Un saggio di Paul Brodsky e Quaintance Lee di QBAMC1
Due settimane fa, prima della premurosa disgressione di Jamie Dimon, Charlie Munger della Berkshire Hathaway, ha informato gli spettatori della CNBC che "le persone civili non comprano oro, ma investono in attività produttive".
Munger ha ragione quando sostiene che le popolazioni civili investono in attività produttive, e ha fatto bene a dire di come l'oro non lo sia, ma, a nostro modesto parere, ha sbagliato nel dire che l'oro non ha avuto alcuna significativa crescita come investimento corrente (persino più del BRK/A?).
L'oro è sempre stato denaro, esattamente come lo è il Dollaro, l’Euro e lo Yen. Non è una valuta o una media di valori di scambio, perché nessuno lo scambia direttamente con dei beni, dei servizi o delle attività, e non è più stato posto a formale garanzia di altre valute a partire dal 1971. Tuttavia, se l'oro fosse ancora una volta alla base delle infondate valute di oggi, esso sarebbe incredibilmente a buon mercato, visto il suo odierno tasso di cambio con queste ultime (il prezzo dell'oro) e, per estensione, esso è a buon mercato nei riguardi della maggior parte degli affari denominati in valuta.
All’oro sarà ancora una volta riconosciuto, un giorno o l’altro, lo status di moneta.
L'oro è una riserva di potere d'acquisto, acquisita ad un determinato tasso di cambio con altre valute -- mentre stiamo scrivendo circa, e per ogni oncia, 1.600 Dollari, 1.232 Euro, 988 Sterline e 127.790 Yen. In un sistema monetario in cui tutte le valute mondiali sono senza garanzia, la percezione del tasso di cambio dell’oro (il prezzo) deriva, in ultima analisi, dal suo status di potenziale garanzia monetaria che potrebbe un giorno sostenere la moneta-fiat governativa.
In questo modo, ovvero quando l'oro è denaro, oppure quando è di formale sostegno alle valute, le persone risparmiano in oro. Visto il suo attuale status di moneta non autorizzata, l'oro può essere considerato un investimento. Data la sua intrinseca economicità nei confronti delle valute cartacee di oggi, e viste le condizioni economiche generali (che renderanno altamente probabile il fatto che esso diventi ancor più conveniente), molte “civili” persone di tutto il mondo stanno sostituendo una parte del loro denaro-fiat, e del loro portafoglio di attività finanziarie, con l'oro (l'unico modo per possedere metalli preziosi allo stato fisico, in un portafoglio di assets finanziari, è quello di possedere azioni di società minerarie, che forniscono la proprietà diretta delle riserve ancora da estrarre).
A causa dell'incessante chiacchiericcio negativo sull’oro da parte di persone influenti, esso è stato allocato in modo pressoché insignificante tra gli investitori in attività finanziarie. La stragrande maggioranza degli investitori in assets finanziari e derivati (compresi i fondi pensione, i fondi comuni, i privati e gli speculatori, anche quelli sui futures), ritiene che: a) non si può investire in oro attraverso contratti charter, b) il costo dell'oro non si apprezzerà su un orizzonte temporale corrispondente ai mandati, c) l'oro sia un cattivo investimento ai prezzi di oggi, perché le autorità non lasceranno cadere il sistema di credito bancario, oppure d) ignora che cosa sia l'oro e quali forze economiche stiano dietro ad esso.
Le allocazioni di metalli preziosi rappresentano solo lo 0,15% circa del patrimonio globale dei fondi pensione. Nel mercato dei futures sull'oro, solo lo 0,50% dei contratti del mese precedente prevede la consegna di lingotti, il che significa che questi futures restano, per gli speculatori, una fonte di rendimento finanziario, non un mezzo per accumulare una posizione fisica. Nel frattempo, tutti gli ETF (fondi comuni d’investimento) in oro ed argento detengono, combinandoli fra loro, solo 90 milioni d’once equivalenti d’oro, alla fine di Aprile, che a circa 1.650 Dollari/oncia equivalgono a soli 150 miliardi (si confronti questo dato con la capitalizzazione di mercato di Apple!). E, forse, l’indicatore più eloquente dell’indifferenza per l'oro, tra gli investitori in assets finanziari, è la capitalizzazione di mercato di tutte le miniere quotate nella borsa dei metalli preziosi (che rappresenta l’equivalente di migliaia di miliardi di Dollari di riserve fisiche ancora da estrarre), che è solo di 360 miliardi di Dollari circa.
Pensiamo che siano quattro le principali questioni da porre, ed alle quali bisogna dare una risposta: 1) quali ostacoli potrebbero esserci al fatto che l’oro ottenga il formale status di moneta; 2) su quale orizzonte temporale potrebbe verificarsi un significativo cambiamento nel sistema monetario globale (che comprenderebbe l’oro), 3) quale sarebbe la gamma dei ritorni sugli investimenti, se un tale evento dovesse verificarsi e 4) come confrontare tali ritorni pro-forma, con la gamma dei rendimenti degli altri investimenti.
Abbiamo dedicato gran parte della nostra ricerca (dal 2007) a cercare di dare una risposta a queste domande, e molto abbiamo scritto al riguardo. Questo saggio, tuttavia, ha il solo scopo di (cercare di) mettere l'oro nella sua giusta prospettiva, per Mr. Munger (e forse anche per Mr. Dimon).
La differenza tra risparmio ed investimento è che i risparmiatori cercano di mantenere il loro potere d'acquisto, mentre gli investitori cercano di aumentarlo. Nel contesto attuale è impossibile risparmiare ad un tasso positivo di rendimento, dato che i tassi d’interesse sono vicini allo zero, e le Banche Centrali stanno diluendo il potere d'acquisto attraverso l’aumento dell'inflazione. Tutti, e soprattutto gli obbligazionisti, sono costretti a speculare, anche in contanti.
Attualmente i contanti, i depositi bancari ed i titoli obbligazionari denominati in valute-fiat, vengono diluiti dalle Banche Centrali di tutto il mondo e perdono così un significativo potere d’acquisto, il che significa che i "risparmiatori" che usano questi strumenti stanno in realtà speculando (scommettendo) sul fatto che questa consolidata tendenza si fermi. I loro rendimenti reali, al netto dell'inflazione, sono già negativi (contro il CPI, Indice dei Prezzi al Consumo) e così, implicitamente, essi credono che il mero ritorno della maggior parte del loro potere d'acquisto (ma non di tutto), sia meglio che "speculare" in attività produttive, nel tentativo di generare un ritorno positivo sul loro corrente potere d'acquisto.
In questo siamo d'accordo con il partner di Charlie Munger, Warren Buffett, ovvero che gli assets produttivi siano migliori della liquidità e delle obbligazioni denominate in valute-fiat. Siamo d'accordo nel dire che il risparmio in denaro-fiat (o in strumenti a reddito fisso denominati in queste valute) sia un gioco a perdere, ai prezzi correnti. Ma non siamo d'accordo nel sostenere che non sia questo il momento giusto per scambiare valute-fiat (o business così denominati) con l’oro.
Dobbiamo considerare che il prezzo è sì la quantità di denaro assegnato ad un bene, ad un servizio o ad un asset, ma che la sua variazione può non avere a che fare, necessariamente, con la variazione del valore. Ad esempio il valore di un bene, servizio o asset, in relazione alla sua quantità, può rimanere costante o addirittura diminuire, ma il suo prezzo può aumentare sostanzialmente, se la quantità di moneta dovesse aumentare in misura maggiore dell'aumento della relativa domanda di fornitura. Più le unità monetarie sono disponibili ad inseguire lo stesso equilibrio domanda/offerta, più deve essere alto il livello generale dei prezzi per i beni, i servizi e gli assets.
Ciò significa che, in un’economia, le aspettative di variazione della domanda (crescente o decrescente), possono razionalizzare solo in parte i futuri cambiamenti di prezzo. Più ci sono parti in movimento (ad esempio l'immigrazione, l’innovazione, la spesa pubblica, i capricci degli istituti indipendenti che emettono moneta, etc.) che influenzano la domanda/offerta di beni, servizi, assets e danaro, minore sarà la visibilità dei prezzi -- anche se i valori attesi sono ragionevolmente conoscibili. Così, nel corrente sistema monetario, le valute sono indeterminate richieste di benessere e di potere d'acquisto (detenuti in valuta), e sono un indicatore imperfetto di ricchezza. Naturalmente sappiamo che la valuta, di per sé, non è ricchezza perché, se lo fosse, questa potrebbe essere creata semplicemente stampando più moneta.
Un modo semplice per quantificare il potere d'acquisto, è quello d’immaginare due secchi: il primo contiene tutti i soldi del mondo, ed il secondo contiene tutte le cose, ma non il denaro. Possiamo discutere sul valore corretto relativo alle varie voci nel secchio dei soldi (Dollari, ad esempio, oppure Euro, Yen, oro, etc.), e dibattere ancor più vivacemente sul giusto valore da assegnare alle varie voci del secchio con-tutte-le-cose-ma-non-denaro (ad esempio il dentifricio, il lavoro, le tasse, le azioni, le obbligazioni, le materie prime, gli iPods, etc.); ma sarebbe illogico pensare che il valore complessivo del secchio con il denaro non debba essere uguale, in qualsiasi momento, al valore totale del secchio con-tutte-le-cose-ma-non-denaro. Concettualmente, tutte le cose del mondo che possono essere acquistate devono avere un mezzo per essere acquistate, e quindi il valore complessivo di ciascun secchio deve essere sempre uguale al valore complessivo dell’altro.
Allora: se la ricchezza è attuale, ed il potere d'acquisto sostenibile è il futuro, e se il calcolo sul valore futuro dei beni, dei servizi e degli assets si basa anche sul calcolo della quantità di moneta, ed inoltre se le quantità di denaro e di tutte le cose che si possono acquistare devono essere sempre in equilibrio, allora una delle considerazioni economiche più importanti, tra tutti i membri della società, dovrebbe essere quello di calcolare (decidere???) il denaro con cui essi a) sono compensati, e b) scelgono di investire o di risparmiare.
Pochissime persone pensano oggi al valore sostenibile dei loro soldi, tra loro, a quanto pare, i signori Buffett e Munger.
Se le azioni sono a buon mercato, rispetto al contante-non-garantito, come essi giustamente sostengono, e se le azioni sono a buon mercato rispetto all'oro, come essi sembrano dedurre, allora nulla è stato determinato per quanto riguarda il valore relativo dell’oro rispetto ai contanti-non-garantiti, all'interno del secchio del denaro. In modo un po' strano, la loro tesi si riduce a dire che il denaro, in qualsiasi forma esso sia -- Dollari oppure oro -- non ha alcuna funzione economica di valore. Essi sostengono, invece, che le azioni dovrebbero essere considerati come se fossero una richiesta residuale sugli assets produttivi. Siamo in veemente disaccordo. Noi lo vediamo il valore nelle imprese produttive; tuttavia dobbiamo anche considerare la possibilità che, sebbene intrinsecamente sottovalutate in termini di contanti-non-garantiti, le attività produttive potrebbero essere intrinsecamente sopravvalutate in termini di oro (a giudicare dalle prestazioni successive, sembra che le azioni BRK/A fossero abbastanza sopravvalutate nei confronti dell'oro, nel 2000).
Quando oggettivamente definito, e correttamente valutato dal mercato, la presenza del denaro, inteso come mezzo di risparmio, aumenta il benessere della società. Quando viene manipolato in modo soggettivo da mirati obiettivi politici, il suo valore viene distorto nei riguardi dei beni, dei servizi, degli assets e del lavoro. La differenza che c’è oggi tra gli investimenti in attività produttive denominate in valuta-fiat, e lo scambio di quest’ultima con l’oro, definisce la differenza che c’è tra la solvibilità dei rendimenti nominali, rispetto a quelli reali. Gli investitori, nella maggior parte delle attività finanziarie denominate nelle sovra-indebitate valute di oggi, riceveranno rendimenti nominali, mentre i detentori d’oro accumulano potere d'acquisto assolutamente reale (risparmio in termini reali).
Qual è la scelta migliore? Lo stock mondiale d’oro aumenta dell’ 1% : 2% circa all'anno, rispetto allo stock globale di moneta-fiat, che aumenta di parecchi multipli rispetto a quello dell’oro. Dovrebbe essere questa la considerazione fondamentale che si dovrebbe fare, quando si deve scegliere la forma di moneta con cui speculare o prezzare i propri investimenti: quale avrà il potere d'acquisto meno diluito? Se le azioni Berkshire Hathaway aumentano del 25% nei prossimi anni, ma i Dollari con cui tali azioni sono denominate calano del 35% rispetto ai beni di consumo ed ai servizi, allora Munger e Buffet avranno sì investito in attività produttive che hanno fatto profitti, ma gli azionisti avrebbero perso, nell’insieme, potere d'acquisto. Questa dinamica illustra esattamente quello che è accaduto dal 2000.
Che cos’è esattamente l’economia delle “pietre luccicanti” (diamanti, ndt), come essi chiamano la nostra civilissima società contemporanea? Tutto l’oro estratto nel mondo equivale a circa 170.000 tonnellate, il che equivale a dire circa 5,5 miliardi di once troy [3]. A 1.600 Dollari l'oncia, il valore totale di tutto l'oro estratto è un po' più di 8.700 miliardi di Dollari.
Dobbiamo credere alla cifra di 170.000 tonnellate metriche? Beh, la produzione mondiale d’oro è di circa 50 milioni di once per anno. Se consideriamo 50 milioni di once/anno estratte nel corso degli ultimi 200 anni (periodo forse un po’ generoso, ma quest’ipotesi dovrebbe essere sufficiente ad includere anche l’estrazione mineraria effettuata fin dai tempi degli Aztechi), allora sarebbero circa 10 i miliardi di once estratte fin dall'antichità. A differenza degli altri metalli ad uso industriale, l'oro non si consuma. Ogni oncia estratta esiste tutt’ora. A 1.600 Dollari l'oncia, il valore totale di cui sopra sarebbe uguale a circa 16.000 miliardi. Diciamo quindi che l'oro è attualmente valutato a metà strada tra gli 8.000 ed i 16.000 miliardi di Dollari.
I Governi e le loro Banche Centrali, designate ad emettere valuta, non possiedono la maggior parte dell’oro che è stato estratto nel mondo. Il World Gold Council riferisce che il totale delle riserve auree ufficiali, nel mondo, ammonta a quasi 31.000 tonnellate che, al prezzo odierno, equivalgono a circa 1.600 miliardi di Dollari. A seconda di quanto oro è stato effettivamente estratto, ovvero se 5.5 o 10 miliardi di once, i Ministeri del Tesoro del mondo, e le Banche Centrali, ne detengono soltanto una quantità compresa fra il 10% ed il 18%.
Questa fatto rappresenta un problema per i governi che desiderano controllare il valore percepito del denaro. Non ci sono valute, al giorno d’oggi (ovvero dal 1971), formalmente legate all’oro o a qualsiasi altra garanzia finalizzata allo scopo. Ciò implica che quasi tutti i governi mondiali preferiscono avere un controllo diretto sui loro bilanci, piuttosto che permettere alla volontà collettiva delle loro società di determinare l'entità della spesa pubblica. I Governi, autoritari o rappresentativi che essi siano, preferiscono, similmente, un sistema monetario globale in cui il denaro è del tipo “fiat”, e che questo sistema venga diretto da responsabili nominati dai creatori della politica monetaria (di solito le Banche Centrali).
La grande sfida per i creatori della politica monetaria, siano essi eletti o nominati, è quella di gestire la quantità e la prezzatura delle loro valute-fiat coerentemente con le imprevedibili dinamiche dell'economia globale, dalle molte sfumature. Le valute-fiat devono essere ampiamente considerate dal giusto valore, non solo dai fattori di produzione e di ricchezza all'interno di ogni società, ma anche dai vari governi mondiali, che sorvegliano le economie attraverso risorse, valori sociali e crescita economica diversissime fra loro.
Se il denaro globale, formalmente costituito, oggi, dall’insieme di tutte le valute-fiat non garantite, dovesse cominciare ad essere percepito, nel mercato, come un indicatore insufficiente del valore futuro dei beni, dei servizi e degli assets (nazionali o internazionali), allora il sistema monetario globale sarebbe in grave pericolo. In breve, la fiducia svanirebbe se e quando la valuta non fosse più percepita come una sufficiente riserva di valore. In un tale scenario, i detentori di valuta si sbarazzerebbero dei beni, dei servizi e degli assets ad un ritmo accelerato. È importante sottolineare che non necessariamente scambierebbero la loro moneta-fiat con il lavoro o con la produzione (il che sarebbe uno stimolo all’economia), oppure con azioni della BRK/A. I prezzi crescerebbero perché i fattori economici della produzione, i titolari della ricchezza privata ed i governi coinvolti, accelererebbero ulteriormente il loro consumo di quei beni o di quegli assets che essi ritengono potrebbero meglio costituire una riserva di valore. Le valute-fiat finirebbero per perdere credibilità, ed il sistema monetario globale fallirebbe.
Quando i sistemi falliscono, non significa che cambia il valore dei beni, dei servizi e degli assets, significa solo che viene resettato il “numéraire” del denaro (il “numéraire” è il valore di riferimento utilizzato per fondare un’unità di conto). I sistemi monetari globali hanno bisogno periodicamente di essere azzerati, come è infatti accaduto nel 1933, nel 1945 e nel 1971. La modifica del “numéraire” richiede il supporto degli operatori economici globali, compresi il mercato privato e le autorità governative internazionali. Ciò richiede, a sua volta, la diffusa fiducia che il valore e la natura del resettaggio non porti alla necessità di un imminente ulteriore resettaggio. E’ proprio per questo che l’oro mantiene la sua attualità.
Più è diffuso il "sofisticato" credito-senza-riserve (ed il suo utilizzo), più diventa sconosciuto il futuro potere d'acquisto. Più le remote valute-senza-base, che compongono il nostro sistema monetario globale, sono lontane dall'essere riserve sostenibili di valore, più diventa probabile che esse siano messe in discussione.
Forse è per questo che i Governi e le Banche Centrali hanno continuato a detenere riserve in oro? Possiamo ricordare al riguardo che, non troppo tempo fa, è stato chiesto a Ben Bernanke se egli considerasse l'oro come denaro, ed a questa domanda egli rispose "no". Quando gli chiesero perché la Fed allora ne possedesse, egli si strinse nelle spalle, e mormorò qualcosa tipo "per tradizione". Possiamo anche ricordare che, più recentemente, gli è stato chiesto se la Fed possedesse dell’oro, ed egli diede l’impressione di fare del proprio meglio per apparire perplesso. Guardò avanti e indietro sopra le sue spalle, fino a quando finalmente un aiutante confermò che effettivamente la Fed era in possesso di “certificati in oro” (che danno diritto, alla Fed, al possesso dei lingotti del Tesoro).
Non dobbiamo comunque meravigliarci se il produttore della valuta di riserva mondiale (Bernanke, ndt) sia confuso riguardo il fascino della roccia-inerte più anacronistica, evocato da alcuni gentiluomini con un accento del sud. Che altro poteva dire… non badate alla lunga storia dell'oro come resettatore del meccanismo di valutazione della ricchezza delle società, rispetto alle valute fallite? Oppure di non prestare alcuna attenzione alle altre Banche Centrali, che stanno acquistando oro a palate? Stanno facendo così forse perché vogliono essere più tradizionali?
La quantità assoluta d’oro detenuto in mani ufficiali -- il 10%, il 18% o addirittura il 25% -- è un dato senza alcun significato. Il concetto importante da tenere a mente è che lo stock mondiale ufficiale di riserve auree è piuttosto piccolo, rispetto ai lingotti detenuti dai privati. Da qualche parte nel mondo c’è oro, detenuto dai privati, per un controvalore compreso tra i 7.000 ed i 15.000 miliardi di Dollari (a prezzi correnti), rispetto ai 1.600 miliardi di Dollari della contabilità ufficiale. I titolari dei patrimoni privati di tutto il mondo hanno risparmiato in lingotti d'oro per generazioni, in Europa, in Medio Oriente, in Cina, in India, in Giappone, in Russia, in Sud America e negli Stati Uniti (ed anche nelle tasche private di Wall Street dove, ci crediate o meno, c'è un vecchio detto che dice: "fàlli a Wall Street, seppelliscili in Main Street").
Non dovrebbe sorprendere che le Banche Centrali abbiano cominciato ad acquistare lingotti d'oro in quantità sempre crescenti. E' stato appena segnalato che, a Marzo, sono state spedite quasi 63 tonnellate d’oro da Hong Kong alla Cina, con un aumento del 59% rispetto a Febbraio, ed una crescita del 587% su base annua. La Russia faceva acquisti per circa 5.000 tonnellate al mese, e li ha recentemente aumentati. Altri paesi con economia ad alta crescita, come ad esempio l'India, non riescono ad ottenere sufficienti forniture di lingotti. Chiaramente, i governi di questi paesi vogliono scambiare le proprie riserve, espresse in valute diluite e non garantite, in una forma/moneta “scarseggiante”. E proprio questa settimana il FMI -- sì, lo stesso FMI che aveva venduto i suoi lingotti alle Banche Centrali delle economie emergenti dotate di surplus di riserve -- ha annunciato l'acquisto di oro per l’equivalente di 2 miliardi di Dollari. Il motivo: "c'è necessità di aumentare le riserve, per contribuire a mitigare gli elevati rischi del credito...".
Nel frattempo le Banche Centrali dei Paesi Sviluppati, caratterizzati da economie basate sul debito, sono pressate dagli esponenti delle loro economie in recessione, affinché fabbrichino ancor più valuta-fiat, attraverso il processo della monetizzazione del debito -- emettendo quindi ancora più debito, pagato con la valuta di base appena creata (valuta e/o riserve bancarie detenute presso le Banche Centrali). Stanno svalutando le loro monete a scapito dei risparmiatori e degli investitori, distruggendo così anche il futuro potere d'acquisto delle riserve detenute all'estero.
Se è vero che il passato può essere considerato come prologo del futuro, allora le valute-fiat delle economie sviluppate saranno infine sottoposte alla monetizzazione degli assets. La Grecia potrebbe risolvere i suoi problemi di debito domani mattina, se Mykonos fosse venduta a 400 miliardi di Dollari, e gli Stati Uniti potrebbero dimezzare il loro debito federale, se l’Alaska fosse venduta a 8.000 miliardi di Dollari. Tuttavia, la vendita di tali assets è decisamente improbabile (e, nel caso dell'Alaska, pressoché impossibile… chi mai potrebbe acquistarla?), rispetto alla semplice rivalutazione di una risorsa già detenuta in mani ufficiali -- gli istituti di emissione hanno sempre utilizzato l'unico asset del loro bilancio (si potrebbe dire quello “tradizionale”) che può essere rivalutato in misura maggiore, rispetto alla moneta che hanno prodotto: l'oro.
Possiamo dedurre che il risultato finale non potrà che essere quello della svalutazione delle attuali valute-fiat nei riguardi dell'oro, e che i governi delle economie in forte crescita stiano comprando oro in quantità crescenti per poterne avere una quota rappresentativa, quando questo diventerà la base per un nuovo sistema monetario globale.
Hanno dunque acquistato oro in anticipo, rispetto ai governi, i risparmiatori e gli investitori privati (che compongono la grande maggioranza dei suoi detentori), in cambio di carta svalutata, priva di fondamento? Chi sono quelle Banche Centrali che stanno attualmente acquistando oro fisico (certamente non nelle borse merci mondiali)? Quello che possiamo dire è che esse stanno acquistando tutto quello che possono (80% - 90%) dai detentori privati di tutto il mondo. Ed allora dovremmo chiederci: chi è che ha acquistato costantemente oro fin dal 2000, quando era scambiato a circa 250 Dollari l'oncia, ovvero 11 anni prima che le Banche Centrali diventassero compratrici nette? Potrebbero essere stati, questi acquirenti, i privati di tutto il mondo, che avevano compreso che la ricchezza non cominciava e finiva con le attività finanziarie speculative dell’Occidente, né con le infondate valute-fiat? Tutto ciò avrebbe effettivamente un senso.
Tuttavia il volume di oro fisico scambiato, rispetto al suo stock, rimane molto piccolo, il che vuol dire che solo (relativamente) poche persone sono disposte a cedere il loro oro. Se le Banche Centrali vogliono rifornire i loro scaffali prima della svalutazione, dovrebbero impiegare un po' più di finezza. Se fossimo un “sovrano” in cerca d’oro, saremmo in posizione “short” riguardo i futures sull’oro (ovvero nello status di “venditore”, inducendo così i mercati a credere ad un prezzo cedente, ndt), ed avremmo poi rastrellato l’oro fisico sul mercato a prezzi artificialmente bassi (allo stesso modo, ed a titolo d’esempio, altri “sovrani” potrebbero manipolare i tassi di interesse).
Ed infine, chi è quel privato, possessore di lingotti, che cede il proprio oro a governi affamati e ad affamate Banche Centrali? Per definizione i possessori d’oro sono, nel loro insieme, “The Powers That Be” (l’autorità stabilita, ndt). Che siano collegati o meno fra di loro, i possessori privati d’oro sono i veri risparmiatori-senza-debito tra di noi. Sono quelli che hanno un pezzo della loro ricchezza in una forma di moneta che accumula potere d'acquisto, non importa quale esso sia. Ed a differenza dei fiduciari, che sorvegliano la ricchezza-debito di chi investe in attività finanziarie, non c'è nessuno (e nessun sistema) tra loro ed il loro potere d'acquisto.
Abbiamo il sospetto che la maggior parte di questi tranquilli risparmiatori siano piuttosto sofisticati, essi sanno esattamente che cosa stanno facendo, e guardano con sospetto al predominio delle attività finanziarie di tipo speculativo, a prescindere da qualsiasi valore possa avere un’attività rispetto all'altra. Sarebbe uno sforzo eccessivo credere che queste persone, in possesso di migliaia di miliardi in “rocce inerti”, potrebbero anche avere una forte influenza sulle risorse globali, sui sistemi monetari, sui sistemi bancari e sui governi?
Sebbene i commenti del signor Munger siano espressione di una struttura di potere più grande e molto più organizzata, rispetto all’insieme dei detentori privati d'oro, essa è comunque una struttura di potere insostenibile. Le attività finanziarie denominate in valuta-fiat cartacea sono prezzate secondo i principi del marked-to-market (ovvero valutate secondo il mercato, e non secondo il costo storico attualizzato, ndt), ad un livello di molte volte superiore a quanto lo sia attualmente l’oro, ma quei prezzi sono supportati solo dalla fede e dal credito di un'autorità temporanea, e non da un effettivo “potere sostenibile”. Dal punto di vista funzionale, i sistemi bancari insolventi stanno sostenendo i politici ed i legislatori i quali, a loro volta, stanno furiosamente cercando d’invertire il declino della produzione reale, che deriva da pressioni “biologiche” per un de-leveraggio (riduzione della leva finanziaria, ndt) sistemico. Durante il leveraggio del processo produttivo, il capitale era stato allocato in modo notevolmente sbagliato. E’ quindi logico che durante il processo di de-leveraggio la produttività reale sia in declino.
Sembrerebbe che il “potere sostenibile” non stia più con gli individui, le istituzioni e quelle politiche che promuovono un sistema in cui sempre di più sono coloro che si trovano al di sotto della (falsa) percezione di ricchezza sostenibile. Il “potere sostenibile” deve risiedere nei mercati e tra i detentori di capitale (ovvero coloro che posseggono risorse e risparmi sostenibili, con i quali possono acquisire risorse, non importa a quale prezzo-indicizzato-all’inflazione esse siano).
L'elenco dei ben conosciuti promotori di denaro-fiat è lungo. Possiamo cominciare con praticamente tutti i banchieri centrali in attività, in pensione o del passato, e continuare con quasi tutti i leaders economici e politici dell'era moderna. Possiamo quindi aggiungere delle icone quali i signori Buffett e Munger (seduti in cima ad un mucchio di numeri) e, per concludere, far lievitare la meringa con dei giornalisti invitati da finanzieri travestiti da capitalisti, per istruire ed orientare la popolazione. E' ovvio che la maggioranza delle persone ascese a posizioni d’autorità abbia direttamente beneficiato del sistema finanziario, e che conseguentemente non sia oggi incentivata a mettere in discussione i propri meriti.
C’è quindi da meravigliarsi se Bob Rubin, che così bene ha “giocato” con i mercati dei capitali, quando era in Goldman Sachs, ed altrettanto bene con i Forex Markets quando era al Tesoro, abbia scelto l’accademico Larry Summers per seguire le sue orme? Summers, figlio di due apprezzati economisti keynesiani, e nipote di Paul Samuelson, (l'uomo che ha scritto il libro di riferimento, per gli economisti in erba, sulla gestione dell’economia), ha dato una certa aria di rigore intellettuale alle manipolazioni di mercato di Rubin. Come ci si poteva aspettare egli, lo scorso inverno, in risposta alla domanda se pensava che il gold-standard potesse dare una maggiore disciplina alla corsa della spesa fiscale, lanciò il grido: “l’oro è, in economia, l’equivalente del creazionismo”. La particolare regola economica, che sia lui che la stragrande maggioranza degli economisti contemporanei venerano, è una teoria chiamata "political economics", che prevede di come una crescente e sostenibile economia sia garantita in modo migliore, sinteticamente, dalla crescita costante della domanda attraverso politiche fiscali-monetarie-commerciali, e non dalle politiche di incentivi commerciali alle persone ed al mercato privato. Vi chiediamo: quale delle due richiede più fede?
Né dovremmo essere sorpresi se Paul O'Neill e John Snow, uomini-di-economia-reale, siano stati mandati via da Washington dopo un paio d’anni, e sostituiti da un uomo-di-finanza, Hank Paulson. Il repubblicano Paulson ed il democratico Tim Geithner, presidente della Fed di New York, hanno comprato attivi bancari “illiquidi” con moneta-fiat appena creata. La domanda è stata temporaneamente creata anticipando il futuro potere d'acquisto, e trasferendolo quindi dai contribuenti alle banche commerciali. In questo modo i politici "indipendenti" sono stati in grado di evitare una "profonda depressione", ed entrambe le parti (politica e finanza, ndt) potevano prendersene il merito. Se è vero che la politica si ferma sulla riva del mare, essa ha certamente inizio all'angolo di “Wall and Broad” (Goldman-Sachs, ndt).
Calvin Coolidge, nel Gennaio del 1925, ha dichiarato che "l'attività principale del popolo americano è il business". Non ha detto (anche se 85 anni dopo avrebbe certamente potuto farlo), "l'attività dell'America è quella di avere banche che creano credito incondizionato, in modo che l'economia reale possa poi concentrarsi su come ripagare i propri debiti”. La differenza tra i due principi è che, mentre il primo lascia pensare che l'industria umana seleziona meglio le risorse, il secondo riduce (istituzionalizza) i produttori ed i consumatori a massa ingombrante, che deve essere gestita da pochi (anche in questo caso si prega di scordarsi della politica. Non stiamo sostenendo quanto alte debbano essere le tasse, chi debba pagarle o infine che cosa farne, stiamo solo facendo notare che il sistema monetario è corrotto e fallimentare).
Che ne siano coscienti o meno, le nostre autorità lavorano oggi per conto dei sistemi bancari. Le banche prendono a prestito i capitali dai fattori di produzione, e creano assets contabili con un multiplo molto grande rispetto a quei capitali, assets che sono di per sé stessi una forma di credito senza riserva. Nel frattempo, il credito che esse concedono diventa per i mutuatari un debito, completamente garantito (in favore delle banche) dagli assets del mutuatario e dal suo lavoro futuro. La riserva frazionaria dei sistemi bancari permette efficacemente alle banche di fare giochi di prestigio riguardo le future rivendicazioni sul denaro, poiché in effetti nessun denaro oggi esiste; il creare "soldi" dal nulla è una questione che dovrà essere sistemata, prima o poi, dalle Banche Centrali. Tutto ciò assicura che ci sarà inflazione.
La cosiddetta “political economics” non solo dà ospitalità al prestito a riserva frazionaria, ma è su esso stesso che si fonda. Il suo scopo è di perpetuare la crescita nominale della domanda, per conseguire la piena occupazione. Questo è un senz’altro un obiettivo nobile, ma ha anche un suo lato oscuro. La costante crescita della domanda richiede la costante crescita del credito, che a sua volta richiede la costante crescita del debito ed, infine, la servitù pubblica ai creditori bancari. I responsabili politici scoprono, infine, che l'inflazione diventa un imperativo economico, nello sforzo di alleviare il carico del rimborso dei debiti (l'attività dell'America, così potrebbe dire il prossimo Presidente, è la finanza. Ciò sembrerebbe del tutto ragionevole, dato che il prossimo Presidente dovrà essere o un provato budget-buster o un leverager professionale. Un triste pareggio, in termini economici, ma una vittoria in termini di oro).
In questo contesto, Munger, Buffett, Bernanke, Geithner, Draghi, Lagarde, Rumpuy, Obama, Romney, McConnell, Boehner, Reid, Pelosi, Kudlow, Krugman, Roubini, Wolf, Hilsenrath, Kernen, etc., cercano d’infondere fiducia tra i fattori di produzione e gli investitori che essi influenzano. Sono buoni e gentili, molto intelligenti e ben intenzionati. E allora? Allora essi stanno sbagliando! Il sistema bancario a riserva frazionaria, ed il sistema del denaro-debito che essi sostengono, sono responsabili diretti della diseguaglianza in termini di benessere e di reddito che stiamo attualmente sperimentando (quando essi strillano, se solo si fa cenno a questa affermazione, chiedete loro di confutarla, se sono in grado di farlo!).
La promozione della finanza allo scopo di un mero ritorno finanziario, anche quando essa non produce più capitale, è un qualcosa che non può funzionare. Discutere di tasse, di austerità, di bilanci, di spesa in infrastrutture o di piattaforme politiche, è semplicemente fastidioso, visto che più il debito si accumula, più i tassi di occupazione declinano. Che cosa c'è di buono in tutto questo, perché si possa essere fiduciosi?
E perché mai il concetto di fiducia che si perpetua dovrebbe essere a fondamento di tutte le politiche economiche centriste? Le persone, di tutti i livelli di reddito e di tutte le convinzioni politiche, non possono più mettere in serbo i loro stipendi nella stessa valuta in cui esse (le persone, ndt) sono state pagate. Siamo proprio sicuri che l'economia reale possa espandersi quando diminuisce il benessere reale? O che investire i nostri risparmi di moneta-fiat in azioni di imprese produttive (denominate nella stessa valuta-spazzatura), fornirà agli investitori un duraturo potere d'acquisto? Possiamo nutrire fiducia negli investimenti effettuati all’interno di un sistema dove i debiti del governo, i mutui, i debiti aziendali e comunali, sono prezzati a tassi reali negativi, perché le Banche Centrali, che dispongono in ogni caso di denaro in quantità maggiore rispetto all’insieme di tutte le obbligazioni in circolazione, minacciano di continuare ad acquistarli (i debiti, ndt), se necessario?
Noi le abbiamo incontrate queste autorità e, dobbiamo ammetterlo, esse sono di solito affascinanti, intelligenti e dinamiche. Ma abbiamo l’impressione che, quasi sempre, esse scambino le loro teorie (razionalizzate con modelli econometrici pieni di osservazioni irripetibili) per pura scienza fisica.
La fiducia sugli assets produttivi è giustificata in misura maggiore rispetto a quella sulle obbligazioni e sulla liquidità in moneta-fiat, ma questo non significa che si debba avere fiducia sul futuro della produzione reale, sulla creazione di ricchezza, sulla crescita economica o sul sistema monetario post-Bretton Woods. Quando il regime monetario globale riduce la solvibilità del sistema bancario globale e degli interconnessi attivi non collateralizzati, come avviene oggi, allora la sua sostenibilità si basa su: a) la capacità/volontà dei depositanti di tenere i risparmi nel sistema bancario (essi amano le carte di debito!) e, b) la disponibilità dei fattori di produzione ad accettare valuta-fiat a titolo di compenso, insieme alla volontà dei detentori di capitale di risparmiare ed investire nello stesso sistema. Nelle nostre vesti di lavoratori, risparmiatori, investitori, consumatori, contribuenti e politici, perché mai dovremmo far conto su tale ingiustificata fiducia per andare avanti?
E’ in questo contesto che il signor Munger ed altre persone esortano coloro che hanno interesse riguardo all’oro, ad iniziare a camminare in posizione verticale, ed a smettere di trascinare le nocche sul marciapiede. Essi consigliano le persone civili a reinvestire i loro salari, espressi in valuta-senza-base, nelle azioni-senza-base di imprese produttive, che vendono beni e servizi in cambio di ricavi-ed-utili-senza-base. “Non risparmiate in una forma relativamente rara di denaro” -- essi dicono o lasciano intendere (perché il risparmio affama i creditori, e porta alla contrazione della produzione nominale)! Ancora una volta, non si tratta di un qualcosa di meramente nominale… si tratta del potere d'acquisto dei salari, dei risparmi e degli investimenti.
La finanza può essere condannata, ma il commercio no. Il totale delle attività bancarie globali è di circa 95.000 miliardi di Dollari, mentre le riserve bancarie totali non arrivano a 10.000 miliardi. Questo sistema bancario globale a riserva-frazionaria, non implica necessariamente un’immediata contrazione economica, perché non c'è alcun catalizzatore che possa costringere questo gap a chiudersi improvvisamente (anche se le notizie riguardo JPM ci hanno appena colpito...). Tuttavia il considerevole leveraggio (rapporto debito/capitale proprio, ndt) bancario, in combinazione con quello altissimo dei depositanti, dei detentori di capitale e dei consumatori, sta significativamente ritardando la domanda e l'attività economica reale. Semplicemente non c'è alcun incentivo perché i creditori o i debitori aumentino il leveraggio dei propri bilanci, il che a sua volta significa che la crescita della produzione, e dei prezzi degli assets, non può che continuare a ridursi in termini reali.
E così pensiamo che sia giusto l’avvertimento di far attenzione ai consigli di un egoistico sistema finanziario, che cerca di adattare un’imperfetta ed insostenibile raccolta di teorie ad un obbiettivo che vorrebbero farci credere sia nobile e patriottico. Il bene comune non è necessariamente espresso dagli ultimi vincitori di assets finanziari, né dagli ambiziosi politici che essi supportano. Il loro abbaiare sta diventando sempre più frequente -- un chiaro segnale che le loro proteste e le loro accuse infondate non riescono ad invertire la tendenza (non contro le grida di persone insignificanti come noi, ma contro la logica fondamentale, il progresso dell’umanità, e la potenza matematica dei debiti nominali in peggioramento).
Non c'è alcuna ragione per aspettarsi la fine dell'egemonia occidentale, e non c’è alcuna necessità di fare pubblicità all’oro. L’oro avrà infatti un prezzo significativamente più alto, in termini di valuta-fiat, nel corso del tempo (o magari la prossima settimana, chi lo sa?), o per merito dei mercati, o come conseguenza dalla svalutazione guidata delle valute-fiat. Non può esserci una soluzione fiscale, qualsiasi lasso di tempo si voglia considerare; la crescita, o l'austerità, o la combinazione ottimale delle due cose, non può più funzionare. L'unica via d'uscita è la massiccia diluizione valutaria, e ci aspettiamo che i leaders di tutto lo spettro politico, in tutte le nazioni debitrici, faranno in modo che ciò avvenga.
Non abbiamo alcun dubbio sul fatto che le stesse mal guidate Istituzioni invertiranno la rotta per “salvare il giorno” (fare qualcosa per risolvere un serio problema, ndt). Alla fine le Istituzioni sceglieranno di distruggere l'onere del rimborso del debito nazionale attraverso l'inflazione, un processo che premierebbe la grande maggioranza degli elettori. Sceglieranno questa strada perché l'alternativa è quella di continuare ad esportare capitale occidentale verso le economie in via di sviluppo, e tenersi in cambio la disoccupazione (vince Krugman). In questo modo l'Occidente ridurrebbe l’esportazione delle sue valute, ricevendo in cambio merci e risorse a buon mercato.
Le economie sviluppate dell'Occidente diventeranno conseguentemente più vivaci, perché i prezzi dei beni, dei servizi, del lavoro, degli attivi e dei passivi, rifletteranno di nuovo i valori reali di mercato (de-levereggiati). I prezzi nominali potrebbero essere irriconoscibili, ma l'accessibilità migliorerà a tutti i livelli di reddito. Le nazioni debitrici faranno tabula rasa del debito, ed i loro fattori di produzione saranno di nuovo competitivi a livello globale.
La chiave per una transizione di successo è un credibile resettaggio monetario. L'oro è la garanzia per eccellenza nei riguardi del default monetario perché ha, in questo ruolo, un lungo e consolidato precedente. Tutto quello che sarebbe necessario fare, è un’equa distribuzione d’oro tra le autorità monetarie globali (sta avvenendo già ora?), ed un concordato tasso di cambio nei riguardi della moneta-fiat. Dovrebbe essere un tasso di cambio al quale le Banche Centrali potrebbero con successo monetizzare gli assets, mediante offerte per l'oro fisico effettuate con soldi-di-carta di nuova produzione, ad un tasso di cambio sufficientemente alto per attirare oro in quantità sufficiente a coprire il credito-senza-riserve detenuto nel sistema bancario. Si tratta di una cifra elevata. Il costo relativo per possedere oro fisico oggi è minimo (lingotti d’oro già estratti, o quelli da estrarre attraverso il possesso di quote minerarie), con riferimento ai rendimenti reali negativi offerti dalla maggioranza degli assets.
Consigliamo di mantenere un comportamento corretto; investite “con” le Banche Centrali, e non “contro” di esse, e considerate la vuota retorica delle Istituzioni, che possono temporaneamente sopprimere la loro moneta-di-carta ad un prezzo-regalo. Stanno lavorando per i possessori di oro fisico, non contro di essi.
Quaintance Lee & Paul Brodsky
Traduzione di Franco per Il Portico Dipinto [4]
Collegamenti:
[1] http://ilporticodipinto.it/economia
[2] http://ilporticodipinto.it/category/classificazione-articoli/oro
[3] http://en.wikipedia.org/wiki/Troy_weight
[4] http://ilporticodipinto.it/content/unaltra-prospettiva
[5] http://www.zerohedge.com/news/must-read-another-perspective