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Editoriale MAP n.5

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Potrebbe essere, l’arma nucleare iraniana, la chiave di volta per la pace in Medio Oriente?

di Marie-Helene Caillol

Si può seriamente pensare che il giorno in cui l'Iran dovesse disporre di un ordigno nucleare, la sua prima preoccupazione sarebbe quella di lanciarlo contro Israele, per essere poi devastato nei minuti successivi? Tuttavia, è su questa implicita (nessuno osa esprimersi al riguardo, per paura di rivelarne l’insensatezza) ma diffusa idea che i gestori dei giganteschi interessi economici e nazionali del Medio Oriente destabilizzano l'opinione pubblica occidentale. Ed allora, ci si permetta di porre le seguenti due questioni: perché l'Iran vuole la bomba nucleare?

La risposta è ovviamente la stessa che per la Francia, l’Inghilterra, gli Stati Uniti, etc.: per poter vivere in pace!

Il che vuol dire: il giorno in cui l'Iran dovesse avere la bomba, le condizioni per la pace in Medio Oriente sarebbero soddisfatte.

Cosa accadrebbe in pratica?

In Iran: la paranoia iraniana, assolutamente giustificata, scomparirebbe istantaneamente per far posto al senso di responsabilità, premessa essenziale per la ripresa del processo democratico, parzialmente sospeso nel 2001 (a seguito della rinnovata enorme aggressività occidentale nella regione), fatto che ha portato all’elezione di Mahmoud Ahmadinejad nel 2005, dopo il governo islamico-moderato di Mohammad Khatami.

Nei paesi limitrofi, escluso Israele: l'Iran percorrerà ancora una volta il sentiero della democrazia, fornendo un modello di successo per l'applicazione dell’Islam moderato alla vita politica, la qual cosa è l'unica alternativa possibile ai corrotti regimi autocratici, cui il popolo ha deciso di porre fine, a dispetto del fatto che non ci fossero altre soluzioni. Inoltre, l’animosità tra sunniti e sciiti, su cui l'Occidente ha riversato una gran quantità di benzina negli ultimi tempi, diminuirà non appena l'Iran dovesse fornire un interessante modello politico applicabile anche all’Islam Sunnita (la carota), e dovesse avere l'arma nucleare (il bastone).

In Turchia: la pressione sarebbe ovviamente enorme affinché l'unico altro potere democratico nella regione (questo è di religione sunnita), si doti anch’esso dell’arma nucleare, e non ci vorrebbe molto per poterlo fare, completando così l'equilibrio strategico della regione: ogni gruppo religioso (ebrei, sunniti, sciiti) con la propria autonoma difesa.

In Israele, dove l'opinione pubblica è molto divisa sulla questione iraniana (la metà della popolazione è pienamente consapevole che attaccare l'Iran, per impedirgli di armarsi, non porterebbe certamente ad un futuro luminoso per il loro paese, in questa parte del mondo), il governo estremista attualmente in carica, fallito e considerato alla stregua di un pericolo pubblico, sarà sostituito da governi moderati, favorevoli a risolvere la questione palestinese ed a cooperare con il resto della regione, per riavviare a breve termine il processo (interrotto dall'assassinio di Rabin nel 1995) destinato a mettere Israele sulla via di una sua duratura integrazione nella regione. E se i suoi vicini non dovessero più sentirsi minacciati, sarebbero molto più facile convincerli a collaborare, ed a mettere alle loro spalle più di 70 anni di odio.

Interessi petroliferi occidentali: non essendo più in grado di utilizzare la questione israeliana per giustificare la mobilitazione delle forze militari occidentali, i gestori di questi interessi la smetterebbero con l’incessante sabotaggio e con le manipolazioni, ed inizierebbero a lavorare su un piano di parità, come stanno facendo con la Russia, il Venezuela, il Brasile, la Norvegia, etc... Nessuno piangerà su questo “danno collaterale”, soprattutto se si pensa che le politiche condotte dai gestori di questi interessi non sono nemmeno più in grado di garantire petrolio a buon mercato ... piuttosto il contrario (l’obbligare l'Iran a bloccare lo stretto di Hormuz non sarebbe certamente una strada verso la benzina a basso costo ...). La Russia e la Cina non avrebbero più bisogno di mostrare i denti, e di pianificare il loro riarmo, come Putin ha recentemente affermato. La tensione tra l'Occidente ed i Paesi BRICS sarebbe in diminuzione.

Alcuni pensano che questo scenario sia semplice ed ottimistico, ci chiediamo però a che cosa porterebbe quello loro – purtroppo a ciò che è già sul tavolo: ovvero ad attaccare l'Iran per impedirgli di dotarsi di armi nucleari (sapendo che da quel momento in poi il paese metterebbe in atto qualsiasi sforzo per poterlo fare, e che inoltre più esso viene attaccato, meno alternative avrebbe), facendo esplodere le già elevatissime tensioni nella regione, contribuendo a spingere al limite Israele (in particolare con la sparizione della frangia più moderata degli israeliani) ed il resto della regione (spingendo alla disperazione la gente della Primavera Araba), creando una polarizzazione geopolitica tra l’Occidente preso dai suoi vecchi privilegi, da un lato, e le potenze emergenti, con i BRICS in testa, dall’altro -- con la riesumazione della corsa agli “armamenti dotati di chiavi” (armi nucleari, ndt)...

Naturalmente, anche se l'Iran dovesse dotarsi di ordigni nucleari (ripetiamo, a prescindere da ciò che si potrebbe fare, essa se ne doterà), ci sarebbe un modo per limitare veramente i rischi, ma per far questo avremmo avuto bisogno di leaders politici “visionari”: ci sarebbe stato bisogno, in altre parole, della creazione di un sistema ufficiale a livello ONU per l’adesione allo status di potenza nucleare, il che avrebbe implicato un processo di aggiornamento democratico, tecnico e diplomatico per i paesi candidati, e così via ... È ciò che il seguente articolo, intitolato "Verso la diffusione nucleare controllata", propone e sostiene. Per l'Iran, probabilmente, è troppo tardi, ma il caso si ripresenterà inevitabilmente altrove. Dopotutto, proteggere la propria popolazione è un dovere sovrano.