Dal nostro corrispondente dalle montagne della Provincia di Kai, Takeda Shingen.
Piu' di dieci anni fa, scrissi il mio primo intervento sul Portico Dipinto. Era il frutto di appunti presi in gioventu' dalla conferenza (che ascoltai su un nastro fornito da un amico che arrivava dall'America) di un autore che non nominai dieci anni fa e che percio' non nominero' neanche ora, anche se, dopo piu' di dieci anni di conoscenza comune, molti sapranno di chi si tratta.
Ho rivisto oggi gli appunti ed ho pensato di condividerne un capitoletto.
E' solo un brano brevissimo, ma che mi sembra molto pertinente al momento che stiamo vivendo, circondati da morti viventi che hanno una paura fottuta di lasciare la loro non-vita escrementizia con la speranza futile che prima o poi possa diventare non si sa come una vita vissuta, attaccati alla loro schiavitu'al punto di accettare di farla diventare molto peggiore, la loro non-vita, per paura che il padrone levi loro anche quelle piccole soddisfazioni stupide e grette che verranno loro tolte comunque.
Spero che vi piaccia.
PS
Ho riascoltato il contenuto di quei nastri (che ora ho su un hard-disk, ma che sono reperibili in rete, tutti) e mi sono stupito di come il conferenziere praticamente avesse previsto con quarant'anni d'anticipo quasi precisamente quel che di sta capitando, ma questo magari lo vedremo la prossima volta. Di sicuro chi aveva occhi per vedere e la necessaria cultura per trarre conclusioni pertinenti poteva farlo anche allora.
Ora, non c'è davvero niente di radicalmente sbagliato nell'essere malati o nel morire.
Chi ha detto che dovremmo sopravvivere?
Chi ci ha suggerita l'idea che sia bellissimo andare avanti e avanti e avanti per sempre?
Non possiamo dire che sarebbe un bene che tutti continuassero a vivere. Molto semplicemente: se permettiamo a tutti di continuare a vivere, ci sovraffolliamo e l'umanita' diventa come un albero non potato.
Quindi, una persona che muore è in un certo modo una persona onorevole, perché sta facendo spazio agli altri
Anche se ognuno di noi, individualmente, apprezzerà naturalmente quando qualcuno gli salva la vita, se applichiamo quel caso a tutti possiamo immaginare che non sia praticabile.
Possiamo anche approfondire e concludere che se anche la nostra morte potesse essere posticipata indefinitamente in realtà non vorremmo continuare a posticiparla per sempre, perché ad un certo punto ci renderemmo conto che proprio non è il modo in cui vorremmo vivere.
Perché avremmo figli, altrimenti? Perché i bambini fanno in modo che noi si sopravviva, per così dire, in un altro modo, passando la torcia cosi' da non doverla portare sempre con noi. Arriva un punto nel quale rinunciare e dire: "Ora fatica tu" ai nostri figli.
È un arrangiamento molto più divertente per la Natura, il continuare il processo della vita attraverso individui diversi piuttosto che sempre con lo stesso individuo, perché quando ogni nuovo individuo arriva, la vita si rinnova, e la Natura si ricorda quanto siano affascinanti le cose quotidiane più ordinarie per un bambino il quale le vede tutte meravigliose - le vede tutte in un modo che non è in funzione alla sopravvivenza ed al profitto.
Quando arriviamo a pensare a tutto in termini di sopravvivenza e valore del profitto, come facciamo di solito da adulti quando le forme delle righe lasciate dalle scarpe sul pavimento cessano di avere magia, la maggior parte delle cose cessano di avere magia.
Quindi, nel corso della vita, una volta che abbiamo smesso di vedere la magia nel mondo, non stiamo più giocando al gioco della Natura nel ruolo della sua consapevolezza.
Non ha più senso andare avanti.
E così moriamo.
Così nasce qualcos'altro, che ottiene una visione completamente nuova. Così l'autocoscienza della Natura è un gioco che vale la candela.
Non è quindi naturale per noi desiderare di prolungare la vita indefinitamente, ma purtroppo viviamo in una cultura in cui ci è stato impresso in ogni modo possibile ed immaginabile che morire è una cosa terribile.
Questa è una tremenda malattia di cui soffrono le culture come la nostra, in particolare.
E lo notiamo personalmente nel modo in cui la morte viene spazzata sotto il tappeto: così facendo, le persone vengono lasciate morire da sole, improvvisamente, impreparate e drogate fino al punto in cui la morte non sembra nenache avvenire, al punto nel quale avviene senza alcuna esperienza spirituale.