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Leggere tra le bugie

Freedonia - Ven, 01/08/2025 - 10:01

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, Il Grande Default : https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non pu avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorit . Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Joshua Stylman

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/leggere-tra-le-bugie)

Quando Avril Haines, Direttrice dell'Intelligence Nazionale, annunciò durante l'esercitazione pandemica Event 201 nel 2019 che avrebbero “inondato la zona di fonti attendibili”, pochi compresero questo anticipo di controllo coordinato delle narrazioni. Nel giro di pochi mesi lo abbiamo visto dispiegarsi in tempo reale: messaggistica unificata su tutte le piattaforme, soppressione del dissenso e controllo coordinato della narrazione che ha ingannato gran parte del mondo.

Ma non tutti sono rimasti ingannati. Alcuni hanno capito subito, mettendo in discussione ogni aspetto fin dal primo giorno; altri hanno pensato che si trattasse semplicemente di un governo incompetente che cercava di proteggerci. Molti inizialmente hanno accettato il principio di precauzione: meglio prevenire che curare. Ma poiché ogni fallimento politico puntava nella stessa direzione – verso un maggiore controllo e una minore azione umana – il modello è diventato impossibile da ignorare. Chiunque non fosse completamente assorbito dal sistema ha dovuto alla fine confrontarsi con il suo vero scopo: non proteggere la salute o la sicurezza, ma espandere il controllo.

Una volta riconosciuto questo schema di inganno, due domande dovrebbero sorgere immediatamente nella mente di ogni persona ogni volta che le notizie più importanti dominano i titoli dei giornali: “Su cosa stanno mentendo?” e “Da cosa ci stanno distraendo?”. Lo schema di inganno coordinato diventa inequivocabile. Basti pensare a come i media abbiano trascorso tre anni a promuovere le cospirazioni del Russiagate, alimentando una divisione sociale senza precedenti e gettando le basi per quella che sarebbe diventata la più grande operazione psicologica della storia. Oggi, mentre i media ci inondano di notizie sull'Ucraina, BlackRock si posiziona per trarre profitto sia dalla distruzione che dalla ricostruzione. Lo schema diventa inequivocabile una volta che lo si vede: crisi create ad arte che chiedono “soluzioni” pianificate in anticipo che espandono sempre il controllo istituzionale.

I media generalisti operano su un doppio inganno: depistaggio e manipolazione. Gli stessi conduttori che ci hanno venduto le armi di distruzione di massa in Iraq durante i telegiornali della sera, promosso la “collusione con la Russia” e insistito sul fatto che il portatile di Hunter Biden fosse “disinformazione russa” occupano ancora le fasce orarie di punta. Proprio come accade con la nomina di RFK Jr. all'HHS, lo schema è costante: attacchi coordinati sostituiscono il dibattito concreto, punti di discussione identici compaiono su tutte le reti e domande legittime vengono liquidate con la diffamazione anziché con le prove. Sbagliare sistematicamente non è un caso, è voluto. Il loro ruolo non è informare, ma fabbricare il consenso.

Il modello è chiaro: saturare i media con spettacoli emotivi, promuovendo al contempo i programmi istituzionali con un controllo minimo. Come si impara a riconoscere un sorriso falso, o a percepire una stonatura in un brano musicale, allo stesso modo si sviluppa un istinto per il tempismo.

Denaro e potere:

• Mentre i media erano concentrati sul 6 gennaio, BlackRock e Vanguard hanno silenziosamente rafforzato la loro presa sul mercato immobiliare residenziale.

• Mentre la stampa era ossessionata dal ban di Trump su Twitter, il Congresso ha approvato il più grande trasferimento di ricchezza con la scusa degli “aiuti Covid”.

• Mentre un’informazione senza fiato seguiva ogni mossa del processo a Johnny Depp, la FED ha stampato più denaro che in tutto il secolo precedente.

• Mentre i media ci inondavano di notizie sull’Ucraina, restrizioni senza precedenti sulla produzione di energia hanno rimodellato l’economia globale.

• Mentre i giornalisti seguivano con il fiato sospeso le accuse a Trump, le banche centrali acceleravano i piani per una valuta digitale programmabile.

Controllo sanitario:

• Mentre i media si concentravano sulla promozione del vaccino tramite le celebrità, un numero senza precedenti di giovani atleti è crollato in campo.

• Mentre le reti televisive trasmettevano ininterrottamente le sparatorie nelle scuole, i documenti rivelavano che Pfizer era a conoscenza di centinaia di effetti collaterali.

• Mentre la copertura mediatica si concentrava sulla “disinformazione” anti-vax, i dati delle assicurazioni mostravano tassi di mortalità in eccesso allarmanti.

Controllo digitale: 

• Mentre i media erano ossessionati dalla moderazione dei contenuti di Twitter, l’infrastruttura dell’ID digitale veniva costruita silenziosamente in tutto il mondo.

• Mentre la copertura mediatica si concentrava sulle preoccupazioni relative alla privacy di TikTok, le banche centrali hanno accelerato lo sviluppo delle valute digitali.

• Mentre gli infiniti dibattiti sui chatbot AI dominavano i titoli dei giornali, i sistemi di sorveglianza biometrica si espandevano a livello globale.

Man mano che questi inganni diventano più evidenti, emergono diverse forme di resistenza. La ricerca della verità assume forme diverse. Alcuni diventano esperti di inganni specifici: documentando i primi successi terapeutici con farmaci riadattati, scoprendo fallimenti nei protocolli ospedalieri, o esplorando l'impatto dei danni da vaccino. Altri sviluppano una prospettiva più ampia per comprendere come le narrazioni stesse vengano costruite.

La brillante capacità di Walter Kirn di riconoscere schemi ricorrenti colpisce il cuore della nostra realtà artificiale. I suoi tweet, che analizzano la copertura mediatica dell'omicidio dell'amministratore delegato di United, rivelano come persino i crimini violenti vengano ormai confezionati come spettacoli di intrattenimento, completi di archi narrativi e colpi di scena. Il lavoro di Kirn evidenzia una dimensione critica del controllo mediatico: trasformando ogni crisi in una narrazione di intrattenimento, l'attenzione viene deviata da questioni più profonde. Invece di chiedersi perché le tutele istituzionali falliscano, o chi ne tragga beneficio, il pubblico viene catturato da un'indignazione attentamente sceneggiata. Questa distrazione deliberata garantisce che i programmi istituzionali procedano senza controlli.

Il suo lavoro rivela come il confezionamento dell'intrattenimento sia al servizio del più ampio sistema di controllo. Mentre ogni indagine richiede una competenza specifica, questo schema di manipolazione narrativa si collega a una rete più ampia di inganni. Come scritto nei pezzi L'industria dell'informazione e Ingegnerizzare la realtà, tutto, dall'istruzione alla medicina, fino alla valuta stessa, è stato catturato da sistemi progettati per plasmare non solo le nostre scelte, ma la percezione stessa della realtà.

La cosa più rivelatrice è ciò che non coprono. Notate la rapidità con cui le notizie scompaiono quando minacciano interessi istituzionali. Ricordate la lista dei clienti di Epstein? L'accaparramento di terreni a Maui? I crescenti danni da vaccino? Il silenzio la dice lunga. Considerate le recenti testimonianze di informatori che rivelano preoccupazioni represse sulla sicurezza presso Boeing, un'azienda da tempo coinvolta con agenzie di regolamentazione e appalti governativi. Due informatori – entrambi ex-dipendenti che avevano lanciato l'allarme su problemi di sicurezza – sono morti in circostanze sospette. La copertura mediatica delle loro morti è scomparsa quasi da un giorno all'altro, nonostante le profonde implicazioni per la sicurezza pubblica e la responsabilità aziendale. Questo schema si ripete in innumerevoli casi in cui la responsabilità sconvolgerebbe strutture di potere radicate, lasciando domande cruciali senza risposta e narrazioni strettamente controllate.

Queste decisioni non sono casuali: sono il risultato delle caratteristiche dei media moderni, dell'influenza degli inserzionisti e della pressione dei governi, garantendo che la narrazione resti strettamente controllata.

Ma forse la cosa più sorprendente non è l'inganno dei media in sé, ma quanto profondamente plasmano la realtà dei loro consumatori. Osservate con quanta sicurezza ripetono frasi chiaramente elaborate nei think tank. Ascoltate come ripetono a pappagallo punti di vista con convinzione religiosa: “Il 6 gennaio è stato peggio dell'11 settembre”, “Fidatevi della scienza ™”, “C'è in gioco la democrazia” e, forse la menzogna più infame della storia moderna, “Sicuro ed efficace”.

La classe dei sedicenti esperti si dimostra particolarmente suscettibile a questa programmazione. La loro competenza diventa una prigione di status: più investono nell'approvazione istituzionale, più difendono con fervore le narrazioni istituzionali. Guardate con quanta rapidità un medico che mette in dubbio la sicurezza dei vaccini perde la licenza, con quanta rapidità un professore che mette in discussione l'ideologia di genere affronta una revisione, con quanta rapidità un giornalista che esce dai ranghi viene inserito nella lista nera.

Il sistema garantisce il rispetto delle regole attraverso la cattura economica: il mutuo diventa il vostro guinzaglio, il vostro status professionale la vostra guardia carceraria. Lo stesso avvocato che si vanta del suo pensiero critico bloccherà aggressivamente qualsiasi messa in discussione delle narrazioni ufficiali. Il professore che insegna a “mettere in discussione le strutture di potere” diventa furioso quando gli studenti mettono in discussione le aziende farmaceutiche.

La validazione circolare rende la programmazione quasi impenetrabile:

• I media citano gli “esperti”

• Gli esperti citano studi sottoposti a revisione paritaria

• Gli studi sono finanziati dall'industria

• L'industria plasma la copertura mediatica

• I “fact-checker” citano il consenso dei media

• Il mondo accademico fa rispettare le conclusioni approvate

Questo circolo vizioso forma un perfetto circuito chiuso.

Ogni componente convalida gli altri, escludendo al contempo informazioni esterne. Provate a trovare il punto di accesso alla verità in questo sistema chiuso. L'orgoglio della classe degli esperti per il proprio pensiero critico diventa ironico: esternalizzano le proprie opinioni a “fonti autorevoli”.

La cosa più inquietante è la loro spontanea volontà di rinunciare alla sovranità. Guardateli mentre si arrendono:

• “Seguo la scienza” (traduzione: aspetto conclusioni approvate)

• “Secondo gli esperti...” (traduzione: non penso con la mia testa)

• “I fact-checker dicono...” (traduzione: lascio che siano gli altri a stabilire la verità)

• “Il consenso è...” (traduzione: mi allineo con il potere)

La loro empatia diventa un'arma usata contro di loro. Mettere in discussione i lockdown? Stai uccidendo la nonna. Dubitare della chirurgia di transizione per i minori? Stai causando suicidi. Resistere alle iniziative di equità? Stai perpetuando l'oppressione. La programmazione funziona facendo percepire la resistenza come crudeltà.

Qualcosa di straordinario sta accadendo sotto il rumore di superficie, però: un autentico risveglio che sfida i tradizionali confini politici. Lo si vede nei sottili scambi tra colleghi quando le narrazioni ufficiali mettono a dura prova la credibilità; nel silenzio crescente alle cene, mentre i discorsi propagandistici cadono nel vuoto; negli sguardi complici tra sconosciuti quando il teatro della salute pubblica raggiunge nuove vette di assurdità.

Questo non è un movimento in senso tradizionale – non può esserlo, poiché le strutture dei movimenti tradizionali sono vulnerabili a infiltrazioni, sovversioni e cattura – è più simile a un'emergenza spontanea, un risveglio distribuito senza una leadership centrale o un'organizzazione formale. Chi vede attraverso gli schemi riconosce la formazione di massa per quello che è, mentre i suoi soggetti proiettano la propria programmazione sugli altri liquidando gli schemi sopraccitati come “teorie del complotto”, “antiscienza”, o altre etichette progettate per impedire un'analisi autentica.

La verità più difficile da accettare non è riconoscere la programmazione, ma confrontarsi con il suo significato per la coscienza umana e per la società stessa. Stiamo assistendo a prove in tempo reale che dimostrano come la maggior parte delle menti umane possa essere catturata e reindirizzata attraverso sofisticate operazioni psicologiche. I loro pensieri non sono i loro, eppure morirebbero per difendere ciò in cui sono stati programmati per credere.

Non si tratta più solo di critica: è una questione esistenziale sulla coscienza umana e sul libero arbitrio. Cosa significa quando la capacità di pensiero indipendente di una specie può essere così dirottata? Quando l'empatia naturale e gli istinti morali diventano armi di controllo? Quando l'istruzione e la competenza riducono la resistenza alla programmazione?

Quest'ultima funziona perché dirotta le pulsioni umane fondamentali:

• Il bisogno di accettazione sociale (ad esempio, mascherarsi come simbolo visibile di conformismo);

• Il desiderio di essere visti come buoni/morali (ad esempio, adottare certe posizioni su questioni sociali senza una comprensione più profonda);

• L'istinto di fidarsi dell'autorità (ad esempio, la fiducia nei funzionari della sanità pubblica nonostante i ripetuti cambiamenti di politica);

• La paura dell'ostracismo (ad esempio, evitare il dissenso per mantenere l'armonia sociale);

• Il conforto del conformismo (ad esempio, ripetere a pappagallo le narrazioni per evitare la dissonanza cognitiva);

• La dipendenza dallo status (ad esempio, segnalare la conformità per mantenere la posizione professionale o sociale).

Ogni tratto umano naturale diventa una vulnerabilità da sfruttare. I più istruiti diventano i più programmabili perché la loro dipendenza dallo status è più profonda. Il loro “pensiero critico” diventa un copione in esecuzione su un hardware corrotto.

Questa è la sfida più importante del nostro tempo: la coscienza umana può evolversi più velocemente dei sistemi progettati per dirottarla? Il riconoscimento di schemi e la consapevolezza possono diffondersi più velocemente del consenso artificiale? Un numero sufficiente di persone può imparare a leggere tra le bugie prima che la programmazione sia completa?

La posta in gioco non potrebbe essere più alta. Non si tratta solo di politica o di alfabetizzazione mediatica: si tratta del futuro della coscienza umana stessa. Se la nostra specie manterrà la capacità di pensiero indipendente potrebbe dipendere da coloro che ancora vi riescono ad accedere, aiutando gli altri a liberarsi dall'incantesimo.

La matrice del controllo si intensifica ogni giorno che passa, ma lo stesso vale per il risveglio. La domanda è: cosa si diffonde più velocemente, la programmazione o la consapevolezza? Il nostro futuro come specie potrebbe dipendere da questa risposta.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Beating Back the Trolls

Lew Rockwell Institute - Ven, 01/08/2025 - 09:21

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John Leake

 

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Democrats: Winning a Battle but Losing the War

Lew Rockwell Institute - Ven, 01/08/2025 - 05:01

I’ve been a Democrat my whole life — until I walked away in 2021, because it was a Democratic administration that turned America evil, and that turned my own life unconstitutionally upside down.

I have never looked back, except to marvel at how, day by day, policy by policy, today’s DNC seems ever more determined to destroy its party’s storied legacy, as well as its own ability ever to win another race.

The DNC is pursuing a wholesale, wrecking-ball destruction of everything that made people want to vote Democratic in the first place, and to send money to Democratic candidates. It trashes its heritage of speaking up for marginalized groups; for the concerns of communities of color; for unionized workers; for cops and teachers and firefighters; for ordinary Americans who struggle to pay bills; people who, as Democratic candidate and later President Bill Clinton used to say, “work hard and play by the rules.”

How a party can burn up so visibly, and so readily, so much of what we used to call “political capital”?

There is a revolution brewing in New York City and its boroughs, and it just may show a shift that can transform the nation.

New leaders are arising, who simply cannot call themselves Democrats.

This is due to self-inflicted wounds by that party, in the form of lunatic and corrupt policies, and critical abandonments from 2021-present.

Lunatic polices? Here are some:

Support the rights of gay and lesbian people, and of other sexual minorities, not to face legal discrimination? Sure; that is a no-brainer. Take that consensus to a bizarre new level, and insist on interjecting biological males into women’s sports, endangering women physically and destroying Title 9 protections; then place biological males into female spaces such as bathrooms and changing rooms, prisons and mental institutions?

Who thought that that policy would have widespread support? What percent of the electorate has that deliverable at the top of its list?

Speak up for legal immigrants to be treated as fairly as anyone else? Absolutely. Those are traditional Democratic values. But champion the ingress to our nation of 15-30 million people who broke our laws in order to be here, and then shower ostentatious benefits upon them — ranging from cash cards to four star midtown NYC hotel stays — that our American elders and veterans and single parents can never afford for themselves?

How can the advisors sitting around the Democratic campaign tables, not game out what we used to call the “optics” of that situation? How does that help any Democrat run and win?

“Defund the Police”? Who thinks that that was a good idea? A winning policy?

Offer guidance in a public health crisis, sure. But force thousands of NYC teachers, cops and firefighters, and city workers of all kinds, to take into their bodies against their will, an experimental injection that everyone sentient now knows can be damaging or sterilizing or lethal? What are the odds that that will work out longterm?

Deny religious exemptions? Really?

There are 36,000 cops in NYC and 19,000 NYPD staff. There are 11,000 firefighters and 4500 EMTs in NYC. There are 77 thousand teachers in NYC. So a total of 147,400 New Yorkers in the front lines of New Yorkers’ lives, and of their kids’ wellbeing, were “mandated” with the experimental injection.

What if they get sick? What if they die? What if they know others who are getting sick and dying?

Who wants to “own” that catastrophe electorally?

The DNC does.

To this day, first responders in NYC who were “mandated”, do not have their jobs back. They do not have due process,. They did not get their day in court. The people on whose bodies the city runs, were betrayed.

Who isn’t sorry? The DNC. Who isn’t offering to “reinstate and compensate” these workers? The DNC’s new star, the “new AOC”, New York State Assembly Member Zohran Mamdani.

He is a poster child for the corruption of the DNC, and its betrayal of first responders and communities of color; traditionally stalwart groups in the Democratic base.

Mamdani is to the manor born. A Bowdoin college graduate, son of the glamorous Indian filmmaker Mira Nair, Mamdani’s family lives in Uganda, where Mandani was recently married. Indian media are reporting this event as a “lavish Uganda wedding bash”. “New York City mayoral frontrunner and current Queens Assemblyman Zohran Mamdani celebrated his recent marriage with a three-day private celebration at his family’s high-security estate in Uganda”, reports DNA_India.

In New York City media, in contrast, Mamdani poses in a hoodie on the subway.

Trust fund millennials in gentrified neighborhoods in New York, are salivating about Mamdani. In a gesture, voting for Mamdani wipes away the guilt of “white privilege”; no matter than he himself is more privileged than almost anyone in New York’s five boroughs.

Mamdani is a true socialist candidate: he offers to make New York life “affordable.” Free transit for all; government-run grocery stores — (which worked so well in the Soviet Union); frozen rents. It is a seductive appeal; New York is expensive; and Mamdani can hope that people under 60 do not remember what socialism actually did to those suffering under its yoke.

His candidacy definitely depends upon no one asking where all the money is going to come from, or noticing that when “the government” pays for it, it is taxpayers who actually pay.

Headlines from Politico to Newsweek are broadcasting the “fact” that Mamdani polled at 50 per cent, far above his competitors. But read the not-so-fine print (as Politico’s and Newsweek’s editors should have done, more carefully):

‘“Our independent poll — the first in this cycle to be offered in four languages and to drill down into national origin and religious denomination — makes one thing clear: Black union households, young Jews, South Asians, East Asians, Latinos, and New Yorkers in every income bracket are all on the same Zohran Mamdani bus, and it’s headed in the direction of the Democratic Party’s future,” said Amit Singh Bagga, the principal of Public Progress Solutions and a veteran of federal, city, and state government.

Bagga’s firm designed and analyzed the poll along with Adam Carlson’s Zenith Research. It was funded through private donations to Bagga, who advised Mamdani’s campaign during the primary on setting up an administration, and was fielded by Verasight.”

So: a poll handpicked the most likely Mamdani voters, left out the likely Mamdani non-supporters, his donors funded it, and legacy media is calling that a win. Both polling and news reporting could not be more corrupt than this.

In contrast to Mamdani and his theatrical structure of institutional alliances, a new generation of very different leaders in New York City, is also running for office. These young men and women had very different life experiences from Mamdani’s. They were not born to wealth or privilege; their families do not live on “lavish estates” in foreign countries.

The corrupt, institutional machine of New York City politics, is not helping them; the legacy media of New York City are not championing them.

Some of these new leaders have walked away from the Democratic party. They have re-registered as Republicans, which is in itself newsworthy. But these are not your grandma’s country club Republicans.

Athena Clarke, a New York City teacher who was “mandated” out of her job when she refused to take the experimental injection, the daughter of immigrants from Jamaica and the West Indies, and a mother of one, is running for city council in Brooklyn’s District 46. (Disclosure: DailyClout.io will run sponsored content from her supporters). She has an BA and an MA in education, specializing in children with disabilities.

For seven years Clarke worked as a tenured teacher in the New York City Department of Education. But in 2021, the city implemented a COVID-19 vaccine mandate. When Ms Clarke refused it, she was terminated from her job, without any court hearing, which is a violation of New York State Education Law.

This trauma led her to decide to run for City Council, and to seek reinstatement for first responders and teachers, among other planks on her platform.

Unlike Mamdani, she is not promising free everything. (One of her slogans is “Stop the Socialists!”)

I interviewed Clarke, and it was a different experience from interviewing a seasoned pol. She spoke from the perspective of a teacher and of a mom. She talked about the kids injured developmentally from being kept out of school for months; children alone in a room, socially isolated, staring at monitors. She talked about how kids with speech disabilities could not learn how to pronounce the sounds “l” or “th” without seeing their teacher’s mouths, which were hidden behind masks.

Her platform has other grassroots concerns. Parental rights is one of them; she is tackling the delicate issue of parents being unaware that children are exposed at public schools to “sensitive content,” often without their consent. She promises to take on the bureaucracy: Brooklyn often simply changes zoning, and imposes drug treatment clinics, homeless shelters, mental health facilities and other problematic institutions into local neighborhoods, especially in lower-income areas, without any local buy-in or approval process. Clarke promises to end that. She will also “reinstate and compensate” the terminated city workers who were “mandated” and who lost their jobs when they refused the vaccine.

Luis Quero is another Brooklyn-born and raised next-generation leader. He is running for Brooklyn City Council, District 38. He is sort of an anti-Mamdani.

His website is startlingly direct. “You just want to get to work without getting stabbed or burned alive”, it reads. “There is no Democratic or Republican way of cleaning the streets,” it notes, quoting legendary New York Mayor Fiorello LaGuardia.

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How a $5 Plastic Box Cost Taxpayers Thousands: My 20-minute Nightmare on Winchester Boulevard

Lew Rockwell Institute - Ven, 01/08/2025 - 05:01

The commute in Campbell, California, collapsed into chaos today (Tuesday) when a plastic trinket—placed by a weekend treasure hunter—was mistaken for the second coming of Guy Fawkes. Winchester Boulevard turned into a no-go zone while patrol cruisers, armored vans, and an inquisitive news chopper circled the scene.

Parents ran late, businesses lost customers, and every weary taxpayer footed the bill for a few lumbering hours that felt like a bad rehearsal of Homeland Security Theater.

I happened to be stuck in it. As the O’Learys claim to be an adventuring clan, I took my children on a quest while Mom was at the dentist. It turns out that the trip to the coin-op carwash a few klicks down the road was more than we bargained for.

I told Jack Callahan about our misadventure— “twenty minutes, seven side streets, and two cranky kids just to scrub road dust and a bunch of bird crap off the Yukon” —and he barked the laugh of a man who has shoveled more bureaucratic folly than snow.

“Son,” he said over a quick Zoom, clanking a coffee mug on his desk, “they closed a principal artery because some gadgeteer dropped a glorified Tupperware? That’s not safety. That’s institutional hypochondria!”

Jack has also watched government balloon in the post-Eisenhower years. There’s an industrial complex that never knows when to stand down. Whose folks haven’t regaled them about the drills of the 1950s and 60s—kids ducking under desks, generals measuring fallout with slide rules, mothers praying the Cubans would blink first in the nuclear standoff?

Back then, Jack argued, they served a palpable dread: Soviet warheads. Today, the danger is a nylon box with a smiley-face sticker.

Across the nation, bomb squads sprint to geocaches with the reflex of Pavlov’s dog, racking up overtime and wear on six-figure robots. Technicians detonated a pipe-shaped cache near a middle school in Frisco, Colorado. Officers in Murfreesboro, Tennessee, x-rayed a “Pipe Bomb Geocache” in a Home Depot lot. Ohio wardens evacuated hikers for a plastic LocknLock that did nothing but hide a logbook.

Each scare drains finite manpower. Colorado again: Summit County’s sheriff lamented “a significant amount of time and valuable resources” burned on harmless PVC.

Last week in Door County, Wisconsin, deputies cleared an entire park for a GPS game piece.

Consider. A single response truck runs nearly $200k—forget sirens and strobing lights. Regional squads log 40–60 callouts per year, and Santa Clara County’s unit stands ready 24/7 for three neighboring counties. Meanwhile, local police budgets groan under the bloat of overtime—New York alone projects $507 million in uniform OT this fiscal year.

Jack’s verdict: “They buy a bazooka to swat a housefly, then pass the invoice to the housefly.”

The Founders believed liberty survives only where citizens and the state maintain proportion. Yet modern officialdom multiplies protocols the way kudzu chokes a fenceline. One errant cache and the default is “cordon-and-search.”

Reflect. During World War II, explosives were shipped across the continent without paralyzing traffic. Today, a plastic box is enough to darken countless traffic lights.

Jack thundered: “We lock down, we clear out, we pay up—yet we never wise up.”

The pattern mirrors Prohibition raids and TSA shoe shuffling: bold headlines first, sheepish footnotes later. Fear becomes currency, and compliance turns into habit.

No one begrudges caution—real threats exist, as Oklahoma City proved in 1995. But prudence must share the stage with perspective. Ground rules already tell geocachers to avoid pipes, military ammo cans, and public transit pylons. Enforcing amateur guidelines would cost pennies compared with mobilizing the paramilitary.

Callahan frames it in boxing terms: “Government should fight in its weight class. Right now, it’s shadow-boxing ghosts, burning stamina while real crooks pick pockets in the bleachers.”

His prescription is surgical: Dispatchers must first cross-reference geocache databases; Hobbyists should plainly label containers; Open civilian hotlines to resolve benign sightings before alarms spread like prairie fire.

Today’s fiasco was a bureaucratic belly flop, not a public triumph. It showcased an apparatus that mistakes activity for achievement, then invoices Ordinary Joe for its blunders. Each lockdown chips away at civic patience, the same way price controls bred gas lines and sour distrust.

Jack tells me he’s going to raise one up tonight—Bud Heavy bottle, label out—and toast to the folks like me who were stuck in their noontime commute: “May your engines stay cool, may your kids forgive the delay, and may your public servants learn that discernment is cheaper than spectacle.”

After all, the republic Jack’s ancestors bled for was forged on measured courage, not reflexive dread. Until our institutions remember that distinction, every plastic lunchbox will parade as Armageddon.

At the same time, the real business of the nation waits at the barricade, honking its horn.

This article was originally published on The O’Leary Review.

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Next Step Is Confiscation Through Some Means: A Response to the 2nd Amendment Critique

Lew Rockwell Institute - Ven, 01/08/2025 - 05:01

This article was written by my father before the implementation of the 2nd amendment.

The UN’s Arms Trade Treaty which covers everything from small arms to battle tanks, combat aircraft and warships – came into force on 24 December 2014. This treaty has not been ratified by our Congress but had the support of our Secretary of State, John Kerry who signed it and Our president at that time, who without expressly mentioning the treaty, said in a speech at the UN that all nations “must meet our responsibility to observe and enforce international norms.” The problem with that statement and this treaty is that we the people aren’t in control of what those ‘international norms’ are and as we have seen time and time again, those international norms might be detrimental to our country.

Many preppers and 2nd Amendment proponents believe that the Arms Trade Treaty will first lead to registration of all firearms and when that happens, historically the next step is confiscation through some means. Technically, no treaty can be put into action in the United States unless it has been ratified by a 2/3 majority of the senate. This fact is what most people cite when they are trying to refute any legitimate concerns about the UN Arms Trade Treaty or any other treaty’s potential effect on our country. This sounds well and good and serves to placate some, but for this fail-safe to have any weight you would first need to have a government that followed the letter of the constitution and additionally, that government would need to follow the wishes of the citizens they are representing.

Our government has proven time and time again that following the constitution is simply not something they feel they have to do when it stands in their way. For example, the senate has never voted on the Kyoto Protocol but that hasn’t stopped the EPA from enacting rules complying with the main goals of that treaty. Coal plants are being shut down left and right while the US and China agreed in 2014 to let China keep growing their output of carbon emissions (with coal power plants) until 2030. There are many examples of policies that are enacted that fall well outside the bounds of Constitutional limits on power but that doesn’t stop our representatives does it? On any issue there is more brainpower spent on finding ways around the Constitution than actually following it with the seeming goal of every single facet of law being finally decided by the Supreme Court. It’s as if in our society, the rules we decided long ago to set for ourselves are only as good as the interpretations of people today and if every single thing can be challenged (and in some cases changed), we don’t really have a Constitution at all. What we have is a framework for legal arguments that only establishes a baseline which can be over ruled completely by a simple majority of ideology on the bench.

As for a government that listens to their constituents, that long gone relic of thought is promised by every single person running for office. “I feel your pain” The truth of the matter is that in this day and age, every politician is a benefactor of the same special interests. There are no democrat and republican sides whenever both are receiving money from the same companies. The elected politicians, by overwhelming majority do not care what you say or want because they don’t answer to you. Their actions directly contradict election results, polls and public outcry. The 2014 mid-term elections  held should have sent a very strong signal to the leadership of both parties that the country wasn’t on-board with the policies of the current administration and the direction of affairs with the Congress, however; Obamacare and Amnesty both remain intact without so much as a whimper from our newly elected majority who promised for years to repeal it as soon as they were ‘in power’. To add insult to injury, the Republicans just released a 1 trillion budget proposal just over 24 hours before a procedural vote on it knowing that nobody would have time to read it. Same tricks but a different face is behind the podium. Why should we expect anything different from what we have been seeing?

Do you really feel that there is anything ‘your party’ is going to do to stop elements of this treaty from being implemented if it is in their best interests?

What’s so wrong with simply registering all guns?

What’s the harm in simply registering you say? It makes sense that government would want to know who has guns, so they can ensure that bad people don’t have them. You can’t argue with that logic can you? Well yes I can try. Registration will only be done by law-abiding people. The criminals they will try to get you to believe this registration would stop would never turn themselves or their guns in. If that were true, why wouldn’t criminals be lining up a police offices every day because we do have laws already, don’t we? How is this not obvious to everyone? I maintain that it is obvious to the people who are pushing for any restriction and by that I am referring to registration,  of our 2nd amendment rights.

Do guns kill people? Yes they do, but deaths by guns are a small fraction of the total deaths in the US each year. If you want to know who really kills people you have to look at governments historically.

Yes, you read that right. Governments are responsible for more deaths of their citizens in the 20th century than any other unnatural cause. It is called Democide and is been documented by R. J. Rummel, formerly of the University of Hawaii Political Science Department. He writes:

Most probably near 170,000,000 people have been murdered in cold-blood by governments, well over three-quarters by absolutist regimes. The most such killing was done by the Soviet Union (near 62,000,000 people), the communist government of China is second (near 35,000,000), followed by Nazi Germany (almost 21,000,000), and Nationalist China (some 10,000,000). Lesser megamurderers include WWII Japan, Khmer Rouge Cambodia, WWI Turkey, communist Vietnam, post-WWII Poland, Pakistan, and communist Yugoslavia. The most intense democide was carried out by the Khmer Rouge in Cambodia, where they killed over 30 percent of their subjects in less than four years.

The best predictor of this killing is regime power. The more arbitrary power a regime has, the less democratic it is, and the more likely it will kill its subjects or foreigners. The conclusion is that power kills, absolute power kills absolutely.

But we live in a democracy in the United States and we elect our representatives. We have a rule of law and nothing like the atrocities you mention above would ever happen here. Really? I certainly hope not and so it is with much interest that I have and will be keeping track of what goes on after December 24th and into the future on this topic.

But Mr. Rummel’s statement has weight in historical precedence and is alarming when looked at from the context of where we are as a country today. One could argue that our regime has an increasingly disturbing amount of ‘arbitrary power’. That is power that they have assumed that is outside of the Constitution and the really fun part is they keep giving themselves more of it every day. Some of this power was enacted by law of course, but it is power nonetheless and it never decreases, it only becomes more vast. From the Patriot Act, to NSA Spying, to treaties with foreign nations, harassment of political parties, to illegal searches, illegal detainment without cause, to killing people without a trial and just yesterday they passed a bill which grants the government and law enforcement “unlimited access to the communications of every American”. How much power is that?

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Pediatricians Organization Says Eliminate Almost All Vaccine Exemptions for Children

Lew Rockwell Institute - Ven, 01/08/2025 - 05:01

The American Academy of Pediatrics (AAP) distinguished itself as an obsessive shots pusher and freedom theatener during the coronavirus crackdown. It was admonishing that children — who were at very minimal risk from coronavirus — be subjected to the quack practices of masking and social distancing to protect them until they became “fully vaccinated” with experimental coronavirus “vaccine” shots. The AAP was also calling on pediatricians to evangelize for giving these dangerous and ineffective shots to nearly all children in the age groups for which the United States government had approved the shots.

Luckily for many American children, their parents resisted the AAP supported effort. But, many other parents, placing confidence in pediatricians that peddled the AAP line, went along.

While the coronavirus crackdown has receded into the past, the AAP, an organization claiming 67,000 members, is still pushing shots and threatening freedom on a grand scale. The latest example is the policy statement the AAP issued on Monday titled Medical vs Nonmedical Immunization Exemptions for Child Care and School Attendance.

In the policy statement, the AAP endorses the presence of laws and regulations requiring children to receive “immunizations” as a prerequisite for attending school or daycare. Further, the AAP supports eliminating philosophical and religious based exemptions from such mandates — the means by which the vast majority of parents who have opted out across America have been able to protect their children from receiving some or all of the plethora of shots listed in the Centers for Disease Control and Prevention (CDC) childhood vaccination schedule.

The only exemption basis, declares the AAP in its policy statement, should be “medically indicated exemptions to specific immunizations as determined for each individual student.” As this phrasing from the policy statement indicates, this medical exemption route turns out to deny exemption for most children and can even limit the applicability of medical exemptions that may be granted to just one or some of the mandated shots. Showing a child has already been hurt by shots is part of one of the limited routes to maybe obtain a medical exemption. Such an exemption will, by definition, be too late. As I wrote in April of 2023, the medical exemption for vaccines “could more accurately be called the mirage exemption” given that it is unavailable to almost all children.

The AAP policy statement further says that, even once granted, medical exemptions should have hanging over them the possibility of being revoked at any time. The policy statement directs that “all pediatric health care providers” should “recertify the need for these exemptions on a regular basis.” Here today, gone tomorrow.

The AAP also appears to want to shut the door on any doctors who try to grant medical exemptions in any but the most stingy manner. The policy statement declares that “states and territories should develop policies to ensure that any medical exemptions are appropriate and evidence based.” It is not the doctor’s determination after all. Big Brother will be there to crack down on any doctor who swims against the current.

Shots mandates for children are already widespread in America. But, that is not good enough for AAP. It appears determined to eliminate the ability of almost all parents to opt their children out of the mandates.

This article was originally published on The Ron Paul Institute.

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Chinese Foxes, American Sharks, European Rodents

Lew Rockwell Institute - Ven, 01/08/2025 - 05:01

The “BRICS lab” has a non-stop, ever-adapting creative spirit. Beats Tariff dementia everytime.

The fourth plenary session of the Communist Party of China has been scheduled by the Politburo for October (no precise data announced; probably four days during the second half of October). That’s when Beijing will be deliberating the lineaments of its next five-year plan. The plenum should be attended by over 370 Central Committee members of the party elite.

Why this is so crucial? Because China is the undisputed top target, alongside top BRICS members, of the new universal “law” devised by the Empire of Chaos: I Tariff, Therefore I Exist. So the next five-year plan will have to take into consideration all vectors deriving from the new “law”.

The plenum will take place a few weeks after Beijing stages a grand parade to celebrate the end of WWII; Vladimir Putin is one of Xi’s guests of honor.

Moreover, the plenum will be right before the annual APEC (Asia-Pacific Economic Cooperation) summit, starting October 31 in Seoul. This summit carries a window of opportunity for a direct, face to face Trump-Xi meeting – which the Circus Ringmaster, for all his posture and tergiversations, is actively pursuing.

The plenum will have to carefully weigh how a de facto trade, tech and geopolitical war between the US and China will only get more incandescent. As much as Made in China 2025 revealed itself to be a staggering success – maximum pressure from Trump 1.0 notwithstanding – new Chinese wave tech decisions taken in 2025 will define the road map ahead on everything from AI to quantum computing, biotechnology and controlled nuclear fusion.

I am so thrilled to be your lackey

Everything that matters on trade and tech will be decided between the two economic superpowers. By now it’s clear that a potential third actor, the EU, has simply committed serial suicide.

Let’s start with the China-EU summit on July 24 – which featured, among other niceties, Beijing protocol deigning to send at best a lowly tourist bus to greet the European delegation, and Xi Jinping for all practical purposes ending the summit before schedule in a message widely interpreted across the Global South as “we have  no time to waste with you clowns”.

That’s exactly what the Circus Ringmaster wanted.

Then came the EU-US get together – which sealed, in spectacular fashion, the already accelerated phase of Europe’s Century of Humiliation.

It starts with Trump de facto erasing Russia from the EU’s energy future. Brussels has been forced – Mafioso “offer you can’t refuse”- style, to buy $250 billion of overpriced US energy a year, every year, for the next 3 years. And in the process be slapped with 15% tariffs – and like it.

So smashing Nord Stream 2 – an operation carried out by the previous D.C. autopen administration – had a clear imperial purpose from the start.

On top of it, the EU must pay for its – already lost – war in Ukraine by buying unlimited amounts of overpriced US weapons to the tune of 5% of GDP. That’s what Trump imposed NATO to impose on the EU. Follow the money.

Yet whatever the “deal” advertised with a profusion of superlatives by the Circus Ringmaster, the numbers don’t add up.

The EU spent a hefty 375 billion euros on energy in 2024; only 76 billion euros of these were paid to the US.

That means that the EU would have to buy three times more US energy over the next three years. And only LNG Made in USA: no Norway, for that matter, which sells cheaper pipeline gas.

Defying reality – and obviously not put in check by meek European mainstream media – the toxic Medusa in Brussels vociferated that US LNG is cheaper than Russian pipeline gas.

Moscow is not breaking a sweat – because its major clients are all across Eurasia. As for the Americans, they will not divert all their exports to the EU – as European refineries can only handle a limited supply of American shale oil. Moreover, there’s no way EUrocrats can force European energy companies to buy American.

So to round up their figures they will have to buy from somewhere else. That would be Norway – and even Russia, assuming the Russians will be interested.

Trump 2.0 was clever enough to “exempt” some sectors from the tariff dementia, such as aircraft and aircraft parts, semiconductors, critical chemicals and some agriculture. Of course: these are all part of strategic supply chains.

The only thing that really mattered overall was to lock up Europe as a massive buyer of American energy and force them to invest in US infrastructure and the industrial-military complex.

And that points to the only way to “escape” the tariff dementia: when faced with an “offer you can’t refuse”, you don’t refuse; you take it, like it, and offer all sorts of investment in the US. Ancient empires used to force their “partners” to pay tribute. Welcome to the 21st century version.

After all, what does Europe have to offer as leverage? Nothing. No European company on the global Tech Top Ten. Not even an  European search engine; or globally successful smartphone; or operating system; or streaming platform; or cloud infrastructure. Not to mention no top semiconductor producer. And only one car maker among the global best-selling Top Ten.

All aboard “directed improvisation”

If the US sharks gave the EU rodents literally nothing, foxy China was benign enough to give just a little bit of something: a blah blah blah on climate change.

The end result – for the whole world to see: the EU as a sorry player carrying less than zero strategic autonomy on the global chessboard. It is royally ignored on the Empire’s Forever Wars – from Ukraine to West Asia. And it lectures Beijing – in Beijing – (italics mine) when it is totally dependent on Chinese raw materials, industrial equipment and complex supply chains for green and digital tech.

Yuen Yuen Ang, from Singapore, is a professor of political economy at Johns Hopkins University in Baltimore. She may need to tow the – strict – lines of US academia, which is exceptionalist by definition. But at least she’s capable of some valuable insights.  

For instance: “We’re all suffering from an attention deficit. We used to read books, then articles, then essays, then blogs, and now it’s further reduced to tweets of 280 characters. So you can imagine what sorts of messages fit in that tiny space. It has to be simplistic.”

That cuts to the heart of how the Circus Ringmaster is conducting his foreign policy; ruling via an accumulation of nonsensical posts.

Yuen Yuen reaches more serious territory when she comments on how China “wants to retire an old economic model that was highly dependent on low-cost exports, construction and real estate. It wants hi-tech, innovation-driven development.”

That’s exactly what will be discussed at the heart of the plenum in Beijing in October.

Yuen Yuen also notes how “back in the 1980s and 1990s”, China  could “imitate the late industrialisation model in East Asia. Today, there aren’t many role models. China itself has become a trailblazer, and other countries are seeing it as a role model.”

Hence her concept of “directed improvisation” – being conducted by the Beijing leadership. They know the preferred final destination, but still need to test all possible paths. The same, by the way,  also applies to BRICS – via what I defined as the “BRICS lab”, where all sorts of models are being tested. What matters, above all, is a non-stop, ever-adapting creative spirit.

Beats Tariff dementia everytime.

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

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Is the Federal Reserve Purposely Trying To Destroy the U.S. Economy?

Lew Rockwell Institute - Ven, 01/08/2025 - 05:01

Oops, they did it again.  Even though the housing market has been in a depressed state for an extended period of time and even though economic conditions are slowing down all over the country, the Federal Reserve has once again refused to lower interest rates.  What in the world are they thinking?  I certainly share President Trump’s frustration with the Fed.  Central banks all over the world have been cutting rates, but our central bank just won’t budge.  Have Fed officials gone completely insane, or are they purposely trying to destroy the U.S. economy?

Those that have been following my work for an extended period of time already know that I am not a fan of the Federal Reserve at all.  And now we have another very clear example of the Fed’s lack of competence…

The Federal Reserve said Wednesday it’s keeping its benchmark interest rate unchanged, citing elevated uncertainty over the nation’s economic outlook.

The decision to hold rates steady marks a continuation of the Fed’s “wait-and-see” strategy this year, as it monitors the impact of the Trump administration’s tariffs on consumer prices.

There were two Fed governors that did not agree with this decision.  This was the first time since 1993 that more than one Fed governor has dissented…

For the first time since 1993 more than one Fed governor voted against the Fed chair Jerome Powell and the committee’s majority decision.

The dissenters – governors Christopher Waller and Michelle Bowman – were both appointed by Trump and like the President support cutting rates.

For months Trump has pressured Powell to cut rates – currently between 4.25 and 4.5 percent – threatened to fire him, appoint a shadow chair and even harangued him over the cost of improvements to the Fed’s offices.

There are some experts that argue that we need to continue to keep interest rates at elevated levels in order to get inflation under control.

I definitely acknowledge that our seemingly endless cost of living crisis is a major concern.

But what about the housing market?

It has been in a depressed state for a long time.

Last year, sales of existing homes in the U.S. fell to the lowest level that we have seen since 1995

Sales of existing homes in the US fell last year to the lowest level in almost three decades, as sky-high home prices and elevated mortgage rates squeezed home buyers.

Sales of previously owned homes, which make up the vast majority of the market, totaled 4.06 million in 2024, the National Association of Realtors said Friday. That’s the lowest level since 1995 and slightly below 2023’s similarly anemic levels.

And this year, sales of existing homes are expected to be even lower than they were last year…

Sales volume for existing homes, previously projected to grow slightly this year compared with 2024, is now expected to fall 1.5% annually, to just 4 million transactions.

That would mark the slowest year for existing-home sales since 1995, when they registered 3.8 million. Home sales were also at their lowest since 1995 in both 2023 and 2024, according to the National Association of Realtors®.

Things were not even this bad during the Great Recession in 2008 and 2009.

The primary reason why homes are not selling is because interest rates are way too high.

Is the Fed just going to sit there and watch the life get squeezed out of one of the most important pillars of our economy?

Of course there are many pundits that are pointing to today’s GDP number as evidence that the overall economy is doing well…

Gross domestic product, a sum of goods and services activity across the sprawling U.S. economy, jumped 3% for the April through June period, according to figures adjusted for seasonality and inflation.

That topped the Dow Jones estimate for 2.3% and helped reverse a decline of 0.5% for the first quarter that came largely due to a huge drop in imports, which subtract from the total, as well as weak consumer spending amid tariff concerns.

That number looks pretty good until you realize that it was artificially boosted by a massive decline in imports.

In fact, we are being told that a huge drop in imports somehow added 5.2 percentage points to our GDP during the second quarter…

With Trump’s double-digit tariffs looming, American retailers and manufacturers raced to order foreign goods early in the year before the levies took effect. That led to an unprecedented flood of imports, which must be subtracted from GDP – the goods that consumers, companies and the public sector bought – because they’re made overseas.

Since those purchases were pulled forward, companies didn’t need to order as many goods from other countries last quarter and imports plunged 30.3%, reversing the 37.9% rise that dampened output earlier and bolstering U.S. growth. As a result, those foreign shipments added 5.2 percentage points to growth after subtracting a whopping 4.7 points in the January-March period.

If you took away the 5.2 percentage points that were added to our GDP due to falling imports, economic growth would have been deeply negative last quarter.

And based on all of the other economic data that we have been getting, that would make all the sense in the world.

We see a similar thing going on with the official employment numbers that the government has been giving us.

Thanks to the “birth-death model”, the U.S. has supposedly added 614,000 jobs so far this year.

But if you take away the “birth-death model”, the U.S. has actually lost 62,000 jobs so far this year…

So far this year, the net birth-death model has converted what would have been a 62,000-job decline in not seasonally adjusted nonfarm employment into a 614,000-job gain. In the note cited above, Bloomberg Economics estimated that the model and other factors have been artificially boosting seasonally adjusted gains of 130,000 a month so far this year by about 80,000 a month. If even roughly correct (Bloomberg Economics’ payroll overcount estimates as of June 2024 were about twice as big as what the BLS eventually reported), this would mean another sharp downward revision next February, the fifth in the last seven years.

I don’t have any confidence in the numbers that the government gives us at this stage.

When President Trump called them “fake” prior to the election, he was right on target.

One recent survey found that 70 percent of Americans are feeling “anxiety and depression” due to the finances.

That wouldn’t be happening if our economy really was in good shape.

Unfortunately, as long as the Federal Reserve keeps interest rates at elevated levels it is going to be a real struggle to turn things around.

Reprinted with permission from The Economic Collapse.

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The Demise of Western Law Dates From the Nuremberg Trials

Lew Rockwell Institute - Ven, 01/08/2025 - 05:01

Today as I write we are experiencing the effort by Director of National Intelligence Tulsi Gabba and CIA Director John Ratcliffe to retrieve American law from its weaponization against President Trump by the Obama Five–John Brennan, James Coney, James Clapper, Hillary Clinton, and President Obama himself, all of whom have been referred to the Attorney General on criminal charges. These people created the false “Russiagate” charges against President Trump in order to cancel his election and presidency and his intent to “normalize relations with Russia,” which was a threat to the profits of the US military/security complex. 

A large percentage of Americans are outraged by the corrupt Democrats’ use of law against Trump as a weapon in order to trample on the democratic process that elected Trump. But the weaponization of law occurred 80 years ago at the Nuremberg Trials.

The person responsible was the least likely of all.  It was former US Supreme Court Justice and former US Attorney General Robert Jackson. 

Until I read some years ago David Irving’s book, Nuremberg, I was a great admirer of Robert Jackson.  I still am for his previous positions, but he blew it at Nuremberg.

World War II was a disaster for many reasons still unrecognized. The victims were not only the millions of lives, the destruction of economies, the loss of European countries’ national confidence and sovereignty, but also truth and justice as values that must be defended.  

At Nuremberg the British, Americans, and Soviets, who had committed worst war crimes than the Germans, sat, immune from accountability, in judgment. “The winners write the histories” and hold he trials.

As David Irving documents in his histories, Churchill’s War and Hitler’s War, Hitler regarded the bombing of civilian cities as a war crime. When Churchill kept secret from his cabinet Hitler’s generous offer of peace, which included Germany’s promise to use its military power in defense of the British Empire, which Hitler regarded as essential to the continuation of vastly outnumbered white ethnicities, Churchill kept the document secret from the British Parliament and ordered the British air force  to commence bombing civilian German residential neighborhoods. 

Churchill ordered that the air force focus on workers’ housing, because it was closer together and the fires would spread quicker.  He ordered that first the British bombers use incendiary  bombs, then when the fire trucks showed up to again hit with high explosives.  He ordered that the British air force add poison gas to the bombs.  At this point, the Air Force high command, already concerned about war crimes, flatly refused.

In Germany, the generals told Hitler that the British would not stop bombing German civilians unless Hitler replied in kind.  Once Hitler was pressured into this response, Churchill, who had kept secret from the British that he was firebombing German cities, said: look, the barbarian Hitler is bombing civilians.  We must fight on and continue the war.

You can find the documentation in Irvings’ World War II histories and in John Wear’s books reproduced on my web sites.  Ron Unz of the Unz Review has also written extensively about the true story of World War II, one most people have never heard.

As far as I can tell, there are only three historians of World War II who are not court historians regurgitating the official war propaganda.  One is A.P.J. Taylor, who saw the hypocrisy of the court historians, but did not have the documentary resources that David Irving spent 50 years hunting down and forcing out of official files, hunting down and reading diaries and interviewing survivors.  John Wear is the third.

If you want to know the truth about World War II, you can only find it in these few writers, especially David Irvings’ Churchill’s War and Hitler’s War.  On orders from Israel, these books, that once sold in the millions of copies, have been burnt by the threatened and intimidated publisher, and copies are hard to find.

My generation and those following were taught that Churchill, Franklin Roosevelt, and Dwight Eisenhower were moral crusaders who fought against the evil demon Hitler.  Once you read Irving’s histories of World War II–histories based entirely on the OFFICIAL DOCUMENTARY EVIDENCE, NOT IRVING’S OPINION–you will wonder who the true evil demons were.  John Wear’s account of Eisenhower’s treatment of German prisoners of war shows the hate-driven barbarity with which German POWs were treated.  No honor of the rules of war here.

Here you have the great moral Western heroes showing their true colors:

“President Franklin D. Roosevelt, General Eisenhower, and Winston Churchill thought that surviving Nazis should be shot without trial. Roosevelt laughed about liquidating 50,000 German military officers. Eisenhower told Lord Halifax that Nazi leaders should be shot while trying to escape, the common euphemism for murder. Russians spoke of castrating German men and breeding German women to annihilate the German race. US Treasury Secretary Henry Morgenthau wanted to reduce Germany to an agrarian society and send able-bodied Germans to Africa as slaves to work on ‘some big TVA project.’”

The Great Moral Western World thought this was appropriate punishment for a country that dared to retrieve its national borders from the Treaty of Versailles that had dismembered Germany despite guarantees by US President Wilson.  The fact that WW II was started by Britain and France declaring war on Germany is left out of the story.

Below written by me eight yeas ago is the sad story of Robert Jackson’s destruction of law, which has left us all unprotected. Those of you who still care about your country need to understand what you are up against.

You are up against the worst and most powerful form of evil–the lost of your mind to lies and your conviction of a crime for believing the truth.

The Pale Horse is among us in Washington and Tel Aviv, with wars in process or brewing in Europe and Ukraine with Russia, in Iran with Trump and Netanyahu, in China with Trump.  The other Horses of the Apocalypse are not far behind.

The nuclear weapons likely to be used in war today are terminal of life on earth.  The Americans have idiots for foreign security advisers who think that  Russia is incapable of defending Russia from US nuclear attack.  Therefore the US can win a nuclear war with a country whose nuclear war capability greatly exceeds that of the US.

Putin’s hesitancy has given rise to this mistaken opinion.  In the world of today those who seek peace are regarded as trying to avoid war because they are weak and cannot win.  The apocalypse that is unfolding is due to the refusal of Washington to conclude a mutual security agreement with Russia.

Tyranny at Nuremberg

Update Aug. 12, 2017: Here is David Irving’s account of his arrest, trial, and imprisonment in Austria. His conviction was overturned by a higher court, and he was released. http://www.fpp.co.uk/books/Banged/up.pdf 

The showtrial of a somewhat arbitrarily selected group of 21 surviving Nazis at Nuremberg during 1945-46 was US Supreme Court Justice Robert Jackson’s show. Jackson was the chief prosecutor. As a long-time admirer of Jackson, I always assumed that he did a good job.

My admiration for Jackson stems from his defense of law as a shield of the people rather than a weapon in the hands of government, and from his defense of the legal principle known as mens rea, that is, that crime requires intent. I often cite Jackson for his defense of these legal principles that are the very foundation of liberty. Indeed, I cited Jackson in my recent July 31 column. His defense of law as a check on government power plays a central role in the book that I wrote with Lawrence Stratton, The Tyranny of Good Intentions.

In 1940 Jackson was US Attorney General. He addressed federal prosecutors and warned them against “picking the man and then putting investigators to work, to pin some offense on him. It is in this realm—in which the prosecutor picks some person whom he dislikes or desires to embarrass, or selects some group of unpopular persons and then looks for an offense—that the greatest danger of abuse of prosecuting power lies. It is here that law enforcement becomes personal, and the real crime becomes that of being unpopular with the predominant or governing group, being attached to the wrong political views or being personally obnoxious to, or in the way of, the prosecutor himself.”

Later as a Supreme Court justice Jackson overturned a lower court conviction of a person who had no idea, or any reason to believe, that he had committed a crime.

Having just finished reading David Irving’s book Nuremberg (1996), I am devastated to learn that in his pursuit of another principle, at Nuremberg Jackson violated all of the legal principles for which I have so long admired him. To be clear, at Nuremberg Jackson was in pursuit of Nazis, but their conviction was the means to his end—the establishment of the international legal principle that the initiation of war, the commitment of military aggression, was a crime.

The problem, of course, was that at Nuremberg people were tried on the basis of ex post facto law—law that did not exist at the time of their actions for which they were convicted.

Moreover, the sentence—death by hanging—was decided prior to the trial and prior to the selection of defendants.

Moreover, the defendants were chosen and then a case was made against them.

Exculpatory evidence was withheld. Charges on which defendants were convicted turned out to be untrue.

The trials were so loaded in favor of the prosecution that defense was pro forma.

The defendants were abused and some were tortured.

The defendants were encouraged to give false witness against one another, which for the most part the defendants refused to do, with Albert Speer being the willing one. His reward was a prison sentence rather than death.

The defendants’ wives and children were arrested and imprisoned. To Jackson’s credit, this infuriated him.

President Franklin D. Roosevelt, General Eisenhower, and Winston Churchill thought that surviving Nazis should be shot without trial. Roosevelt laughed about liquidating 50,000 German military officers. Eisenhower told Lord Halifax that Nazi leaders should be shot while trying to escape, the common euphemism for murder. Russians spoke of castrating German men and breeding German women to annihilate the German race. US Treasury Secretary Henry Morgenthau wanted to reduce Germany to an agrarian society and send able-bodied Germans to Africa as slaves to work on “some big TVA project.”

Robert Jackson saw in these intentions not only rank criminality among the allied leadership but also a missed opportunity to create the legal principle that would criminalize war, thus removing the disaster of war from future history. Jackson’s end was admirable, but the means required bypassing Anglo-American legal principles.

Jackson got his chance, perhaps because Joseph Stalin vetoed execution without trial. First a show trial, Stalin said, to demonstrate their guilt so that we do not make martyrs out of Nazis.

Whom to select for the list of 21-22 persons to be charged? Well, whom did the allies have in custody? Not all those they desired. They had Reichsmarschall Herman Göring who headed the air force. Whatever the valid charges against Göring, they were not considered to be mitigated by the fact that under Göring the German air force was mainly used against enemy formations on the battleground and not, like the US and British air forces in saturation terror bombing of civilian cities, such as Dresden, Tokyo, Hiroshima, and Nagasaki, or by the fact that in Hitler’s final days Hitler removed Göring from all his positions, expelled him from the party, and ordered his arrest.

The Nuremberg trials are paradoxical in that the law Jackson intended to establish applied to every country, not to Germany alone. The ex post facto law under which Germans were sentenced to death and to prison also criminalized the terror bombing of German and Japanese cities by the British and US air forces. Yet, the law was only applied to the Germans in the dock. In his book, Apocalypse 1945: The Destruction of Dresden (1995), Irving quotes US General George C. McDonald’s dissent from the directive to bomb civilian cities such as Dresden. Gen. McDonald characterized the directive as the “extermination of populations and the razing of cities,” war crimes under the Nuremberg standard.

They had foreign minister Ribbentrop. They had field marshals Keitel and Jodl and the grand-admirals Raeder and Dönitz. They had a German banker, who was saved from sentencing by the intervention of the Bank of England. They had a journalist. They had Rudolf Hess who had been in a British prison since 1941 when he went to Britain on a peace mission to end the war. They wanted an industrialist, but Krupp was too old and ill. He was devoid of the persona of a foreboding evil. You can read the list in Irving’s book.

Göring knew from the beginning that the trial was a hoax and that his death sentence had already been decided. He had the means (a poison capsule) throughout his imprisonment to commit suicide, thus depriving his captors of their planned humiliation of him. Instead, he held the Germans together, and they stood their ground. Possessed of a high IQ, time and again he made fools of his captors. He made such a fool of Robert Jackson during his trial that the entire court burst out in laughter. Jackson never lived down being bested in the courtroom by Göring.

And Göring wasn’t through with making his captors look foolish and incompetent. He, the field marshalls and grand admiral requested that they be given a military execution by firing squad, but the pettiness of the Tribunal wanted them hung like dogs. Göring told his captors that he would allow them to shoot him, but not hang him, and a few minutes before he was to be marched to the gallows before the assembled press and cameras he took the poison capsule, throwing the execution propaganda show into chaos. To this injury he added insult leaving the prison commandant, US Col. Andrus a note telling him that he had had 3 capsules. One he had left for the Americans to find, thus causing them to think his means of escaping them had been removed. One he had taken minutes prior to his show execution, and he described where to find the third. He had easily defeated the continuous and thorough inspections inflicted upon him from fear that he would commit suicide and escape their intended propaganda use of his execution.

There was a time in Anglo-American law when the improprieties of the Nuremberg trials would have resulted in the cases being thrown out of court and the defendants freed. Even under the ex post facto law and extra-judicial, extra-legal terms under which the defendants were tried, at least two of the condemned deserved to be cleared.

It is not clear why Admiral Donitz was sentenced to 10 years in prison. The chief American judge of the Tribunal, Francis Biddle, said: “It is, in my opinion, offensive to our concept of justice to punish a man for doing exactly what one has done himself.” “The Germans,” Biddle said, “fought a much cleaner war at sea than we did.“

Jodl, who countermanded many Nazi orders, was sentenced to death. The injustice of the sentence was made clear by a German court in 1953 which cleared Jodl of all Nuremberg charges and rehabilitated him posthumously. The French justice at the Nuremberg Tribunal said at the time that Jodl’s conviction was without merit and was a miscarriage of justice.

The entire Nuremberg proceeding stinks to high heaven. Defendants were charged with aggression for the German invasion of Norway. The fact was kept out of the trial that the British were about to invade Norway themselves and that the Germans, being more efficient, learned of it and managed to invade first.

Defendants were accused of using slave labor, paradoxical in view of the Soviets own practice. Moreover, while the trials were in process the Soviets were apparently gathering up able-bodied Germans to serve as slave labor to rebuild their war-torn economy.

Defendants were accused of mass executions despite the fact that the Russians, who were part of the prosecution and judgment of the defendants, had executed 15,000 or 20,000 Polish officers and buried them in a mass grave. Indeed, the Russians insisted on blaming the Germans on trial for the Katyn Forest Massacre.

Defendants were accused of aggression against Poland, and Ribbentrop was not permitted to mention in his defense the Molotov-Ribbentrop Pact that divided Poland between Germany and the Soviet Union, without which Germany could not have attacked Poland. The fact that the Soviets, who were sitting at Nuremberg in judgment on the Germans, had themselves invaded Poland was kept out of the proceedings.

Moreover, without the gratuitous British “guarantee” to Poland, the Polish military dictatorship would likely have agreed to return territories stripped from Germany by the Versailles Treaty and the invasion would have been avoided.

The greatest hypocrisy was the charge of aggression against Germany when the fact of the matter is that World War 2 began when the British and French declared war on Germany. Germany conquered France and drove the British from the European Continent after the British and French started the war with a declaration of war against Germany.

Irving’s book is, of course, politically incorrect. However, he lists in the introduction the voluminous files on which the book is based: Robert Jackson’s official papers and Oral History, Francis Biddle’s private papers and diaries, Col. Andrus’ papers, Adm. Raeder’s prison diary, Rudolf Hess’ prison diary, interrogations of the prisoners, interviews with defense counsel, prosecutors, interrogators, and letters from the prisoners to their wives. All of this and more Irving has made available on microfilms for researchers. He compared magnetic tape copies of the original wire-recordings of the trial with the mimeographed and published transcripts to insure that spoken and published words were the same.

What Irving does in his book is to report the story that the documents tell. This story differs from the patriotic propaganda written by court historians with which we are all imbued. The question arises: Is Irving pro-truth or pro-Nazi. The National Socialist government of Germany is the most demonized government in history. Any lessening of the demonization is unacceptable, so Irving is vulnerable to demonization by those determined to protect their cherished beliefs.

Zionists have branded Irving a “holocaust denier,” and he was convicted of something like that by an Austrian court and spent 14 months in prison before the conviction was thrown out by a higher court.

In Nuremberg, Irving removes various propaganda legends from the holocaust story and reports authoritative findings that many of the concentration camp deaths were from typhus and starvation, especially in the final days of the war when food and medicine were disappearing from Germany, but nowhere in the book does he deny, indeed he reports, that vast numbers of Jews perished. As I understand the term, a simple truthful modification of some element of the official holocaust story is sufficient to brand a person a holocaust denier.

My interest in the book is Robert Jackson. He had a noble cause—to outlaw war—but in pursuit of this purpose he established precedents for American prosecutors to make law a weapon in their pursuit of their noble causes just as it was used against Nazis—organized crime convictions, child abuse convictions, drug convictions, terror convictions. Jackson’s pursuit of Nazis at Nuremberg undermined the strictures he put on US attorneys such that today Americans have no more protection of law than the defendants had at Nuremberg.

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Ukraine – Anti-Corruption Independence Restored, Zelenski Weakened, Four Cities Are Falling

Lew Rockwell Institute - Ven, 01/08/2025 - 05:01

On Monday the 21st of July the Ukrainian Secret Service (SBU) searched offices of the independent anti-corruption police (NABU) and anti-corruption prosecutor office (SAPO) and detained several of its investigators. A day later the Zelenski regime pushed a law through parliament which ended the independence of both entities by putting them under control of the prosecutor general.

The move had been planned for months (in Russian) but was executed in haste after NABU and SAPO had served a notices-of-investigation to people near to the president.

But Zelenski had miscalculated the step. There were highly visible local protests and the EU stepped in by threatening to withhold subsidies on which the Ukrainian state depends.

Two days after his strike against the independent anti-corruption entities Zelenski had to pull back. Today the parliament reestablished the independence of NABU and SAPO.

The Verkhovna Rada (Ukrainian parliament) has passed a law restoring powers to Ukraine’s key anti-corruption agencies – the National Anti-Corruption Bureau (NABU) and the Specialised Anti-Corruption Prosecutor’s Office (SAPO).

A total of 331 MPs voted in favour of the presidential bill [..]. No MPs voted against the bill, and no one abstained. Nine MPs did not vote.

Under the new law, SAPO will now independently oversee the procedural supervision of NABU investigations – and is no longer under the control of the Prosecutor General.

The new law was signed by the president and is now in force.

By his misstep and its retraction from it Zelenski demonstrated a fatal weakness which his political enemies will soon use to end his control of the country.

Several additional corruption investigations against Zelenski’s entourage are pending. The most severe one is against Timur Mindich, a longtime business partner of the president nicknamed “Zelenski’s wallet”. NABU had wiretapped Mindich’s apartment which was used by Zelenski and others to discuss ‘businesses’. (Mindich’s bugged luxury apartment in Kiev is said to include a room with a golden toilet.)

With the independence of NABU and SAPO restored, new investigations against Mindich and other people near to Zelenski, and potentially against himself,  are likely to soon be published.

They will demonstrate that the president has lost the ability to protect those who work with him.

In consequence the majority of his party in parliament is shrinking (machine translation):

People’s Deputy Dmytro Kostyuk announced from the rostrum of the Verkhovna Rada that he was leaving the Servants of the People faction due to the situation with the National Anti-Corruption Bureau of Ukraine.

According to him, deputies were forced to vote for the draft law on depriving the NABU and SAPO of their powers, threatening them with criminal cases. He himself also supported this bill a week ago.

Now the faction formally consists of 231 deputies, which gives “Servant of the People” the rights of a mono-majority coalition. [..] However, if six people leave the faction, its number will be reduced, it will be less than the required 226 votes, and thus the ruling mono-majority will disappear.

The opposition, with former president Petro Poroshenko in the lead, will soon be able to clip the president’s wings.

The political chaos in Kiev is reinforced by the catastrophic situation on the battle field. There are four significant population centers which are likely to fall under Russian control within the next month.

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1. Kupiansk (pre-war population 26,000) – The Russian forces are pressing from the north towards the west of the city to cut its main supply line.

2. Siversk (pre-war population 10,000) – Russian forces have captured large parts of the woods north of Siversk and are now moving in from all sides.

3. Konstantinivka (pre-war population 8,500) – Russian forces are pushing west from the finally taken Chasiv-Yar agglomeration to cut the northern supply line to Konstantinivka. Russian forces southwest of the city are moving northward for the same purpose.

4. Prokovsk (pre-war population 85,000) – Ukrainian defense lines around and within the city have broken down. Russian forces are already in the city. Supply and exit routes to the north and west are barely passable.

The Ukrainian forces lack infantry. Some Ukrainian brigades have less than 100 people to man several miles long defense lines. There is a severe lack of mortar and artillery ammunition. The Russian side has more and better drones available in higher numbers. The recent re-organization of the Ukrainian army into corps sized structures has only increase the organizational chaos.

The Ukrainian army, like the Ukrainian state, is in the process of falling apart.

Reprinted with permission from Moon of Alabama.

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Uneasy Money

Lew Rockwell Institute - Ven, 01/08/2025 - 05:01

How many of you readers out there sincerely want to be very rich? The get-rich tip is only for Takimag faithful, so keep it under your belt: You go to something called Seeking Arrangement, and when a certain David Geffen contacts you, take his call. The bad news is there’s some hanky-panky involved, the kind I know nothing about but is the one celebrated by a multicolored flag for a whole bloody month. You then sue him, and you tell your lawyers that he plied you with drugs and told you that your relationship with him would be genuine and enduring. Then say you believed that you had finally found someone who cared. Do not, I repeat, do not sign any prenup.

Okay, I’m obviously joking, but I cannot understand how a Hollywood shark like Geffen can fall for the oldest of tricks, pun intended. Geffen is 82 and white, David Armstrong is 32 and black. Geffen is a billionaire mogul and Armstrong was a go-go dancer and part-time hooker. They married and were supposed to live happily ever after. Hollywood was thinking of making a family movie of their happy household. (I actually made that last bit up.) Now it’s in the hands of the lawyers, and love has flown the coop. Oy vey!

“Get-rich schemes have a way of turning sour, unless you’re a go-go dancer, that is.”

Now here’s my confession: I have never looked at seekingarrangements.com and didn’t know it existed until I read about the lawsuit. But I have met David Geffen—once—and he could not have been more polite and complimentary. My sailing boat Bushido, a real beauty, was anchored off shore next to his gigantic and ugly-as-sin behemoth near Antibes. That evening Geffen was seated next to my wife at a dinner party, and he told me how beautiful he thought my boat was. I thanked him, did not mention how horrid I thought his superliner was, and never saw him again.

In view of his kind words about my boat, I will not reveal what I think about an 82-year-old homosexual marrying a 32-year-old go-go dancer, except to say that it’s as fascinating as a lengthy history of orthodontics. They say that desire is the pain of ignorance, and David Geffen has shown ignorance of an alarming magnitude. Mind you, if Monsieur Geffen came to me for advice (as likely an event as me marrying a black go-go dancer), I would encourage him to settle for around $20 million with his husband and then get on his boat and sail away for a very long time.

Why twenty big ones? Why not? If Geffen is reported to be worth around 5 billion, 20 million is peanuts. He should also convince his soon-to-be ex that anything he wins in court will go to the lawyers, known for skinning the richest of cats. Of course, there’s another way of making a quick buck, this one practiced to perfection by one Antonius Saint Julian, age 6 and my grandson.

Instructed by his grandmother to bring her telephone from her bedroom, he discovered lotsa cash attached to the contraption. He pocketed the moola but delivered the phone. Nobody suspected nuttin’, as they say, until the next day when my wife decided she had lost her wallet with all its contents. I was sitting down to write about Geffen and the go-go dancer and took a look at my grandson. He is a beautiful little boy with blond curly hair, but I noticed a gleam in his eye as his granny searched for her cash. So I put the 6-year-old to the Shylock test, offering him 5 percent of the missing loot as he had no idea how much he had lifted. We shook hands, he turned over the spoils, and everyone was happy.

So there you have it: Get-rich schemes have a way of turning sour, unless you’re a go-go dancer, that is. Or Jeffrey Epstein, probably the world’s most disgusting blackmailer, now being used to embarrass The Donald. But take it from Taki, Trump never had anything to do with that scumbag except for the most superficial of social contacts and conversations. Prince Andrew, Larry Summers, Bill Gates, even Bill Clinton, they were all friends with Epstein, but not The Donald. Trump liked full-bodied models; the scumbag liked underage waifs. And while I’m at it, I knew Ghislaine Maxwell while her crook father was being courted by the Brit royals and most of British society in the ’80s and ’90s, and she wasn’t as bad as she could have been. In other words, compared with the arrogance and bad manners of her crooked old man, she was better. She became downright servile once the Maxwells lost their ill-gotten loot, which I found very embarrassing, especially when she once cornered me in Saint-Tropez and begged me and the wife to attend a cocktail party she was giving with the scumbag. We refused and in fact sailed away that afternoon.

No, I wasn’t afraid of that crook, just disgusted to be in the same port with him. Epstein made his moola by blackmailing Les Wexner, a rough and powerful Jewish mogul from Philadelphia. Wexner is dead, but while alive it was either a murder or Epstein buggering him that made him cover up, give lotsa moola, and present him as a financial adviser. I’d say it was both murder and buggery, for that matter. Ghislaine will now say anything to get out—who wouldn’t?—but she will be speaking with forked tongue.

This article was originally published on Taki’s Magazine.

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The New Gulag: Mental Health Detentions and the Criminalization of Dissent

Lew Rockwell Institute - Ven, 01/08/2025 - 05:01

“There are no dangerous thoughts; thinking itself is a dangerous activity.”—Hannah Arendt

The government’s war on homelessness—much like its war on terrorism, its war on drugs, its war on illegal immigration, and its war on COVID-19—is yet another Trojan Horse.

First, President Trump issues an executive order empowering federal agencies to clear out homeless encampments and lock up the homeless in mental institutions using involuntary civil commitment laws intended for dealing with individuals experiencing mental health crises.

Days later, a gunman allegedly suffering from a mental illness opens fire in New York City, killing four before turning the gun on himself.

Coming on the heels of Trump’s executive order aimed at “ending crime and disorder on America’s streets,” the shooting has all the makings of a modern-day Reichstag fire: a tragedy weaponized to justify allowing the government use mental illness as a pretext for locking more people up without due process.

An Orwellian exercise in doublespeak, Trump’s executive order suggests that jailing the homeless, rather than providing them with affordable housing, is the “compassionate” solution to homelessness.

According to USA Today, social workers, medical experts and mental health service providers say the president’s approach “will likely worsen homelessness across the country, particularly because Trump’s order contains no new funding for mental health or drug treatment. Additionally, they say the president appears to misunderstand the fundamental driver of homelessness: People can’t afford housing.

And then comes the kicker: Trump wants to see more use of civil commitments (forced detentions) for anyone who is perceived as posing a risk “to themselves or the public or are living on the streets and cannot care for themselves in appropriate facilities for appropriate periods of time.”

Translation: the government wants to use homelessness as a pretext for indefinitely locking up anyone who might pose a threat to its chokehold on police state power.

When you consider the ramifications of giving the American police state that kind of authority to preemptively neutralize a potential threat, you’ll understand why some might view these looming mental health round-ups with trepidation.

By directing police to carry out forced detentions of individuals based not on criminal behavior but on perceived mental instability or drug use, the Trump administration is attempting to sidestep fundamental constitutional protections—due process, probable cause, and the presumption of innocence—by substituting medical discretion for legal standards.

Taken to its authoritarian limits, this could allow the government to weaponize the label of mental illness as a means of exiling dissidents who refuse to march in lockstep with its dictates.

Police in cities like New York have already been empowered to forcibly detain individuals for psychiatric evaluations, based on vague, subjective criteria: having “firmly held beliefs not congruent with cultural ideas,” exhibiting “excessive fears,” or refusing “voluntary treatment.”

What happens when these criteria are expanded to encompass anyone who challenges the police state’s narrative?

Once the government is allowed to control the narrative over who is deemed mentally unfit, mental health care could become yet another pretext for pathologizing dissent in order to disarm and silence the government’s critics.

Take heed: this has the potential to become the next phase of the government’s war on thought crimes, cloaked in the guise of public health and safety.

According to the Associated Press, federal agencies have been exploring how to incorporate “identifiable patient data” into their surveillance toolkits, including behavioral health records.

The infrastructure is already in place to profile and detain individuals based on perceived psychological “risks.”

The government is actively exploring how to use data from wearable health devices—including heart rate, stress response, and sleep patterns—to flag individuals for intervention. Now imagine a future in which your Fitbit or Apple Watch triggers a mental health alert, resulting in your forced removal “for your own safety.”

Mass surveillance combined with artificial intelligence-powered programs that can track people by their biometrics and behavior, mental health sensor data (tracked by wearable data and monitored by government agencies such as HARPA), threat assessments, behavioral sensing warnings, precrime initiatives, red flag gun laws, mental health first-aid programs aimed at training gatekeepers to identify who might pose a threat to public safety, and government access to behavioral health records could pave the way for a regime of police state authoritarianism by way of preemptive mental health detentions.

If the police state is equipping itself to monitor, flag, and detain anyone it deems mentally unfit, without criminal charges or trial, this could be the tipping point in the government’s efforts to penalize those engaging in so-called “thought crimes.”

This is not about public safety. It’s about control.

We’ve seen this tactic before. When governments seek to suppress dissent without provoking outrage, they turn to psychiatric labels.

Throughout history, from Cold War-era Soviet gulags to modern pre-crime initiatives, authoritarian regimes have used psychiatric labels to isolate, discredit, and eliminate dissidents.  As historian Anne Applebaum notes, administrative exile, which required no trial and due process, “was an ideal punishment not only for troublemakers as such, but also for political opponents of the regime.”

The word “gulag” refers to a labor or concentration camp where prisoners (oftentimes political prisoners or so-called “enemies of the state,” real or imagined) were imprisoned as punishment for their crimes against the state. Soviet dissidents were often declared mentally ill, institutionalized in prisons disguised as psychiatric hospitals, and subjected to forced medication and psychological torture.

Totalitarian regimes used such tactics to isolate political dissidents from the rest of society, discredit their ideas, and break them physically and mentally.

In addition to declaring political dissidents mentally unsound, government officials in the Cold War-era Soviet Union also made use of an administrative process for dealing with individuals who were considered a bad influence on others or troublemakers. Author George Kennan describes a process in which:

The obnoxious person may not be guilty of any crime . . . but if, in the opinion of the local authorities, his presence in a particular place is “prejudicial to public order” or “incompatible with public tranquility,” he may be arrested without warrant, may be held from two weeks to two years in prison, and may then be removed by force to any other place within the limits of the empire and there be put under police surveillance for a period of from one to ten years.

Warrantless seizures, surveillance, indefinite detention, isolation, exile…sound familiar?

What’s unfolding in America is the modern police state’s version of that same script.

Civil commitment laws are found in all states and employed throughout American history.

Under the doctrines of parens patriae and police power, the government already claims authority to confine those deemed unable to act in their own best interest or who pose a threat to society.

When fused, these doctrines give the state enormous discretion to preemptively lock people up based on speculative future threats, not actual crimes.

This discretion is now expanding at warp speed.

The result is a Nanny State mindset carried out with the militant force of the Police State.

Once dissent is equated with danger—and danger with illness—those who challenge the state become medicalized threats, subject to detention not for what they’ve done, but for what they believe.

We’ve already seen what happens when dissent is pathologized and criminalized, and civil commitment laws are weaponized:

  • Russ Tice, an NSA whistleblower, was labeled “mentally unbalanced” after attempting to testify in Congress about the NSA’s warrantless wiretapping program.
  • Adrian Schoolcraft, an NYPD officer who exposed police corruption, was forcibly committed to a mental facility in retaliation.
  • Brandon Raub, a Marine who posted controversial political views on Facebook, was arrested and detained in a psychiatric ward under Virginia’s mental health laws.

These cases aren’t anomalies—they’re warning signs.

Government programs like Operation Vigilant Eagle, launched in 2009, characterized military veterans as potential domestic terrorists if they showed signs of being “disgruntled or disillusioned.” A 2009 DHS report broadly defined “rightwing extremists” as anyone seen as antigovernment.

The result? A surveillance dragnet aimed at military veterans, political dissidents, gun owners, and constitutionalists.

Now, under the banner of mental health, the same dragnet is being equipped with red flag gun laws, predictive policing, and involuntary detention authority.

In theory, these laws are meant to prevent harm. In practice, they punish thought, not conduct.

Trump’s latest executive order doesn’t just target the homeless—it establishes a precedent for rounding up anyone deemed a threat to the government’s version of law and order.

The same playbook that pathologized opposition to war or police brutality as “Oppositional Defiant Disorder” could now be used to classify political dissent as a psychiatric illness.

This is not hyperbole.

The government’s ability to silence dissent by labeling it as dangerous or diseased is well documented—and now it’s about to be codified into law.

Red flag gun laws, for example, authorize government officials to seize guns from individuals viewed as a danger to themselves or others. The stated intention is to disarm individuals who are potential threatsNo mental health diagnosis is required. No criminal charge. Just a hunch. Those most likely to be targeted? The people already on government watch lists: political activists, veterans, gun owners, and anyone labeled an “extremists”— a term that now applies to anyone critical of the government.

While the intention may appear reasonable—disarming people who pose an “immediate danger” to themselves or others—the problem arises when you put the power to determine who is a potential danger in the hands of a police state that equates dissent with extremism.

This is the same police state that uses the words “anti-government,” “extremist” and “terrorist” interchangeably.

The same police state whose agents are weaving a web of threat assessments, behavioral sensing warnings, flagged “words,” and “suspicious” activity reports using AI, social media surveillance, behavior sensing software, and citizen snitches to identify potential threats.

The same police state that renews the NDAA year after year—authorizing the indefinite military detention of U.S. citizens.

The same police state that considers you suspicious based on your religion, your bumper stickers, or your political beliefs.

As a New York Times editorial warns, you may be labeled an anti-government extremist (a.k.a. domestic terrorist) if you are afraid that the government is plotting to confiscate your firearms, believe the economy is about to collapse, fear the government will soon declare martial law, or display too many political and/or ideological bumper stickers on your car.

This is the same police state that now wants access to your mental health data, your digital footprint, your biometric records—and the legal authority to detain you for your own good.

And it’s the same police state that, facing rising protests, unrest, and collapsing public trust, is seeking new ways to suppress dissent—not through open force, but under the cover of public health.

This is where thought crimes become real crimes.

We’ve seen this trajectory before.

The war on drugs.

The war on terror.

The war on COVID.

Each began with real concerns. Each ended as a tool of compliance, coercion, and control.

Now, as I make clear in my book Battlefield America: The War on the American People and in its fictional counterpart The Erik Blair Diaries, we are entering a new war: the war on anti-government dissidents.

We are fast approaching a future where you can be locked up for the thoughts you think, the beliefs you hold, or the questions you ask.

The government will use any excuse to suppress dissent and control the narrative.

It will start with the homeless.

Then the mentally ill.

Then the so-called extremists.

Then the critics, the contrarians, and the constitutionalists.

Eventually, it will come for anyone who dares to get in the government’s way.

This is how tyranny rises. This is how freedom falls.

Unless we resist this creeping mental health gulag, the prison gates will eventually close on us all.

This article was originally published on The Rutherford Institute.

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Left-Wing Smear Artists Ruined

Lew Rockwell Institute - Ven, 01/08/2025 - 05:01

Ever heard of Media Matters, the character assassination site masquerading as a left-wing media watchdog group?

It’s in big trouble.

Rod Martin has an excellent thread about it on X today.

Media Matters is run by David Brock, author of The Real Anita Hill, an expose on the woman whose accusations against Clarence Thomas created a media frenzy in 1991.

Brock later regretted writing that book, and began his move to the left, at which point he’d engage in character assassination against the right. Here he is on MSNBC:

You may recall the conflict Media Matters had with Elon Musk, which is what led to the disastrous situation it now faces.

It alleged that the platform was so out of control that major brands were seeing their ads appearing alongside Nazi content.

Media Matters pointed to screenshots of such pairings in its report as evidence of a severe and widespread problem on the platform, without disclosing the lengths to which they’d had to go in manipulating the algorithm to get the system to generate these anomalous results.

According to X, these juxtapositions of large companies alongside objectionable content were so rare that essentially nobody except Media Matters itself ever saw them. For brands like IBM, Comcast, and Oracle, only one viewer, Media Matters itself, saw the pairing out of over 500 million users; for Apple, it was just two views, at least one of which was by Media Matters.

Since the platform has 5.5 billion daily ad impressions, to call these pairings unrepresentative would be a gross understatement.

The result was what Media Matters had hoped for: an exodus of advertisers from the platform.

So Elon Musk sued.

When Media Matters tried to negotiate, Musk laid out his terms:

  • Retract the report about antisemitic content on X.
  • Pay X all the money remaining in Media Matters’ bank account.
  • Shut down operations entirely.

Needless to say, Media Matters didn’t accept those terms. But life has grown ever more challenging for the organization since then.

Their law firm, friendly to progressive causes, demanded $4 million (eventually lowered to $2.25 million) in unpaid fees. Media Matters has had to lay off a significant portion of its staff and is dealing with donors who have been described, understandably, as “skittish.”

Ain’t that a shame.

Never pay for a book again: TomsFreeBooks.com

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New Whistleblower Report Drops as Pressure Mounts in Russia Case

Lew Rockwell Institute - Ven, 01/08/2025 - 05:01

I arrived in Washington for an event last night, trying to finish the story about former CIA official Susan Miller’s disputed biography on my phone, when new information dropped from Director of National Intelligence Tulsi Gabbard’s office. Before heading home today (with a pause to record America This Week from a hotel), I wanted to catch readers up on new developments, and explain some of what we’ll be publishing in the next week or so, as a wall of nonsense enters crumble mode.

Tulsi’s new document is a whistleblower statement, from a former “Deputy National Intelligence Officer (DNIO) at the National Intelligence Council (NIC).” The former official’s story mostly surrounds his suppressed objections to the use of unverifiable evidence in the Russiagate assessment, and subsequent odyssey through the whistleblower bureaucracy. A tale I’d never heard before, that the dossier material was inserted during a car ride involving James Comey, James Clapper, and John Brennan, makes a cameo. The jokes write themselves:

An additional interesting angle has to do with the investigation of Special Counsel John Durham and the whistleblower’s apparent inability across years to connect with him, despite appearing to have evidence relevant to his probe. If you want to know why few people in federal service blow the whistle, this excerpt might offer insight:

The IC IG staff stated to me — for the first time — that the IC IG lacked a mechanism or authority to convey potentially relevant whistleblower information, regarding potential criminal activity, to the Department of Justice (DOJ) Special Counsel. IC IG staff acknowledged the possibility that I had witnessed malfeasance and events of possible relevance to ongoing criminal investigations being conducted by Special Counsel Durham, but the IC IG staff stated no procedure existed to pass information to DOJ investigators, save my taking action in personal capacity.

That’s Catch-22 in life. Intelligence personnel who witness malfeasance are trained to go to the IC Inspector General, but when this whistleblower went to that office, he was essentially handed back the line made famous by Maine humorist Marshall Dodge: “You can’t get there from here.”

Rumors continue to circulate about the possible incipient publication of a classified annex to Durham’s investigation. A lot of people are waiting for that document. Meanwhile, Greg Collard published a Racket Library page containing an archive of the recently declassified materials. Greg does a great job detailing the chronology of this story, showing dates of document releases and statements along with clips of coverage to show the progress of media reactions. We’ll be adding as we go to this timeline, which readers will know by another memorable illustration by Daniel Medina:

The image of Brennan in “Take my wife, please” mode fits the moment, as Walter and I will discuss on tomorrow’s America This Week. There is a definite rats-fleeing-a-sinking-ship vibe around the original protagonists in this story. Brennan and Clapper pointed fingers at Comey in a remarkably poisonous “It wasn’t us!” editorial in the New York Times; former National Security Adviser Susan Rice wore out the all-caps function in one of a series of nervy tweets on this topic; and John Kerry “protected” his social media record. This is all in addition to once-ubiquitous CIA spokesperson Susan Miller’s “Yeah, that’s the ticket” act about having authored or directed the Intelligence Community Assessment team blowing up yesterday in bizarre fashion.

Racket will have a feature coming soon by UndeadFOIA, explaining little-known documents relevant to this case obtained by his public records requests across years. These shed a lot of new light on how we got where we are. We’re pushing this now because there’s a strong sense one of the major deceptions of our era is about to fall, and we all want it documented cleanly. Please hang in there with us.

This article was originally published on Racket News.

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Perché Israel Kirzner merita il premio Nobel

Von Mises Italia - Ven, 07/04/2017 - 08:36

Nell’autunno del 2014 hanno iniziato a circolare le voci secondo le quali il professor Israel Meir Kirzner (classe 1930 economista, rabbino britannico naturalizzato statunitense ed esponente della scuola austriaca), insieme a William Baumol (classe 1922, economista statunitense, professore alla New York University e alla Princeton University), erano possibili candidati per il premio Nobel. La fonte del rumor era la Thomson-Reuters la società di database scientifico – e alla base della voce erano i modelli di citazione. Anche se è un database diverso, ma solo per facilità di ricerca ai lettori di questo saggio, in modo che possano verificare la presenza di se stessi, una ricerca su Google Scholar sarà sufficiente a fornire una certa prospettiva sull’impatto scientifico in fase di registrazione da Baumol e Kirzner. I rilevanti contributi di Baumol sono i seguenti:

  • “Entrepreneurship: Productive, Unproductive, and Destructive.” Journal of Political Economy 98(5) 1990: 893-921 con 4.641 citazioni;

  • Contestable Markets and The Theory of Industry Structure. New York: Harcourt Brace Jovanovich, 1982 (coauthored with John C. Panzar, and Robert D. Willig) con 6.454 citazioni;
  • “Contestable Markets: An Uprising in the Theory of Industry Structure.” The American Economic Review 72(1) 1982: 1-15 con 2.455 citazioni;
  • “Entrepreneurship in Economic Theory.” The American Economic Review 58(2) 1968: 64-71 con 1.581 citazioni.

I contributi rilevanti di Kirzner dovrebbero includere:

  • Competition and Entrepreneurship. Chicago: University of Chicago Press, 1973 con 7.550 citazioni;

  • “Entrepreneurial Discovery and the Competitive Market Process: An Austrian Approach.” Journal of Economic Literature 35(1) 1997: 60-85 con 3.273 citazioni;

  • Perception, Opportunity, and Profit: Studies in the Theory of Entrepreneurship. Chicago: University of Chicago Press, 1979 con 2.604 citazioni. (1)

Confronta questi numeri con i precedenti premi Nobel, come F.A. Hayek, il cui “l’uso della conoscenza nella società” ha raccolto 13.935 citazioni e opere come La via della schiavitù e la costituzione della libertà, che sono stati citati più di 8.000 volte ciascuno. Al famoso “Il ruolo della politica monetaria” di Milton Friedman poco più di 7.000 citazioni e la sua Storia monetaria degli Stati Uniti (coautore con Anna Schwartz – 1915-2012 economista americana al National Bureau of Economic Research di New York City) appena sotto le 8.000. Di James Buchanan (1919-2013 economista statunitense) Il Calcolo del consenso (coautore con Gordon Tullock – 1922-2014 economista) è stato citato più di 10.000 volte, ma il suo saggio seguente più citato è: “La teoria economica dei clubs” che ha raccolto poco più di 3.800 citazioni.

Quindi le voci non erano incredibili sulla base dei criteri della Thomson-Reuters. E Baumol e Kirzner erano già stati riconosciuti in Svezia con il Premio Internazionale per l’Imprenditorialità e la Ricerca sulle piccole imprese e per il loro lavoro nel campo dell’imprenditoria. Così, ancora una volta, le voci erano (sono) plausibili, anche se, naturalmente, improbabili – soprattutto per quanto riguarda Kirzner, dato il suo status di outsider. Ahimè, né Baumol né Kirzner hanno ricevuto la telefonata quel giorno dell’ottobre nel 2014.

Ho intenzione di utilizzare questa occasione per fornire alcuni motivi per chiedere di avere, e speriamo, ricevere quel riconoscimento da parte della Svezia, in particolare perché i contributi di Israel Kirzner alla nostra comprensione del comportamento concorrenziale, della struttura industriale e del processo del mercato imprenditoriale dovrebbero essere riconosciuti. Vorrei anche dimostrare che il lavoro di Kirzner fornisce una piattaforma per la ricerca futura alla teoria dei prezzi ed al sistema di mercato più in generale. (2)

L’aspetto dei contributi che voglio sottolineare sono le intuizioni di Kirzner sulla naturale rivalità del comportamento concorrenziale e del processo di mercato. Egli ha sollevato le questioni fondamentali per l’analisi della teoria del mercato ed il funzionamento del sistema dei prezzi, che è alla base stessa della scienza economica. I suoi scritti sul comportamento economico, in tutta la loro varietà e complessità, esplorano l’ambiente istituzionale che consente una economia di mercato per realizzare i vantaggi reciproci dal commercio, per ritrovare continuamente i guadagni da innovazione, per produrre un sistema caratterizzato dalla crescita economica e per la creazione di ricchezza.

L’interesse personale e la Mano Invisibile

La scienza economica fin dalla sua nascita si compone di due affermazioni che devono essere conciliate l’uno con con l’altra: il postulato dell’interesse personale e la spiegazione della mano invisibile. Da Adam Smith in avanti molti hanno spiegato il rapporto del collassare, uno sull’altro, attraverso i rigorosi presupposti cognitivi e postulando un ambiente privo di attrito o hanno cercato di dimostrare l’impossibilità di far quadrare queste due affermazioni a causa di carenze cognitive o di una varietà di attriti supposti.

Così i dibattiti di economia politica sul ruolo del governo nell’economia tendevano, dopo la Seconda Guerra Mondiale, ad accendere ad un assioma dei mercati perfetti o la dimostrazione di deviazioni da quella ideale a causa di mercati imperfetti. Kirzner, fin dall’inizio della sua carriera, ha dovuto affrontare obiezioni alle spiegazioni della mano invisibile associate a domande riguardanti la razionalità umana, l’esistenza del potere del monopolio, la pervasività delle esternalità ed ad una varietà di deviazioni dal libro di testo ideale della concorrenza perfetta.

In due modi gli economisti hanno risposto alle critiche del funzionamento dell’economia di mercato: in primo luogo, la chiarezza concettuale, in cui il teorico insiste sull’illustrare le condizioni di base su cui si stanno facendo affermazioni sulla mano invisibile e dimostrando che le critiche si basavano su fondamenta sbagliate; in secondo luogo, dalla dimostrazione che le deviazioni dalla nozione dal manuale ideale della concorrenza perfetta, non necessariamente, impediscono al sistema dei prezzi, di fare il proprio lavoro, di coordinare l’attività produttiva di alcuni i modelli di consumo con degli altri e la spiegazione della teoria della mano invisibile del mercato risulta dalla ricerca del proprio interesse all’interno di un certo insieme di condizioni istituzionali. Tali condizioni istituzionali sono stabilite dalle leggi di proprietà e di contratto che sono fissate e applicate e che costituiranno il quadro in cui ha luogo l’interazione economica.

Nel lavoro di Kirzner esamineremo entrambe queste risposte alle critiche del mercato. In realtà ha intitolato un saggio relativamente tardi nella sua carriera “I limiti del mercato: il reale e l’immaginato” (1994). La chiarezza concettuale percorre un lungo cammino per correggere un libero pensiero legato alla razionalità umana, all’esternalità, al potere del monopolio, ecc. ed alla forza dei processi di mercato per fornire l’incentivo agli operatori economici di adeguare continuamente il loro comportamento e di adattarsi al mutare delle circostanze per gran parte del rimanente. Lontano dal ribadire una teoria del ricostruito mercato-perfetto, questo approccio Kirzneriano costringe l’analista a guardare con attenzione alle proprietà dinamiche del sistema in quanto è in continua evoluzione verso una soluzione ed il ruolo essenziale è svolto nel quadro della strutturazione del contesto economico.

L’“inefficienza” di oggi è l’opportunità di profitto di domani per l’individuo che è in grado di agire alla situazione e di spostare il sistema in una direzione meno “errata” di prima. E se l’attuale decisore critica e non fa il necessario aggiustamento, un altro lo farà per lui, le risorse saranno reindirizzate, ed un modello di scambio e di produzione emergerà meglio coordinato dai piani dei partecipanti al mercato. Il lavoro di Kirzner volge la nostra attenzione teorica lontano dagli esercizi di ottimizzazione contro il vincolo dei dati e verso gli attori umani attenti e creativi che scoprono continuamente strade per realizzare profitti dal commercio e guadagni dalla innovazione.

Kirzner e Mises

Ludwig von Mises ha stimolato la ricerca intellettuale di Kirzner. Nato in Inghilterra il 13 febbraio 1930, Kirzner e la sua famiglia si trasferirono in Sud Africa nel 1940. Nel 1947 ha frequentato l’Università di Città del Capo, ma poi si trasferì negli Stati Uniti alla fine dell’anno accademico. Dopo la laurea al Brooklyn College, nel 1954, Kirzner decise di conseguire la laurea in economia aziendale, con indirizzo in ragioneria, presso la New York University e nel 1955 ha conseguito il Master in Business Adomistradion. Mentre completava il corso per l’MBA, Kirzner ha cercato un corso più impegnativo, per sua scelta, così ha guardato nell’elenco della facoltà i professori che avevano pubblicato molti libri ed erano stati premiati con prestigiosi riconoscimenti. Capitò sul nome di Ludwig von Mises. Lui ha raccontato la sua storia innumerevoli volte; i compagni e gli amministratori lo avvertirono di non frequentare quel corso perché dicevano che Mises era vecchio e non più al passo con i tempi.

Ma Kirzner frequentò, comunque, il corso che ha cambiato la sua vita. Nello stesso semestre stava seguendo la teoria dei prezzi, utilizzando La teoria del prezzo di Stigler (1952) e imparando a distinguere fra la scelta entro i vincoli e la logica della concorrenza perfetta; nel seminario di Mises stava leggendo l’Azione umana (Human Action), portando a conoscenza l’agonia umana del processo decisionale in mezzo a un mare di incertezze e che il mercato non era un luogo o una cosa, ma un processo. Le idee di Mises lo incuriosivano e conciliando ciò che stava imparando da Stigler con quello che stava apprendendo da Mises hanno scatenato la sua immaginazione intellettuale. E’ cambiato il suo percorso: dalla carriera di contabile professionista a quella di economista accademico. In un primo momento Mises, che ha riconosciuto il potenziale di Kirzner, gli raccomanda di andare alla Johns Hopkins University e lavorare con il più giovane, il più professionale ed inserito tra gli economisti accademici contemporanei: Fritz Machlup (1902-1983 economista austriaco). Mises ha persino organizzato una borsa di studio per Kirzner. Ma Kirzner ha scelto di rimanere, fino alla fine, alla New York University sotto la direzione di Mises ed il suo dottorato di ricerca in economia è stato premiato nel 1957. In quel periodo ha ricevuto la nomina a professore di economia alla New York University e ha insegnato fino al suo pensionamento nel 2000.

Il primo libro di Kirzner è stato: Il punto di vista economico (1960), sviluppato dal suo dottorato di ricerca come tesi di laurea. Bettina Bien Greaves (classe 1917), della Fondazione per l’Educazione Economica, ha frequentato regolarmente il seminario di Mises alla New York University e ha preso accurati appunti nel corso degli anni. Un aspetto di quelle note erano le idee di ricerca che Mises avrebbe tirato fuori dal corso. La prima idea del genere la annotò il 9 novembre 1950 ed era: “Hai bisogno di un libro sull’evoluzione dell’economia, come scienza della ricchezza, ad una scienza dell’azione umana”. (3) Questo argomento è quello che Kirzner ha analizzato nella sua tesi e nel libro successivo. Il punto di vista economico attentamente e meticolosamente annotato nello sviluppo del pensiero economico, concentrandosi sul significato che gli economisti hanno annoverato nel loro soggetto: dai classici (scienza della ricchezza) ai moderni (scienza dell’azione umana). Il capitolo chiave del libro cerca di elaborare lo sviluppo della prasseologia di Mises.

L’importanza della prasseologia di Mises

Kirzner sostiene tutti i contributi unici di Mises nei vari campi della teoria economica, perché sono il risultato di uno sviluppo coerente della prospettiva prasseologica sulla natura della scienza economica. “Se la teoria economica, come la scienza dell’azione umana, è diventata un sistema per mano di Mises, essa è così perché la sua comprensione, del suo carattere prasseologico, impone le sue proposizioni in una logica epistemologica che di per sé crea questa unità ordinata” (Kirzner, il punto di vista economico, p. 160).

L’economia, come il ramo più sviluppato della prasseologia, deve iniziare con la riflessione sull’essenza dell’azione umana. “Lo scopo non è qualcosa che deve essere semplicemente ‘preso in considerazione’: esso fornisce l’unica base del concetto di azione umana” (ibid., p. 165) … I teoremi dell’economia, vale a dire, i concetti di utilità marginale, di costo dell’opportunità ed il principio della domanda e dell’offerta, sono tutti derivati dalla riflessione sulla finalità dell’azione umana. La teoria economica non rappresenta un insieme di ipotesi verificabili, ma piuttosto un insieme di strumenti concettuali che ci aiutano nella lettura del mondo empirico.

Ciò che rende unico delle scienze umane, in contrasto con le scienze fisiche, è che il punto essenziale del fenomeno, oggetto dello studio, sono gli scopi umani ed i programmi. Come studente di Mises, Fritz Machlup una volta ha posto la seguente domanda: “Se il soggetto potesse parlare, cosa direbbe?” Lo scienziato umano può attribuire il risultato ai fenomeni in discussione. In realtà egli deve assegnare lo scopo umano se vuole rendere tali fenomeni oggetto di indagine intelligibile. Possiamo capire che i pezzi di metallo e la carta cambiano la funzione alle mani, come il “denaro”, è causa delle finalità e dei piani che noi attribuiamo alle parti negoziali. Lo scienziato umano può e, anzi deve, basarsi sulla conoscenza delle tipizzazioni ideali di altri esseri umani.

Siamo in grado di capire il comportamento mirato dell’“altro”, perché noi stessi siamo umani. Questa conoscenza, denominata “conoscenza dal di dentro”, è unica per le scienze umane ed è stato un disastro totale cercare di eliminare il ricorso ad essa importando i metodi delle scienze naturali e delle scienze sociali per creare la “fisica sociale”. Gli scienziati hanno dimenticato che, mentre era opportuno eliminare l’antropomorfismo dallo studio della natura, sarebbe del tutto indesiderabile eliminare l’uomo, con i suoi scopi ed i suoi progetti, dallo studio dei fenomeni umani. Un tale esercizio comporta risultati nel “meccano-morfismo” delle scienze umane (dottrina in cui l’universo è completamente spiegabile in termini meccanicistici), vale a dire, attribuendo un comportamento meccanico ai soggetti umani creativi. In una situazione del genere si finisce per parlare del comportamento economico dei robot, non degli uomini. Ma questo è esattamente quello che è successo nel dopoguerra, quando l’“economia” è stata studiata come un meccanismo astratto in contrasto con l’arena in corso dove fuori si gioca l’impegno degli individui per migliorare la loro condizione.

Il processo di mercato ed il costante cambiamento

Come sottolineato da Mises, F.A. Hayek, Kirzner ed anche da James Buchanan, nel suo più famoso saggio “Cosa dovrebbero fare gli economisti? ” (1964), l’economia non ha alcuna teleologia in quanto tale, ma gli attori all’interno dell’economia, in effetti, hanno le loro teleologie individuali. E’ fondamentale per comprendere la natura dell’economia di mercato, dal momento che una diversità di obiettivi e di programmi sono perseguiti e soddisfatti da altri; potenziali conflitti sono riconciliati attraverso lo scambio e nuovi modi di perseguire e soddisfare sono costantemente scoperti da imprenditori creativi ed attenti. L’economia non ha un unico fine; non ha uno “scopo”. E’ invece solo un “mezzo-correlato”, un “nesso di scambi volontari”. Il mercato è sempre in sviluppo, sempre in evoluzione verso una soluzione e non in nello stato finale di rilassamento.

In misura considerevole, questo è quello che voleva dire Mises quando ha detto che il mercato non è un luogo o una cosa, ma un processo. E ciò che anima questo continuo processo di scambio e di produzione è l’intenzionale protagonista umano – con tutti le sue debolezze e le sue paure, così come la sua immaginazione ed il coraggio di progettare l’inesplorato. L’attore Misesiano non è né un animale puramente reattivo, né una macchina calcolatrice fredda, ma invece è tipicamente un protagonista umano, che ha obiettivi e che cerca di utilizzare in modo creativo, con i mezzi a disposizione, di conquistare questi obiettivi in un mondo di incertezza e di ignoranza ed è in grado di apprendere, attraverso il tempo, i passi falsi precedenti e le svolte sbagliate.

Il cambiamento è un tema costante negli scritti di Mises – i cambiamenti dei gusti, della tecnologia e della disponibilità delle risorse. L’aspetto meraviglioso del sistema dei prezzi è la sua capacità di assorbire il cambiamento: il ruolo guida dei prezzi relativi, il richiamo del puro profitto e la disciplina della perdita per reindirizzare i responsabili delle decisioni economiche, così che i loro piani di produzione e le loro richieste di consumo irretite dalla nuova realtà. E’ importante sottolineare che questo processo è in corso, o come Mises mise scrive nell’originale saggio del 1920, “Il calcolo economico nel Commonwealth socialista”, il sistema dei prezzi fornisce una guida in mezzo alla “massa sconcertante di prodotti intermedi e la potenzialità di produzione” (1975 [1920]: 103) e consente ai decisori economici di negoziare l’incessante “faticare e sgobbare” (lavorare sodo) (1975 [1920]: 106) dell’adeguamento costante del mercato e dell’adattamento al mutare delle circostanze.

Kirzner nel documento del 1967, “La metodologica dell’individualismo, l’equilibrio di mercato ed il processo di mercato”, persegue le implicazioni del senso di Hayek sull’esito dei problemi economici, come conseguenza del mutare delle circostanze. Come Kirzner dice: “Questo è il carattere fondamentale del processo di mercato messo in moto con l’esistenza di una situazione di disequilibrio. L’elemento cruciale è la scoperta dell’errore e la conseguente riconsiderazione, da parte degli operatori, della vera alternativa ora apertasi. Il processo di mercato procede per comunicare la conoscenza. Il presupposto importantissimo è che gli uomini imparano dalle loro esperienze di mercato “(il corsivo è originale, 1967: 795). Questa è una descrizione che può prima essere vista nel suo articolo “l’azione razionale e la teoria economica” nel Journal of Political Economy del 1962, ma in seguito più completamente sviluppato nel suo Competition & Entrepreneurship (1973). La sua insistenza in ognuna di queste opere è il decisore umano, che è più della pura massimizzazione dell’omo-economicus, ma una creatura homo-agens più aperta e quindi l’imprenditore creativo ed attento agisce sulle lacune del sistema che si riflettono nello stato di disequilibrio delle cose.

Kirzner ne: La teoria del mercato ed il sistema dei prezzi, afferma: “Abbiamo visto che se un mercato non è in equilibrio questo deve essere il rilevante risultato di impreparazione da parte degli operatori di informazioni sul mercato. Il processo di mercato, come sempre, svolge le sue funzioni incidendo su quelli che prendono decisioni, quegli articoli essenziali di conoscenza che sono sufficienti per guidarli a prendere decisioni come se possedessero la completa conoscenza alla base dei fatti”. (tratto dall’originale, 2011 [1962 ]: 240)

Kirzner Nel significato del processo di mercato, delineerebbe l’importante distinzione tra le variabili sottostanti del mercato (i gusti, la tecnologia e la disponibilità di risorse) e le variabili indotte del mercato (prezzi e utili/perdite contabili) e ha spiegato come il processo di mercato possa essere descritto come l’attività continua che deriva da individui su entrambi i versanti del mercato e che cercano di soddisfare i loro programmi per l’ottimizzazione (1992: 42). Quando i piani di produzione, di cui alcuni perfettamente a coda di rondine (che collimano), con i piani dei consumi degli altri e le variabili indotte e sottostanti sono coerenti tra loro. Se non esiste coerenza reciproca, avremo la continua attività economica perché sarà nell’interesse delle parti di proseguire nella ricerca di una situazione migliore di quanto non si stia attualmente realizzando.

I segnali di profitto e l’imprenditorialità

I prezzi relativi ci guidano nel processo decisionale; i profitti ci invogliano nelle nostre decisioni e le perdite puniscono le nostre decisioni. Questo è il modo in cui il sistema dei prezzi imprime su di noi gli elementi essenziali della richiesta di conoscenza per il coordinamento del programma. O, come Kirzner vorrebbe riassumere il senso nel Entrepreneurial Discovery and the Competitive Market Process” (La scoperta imprenditoriale ed il processo del mercato competitivo ndt): “Il processo imprenditoriale è così messo in moto ed è un processo che tende verso una migliore conoscenza reciproca tra i partecipanti al mercato. Il richiamo di puro profitto in questo modo imposta il processo attraverso il quale, il profitto puro, tende ad essere concorrente. La maggiore conoscenza reciproca, tramite il processo di rilevamento imprenditoriale, è la fonte della proprietà equilibrativa del mercato” (Kirzner 1997: 72).

Il contributo teorico di Kirzner offre una risposta ad una delle domande critiche della teoria economica pura – il percorso convergente all’equilibrio, guidato dalle variazioni di prezzo – un problema fastidioso e riconosciuto da Kenneth Arrow (1921-2017 economista, vincitore, assieme a John Hicks, del Nobel per l’economia nel 1972) nel suo saggio del 1959 sulla teoria dell’ aggiustamento dei prezzi, di Franklin Fisher nel Disequilibrium Foundations of Equilibrium Economics (1983) (I fondamenti del disquilibrio e dell’equilibrio in economia) e più recentemente da Avinash Dixit (classe 1944, economista) in Microeconomia: a Very Short Introduction, dove si afferma l’idea di base di analisi dell’offerta e domanda in un equilibrio di mercato: “il problema di questa risposta è che nella logica delle curve della domanda e dell’offerta ogni consumatore e produttore risponde al prezzo dominante, che è al di fuori del controllo di uno di essi. Allora, chi regola, verso l’equilibrio, il prezzo?” (2014: 51)

Kirzner risponde: è l’attenzione dell’imprenditore creativo che agisce sulle lacune dei prezzi e dei costi per realizzare i guadagni dal commercio e gli utili dalla innovazione, che regolano il comportamento del mercato dei partecipanti per coordinare i programmi di produzione con le richieste dei consumi. Il processo di mercato presenta questa tendenza per perseguire i guadagni dal commercio (efficienza di scambio), cercando di utilizzare le tecnologie meno costose nella produzione (efficienza produttiva) e soddisfare le esigenze dei consumatori (l’efficienza del prodotto-mix), ma non è così in modo da pre-conciliare tutti i programmi prima di rivelare un prezzo ed una grandezza vettoriale per liberare tutti i mercati, come in un modello walrasiano, irriducibile dall’equilibrio competitivo generale. Piuttosto lo fa attraverso il continuo processo di scambio e di produzione guidata da aggiustamenti dei prezzi relativi, il richiamo di puro profitto e la punizione della perdita, che conciliano i piani diversi, e spesso divergenti degli attori economici attraverso il processo del mercato stesso.

I mercati scendono sempre a breve dall‘idea astratta di allocazione “efficiente” (o l’ ottimo di Pareto ndt), ma il mercato stesso è adattivo efficiente ed in costante segnalazione per avvertire gli imprenditori di quali modifiche devono essere effettuate e premiare coloro che correttamente le regolano e penalizzare quelli che non lo fanno. I mercati possono ”fallire”, ma la risposta migliore è quella di consentire al mercato di fissare il “fallimento”. Gli sforzi per risolvere i guasti da parte degli attori esterni, al processo in corso di adeguamento del mercato e dell’adattamento, saranno senza aiuto da parte del sistema dei prezzi e, per definizione, la struttura di incentivi che forniscono i diritti di proprietà, la presenza di guida che i prezzi relativi offrono ed il processo di selezione reso possibile effettuata dal calcolo dei profitti e delle perdite.

Di conseguenza, le autorità di regolamentazione devono affrontare alcuni pericoli, come Kirzner ha sottolineato nel suo saggio: “I pericoli del regolamento” (1985 [1979]) correndo il rischio di generare modelli perversi di scambio e di produzione, dai principali imprenditori, in scoperte superflue, piuttosto che in scoperte che meglio coordinino i programmi degli attori economici e, in primo luogo, migliorino i conflitti che originariamente hanno motivato il desiderio di regolamentazione. L’interventismo non è solo controproducente, dal punto di vista dei suoi sostenitori, ma produce anche conseguenze involontarie e indesiderabili in tutto il sistema economico.

Il dinamismo di mercato ed i monopoli

Il lavoro di Kirzner è fondamentale per comprendere le dinamiche del mercato di oggi, come lo era quando gli economisti hanno studiato la prima struttura industriale ed il comportamento concorrenziale. Se si guarda alla struttura del mercato emergente che ha seguito Internet, potrebbe certamente riconoscere la posizione dominante, sul mercato, di Amazon, Apple e Netflix, ma si potrebbe anche avere riconosciuto il grande livello di soddisfazione dei consumatori cointeressati a queste imprese. Nonostante la loro quota di mercato dominante, queste aziende forniscono beni e servizi di qualità a prezzi bassi. E non vi è alcuna aspettativa che queste aziende continueranno ad adoperarsi per fornire prodotti di alta qualità al prezzo più basso. Questo perché si trovano a competere in un mercato contendibile (teoria di William J. Baumol del 1982 ndt).

Prendiamo in considerazione la guerra dei classici browser di una decina di anni fa, Netscape contro Microsoft Internet Explorer. Come può una società monopolistica comportarsi così se il suo prodotto può essere utilizzato per scaricare liberamente i prodotti della concorrenza? Il modello di libro di testo standard della concorrenza perfetta ed il paradigma struttura-condotta-performance, in economia industriale, è costruito su quel modello da manuale, come punto di riferimento, e semplicemente non è in grado di fornire una spiegazione pura per il mercato Internet. I leader di mercato si perdono per strada a meno che essi non continuino ad andare avanti più velocemente per soddisfare ulteriormente le preferenze dei consumatori.

E questo non è solo per il mercato Internet. Si tratta di ogni mercato, una volta che si esamina da vicino il funzionamento storico dei mercati. Questo è come funzionano i mercati, come inteso da Carl Menger, Eugen von Böhm-Bawerk, Mises, Hayek e Kirzner, e penso che si potrebbe sostenere che in modo efficace fu compreso da Smith, Say ed anche Mill. Non è la dimensione delle imprese che conta di più per valutare l’esistenza del potere di monopolio, ma che contano sono le condizioni legali di ingresso. Forse, è importante sottolineare, ancora una volta, la chiarezza concettuale e la robustezza delle risposte alle richieste di fallimento del mercato sulla base del potere di monopolio.

Per quanto riguarda la chiarezza concettuale, in particolare nella tradizione austriaca rappresentata da Murray Rothbard, si sostiene che il potere di monopolio è una conseguenza di un contributo pubblico o di un privilegio. Tuttavia è vero che questa affermazione è la risposta alla robustezza-dei-mercati e potrebbe dimostrare che una società di grandi dimensioni può crescere e possedere una significativa posizione dominante sul mercato in qualsiasi momento, ma proprio perché si trova di fronte della minaccia (reale o immaginaria) dei concorrenti , sarà costretta a comportarsi in modo competitivo, piuttosto che come previsto dal modello di monopolio, se vuole avere qualche speranza di mantenere la sua posizione dominante sul mercato. Le due specie di risposte, ancora una volta, possono andare d’accordo, ma sono distinte. La teoria imprenditoriale del processo di mercato competitivo, di Kirzner, fa impiegare entrambe, ma sottolinea la robustezza del processo di mercato.

E, come riconosciuto dagli economisti classici, come Frank Knight (1885-1972 economista) e Joseph Schumpeter (1883-1950 economista), l’attore centrale nella gestione di questo processo di cambiamento delle circostanze e dell’adattamento a nuove opportunità è: l’imprenditore. La funzione centrale dell’imprenditore è quella di agire sulle opportunità finora non riconosciute per guadagno reciproco – se quelli sono disponibili in forma di opportunità di arbitraggio o di innovazioni tecnologiche che riducono i costi di produzione e di distribuzione o la scoperta di nuovi prodotti in grado di soddisfare la domanda dei consumatori. E’ l’azione imprenditoriale che mette in moto il processo del mercato competitivo e che si traduce negli adattamenti e negli adeguamenti al mutare delle condizioni, in modo che si ottiene il coordinamento complesso di piani economici, si crea ricchezza e si perpetua il progresso economico.

Conclusione

Per queste ragioni, e altro ancora, credo che Kirzner (insieme a Baumol, di cui ho accennato e a Harold Demsetz, che non ho incontrato) abbia fatto più di ogni altro economista moderno vivente per migliorare la nostra comprensione del comportamento concorrenziale e del funzionamento del sistema dei prezzi in una economia di mercato e merita quindi una seria considerazione per il premio Nobel per l’economia. Kirzner ha fornito le sfide fondamentali per l’ortodossia prevalente della concorrenza perfetta, da manuale, e le sue implicazioni non solo per la teoria economica, ma anche per la politica economica.

Il suo lavoro permette di comprendere, in profondità, la natura di come i mercati competitivi per coordinare i piani dei diversi attori economici e delle organizzazioni. Il ruolo fondamentale dei diritti di proprietà degli incentivi da strutturazione, dei prezzi relativi che guidano le decisioni della produzione e del consumo e dei profitti e perdite contabili, come vitali per il processo di calcolo economico, negli affari economici, hanno un posto centrale nel suo lavoro. Così il lavoro di Kirzner fornisce una base economica per la nostra indagine sul sistema politico ed economico più adatto per una società di individui liberi e responsabili.

Note finali

  • (1) I contributi di Kirzner si trovano principalmente nella teoria economica corretta e non nel più vasto campo dell’economia politica e della filosofia sociale. Eppure, come spiegherò in conclusione, le intuizioni di Kirzner sul comportamento competitivo, struttura industriale ed il processo di mercato imprenditoriale hanno implicazioni per la politica economica di una società di individui liberi e responsabili. Questo ha portato Liberty Fund a pubblicare le sue opere complete in 10 volumi, e ho il privilegio, insieme al mio collega Frederic Sautet (classe 1968, economista francese), di servire come l’editor (redattore editoriale) di questi volumi. Fino ad oggi, sono stati pubblicati sei volumi su dieci ed il settimo volume è attualmente in produzione. Pubblicato nel momento in cui scriviamo: Il punto di vista economico (2009 [1960]) come Le opere complete di Israel M. Kirzner,

  • vol. 1; Teoria del mercato e il sistema dei prezzi (2011 [1963]) come Le opere complete di Israel M. Kirzner,

  • vol. 2; Saggi su capitale e interessi (2012 [1967]) come Le opere complete di Israel M. Kirzner,

  • vol. 3; Concorrenza e imprenditorialità (2013 [1973]) come Le opere complete di Israel M. Kirzner,

  • vol. 4; Il soggettivismo austriaco e l’emergere della teoria dell’imprenditorialità (2015) come Le opere complete di Israel M. Kirzner,

  • vol. 5; e Discovery, Capitalismo, e giustizia distributiva (2016 [1989]) come

  • vol. 6. Le opere complete di Israel M. Kirzner.

Ulteriori quattro volumi sono previsti nei prossimi anni per completare il set di 10 volumi. La mia speranza è che questo saggio stimolerà gli studenti di economia e di politica economica per approfittare di questa iniziativa della Liberty Fund ed apprezzare il contributo di Kirzner a livello metodologico, analitico e ideologico.

(2) Il mio obiettivo è quello di Kirzner, ma per una panoramica e la mia valutazione dei contributi di Baumol alla teoria economica e alla economia politica vedasi il mio saggio con Ennio Piano (Laureato. MBA, con dottorato preso il Dipartimento di Economia alla George Mason University), “Imprenditorialità produttiva ed improduttiva di Baumol dopo 25 anni”, Journal of Entrepreneurship and Public Policy , 5 (2) 2016: 130-44.

(3) Cfr “Argomenti ricerca ha suggerito di Mises, 1950-1968”

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Carta da prestazione occasionale

Von Mises Italia - Mer, 05/04/2017 - 08:26

Correva l’anno 2017 ed il Governo italiano, nel mese di marzo, abolì i voucher, in vista anche di un referendum che si doveva tenere nel mese di maggio dello stesso anno. La motivazione fu quella di non dividere il popolo italiano (?). Le scuse sono sempre di rigore. Certo politici, sindacati, aziende, privati, ma anche utilizzatori si trovarono concordi nell’“eccesso” di utilizzo dei voucher e non sempre in modo ortodosso. L’abolizione creò però un vuoto e ritornò imperante il LAVORO NERO (con tutte le conseguenze che conosciamo). Poi le cose cambiarono ed un bel giorno venne presentato un nuovo tipo di pagamento la:

CARTA DA PRESTAZIONE OCCASIONALE.

Di cosa si trattava? Era semplicemente una carta (di plastica) che si acquistava al Banco Posta, in banca o nelle tabaccherie e veniva rilasciata ad aziende, enti, privati ecc. I fruitori erano come sempre persone alla ricerca di un lavoro temporaneo “pagato” e che li mettesse in grado di poter soddisfare i bisogni più immediati. In pratica sostituiva i voucher. Come funzionava? Più o meno con le stesse modalità del voucher e come diceva il mio Professore di Ragioneria: “CAPITO IL CONCETTO CAPITO TUTTO!”. Ed ecco cosa sfornarono le nuove menti in relazione alla carta di ci sopra:

Ogni CARTA DA PRESTAZIONE OCCASIONALE può avere un valore di:

10, 20, 50, 100, 200 o 500 euro.

Considerando i vari tagli dettero un anche delle disposizioni:

al lavoratore il 75%:

all’ INAIL 7%, per l’assicurazione contro gli infortuni;

all’INPS 13%, destinati alla Gestione Separata contributi previdenziali:

al concessionario 5%.


Per l’acquisto della CARTA DA PRESTAZIONE OCCASIONALE occorreva aggiungere un importo all’erario.

10% scadenza 7 gg.

20% “ 30 “

30% “ 90 “

35% “ 120 “

… … … …

così facendo era possibile dare una datazione ai tempi di utilizzo.

Per far capire come funzionava fecero questo esempio:

“da tempo un amico che lavorava presso un’impresa edile era senza lavoro. Ora, essendo primavera era il momento giusto per dare una rinfrescata alla casa. Feci fare alcuni preventivi, ma non rientravano nel mio budget. Allora che fare? Mi misi d’accordo con il mio amico per pitturare l’appartamento. Io compro il colore e tu ci metti il resto. Tempo concordato 5 giorni. Prezzo € 500,00 tutto compreso. Con una stretta di mano siglammo l’accordo. Mi recai dal mio tabaccaio sotto casa e acquistai con € 550,00 una CARTA DA PRESTAZIONE OCCASIONALE. Diedi al tabaccaio la mia tessera sanitaria e l’importo. Il giorno dopo, quando il mio amico “pittore” si presentò a casa con gli attrezzi attivai la CARTA DA PRESTAZIONE OCCASIONALE. Alcuni giorni dopo, terminato il lavoro, il mio amico pittore si presentò al Banco Posta per la riscossione e per pagare alcune bollette. Fine della storia e dell’esempio”.

Che cosa ci ha insegnato questo racconto?

  1. Gli importi possono essere i più vari.

  2. I due soggetti acquirente e fruitore sono “tracciabili” e l’ente erogante, la carta, può controllare se è solo un fatto occasionale o se rientra in una assunzione mascherata.

  3. Il fruitore in caso di incidente è assicurato.

  4. Il fruitore ha i contributi previdenziali versati, anche se io non sono un’azienda.

  5. Gli Istituti previdenziali (INPS e INAIL) sono coinvolti.

  6. L’Erario ha introiti certi nel momento della emissione della CARTA DA PRESTAZIONE OCCASIONALE.

  7. Scadenza certa.

  8. Non c’è il LAVORO NERO (o se c’è è parziale), tutto è verificabile.

Non esiste la perfezione nelle cose, ma il buon senso può essere utilizzato per farne buon uso. Il periodo della carta durerà, probabilmente, sino a quando la pluriennale GRANDE RECESSIONE passerà.

LE CARTE DI CREDITO NON FANNO PARTE DELLA MASSA MONETARIA.

NON E’ POSSIBILE EMETTERE TITOLI CHE IMPLICHINO LA STAMPA DI MONETA, QUEST’ULTIMA E’ RISERVATA ALLA BANCA CENTRALE EUROPEA.

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Alla base della razionalità economica

Von Mises Italia - Lun, 03/04/2017 - 08:21

Il problema economico delle società consiste principalmente nel rapido adattamento ai cambiamenti che intervengono nelle particolari circostanze di tempo e di luogo.

Di conseguenza, è sempre preferibile che le decisioni finali vengano prese da coloro che direttamente conoscono queste circostanze o comunque che vengano prese con la loro attiva collaborazione.

Di qui l’importanza fondamentale della proprietà privata dei mezzi di produzione, sia sulla propria persona che sulle proprie cose: se ciascun individuo non è effettivamente il proprietario di sé stesso e delle proprie cose diviene praticamente impossibile attivare ed utilizzare al meglio la conoscenza dispersa tra le persone.

Proprietà privata dei mezzi di produzione e decentramento decisionale sono quindi intimamente collegati: senza proprietà privata sui propri mezzi di produzione non possiamo avere alcun decentramento decisionale.

In questo contesto, dobbiamo inserire il sistema dei prezzi, ossia quella guida all’azione sociale, quell’informazione necessaria, che serve a coordinare le azioni separate di persone differenti, affinché una società possa essere non soltanto pacifica ma anche davvero produttiva.

Nel calcolo economico non si può evitare di utilizzare un sistema dei prezzi, ma per calcolare razionalmente il valore e dunque per coordinare in maniera tendenzialmente corretta le azioni separate di persone differenti, possiamo fare affidamento solamente sui prezzi di mercato e prezzi di mercato possono emergere soltanto attraverso lo scambio volontario di diritti di proprietà privata.

Di conseguenza, se si desidera orientare razionalmente l’allocazione delle risorse, vale a dire se si ambisce a favorire le opzioni superiori piuttosto che le opzioni inferiori, rispetto alle preferenze dei consumatori e alle capacità dei produttori, non si può rinunciare alla produzione che avviene in un mercato di scambi volontari di diritti di proprietà privata.

Qualora l’informazione necessaria fosse data non avremo bisogno di prezzi di mercato per orientare razionalmente l’allocazione delle risorse, ma poiché l’informazione necessaria nel mondo reale non è mai data vi è bisogno dei prezzi di mercato: solo mediante lo scambio volontario di diritti di proprietà privata, infatti, gli agenti economici possono esercitare la loro attività sempre inconclusa e parziale di creazione e scoperta dell’informazione necessaria che trova la sua rappresentazione codificata nei prezzi di mercato.

Prezzi di mercato significano un sistema di prezzi che nasce e si sviluppa in maniera decentralizzata, cioè che non è imposto da alcuna autorità centrale attraverso mandati coattivi.

Prezzi di mercato sono una caratteristica esclusiva di un sistema fondato sul primato della proprietà privata dei mezzi di produzione e non possono in alcun modo essere fatti propri né nei meccanismi né nei risultati da un sistema che ha abolito la proprietà privata dei mezzi di produzione.

Esiste spontaneamente un mutuo adattamento degli atti dell’agente economico a quelli di tutti gli altri agenti economici: l’agente si adatta ai prezzi di mercato comprando e vendendo ai prezzi di mercato; i prezzi di mercato si adattano all’agente incorporando nella catena dei prezzi le conseguenze delle sue scelte e delle sue decisioni – il locale agisce sul globale e il globale sul locale e ognuno dei due aspetti è, nel contempo, causa ed effetto dell’altro.

L’informazione necessaria quindi non solo non si può considerare data a livello centrale per il suo carattere soggettivo, pratico e disperso, ma nemmeno si genera a livello degli agenti economici individuali se a questi non è permesso di esercitare liberamente la loro attività imprenditoriale e per fare in modo che ciascuno possa esercitare liberamente questa attività occorre riconoscere concretamente come presupposto il diritto alla proprietà privata sui propri mezzi di produzione.

In tal senso, neanche lo sviluppo della programmazione matematica e del più potente dei calcolatori informatici possono sostituire il ruolo imprescindibile svolto dalla proprietà privata nell’implementare il processo sempre inconcluso e parziale di creazione e scoperta dei prezzi di mercato.

Dimostrare, infatti, che alcune equazioni astratte hanno alcune soluzioni altrettanto astratte non significa che queste siano anche di una qualche utilità pratica, in assenza di scambi volontari di diritti di proprietà privata e ciò equivale ad affermare che la pianificazione centralizzata non è in grado di creare e ricreare di continuo e in tempo reale alcuna coordinazione efficace delle azioni individuali.

Un’economia pianificata dunque non può riprodurre meccanismi e risultati dei prezzi di mercato, giacché costi e possibilità di produzione non sono dati e inalterabili nel futuro ma vanno costantemente creati e scoperti e soltanto con gli incentivi di un’economia di mercato si è in grado di mobilitare e di usare in modo funzionale le informazioni diffuse tra gli innumerevoli agenti economici.

Un’economia di mercato è poi tanto più orientata alla prosperità quanto più tutti al suo interno sono liberi di scegliere i propri piani, le proprie preferenze e le proprie azioni, ossia quanto meno la proprietà privata di ciascuno sui propri mezzi di produzione è sottoposta a priori a interferenze coercitive.

In conclusione, se il diritto, inteso come norme giuridiche generali atte a proteggere la proprietà esclusiva di ciascuno, ci offre una guida all’azione sociale che ci dice ciò che non bisogna fare se non vogliamo far esplodere conflitti, il sistema dei prezzi di mercato ci offre invece una guida all’azione sociale che ci dice ciò che bisogna fare per rispondere efficacemente ai bisogni reciproci di tutti gli agenti economici.

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Il protezionismo fa tornare povere le grandi nazioni

Von Mises Italia - Ven, 31/03/2017 - 08:45

Poche le elezioni presidenziali americane avevano attirato tanto interesse e preoccupazione internazionali, come quella nel 2016. Sicuramente, chi viene eletto e si siede alla Casa Bianca a Washington, DC è importante per molte persone in tutto il mondo dal momento che l’America resta un colosso politico, economico e militare influenzando i maggiori ed i minori eventi in tutto il mondo.

Eppure, l’ansia circa la possibilità e quindi la realtà della elezione di Donald Trump quale 45° presidente degli Stati Uniti è unica, almeno nella mia vita. Il suo linguaggio impetuoso, la sua crudezza nell’espressione verbale, il suo rifiuto apparente, durante le primarie repubblicane, di giocare col galateo e le regole del gioco politico standard e poi attraverso la campagna presidenziale che porta al giorno delle elezioni nel novembre dello scorso anno molte persone sono andate fuori di testa, in America e altrove, chiedendosi cosa aspettarsi se Trump dovesse vincere.

Poi venne lo shock della realtà, vincere le elezioni anche dopo che i sondaggisti interpretavano le preferenze del pubblico e gli esperti pontificavano sulla “impossibilità” che l’America scegliesse Trump. Sono stati tutti smentiti la sera dell’8 novembre 2016. I voti sono stati conteggiati ed è subito parso chiaro che Donald Trump aveva vinto con i voti necessari nel Collegio Elettorale Americano (American Electoral College) rivendicando la vittoria, anche su Hillary Clinton, guadagnando quasi tre milioni di voti in più dei popolari.

La negazione e la rabbia al trionfo di Trump

Si dice che ci sono diverse fasi del dolore umano dopo una grande perdita personale. La negazione è la prima, seguita dalla rabbia che la tragedia fosse accaduta. In questo breve breve periodo di tempo dopo le elezioni di novembre e poi l’insediamento di Donald Trump come presidente il 20 gennaio 2017, coloro che non possono accettare il risultato elettorale, stanno ancora provando una combinazione di queste prime due fasi.

Ma il fatto è che Donald Trump ha vinto le elezioni e se qualche evento inaspettato dovesse accadere, lui sarà, comunque, il presidente degli Stati Uniti per almeno i prossimi quattro e/o forse anche per i prossimi otto anni. Quindi, a molti piaccia o no, è solo meglio passare alla ultima fase del processo di lutto – l’accettazione. Donald Trump è alla Casa Bianca e ci starà lì per un po’.

Quindi, che cosa significa una Amministrazione Trump per l’America e per il resto del mondo? Beh, in effetti, ci sono molto poche domande al riguardo, dal momento che Trump è stato esplicito e diretto sui problemi in generale e molte delle sue specifiche visioni del mondo e con quella visione del mondo guiderà le sue decisioni in politica nei prossimi anni. Abbiamo già intravisto il suo punto di vista in “ordini esecutivi” che ha emesso finora durante la sua presidenza.

I deliri della Sinistra a proposito di Donald Trump

Prima di arrivare a questo, forse è necessario mettere da parte alcune paure deliranti ed euforie fuori luogo. L’ascolto e la lettura di quanto quelli della “sinistra” hanno detto e scritto su una Amministrazione Trump, l’osservatore non informato in visita di Marte potrebbe pensare che l’America era già affondata in una dittatura fascista o qualcosa di simile in cui sono in fase di realizzazione campi di concentramento per gli indesiderabili della minoranza, dai mezzi di informazione minacciati di essere trasformati in una voce per una macchina di propaganda nazista e che i non credenti religiosi saranno presto costretti a frequentare la chiesa ed obbligati a versare la decima (decima parte -10% – su base volontaria o obbligatoria in denaro o natura ndt).

A mio parere, molti della sinistra politica hanno bevuto un Kool-Aid di loro intruglio (bevanda analcolica a base di vitamine ndt) ed ora credono alla loro stessa propaganda isterica, la campagna per la morte della libertà in America è dietro l’angolo. Altri della sinistra politica trovano questo immaginario apocalittico molto utile per manipolare le persone per marciare, dimostrare e rivoltarsi come un meccanismo per solidificare la loro conquista sulla loro base politica. Mantenere la frenesia serve anche ai fini di coloro che nell’opposizione già guardando alle prossime elezioni del Congresso e presidenziali di due e quattro anni da oggi.

Altri, della sinistra politica, trovano questo immaginario apocalittico molto utile per manipolare le persone invitandole a marciare, a dimostrare e ad insorgere come un meccanismo per compattare la presa sulla loro base politica. Mantenere la frenesia serve anche ai fini di coloro che nell’opposizione stanno già guardando alle prossime elezioni del Congresso fra due anni e alle presidenziali quattro anni a partire da oggi.

E ‘importante capire che molti dei timori espressi dai membri del Partito Democratico o della sinistra politica in generale sulle usurpazioni presidenziali del potere – reali o immaginarie – di Donald Trump sono tutti poco convincenti. Infine, sono tutti molto soddisfatti per l’uso delle stesse prerogative presidenziali di Barack Obama attraverso direttive ed i relativi poteri per aggirare un Congresso controllato dai Repubblicani durante sei dei suoi otto anni alla Casa Bianca.

E’ stato Obama a dire che aveva “un telefono e una penna” e con questi in mano, avrebbe fatto tutto quello che poteva per farla franca e se il Congresso o la maggioranza del popolo americano erano a favore o meno nella sua visione di “speranza e cambiamento” in America. Improvvisamente, da quando quella potente penna presidenziale è in mano a Trump, la sinistra è “scioccata, scioccata” perché il capo dell’esecutivo del governo degli Stati Uniti non può non aderire alla tradizione dei poteri limitati e divisi nel sistema politico americano.

Il loro unico problema, con quella penna presidenziale ed il potere esecutivo, è che è in mano a qualcuno che non piace, piuttosto che a qualcuno che si crede di essere la sola voce ed il vendicatore della causa della “giustizia sociale”, con una visione “progressista” per rifare l’America.

Le fantasie della destra di Donald Trump

Sulla destra politica, molti di coloro che si opponevano a Trump, durante le primarie repubblicane, nel vederlo come una frode politica imbarazzante ed un rozzo truffatore da reality show, ora hanno cambiato il loro punto di vista.

Anche se i repubblicani una volta accertata la vittoria di Trump alle primarie, ciò ha significato la sconfitta inevitabile, e, per quattro anni, una presidenza di Hillary Clinton, si sono via via chiusi i ranghi dietro Trump. Molti, tuttavia, desiderano chiaramente che il Presidente dovrebbe attenuare la sua retorica, fermare il suo flusso di consapevolezza nel tweeting (da Twettter il social network ndt) e cominciare ad agire in maniera più “presidenziale”.

Ma a dispetto di tutti i suoi hijinks (celebrazioni chiassose ndt) personali ed imbarazzanti, da rissa di strada della retorica permalosa, dopo tutto, lui non è Hillary Clinton. E se lui segue attraverso le sue promesse, molte politiche a lungo desiderate dai repubblicani e dal movimento conservatore, in particolare nel campo della politica economica interna, questo potrebbero giungere a buon fine.

Egli ha detto che le tasse personali e aziendali devono essere significativamente ridotte, tra cui la doppia imposizione degli utili delle società americane delle operazioni all’estero. Ha detto anche che i regolamenti federali sulle imprese saranno tagliati radicalmente e le aziende saranno libere di pianificare e di investire capitali.

Trump ha firmato per il completamento dell’oleodotto Keystone, che collega i campi petroliferi del Canada col Dakota, con le raffinerie di petrolio e le relative strutture nel sud americano. Ha sfidato la ossessione del riscaldamento ed il cambiamento climatico globale. Forse ancora più importante, ha corso ed insiste per l’abolizione e la sostituzione del Affordable Care Act (sistema sanitario) – ObamaCare – per ripristinare la scelta più personale sull’assicurazione sanitaria e le opzioni di assistenza medica.

Se Trump persegue con successo, attraverso queste politiche ed i programmi, molti repubblicani e conservatori perdoneranno a Trump la maggior parte dei suoi peccati e imbrogli. Specialmente nel caso in cui si assicuri il controllo repubblicano nelle legislature federali e statali nelle prossime elezioni.

Donald Trump è improbabile che sia il distruttore diabolico della società democratica e come “la sinistra” lo ritrae: essere una minaccia. Ma direi che non è lui il difensore del principio della libertà e della libera impresa che molti sulla speranza di “destra” lavorano su alcuni decisioni della politica economica che egli ha preso finora.

La visione del mondo di Donald Trump : nemici ovunque

Quello che penso si sia distinto maggiormente nel suo discorso inaugurale, il 20 gennaio 2017, è stata l’omissione di riferimenti a ”libertà” o di “governo limitato”. La stragrande maggioranza del messaggio si è focalizzato su una chiamata per un restauro della “grandezza nazionale”.

“ Da oggi in poi, una nuova visione governerà la nostra terra. Da questo momento in poi, essa sarà l’America First. Ogni decisione sul commercio, sulle tasse, sull’immigrazione, sulla politica estera sarà fatto per beneficiare i lavoratori americani e le famiglie americane. Dobbiamo proteggere i nostri confini dai danni di altri paesi che fanno ai nostri prodotti, che sottraggono le nostre aziende e distruggono il nostro lavoro. La protezione porterà grande prosperità e forza …

L’America tornare a vincere, vincendo come mai prima. Porteremo di nuovo il nostro lavoro. Ci riprenderemo i nostri confini. Porteremo di nuovo la nostra ricchezza. E noi riporteremo i nostri sogni. Costruiremo nuove strade e autostrade e ponti e aeroporti e gallerie e ferrovie in tutta la nostra meravigliosa nazione …

Seguiremo due semplici regole: Comprare americano e assumere americani. Cercheremo l’amicizia e la buona volontà con le nazioni del mondo – ma lo facciamo con la consapevolezza che è un diritto di tutte le nazioni mettere al primo posto i propri interessi.

Il Presidente Trump ripetuto lo stesso messaggio nelle sue osservazioni proprio l’altro giorno, il 17 febbraio 2017, ad una presentazione del nuovo Boeing 787 Dreamliner a Charleston, Carolina del Sud:

“Come vostro Presidente, ho intenzione di fare tutto il possibile per liberare il potere dello spirito americano e di mettere la nostra gente di nuovo a lavoro. Questo è il nostro mantra: Acquistare americano e assumere americani.

Noi vogliamo prodotti realizzati in America, fatte da mani americane. Probabilmente, come avete visto di recente, ho approvato la pipeline Keystone in Dakota. E mi sto preparando a firmare il disegno di legge. Ho detto, in che modo viene fatta la conduttura? E mi hanno detto non qui. Ho detto, che questo è un bene – aggiungi un po’ alla frase che devi comprare acciaio americano. Ed ora sai cosa? E’ così com’è. E’ quello che sta per essere … Stiamo andando a combattere fino all’ultimo posto di lavoro per gli americani …

Ho fatto una campagna elettorale con la promessa, che farò tutto quanto in mio potere, per portare quei posti di lavoro di nuovo in America. Abbiamo voluto rendere più facile – e deve è molto più facile da produrre che nel nostro paese e molto più difficile da abbandonare. Non voglio che le società escano dal nostro Paese, fabbricando il loro prodotto e vendendolo di nuovo, senza alcuna tassa, niente di niente, alimentando tutti nel nostro paese.

Popolo, non lasciamo che accada più. Credimi. Ci sarà una sanzione molto consistente da pagare quando (le aziende) abbandonano la loro nazione e si spostano in un altro paese, fabbricando il prodotto e pensando che hanno intenzione di venderlo di nuovo in quello che sarà presto un confine molto, molto forte. Sarà una partita molto diversa. Sta per essere tutto molto diverso …

Per raggiungere questo obiettivo, stiamo andando a ridurre massicciamente i regolamenti che appiattiscono il lavoro già iniziato; lo avete visto che – mandano i nostri posti di lavoro in altri paesi. Abbiamo intenzione di abbassare le tasse sul business americano quindi sarà più economico e più facile produrre prodotti e cose belle, come gli aeroplani proprio qui in America … Lo avete sentito dire prima ed io lo ripeto: D’ora in poi, sarà America First.

A suo avviso, gli Stati Uniti sono stati sfruttati nei rapporti politici ed economici con il resto del mondo. Il mondo ha rubato posti di lavoro agli americani e distrutto le basi di produzione degli Stati Uniti, hanno lasciato la classe media americana con uno standard di vita indebolito e stagnante, provocato il caos con il sogno americano ed il diritto di nascita, di opportunità e di prosperità crescente.

Per Donald Trump, ogni accordo commerciale, ogni deficit commerciale ed ogni investimento d’affari all’estero, sono la prova della misura in cui l’America ha abusato nelle sue relazioni commerciali.

Questa visione del mondo è una rinascita della nozione mercantilista del XVII e XVIII secolo dove l’esistenza umana ha un conflitto senza fine ed inconciliabile, non solo o semplicemente con la natura, ma tra stati-nazione. Per il mercantilista, ogni stato-nazione dovrebbe proteggere il benessere economico dei propri sudditi e cittadini dalla perdizione del saccheggio di altri stati-nazione. Nella visione del mondo mercantilista, l’economia è un gioco a somma zero.

La liberazione classica del liberalismo dell’uomo da parte dello Stato

Le rivoluzioni intellettuali, politiche ed economiche liberali classiche della fine del XVIII e XIX secolo sono il rovescio dell’idea di monarchia assoluta, sostituendo entrambe le monarchie con un vincolo costituzionale o con forme repubblicane di governo. Si vuole, inoltre liberare l’individuo dalla potenza e dal controllo dello stato incontrollato. L’ideale di libertà individuale ed il diritto di ogni persona alla propria vita, alla libertà ed alla proprietà onestamente acquisita è l’importante trasformazione del rapporto tra l’individuo e lo Stato.

Secondo i classici liberali, il governo esiste per preservare il diritto dell’individuo di vivere nella sua tranquillità e nell’interesse personale, di non servire agli scopi dei re, dei principi, o maggioranze democratiche illimitate. Gli economisti del tempo, tra cui Adam Smith e molti altri dopo di lui, hanno sostenuto che il commercio non era un gioco a somma zero ed era sicuramente dannoso per le nazioni impegnate in rapporti commerciali.

Questi liberali hanno affermato che le persone sanno molto meglio come prendersi cura dei propri interessi rispetto a qualsiasi regolamentatore di governo che potrebbe anche ideare. Gli individui entrano solo in scambi con gli altri quando credono che ci sarà un risultato migliore nella transazione. Nessun individuo, nell’atto di libero scambio, dà mai via intenzionalmente qualcosa che ha un alto valore per qualcosa che valga molto meno. Infatti, è sempre il contrario.

Miglioramento da commercio contro la presunzione politica

Se vado giù al negozio all’angolo e acquistare una copia del giornale di oggi per un dollaro, è perché ritengo che le informazioni possibili che mi può fornire sono di maggior valore rispetto al prezzo mi viene chiesto. E, a sua volta, se il proprietario del negozio all’angolo mi vende la copia del giornale di oggi è perché ha più alto valore del dollaro che riceve da me per rinunciare a una delle copie in vendita. Ognuno di noi considera sé stesso, rispettivamente, migliore.

Ora è vero che dopo che ho comprato il giornale e l’ho letto, potrei dire, retrospettivamente, che non conteneva nulla di veramente nuovo o interessante e, quindi, col senno di poi, invece avrei potuto facilmente far passare il giorno senza acquistarlo e utilizzare quel dollaro per l’acquisto di qualcos’altro.

Nessuno ha la perfetta conoscenza. Noi tutti agiamo su ciò che sappiamo o che crediamo nel momento in cui effettuiamo una operazione. E, a volte, si può concludere che una cosa, dopo averla fatta, non era così vantaggiosa come speravamo o avremmo voluto fosse. Ma richiederebbe una grande quantità di arroganza da parte di chiunque altro presumere che sanno più di noi su ciò che è meglio per noi, nei nostri scambi di mercato di tutti i giorni. La conoscenza su cui il presuntuoso paternalismo politico afferma il diritto di controllare e di interferire è almeno altrettanto imperfetta e limitata quanto quella posseduta dal resto di noi.

La mentalità della pianificazione centrale di Trump

Mentre molti conservatori stanno salutando l’intenzione dichiarata da Donald Trump di ridurre la normativa in materia di business e contemporaneamente meno tasse sulle persone e le imprese private – sicuramente tutte cose buone in se stesse – dobbiamo capire, però la prospettiva ideologica per cui lo si sta facendo.

In nessun momento il presidente Trump ha detto che intende seguire queste politiche perché vuole avere più controllo sui i cittadini americani e sulle loro vite. Non ha mai sostenuto la riduzione degli oneri fiscali in modo che gli Americani possano mantenere un reddito e della ricchezza più alti e che si sono onestamente guadagnato come un obiettivo politico desiderabile per sé.

No, invece, il presidente Trump ha sostenuto queste politiche, come un pianificatore dell’economia centrale, sa dove le imprese americane dovrebbero investire e dovrebbero assumere e quali sono i prodotti che dovrebbero produrre.

Come è diverso dal “progressista” che desidera utilizzare la regolamentazione del governo per limitare l’uso dei combustibili fossili, utilizzando politiche di intervento per promuovere “energie alternative”?

Gli obiettivi e gli strumenti di regolamentazione possono differire, ma la premessa di base rimane la stessa: Che il governo sa, meglio dei singoli cittadini, come vivono la loro vita.

La saggezza duratura di Adam Smith

Per essere onesti, suscita la più profonda frustrazione, per un economista, il dover ripetere le parole scritte da Adam Smith più di 240 anni fa, nel suo famoso libro, La ricchezza delle nazioni:

“E’ il motto di ogni buon padre di famiglia, di non tentare di fare a casa quello che gli costerà di più che acquistarlo. Il sarto non tenta di fare le proprie scarpe, ma le compra dal ciabattino. Il calzolaio non cerca di fare i suoi vestiti, ma si avvale di un sarto. Il contadino non cerca di fare né l’uno né l’altro, ma si avvale di questi diversi artigiani …

“Quella che è la prudenza nella conduzione di ogni famiglia privata può essere la rara follia in quella di un grande regno. Se un paese straniero ci può fornire con un prodotto più conveniente, che noi stessi possiamo produrre, meglio comprarlo da loro con una parte dei prodotti della nostra industria, impiegata in un modo da averne qualche vantaggio …

“Non è certo impiegato per il massimo vantaggio quando si è indirizzati verso un oggetto che si può comprare più convenientemente e che può rendere … L’industria di un paese, di conseguenza, viene così rivolta ad altro, ad un lavoro meno vantaggioso ed il valore di scambio annuo dei suoi prodotti, invece di essere aumentato, secondo l’intenzione del legislatore, deve necessariamente essere diminuito per tutti da tale regolamentazione”.

Il Presidente Trump e quelli della sua amministrazione che condividono la sua visione negativa delle importazioni di beni meno costosi, senza dubbio, diciamo che può essere cosa buona e giusta, date le circostanze ad una “parità di condizioni” (ceteris paribus), ma le altre nazioni non giocano pulito. Altri governi sovvenzionano le loro esportazioni e tentano di ostacolare, a loro modo, l’importazione di merci americane nei loro paesi.

L’importazione di merci a poco prezzo è sempre quello più conveniente

Se le importazioni meno costose offerte negli Stati Uniti sono il risultato di un’efficienza dei costi basati sul mercato di in un altro paese o la sovvenzione del governo di alcune delle esportazioni verso un paese, dal punto di vista del consumatore americano, vi è la possibilità di un aumento del reddito reale. Una merce desiderata può essere acquistata per meno di prima, lasciando una somma di denaro nelle tasche degli acquirenti con la quale ora possono permettersi di acquistare ciò che prima non potevano.

Che dire di posti di lavoro persi nel mercato interno a causa delle importazioni straniere? Sempre di fronte a tutti i cambiamenti sono necessari aggiustamenti. In questo caso, sarà necessario il re-impiego, ma non c’è nulla, di per sé, che impedisce di trovare posti di lavoro alternativi. Dopo tutto, le importazioni devono essere pagate attraverso le esportazioni – il paese straniero non può dare i propri prodotti gratis. E, in aggiunta, i dollari risparmiati dall’acquisto del prodotto straniero, meno costoso, significheranno domanda aggiuntiva alla spesa per beni diversi dei consumatori che possono ora permettersi di comprare, offrendo opportunità di lavoro anche in questa direzione.

Il falso obiettivo dei “lavori” giusti

Questo diventa un altro punto cieco in agenda come dichiarato dal presidente Trump. Ripete, ancora e ancora, che il suo compito è quello di creare posti di lavoro per gli americani. Ma “posti di lavoro” non è un fine in sé. Mentre alcune cose sono piacevoli da fare per se stessi, il lavoro è un mezzo per un fine. Sia che si stia piantando colture in un campo o lavorando i prodotti in fabbrica o mettendo le reti da pesca nell’oceano, oppure offrendo un servizio come un taglio di capelli o un corso di aerobica, sono tutti i mezzi per raggiungere un fine – la produzione di beni che gli altri vogliono per la società come metodo per guadagnarsi da vivere e che ci consente di acquistare da quegli altri, ciò che hanno in vendita nel settore del lavoro che, a sua volta, è il desiderio di consumare.

Dovremmo desiderare, per tutti, di fare il loro lavoro al minor costo in termini di risorse e manodopera proprio in modo che possiamo ottenere la maggior parte dei beni e dei servizi che desideriamo con i mezzi a disposizione. Se i produttori di in un altro paese possono farlo meglio e meno costoso di quello che possiamo farlo in casa, dobbiamo approfittare di questo per massimizzare il nostro benessere materiale, piuttosto che lamentarci per la sua offerta.

Supponiamo che domani, attraverso qualche miracolo, i vestiti comincino a crescere gratis sui rami degli alberi e che tutti i posti di lavoro dell’economia nel settore tessile debbano scomparire. Dovremmo andare in disperazione per questo? Certamente, potremmo avere tutti i vestiti che avremmo potuto desiderare e si potrebbe, quindi dedicare tutto il lavoro liberato per produrre altre cose che anche noi desideriamo, ma che non si poteva precedentemente avere, perché gran parte della forza lavoro era legato a confezionare le nostre camicie, pantaloni e giacche.

Temendo di perdere quei “buoni posti di lavoro americani” nel settore tessile, dovremmo considerare meglio se tagliare i rami degli alberi che producono tutti quei vestiti in modo da mantenere tutti quei lavoratori che fanno i vestiti? Penso che la maggior parte di noi consideri ciò ridicolo. Il Presidente Trump, se lo prendiamo in parola, potrebbe voler imporre un dazio sulle importazioni e costruire un muro alto lungo il confine per mantenere tutti quei vestiti liberi fuori degli Stati Uniti, se si è scoperto che quei vestiti prodotti dagli alberi sono stati collocati in un Paese straniero.

Le ritorsioni al commercio esprimono il peggio del proprio paese

E per quanto riguarda gli altri paesi che impongono tariffe di importazione contro i nostri beni per “proteggere” i propri settori ed impieghi? Non dovremmo rispondere con tariffe di ritorsione e le relative restrizioni all’importazione per dare loro una lezione? Se lo facciamo possiamo solo ferire noi stessi, in modo da rispondere alle barriere commerciali erette da altri paesi.

Un economista britannico, Henry Dunning MacLeod (1821-1902), ha dato una risposta chiara sull’argomento di una tariffa di ritorsione, nel 1896. Egli ha detto:

“ “Con il metodo dei dazi di ritorsione, quando (un altro paese) ci percuote sulla guancia, dall’altra veniamo immediatamente colpiti da noi stessi con uno schiaffo estremamente duro. (L’altro paese impone suoi dazi all’importazione) fanno un danno e noi, e per ritorsione, immediatamente noi facciamo di più. Il vero modo per combattere le tariffe ostili è il libero commercio”.

La ritorsione con tariffe contrapposte rende le merci acquistate solo, in precedenza dal paese straniero, più costose per i consumatori del proprio paese, abbassando il loro livello di vita attraverso prezzi più elevati e una più ridotta varietà di prodotti tra cui scegliere. Riducendo le vendite conseguite dal produttore straniero nel proprio paese, ha meno entrate da cui partire per comprare le esportazioni del vostro paese, con un effetto negativo sui settori della propria economia.

Se, ora, che l’altro paese procede a imporre dazi contrapposti, in risposta alla rappresaglia del vostro paese, entrambi i paesi si troveranno di fronte a una spirale di morte del commercio per la diminuzione dei beni a disposizione dei consumatori di entrambi i paesi, i prezzi più elevati per i prodotti di entrambi che i cittadini dei paesi vogliono acquistare e ad una riduzione del sistema internazionale di divisione del lavoro diminuisce la produttività complessiva del mercato globale, il risultato finale sarà inferiore alla prosperità ed al progresso materiale per tutti.

Se il presidente Trump segue la realtà attraverso le sue proposte politiche protezionistiche, basate sulla sua somma zero, il concetto del commercio tra le nazioni ed il risultato finale può avere in gioco una somma negativa, in cui tutte le nazioni del mondo stanno peggio.

Falsa prosperità di Trump dietro i muri del commercio

Oh, sì, i lavoratori americani possono ora produrre i beni che in precedenza sono stati forniti dai lavoratori stranieri. Le industrie americane che erano diminuite, rispetto al loro numero, prima dell’intensificato commercio globalizzato, possono avere un ritorno dietro le barriere doganali del presidente Trump.

Ma dietro questo miraggio di restauro della “grandezza” americana, i lavoratori ed i consumatori americani saranno più poveri di quello che devono essere, la fabbricazione di beni a costi più elevati e con efficienza meno produttiva di una partecipazione libera e aperta in un mercato-centrico (tipico dei paesi come USA e GB, è basato sulla capacità dei mercati, di finanziare grossi progetti, per promuovere lo sviluppo economico ndt) dove la divisione globale ed il libero lavoro verrebbe offerti a tutti, in tutto il mondo, compresi quegli americani per il cui benessere economico il Presidente Trump sostiene di essere così preoccupato.

Donald Trump smentito da un Caroliniano del Sud – nel 1830!

Ho già citato delle osservazioni del presidente Trump durante la sua recente visita a Charleston, South Carolina. Permettetemi di citare un economista del South Carolina, Thomas Cooper (1759-1839), che ha pubblicato le seguenti parole nel 1830: Lezioni sugli elementi di economia politica (Lectures on the Elements of Political Economy), in quello che è diventato uno dei libri di testo economici più diffusi, a quel tempo, negli Stati Unit. Il Dr. Cooper è stato uno dei presidenti del South Carolina College e un professore di chimica ed economia politica. Disse:

“ “L’intero utilizzo del commercio estero è quello di importare le materie prime che occorrono, a costi inferiori, più di quanto non siano prodotti in casa. Questa è la base ed il carattere essenziale. Quindi, il principio di restrizioni e imposte (tariffe) proibitive, che vietano, in fase di introduzione dall’estero, un articolo perché può essere considerato più economico dall’estero – va alla distruzione totale di tutto il commercio estero …

“Infatti, il sistema restrittivo ci dice che non vi gioverà grandemente l’essere confinati come prigionieri all’interno delle nostre case, senza avere rapporti fuori di casa; questo è il dovere di lasciare il nostro vicino di arricchirsi sulla nostra credulità e convincerci a comprare da lui un articolo inferiore, ad un prezzo superiore …

Per (questo) principio adozione, dove è la fermata? Per parlare dopo di questo, del nostro essere la nazione più illuminata sulla terra, è una satira su di noi più amara che i nostri nemici hanno in loro potere di proferire. Per essere governati da tale ignoranza, è davvero una vergogna nazionale”.

Il pericoloso paternalismo protezionista di Donald Trump

Donald Trump non può essere né il diabolico aspirante dittatore che molti della sinistra politica hanno ritratto o per “dirla com’è”, l’angelo vendicatore per alcuni della destra politica ed avere qualcuno che sia in grado di ripristinare gloriosamente una grandezza americana perduta.

Quello che dovrebbe essere abbastanza chiaro è che dietro il mantra del presidente Trump di “America First” è un protezionismo paternalistico pericoloso che vede tagli fiscali e riduzioni di regolamentazioni del business di casa, non fini a se stesse, ma per ripristinare la libertà individuale e la libertà economica del popolo americano; invece, gli strumenti di politica fiscale ed interventista influenzano e manipolano la direzione e la forma dell’ attività economica negli Stati Uniti.

Altre nazioni non sono viste come partner globali e partecipanti in una ricerca in tutto il mondo per un generale miglioramento delle condizioni dell’umanità, tra cui il miglioramento del popolo americano. Il mondo non è visto come un’arena di cooperazione internazionale attraverso la competizione pacifica del mercato in cui ogni nazione e le persone trovano i modi migliori per guadagnare da vivere attraverso il progresso reciproco, di coloro, con i quali essi commerciano.

Invece, il presidente Trump vede il mondo come un luogo ostile in cui le altre nazioni sono fuori per migliorare loro stesse, rendendo l’America e gli americani più poveri, deboli e anche peggio. L’atteggiamento e la convinzione, se al momento dell’attuazione della politica economica estera americana, rischia di farne una profezia che si auto-avvera. Altre nazioni possono facilmente cadere ulteriormente nella stessa mentalità del collettivismo nazionalista, portando con sé tensioni economiche internazionali e conflitti commerciali ed eventualmente intensificarli, se non guerre commerciali odierne. Si tratta di una mentalità pericolosa e sta visibilmente crescendo oggi in un certo numero di paesi europei e in altri luoghi in tutto il mondo.

Le politiche di Donald Trump possono benissimo portare più prodotti recanti il marchio “Made in USA”, ma il suo significato reale e perverso non sarà una grandezza americana restaurata, ma il marchio di una prospettiva di politica economica che porta con sé l’idea di paternalismo protezionistico che, alla fine della giornata, non migliorerà né la condizione degli americani, né quella del resto del mondo.

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Il fenomeno migratorio in una società libera

Von Mises Italia - Mer, 29/03/2017 - 08:52

Un ordine basato sulla libertà individuale di scelta, consiste in libertà di offrire e libertà di domandare ed in ciò è insito il fatto che ogni richiesta può essere gestita in piena autonomia ed essere tanto accolta quanto rifiutata o cadere nel vuoto.

La libertà è, infatti, assenza di impedimenti, ma questa condizione verrà realizzata solo se verrà rispettata la proprietà privata, sia su se stessi che sulle cose.

Rispettando la libertà di ciascuno non si è grado di imporre alla società concezioni artificiali frutto della presunta conoscenza privilegiata di qualcuno in particolare, e questo in seguito ci permette di dire che la libertà va difesa perché consente al più ampio numero possibile di individui di condurre vite ritenute significative dal proprio punto di vista.

Se la libertà, in quanto condizione generale, deve essere rispettata per lo scambio di beni e servizi lo deve essere anche per quanto riguarda il movimento delle persone; così come una merce per essere scambiata richiede l’accordo delle parti, in ogni unità privata l’accesso regolare di un’altra persona dipende sempre dalla volontà del proprietario dell’unità.

Trattasi quindi di cercare di trascinare coerentemente questo fatto evidente della proprietà privata all’interno della cosiddetta proprietà pubblica, cioè in quella proprietà dove vi è una cattiva definizione dei singoli diritti di proprietà privata che la compongono.

La proprietà pubblica è sempre mal definita e pertanto possiede una tendenza ad essere mal tutelata e/o mal sviluppata, giacché i prezzi esprimono un significato razionale solo quando emergono da scambi realizzati in cui ciascuno dispone effettivamente e solamente della sua proprietà.

Ebbene, per un puro ragionamento di tipo “consequenzialista”, quanto più i beni ed i servizi cessano di essere sottoposti a proprietà pubblica, minori sono le possibilità di pervenire ad un disordine sociale ed economico.

Parlare di proprietà pubblica significa parlare di Stato e dunque di un determinato gruppo sociale organizzato.

Non può esistere uno Stato senza territorio, vale a dire la sede su cui stabilmente risiede tale comunità organizzata.

Questa sede rappresenta l’ambito spaziale entro il quale lo Stato pretende di esercitare in modo effettivo, esclusivo ed indipendente la propria sovranità, ossia quel potere supremo dello Stato che riguarda da un lato i rapporti dello Stato con gli altri Stati e organizzazioni internazionali, dall’altro i rapporti dello Stato con i suoi contribuenti residenti e quanti transitano nel suo territorio.

Tutto il territorio dello Stato, sia che si tratti di zone abitate che di zone disabitate è sottoposto alla sovranità dello Stato.

Lo Stato si regge sull’imposizione tributaria che esso effettua su i suoi contribuenti-residenti,  esso è quindi chiamato ad operare in nome di questi suoi contribuenti.

Uno Stato che afferma di rappresentare una società libera, non può che fondarsi sul primato del diritto alla proprietà privata – essendo la pretesa capace di soddisfare meglio la possibilità media di tutti – sia su se stessi che sulle cose, e su un sistema economico di libero mercato, perché questi due elementi, che sono l’uno la conseguenza dell’altro, forniscono ai suoi abitanti gli incentivi necessari per realizzare piani di azione liberamente scelti, con la garanzia di affrontare personalmente i rischi e le responsabilità delle attività che essi intraprendono.

Finché lo spostamento di una persona avviene dietro invito di un individuo, di un’associazione o di un’impresa residente che garantisce all’immigrato un alloggio per un periodo di tempo relativamente lungo, un minimo adeguato di sostentamento ed eventualmente anche un’occupazione, in linea di massima, lo Stato non può opporsi al trasferimento – in una società libera, un datore di lavoro deve avere la facoltà di assumere alle sue dipendenze chi vuole, compresi i residenti all’estero, così come il proprietario di un’abitazione deve avere la facoltà di affittare a chi vuole.

In linea di massima, poiché lo Stato, essendo l’istituzione responsabile della sicurezza di tutti i propri contribuenti, può sempre impedire l’ingresso a singoli individui che palesemente hanno espresso o esprimono comportamenti e/o pensieri che minacciano seriamente quel primato del diritto alla proprietà privata.

Tuttavia, spesso le persone si spostano da uno Stato all’altro in cerca di fortuna o nuova vita senza l’invito di qualcuno; in tal caso, sarà necessario, per poter in seguito stabilirsi legalmente, farsi prima concedere un apposito visto dallo Stato in cui si intende abitare o anche lavorare, tramite ambasciate o consolati – ovviamente, per tutti coloro che vanno all’estero per qualsiasi altro motivo si dovrà fare un discorso diverso.

Ambasciate e consolati locali potrebbero fungere anche da strutture che mettono sistematicamente in contatto domande ed offerte di inviti.

A chi dovrebbero essere rilasciati questi appositi visti?

Escludendo persone che palesemente hanno espresso o esprimono comportamenti e/o pensieri che minacciano seriamente quel primato del diritto alla proprietà privata, questi visti dovrebbero essere rilasciati soltanto a persone che possono far leva su un minimo sufficiente di capitali monetari.

Se ci si reca all’estero e si è già in grado di usufruire di un reddito che funge da mezzo di sostentamento permanente, non vi dovrebbero essere obiezioni ad accettare il trasferimento, ma se ci si reca all’estero per cercare o crearsi un lavoro, tale ricerca o creazione richiede nel frattempo che si possa fare affidamento a delle risorse per sostenere il quotidiano vivere.

Lo Stato dovrà stabilire l’ammontare di queste risorse confrontandosi con le condizioni attuali del mercato del lavoro.

Lo Stato può rilasciare questi visti per motivi umanitari anche a persone che non possono far leva su un minimo sufficiente di capitali monetari?

Qui il campo delle verità consequenzialiste, giuridiche ed economiche, deve fare i conti con il campo delle valutazioni etiche, ben sapendo però che il campo delle valutazioni etiche non potrà mai capovolgere con successo le verità consequenzialiste.

Concedere il permesso a soggiornare stabilmente nel proprio territorio a persone prive di invito e che non portano con sé mezzi per sopravvivere autonomamente, significa che queste persone, almeno nei primi tempi, graveranno forzosamente come spesa sull’intera collettività e ciò equivale a dire utilizzo di un welfare state coercitivo.

Senza fare inutili previsioni di natura deterministica, è chiaro che il welfare state coercitivo può essere ben sostenibile finché si tratta di piccoli numeri; all’estendersi, infatti, del welfare state coercitivo, aumentano i rischi per il mondo dell’allocazione economica delle risorse di essere soggiogato da quello dell’allocazione politica e del parassitismo.

In ultimo, lo Stato dovrà necessariamente procedere:

all’espulsione di qualunque soggetto che cercasse di stabilirsi nel proprio territorio sprovvisto di invito o di apposito visto;

a sanzioni amministrative e/o penali nei confronti di quei soggetti che si assumono la responsabilità dell’invito dello straniero ma che, in realtà, lo fanno solo sulla carta e non anche con i fatti;

impedire l’accesso a chi provasse ad entrare nel proprio territorio cercando di forzarne i confini.

Da valutare, invece, la posizione dello straniero nel momento in cui chi l’ha invitato rinunciasse ad ogni responsabilità precedentemente assunta e nessun altro soggetto privato residente accettasse di assumerla.

I fenomeni migratori sono antichi quanto la storia dell’uomo.

E’ uno di quei cambiamenti che hanno luogo di continuo pertanto non bisogna affrontare questo fenomeno come se non dovesse mai avvenire, ma semplicemente di istituzionalizzarlo con buon senso.

Asserito quanto, c’è da rilevare che tra un ordine liberale e migrazioni esiste senz’altro un rapporto ma questo rapporto è soprattutto fatto di “sostituibilità elastica” e non di “rigida esclusività”, vale a dire che tanto più riusciamo ad estendere l’ordine liberale quanto più vengono meno quelle necessità che spingono le persone ad abbandonare le proprie terre d’origine.

All’adozione di ordini maggiormente liberali in ogni parte del globo terrestre corrisponde, infatti, un incremento del benessere generalizzato a livello globale e tale incremento rende sicuramente minori le possibilità che possano generarsi masse notevolmente consistenti di persone che desiderano spostarsi da uno Stato all’altro o da una regione del pianeta ad un’altra.

Di conseguenza, divengono criticabili tutte quelle azioni che, direttamente o indirettamente, ostacolano l’adozione di ordini maggiormente liberali in ogni parte del globo terrestre.

Criticabile è il sistema degli aiuti internazionali ai paesi più poveri che alla fine si risolve in effetti più che altro controproducenti.

A seguito del processo di decolonizzazione, i paesi più ricchi hanno versato 135 milioni di dollari l’anno alla cosiddetta cooperazione internazionale, e questo denaro è stato versato tanto dai governi di questi paesi quanto dai loro singoli cittadini.

L’aiuto internazionale è gestito da agenzie, associazioni od enti collegabili alle Nazioni Unite i quali senza la motivazione dell’aiuto al prossimo non potrebbero mai sorreggersi.

Ognuna di queste associazioni, agenzie od enti ha delle spese, tra cui la voce stipendi, che finiscono per assorbire gran parte di quei fondi destinati ai paesi più poveri.

Da ciò si capisce che gli impiegati di queste strutture non possono avere un grande interesse a contrastare la povertà diffusa nel mondo, giacché per loro la povertà diffusa è fonte regolare di guadagno.

Certamente, non tutti i progetti che nascono a seguito degli aiuti internazionali falliscono miseramente, ciò nonostante si stima che circa l’80 per cento di quei 135 miliardi di dollari annui viene sprecato in costi di gestione di queste associazioni, agenzie od enti ed in investimenti tanto grandiosi quanto non redditizi.

Tuttavia, questi aiuti economici forniti in maniera sistematica sono soprattutto criticabili perché finiscono per imprimere nelle popolazioni dei paesi più poveri la mentalità del subordinato a scapito dell’assunzione individuale di responsabilità.

Il fattore determinante della creazione di ricchezza è la capacità di produrre merci, la quale cresce con l’incremento della frazione produttiva della popolazione e della divisione del lavoro, le quali a loro volta possono aumentare stabilmente solo con l’accumulazione di risparmio reale.

Se il risparmio reale aumenta, può diminuire senza controindicazioni l’interesse sul capitale reale prestato e rendere così relativamente più vantaggiosi quei rami di produzione che richiedono, in funzione delle loro condizioni tecniche, un periodo più lungo di produzione.

I governi dei paesi più ricchi piuttosto che fornire aiuti economici sistematici ai paesi più poveri, dovrebbero sostenere i governi e le popolazioni locali a costituire nei propri paesi un intorno istituzionale che protegga la proprietà privata e la garanzia che quello che si accumula possa essere preservato in futuro.

Criticabile è, inoltre, la posizione dei paesi più ricchi quando questi adottano misure di protezionismo commerciale non dando in questo modo la possibilità ai paesi più poveri di accedere con i loro prodotti ai mercati più abbienti.

Mancanza del suddetto intorno istituzionale ed assenza di responsabilità individuale nei paesi più poveri e protezionismo commerciale da parte dei paesi più ricchi pongono le basi, separatamente e sommandosi, per veder emergere grandi masse di popolazione localizzate nei paesi più poveri desiderose di spostarsi verso i paesi più ricchi.

Tale pressione esercitata da queste grandi masse va a stimolare un circolo vizioso a danno del primato del diritto alla proprietà privata e del sistema economico di libero mercato ed a favore dell’espansione della proprietà pubblica e dell’interventismo statale.

Infatti, così come ogni processo di espansione economica non coperto da risparmio reale è seguito da una fase di doloroso riassestamento che rappresenta il momento ideale per veder affiorare nuove richieste di ampliamento della proprietà pubblica e dell’interventismo statale, ogni massiccia pressione migratoria dai paesi più poveri a quelli più ricchi produce in questi ultimi un periodo di acute problematiche che, stressando il meccanismo della libertà di offrire e di domandare, rappresenta il momento ideale per veder affiorare le stesse richieste.

In conclusione, quando si parla di migrazioni non vi deve essere alcuna posizione pregiudiziale, né a favore né contro, ma bisogna sempre però avere l’onestà intellettuale di affrontare il fenomeno tenendo conto delle opportunità e dei rischi che concretamente include ogni suo caso specifico.

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