace the very bloated ogre he had campaigned against for more than two decades.

As it had happened, the Gipper inherited $930 billion of public debt as of December 1980, which in part represented the substantial additions during the Johnson, Nixon, Ford, and Carter years to which he had properly objected, and strenuously so. Still, the excesses of those years had not altered the post-war fiscal path, which was one of a continuously shrinking public debt burden on the national income (GDP).

In fact, when the GOP-Dixiecrat coalition put an end to the New Deal in 1938, the public debt stood at 52% of GDP – before the exigencies of WWII sent the ratio soaring to a peak of 120% of GDP in 1946.

Yet financing this enormous war debt had not been a complete financial disaster because wartime rationing and economic regimentation had caused the private savings rate to soar, thereby enabling much of Washington’s wartime borrowings to be financed by the public’s real money savings, not the fiat credits flowing from the printing presses at the Federal Reserve.

Thereafter, of course, the 12-million-man US military was totally demobilized, causing defense spending to plummet and Uncle Sam’s red ink to turn into nearly balanced budgets and actually intermittent surpluses. Accordingly, a growing economy returned to civilian control, coupled with the near absence of material budget deficits, triggered a 34-year march of the public debt ratio steadily downhill.

Indeed, after eight years of fiscal rectitude under President Eisenhower, the public debt ratio had already returned to the 1938 level at 52% of GDP. Moreover, even the subsequent excesses of the Great Society, Nixon’s “we are all Keynesians now” fiscal policies, and Jimmy Carter’s attempted purchase of his 1980 re-election with goodies for the teachers unions, the energy industries, farmers, and other Dem constituencies, did not stop the march back toward national solvency. By 1980, the debt ratio was just 31.8% of GDP.

But that’s all she wrote.

As we will amplify below, during the Reagan era four crucial developments caused the nation’s return to its historic fiscal prudence to be abruptly abandoned. Taken together, they have transmuted the once and former paragon of fiscal prudence on the banks of the Potomac—exemplified by 48 surplus budgets during the 65 years between 1866 and 1930—into an infernal debt and inflation machine in the years since 1980.

These history-bending developments include:

  • The takeover of Washington by a bipartisan neocon coalition that has spent massively and needlessly on a bloated Warfare State and Empire abroad.
  • The GOP’s stinging defeat on Social Security reform in May 1981, which led to its going AWOL on its appointed role as nemesis of the Welfare State.
  • The embrace by mainstream GOP politicians of the doctrine that tax cuts are a magic economic elixir that can generate a “growth” solution to chronic deficits.
  • The takeover of the nation’s central bank by Alan Greenspan and his heir and assigns, who installed Keynesian monetary central planning at the Fed. The consequent massive monetization of the public debt further euthanized the nation’s elected politicians with respect to the folly of chronic and massive Federal deficits.

The chart below summarizes the results, and firmly reminds that the $38 trillion public debt level crossed recently is not just a case of big numbers vertigo. In fact, in Q4 1980, the GDP was about $3 trillion, meaning that today’s $30 trillion GDP represents only a 10X gain in the nation’s economic capacity to carry the public debt.

Needless to say, that’s why the 41X number for the public debt gain during the same 45-year period is so salient. Self-evidently, you cannot grow the numerator of the debt-to-income ratio four times faster than the denominator for decades on end and expect an eventual outcome that is anything short of catastrophic.

Yet that’s the sum and substance of America’s fiscal path since 1980. In the graph below, both variables are indexed to the levels of Q4 1980—so the ever-widening gap between the public debt (red line) and the US economy’s capacity (blue line) to carry it is unmistakable.

The thing is, however, the GOP of 1980 would have never dreamed of embracing the graph below. Yet the recently passed and endlessly ballyhooed OBBBA, which might better be called the MOABB (“mother of all budget busters”), will actually accelerate the current built-in trend.

For want of doubt, here is the debt ratio trend since 1980. It embodies a fiscal path that is the absolute inverse of the 1946 to 1980 trend shown above. In fact, during the 45 years since 1980 the debt ratio has tracked all the way back to its WWII peak. Alas, the US economy was drowning in private savings to absorb the debt back then, while today the private savings rate has shrunk to nearly the vanishing point.

Needless to say, this condition puts enormous pressure on the Fed to find an excuse to revert once again to massive debt monetization. Yet with inflation rates trending at +3% and heading higher, the Fed’s printing press has been forced into idleness and may stay there for some time to come.

And that’s notwithstanding the phony “interest rate cuts” being administered from the Eccles Building, which are the result of paying massive levels of interest payments to banks and money market funds to keep their liquid reserves parked at the Fed at the central bank’s pegged interest rate target.

To be sure, if the retaking of the WWII peak debt ratio shown below for 2025 were the end of the story, the future outlook would be bad enough—with either a massive, economy-killing interest rate crunch, if the rising Federal debts were financed the honest way in the bond pits, or another even worse inflationary blow-off, if the Fed’s printing presses are again put into over-drive.

But that’s not the half of it.

The built-in baseline deficits, which would have continued to track the rising path shown below, and would have actually broken into new territory relative to GDP, even had the MOABB been snuffed out on Capitol Hill, as it should have been. Instead, of course, trillions of new debts were layered on top of the inherited baseline, such that the debt ratio will soar to 166% of GDP by 2054.

In round terms, therefore, the built-in public debt barely 30 years down the road will reach $185 trillion!

And that’s not a case of big numbers vertigo, either. The CBO projection of GDP for 2054 now stands at $85 trillion, meaning that the gap between the public debt burden and the national income will continue to widen, and actually accelerate, along the path shown above. That is to say, by mid-century the GDP will be 28X larger than it was in 1980, but the public debt will be up by 185X.

Needless to say, the financial market will buckle and cause the US economy to collapse long before we reach the currently built-in public debt level of $185 trillion by 2054. If for no other reason, there is precious little savings available to honestly finance the UniParty debts, and, as will be evident in the years ahead, the Fed is essentially out of dry powder when it comes to massive monetization. The bond vigilantes have come out of their decades-long slumber.

So how do you finance the built-in 6% to 10% of GDP deficits year after year when net national savings have already vanished?

You can’t. American politics are locked on a path toward fiscal calamity because we now have two pro-government parties. That includes the Warfare State spenders of both parties, and the Welfare State demagogues and cowards, respectively, of what passes for contemporary Democrat and Republican parties.

Reprinted with permission from David Stockman’s Contra Corner.

The post The Triumph of the UniParty: Debt, Decay, and Imminent Fiscal Breakdown appeared first on LewRockwell.

The Trump Administration’s New US National Security Strategy Signals a Divorce from NATO Over Ukraine

Lew Rockwell Institute - Lun, 08/12/2025 - 05:01

It is one thing to produce a written national security strategy, but the real test is whether or not Donald Trump is serious about implementing it. The key takeaways are the rhetorical deescalation with China and putting the onus on Europe to keep Ukraine alive.

The 2025 National Security Strategy (NSS) of the United States, released by the White House on December 4, 2025, marks a potentially profound shift in US foreign policy under President Donald Trump’s second administration as compared to his first term as president. This 33-page document explicitly embraces an “America First” doctrine, rejecting global hegemony and ideological crusades in favor of pragmatic, transactional realism focused on protecting core national interests: homeland security, economic prosperity, and regional dominance in the Western Hemisphere.

It critiques past US overreach as a failure that weakened America, positioning Trump’s approach as a “necessary correction” to usher in a “new golden age.” The strategy prioritizes reindustrialization (aiming to grow the US economy from $30 trillion to $40 trillion by the 2030s), border security, and dealmaking over multilateralism or democracy promotion. It accepts a multipolar world, downgrading China from a “pacing threat” to an “economic competitor” and calling for selective engagement with adversaries. Yet, Donald Trump’s actions during the first 11 months of his Presidency, have been inconsistent, even contradictory, of the written strategy.

The is unapologetically partisan, crediting Trump personally for brokering peace in eight conflicts (e.g., India-Pakistan ceasefire, Gaza hostage return, Rwanda-DRC agreement) and securing a verbal commitment at the 2025 Hague Summit for NATO members to boost their defense spending to 5% of GDP. It elevates immigration as a top security threat, advocating lethal force against cartels if needed, and dismisses climate change and “Net Zero” policies as harmful to US interests.

The document organizes US strategy around three pillars: homeland defense, the Western Hemisphere, and economic renewal. Secondary focuses include selective partnerships in Asia, Europe, the Middle East, and Africa.

Here are the major rhetorical shifts in strategy compared to the previous strategies released during the respective presidencies of Trump (2017) and Biden (2022):

  • From Global Cop to Regional Hegemon: Unlike Biden’s 2022 NSS (which emphasized alliances and great-power competition) or Trump’s 2017 version (which named China/Russia as revisionists), this document ends US “forever burdens” abroad. It prioritizes the Americas over Eurasia, framing Europe and the Middle East as deprioritized theaters.
  • Ideological Retreat: Democracy promotion is explicitly abandoned—”we seek peaceful commercial relations without imposing democratic change” (tell that to the Venezuelans). Authoritarians are not judged, and the EU is called “anti-democratic.”
  • Confrontational Ally Relations: Europe faces scathing criticism for migration, free speech curbs, and “civilizational erasure” risks (e.g., demographic shifts making nations “unrecognizable in 20 years”). The US vows to support “patriotic” European parties resisting this, drawing Kremlin-like rhetoric accusations from EU leaders.
  • China Policy: Acknowledges failed engagement; seeks “mutually advantageous” ties but with deterrence (e.g., Taiwan as a “priority”). No full decoupling, but restrictions on tech/dependencies.
  • Multipolar Acceptance: Invites regional powers to manage their spheres (e.g., Japan in East Asia, Arab-Israeli bloc in Gulf), signaling U.S. restraint to avoid direct confrontations.

The NSS represents a seismic shift in America’s approach to NATO, emphasizing “burden-shifting” over unconditional alliance leadership. It frames NATO not as a values-based community but as a transactional partnership where US commitments—troops, funding, and nuclear guarantees—are tied to European allies meeting steep new demands. This “America First” recalibration prioritizes US resources for the Indo-Pacific and Western Hemisphere, de-escalating in Europe to avoid “forever burdens.” Key changes include halting NATO expansion, demanding 5% GDP defense spending by 2035, and restoring “strategic stability” with Russia via a Ukraine ceasefire. While the US reaffirms Article 5 and its nuclear umbrella, it signals potential partial withdrawals by 2027 if Europe fails to step up, risking alliance cohesion amid demographic and ideological critiques of Europe. When Russia completes the defeat of Ukraine the continued existence of NATO will be a genuine concern.

The strategy credits Trump’s diplomacy for NATO’s 5% pledge at the 2025 Hague Summit but warns of “civilizational erasure” in Europe due to migration and low birth rates, speculating that some members could become “majority non-European” within decades, potentially eroding their alignment with US interests.

Trump’s NSS signals a dramatic change in US policy towards the war in Ukraine by essentially dumping the responsibility for keeping Ukraine afloat on the Europeans. The portion of the NSS dealing with Ukraine is delusional with respect to the military capabilities of the European states:

We want Europe to remain European, to regain its civilizational self-confidence, and to abandon its failed focus on regulatory suffocation. . . This lack of self-confidence is most evident in Europe’s relationship with Russia. European allies enjoy a significant hard power advantage over Russia by almost every measure, save nuclear weapons.

As a result of Russia’s war in Ukraine, European relations with Russia are now deeply attenuated, and many Europeans regard Russia as an existential threat. Managing European relations with Russia will require significant US diplomatic engagement, both to reestablish conditions of strategic stability across the Eurasian landmass, and to mitigate the risk of conflict between Russia and European states.

It is a core interest of the United States to negotiate an expeditious cessation of hostilities in Ukraine, in order to stabilize European economies, prevent unintended escalation or expansion of the war, and reestablish strategic stability with Russia, as well as to enable the post-hostilities reconstruction of Ukraine to enable its survival as a viable state.

The Ukraine War has had the perverse effect of increasing Europe’s, especially Germany’s, external dependencies. Today, German chemical companies are building some of the world’s largest processing plants in China, using Russian gas that they cannot obtain at home. The Trump Administration finds itself at odds with European officials who hold unrealistic expectations for the war perched in unstable minority governments, many of which trample on basic principles of democracy to suppress opposition. A large European majority wants peace, yet that desire is not translated into policy, in large measure because of those governments’ subversion of democratic processes. This is strategically important to the United States precisely because European states cannot reform themselves if they are trapped in political crisis.

Not surprisingly, this section of Trump’s NSS has sparked a panicked outcry in Europe. European leaders, including former Swedish PM Carl Bildt, called it “to the right of the extreme right,” warning of alliance erosion. Analysts at the Center for Strategic and International Studies (CSIS) praise its pragmatism, but flag short-sightedness, predicting a “lonelier, weaker” US. China views reassurances on sovereignty positively, but remains wary of economic pressures. In the US, Democrats, such as Rep. Jason Crow, deem it “catastrophic” for alliances, i.e. NATO.

Overall, the strategy signals a US pivot inward, forcing NATO allies to self-fund security while risking fractured partnerships with Europe. It positions America as a wealthy hemispheric power in a multipolar order, betting on dealmaking and industrial revival to sustain global influence without overextension. The full document is available on the White House website.

This article was originally published on Sonar21.

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