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L'ultimo film e il Dracula incompreso

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Quando, ormai famosissimo, il cineasta italo americano Francis Ford Coppola volle realizzare il suo Dracula, proprio come fece per Il Padrino (in originale insieme al nome di Mario Puzo), tenne a sottolineare al pubblico tutto, anche per questa Produzione, la paternità dell'opera. Quella di Bram Stoker.

Forse non tutti sanno che il romanzo gotico Dracula è scritto sotto forma di stralci di diari e scambi epistolari avvenuti (sempre secondo il romazo) tra i protagonisti della più che nota vicenda di paura; che vede rivelare al mondo l'oscuro personaggio del realmente esitito Mister Vlad III, trasfigurato da Stoker nel Conte tra i più famosi dell'immaginario fantastico. Lettere, diari, ma anche telegrammi che, tutti insieme, formano il corpus immaginario di quello che è probabilmente il romanzo del terrore par excellence di tutti i tempi.

In una mia personalissima classifica immaginaria, Dracula lo vedo distanziare notevolmente per carisma e ambiguità ma anche come "cosa disturbante" e misteriosa, gli altri noti compagni di merende, come l'Uomo Lupo, Frankenstein e, perché no, pure Dottor Jekyll e Mister Hyde (su quest'ultimo torneremo per un motivo particolare legato ad un film). Quello di Jekyll & Hyde, da dirsi, però non è propriamente un romanzo dell'orrore ma forse riguarda più un "trattato" - sotto mentite spoglie - che argomenta della schizofrenia.

Comunque.

Quello di cui voglio parlarvi è principalmente del Dracula "Coppoliano" e non voglio farlo (neanche potrei, se non lasciando troppe lacune) senza saltellare qua e là in una sorta di storiografia che lega questa creatura immaginaria con i vari rimandi tra film e film, ma anche con il segno che tale icona ha impresso così fortemente nell'immaginario comune. 

Bisogna dire, per onestà, che il precursore di tutto ciò fu promosso in un altro racconto: Il Vampiro, di un certo Polidori, amico di un certo Lord Byron che (leggenda vuole) in una notte buia e tempestosa (come si suol dire) avvenne che, trovatosi ospite nella villa dell'illustre, si trovò coinvolto in una scommessa tra i letterati del tempo; verteva su chi avrebbe inventato la migliore "favoletta" dell'orrore. Non da meno, fu proprio lì che venne partorita l'idea di Frankestein della Shelley. Pure lei presente nella notte buia e tempestosa. Proprio il caso di dirlo: che storie!

Purtroppo devo ammettere che il romanzo di Stoker non l'ho terminato, ho cominciato a leggerlo e arrivando ben oltre la metà. Ma mentre mi affascinava per questa sua "interfaccia" atipica e intrigante, allo stesso modo mi infastidiva per il fatto che l'escamotage letterario, da un certo punto in poi del romanzo, lo trovavo forzato, poco plausibile, stridente .. in sostanza, mi aveva stufato e l'ho abbandonato lì dov'era. Ma non prima di aver colto le sue dinamiche sì da comprendere come (e forse perché) Coppola aveva posato le mani su quello che io chiamo: l'ultimo Film.

Intanto, capiamoci. Non sono qui a tessere le lodi di un capolavoro, bensì di un capolavoro mancato. Ma la menzione d'onore non è tale in seno al valore generale che l'opera si è conquistata, un valore ben sopra la media, indubbiamente; bensì a quello che sta dietro e dentro la Produzione e la Post-produzione. Da qui, diciamo, il mio interesse particolareggiato che tengo a condividere. 

Partiamo con le cose brutte e anche più stereotipate che appartengono ad una critica. Gli attori. Mamma mia. Levato l'immenso Gary Oldman (Dracula) e l'assurdissimo e bravo Tom Waits (assiduo collaboratore di Coppola) si assiste ad un continuo sali e scendi di performance tra il pacchiano, il ridicolo e l'azzeccato. Che ci vuoi fare. Coloro che funzionano, diciamo le belle donzelle della storia, funzionano perché a loro non è che sia stato richiesto chissà cosa: bellezza e sensualità o poco più. Keanu Reeves (lo sposo in ostaggio del Conte) pareva chiedesse in continuazione al pubblico in Sala: "ma io che cazzo ci sto a fare qui?" e Hopkins (con accento tetesko da Sturmtruppen di Bonvi) gli rispondeva di sottecchi: "guarda, non lo chiedere a me che sto aspettando solo che mi chiamino per Hannibal the cannibal". Insomma [forse] mi sono spiegato.

Coppola, nonostante la scelta (che approvo, a me piace) di tributare il Signor Stoker nel titolo del Film, bisogna dire che si prende tante licenze poetiche tante quante lumache potete trovare nel bosco dopo una giornata di pioggia. Amen. Quel che conta, sempre a mio personalissimo parere, è che non ha tradito le atmosfere e le dinamiche del racconto che, per quanto possibile in una trasposizione cinematografica, sono state rispettate.

Non fosse che una "cagata pazzesca" (come direbbe Fantozzi)  è andata a rovinare proprio sul più bello quanto sin lì raggiunto, allora si sarebbe toccata la perfezione per la ricercatezza visiva e artigianale che è stata la "molla" e il piglio testardissimo (e ammirevole) che il regista ha voluto perseguire e ha ottenuto con questo Dracula. Vi chederete: - ma quel'è questa "cagata pazzesca"? ... ve lo dico dopo e c'entra col film del Dottor Jekyll e Mister Hyde interpretato da Spencer Tracy nel 1941. Intanto, suspance. Silenzio in Sala.

Dicevamo.

BRAM STOKER'S DRACULA:

Trattasi dell'ultimo film che ha voluto rispettare l'opera artigianale del Cinema che fu, quello dei cosiddetti trucchi o effetti speciali "di una volta". Ma per capire bene l'evento bisogna ricordare sinteticissimamente che ...

... che era il 1992. Che prima di questo Dracula, il Secondo Terminator di James Cameron aveva spiegato quali erano le possibilità per le Produzioni a venire (ricordate il "metallo liquido"?) e lo aveva detto a chiare lettere o meglio, a chiari fotogrammi. Dopo questo Dracula, infatti, le cose vennero a maturazione, neanche a dirlo con Forrest Gump e con  Mister Zemekis:  - il dado era tratto. Il Cinema aveva cambiato definitivamente volto.

Però Coppola si decise in questa direzione, non soltanto per i più plateali effetti dei mostri e/o creature assortite, bensì costruì il tutto andando a ripescare e in un certo senso ad "evolvere" all'uopo le antiche tecniche, un lavoro di fatto da Maestri:

- mascherini, prospettive forzate, pellicole trattate a mano, giochi di specchi in ripresa, fluidi ripresi e adattati diversamente, ombre reali con sagome e/o attori a impersonarle (tutte studiate mirabilmente in tempo reale sui Set) e, ancora di più: ogni cosa cesellata in una fotografia e oserei dire quasi in una "pantomima" surrealista ed espressionista. Insomma, a cavallo dei tempi in fortissimo mutamento, negli anni "90,  il cineasta diede forza ad un progetto scomodo, ad una scommessa e venne premiato (con Dracula salvò la sua Casa di Produzione).

Diciamo che il Dracula incompreso del titolo di quest'articolo, sta in questo: chi si avvicinò a questo film, all'epoca, difficilmente colse la sperimentazione paradossalmente innovativa. Vennero usate marionette, diapositive proiettate, ombre cinesi, modellini di case ed edifici accoppiate in fondali dipinti e/o sospesi con fili nascosti dalla luce e non cancellati al computer, con attori inseriti nella scena senza i cosiddetti "blu screen" e null'altro di simile; si usarano sequenze montate alla rovescia, inquadrature rovesciate su scenografie falsate nelle proporzioni; usò avanzamenti della pellicola innovativi (quelli che ora spopolano - e hanno rotto di brutto - nei film d'orrore o nella pubblicità, con elaborazioni della chiamiamola "moviola digitale"). Per non parlare dei costumi magnifici e del Prologo che è un'opera d'Arte, una sintesi tra ombre cinesi, cinema espressionista tedesco e i Pupari Siciliani. Cosa vuoi di più?

Ma mi fermo qui. Per altre chicche non c'è spazio.

Concludo con la soluzione de la "cagata pazzesca". Così, dopo cotanta magnificenza artigianale, nostalgica e carica di un pathos che non penso potrà più essere rivisitata, che cosa ti decidono di fare e proprio sul gran finale!? .. decidono di trasformare il viso orrorifico del nostro Dracula vecchio e decrepito, in quello che era della sua gioventù di Imperatore - con il Morphing! .. che è quella tecnica digitale (credo tutti conosciate) usata per "trasportare e trasformare" un immagine tridimensionale (anche un viso) in un'altra diversa in maniera morbida e continuata. Ecco: - tutto in vacca. Ma dico io, come si può? Oltretutto, nel rivederla adesso, tutto il film che non sa assolutamente di cosa vecchia, anzi!  ...  acquisisce una forza estetica originalissima; ecco che quell'effetto digitale messo lì pacchiano e imbarazzante, oramai, è una bestemmia.

Non so che dire. Cerco di rifarmi con la memoria e mi torna in mente il vecchissimo Spencer Tracy, nel mitico B & N, dove, anche lui morente nell'epilogo di Jekyll e Mister Hyde, da uomo cattivo lo vediamo tornare alla pace eterna e trasformarsi nella sua immagine di uomo buono (Jekyll). Che ci voleva a rifarlo uguale, ma anche meglio? ...  tutto con il classico trucco delle immagini sovrapposte a più piani del suo viso s-truccato di volta in volta, fotografato volta per volta, in una sorta di "Stop Motion" o giù di lì ... e lasciando quel sapore di antico che così bene ci sarebbe stato nell'ultimo Dracula e nell'ultimo film degno di questo nome.

 

 

 

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un PS

Ritratto di Calvero

 

DIMENTICAVO!!

Un motivo musicale azzeccatissimo, poetico, tragico e accattivante. 

La versione in Bluray è consigliata vivamente. Se pure non è un film che lavora sulla perfezione delle immagini, tantomeno patinate, l'alta definizione rende molto più cinematografica la visione.

Ovviamente, si consiglia in lingua orginale. Mai stancarsi di ripeterlo.

Priorita' di Hollywood

Ritratto di Pike Bishop

Ma dico io, come si può?

Basta avere finito i soldi, avere gia' cominciato un altro processo che non funziona ed avere i giorni contati mentre quelli della ditta che produce effetti digitali hanno gia' telefonato alla produzione con un preventivo molto basso, e a quel punto si puo', eccome se si puo'.

Non ci si deve mai dimenticare che un film di Hollywood e' nelle priorita':

1. Un'opera di propaganda (in questo caso dell'AIDS);

2. Una maniera per far lavorare amici di amici (e qui si spiegano i miscasts, tipo avere quel tale che fa la parte di Chiambretti nel Postino);

3. Una maniera per fare sopravvivere tutto il sistema di produzione, che fermo non puo' stare (e che comprende i sindacati potentissimi che dettano legge quanto la produzione);

4. Un modo per far guadagnare i finanziatori (che se no i soldi non li rischiano piu');

Solo molto dopo, nella lista delle priorita' viene l'aspetto "artistico" con tutto quel che ne consegue e molto dopo la visione del team che comprende anche il regista, il quale, a Hollywood, nemmeno se si chiama Coppola puo' decidere da solo su alcunche'.

pessimismo e fastidio

Ritratto di Calvero

Che tristezza mi viene. La cosa che oltre a infastidirmi mi carica di nervoso è quella dei sindacati. Non li ho mai sopportati da nessuna parte. Dio li maledica. Che cazzo vogliono. Dimmi te se io autore, devo stare appresso a questi sfasciapalle e subire influenze al di là di una Produzione, che almeno quest'ultima ha un riscontro diretto nel processo artistico e di distribuzione. Almeno.

Mi riesce difficile inquadrare, nonché farmi sentire rimbambito, la questione "AIDS", come la intendi nella propaganda?

Dracula e AIDS

Ritratto di Pike Bishop

Mi riesce difficile inquadrare, nonché farmi sentire rimbambito, la questione "AIDS", come la intendi nella propaganda?

Casomai e' un fatto dovuto alla tua giovane eta'.  Il film e' del 1992, l'anno dal numero simbolico che doveva essere quello della catastrofe mondiale dell'AIDS a cui ci stavano preparando da anni, sempre citando il '92 come anno dell'Apocalisse.  E' un film sul sangue ("Il Sangue E' la Vita"), sangue che viene fatto vedere in tutte le salse, macroscopica (una fontana di sangue), microscopica (al microscopio), medica (trasfusione), e piu' chi ne ha piu' ne metta.  La condizione del Vampiro e' chiaramente legata nel film, come metafora e rappresentazione, a quella del malato di AIDS, che potrebbe amare ed essere riamato ma non puo' per via della malattia e che invecchia il giovane e gli fa prendere le sembianze emaciate di Dracula a corto di sangue.  Inoltre ci sono le vampire bbone (tra le quali spiccano le tette della Monica Bellucci) che ti scopano e poi sono tutti cazzi tuoi come succede al sosia di Chiambretti, e, quale giusta punizione, la biondona (tinta) sboccata mangiauomini per cui ogni cazzo e' il tronchetto della felicita', la Lucy, viene infettata quale vendetta divina, come e' giusto che sia (e anche il suo fidanzatino tossico, ma non si capisce granche').  Se non e' una propaganda a favore della bufala multimiliardaria dell'AIDS (ricordate il punto 1 della mia listarella?) non so cosa possa essere...

ecco

Ritratto di Calvero

.. io mi ero fermato, naturalmente, al sangue che scorre copioso, ma il collegamento con la degnerazione dove il vampiro e le sue donzelle sono lì a subire l'infamia della maledizione, non l'avevo fatto. Effettivamente un po tardo sono, perché lo ricordo benissimo lo stato d'ansia generato dai Media per la questione AIDS, eccome se lo ricordo.

Interessante, spesso accade,

Interessante, spesso accade, il tuo articolo cinematografico... magari puoi trovare ulteriori spunti in di riflessione in questo articolo di david foster wallace su terminator 2, e sulla pornografia degli effetti speciali... ciao

Il pubblico cinematografico che negli anni Novanta si è messo le mani nei capelli ammirato e deluso alla vista di film come Twister, Vulcano e Jurassic Park può ringraziare Terminator 2. Il giorno del giudizio di James Cameron per aver inaugurato quello che è diventato lo speciale nuovo genere di film a grosso budget del decennio: il Porno a Effetti Speciali.
“Porno” perché, se sostituite effetti speciali con rapporti sessuali, i paralleli fra i due generi diventano di un’evidenza inquietante. Al pari degli hard-core da quattro soldi, film come Terminator 2 e Jurassic Park in realtà non sono affatto “film” nel senso comune del termine. In realtà sono cinque o sei scene isolate, spettacolari  -  scene che includono magari venti o trenta minuti avvincenti, goduriosi -  tenute insieme da altri sessanta, novanta minuti di narrazione piatta, spenta e spesso ridicolmente insulsa.

T2, uno dei successi piú clamorosi della storia, è uscito sei anni fa. Pensate alle scene che ricordiamo ancora tutti. L’incredibile scena dell’inseguimento con esplosione nel canale artificiale di Los Angeles e poi il metallo liquido1 con cui il Terminator T-1000 esce dalle fiamme dell’esplosione assumendo la forma corporea senza suture di un Martin- Milner-Posseduto-da-Hannibal-Lecter. Il T-1000 che affiora mostruosamente dal pavimento a scacchi, il T-1000 10 di carne e di nulla che si scioglie entrando con la testa nel parabrezza di un elicottero, il T-1000 che si congela nel nitrogeno liquido e poi cade frattalmente a pezzi. Quelle sí che erano immagini spettacolari, e rappresentavano progressi esponenziali nella tecnologia digitale degli effetti speciali. Ma di sequenze cosí incredibili ce n’erano a dir tanto otto, e costituivano la sostanza e la ragion d’essere del film; il resto di T2 è vuoto e derivativo, pura policelluloide mimetica.

Non è che T2 sia totalmente privo di trama o vergognoso -  e bisogna ammettere che è nettamente superiore alla maggior parte dei porno-blockbuster a effetti speciali che lo hanno seguito. Semmai la narrazione drammatica di T2 è furbetta, stereotipata e calcolatrice, in poche parole un tradimento spaventoso al Terminator 1 del 1984. T1, che era il primo lungometraggio di James Cameron, aveva un budget modesto ed è stato uno dei due migliori film d’azione americani di tutti gli anni Ottanta2, era un’opera di luddismo metafisico cupo, cinetico all’inverosimile e quasi geniale.

Ricordate che siamo nel 2027 d. C., che nel 1997 c’è stato un olocausto nucleare e che ora a governare sono macchine guidate da un chip, e “Skynet”, diabolus ex machina arcontico, elabora un tipo limitato di tecnologia per viaggiare nel tempo e rispedisce un A.Schwarzenegger ora classicamente cyborgiano nella Los Angeles del 1984 per scovare e Terminare una certa Sarah Connor, aspirante madre del futuro leader della “Resistenza” umana, certo John Connor3; ma a quanto pare la stessa Resistenza ottiene un-accesso- unico alla tecnologia per viaggiare-nel-tempo di Skynet e rispedisce nelle stesse coordinate spazio-tempo un ufficiale della Resistenza, l’eternamente sudato ma tostissimo e pieno di risorse Kyle Reese, per cercare disperatamente di proteggere Sarah Connor dalle avance profilattiche del Terminator4, e cosí via.

È vero che lo Skynet di Cameron è fondamentalmente l’Hal di Kubrick e che buona parte dei paradossi dei viaggi nel tempo di T1 sono la rielaborazione di alcuni temi piuttosto comuni dell’era fantascientifica di Bradbury, ma Terminator ha comunque molti motivi per essere caldeggiato. C’è la scelta ispirata del malvagiamente cyborgiano Schwarzenegger nella parte del malvagiamente cyborgiano Terminator, ruolo che ha reso Ahnode una superstar e per il quale era in tutto e per tutto perfetto (per esempio, perfino il suo stupido accento austriaco a 16 giri/min aggiungeva una piccola sfumatura robofascista perfetta al dialogo del Terminator5).

C’è la prima delle due grandi protagoniste d’azione6 di Cameron in Sarah Connor, che una Linda Hamilton dagli occhi limpidi e le labbra letali trasforma nell’unica grande interpretazione della sua carriera.

C’è l’aspetto ottuso, unto, meravigliosamente da macchina degli effetti speciali automatizzati di Terminator7; ci sono l’illuminazione da noir e il ritmo da Dexedrina che compensano ingegnosamente il budget basso e riescono a stabilire un clima esilarante e claustrofobico allo stesso tempo. E poi la storia di T1 ruotava intorno a una meravigliosa ironia della sorte tipo Appuntamento a Samarra: nel corso del film scopriamo che Kyle Reese in realtà è il padre di John Connor9, e che se Skynet non avesse costruito la sua nebulosa macchina del tempo e mandato indietro il Terminator, nell’84 non sarebbe tornato nemmeno Reese per mettere incinta Sarah C. Questo implica anche che nel frattempo, nel 2027 d. C., John Connor ha dovuto mandare quello che sa essere suo padre in una missione che sa destinata a risolversi nella morte dell’uomo e nella sua (cioè di J. C.) nascita. Un ironico groviglio che è allo stesso tempo freudiano e testamentale e straordinariamente fico per un film d’azione a basso budget.

Il suo sequel ad alto budget aggiunge un solo paradosso ironico al miscuglio di Terminator: in T2 veniamo a sapere che il “chip nettamente evoluto”10 sul quale la Cpu di Skynet è (sarà) basata, in realtà veniva (viene) dal cranio denudato e idraulicamente schiacciato del defunto Terminator di T1… nel senso che il tentativo di Skynet di modificare il corso della storia provoca non solo la nascita di John Connor ma quella dello stesso Skynet. Tutti gli altri aspetti ironici e i paradossi importanti di T2, però, purtroppo sono involontari, generici e tristanzuoli.

Notate, per esempio, il fatto che Terminator 2. Il giorno del giudizio, un film sulle conseguenze disastrose dell’eccessivo affidarsi alla tecnologia informatica da parte degli umani, mostra a sua volta una dipendenza dall’informatica mai vista. La “Industrial Light and Magic” di George Lucas, subappaltata da Cameron per realizzare gli effetti speciali di T2, ha dovuto quadruplicare le dimensioni del suo settore di computer grafica per le sequenze del T-1000, sequenze che hanno anche richiesto specialisti dell’immagine digitale venuti da tutto il mondo, trentasei modernissimi computer Silicon Graphics e terabyte di programmi software inventati appositamente per il morphing senza suture, i movimenti realistici, le “tute fascianti” digitali, la compatibilità con gli sfondi, la coerenza con le luci e la grana della pellicola, ecc. E non c’è dubbio che tutto il lavoro in laboratorio abbia pagato: nel 1991, gli effetti speciali di Terminator 2 sono stati i piú spettacolari e realistici di tutti i tempi. Nonché i piú costosi.

T2 è dunque anche il primo e migliore esempio di una legge paradossale che sembra adattarsi all’intero genere del Porno a Effetti Speciali. Si chiama Legge del Costo e della Qualità Inversi (Lcqi): dice molto semplicemente che quanto maggiore il budget di un film, tanto piú il film farà schifo. Il caso di T2 dimostra che la Lcqi trae molta della sua forza dalla semplice logica finanziaria. Un film che costerebbe centinaia di milioni di dollari11 avrà un appoggio finanziario se e soltanto se i suoi investitori potranno avere la certezza assoluta  -  e dico assoluta  -  di riavere indietro come minimo le loro centinaia di milioni di dollari.

Cioè, un film con un megabudget non deve fallire  -  e qui “fallimento” significa non sbancare il botteghino  -  e perciò deve attenersi a determinate formule rigorosissime e già collaudate perché il successo al botteghino sia assicurato. Una tra le piú affidabili di queste formule prevede di scritturare una superstar “bancabile” (cioè che nel curriculum abbia film recenti con un Roi alto). Perciò lo studio si accolla gli effetti speciali digitali furiosamente sofisticati e costosi di T2 solo se Arnold Schwarzenegger accetta di riassumere il ruolo di Terminator. Gli aspetti ironici però cominciano ad accumularsi, perché salta fuori che Schwarzenegger -  o sarebbe piú corretto dire la “Schwarzenegger Inc.” o “Ahnodyne”  -  ha deciso che interpretare altri cyborg malvagi comprometterebbe l’immagine di attore protagonista insita nel suo curriculum esclusivo e bancabile di Roi. Farà il film soltanto se la sceneggiatura di T2 verrà architettata in modo da far diventare Terminator il Buono di turno. Non è solo una cosa vanesia, stupida e di un’ingratitudine sconvolgente; è anche risaputa da tutti, debitamente dichiarata sia fra gli addetti ai lavori sia il temine tecnico usato quando vengono restituiti i soldi con l’aggiunta di un piccolo extra che rende investire in un film un investimento decente è Roi, che sta per “ritorno sugli investimenti” dai media di intrattenimento popolare prima che T2 venisse anche solo messo in produzione.

Di conseguenza c’è una strana tensione postmoderna nel modo di guardare il film: sappiamo quali pretese ha accampato la star bancabile, e sappiamo quanto costa il film e quanto siano importanti le star bancabili per i film a grosso budget; e perciò una delle poche cose che ci tiene sulle spine durante il film è non sapere se James Cameron sia riuscito a tessere una narrazione plausibile e non dozzinale che assecondi le esigenze della carriera di Schwarzenegger senza tradire il precedente di T1.

Cameron non ci riesce, o almeno non riesce a evitare il dozzinale in dosi massicce. Non dimentichiamo la premessa da cui parte per T2: Skynet usa di nuovo i suoi (a quanto pare non cosí limitati) dispositivi per viaggiare nel tempo, stavolta per rimandare un Terminator T-1000 di metallo liquido molto piú avanzato nella Los Angeles degli anni Novanta, stavolta per uccidere il decenne John Connor (interpretato dall’irritantissimo Edward Furlong, la cui voce continua a gracchiare adolescenzialmente e che ha chiaramente piú di dieci anni), solo che l’intrepida Resistenza umana ha non si sa come catturato, sottomesso e “riprogrammato” un vecchio Terminator modello-Schwarzenegger  -  resettando l’interruttore della sua Cpu e spostandolo da terminare a proteggere, a quanto pare -  e poi non si sa come si è guadagnata di nuovo l’accesso alla tecnologia di viaggio-nel-tempo di Skynet15 e spedito indietro il Terminator Schwarzenegger per proteggere il giovane J. C. dai progressi infanticidi del T-100016.

La premessa di Cameron è finanziariamente astuta e artisticamente desolante: permette alla narrazione di T2 di sferragliare lungo i binari di ogni possibile formula consumistica. Non esiste, per esempio, accesso piú immediato e semplice al cuore del pubblico che presentare un bambino innocente in pericolo, e ovviamente proteggere un bambino innocente dal pericolo è Eroismo nella sua veste piú generica. La premessa di Cameron consente anche al centro emotivo di T2 di costituirsi sul “legame” fra il bambino e il Terminator, che a sua volta consente ogni possibile trucchetto noto e affidabile.

Cosí facendo T2 ci offre un’esplorazione stereotipata di aspetti come il conflitto fra Sentimento e Logica (terreno già minato fino allo sfinimento da Star Trek) e fra Umano e Macchina (terra  zappata in ogni sua zolla da Lost in Space a Blade Runner a RoboCop) oltre a sfruttare la buona vecchia formula Alieno- Robot-Impara-Usanze-e-Psicologia-Umane-da-Essere-Umano-Sarcastico-e/o-Precoce-ma-Fondamentalmente-Buono-con-il-Quale-Stringe-un-Legame (vedi Il mio amico marziano, E. T., Starman, Fratello di un altro pianeta, Bigfoot e i suoi amici, la serie televisiva Alf, piú o meno ad infinitum).

Ecco allora che l’ottantacinque per cento di quanto in T2 non siano sequenze con effetti speciali digitali allucinanti ci ammorba con dialoghi tipo: “Perché piangete?” e “Che fico! Il mio Terminator privato!” e “Puoi imparare roba che non hai in memoria per poter diventare, diciamo, piú umano e un po’ meno imbranato?” e “Che ficata!” e “Non puoi girare ammazzando la gente cosí” e “È tutto ok, mamma, è qui per aiutarci” e “Ora capisco perché piangete, ma io non potrei mai farlo”; oltre al finale mostruoso in cui Schwarzenegger stringe John in un abbraccio cyborgiano e poi si immerge di sua spontanea volontà nell’acciaio fuso per proteggere l’umanità dalla sua Cpu a rete neurale, sollevando un pollice fonziano mentre affonda sotto la superficie, e i due Connor si abbracciano e soffrono, e poi la povera Linda Hamilton  -  il cui ruolo in T2 richiede non solo che dia l’impressione di non avere fatto altro che il Nautilus negli ultimi sette anni, ma anche che continui a sbraitare e sfoderare i denti dicendo cose tipo: “Non fare lo stronzo!” e “I maschi come te [...] non capirete mai cosa significa veramente creare!” e a recitare semi-impazzita per lo stress paramilitare spingendola ben oltre le sue capacità attoriali e dando come risultato quella che sembra piú una parodia di Faye Dunaway in Mammina cara  -  è costretta a rivolgerci quello stupido: “Il futuro, di nuovo ignoto, scorre verso di noi. E io lo affronto per la prima volta con un senso di speranza. Perché se un robot, un Terminator, può capire il valore della vita umana, forse potremo capirlo anche noi” con voce fuori campo a fine film.

Il punto è che roba insulsa da mettersi le mani nei capelli come questa carica di un peso ancora maggiore gli effetti speciali di T2, costretti a essere cosí strabilianti da distrarci dal vuoto stereotipato al centro della storia, il che a sua volta significa che richiedono ancora piú denaro e attenzione registica. Un ciclo di questo tipo è sintomatico dell’insidioso triplice circolo che caratterizza il Porno a Effetti Speciali:

1) Strabilianti effetti dinosauro/tornado/vulcano/Terminator digitali che consumano quasi tutta l’attenzione
creativa del regista e richiedono un massiccio impegno economico da parte dello studio;
2) Il conseguente bisogno di garantire un Roi da milioni di dollari, che comporta gli elementi stereotipati e un facile sentimentalismo tali da assicurare il gradimento di massa (che in piú si traduca facilmente in altre lingue e culture, per le importanti vendite all’estero…);
3) Un regista  -  spesso uno che ha dimostrato grande talento in film precedenti e meno costosi  -  ormai cosí consumato dal desiderio di realizzare le sue spettacolari visioni digitali, e cosí dipendente dai soldi dello studio per ottenere gli effetti speciali, da non avere né la voce in capitolo né l’energia per battersi in nome di trame/tematiche/personaggi piú interessanti o originali; e perciò produce i due piú importanti corollari alla Legge del Costo e della Qualità Inversi:
(Lcqi (a)): Quanto piú sono lauti e spettacolari gli effetti speciali di un film, tanto piú quel film farà schifo sotto tutti gli aspetti che non riguardino gli effetti speciali. Come ovvio esempio a sostegno di Lcqi(a), vedi le righe 1-2 del presente articolo e/o anche Jurassic Park, Independence Day, Forrest Gump, ecc.

(Lcqi (b)) Non c’è modo piú rapido o efficace di uccidere quanto c’è di interessante e originale in un giovane regista interessante e originale che dare a quel regista un budget enorme e laute risorse per gli effetti speciali. Il numero di esempi a sostegno di Lcqi (b) fa riflettere. Date uno sguardo, per dire, alle differenze fra El Mariachi, suonatore di chitarra di Rodriguez e il suo Dal tramonto all’alba, fra Speed e Twister di De Bont, fra Brazil L’esercito delle 12 scimmie di Gilliam, fra Il buio si avvicina e Strange Daysdella Bigelow.

O fate un diagramma dell’ascesa commerciale e del declino artistico di Cameron da T1 e Aliens passando per T2 e Abyss fino a  -  Dio ci scampi  -  True Lies. I media di intrattenimento popolare riferiscono che il nuovo Titanic di Cameron, attualmente in post-produzione, è (ancora una volta) il film piú costoso e tecnicamente ambizioso di tutti i tempi. In previsione della sua uscita una nazione sta già alzando il prezzo di impermeabili e lubrificanti.

(1998)
(c) 2012  David Foster Wallace Literary Trust

gracias

Ritratto di Calvero

Apprezzo molto, Hrabal, questo intervento. L'ho letto avidamente e lo sottoscrivo in ogni passaggio. Ma soprattutto grazie, perché questo articolo aggiunto da Te ha dato luce a quanto io stesso non sono stato capace di argomentare se non in modo embrionale. Direi che le due cose ora si fondono e ai lettori de Il Portico viene data una visone di insieme più accurata e più penetrante.

Articolo falsamente esaustivo.

Ritratto di Pike Bishop

Andrebbe tutto bene, se non fosse per una mancanza cosi' immensa da mandare tutto l'articolo aramengo e passarlo direttamente nel dimenticatoio.  Un tale, in Italia, ha avuto, senza appoggi - o meglio fidandosi del possibile appoggio di figli di buona donna locali che sono stati i suoi boia, vatti a fidare dei fasci - il coraggio supremo di scrivere chiarissimo, terminando per sempre la finzione ammericana (ma loro hanno terminato lui).  Non sara' mai abbastanza lodato, anche postumamente.  Io che sono un po' piu' coperto, comunque non faccio il nome perche' i miei cugini dall'altra parte della pozzangera sono una noia, coi loro cazzi di motori di ricerca.  Ma lo cito con gusto:

Ecco creata la ben nota Retorica di Stato americana. Essa è, appunto, ben nota perché è propagandata con straordinari mezzi e intensità in tutto il mondo.
Il compito non è affidato all'improvvisazione di qualche benintenzionato: c'è un'Agenzia federale apposita, che si occupa statutariamente solo di questo, l'USIA. L'United States Information Agency è stata creata nel 1953 con lo scopo di "influenzare le attitudini e le opinioni del pubblico estero in modo da favorire le politiche degli Stati Uniti d'America, e di descrivere l'America e gli obiettivi e le politiche americane ai popoli di altre nazioni in modo da generare comprensione, rispetto e, per quanto possibile, identificazione con le proprie legittime aspirazioni". In parole povere propaganda, solo propaganda, niente altro che propaganda: l'USIA ha il compito di diffondere all'estero l'immagine che si vuole degli Stati Uniti, proprio quella della Retorica di Stato sopra delineata, all'unico e solo scopo di mascherare la vera politica estera del paese.
La sede centrale dell'USIA, che dipende dal Segretario di Stato e cioè dal Ministero degli Esteri, è ora al 301 IV South West Street di Washington ed il suo attuale direttore si chiama Joseph Duffey. È un'Agenzia federale pubblica nell'esistenza, ma segreta nell'operatività, esattamente come la CIA.
Attualmente può contare su un budget che si aggira intorno ai 3 bilioni di dollari ed impiega sui 30.000 (trentamila) dipendenti, che gestiscono più di 300 centrali operative in più di cento paesi. L'USIA possiede suoi mezzi di informazione sparsi per il mondo, alcune centinaia tra riviste, giornali, fumetti, case discografiche, emittenti televisive locali, stazioni radio (sua è la VOA, Voice of America) e così via con i media.
Il principale, strumento di lavoro dell'USIA è però il controllo del mondo mediale statunitense e dei suoi prodotti, perché questi poi vanno a finire in tutto il mondo, influenzando in modo decisivo l'opinione che all'estero ci si fa degli Stati Uniti.

Propaganda di Stato

Ora possiamo finalmente tornare a Hollywood. I suoi film, esportati in tutto il mondo, hanno una straordinaria importanza nel determinare l'immagine che all'estero ci si fa degli Stati Uniti; anzi, nella grandissima maggioranza dei casi, essi sono l'unico mezzo con cui la gente nel mondo si forma tale immagine. Hollywood quindi non poteva essere lasciata libera di creare i suoi prodotti, seguendo solo una logica di mercato: doveva essere guidata, portata a conciliare tali esigenze con quelle della propaganda governativa.

L'asservimento di Hollywood alle esigenze della propaganda di Stato americana è una storia documentata. Agli inizi Hollywood crebbe in pace e autonomia: non si aveva ancora idea della sua formidabile importanza politica. Essa iniziò ad attrarre l'attenzione dell'establishment negli anni Trenta, quando produsse alcune pellicole di contenuto "sociale", in linea con la politica apparente del New Deal del presidente Roosevelt ("apparente" perché in realtà Roosevelt non aveva alcuna intenzione riformistica; voleva solo salvare il regime oligarchico da una rivoluzione dovuta all'eccesso di miseria portato dalla Grande Depressione del 1929, ma, né fu scoperto dagli intellettuali, né fu capito dal grosso dell' establishment: era troppo astuto per entrambi).
La tendenza fu acuita dall'arrivo negli Stati Uniti a partire dal 1936, e in particolare a Hollywood, California, di molti intellettuali tedeschi "progressisti" che fuggivano dal nazismo, come Bertolt Brecht, Thomas Mann, Erich Fromm, Theodor Adorno, Herbert Marcuse, Hans Eisler, Fritz Lang, Billy Wilder e vari altri. In questo periodo la Frontier Film, per la quale lavorava anche il regista Elia Kazan, produsse dei documentari fortemente caratterizzati sul piano sociale, come The Plow that Broke the Plaints e The River di Pare Lorentz, che insospettirono l'establishment, mentre Blockade (Marco il ribelle) di William Dieterle del 1938, Grapes of Wrath (Furore) di John Ford del 1939 e Man Hunt (Duello mortale) di Fritz Lang del 1941 suscitarono aperte proteste in ambienti politici.

Ma poi ci fu la guerra. Durante la guerra Hollywood partecipò massicciamente allo sforzo propagandistico del governo; vi si impegnarono, in genere con documentari, registi come Capra, Ford, Huston, Wyler, e furono prodotti film come Pride of the Marines, Mission to Moscow, Sahara, Action in the North Atlantic, Song of Russia, Tender Comrade, Hitler's Children, Thirty Seconds Over Tokio.
Ciò rese benemerenze a Hollywood, anche se Edgar J. Hoover immediatamente protestò per Mission to Moscow, ma anche dimostrò in pieno la sua tremenda potenzialità politica, la sua capacità unica di influenzare il pubblico mondiale. In più nell'immediato dopoguerra, accoppiando l'esperienza fatta nei documentari di guerra con l'esempio del cinema neo-realista italiano (Roma città aperta, Ladri di biciclette, Paisà ecc.), Hollywood produsse molti film sul tipo neo-realista, e di impegno e denuncia sociale, che ebbero un grande successo di pubblico sia negli Stati Uniti che all'estero; alcuni esempi sono The Best Years of our Lives di William Wyler, Crossfire di Edward Dmytryk, Lost Weekend di Billy Wilder, Snake Pit di Anatole Litvak, Kiss of Death di Henry Hathaway, Brute Force di Jules Dassin, Smash-up di Stuart Heisler, Gentleman's Agreement di Elia Kazan, tutti usciti fra il 1945 e il 1947.
Non erano film politici e tantomeno di propaganda politica; trattavano temi reali di gente reale: problemi di reinserimento per reduci, odio razziale, situazioni carcerarie, malattie psichiatriche. Erano realisti, raccontavano la società - americana - così com'era. Ma era proprio questo il problema: Hollywood andava assolutamente posta sotto controllo, non doveva più produrre film del genere. Ormai si era anche chiarito come bisognava procedere.

La legislazione americana scritta garantiva - come ancora certamente garantisce - la libertà di parola e di espressione. Non si poteva istituire un ufficio centralizzato governativo di censura cinematografica, un Minculpop. Bisognava fare capire a Hollywood come si desiderava che si comportasse, trovare in quest'ottica una scusa emblematica per tormentarla sino ad ottenere la sua completa e volontaria, democratica, sudditanza. Dai numerosi e sempre meno timidi tentativi fatti a partire dal 1930 si era capito che tale scusa poteva essere l'esigenza di scoprire i comunisti che lavoravano in un'industria così sensibile come Hollywood. In realtà non si dovevano colpire i comunisti di Hollywood, o almeno non loro in primis. Questi erano pochissimi, solo qualche sceneggiatore come Dalton Trumbo e Paul Jarrico, qualche scrittore di testi come John Lawson e Albert Maltz, qualche regista come Robert Rossen e Herbert Biberman e qualche attore come Howard Da Silva e Anne Revere, e non avevano quasi influenza alcuna sui film prodotti.
E poi erano dei comunisti all'acqua di rose, entravano e uscivano dal partito a seconda se piaceva o no l'ultima mossa internazionale dell'URSS; tranne che nel caso di Lawson non erano affatto degli attivisti, ma giusto dei simpatizzanti a parole e solo in certi periodi.
Si dovevano colpire i molto più numerosi e determinanti progressisti, o liberali, elementi che senza essere affatto comunisti erano però sensibili a istanze o argomenti sociali, o erano semplicemente intelligenti, e che avevano sia la tendenza che la capacità di influenzare, di conseguenza, i lavori cui partecipavano. Soprattutto, e naturalmente, si dovevano convincere i produttori ad eliminare pellicole di un certo tipo, anche se economicamente remunerative.
 

dove

Ritratto di Calvero

Non ho capito perché tutto l'articolo dovrebbe andare aremengo. Non è mica stato impostato per dara a quest'opera una verginità; la sua priorità sono gli stilemi e una disamina sul linguaggio cinematografico in sé, principalmente di carattere tecnico. Poi nessuno, tantomeno io, come opera, l'ho esulata dalla propaganda.

Articolo incompleto

Ritratto di Dusty

Calvero ha scritto:

Non ho capito perché tutto l'articolo dovrebbe andare aremengo.

Così ad occhio mi pare che Pike si riferisse all'articolo riportato da hrabal, ma lascio a lui la conferma :)

Non era il tuo di articolo, era quell'altro!

Ritratto di Pike Bishop

Come ha ben capito Dusty, non stavo parlando dell'articolo di Calvero, ma di quello postato ad approfondimento.  Pensavo che fosse chiaro, ma evidentemente non lo era, perdonate l'equivoco.

ok

Ritratto di Calvero

... chiarito .. aiò :)

ok,  l'articolo che ho

ok,  l'articolo che ho riportato non voleva certo esprimere alcuna verita' assoluta, ma restando nei limiti della definizione di un linguaggio, ne riportava un punto di vista differente, di uno che magari viveva in quel mondo imbevuto di propaganda, ma  che,  a suom modo,ne metteva a nudo le dinamiche.

la questione del linguaggio, di come muta il lessico della propaganda, non mi sembra affatto secondaria; la polvere sottile alzata dalle modificazioni della narrazione, penetrano molto piu' in profondita' dei dictat di qualsivoglia autorita' predisposta alle manipolazioni.

a me sembra che l'articolo di wallace narri da un punto di vista interno quello che clavero ha descritto da un punto di vista esterno, e come per magia le due descrizioni si completano a vicenda. Il primo definendo  l'istituzione di un nuovo paradigma di narrazione holliwoodiana, il secondo presentando una delle ultime resistenze a questa nouvelle vague cinematografica.

niente piu' di questo.

 

ok nr.2

Ritratto di Calvero

Credo che l'andare aramengo sia rivelato nell'ottica che tutto ciò sia una conseguenza di ciò che a monte comunque inficiava pesantemente tutto quel che ne sarebbe conseguito. Anche perché a livello di linguaggio cinematografico di ogni opera le furberie e le strategie interne per accalappiare il pubblico sono state ottime informazioni vederle rivelate in questo senso, anche quando si spiega il concetto di "pornografia" è molto interessante; riesce a darci una lente di ingrandimento in più quando, da spettatori, rimaniamo in balia di questi liguaggi. Personalmente continuo ad apprezzare - a prescindere - il tuo intervento. 

Solo per ringraziare Calvero,

Ritratto di Music-Band

Solo per ringraziare Calvero, Pike, Hrabal per le riflessioni davvero interessanti... Ho un Deja-Vu, una specie di salto quantico all'indietro che mi ha riportato alle intelligenti, piene di spunti riflessivi e profonde discussioni di un sito che ci piaceva intorno al 2004 o giù di lì...

Il punto di vista interno

Ritratto di Pike Bishop

ok,  l'articolo che ho riportato non voleva certo esprimere alcuna verita' assoluta, ma restando nei limiti della definizione di un linguaggio, ne riportava un punto di vista differente, di uno che magari viveva in quel mondo imbevuto di propaganda, ma  che,  a suom modo,ne metteva a nudo le dinamiche.

 

Andrebbe benone, se non fosse che SCEGLIENDO (perche' dall'interno non si puo' non esserne consapevoli) di ignorare l'aspetto basilare, quello della propaganda, tutte le tesi dell'articolo vengono totalmente falsate.  Infatti l'articolo citato da hrabal (per molti versi molto interessante), ci fa credere che certe politiche industriali vengano prese all'interno di un sistema capital/liberistico, mentre invece le scelte vengono pianificate dal Politbureau nei loro piani decennali e tengono poco conto (se non in maniera secondaria) del Mercato.  Ovviamente il Mercato ha la sua importanza, ma il vero finanziamento e' la mancanza di tassazione (ottenuta con escamotages vari) e la possibilita' di usufruire gratuitamente di strutture federali e militari di ogni tipo.  Di fronte ad un tale vantaggio anche il piu' idiota cinematografaro idiota ed incapace (vorrei fare nomi ma poi Calvero mi si rattrista) puo' fare un film che finisca quasi in pareggio contabile.

Se non si fa notare questa importante fonte di finanziamento, facilitazione e distribuzione agevolata, tutta l'impalcatura del ragionamento sulla preminenza di una tecnica o di un processo nei confronti di un'altra cade, perche' esse sono funzionali al tipo di prodotto che i finanziatori PRETENDONO che sia distribuito.

Se questa mancanza e' per un articolo di Calvero un peccato veniale (non piu', da questo momento wink) in un articolo di qualcuno che parla dall'interno del settore e' un peccato mortale.

 

PS avevo dimenticato la citazione, cosi' l'ho aggiunta alle 1414.

of course nr2

Ritratto di Calvero

Credo di essere d'accordo, probabile che io non mi sappia spiegare meglio, ma l'ho scritto qui ...

Calvero ha scritto:

.... nell'ottica che tutto ciò sia una conseguenza di ciò che a monte comunque inficiava pesantemente tutto quel che ne sarebbe conseguito...

 

Le cose interessanti rimangono nell'ottica di comprendere chiamiamoli i "sottogiochi"? 

Per quel che concerne il mio possibile rattristarmi non sono un orgoglioso in questo senso :) al lilimite testardo, nel senso che io stesso dall'adolescenza ad ora, che a novembre inizierò il cammino verso i 44 (non gatti), .. ho lasciato molto per strada delle mie idee sul cinema. Quello di cui sono certo è invece la difficoltà nello spiegare il concetto che si riassume nell'adagio de "le strade per il signore sono infinite" .. che è una Legge cui neanche il Cinema si sottrae; ci sono verità che il cinema veicola al di là degli stessi intenti autoriali e di propaganda e hanno una dignità e un amore imprenscindibile che si sgancia da ogni tipo di proposito causale.

Domanda involontariamente provocatoria

Music-Band ha scritto:

Solo per ringraziare Calvero, Pike, Hrabal per le riflessioni davvero interessanti... Ho un Deja-Vu, una specie di salto quantico all'indietro che mi ha riportato alle intelligenti, piene di spunti riflessivi e profonde discussioni di un sito che ci piaceva intorno al 2004 o giù di lì...

Snobismo o nostalgia dei tempi andati?

Perché luogocomune vi disgusta così tanto? 

Secondo me i nuovi utenti di Mazzucco non sono che vittime. Ricordate Bernini del M5S? Sono esattamente come lui; hanno coscienza di qualcosa che non va ma non hanno gli strumenti (o la volontà?) di verificare la veridicità di una notizia. 

Ho fatto in modo di riassumere il più possibile.

En passant, ottimo articolo seguito come sempre da acute riflessioni.

Risposta volontariamente provocatoria

Ritratto di Music-Band

Chi mai ha nominato Luogocomune?

Nessun snobbismo comunque, meno ancora disgusto...

Capisco

Music-Band ha scritto:

Chi mai ha nominato Luogocomune?

Nessun snobbismo comunque, meno ancora disgusto...

Capisco. Solo nostalgia, avrei dovuto immaginarlo.

Se una condizione di "perfezione" primigenia è andata perduta con il passar del tempo, nulla vieta di fare ciò che state facendo ora qui sul Portico, ovvero ricostruire quell'"utopia" perduta. 

Spero si continui di questo passo.

Brother Bill

Ritratto di Pike Bishop

Schattenjager ha scritto:

Spero si continui di questo passo.

Ci puoi scommettere l'ultima camicia pulita di tuo fratello Guglielmo (dotta citazione 1 ) 2 3

Andrebbe benone, se non fosse

Andrebbe benone, se non fosse che SCEGLIENDO (perche' dall'interno non si puo' non esserne consapevoli) di ignorare l'aspetto basilare, quello della propaganda, tutte le tesi dell'articolo vengono totalmente falsate.

Se questa mancanza e' per un articolo di Calvero un peccato veniale (non piu', da questo momento wink) in un articolo di qualcuno che parla dall'interno del settore e' un peccato mortale.

 

Il punto di vista interno, quello che penso sia di wallace, si muove prorpio sulla infida base della propaganda, il cinema come prodotto industriale di manipolazione della massa non puo' certo prescindere da essa, tanto meno il cinema americano... lui non affronta diretatmente la questione ma certamente ne illustra alcuni meccanismi, Non ho alcuna idea delle ragioni della sua SCELTA, e in realta' non mi interessano neanche un po', quello che mi interessava invece era la strana e significativa corrispondenza tra i piani di ragionamento di clavero e di wallace, che andavano a individuare alcune subdole variazioni sul tema della rappresentazione.

Secondo me denudare alcuni meccanismi, puo' avere piu' forza di penetrazione del semplice acclarare una verita', che per alcuni e' palese e magari per moltitudini no. Non lasciare spazio al quel necessario lavoro di interiorizzazione di concetti e informazioni significa di fatto fare altra propaganda, nel senso del  fruire passivamente quello che ci viene offerto da una piu' o meno rilevante autorita'.

Non me la sento di esprimere un giudizio "morale" sull'autore di quell'articolo, e non intendo criticare le sue omissioni, ma semmai ho preso quello che c'era di buono e stimolante nelle sue argomentazioni e ho cercato di farlo mio. Che poi si possa discutere del perche' di certe cose non si parla, certo che si puo', ma andando oltre quell'articolo e approdando ad altri lidi.

e' strano poi... tu hai appena postato un illuminate articolo con la traduzione di quel testo sul tirocionio del perfetto schiavista, e su come va in profiondita' la manipolazione, una profondita' generazionale, terrificante. Gli schiavi di un tempo sapevano di  avere un padrone, gli schiavi di ora si illudono magari di essere padroni di se stessi, ma in fondo lo sanno di essere tali, schiavi di padrone ignoto... solo questa la differenza... e se anche gli dici ecco guardalo e' lui il tuo padrone... che fanno? lo uccidono magari... ma non smetteranno di esserene schiavi, perche' sono schiavi dentro... Cosi' credo che l'unico modo per liberasi e' quello di lavorare sui piccoli dettagli, smontarsi pezzo a pezzo, decostruirsi, e dimenticarsi nel senso borgesiano del prorpio padrone.. e quel punto ma solo a quel punto rivendicare la propria liberta'... Io credo che il minimale articolo di wallace, come quello di Clavero,  siano un piccolo passo in questa direzione, infinitesiamale ma onesto, un punto di vista diverso e rivelatore sui nostri oggetti quotidiani.

 

 

 

"le strade per il signore

"le strade per il signore sono infinite" .. che è una Legge cui neanche il Cinema si sottrae; ci sono verità che il cinema veicola al di là degli stessi intenti autoriali e di propaganda e hanno una dignità e un amore imprenscindibile che si sgancia da ogni tipo di proposito causale.

e' la legge della vita... le cose accadono imprevidibilmente a prescindere di ogni tentativo di controllo... se non accadranno piu', sara' la morte...

...ci sono verità che il

Ritratto di Music-Band

...ci sono verità che il cinema veicola al di là degli stessi intenti autoriali e di propaganda...

Mi permetto di dissentire da questa affermazione; nonostante io sia un amante del cinema, avendolo studiato per lavoro (oltre che per diletto), ci tengo a ricordare che un film per definizione non veicola verità ma finzione.

Il cinema è una simulazione della realtà e per essere efficace, per colpire cioè il cuore dello spettatore, deve necessariamente usare tutti i trucchi e gli inganni a disposizione del regista per riuscire a fare in modo che il pubblico creda a ciò che sta vedendo sospendendo per un'ora e mezza il giudizio critico e lasciare spazio esclusivamente alle reazioni emotive.

Il regista, come giustamente affermato da Martin Scorsese, non è ne più ne meno che un illusionista; il suo scopo è quello di distrarre e ingannare continuamente il pubblico, il suo successo dipende da questa abilità.

Nei miei studi sulla propaganda mi sono imbattuto in un interessante libro di Matteo Rampin, in cui l'autore descrive ogni tecnica di propaganda paragonandola a una tecnica da illusionista. Ognuna di queste tecniche a sua volta può essere affiancata a una delle tecniche cinematografiche. Distrazione, simulazione, abilità di manovrare gli stati emotivi essendo quelli che permettono di scavalcare il pensiero critico e razionale.

Detto questo, è ovvio che ci sono individui che utilizzando questa arte, intendono "dire qualcosa", comunicare i loro pensieri o il loro sentire. Esprimere concetti che inducano una riflessione nel pubblico. Ma per farlo devono sempre trasformarsi in registi, cioè in illusionisti.

Gli stessi dialoghi per colpire la sensibilità di chi assiste devono essere recitati e resi credibili da personaggi che in quel momento ritieni "attendibili", nei quali ti puoi identificare; altrimenti la "magia" non funziona e invece di riflettere pensi che stai assistendo a una vaccata.

 

complimenti

Ritratto di Calvero

Intanto, c'è da dire che apprezzo molto gli interventi di tutti. Sembra di respirare aria d'alta montagna. Scambi proficui e corroboranti e quant'è bello dirlo con tutta la forza: - di là di ragioni e/o torti.

Trovo ficcante e bellissimo questo passaggio di Hrabal (che mi fa piacere mi chiami ancora Clavero, lui sa perché :) )

Citazione:
 Secondo me denudare alcuni meccanismi, puo' avere piu' forza di penetrazione del semplice acclarare una verita', che per alcuni e' palese e magari per moltitudini no. Non lasciare spazio al quel necessario lavoro di interiorizzazione di concetti e informazioni significa di fatto fare altra propaganda, nel senso del  fruire passivamente quello che ci viene offerto da una piu' o meno rilevante autorita'.

Comunque. Capisco bene quel che vuoi dire Music, ma non sono d'accordo. Si sposta su di un altro piano ancora la questione. Il cinema è e sarà sempre un opera di illusionismo, compreso quando è soggiogato ad una determinata propaganda. Le conseguenza che il cinema ha di veicolare verità di là della sua rappresentazione, rimangono invariate. Altrimenti, come dice bene Hrbal, l'esistenza farebbe cortocircuito su sé medesima.

Non c'è film di propaganda più o meno sottile che ai cuori pronti per mettersi in discussione non dia il messaggio di rivoluzione che deve dare. Sono processi lenti o veloci, comunque sempre trascendenti la lunghezza di vita di un uomo. Che sia propaganda sfacciata (per un pubblico attento si intende) come quella di Salvate il Soldato Ryan o sottile come quella di V per Vendetta, oppure omologante come quella dei Batman di Nolan  ... comunque un opera, soprattutto quando ben fatta, non si esime dal dare contro le sue stesse intenzioni.

Il problema è anche da un'altra prospettiva da esaminarsi. Cosa che tutti gli scienziati dell'argomento (non lo dico in tono provocatorio) devono sempre più approfondire: - l'osservatore. Non solo come ricettore psicologico di segnali, ma anche come coscienza che trascende tutto. Mi spiace sembrarti magari relativista, ma ritengo Oscar Wilde non dicesse - affatto - frasi ad effetto quando scriveva che:

- "l'arte è tutta inutile" e in aggiunta che "è l'arte che imita la vita o la vita che imita l'arte?" aveva detto in un codice privo di morale, assolutamente privo, come va compreso il problema.

grazie Clavero... continuo...

grazie Clavero... continuo... continuo :)

comunque un opera, soprattutto quando ben fatta, non si esime dal dare contro le sue stesse intenzioni.

Il problema è anche da un'altra prospettiva da esaminarsi. Cosa che tutti gli scienziati dell'argomento (non lo dico in tono provocatorio) devono sempre più approfondire: - l'osservatore. Non solo come ricettore psicologico di segnali, ma anche come coscienza che trascende tutto.

 

Io credo che anche dal punto di vista della propaganda, dei signori della manipolazione, sia (ancora) assolutamente necessario che il cinema come ogni altra arte mantenga il suo stato vitale, che al suo interno si sviluppino dinamiche che vadano oltre il "copione"... Le conttraddizioi e le ambiguita' creano un piccolo spazio di liberta', piu' o meno illusoria, che avvolgono il messaggio e lo rendomo, masticabile dalle masse o dalle elite...

c'e' ancora vita nell'osservatore, e coscienza e questo costringe l'arte ad essere vitale se vuole essere efficace...

 

Non e' quel che si vede...

Ritratto di Pike Bishop

c'e' ancora vita nell'osservatore, e coscienza e questo costringe l'arte ad essere vitale se vuole essere efficace...

A giudicare dal cinema attuale, non si hanno troppi indizi ne' che ci sia ancora vita nell'osservatore (o nell'osservatore target dell'industria, gli altri i film non li guardano praticamente piu' se non per sparute eccezioni) ne tantomeno coscienza.  La propaganda sta funzionando benissimo nel reprimere queste caratteristiche dell'osservatore - il quale se osserva veramente e' passato ad altre forme culturali ed ha abbandonato il cinema - e nell'avere soppresso ogni forma di vitalita' nel media.  Se si sta parlando di Hollywood.  Ma se Hollywood piange, altrove non ridono...

E' infatti SEMPRE PIU' DIFFICILE sospendere il giudizio di fronte a roba che un pubblico adulto puo' solo trovare men che puerile e assolutamente carente dal punto di vista tecnico, nonostante le roboanti dichiarazioni del contrario, a meno di non essere cresciuti a videogiochi e non avere mai visto niente fatto decentemente, e come dice giustamente Music-Band senza la sospensione del giudizio la finzione e' impossibile, la prestidigitazione una barba totale (infatti i prestigiatori da palco si sono estinti) e tutta la baracca non vale il prezzo del biglietto.

Altro che arte.

Propaganda "sottile"?

Ritratto di Dusty

Calvero ha scritto:
sottile come quella di V per Vendetta

Sono sicuramente interessato ad un articolo che approfondisca il tema, se capita :)

...Capisco bene quel che vuoi

Ritratto di Music-Band

...Capisco bene quel che vuoi dire Music, ma non sono d'accordo. Si sposta su di un altro piano ancora la questione. Il cinema è e sarà sempre un opera di illusionismo...

E' quello che ho detto io no? Dov'è che non siamo daccordo?  smiley

Mi sono limitato alla contestazione dell'affermazione: "il cinema veicola verità". Poi tutte le argomentazioni collaterali sono complesse e richiedono vari livelli di approfondimento come fai notare. Anche se poi, come giustamente sottolinea Pike, allo stato attuale si arriva alla trasformazione del mezzo omologandolo a uno status di appiattimento e di semplice strumento per veicolare tutta una serie di concetti selezionati con cura.

Per chiarire meglio comunque il concetto che il cinema non può veicolare verità ma soltanto far riflettere sulla realtà (che è una cosa ben diversa), mi faccio aiutare dalle dichiarazioni di un regista e dalo spezzone di un suo film:

se disponete di una copia in DVD del film: "Contact" di Robert Zemeckis, seguendo la pellicola con attivato il commento audio del regista (per la mia gioia personale uno dei rari commenti sottotitolati in italiano da quella banda di bastardi che compongono la Warner Bros, probabilmente la peggiore tra le compagnie che creano e distribuiscono dvd nel nostro paese, visto che attuano una politica di totale menefreghismo e arrogante mancanza di rispetto nei confronti dell'acquirente cliente), si arriva a una parte del film molto interessante:

Zemeckis spiega che Contact, essendo il romanzo stato scritto da un astrofisico come Carl Sagan, voleva calarsi il più possibile nella realtà; intendeva cioè trasmettere al pubblico il più possibile un senso di verità. Per questo, una delle tante scelte, fu quella di utilizzare l'allora vero presidente degli Stati Uniti, Clinton, Nel film.

Clinton appare spesso in dichiarazioni televisive del tutto manipolate; cioè il regista si è sciroppato un sacco di interviste reali, scegliendo e rimontando quelle che gli servivano in modo da far dire a Clinton ciò che gli interessava.

Si arriva poi ad una sequenza (un piano sequenza che aiuta a rendere credibile quello che sta accadendo) in cui l'operatore video si trova all'interno della sala in cui il presidente tiene le conferenze per rispondere ai giornalisti; la camera documenta l'attesa dei giornalisti, poi si sposta ad inquadrare la porta secondaria dalla quale entra Clinton scortato dalle guardie del corpo (parzialmente nascosto con il volto non visibile) che si dirige verso il palco con il leggio dal quale parlerà. Nel momento in cui lo raggiunge, l'inqudratura (sempre in grandangolare) ha inquadrato anche uno dei tanti monitor presenti in sala, che sta vicino all'operatore e che mostra un'inqudratura fissa del leggio. Quindi, nel momento in cui il presidente arriva sul palco, si vede Clinton entrare nell'inquadratura fissa del monitor, sulla quale la ripresa poi si concentra abbandonando il campo largo della sala.

L'illusione è stata creata; il Clinton della sala che non si vede mai chiaramente in volto è un attore mentre quello che entra nell'inquadratura del monitor dando l'illusione che sia la stessa persona è il vero Clinton in una delle sue tante riprese reali. Quando Clinton parlerà, sarà un montaggio fatto ad arte per fargli dire quello che vuole il regista.

Due tecniche cinematografiche, una vecchia nata con il cinema e l'altra sofisticata e fatta al computer per manipolare i discorsi del presidente, sono state unite assieme per creare un'illusione pressochè perfetta.

La cosa interessante, è il commento di Zemeckis a questa sequenza. Il regista afferma di aver voluto girare questa scena perchè turbato dalle nuove possibilità offerte dalla tecnologia e dalla consapevolezza che ormai qualsiasi conferenza stampa o avvenimento che vediamo in tv può essere manipolato al fine di farci credere a qualsiasi cosa. Voleva quindi in qualche modo dimostrare come si poteva con relativa facilità e con trucchi anche molto vecchi (conoscendo cioè semplicemente il mestiere del cinema) mettere in piedi un'illusione assolutamente realistica. Curioso aggiungo, come successivamente, anni dopo, proprio Zemeckis si sia fatto promotore di avanzatissime tecniche CGI per sperimentare film che non contenessero più attori in carne e ossa ma soltanto simulacri realizzati al computer.

Ho voluto quindi contestare la frase: "Il cinema veicola verità" perchè è un equivoco non innocuo se ci pensi bene. Basta pensare alla TV stessa. Per la maggior parte della gente la TV è la verità. E' vero perchè lo ha mostrato la TV, perchè l'ho visto in TV.

Una frase davvero stupenda di Dusty che mi sono annotato è questa: Hollywood serve a ridefinire le leggi della fisica così poi la gente si convince di vivere in un cartone animato.

Io sono stato uno di quelli che davanti alle immagini della polverizzazione delle torri gemelle è rimasto talmente sbigottito da accettare acriticamente la prima spiegazione che hanno dato: "sono crollate perchè colpite dagli aerei". Il particolare che non sono solo ma crollate ma si sono letteralmente polverizzate non mi ha nemmeno sfiorato sul momento perchè l'emotività si occupava di tenere il cervello fermo al suo posto.

Se ci penso retroattivamente però, m rendo conto che c'è almeno un altro film in cui si vedono i grattacieli polverizzarsi in modo molto simile, uscito pochi anni prima dell'11 settembre; e sto parlando di Independance Day. Quindi anche se tu in quel momento non pensi al film che hai visto il tuo inconscio però fa certamente il collegamento: Ho già visto qualcosa di simile, quindi è possibile.

arte e vita

[quote=Pike Bishop]

A giudicare dal cinema attuale, non si hanno troppi indizi ne' che ci sia ancora vita nell'osservatore (o nell'osservatore target dell'industria, gli altri i film non li guardano praticamente piu' se non per sparute eccezioni) ne tantomeno coscienza.

 

I tuoi dubbi o le tue certezze su vitalita' e coscienza dell'osservatore sono molto piu' che fondati. Ho visto recentemente la Grande bellezza, e il pensiero che un film simile sia considerato un capolavoro, anche qui in Irlanda, fa alquanto senso... tuttavia la relazione tra arte (non solo il cinema naturalmente) e vita (umana) non puo' essere troncata, muore l'una e muore l'altra... e se il cinema, come dici tu,  e' definitivamente defunto ne rimarra' solo la pornografia, nel senso di foster wallace, che gia' impera abbondatemente a holliwood.

Le elite comunque credo abbiano ancora bisgno della vita ,come lo hanno sempre avuto finora, e, seppure avessero in mente anche altri piani, non possono permettersi di annichilire totalmente l'arte... e' pur sempre il loro giocattolo preferito.