Nel 1974 Marina Abramovic decide di mettere il suo corpo – e la sua anima – a disposizione di un pubblico sconosciuto.
In una performance che rimase famosa, la nostra Marina Abramovic mise in essere un esperimento notevole che ancora oggi può essere oggetto di profonde riflessioni, riflessioni che valuto attuali e molto più di quel che si possa supporre di primo acchito.
Il fatto eclatante si “giocò” a Napoli. Lei – la performer – è di nazionalità serba (ora naturalizzata statunitense). Una ragazza coraggiosa – questo è un fatto – che con lucidità affrontò i suoi simili (che sono anche i nostri) mettendoli nella straordinaria possibilità di poter fare di lei qualsiasi cosa avessero voluto, senza che a nessuno si sarebbe eventualmente potuta imputare responsabilità di alcun tipo. Marina Abramovic e soltanto lei sarebbe stata responsabile di qualsiasi cosa le fosse accaduta. Qualsiasi. Fino a esperimento concluso.
Ci saranno però delle regole o meglio, delle opzioni …
Questi gli oggetti che il pubblico avrebbe utilizzati a piacimento. Lei non si sarebbe opposta.
La performance durò sei ore, dalle 20:00 alle 02:00. Stando alle cronache, nelle prime ore si dedicarono alla persona di Marina Abramovic fondamentalmente con rispetto e affettuosa curiosità, per poi giungere all’estremo opposto: quando, verso il finale, la pistola sarà caricata del relativo proiettile e facendo sì e inducendo l’artista – arma puntata su di sé – di poter premere il grilletto …
… a quel punto la svolta, il gallerista non resse più, s’infuriò e intervenne per fermare l’irreparabile o giù di lì.
Insomma, tirando le somme, in quelle sei ore si era partiti da gesti solidali e di tenerezza, passando dal donarle una rosa, ad esempio; sino ai gesti violenti, come tagliuzzandole i vestiti, ferendola con le spine del medesimo fiore (tra le altre cose) e ad altre sottili (e meno sottili) violenze e umiliazioni.
Conclusioni
Ogni volta che si discute di questa storia, il giudizio che gli si appioppa per la maggiore è quello della solita e sopita nenia della brutalità umana, in un’accezione talmente spregevole da non lasciare spazio a considerazioni più intelligenti e meno di pancia. In questo esperimento non vi sono corrispondenze esaustivamente sensate, di quelle cioè che corroborerebbero l’interpretazione che più si avalla. Ritengo si sia proprio rovesciata la questione, confondendo stupidamente le conseguenze con il movente; così come ho trovato meno sensato ancora che “quell’indole oscura” palesatasi a seguire dal pubblico, fosse ricollegabile all’uomo capace di approfittare del suo prossimo “basta gli si dia l’occasione di morbosa impunibilità” e quindi… “la cattiveria si mostra senza paura” …
… per Me nulla ha preso il sopravvento e non c’è cattiveria. Nulla di nulla. Il il branco ha riconosciuto un preciso tipo di “debole” (il debole non necessariamente è il bisognoso) giacché il branco è stato saggio e, proprio tra i più “cattivi”, riconosco i più saggi. Al branco si è rivelato il “debole” che prima si mascherava da forte, un debole ipocrita, un debole rivelatosi, e che ha deciso lui stesso – di far cadere la maschera. Non è quel debole meritevole di empatia, soggiogato dagli eventi e dalle forze maggiori dell’esistenza, No; ma quell’entità che ha deciso arrogantemente e consapevolmente di rinunciare alla sua dignità.
Il fatto che dapprima i carnefici si siano comportati dolcemente non è da valutare in nome di un processo mosso dalla compassione, ma nella misura di testare per gradi (quindi accertandosone per eliminare le riserve e i dubbi) quell’entità umana pronta a privarsi della sua dignità. Quello che è avvenuto per gradi, non è – come molti hanno ritenuto – un crescendo legato a indagare sin dove “potersi spingere come aguzzini” per liberare cioè impunemente una qualche forma di sadismo …
… bensì è IL crescendo dovuto, per sincerarsi di quale misura quell’essere umano si sia effettivamente privato deliberatamente della sua dignità e, quindi, in maniera primordiale – ma non barbara – prendere atto che quell’entità si è rivelata essere traditrice della razza, un reale pericolo per la sua specie (quindi la nostra), un pericolo giustamente da eliminare.
Non c’è nulla in questo esperimento da farci riflettere pertinentemente sulla cattiveria dell’uomo e della sua ferocia in sé (che comunque possiede, ed è un altro discorso), bensì come e perché il rapporto del Potere tra entità senzienti e tra fazioni o classi, si basi esclusivamente sul grado di dignità individuale o di classe.
Se al posto di Marina Abramovic vedessimo il popolo italiano, si potrà intendere perché i Governi hanno e hanno avuto sempre il Diritto di fare dei popoli – a ragione – ciò che vogliono: – torturarci, vessarci, denigrarci, umiliarci, impoverirci, annichilirci, imprigionarci, ferirci (per poi incerottarci o accarezzarci solo dove e quando serve) e far sì che si arrivi persino a metterci da soli una pistola alla tempia e – da soli – premere il grilletto … (come accade, d’altronde) …
… con una sola differenza. Per noi non ci sono galleristi a intervenire in nostro favore.