Cicli economici, non è colpa nostra
Autore: Jeffrey A. Tucker
Data: 21 novembre 2008
Fonte: Business Cycles, Not Our Fault
Ci sono momenti in cui vorresti proprio urlare contro quelli che scrivono le notizie, in particolare la stampa del settore economico. Sono felici di riportare, parola per parola, quanto affermato dalla FED e dal ministero del tesoro ed il loro messaggio è sempre lo stesso: “hey, non è colpa nostra; infatti, stiamo risolvendo il problema!”
Ci è stato detto che l'economia annaspa poiché gli stranieri hanno investito troppo negli USA, che gli stranieri hanno risparmiato troppo denaro, che abbiamo tutti vissuto al di là dei nostri mezzi, che avidi capitalisti hanno nutrito il nostro istinto materialista fino a farci scoppiare, o una qualunque combinazione di quanto sopra. Oppure i cicli economici sono esattamente come il tempo: una stagione fredda seguita da una calda. Indipendentemente dal fatto che sia il governo a dover intervenire in soccorso con la solita combinazione di ridicole soluzioni.
La scoperta della teoria austriaca del ciclo economico, dunque, arriva come una rivelazione poiché tramite essa impari come l'intera faccenda conduca alla creazione di denaro e credito facile operata dalla FED. Il denaro è pompato nei beni capitali di moda del periodo, il settore immobiliare nel nostro caso. L'intero settore diviene sovraccarico ed insostenibile e crolla, portandosi dietro molti altri settori coinvolti. La sola risposta al problema non è il ricorso allo stesso veleno che l'ha causato ma una vera liquidazione.
Stavolta, la teoria si è diffusa più che mai, grazie al Mises Institute, ma ancora latita la conferma della presa di coscienza da parte dell'estabilishment giornalistico.
Si scopre che ciò era vero anche agli albori della grande depressione. La causa del crollo del 1929 ed i suoi effetti non erano sconosciuti anche a quella generazione. C'erano persone nel giusto. E' solo che la stampa e l'estabilishment li ignorarono. Ecco la prova: “A bubble that broke the world”, di Garet Garrett, pubblicato nel 1932. Lì c'è scritto tutto quanto.
“Questo è il fallimento del credito. E laddove per natura stessa del credito ci si aspetterebbe un certo spartiacque a separare l'opinione del creditore da quella del debitore, stavolta l'aspetto irrazionale è che per più di dieci anni debitori e creditori insieme abbiano inseguito i medesimi inganni. In molti modi, come sarà chiaro, la follia dei creditori ha superato la stravaganza dei debitori.”
Procede poi nello spiegare come il prolungarsi del debito dalla prima guerra mondiale sia la causa alla radice; come la società venne a convincersi dell'idea che nell'eventualità in cui la gente non potesse permettersi un acquisto immediato, il governo dovrebbe provvedervi; come il governo intervenne su un sistema in bancarotta; come si arrivò a credere che la prosperità derivi dal credito piuttosto che dal risparmio; e come l'operato della banca centrale americana assieme al governo fosse la causa prima del problema.
Bellissimo. Magnificamente scritto, come solo Garrett saprebbe. Come è stato possibile lasciarselo sfuggire? Non era proprio uno sconosciuto. Scriveva per il Saturday Evening Post. Incredibilmente, ha seguito il new deal colpo su colpo nelle pagine del Saturday Evening Post, ogni legge marcia, ogni goffo piano, ogni attacco alla libertà, alla proprietà ed alla salute economica. Non c'era alcun mistero. La prova: “Salvos against the new deal”, una raccolta dei suoi migliori lavori di quel periodo.
In altre parole, la causa, gli effetti, la follia, la stretta di potere – è tutto scritto lì, tutto paurosamente simile a quanto stiamo vivendo oggi. La chiamiamo la grande depressione. Ma se i politici non fossero intervenuti sarebbe stata nota come la crisi del 1929 e la si sarebbe ricordata come una delle tante crisi nella storia americana. La differenza stavolta fu l'applicazione di “metodi economici moderni” per curare il paziente, metodi che sortirono l'unico effetto di prolungare la sofferenza umana.
Parliamo ora di altri due casi in cui l'errore fu segnalato. Lord Lionel Robbins ne scrisse nel 1934. Il suo libro, intitolato “The great depression” e molto più tecnico ed accademico di quello di Garrett, presenta la teoria austriaca in modo molto preciso e dimostra come la FED e la banca d'Inghilterra inflazionarono la massa monetaria e facilitarono il credito nella seconda metà degli anni '20, portando alla recessione. Il suo è un trattato in qualche modo prudente.
Dopo tutto, stava accusando la banca centrale – non esattamente una posizione politicamente saggia – e non stiamo parlando dell'equivalente di un odierno blogger. Lui era Lionel Robbins, l'economista più influente in Gran Bretagna fino a che Lord Keynes gli rubò la scena con le proprie idee di politica sensazionalista. E perchè? Perchè Robbins consigliò di lasciare che i cattivi investimenti fossero spazzati via dal sistema. Keynes pensava si potesse usare lo stato per resuscitare il morto.
A proposito, questa è la prima edizione contenente citazioni da Mises e Menger. La successiva seconda edizione ne fu svuotata per riempirla con citazioni da Keynes, ciò accadde prima che Robbins approfondisse il keynesianesimo e ripudiasse il libro in blocco. C'era una forte pressione!
Come altro esempio, quello definitivo: Ludwig von Mises stesso scrisse sul ciclo economico dal finire degli anni '20 fino all'inizio dei '30. Puntualizza tutto, saggio dopo saggio: l'espansione del credito, i malinvestimenti, la follia delle politiche anticicliche, i pericoli del protezionismo e della reflazione e molto altro. Questi saggi potrebbero essere stati scritti tutti oggi e d'impressionante c'è anche il focalizzarsi di Mises sulla teoria. Non avanza mai affermazioni empiriche senza tentare di spiegare l'apparato teorico alla base dell'analisi.
Di tragico c'è che il suo lavoro sulla teoria del ciclo economico – che inspirò quello di Hayek – non fu tradotto in inglese fino agli anni '80 e, anche allora, distribuito in un modo che non attrasse molta attenzione. Ecco perchè “The causes of the economic crisis” è un libro così importante. Raccoglie tutti i saggi di Mises in un solo libro stampato e rilegato in modo egregio. Mostra colui che fu davvero il faro dell'economia nel XX secolo.
Tutto ciò conduce ad “America's great depression” di Rothabrd, il testo spesso citato come quello che dimostra come l'evento fu provocato non dal mercato ma dalla banca centrale. Sta ricevendo nuova attenzione oggi. Ma se segui le sue citazioni, riconducono dritte a Garrett, Robbins e Mises – tre osservatori di quel tempo che videro precisamente quanto stava accadendo. Dovevano essere ignorati dai seguaci del new deal poiché demolivano completamente le ragioni della politica di stabilizzazione.
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