Introduzione al ciclo economico
Autore: Llewellyn H. Rockwell, Jr
Data: 8 febbraio 2001
Fonte: Business cycle primer
A volte è doloroso leggere la stampa di settore, soprattutto durante una contrazione economica. I cronisti si agitano in cerca di spiegazioni. Citano le parole di analisti di borsa, politici, trader, altri giornalisti e, di tanto in tanto, persino quelle di economisti accademici. Ma non sembrano mai arrivare a qualcosa che sia vicino ad una spiegazione.
E cosa, di preciso, stiamo cercando di spiegare? In ogni momento all'interno di un certo sistema economico alcune imprese stanno avendo successo, altre stanno fallendo. I lavoratori si spostano da una fabbrica o settore ad un altro. Questo è il quadro di un'economia di mercato dinamica all'interno della quale le risorse stanno trovando la propria strada verso gli utilizzi più produttivi.
L'aspetto insolito è quando fallimenti e licenziamenti accadono in massa come se molti imprenditori, normalmente sensati, d'improvviso commettessero una serie di valutazioni errate nello stesso intervallo di tempo. E' la coincidenza di queste cattive valutazioni – questi investimenti sbagliati che arrivano tutti insieme a minacciare la recessione – che richiede a gran voce d'essere spiegata.
E ceramente, se siete intenzionati ad esaminare il merito di varie misure anti-recessione, avrete bisogno di qualche spiegazione su cosa provochi una contrazione. Attualmente il più comune tentativo di confezionare una teoria ha a che fare con la fiducia dei consumatori. Alla stampa piace, probabilmente perchè fu la teoria dell'amministrazione Clinton a proposito del perchè, giorno per giorno, l'economia si fosse indebolita negli ultimi mesi del 2000.
L'idea è questa: se i consumatori ritengono che l'economia sia destinata a rallentare, potrebbero risparmiare invece di spendere. Il settore imprenditoriale, afflitto dalle stesse paure, non investe più. Le due forze si fondono per creare un declino nella domanda aggregata di beni e servizi e, passo successivo, l'economia crolla.
E che dire della "teoria del linguaggio" sulla recessione? Come Frank Shostak ha fatto notare, tale teoria afferma che la realtà economica sullo sfondo non abbia importanza. Che si sia ricchi o poveri dipende dal nostro stato mentale collettivo. Una recessione diviene così nient'altro se non uno stato generale di cattivo umore.
Sempre secondo questa teoria, puoi anche affermare che il boom economico degli anni '90 fu il risultato del bel parlare di agenti governativi. E forse, basandoci su questa idea., il miglior modo di evitare una recessione sarebbe quello di spegnere radio, televisioni e computer. Dovremmo soltanto sederci e meditare sui comunicati stampa rilasciati dal governo. Ciò manterrà il boom in corsa.
Caspita, magari a forza di belle parole potremmo raggiungere la prosperità eterna. Se solo conoscessimo i termini magici potremmo stamparli in un libro e spedirli ai paesi in via di sviluppo dove potranno anche loro raggiungere la prosperità a forza di parole. Forse dovrebbe esserci la galera per coloro che parlano contrario, essi dopotutto minacciano il benessere nazionale.
Tutto ciò non suona assurdo? Ovviamente. Ma la stampa economica, tristemente ignorante di teoria economica e senza tregua di parzialità, lo riporta fedelmente come se coloro i quali spacciano la "teoria del linguaggio" del ciclo economico non avessero un obiettivo politico in mente. E questa intenzione è ovvia: negare la realtà presente e mantenere l'illusione.
Un'altra teoria in circolo è quella secondo cui i cicli economici sono come la teoria di Clemenza ne "Il padrino 1" sulle guerre tra famiglie: "Questa cosa accade ogni cinque o dieci anni e aiuta a liberarsi del sangue cattivo". E a volte l'idea sembra avere una plausibilità superficiale. Ma dire che una cosa accade secondo ritmi ciclici non è una spiegazione; è solo un osservare l'ovvio.
Di teorie sul ciclo economico ne esistono a legioni e vanno e vengono. Ma la sola spiegazione che abbia retto nel tempo fu avanzata nel 1912 nel capolavoro di Ludwig von Mises: Teoria sulla moneta e sul credito. Le elaborazioni apportate negli anni '30 da Mises e dal suo studente Hayek sono culminate nella teoria austriaca del ciclo economico.
La teoria esordisce con l'osservare il profondo effetto che i tassi di interesse hanno sulle decisioni d'investimento. Lasciati al mercato, i tassi di interesse sono determinati dalla disponibilità di credito (un riflesso del livello dei risparmi) e dalla volontà di assumere rischi sul mercato (un riflesso del guadagno sul capitale). Ciò che scombussola tutto questo è la manipolazione della banca centrale.
Quando la FED pompa credito artificiale nell'economia attraverso l'abbassamento dei tassi d'interesse, incentiva investimenti in progetti che alla fine non hanno successo. Nel recente boom economico la mania per l'hi-tech e le "dot-com" è il risultato di un decennio di crescita sostenuta della massa monetaria attraverso ribassi nei tassi d'interesse. Quando la FED pigiò il pedale del freno per impedire ai prezzi di salire avviò una liquidazione e quindi una contrazione.
Quel che è difficile da comprendere è ciò che resta nascosto. Solo perchè i prezzi non stanno salendo non significa che la massa di denaro sia sotto controllo. Solo perchè in qualche settore qualcuno sta diventando ricco non significa che la prosperità abbia solide fondamenta. Solo perchè la borsa sta risalendo non significa che la struttura d'investimento (per usare l'espressione di Jin Grant) sia in buono stato.
Questa teoria è fortemente supportata dai dati. L'espansione delle "dot-com" coincise con un'espansione della massa monetaria a cominciare dal 1995. La massa monetaria (il dato MZM della FED) si stabilizzò leggermente nel 1996 per poi aumentare ancora nel 1997 registrando il picco d'un 15% d'incremento nel gennaio 1999. Il ritmo d'aumento cominciò a decrescere precipitosamente in seguito causando una necessaria liquidazione. La massa monetaria misurata dal dato MZM passò dai 3200 miliardi di dollari nel 1997 ai 4700 attuali. Chiaramente le valutazioni di investitori e imprenditori erano state distorte da massicce iniezioni di denaro e credito.
Oggi l'opinione comune è che la FED dovrebbe inondare l'economia con denaro e credito. Ma come possiamo vedere è precisamente questa strada ad aver creato il problema iniziale. Inoltre, il Giappone tentò questo trucco negli anni '90 abbassando i tassi d'interesse financo a zero, ma senza risultati.
Nessun economista austriaco fu sorpreso quando i drastici interventi della FED non produssero alcun risultato duraturo sui mercati. Clemenza ha ragione su questo punto: c'è sangue cattivo nell'economia e deve essere eliminato.
Ci sono metodi per rendere le recessioni più facili da sopportare. Tagliare le tasse è uno di questi, liberarsi di regolamentazioni che ostacolano le imprese è un altro. L'obiettivo di simili sforzi non è quello di stimolare la domanda (come i consiglieri di Bush sembrano pensare) ma di svincolare l'imprenditoria e permettere maggior libertà di scelta al pubblico consumatore.
Questa teoria è però troppo sofisticata e troppo chiara allo stesso tempo per essere afferrata dalla maggior parte dei giornalisti. Non sono interessati a leggere un vecchio trattato polveroso di teoria monetaria. Purtroppo non lo sono manco i consiglieri economici di Bush. Ma almeno le intuizioni di Bush vanno sulla giusta strada. Un grosso, immediato taglio delle tasse non fermerà la discesa ma aiuterà a provvedere gli americani di un cuscino che servirà per l'atterraggio e come fondamenta per il futuro.
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Per maggiori informazioni sulla teoria austriaca del ciclo economico vedi la Austrian study guide, in particolare:
The Austrian theory of the trade cycle and other essays.
Block, Walter. "Hayek, business cycle and fractional reserve banking: continuing the de-homogeneization process" Review of Austrian economics, 1996 9(1), pagg 77-94.
Garrison, Roger W. "The Austrian Theory of the Business Cycle in the Light of Modern Macroeconomics", Review of Austrian Economics, 1989, 3, pagg. 3-30.
Garrison, Roger W. "Central Banking, Free Banking, and Financial Crises", Review of Austrian Economics, 1996 9(2), pagg. 109-128.
Garrison, Roger W. "New Classical and Old Austrian Economics: Equilibrium Business Cycle Theory in Perspective", Review of Austrian Economics, 1991, 5(1), pagg. 91-106.
Hülsman, Jörg Guido. "Toward A General Theory of Error Cycles", The Quarterly Journal of Austrian Economics, 1.4, pagg. 1-23.
Hughes, Arthur Middleton, "The Recession of 1990: An Austrian Explanation", Review of Austrian Economics, 1997 10(1), pagg. 107-124.
Vedder, Richard K. and Lowell Gallaway, "The Great Depression of 1946", Review of Austrian Economics, 1991, 5(2), pagg. 3-33.
E' inoltre disponibile: "The theory of money and credit", Ludwig von Mises.
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