Sebbene sia facile supporre che lo scenario economico conseguente al coronavirus sarà caratterizzato da un alto tasso di disoccupazione, le previsioni riguardanti l’inflazione dei prezzi non sono allo stesso modo così certe. Da un lato ci saranno, infatti, dei deficit di bilancio governativi assai più alti e quindi un maggior debito pubblico; dall’altro invece, a causa di una economia più debole, può allo stesso modo accadere che i consumatori e le aziende possono essere riluttanti a contrarre nuovi debiti e possono cominciare ad alleggerire il carico del loro debito.
L’espansione monetaria non comporta sempre un’inflazione dei prezzi al consumo
Al contrario di quanto si crede comunemente, l’uso corretto del termine “inflazione” deve essere riferito all’offerta di moneta; difatti, i prezzi in salita non sono la causa, quanto piuttosto il risultato e l’effetto di un aumento dell’offerta di moneta. Tuttavia non tutte le espansioni monetarie comportano un’inflazione dei prezzi: può accadere, infatti, che il cosiddetto “livello generale dei prezzi” rimanga stabile quando ci sono dei cambiamenti drastici nella domanda di beni e servizi che impattano in modo differente sui diversi modi. Tale media può essere ingannevole quando dei prezzi alti cancellano gli effetti di altri prezzi che sono bassi e quando certi beni e servizi svaniscono dal paniere statistico [4] di calcolo perché i prezzi di questi beni sono a tal punto saliti che la loro demanda è drasticamente scesa.
A causa delle innumerevoli interruzioni di attività causate dai lockdown (e a causa del distanziamento sociale), ci dobbiamo aspettare l’esplicitarsi di cambiamenti strutturali ai modelli di business futuri. Ancor più beni e servizi verranno rimossi dalle statistiche ufficiali sui prezzi, e per tutti quei prodotti che si salveranno e rimarranno quindi nei panieri, i prezzi risulteranno estremamente variabili.
Problemi nella misurazione dell’inflazione dei prezzi
Ancor più di quanto accadeva in passato, le statistiche contenute negli Indici dei Prezzi al Consumo non fanno altro che mandare dei segnali totalmente falsati circa la grandezza del fenomeno dell’inflazione dei prezzi. Se i prezzi di alcuni beni saliranno in modo esorbitante e, di conseguenza, per essi ci sarà una minor domanda; questi non faranno altro che avere un peso minore nel paniere statistico usato per i calcoli, fino a giungere ad essere totalmente abbandonati se per essi cadesse interamente la loro domanda per il semplice fatto che essi sono diventati troppo costosi per i consumatori ordinari. Ancor più che in passato, l’inflazione dei prezzi misurata dall’Indice dei Prezzi al Consumo, non può essere considerata una misura affidabile per essere una guida di politica monetaria – supponendo che esso lo fosse mai stato –.
Dato che le moderne banche centrali usano il concetto di politica economica di “inflation targeting” quale guida per le loro operazioni, con la perdita di affidabilità del CPI perderanno – al contempo – uno strumento di guida precedentemente considerato affidabile. In sostanza, quando i banchieri centrali impostano i loro obiettivi sui tassi di interesse, è come se fossero ciechi.
Più di quanto accadeva in passato, ciascun individuo avrà – in funzione della sua personale struttura di domanda – un tasso di inflazione di tolleranza squisitamente personale che differirà sempre di più da quello dei suoi simili; inoltre, i differenti gruppi sociali verranno influenzati in modi diversi non solo dalla disoccupazione ma anche dai cambiamenti nella struttura dei prezzi. La cosiddetta “stabilità del livello generale dei prezzi” sta progressivamente diventando un obiettivo sempre meno significativo per la politica monetaria e lo stesso discorso ai numeri ufficiali della disoccupazione: infatti, gli scontri che sono stati causati dai lockdowns influenzano i diversi segmenti del mercato del lavoro in modi diversi e quando le persone lasciano il mercato del lavoro per un bene esse non vengono più conteggiate come “disoccupate”.
Come è accaduto con lo shock dei prezzi del petrolio nel 1973, l’economia del dopo-lockdown si troverà a fronteggiare il fenomeno della stagflazione. Quando la stagnazione e la recessione si verificano in concomitanza con l’inflazione dei prezzi, tutte le politiche macroeconomiche hanno fallito. Usando le prescrizioni di Keynes come guida per affrontare le fasi negative di un ciclo economico dopo il lockdown non farà altro che dare il colpo finale ad un sistema economico già indebolito dalle chiusure. Il blocco dell’economia ha anche colpito in modo grave il sistema delle supply chain [5] globali, la fonte principale dei prezzi più bassi. Inoltre, con l’interruzione del commercio con la Cina (fenomeno, questo, che afferisce non solo agli Stati Uniti), la tendenza alla caduta dei prezzi conseguente all’ingresso di beni e servizi da oltremare si invertirà. Una delle conseguenze di una produzione concentrata maggiormente all’interno dei confini al posto del libero commercio internazionale sarà un maggior costo di produzione.
Le autorità monetarie hanno stampato una grande massa monetaria per mitigare le conseguenze dei rallentamenti economici e dell’isolamento sociale. Una tale politica è stata già implementata nell’affrontare la crisi finanziaria del 2008 [6] nella forma del cosiddetto “quantitative easing”.
QE infinito?
Per rispondere alla crisi finanziaria del 2008, le attività nei bilanci [7] del Federal Reserve System si sono espansi da 870 bilioni di dollari dell’agosto 2007 fino a 4,5 trilioni di dollari nei primi mesi del 2015. L’ultimo tentativo di tagliare le attività nei bilanci della FED ha portato il totale a 3,8 trilioni nell’Agosto 2019, ma poi sono subito risaliti, in quanto la politica monetaria implementata è state di nuovo quella espansiva, raggiungendo di nuovo i primi 4 trilioni prima di una spinta sull’“acceleratore” la quale, a sua volta, ha fatto salire il totale a 7 trilioni di dollari nel giugno 2020 [8].
Il lockdown ha di fatto paralizzato le economie di quasi tutto il mondo, impattando quindi in modo grave e serio sulla capacità produttiva e sulle supply chains. Il Fondo Monetario Internazionale si aspetta che la produzione globale si contragga [9] di quasi tre punti percentuali nel 2020 e sebbene il Congresso Statunitense prenda tempo sul pronunciare una previsione sul 2020 con la scusa che questa sarebbe troppo incerta, l’Ufficio Bilanci del Congresso [10] prevede una caduta del PIL reale di dodici punti percentuali e un tasso di disoccupazione pari al 14% per il secondo trimestre.
Davanti alle conseguenze economiche dei lockdown, la FED intende affrontare la situazione espandendo [11] le tipologie di asset che intende comprare: infatti, sebbene nel passato la tipologia di attività che potevano essere comprate dalla FED si limitavano alle obbligazioni governative, ora si sta assistendo all’acquisto di titoli che sono diversi [12] da quelli del debito pubblico (per non parlare il finanziamento diretto dalla spesa pubblica).
Una contrazione del credito, fino a che la diga non si rompe
La politica monetaria sinora perseguita è consistita in un enorme ed impressionante aumento della cosiddetta “base monetaria [13]”; un fenomeno – questo – che non implica necessariamente che la nuova moneta finirà dritta nelle mani delle imprese e dei consumatori. Se la domanda di credito è bassa e le banche commerciali continuano a supporre che le imprese (ed esse stesse) siano in rischio di fallimento, o se esse (tanto le banche, quanto le imprese) sono già in una situazione economica precaria), useranno la nuova moneta creata dalle banche centrali come “salvagente” di liquidità per far fronte al rischio invece che prestarla. In questo senso, quindi, la capacità delle banche commerciali di prestare esiste solo “in potenza” e non è stata ancora del tutto messa in atto.
Questo fenomeno di contrazione del credito [14] si è verificato anche dopo la crisi finanziaria del 2008. Nonostante il grande stimolo monetario derivante dalle banche centrali, non si è verificato un generale rialzo dei prezzi. La base monetaria non si è trasmessa nel settore reale e quindi non si è tradotta in una maggiore domanda di beni; piuttosto, essa è rimasta all’interno del settore finanziario ed è stata utilizzata come riserva per le banche commerciali. Non caso, il più evidente segno dell’espansione monetaria del 2008 furono i grandi rialzi di prezzo delle azioni e delle obbligazioni.
Anche dopo il lockdown, gli effetti della creazione di base monetaria da parte delle banche centrali può non tradursi, anche dopo un lungo periodo di tempo, in un maggior volume di prezzi e quindi in un aumento della domanda aggregata. Tuttavia, l’attuale politica monetaria espansiva porta con sé il pericolo che ciò che oggi, come allora, è visto come solo un rischio potenziale possa tradursi – domani – in una enorme valanga che colpisce all’improvviso l’economia reale con un mare di liquidità. Fino a che la diga non si rompe, agli osservatori superficiali e per larga parte della popolazione può sembrare che non ci sia nulla di cui preoccuparsi e che i banchieri centrali abbiano tutto sotto controllo.
Le persone, in realtà, dovrebbero aver paura del fatto che il debito statunitense abbia raggiunto [15] (nel 2017) il 107% rispetto al Prodotto Interno Lordo nazionale del 2019; una cifra – questa – che salirà alle stelle nel 2020 e negli anni immediatamente a venire. Il finanziamento in deficit va di pari passo con l’aumento dell’offerta di moneta ed è qui che viene presentata la Modern Monetary Theory (MMT), la quale fornisce in modo esplicito le giustificazioni economiche per un finanziamento del deficit governativo direttamente con la creazione di moneta da parte del governo stesso. Secondo il modello della MMT, una banca centrale di un dato Stato può diventare nient’altro che un ramo del ministero del Tesoro. Non bisogna sforzarsi molto per capire che il seguire le prescrizioni di politica economica di queste teorie monetarie non fa altro che aprire la porta all’iperinflazione; una porta che, una volta aperta, può difficilmente essere chiusa se non con alti costi.
L’importanza di una solida teoria economica
Prima che si rompano le acque, la creazione di moneta da parte della banca centrale potrebbe non impattare nell’economia reale in termini di produzione, né potrebbe cambiare la tendenza del tasso di inflazione dei prezzi. Un possibile scenario che si può realizzare sarebbe quello in cui le banche centrali si ostinino a seguire il loro modello di “inflation targeting” e continuino ad incrementare ancor di più la massa monetaria, confidando nella ingannevole copertura di un falsamente stabile livello dei prezzi. In questo modo, le autorità monetarie non faranno altro che ignorare il potenziale inflazionistico delle loro politiche e quindi rifiuteranno in toto l’idea che il rischio di un’iperinflazione non solo sia grande ma sia anche presente. Il potenziale inflazionistico accumulatosi nei precedenti dodici anni, difatti, è a tal punto grande che il controllo dello stesso risulta una pura e semplice utopia una volta che la valanga comincia la sua rincorsa.
Indipendentemente dai dettagli che differenziano le diverse scuole, tutte le impostazioni di pensiero macroeconomico sono interventiste [16]. Queste dottrine sono di enorme interesse per i politici, in quanto costoro – grazie alle anzidette scuole – si sentono in diritto di assumere che il buon funzionamento di un’economia di mercato dipenda in maniera preminente dal controllo governativo esercitato sul mercato stesso. Per questi economisti, il sistema economico necessita invariabilmente di leadership, di controllo e di “guida”; e facendo ciò – ossia dichiarando che l’economia di libero mercato sia intrinsecamente instabile e “malata” – gli economisti interventisti arrogano a sé il titolo di “scienziati salvatori”. Questi ingegneri sociali [17] trovano, di conseguenza, dei posti di lavoro profumatamente pagati (e quindi estremamente invidiati) negli enti di regolamentazione e nei vari ministeri statali.
L’economia Austriaca ha un differente approccio. Per i suoi pensatori, l’economia è un sistema che si autoregola in modo dinamico: i consumatori lottano per migliorare la loro situazione e gli imprenditori [18] sono sempre attenti per soddisfare i loro bisogni. In un mercato concorrenziale, il sistema dei prezzi restituisce delle informazioni sulle preferenze e sui consumatori fornite dai consumatori stessi. Al contrario, un diffuso intervento del governo e della banca centrale non solo è ultroneo, ma è anche dannoso per la prosperità di una nazione.
Un maggior intervento governativo comporterà soltanto un maggior danno economico
Tutti i governi – quindi non solo quello degli Stati Uniti – sono sul punto di compiere gli stessi, medesimi errori fatti negli anni Trenta, quando le politiche macroeconomiche perseguite non hanno avuto alcun risultato se non quello di peggiorare e prolungare la depressione e la crisi. Come ha spiegato [19] Rothbard nel suo libro, la Grande Depressione degli Stati Uniti è accaduta a causa del fatto che i policymakers hanno incoraggiato il mantenimento di alti tassi salariali e perché implementarono delle misure per stabilizzare il livello dei prezzi. Costoro si impegnarono in una lotta attiva e senza quartiere alla deflazione mediante degli interventi diretti e, invece di incentivare il risparmio, i decisori politici fecero l’esatto opposto cercando di stimolare i consumi; invece di promuovere delle politiche orientate al laissez-faire i policymaker aumentarono ed approfondirono sempre di più le politiche interventiste.
Un nuovo giro di giostra a colpi di tassi di interesse negativi o nulli (i cosiddetti NIRP e ZIRP) non farà altro che far deviare al rialzo il prezzo degli asset finanziari dal suo valore reale, incrementando inoltre la disuguaglianza di ricchezza in un momento storico in cui le tensioni sociali sono giunte ad assumere dei connotati rivoluzionari. Ciò di cui c’è bisogno durante la fase discendente del ciclo non è un maggior intervento statale, ma meno peso del governo sull’economia; ossia meno stimoli fiscali e monetari.
Il lockdown si è concretizzato in una distruzione di capitale. La sfida che ci aspetta davanti a noi richiede di ricostruire la struttura del capitale; un fatto – questo – che richiede un aumento dei risparmi e una diminuzione dei consumi. Come raccomanda Rothbard, il governo può essere di aiuto solo e soltanto se riduce il suo “ruolo nell’economia in termini relativi, abbattendo le sue stesse spese e tasse, in particolare quelle che interferiscono con il risparmio e l’investimento”. Stimolare il consumo non farà altro che prolungare il tempo richiesto entro il quale l’economia possa ritornare prospera.
Il concetto di “laissez faire” implica in se stesso la liberazione di una moltitudine di attori imbrigliati dalle catene del governo, in una maniera tale che costoro possano tentare di migliorare le loro vite. Non un minore interventismo, ma meno tasse, meno debito pubblico, meno inflazione, meno burocrazia e meno regolamentazioni: sono questi i fattori che spianeranno la strada alla creatività imprenditoriale e quindi alla creatività imprenditoriale. Far uscire il Paese dalla depressione economica non lo si fa con più sussidi ed elemosine, ma con una maggiore produttività.
Conclusione
La chiusura delle economie e l’imposizione dell’isolamento sociale hanno comportato una distruzione economica su larga scala. Non solo sono stati distrutti dei posti di lavoro, ma anche il capitale è stato consumato soprattutto in considerazione del fatto che le misure politiche adottate hanno causato molte crepe nel delicato sistema della divisione del lavoro.
Dopo il grande insuccesso del poco efficace lockdown, un altro errore del genere potrebbe essere troppo grande – non solo per gli Stati Uniti, ma anche in Europa – per essere fatto. L’implementazione di politiche monetarie e fiscali espansive significherà che, dopo che avremo sconfitto la malattia (e dopo che avremo concluso i lockdown), il sistema economico riceverà un altro gran colpo. Una sempre maggiore spesa governativa e dei tassi di interesse ostinatamente ed artificialmente tenuti bassi non solo non saranno di aiuto nell’accelerare la ripresa, ma non faranno altro che paralizzare l’economia dopo che essa avrà sperimentato una ripresa improvvisa ma non duratura.
Le sfide che ci troveremo ad affrontare richiedono la ricostituzione del fondo di sussistenza, del capitale e della cooperazione interpersonale. Tali obiettivi non richiedono degli aumenti nei consumi ma un aumento dei risparmi e quindi degli investimenti. Allo scopo di fronteggiare l’impatto economico del lockdown, la Scuola Austriaca raccomanda di perseguire le politiche economiche che vanno nella esatta direzione opposta rispetto a quelle perseguite oggi: invece di tentare di far ripartire l’economia con dei vani mezzi (come i bassi tassi di interesse), la politica economica da adottare dovrebbe mirare a fornire un ambiente istituzionale che favorisca i risparmi, incoraggi l’innovazione e lasci spazio all’iniziativa privata.
Articolo originale di Anthony P. Mueller [20]. Traduzione per il Portico Dipinto a cura di Giordano Felici.
Collegamenti:
[1] http://ilporticodipinto.it/category/classificazione-articoli/inflazione
[2] http://ilporticodipinto.it/category/classificazione-articoli/mercati-finanziari
[3] http://ilporticodipinto.it/category/classificazione-articoli/storia
[4] https://www.bls.gov/cpi/questions-and-answers.htm
[5] https://www2.deloitte.com/us/en/insights/economy/us-economic-forecast/united-states-outlook-analysis.html
[6] https://www.amazon.com/-/pt/dp/B07TW8N7J3/ref=sr_1_7?__mk_pt_BR=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&dchild=1&keywords=Antony+P.+Mueller&qid=1591833931&s=books&sr=1-7
[7] https://www.federalreserve.gov/monetarypolicy/bst_fedsbalancesheet.htm
[8] https://fred.stlouisfed.org/series/WALCL
[9] https://www.imf.org/en/Publications/WEO/Issues/2020/04/14/weo-april-2020
[10] https://www.cbo.gov/publication/56335
[11] https://www.federalreserve.gov/newsevents/pressreleases/monetary20200323b.htm
[12] https://www.newyorkfed.org/newsevents/news/markets/2020/20200511
[13] https://fred.stlouisfed.org/series/BOGMBASE
[14] https://www.reuters.com/article/us-crunch-timeline/timeline-the-credit-crunch-of-2007-2008-idUSL155564520080805
[15] https://tradingeconomics.com/united-states/government-debt-to-gdp
[16] https://www.amazon.com/-/pt/Debacle-Economic-Stabilization-Policies-Government/dp/1731202202/ref=sr_1_fkmr0_1?__mk_pt_BR=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&dchild=1&keywords=debacle+of+price+stability+Antony+Mueller&qid=1591835171&s=books&sr=1-1-fkmr0
[17] https://scholar.harvard.edu/files/mankiw/files/macroeconomist_as_scientist.pdf
[18] https://revistamises.org.br/misesjournal/issue/view/42
[19] http://mises.org/library/americas-great-depression
[20] https://mises.org/wire/after-lockdowns-government-fixes-economy-will-make-things-even-worse