Preso dallo sconforto generale di una realtà che sempre meno posso digerire e senza che essa nemmeno si prenda la briga di digerirmi, mi viene naturale svicolare verso temi particolari; meno grandi, meno importanti (almeno all'apparenza) sì da considerare le cose più vicine, quelle meno teoriche, meno astruse e che ogni tanto mi (ci?) toccano.
La riflessione è nata tra prati verdi e trattori rossi, grazie a una scampagnata fatta insieme ai miei questa primavera. Passando una giornata lieta ho potuto riscoprire il cosiddetto sapore di una genuinità tanto pregna di significato, quanto oggi sfuggente e quindi, mosso dal principio che le cose belle non bisogna perdere occasione di condividerle, sono a scriverne. Anche se, inevitabilmente, con la stessa forza vengono a dirmi cosa avrebbe bisogno di una revisione.
Non per niente quindi, anzi per tutto, ho potuto fare di una breve e positiva esperienza di passaggio, qualcosa che mi ha aiutato a mettere alla sbarra i parametri dell'ordine costituito nella loro calibrata - disumanizzante funzione, confrontandoli con parte che da ciò discende e, senza meno, discenderà.
Non lontani da una città di centomila abitanti, ci troviamo sotto la cintura delle prealpi dove è possibile scegliere sia il loro orizzonte, sia una pianura costellata di boschetti, prati liberi e coltivazioni che, a discendere tra casolari, colline e paesi dall'aria d'un tempo, porta a sud, lì dove il mare pare attenda sempre tutto e tutti. Capiamoci, non vorrei far poesia dove non serve, non si tratta di chissà quali paesaggi bucolici; il traffico e tutto l'armamentario dei rumori moderni tratteggiano i contorni e si affacciano anche loro nella storia .... ma almeno nella misura in cui ci appaiono stranieri e un pelo più rispettosi.
Mentre qualcuno assopora un gelato e altri una birra artigianale (ottima), vicino a chioschi, griglie, tavolate da sagra e a uno spaccio di formaggi, c'è un grande prato verde dove, scesi un piccolo dislivello e senza veri sentieri (quelli che aiutano i più imbranati a non sbattere il loro culone grasso per terra), ecco una fila di bambini insieme ai loro genitori che attendono l'arrivo di un vecchio "dinosauro rosso" (lo vedete nella foto, scattata da me); borbottando come a colpi di schioppo, l'unico pistone che si muove in quel motore, sorprende per la sua tonalità unica da vecchia macchina da guerra e porta espressioni di stupore, così nei piccoli e di più nei grandi.
Attrezzato e trainato dietro il trattore, vi è una sorta di pianale fatto in casa, con relative ringhiere e una "panchina" alla buona che se mi siedo io, che sono senza culo, in tempo dieci secondi mi ritrovo con l'osso sacro che canta pietà. Il Trattore è guidato da un signore a cui nessuno dà biglietti e tutti salutano gentilmente; per i bambini una sorta di "Babbo Natale" senza costume. Sfuggiti alle mani dei genitori, i più pestiferi tra i piccoli s'arrampicano senza aspettare che venga aperta una sorta di scaletta e già fremono saltellando per fare il giro della collina. Qualche genitore si sacrifica ad accompagnarli, qualcuno li lascia soli all'avventura. Certo, un'avventura, che se il trattore deve fare una frenata improvvisa e/o prende una buca dove la strada è solo una fantasia, allora il rischio che qualche fanciullo sbatta denti, naso e gengive sui ferri senza protezioni... è solo il minimo che può accadergli; così che il piccolo, magari, si ricordi per molto tempo a venire che le manine sono quella cosa che serve per afferrare e reggersi per benino.
Il trattore parte e, come per magia, la riga di persone, genitori, nonni e altri bambini, che l'osservano allontanarsi verso la collina più in alto, potrebbe apparire quasi come la gente sulla banchina di un porto che saluta i parenti che partono per una crociera o per chissà quali mete.
Al ritorno del vecchio dinosauro, la prossima flotta di marmaglia è pronta per il prossimo giro; quelli appena scesi, invece, saltellano come grilli e, i più piccoli, con la sensazione e i sorrisi luminosi stampati sulla faccia di essere andati sulla Luna. Chi inciampa nella terra, chi scivola sul pendio, chi racconta all'amichetto l'avventura per rievocarla meglio nella sua mente.
Nessuna sbarra che delimita la fila, ma solo il buon senso. Nessuna guida. Nessun nastro dove aspettare il tuo turno e nessun cartello che dice "attenti si scivola" ... o ... "attento che sbatti il muso, se sei un imbecille" e, cosa più bella, nessun pirla che cerca di fare il furbo. Tutti i bambini attendono il segnale più importante, i gesti, lo sguardo del signore misterioso che guida il vecchio dinosauro, senza che nessuno avesse detto loro a chi obbedire. Loro sanno già tutto.
Assistere a tutta questa "disorganizzazione" buttata lì, senza la minima indicazione ... mamma mia che scandalo dovrà essere per qualcuno. Non oso immaginare se mai la voce si spargesse che in questi prati accadono cose tanto disdicevoli e pericolose. Roba da denuncia.
Insomma, questo sarebbe quanto.
Ma devo aggiungere altro, e a ricordarmelo è stato un altro episodio. Anzi due. Il primo in un locale di città. Una festa organizzata con tanto di DJ e pure di una certa importanza e la musica a palla, sapete no? .. qulla cosa sonora che serve per ballare nelle serate all'aperto, dove c'è anche una pista apposita. Stavo già decidendo di andarmene, essendo il posto troppo snob dove io - più che un pugno in un occhio ero un calcio nelle balle; si respirava nell'aria un'atmosfera piatta, strana, quando ecco che con la coda dell'occhio vedo un cartello scritto alla buona e attaccato con lo scotch a una colonna. La scritta a penna recitava così: "VIETATO BALLARE". Ok. Me ne vado. No comment.
Un mesetto dopo, ecco un un'altra occasione, un venerdì sera, voglia d'estate, con tanto di festa "caraibica", in un'altra zona, sempre con la musica che per quanto commerciale almeno il senso del ritmo lo smuove; il DJ ancora più importante e una marea di gente che segnava stranamente il tempo con i piedi e soffriva una restrittezza surreale. Mi avvicino alla console e cosa ti trovo? ... un cartello fatto anche meglio, rifrangente, ancora più grande: - "VIETATO BALLARE" ...
... mi avvicino a colui che era l'animatore della serata insieme al DJ, con tanto di microfono che sparava la sua voce a pompare nelle casse, mentre incentivava a scatenarsi tutti alla pazza gioia.
Gli batto sulla spalla:
- scusa eh.
- dimmi.
- ma che cazzo mi sta a significare "vietato ballare" in una festa come questa??
.. e con un sorriso di rassegnazione, tra la consapevolezza dell'assurdità e il fatto che lui era pagato per non pensare troppo, mi fa ..
- ma tu balla lo stesso, no?
- e che cazzo significa, scusa? ... non vedi che non balla nessuno, e che senso hanno 'ste regole: - dove siamo, sul pianeta dell'incontrario? .. e cosa mi metto a fare poi, il pirla, io da solo, e magari il proprietario si becca pure una multa ? .. anche se non ho capito ancora per cosa.
- eh lo so ... cosa ci vuoi fare. Infatti è una fregatura.
(Ma vaffanculo) tra me e me, lo guardo e non so che faccia gli ho fatto.
Mi fa un sorriso di circostanza e se ne va, mentre torna a urlare a tutti nel suo microfono di scatenarsi e godersela.
Le considerazioni su quanto sopra, non le esprimo. Poiché la rabbia che mi muovono queste vicende, non posso controllarla con una tastiera.
Lo so che la cosa può apparire sganciata dall'episodio del trattore, ma in realtà quest'ultima è a segnalare un sintomo grave, dove per una serie di motivi all'apparenza necessari in società, si stanno eclissando e ottenebrando le nostre più intime esigenze di libertà e giovialità. La nostra umanità.
Passiamo avanti.
Come avrete notato, nel titolo ho menzionato un casco. Bene. Non me lo sono scordato. Con quest'ultimo episodio, brevissimo, chiudo il trittico.
Per fortuna non l'ho vissuta direttamente.
Parlando della famiglia e del più e del meno, come tutti facciamo, una sera una mia cara amica mi racconta che la sua collega è un tantinello apprensiva nei confronti di suo figlio. Detto figlio ha cinque anni e ha raggiunto una determinata altezza (sapete come vanno queste cose, no? ... pare si cresca verso l'alto in certi periodi della nostra vita), allora gli ha comprato un casco, da allacciarsi per bene, che gli infila quando sta a casa. Siccome gli spigoli dei tavoli, della mobilia, sono più duri dei cuscini, allora il bambino sta tutto il giorno col casco in testa.
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