Rollerball (id- 1975)
- genere: Thriller/Fantapolitico
- regia: Norman Jewison
- interpreti: James Caan, John Houseman, Maud Adams, John Beck, Moses Gunn, Pamela Hensley
- produzione: Algonquin - MGM
GIUDIZIO: Da vedere
In due parole
Recensione
Rollerball è un film complesso; dietro a una trama tutto sommato semplice che potrebbe suggerire che sia semplicemente un funzionale collante tra le spettacolari scene di violenza esibite nelle partite di questo sport del futuro chiamato Rollerball, si celano in realtà tutta una serie di riflessioni e sottotrame gettate in abbondanza nel calderone di questo circo di moderni gladiatori.
In un ipotetico futuro, le guerre sono finite; le ultime grandi guerre sono state combattute dalle corporazioni che però ora hanno il potere assoluto; non esistono più i governi; a comandare sono le corporation: i nomi degli stati rimangono soltanto come pallida immagine per lasciare un senso di identità e rivalità tra i cittadini telerincopilotati che sfogano così la loro apparente diversità nell'antagonismo tra le varie squadre che si affrontano in questo sport.
I libri vengono continuamente riscritti e modificati in modo che non si possa più avere accesso all'informazione e agli eventi delle guerre corporative che hanno costruito la situazione attuale.
Anche l'amore è una decisione delle corporation, le donne vengono assegnate, e se un giorno piacciono a un dirigente, semplicemente devono andarsene e lasciare l'attuale compagno. Tutto è pianificato in una dittatura assoluta con la confezione dipinta da paese delle meraviglie.
Jonathan, campione di questo sport, è uno che non si è mai interessato al mondo che lo circonda, gli è sempre e solo interessato giocare al Rollerball e probabilmente ha sempre pensato di vivere nel migliore dei mondi possibili. Però è combattuto dal fatto che la donna di cui era innamorato gli è stata portata via; inoltre deve ritirarsi, gli viene ordinato. I dirigenti organizzaranno una cerimonia in pompa magna per il suo ritiro in diretta mondiale. Lui non deve chiedere, non deve discutere, non c'è perchè. La corporation decide sempre per il meglio; in cambio gli viene assegnata un'altra donna e gli viene assicurato un futuro senza problemi economici o di qualunque altro genere: un limbo di non pensiero che poi è tutto ciò che i dirigenti chiedono al popolo.
La gente non deve amare un leader, non deve identificarsi troppo in Jonathan... La gente deve amare lo sport e basta. La disumanizzazione passa anche attraverso questa strada. Non ci deve essere empatia; i gladiatori solo li per morire, per sacrificarsi e per divertire il pubblico.
Jonathan rifiuta di ritirarsi e continua a giocare, la risposta che arriva consisterà nell'inasprire sempre più le regole di un gioco già violento fino a giungere al massacro totale.
Tutto sommato, per quanto parte di un cinema anni 70 di sicuro più interessante e di spessore rispetto a quello odierno, Rollerball non sembra avere i connotati del capolavoro; appare a tratti prolisso e riuscito più sul campo da gioco che nella narrazione.
In realtà però, c'è molta più carne al fuoco di quanto una visione superficiale può far credere; ci sono vari momenti del film che raccontano una storia a se invitando lo spettatore a riflettere sugli aspetti del potere, della società e di tutte le implicazioni tecnologiche e morali di un progresso controllato in mano a pochi che porta a una disumanizzazione e una spersonalizzazione sempre più evidente e coatta venduta come il massimo livello di civiltà possibile.
Una delle sequenze più agghiaccianti del film infatti, non si trova in una delle sanguinose partite/combattimento di questo gioco al massacro, ma nella festa organizzata in onore del giocatore/gladiatore Jonathan e a cui sono invitati i dirigenti e i membri in vista della società.
In questa villa lussuosa dove gli schermi televisivi (una costante dell'intero film) sono giganteschi e onnipresenti in ogni stanza e corridoio della casa in una vera invasione di ogni spazio utile non solo del locale ma anche dell'angolo più remoto di noi stessi, si vedono gli sguardi completamente spenti e allo stesso tempo lussuriosi degli invitati; completamente rapiti dalle immagini di violenza che scorrono sullo schermo.
Si tratta di un'immagine fortemente evocativa che raggiunge il suo apice quando alcuni dei festanti, strafatti dalle nuove droghe sintetiche, esclusiva delle corporation e ambite dalla moltitudine più di un premio nobel, si avventurano nel parco con un pistola lanciarazzi divertendosi a bruciare in violente esplosioni di fuoco degli antichi cipressi.
In un dialogo tra Jonathan e un dirigente, quest'ultimo, offrendo una pasticca del piacere al giocatore gli confida: tutti ambiscono a diventare un dirigente, ma il sogno di ogni dirigente è di essere un giocatore di rollerball; come a dire: noi siamo al di sopra di tutto, ma ci piacerebbe scendere nell'arena e spaccare teste a calci e pugni.
Finale emblematico: Jonathan sopravvive a tutto e al gioco stesso; la folla in delirio inizierà a gridare il suo nome tra il disappunto dei dirigenti: riscatto e ritorno dell'uomo e della sua identità, o nuovo inganno con la creazione di un leader per continuare una forma di controllo sulle masse stupide che hanno bisogno di eroi?
Rispolverate questa pellicola (ed evitate come la peste l'orrido remake di John McTiernan); scoprirete l'ennesimo film che poteva essere considerato pura fantascienza all'epoca della sua produzione ma che rivisto oggi risulterà familiare e realistico in modo conturbante.
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Bersagli centrati
Siamo finalmente nell'epoca in cui poter prenedere atto che delle folli visioni futuristiche di generazioni passate, possiamo levare il termine - folli. Quando lo vidi questo Film ero ragazzo e quella volta, con la consapevolezza di allora, la morale che ne trassi riguardava una lapidaria (ma validissima) osservazione che mi diceva: - l'uomo non può sopravvivere senza la guerra, indi una volta combattute quelle finte, bisogna dare sfoghi ai bassi istinti della plebe imbaccuccata in una pace che puzza di maligno.
Ora, in maniera inquietante, possiamo cogliere tutto il resto del sottotesto e mangiarci anche i coglioni (ne avessimo voglia).
Ottima recensione di cui condivido SANTAMENTE ogni maledetta parola e riferimento.