Il cagasotto non è colui che fronte a un pericolo o fronte a una minaccia la quale potrebbe drammaticamente realizzarsi a suo discapito, si muove di conseguenza. E questo vale nondimeno in nome di una "mera" quotidianità, quando ad esempio ci si può trovare fronte alla minaccia di perdere il proprio posto di lavoro, e ci si caga addosso e ... obbedisci, o ti allinei, o taci, o fai buon viso a cattivo gioco e nonostante tu sappia sia una minaccia delle più infime, la paura di reagire rimane più forte del coraggio di ribellarsi.
E senza giungere a cose tanto vitali e importanti, potrebbe bastare anche molto meno per fare la figura del coniglio. Così come è capitato a Me.
Gironzolavo in bicicletta. Era una bella giornata di Sole (avevo ancora i capelli e gli ormoni a regime), io - virgulto della Vita - mi avvicinavo a un semaforo, bello bello rispettando doverosamente la mia destra e godendomi l'atmosfera di un quartiere urbano e ricco di vita, all'epoca così vivibile, quando il traffico era ancora accettabile in una semi-periferia di queste zone, uno sguardo gioioso all'avvenire in quel periodo, quando ecco una vecchia Golf sopraggiunge alle spalle sgasando come un'ossessa a marmitta aperta (o scassata) e mi sorpassa, riempiendo – non solo Me, ma tutta la piccola via di gas di scarico immondi, di un motore ormai a scatafascio che mangiava più olio che benzina. La Golf rallenta ma subito scatta il verde, quindi riparte sgommando, mi riaffumica, incurante di sfiorare la gente sui marciapiedi e attraversando l'incrocio come un pazzo. Gli ho urlato dietro un OOOOOHHHHHH!!!!! …
…a fargli capire quanto coglione fosse, inveendoglielo contro a braccio alzato e, questo me lo ricordo bene, senza aggiungere gestacci tipo «corna» o il famoso «dito». Questo inchioda e siccome non poteva far retromarcia, scende dalla macchina che lascia quasi in mezzo alla strada, mi viene incontro a passi decisi, ingrugnito a' mo' di bufalo. Dall'aspetto era evidente fosse uno di quelli poco raccomandabili, sporco e rappezzato con una maglietta lisa, vicinissimo alla figura di quegli zingari che non ti fanno sperare bene, ben piazzato, un po' panzone, e non ricordo le parole che mi proferì, ma fu chiarissimo stesse alludendo a chiudermi nel cofano della sua macchina e a farmi fare una brutta fine. Ero un freschissimo ventenne e il tipo un uomo sopra i trenta. Dal canto mio avevo muscoli pronti e fulminanti, tutte le mie energie erano perfettamente sfruttabili. Sono sempre stato agilissimo e veloce, il mio metro e ottanta non basta a farmi considerare alto, ma non certo piccolo e, se pur longilineo, avevo le cosiddette «spalle larghe» (all'epoca: ora mi faccio pena); quelle spalle, dicevamo, che noi maschi valutiamo in modo più o meno inconsciamente nell'altrui avversario. Eppure, eppure mi sono cagato addosso: non ricordo cosa gli dissi precisamente, certo non ho ritrattato il mio urlo, ma a quel punto era per difendermi, non per impormi: era evidentissimo che avevo paura e lui aveva già vinto sulla carta. Ero io con le orecchie abbassate, non lui. Aveva vinto e gli era bastato prenderne atto in un ghigno di superiorità, e se ne andò. Mi aveva umiliato, ancor di più perché non ero certo io ad avere torto.
Ora non si pensi che mi sia messo da solo sul lettino dello psicanalista de' noantri e abbia trovato il modo e il giro filosofico per raccontarmi che quello non significhi essere stati cagasotto, visto che lo sono stato eccome. Il punto è che in questi giorni non ho potuto fare a meno di approfondire ulteriormente cos'è la paura e siccome lo spettro dei colori ampissimo che le appartiene, in nome dei protocolli che le concernono, in nome della sopravvivenza della specie, non può essere circoscritto a singoli lemmi in italiano né in qualsiasi altra lingua, ecco che il distinguo mi ha richiamato alla mente questo aneddoto personale in relazione a questo sentimento primordiale, probabilmente il più profondo di tutti (e non ho scoperto nulla di nuovo) – che Sì, è un sentimento che attiva le medesime ansie, sia si tratti di poter perdere un lavoro, sia di essere chiusi dentro un cofano di una macchina, sia di un virus assassino e quindi di una micidiale pandemia ...
... ma è qui che sarebbe da considerare la paura nella sua antitesi (cioè più peculiare all'indagine), quindi al coraggio e, per l'appunto: a quale coraggio levi forza, prima ancora di capire quale paura si avvinghi a Noi. Ed è ancora qui che si entra in una dimensione più sottile e si rivela «cosa» in realtà e quale paura ha reso il popolo ---» stordito, impallato, penosamente in balia come una alga nello stagno e addomesticabile oltre ogni limite, se parliamo del popolo silenzioso; e per i difensori attivi, invece, privi di onestà intellettuale e ottusi nel verificare le informazioni. Di onestà e di una debita dignità in entrambi i casi. Privarli quindi di una funzione, cioè quella di essere pronti ad attivarsi intelligentemente in proporzione ai pericoli che li minacciano. Non parliamo più di una paura così primoridale in realtà. Bensì tutto è in relazione a un concetto, il concetto di «pensiero» del pensare. Pensare è un atto di coraggio.
Se la paura di morire fosse realmente l'elemento fondante che imputa ai modelli di reazione umana un determinato approccio (sia esso d'azione o di pensiero), non ci sarebbe virus al mondo che occluderebbe la capacità di analisi a tali livelli e sostanzialmente infantili. Giacché ogni reale intelligenza possiede e vuole possedere per sua natura la più ampia visione di insieme e pretende in modo inequivocabile la non-unidirezionalità di un'indagine e, soprattutto, non vuole, per logica e intelligenza, che sia un'autorità a indicare l'autorevolezza, ma un'autorevolezza a legittimare un'autorità; per mettere realmente sulla bilancia ogni peso, quindi; ambire realmente a una soluzione migliore, solo a condizione di aver compreso i perché e non a condizione del vantaggio più immediato che (come ogni reale intelligenza sa) oltre che effimero potrebbe essere addirittura controproducente in seconda e terza istanza, come la storia insegna. Come si suol dire, e poco si comprende la validità della metafora: di non osservare il mondo dal buco di una serratura. Come il Potere, invece, ti invita e ti impone di fare.
Ora si aggiunge un elemento intrinseco e cioè quello di sapere come l'individuo sia stato guidato a confondere il concetto di tutela con il concetto di responsabilità. L'individuo, sin dai primi giorni sui banchi di scuola è indottrinato a percepire le proprie considerazioni quali valevoli o meno, solo se dapprima filtrate attraverso organi autoritari e piramidali. Quando invece la nostra natura è tale in senso circolare, non piramidale. E così, in maniera inconscia, ogni essere umano è sospinto a non poter considerare come «cosa responsabile» le proprie valutazioni, ma solo incasellabili. Si rifletta su questo passaggio. Non per nulla il difensore dello Status Quo o di una morale collettiva o di una paura collettiva, è tale (e per questo sintomaticamente riconoscibile) e appare tale in un approccio sganciato da un modello di elaborazione, abbracciando invece il modello di applicazione. In entrambi i casi si sta parlando di come ci si approccia alle informazioni. Queste sono le due vie a disposizione. C'è una mostruosa differenza tra l'applicare le informazioni, e l'elaborarle. Non lo si capirà mai abbastanza. La tragedia o la ridicolaggine (o il paradosso se vogliamo) a seconda di come la si vuole vedere, consiste inevitabilmente nel dover appurare che più l'individuo è bravo (e lo è veramente, questa è la tragedia) e veloce ad applicare le informazioni, e più inevitabilmente lui stesso si percepisce raziocinante e ragionevole. Peccato che in questa modalità, detta personalità, stia incasellando (applicando) il tassello di un puzzle laddove era già precostruito l'incastro. Per quanto geometricamente complessi siano i tasselli, quest'individuo sta comunque seguendo dei binari belli dritti e pre-costituiti. La ciliegina sulla torta è che persino il raziocinio in questo gioco di specchi è una fallacia o un falso problema se vogliamo, giacché di meccanicizzazione trattasi e non di raziocinio. Che oltretutto c'entrerebbe relativamente, poiché il raziocinio è a discendere dall'intelligenza e non a prescindere.
Chi usa il raziocinio quale metodo a prescindere di indagine, è obiettivamente immerso in un modello di pensiero ottuso, per non dire cieco. Questa è la barzelletta finale che ha mandato a puttane il mondo intero nell'ultimo secolo. E questo modello di pensiero è "solamente" il modello di pensiero dominante (grasse risate in panciolla e ringraziamenti infiniti dalle élite); figuriamoci la magnitudine distruttiva di questa barzelletta presa come cosa seria. E come tutto ciò imponga e ha imposto ai popoli di essere idiotizzati e, al contempo, pure spinti a vantarsene ritenendolo un valore di chi sa quale fantomatica e "raziocinante" intelligenza. La quale proverebbe un'evoluzione positiva del pensiero e, quindi, dell'uomo. Mentre dimostra esattamente il suo opposto: la stupidità.
Se l'esperienza personale che vi ho raccontato poco sopra, di quel losco figuro che mi ha fatto cagare addosso da ventenne – un'esperienza sganciata da formule propagandistiche (qui la nota cruciale, lo si calcoli bene) ci dà la possibilità di migliorarci personalmente, ecco invece che per un popolo a tal modo indottrinato le cose non possono valere allo stesso modo, e un qualsiasi tipo di esperienza la quale lo metta nelle condizioni di cagarsi addosso, di essere terrorizzati, non gli potrà essere di alcun insegnamento per l'avvenire, anzi si innescherà un terribile automatismo (lo abbiamo tutti sotto gli occhi da due decadi piene) che lo renderà di pari passo ottuso e sempre più ottuso … quindi sempre più addomesticabile ...
… e in modo inversamente proporzionale a "pensare", quindi a non farlo, se non ai minimi termini, giacché costoro «applicano» ma non pensano. Pensare richiede un coraggio che non è più ritrovabile con alcuna bussola in vendita, quindi saranno spinti ad applicare "intelligentemente" i tasselli di un puzzle distribuito gratuitamente ai giocatori, prima ancora di scatenare il problema che li farà cagare addosso.
Collegamenti:
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