Ormai ho imparato che quando i giornali sollevano una polemica e di conseguenza si alza un gran numero di voci che poi scendono in piazza per salvare il mondo dal pericolo che sta correndo, sono sicuro che l'argomento di cui si tratta è irrilevante o inventato. Quindi, quando nei giornali si parla di emergenza criminalità e si fanno le ronde, sono sicuro che non c'è nessuna criminalità. Quando si parla di invasione islamica e si portano i maiali in giro per i terreni edificabili, sono sicuro che niente di nuovo si appresta all'orizzonte. Quando si grida al regime e si va tutti in piazza Navona, vado a letto sereno sapendo che non sono mai stato più libero di così. Quando si parla di liberalizzare l'attività di tassista e i tassisti fanno cordone di fronte al Parlamento, non v'è dubbio che di liberalizzazioni non hanno nemmeno mai discusso. Indovinate quando scatta la polemica sui giornali e si organizzano manifestazioni contro la privatizzazione dell'acqua? Perfetto, non devo aggiungere altro. In questo caso però è più facile, perché saranno 20 anni che “privatizzano”, solo che prima di “privatizzare” devono aver cambiato la definizione ufficiale di tale verbo, e quindi si sa già che “privatizzare” si traduce con “spartire”. Comunque, di tutti quelli che protestano contro le “privatizzazioni”, nessuno mai che protesti contro una delle più grandi privatizzazioni italiane (senza virgolette), che è sotto gli occhi di tutti e che è così macroscopica da diventare invisibile: la privatizzazione dello Stato, in tutte le sue forme, ai partiti politici. I partiti, a differenza che quello che pensano in molti, non sono che gruppi di privati cittadini che si associano liberamente per discutere, proporre e portare avanti le proprie idee. Sono quindi delle entità private, ma non nel senso di esercizio commerciale volto al profitto economico: sono private al pari del club della briscola, dell'associazione sportiva e così via. Infatti la Costituzione, se da un lato stabilisce che i cittadini abbiano il diritto di formare partiti, non attribuisce ai partiti alcun ruolo istituzionale. Né glielo attribuisce la legge. Questo perché, in una democrazia parlamentare rappresentativa come la nostra, il principio che ne sta a fondamento è la sovranità del popolo, esercitata dalla Camera dei Rappresentanti. Non la Camera dei Partiti, né la Camera delle Scuole di Pensiero. La rappresentatività significa che i cittadini votano una persona e questa ottiene un seggio in Parlamento, facendosi portavoce delle istanze dei propri elettori. Dal punto di vista dei principi ispiratori, il partito politico non esiste come parte del meccanismo di rappresentanza. Esiste solo come diritto dei cittadini di associarsi. Ancor meno il partito esiste nella legge e nei regolamenti che ordinano il voto. Ad ogni tornata elettorale, dal quelle comunali a quelle nazionali, il sistema prevede che si formino delle liste di candidati che devono raccogliere un minimo di firme per poter partecipare. Per 50 anni la DC e il PCI, ogni volta che c'era un'elezione, dovevano presentare una lista di candidati, con nome e simbolo, e raccogliere le firme. Ad ogni elezione. Il che significa che finché sono esistiti, i due più grandi partiti italiani hanno dovuto cercare le firme millemila volte all'anno, vista la frequenze delle elezioni nel nostro Paese. Che significa? Significa che per la legge quei partiti non esistevano, cioè non avevano più diritti del circolo di cucito della moglie del sindaco. Non avevano nessun diritto preventivo di partecipare alle elezioni. Erano delle associazioni di cittadini. Certo, poi in pratica il PCI presentava una lista che si chiamava PCI e aveva come simbolo la falce e il martello e di conseguenza la percezione era che il partito fosse la lista. Ma non era così. Non è finita. Quando i parlamentari venivano eletti, nemmeno la lista con cui si sono candidati esisteva più (essa “serviva” alle elezioni solamente). E' per questo motivo che in Parlamento esistono i gruppi parlamentari. Perché la legge dice che in Parlamento siedono dei singoli rappresentanti del popolo, che hanno la possibilità di riunirsi in gruppi con un loro portavoce e tutte queste cose. Anche in questo caso, una volta eletti, i parlamentari iscritti al PCI formavano un gruppo parlamentare chiamato PCI con simbolo falce e martello, del tutto indistinguibile dal partito e dalla lista per chi non avesse particolare occhio per queste sottigliezze. Come è evidente, almeno in teoria lo Stato repubblicano non riconosce il partito politico come una parte di sé, non lo intende come parte del processo democratico, né come istituzione pubblica. Eppure in Italia ogni singolo aspetto dello Stato e dell'Amministrazione è in mano a quel manipolo di partiti che lo occupano stabilmente, in spregio ad ogni principio di legge e di buon senso. Questa situazione è talmente accettata che non solo è opinione comune che il Parlamento sia la sede naturale dei partiti, ma quando la legge elettorale è stata modificata l'ultima volta in modo da attribuire ai segretari di partito il potere di stabilire prima delle elezioni e senza mandato popolare la composizione del Parlamento, nessun giornale ha imbastito polemiche internazionali per cercare di modificare le cose. Il motivo è persino banale: siccome questa spartizione del potere ha interessato tutti i partiti politici, nessun giornale ha avuto la pensata di, maddai, andare contro i propri referenti politici. E così tutti quelli che protestano per la “privatizzazione” dell'acqua (che non esiste), poi vanno diligentemente a votare per quelli che hanno privatizzato (senza virgolette) un'intera Nazione, rendendola una proprietà a disposizione di soggetti privi di qualunque legittimazione legale o morale per mantenere la posizione che occupano. La cosa divertente è che dovete leggere questi riassuntini della Bibba Civile da un blogger che qui a destra tiene almeno 4 o 5 link a siti anarchici e antistatalisti. Vorrà dire qualcosa? E' un po' come quando il blogger in questione, privo di qualunque afflato religioso di sorta, si trova a dover spiegare a sedicenti cattolici la Bibbia (quella vera) – anzi, un giorno penso che andrò a chiedere alla mia catechista in che anno Maria è stata proclamata theotokos e cosa significa. Io però ve lo dico: per ora è andata così, ma da oggi in poi le consulenze me le faccio pagare.
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