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La FED è uscita fuori di senno e può peggiorare

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Con l'espansione degli acquisti di obbligazioni da $700 miliardi in risposta alla crisi COVID, la Federal Reserve si è gettata nella mischia. Come un sedicenne con una carta di credito, la FED si sta entusiasmando per quello che dovrà fare. Come risponde l'investitore prudente?

Innanzitutto, ciò che la FED ha già fatto: ha portato i tassi d'interesse a zero ed ha avviato acquisti "illimitati" di asset, aggiungendo ora le obbligazioni societarie ed i titoli di stato locali. Ciò fa sorgere le stesse preoccupazioni che avevamo nel 2008: migliaia di miliardi di nuovi soldi per diluire il potere di spesa dei risparmiatori, insieme al rischio del cosiddetto "azzardo morale" in cui lo stato copre le perdite per le grandi imprese e il governo stesso.

La cosa più preoccupante è ciò che la FED potrebbe fare dopo. Le proposte sono in aumento per quattro misure molto pericolose: tassi d'interesse negativi; sovvenzioni dirette; assegni federali per il capitale proprio delle grandi imprese o per un reddito di base universale fino a $72.000 all'anno; e lasciare che i Paesi poveri stampino i loro dollari USA.

Tutte e quattro sono misure disoneste, ma comportano un notevole rischio politico, perché godono del sostegno non solo della sinistra redistribuzionista, ma anche dei "conservatori del mondo dell'impresa" felici di fare irruzione nel nostro futuro per far cessare il loro dolore.

Perfino i nostri campioni nelle banche centrali ammettono che i tassi negativi avrebbero bisogno di regole obbligatorie, come dichiarare inutili tutti i numeri di serie che terminano con zero, o costringere gli americani ad usare dollari "digitali" che si svalutano automaticamente. Sovvenzionare le obbligazioni mirando ai tassi d'interesse assorbirebbe in modo permanente il capitale del settore privato, dirottandolo in spese pubbliche locali illimitate. L'acquisto del capitale proprio delle grandi aziende rischia di trasformare ogni azienda in America in un'entità gestita dallo stato, una strada che il Giappone sta già percorrendo. Nel frattempo stampare $72.000 per famiglia all'anno, o lasciare che il Guatemala stampi dollari statunitensi a piacimento, è il tipo di cosa che ci si aspetta da una Repubblica delle banane, non dal Congresso USA e dai banchieri centrali.

Il filo conduttore di tutte queste proposte è di triplicare la stampa di denaro e la copertura delle scommesse del 2008, spargendo un numero illimitato di dollari alle grandi imprese e ai governi.

Ahimè, la gioia di tutta questa generosità è immediata, ma il dolore viene pagato per decenni, poiché i risparmiatori sono letteralmente uccisi da tutta questa nuova liquidità. Questa paura è stata attenuata nel 2008, perché la conseguente recessione è durata così a lungo che il nuovo denaro è stato ampiamente risparmiato. Se, come alcuni si aspettano, il COVID porterà ad una ripresa a V, questa volta l'inflazione dei prezzi si farà sentire per davvero.

Oltre all'inflazione dei prezzi, questo livello di spesa rischia di provocare distorsioni permanenti nei mercati dei capitali, un sifone permanente di migliaia di miliardi dai settori privati ​​al governo e ai settori politicamente favoriti. Tutta questa nuova liquidità sostiene artificialmente i prezzi, e più a lungo rimangono sostenuti, più il capitale scorre verso i clientes. Anche dopo la crisi, nessun politico, e tanto meno Trump, vorrà essere il tizio che dovrà dire "la festa è finita".

Possiamo solo immaginare la pressione per continuare a sostenere i governi locali che diventano un sifone permanente sull'economia produttiva.

Storicamente le pandemie hanno avuto un impatto limitato sulla crescita a lungo termine. Dopo tutto, come sottolinea la teoria Austriaca, un'economia è fatta di imprenditori che cercano sempre nuovi desideri da soddisfare. Questo processo non si ferma solo perché una malattia blocca temporaneamente le aziende. La ricchezza reale viene colpita duramente, sì, ma il funzionamento di base di un'economia non è influenzato dalle pandemie, così come non viene influenzato da un terremoto o un inverno rigido.

Detto questo, ciò che può influire sul funzionamento di base di un'economia sono le politiche che impongono nuovi oneri ai produttori, sotto forma di nuove normative o nuove tasse da pagare per una serie di dispense. Possiamo vedere la differenza nelle ultime due pandemie americane, nel 1957 e nel 1968. Quando la politica fu assente, nel 1957, la ripresa fu molto veloce. Quando la politica fu interventista, come nel 1968, il dolore durò per una generazione, negli anni '70 e negli anni '80.

Per quanto riguarda l'inflazione, i modelli Austriaci della domanda di denaro suggeriscono poco rischio durante la recessione stessa, poiché si risparmia denaro in eccesso, ma un rischio maggiore quando la ripresa è a V e il denaro viene quindi speso subito. E, naturalmente, la stagflazione diventa una reale possibilità se il governo segue il copione degli anni '70 di quelle riforme che distruggono l'economia.

È ancora possibile uscire da questa storia non distruggendo del tutto l'economia, ma solo se Washington si tratterrà dall'intervenire.

 

Traduzione per il Portico Dipinto a cura di Johnny Contanti. Articolo originale di Peter St. Onge.

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Hertz è fallita

Alcuni passaggi estratti da https://www.ilsussidiario.net/news/spy-finanza-hertz-e-morta-di-debito-non-di-covid-ed-e-soltanto-linizio/2026579/

"Hertz, il gigante globale dell’autonoleggio, non ce l’ha fatta. Bancarotta, dopo il fallimento delle trattative con creditori, fornitori e concessionari di leasing per cercare di dilazionare le scadenze e ristrutturare ciò che ancora a bilancio non era finito totalmente underwater. Una prece. Ma il caso Hertz è fondamentale, un vero e proprio spoiler del film che sta per andare in onda. A livello globale. Europa in testa, temo, una volta che il vero fall-out economico dei mesi di lockdown avrà mostrato in tutta la loro drammaticità i danni inferti ai bilanci e alle prospettive. Il caso Hertz rappresenta, di fatto, anche il primo, clamoroso fallimento dell’esperimento di onnipotenza della Fed nel tenere in vita, a prescindere dalle condizioni macro di business, aziende zombie che la legge del mercato vorrebbe fallite.
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Prima che il Covid-19 comparisse, l’azienda – la quale ha già annunciato oltre 10mila esuberi – aveva un stock di debito pari a circa 17 miliardi di dollari che includeva 3,7 miliardi di corporate bonds e prestiti, oltre a 13,4 miliardi di notes direttamente legate alla flotta.

Miracoli della Fed, il titolo azionario era comunque restato in area 4,70 dollari per azione per gran parte del mese di maggio. Poi, il crollo. Venerdì, quando il Wall Street Journal anticipava la notizia del fallimento delle trattative e della bancarotta pressoché certa, l’azione di Hertz è precipitata del 43,6%. De profundis, insomma. Ma non a causa del Covid-19, a causa delle condizioni di salute con cui ci si è presentati alla battaglia finale contro il virus.

E ora? Ora ci si farà male, inutile negarlo.
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Come dice il detto inglese, it escalates quickly. Tradotto, quando la palla di neve prende velocità, ci mette un attimo ad arrivare a valle sotto forma di valanga. Fed o non Fed, questa è la vera lezione da imparare.
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il dolore arriverà per tutti, in primis per il comparto automotive globale che dal fallimento Hertz patirà una ferita potenzialmente letale, al netto dei numeri da tracollo che le vendite di veicoli stanno già registrando da almeno un trimestre. Ovunque, Cina in testa. Anche in questo caso, Hertz ci racconta una storia che pare destinata a diventare narrativa diffusa. In attesa di scoprire se i creditori avessero accettato le condizioni per evitare la bancarotta, il gigante dell’autonoleggio aveva infatti già tagliato del 90% gli acquisti di nuovi veicoli per le flotte relative al model year 2020.

Qualche cifra per mettere la questione in prospettiva: le vendite di auto per flotte pesano per circa il 10% del totale negli Usa (1,7 milioni l’anno) e la sola Hertz con i suoi acquisti equivale al 21% per General Motors, al 18% per Fca e al 12% per Ford. Ampliate al mondo queste percentuali e capirete da soli quale sarà l’impatto, al netto del devastante contraccolpo psicologico di un fallimento consumatosi in meno di 20 giorni e ai danni di un player globale assoluto del suo settore.
...

mostra come Hertz fosse disposta a vendere nel range di prezzo compreso fra 58.995 e 63.295 dollari un modello di veicolo che la valutazione 2019 della Bibbia del settore, Kelly Blue Book, comprendeva nella forchetta fra 76.938 e 85.275 dollari. Roba da Banco dei pegni, signori. E stiamo parlando di Hertz, non di un elettrauto disperato che cerca di piazzare qualche motorino truccato per pagare le bollette. Ecco cosa ci insegna il caso Hertz, cari lettori. E state certi che non troverete questi particolari sbandierati su molti media. Questo non perché io sia più bravo degli altri, ma perché l’ordine è quello di tenere bassa la notizia, visto che appunto si configura come il primo, clamoroso fallimento della politica assistenzialista a pioggia della Fed e rischia di tramutarsi in un colossale invito alla scommessa contro quell’atteggiamento monetarista folle e anti-mercato."