Sully (id - 2016)
- genere: Biografico
- regia: Clint Eastwood
- interpreti: Tom Hanks, Aaron Eckhart, Laura Linney
- produzione: Malpaso
GIUDIZIO: Da non perdere
In due parole
Recensione
Meglio chiarire da subito cosa ci piace e cosa non ci piace:
Non ci piace: La propaganda: sembra che l'America abbia incessantemente bisogno di eroi prodotti in catena di montaggio. Questo ormai è sintomatico e rappresenta la sua stessa storia costruita sul mito della colonizzazione di un ambiente selvaggio. Quasi l'intero cinema hollywoodiano si basa su di una mitologia ormai talmente offuscata e decadente nella sua stessa essenza, che vederla riproposta in continuazione come se vivessimo ancora il sogno americano appare più che nostalgico, del tutto fuori luogo.
In questo senso la volontà e/o necessità di trasformare ogni intima vicenda umana, per quanto interessante, in un evento spettacolare di portata epica anche se in definitiva non lo è, suona come una stortura e come un goffo tentativo di restituire una figura mitologica a una popolazione che ha bisogno di eroi forse ora più che mai.
Ci piace: L'abilità di Eastwood di contenere i toni epici (pur compiacendosi nel raccontare la vicenda, nel mostrare la solidarietà) senza debordare oltre misura, e l'idea, lasciata scivolare in modo trasparente ma senza calcare la mano, che l'eroismo è più che altro una costruzione dei media, pronti anche a creare un mostro a seconda della convenienza del momento. Più che un eroe americano (anche se sostanzialmente l'idea passa in ogni caso), alla fine, ciò che sembra interessare all'Eastwood regista, è l'eroe uomo che con tutti i suoi dubbi, i suoi limiti, la sua umanità, alla fine è superiore alla tecnologia, alle simulazioni, ai freddi calcoli che pretendono di spiegare il mondo in cui viviamo. L'esperienza umana rappresenta questa superiorità ma non viene ostentata, solo ricordata in un tempo che ha più bisogno di memoria che non di novità; esperienza che sale alla ribalta soltanto grazie all'evento straordinario altrimenti, ci sarebbe stata lo stesso rimanendo però nell'anonimato di una vita come le altre.
La vicenda del pilota Sullenberger “Sully” che il 15 Gennaio del 2009 compì un rischiosissimo ammaraggio nel fiume Hudson, che riuscì perfettamente permettendo di salvare le 155 persone a bordo grazie anche alla tempestività dei soccorsi che in soli 24 minuti misero in sicurezza i superstiti, è utilizzata, aldilà della storia stessa, per mostrare la paura ormai radicata nel genoma americano, dell'11 settembre 2001. L'inquietante immagine ricorrente dell'aereo che vola basso tra i grattacieli finendo per schiantarsi e che rappresenta l'incubo di Sully è evocativa, inquietante e sottolineata di continuo anche nella ricostruzione stessa dell'incidente quando gli abitanti dei palazzi vedono il grosso aereo puntare verso la loro finestra.
La prova attoriale di Tom Hanks, come al solito di grande livello e giocata sulla sottrazione, aiuta molto una sceneggiatura che non risulta troppo incisiva, dovendo ricorrere a dei flashback sulla vita del pilota che non aggiungono nulla alla storia.
Tutto sommato il film regge bene e vengono evitate autocelebrazioni ideologiche troppo accese. Ciò che resta è una vicenda di uomini che può essere la storia di molti, in molteplici luoghi. Questa è la qualità migliore del film.
Girato con competenza, evitando virtuosismi di montaggio o movimenti di macchina acrobatici che tanto vanno di moda, utilizza la tecnica al servizio della storia e sapendo che dietro la cinepresa ci sta l'ex pistolero della trilogia del dollaro, è inevitabile non notare come in questa ennesima fatica di Clint Eastwood si ritrovino nuovamente le tracce dell'insegnamento di Sergio Leone che evidentemente, con le sue storie di “Uomini”, ha lasciato un retaggio impresso nel suo attore feticcio che oltre alla fama gli deve anche questo.
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