La considerazione che vede l'uomo quale 'essere finito', tendere [o meglio: che vuole tendersi] all'infinito, è di per sé la più intrigante e, ritengo, la più importante questione filosofica - così insita nell'animo umano, al punto che ravvisabile in tutto ciò, è la grande scissione tra 'uomini e uomini'.
Uomini di un tipo, uomini di un altro.
Già in questo concetto, in questa contrapposzione tra uomo e uomo, mi trovavo coinvolto o ci si potrebbe trovare coinvolti indirettamente con l'immenso Dostoevskij, precisamente in un suo racconto "minore" titolato 'Le notti bianche', dove il protagonista si designava essere d'un TIPO: - Il sognatore [teniamolo a mente]. E se si pensa come Nietzsche considerasse uno psicologo di altissimo rango lo scrittore e filosofo russo (un fratello di sangue, avrebbe detto) - e sapendo come Nieztsche, in realtà, fu soprattutto e prima di tutto un pedagogo, un filologo, uno psicologo e tra i più grandi grecisti della storia, prima ancora che filosofo, questo la dice lunga sulla potenza che dette valutazioni hanno nel merito.
Comunque.
Tornando da vicino [o quasi] al discorso, ecco che molte "figure" o "personalità" dell'animo umano, possono sovrapporsi in questa considerazione, al punto che, coloro i quali non appartengono a una "categoria" (o ritengono di non appartenervi) ecco che vengono automaticamente, contro la loro volontà, risucchiati nell'altra.
Abbiamo quindi parlato di 'personalità', ed è interessante tenere presente che l'etimologia del termine 'persona' (derivante da una locuzione latina), è a indicare il ruolo di una maschera, nello specifico - teatrale, e di tempi così lontani dai nostri, che i secoli si avvicinano ai millenni in men che non si dica. Interessante, no? ... quindi, soltanto in questi due appunti, ci accorgiamo di come risultino profonde tali considerazioni.
Se non fosse che il tanto lodato illuminismo era un'esasperazione manipolata, soggiogata e plagiata dai "muratori", e se non avesse condotto le "civiltà" a implodere nella pazzia della ragione, ecco allora che probabilmente non saremmo arrivati ai deliri della modernità e a ogni industrializzata cultura di regresso che oggi, nei vocabolari, è individuato come progresso. Tant'è... o tanto consta, che dir si voglia.
Insomma, la domanda sorge immediata [ma non spontanea]: - quale motto, quale movente, quale vitalità, quale inganno o quale verità si nasconde e si agita in noi quando regaliamo una rosa rossa a una bella donzella?
Secondo Schopenhauer, in soldoni, la seguente: - la frustrazione delle frustrazioni, il bisogno di raggiungere in qualche modo un'esigenza che dia ai comportamenti la forza di essere ritenuti la comprova che un tramonto non è solo un tramonto, ma: - l'obiettivo, lo scopo, lo spirito di una coscienza che nel bello, come nel senso estetico, ma anche nella tragicità (si veda Leopardi) .. vi sia la comprova di ciò che in noi è infinito, se pur non lo tocchiamo, ma solo indichiamo ...
... eccoci così servito s'un piatto d'argento: - il romanticismo. Ma non se ne abbia nessuno se una simile e [mia] balorda semplificazione è un oltraggio a così alte speculazioni filosofiche. Certo sono semplificazioni, ma non forzature, e assolutamente attinenti al cuore del problema.
Perché questo è il bello; ... è proprio il sogno (e si torna all'immenso psicologo russo) ad aver condotto l'uomo in una determinata razionalità (che non è scientista) e che non è schiava della ragione. Non per niente la medesima ragione [detta in chiave positivista] non ha potuto risolvere se non aggrovigliare l'egoismo umano a vette mai raggiunte prima, espandendolo in una società che, come formulava Fromm, si era ammalata irremidiabilmente, così come può ammalarsi un individuo. Non che questo stia a dire che le epoche delle superstizioni, buie e dell'ignoranza, debbano tornare in auge, sia mai; bensì è da cogliersi come il paradosso insito nel sapere accettare i nostri limiti, non significa che non si debba tendere all'infinito e riconoscerlo, fosse esso stesso Dio.
Il primo vero eroe romantico, a mio avviso, fu Prometeo. Rubare il fuoco degli Dèi non fu un gesto sfrontato, ma un dovere e un sacro riconoscimento della nostra condizione. Non fu un gesto scientifico [anacronisticamente parlando], metodico, ma profondamente utopico ... che spingeva l'uomo ad andare più in là, non scavando, come la pazzia della ragione indottrina, ma immaginando e lottando, spietati dalla pietà - elevando così il nichilismo passivo, in un'attiva presa di coscienza contro ogni irregimentazione e puerile materialistica concezione esistenziale.
Il romanticismo è un male? ... dipende. Sì e No. Innanzitutto, sta a noi voler vedere quali distanze prendere dalle varie letture che ne vengono date; quale, ad esempio, quella del feroce Schopenhauer, ove il pessimismo era proprio inteso a identificare in una maschera d'ipocrisia la nostra esistenza, per nasconderci a noi stessi e illuderci che poteva valerne la pena. Insomma, che "valeva" la pena di vivere solo per chi se l'era bevuta. Ma anche Nietzsche stesso, a un certo punto del suo percorso di studi, prese le distanze da colui che fu tra i suoi mentori ...
... e, piano, ma con forza, sviluppò l'altro concetto dei concetti [insieme all'eterno ritorno] con la contrapposizione (o finta contrapposizione) di ciò che è Dionisiaco e ciò che è Apollineo.
L'importante, e di passaggio, se ne prenda nota: - che da prendere a calci in culo, è soprattutto mister Freud ... che, insieme a Marx, ha contribuito allo sfacelo dello spirito e della vitalità. Senza contare (anzi contiamolo) che quanto Freud ha attinto da altri, per usare un eufemismo (Nietzsche compreso) e sgraffignato, oltretutto rovinando quel che di buono aveva sottratto, è stata la ciliegina sulla torta del processo mistificatore e decadente dell'Era moderna/contemporanea par excellence (come direbbe il buon Friedrich).
Insomma il dilemma, non da poco, è sempre lo stesso - cui il mitico Shakespeare (o meglio, chi per esso), sintetizzò nel dubbio dei dubbi ... 'essere o non essere' questo è il problema ...
... ma prima di questo problema, anche perché non oso arrivare così in alto (o così in basso), mi preme di più comprendere di quale maschera stiamo parlando, di quale "persona" (Bergmaniamente parlando) è davanti la nostra essenza ...
... quanta illusione è insita nel sapersi finiti - senza tendere all'infinito, quanta nel cercare di raggiungerlo?
Collegamenti:
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